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Exibart. - Emmi srl

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84.design <strong>Exibart</strong>.onpaper<br />

a cura di stefano caggiano<br />

quotidiano straordinario<br />

Il gioco è a due: mentre il cinema degli effetti speciali abitua il sentire a un mondo stupefacente e spettacolare,<br />

il design, con la sua smania di impedire agli oggetti di essere solo quello che sono, modella la realtà in forme<br />

vive e fantastiche. Il quotidiano si fa straordinario, e l’arte (che oggi si chiama design) entra nella vita di tutti…<br />

Negli ultimi anni il cinema<br />

degli effetti speciali è cresciuto<br />

enormemente. Si possono individuare<br />

almeno cinque filoni appartenenti<br />

al genere. Il primo, oggi in<br />

calo, è quello dei disaster movie,<br />

incentrati attorno a catastrofi di<br />

proporzioni spettacolari, come<br />

Armageddon e Deep Impact (film<br />

praticamente identici usciti a un<br />

paio di mesi di distanza), in cui un<br />

asteroide minaccia di colpire la<br />

Terra. E quando non è l’onda anomala<br />

a sconvolgere New York è<br />

una glaciazione dovuta agli squilibri<br />

climatici causati dall’uomo, come<br />

avviene in The Day After<br />

Tomorrow (ci accorgemmo l’11<br />

settembre di quanto questo cinema<br />

ci fosse negli occhi…).<br />

Ha fatto poi la sua comparsa il filone<br />

dei supereroi, basato quasi<br />

sempre su personaggi dei fumetti<br />

Marvel come Hulk, Spiderman, X-<br />

Men, I fantastici 4. Il terzo filone è<br />

esemplificato da pellicole come<br />

Mirority Report, I, Robot e A.I.<br />

Artificial Intelligence, storie che<br />

con la scusa di indagare l’umanità<br />

delle macchine e la disumanità dell’umano<br />

fanno sfilare interni, abiti e<br />

scenografie spettacolari. C’è poi il<br />

filone epico delle saghe come Star<br />

Wars, Il signore degli Anelli, Harry<br />

Potter e Matrix, tra le cui traiettorie<br />

carsiche la vicenda aspira ad<br />

avere un suo peso, seppur con<br />

esiti disomogenei.<br />

Infine, il recente Transformers,<br />

prodotto dal re Mida Steven<br />

Spielberg, inaugura l’ultimo filone<br />

in ordine di tempo, ma il primo in<br />

quanto a promesse di crescita per<br />

i prossimi anni. La riserva immaginifica<br />

dalla quale attinge è infatti al<br />

momento la più ricca e la meno<br />

sfruttata: quella dei robot di cartoni<br />

animati come Goldrake,<br />

Mazinga, Daitarn 3, Jeeg Robot,<br />

che hanno segnato l’infanzia dei<br />

trentenni di oggi.<br />

Ma cosa c’entra il cinema degli<br />

effetti speciali con il design?<br />

Che questi film siano fatti per<br />

essere visti con gli occhi e non la<br />

testa è fuor di dubbio: soprattutto,<br />

non ne dubitano i produttori e i<br />

registi. Ma il fatto che li si vada a<br />

vedere comunque, indifferenti<br />

“<br />

Sono cinque i filoni del nuovo<br />

cinema degli effetti speciali: le<br />

catastrofi, i supereroi, l'umanizzazione<br />

delle macchine, il filone epico e quello<br />

legato ai cartoon. Tutti e cinque<br />

strettamente intrecciati al design<br />

compassi.<br />

UN CLUB MOLTO ESCLUSIVO<br />

"Se vuoi costruire un mercato<br />

d’eccellenza, devi chiedere il massimo<br />

e andare oltre". Così la pensano<br />

Jolyon Fenwick e Marcus<br />

Husselby, ideatori di un negozio<br />

online, 20ltd.com, che vende solo<br />

prodotti in edizione limitata. I<br />

pezzi, presenti sul sito in non più<br />

di venti alla volta e tolti via via che<br />

si esauriscono per far posto agli<br />

articoli nuovi, sono, neanche a<br />

dirlo, del tutto particolari, come il<br />

biliardino Opus in versione buoni<br />

vs cattivi che vede impegnati<br />

Babbo Natale e Mary Poppins<br />

contro Caligola e Jack lo<br />

Squartatore, e delle vere e proprie<br />

chicche da collezionisti,<br />

come una collana di Marcel<br />

Wanders (ispirata a un talismano<br />

nato per gioco con la figlia Joy)<br />

composta da un’eclettica scelta<br />

di perline frutto di sei mesi di<br />

ricerche in tutto il mondo. Molto<br />

più di venti, invece, sono i marchi<br />

(ad oggi oltre settanta) con cui il<br />

sito ha stretto accordi.<br />

www.20ltd.com<br />

FORBIDDEN LEGO<br />

Forbidden Lego è il titolo di un<br />

libro, uscito di recente e già<br />

acquistabile in rete ($ 25,00),<br />

redatto da due designer della<br />

Lego, Ulrik Pilegaard e Mike<br />

Dooley, che hanno deciso di<br />

raccogliere i progetti di costruzioni<br />

scartati dall'azienda perché<br />

ritenuti non adatti ai bambini.<br />

Oltre a fare il lavoro che<br />

tutti vorrebbero fare, i due<br />

autori si sono divertiti a diffondere<br />

idee stravaganti come la<br />

pistola spara-Lego e la catapulta<br />

per M&M’s, nate per lo più<br />

come divertissment ma il cui<br />

sbocco commerciale nel libro<br />

in questione ribadisce, se mai<br />

ce ne fosse bisogno, che i Lego<br />

(come i cartoni animati: vedi<br />

l’articolo principale in questa<br />

pagina) fanno parte non solo<br />

del mondo dei bambini ma<br />

anche di quello degli ex-bambini<br />

di trent'anni, per i quali la spolveratina<br />

di "vietato" aggiunge<br />

un gusto nuovo, da "adulti", ai<br />

vecchi mattoncini colorati.<br />

all’insostenibile inconcludenza<br />

delle vicende<br />

narrate, necessita di<br />

una spiegazione. Ciò<br />

che si va disegnando<br />

in questo tipo di cinema<br />

sono infatti i nuovi<br />

aspetti del mondo. Gli<br />

oggetti che popolano i<br />

film di fantascienza e<br />

l’oggettistica reale non<br />

appartengono più a<br />

due mondi separati.<br />

Questi film producono<br />

miscele di immagini,<br />

ritmo e animazioni che<br />

rappresentano altrettanti<br />

ritratti, parziali<br />

ma plastici, di un futuro<br />

che ci sta addosso.<br />

Considerato nel suo<br />

insieme, il cinema<br />

degli effetti speciali<br />

costituisce infatti una<br />

palestra antropologica<br />

per nuove forme del sentire.<br />

Tramite l’esperienza reiterata che<br />

ne viene fatta (anche attraverso la<br />

pubblicità), prendono forma nuove<br />

aspettative. Ed è di queste che si<br />

fa carico il design.<br />

Il periodo storico in cui viviamo è in<br />

ANCHE I CREATIVI VOTANO<br />

"Questa è l’era creativa. La nuova<br />

classe sociale emergente è quella<br />

che lavora nell’economia della<br />

conoscenza". Così Giovanni Padula,<br />

direttore di Creativity Group<br />

Europe. Che prosegue: "Per attirare<br />

queste risorse è necessario<br />

offrire una grande apertura culturale,<br />

la possibilità di crescita basata<br />

sul merito", e, aggiungiamo noi,<br />

una politica fiscale adatta a chi<br />

crea ogni giorno le proprie opportunità<br />

di lavoro. Il nascente Partito<br />

Democratico, ultima spiaggia di un<br />

centrosinistra allo stremo, sembra<br />

essersi accorto che anche i creativi<br />

votano, e mentre il leader promesso<br />

Walter Veltroni comincia,<br />

incontrando la classe creativa della<br />

Bovisa, il difficile recupero della<br />

capitale meneghina, sotto il brand<br />

dell’Ulivo prende il via il portale<br />

Classecreativa.it. Nella speranza<br />

che la creatività (cioè il futuro) trovi<br />

posto nell’ormai avviata (a conclusione)<br />

campagna elettorale.<br />

www.creativitygroupeurope.com<br />

www.classecreativa.it<br />

assoluto l’epoca più ricca di mezzi<br />

di produzione, ma è anche quella<br />

più priva di meta-narrazioni. Il futuro<br />

è un’esperienza quotidiana che<br />

fa parte del presente, ma non<br />

appare più come compatto e condiviso,<br />

bensì si presenta come plurivoco<br />

e frastagliato. Mentre in<br />

epoca moderna progettare significava<br />

vedere prima degli altri ciò<br />

che tutti sarebbero comunque<br />

arrivati a scorgere da sé, progettare<br />

oggi significa visualizzare<br />

altro, nel senso etimologico di fantasticare<br />

plasmando attivamente<br />

ciò che si visualizza: non di indicare<br />

un futuro necessario, si tratta, ma<br />

di creare "aspetti" per un futuro<br />

che, lasciato a se stesso, ne è<br />

privo.<br />

Oggi che non è più la produzione a<br />

trascinare la conoscenza, ma la<br />

conoscenza a fare da locomotiva<br />

alla produzione: il designer si trova<br />

di fronte a un cambiamento paradigmatico<br />

del proprio ruolo. Il futuro<br />

del design è fatto di oggetti che<br />

nasceranno da una capacità progettuale<br />

non solo immaginaria,<br />

ma soprattutto immaginifica. Essi<br />

non potranno essere meri collettori<br />

di fantasie, ma dovranno porsi<br />

come volani per fantasie che l’utente<br />

da solo non sarebbe mai<br />

riuscito a sognare.<br />

link.<br />

www.vam.ac.uk/exhibitions/future_e<br />

xhibs/surreal_things<br />

www.futureconceptlab.com<br />

a sinistra: dal film Minority Report, Audi rsq sports<br />

coupe concept<br />

in basso: il poster del film Transformers<br />

La fantascienza, del resto, non è<br />

che una fra le tante palestre per il<br />

quotidiano straordinario. Secondo<br />

Francesco Morace, presidente<br />

del Future Concept Lab di Milano,<br />

oggi "nel consumo emerge la componente<br />

concettuale che ha caratterizzato<br />

l’arte nell’ultimo secolo.<br />

Le avanguardie si sono incarnate<br />

nella vita quotidiana ed i consumatori<br />

vivono in un perenne surrealismo:<br />

ricco di stimoli, sorprese e<br />

creatività". In questo scenario<br />

"diventa essenziale e strategico il<br />

rapporto circolare tra consumatore<br />

- nuovo protagonista creativo -<br />

nuovi linguaggi estetici e di design,<br />

ed esperienza personale riconducibile<br />

al mindset delle<br />

avanguardie". In altre parole, nella<br />

vita di tutti i giorni il consumatore<br />

sperimenta "comportamenti e<br />

occasioni che superano la più fervida<br />

fantasia di un Magritte o di un<br />

Max Ernst" ("7th Floor" n. 8, p. 20).<br />

Non più rinchiusa nei compartimenti<br />

stagni dei luoghi deputati<br />

alla fruizione estetica, l’esperienza<br />

galvanizzante dell’arte si espande<br />

fino a coincidere con la vita delle<br />

persone, veicolate dalle loro cose,<br />

dai loro consumi, dai loro comportamenti,<br />

dai loro oggetti, dal loro<br />

sentire. Quello di cui Duchamp si<br />

era accorto per primo è, secondo<br />

Morace, che la merce può essere<br />

lo strumento per una espressione<br />

artistica altrimenti impraticabile,<br />

perché è proprio tramite l’oggetto<br />

d’uso che l’arte delle avanguardie<br />

prende la via del vissuto quotidiano,<br />

esperienza che non è fruitiva<br />

ma performativa.<br />

Non è un caso che, come testimonia<br />

la mostra Surreal Things.<br />

Surrealism and Design, appena<br />

conclusa al Victoria and Albert<br />

Museum di Londra, in cui sono<br />

stati esposti trecento oggetti realizzati<br />

da artisti come Salvador<br />

Dalì, Elsa Schiaparelli, Meret<br />

Oppenheim, Carlo Mollino, oltre<br />

allo stesso Duchamp, i cimenti vissuti<br />

come i più arditi dai protagonisti<br />

delle avanguardie abbiano interessato<br />

proprio gli oggetti d’uso.<br />

Le conclusioni che si possono trarre<br />

da quanto detto invitano a un<br />

po’ di spregiudicatezza. Se infatti la<br />

mission dell’arte è stata quella di<br />

proporre nuovi modi del sentireconcepire<br />

alle persone tutte, e<br />

non a una ristretta cerchia, non in<br />

occasioni particolari ma nella vita<br />

di ogni giorno, si rende allora<br />

necessario riflettere sul fatto che<br />

forse l’arte ha esaurito il suo compito<br />

storico, o meglio che di tale<br />

compito si è fatto carico il design,<br />

oggi in prima linea nel lavoro di<br />

spostamento, erosione, attivazione,<br />

modulazione del crinale fra<br />

possibile/impossibile, reale/surreale,<br />

quotidiano/straordinario.<br />

Ciò, beninteso, ammesso e non<br />

concesso che l’esperienza<br />

dell’aisthesis voglia essere<br />

qualcosa che riguarda tutti. Ma<br />

questa in fondo non è più una<br />

questione di scelta. È un fatto<br />

antropologico.

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