Exibart. - Emmi srl
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<strong>Exibart</strong>.onpaper libri.83<br />
a cura di marco enrico giacomelli<br />
sofonisba<br />
Il gusto per le biografie, spesso monumentali,<br />
non ha mai occasionato una breccia irreparabile<br />
nella nostra Penisola. Pur tuttavia, negli<br />
ultimi mesi e anni, cominciano a pullulare nei<br />
cataloghi editoriali resoconti della vita di personaggi<br />
di variabile rilevanza e afferenti ambiti<br />
assai disparati. Non fa naturalmente eccezione<br />
l'arte, e con essa gli artisti.<br />
Parliamo in quest'occasione d'una biografia<br />
romanzata di Sofonisba Anguissola (Cremona,<br />
1531 ca. - Palermo, 1625), scritta con passione<br />
da Millo Borghini. Di professione odontoiatra,<br />
Borghini ha svolto un ragguardevole lavoro d'archivio,<br />
come soltanto i "dilettanti" pare riescano<br />
a fare, saltando a pie' pari le pastoie accademiche<br />
e i paludamenti ipercritici. Cosa n'è scaturito?<br />
Certo non il saggio inappellabilmente scientifico.<br />
Però il volume si fa leggere senza patemi,<br />
suscita interesse, intrigando il lettore con vicende<br />
che non si credevano possibili mezzo millennio<br />
fa. D'altro canto, con onestà piuttosto che<br />
con un'excusatio non petita, Borghini dichiara<br />
che "questa 'storia della vita' che ho voluto scrivere,<br />
non è una biografia".<br />
Una scrittura fluida come quella del medico piacentino<br />
rende ancor più avvincenti le peregrinazioni<br />
d'un'artista che ha subito lo scotto di non<br />
esser figlia d'arte, e per di più donna, in un'epoca<br />
che femminista non era di certo. Ma<br />
Sofonisba non ha subito la situazione. S'è imposta,<br />
fin alla corte di Spagna, con arditi rifiuti e<br />
cortesi doti relazionali; e con indubbio talento,<br />
come riconosce Vasari, il quale sostiene che la<br />
nostra "ha con più studio e con miglior grazia,<br />
che altre donne de' tempi nostri, faticato dietro<br />
alle cose del disegno".<br />
Un'enormità per il ramo cremonese d'una famiglia<br />
di piccola nobiltà, il cui titolo comportava più oneri<br />
che onori. Ma con un capofamiglia illuminato, che<br />
avvia l'undicenne alla bottega di Bernardino Campi<br />
e successivamente alle cure di Bernardino Gatti<br />
detto il Soyaro. Ciò basta affinché Sofonisba possa<br />
disegnare il Fanciullo morso da un gambero, influenzando<br />
la sorte del caravaggesco Ragazzo, che da<br />
un ramarro doveva trovarsi morso e immortalato.<br />
S'appressa la data del 1559, con la partenza alla<br />
volta di Milano, per il definitivo allontanamento dalla<br />
patria natia. Dalla Lombardia il viaggio prosegue<br />
fino a Madrid, ove giunge nel febbraio dell'anno successivo,<br />
per iniziare a insegnar la pittura alla regina<br />
Isabella. È laggiù che Sofonisba, facendo sua la lezione<br />
tizianesca, imprime una svolta radicale al "carattere<br />
del ritratto ufficiale spagnolo, ponendo le basi<br />
di quello del secolo successivo" - si legga innanzitut-<br />
what makes a great exhibition?<br />
Il ruolo del curatore è uno dei fattori che, da<br />
qualche decennio, caratterizzano in maniera<br />
inconfondibile il sistema dell'arte. Un fenomeno<br />
relativamente recente, che ha investito innanzitutto<br />
l'arte contemporanea. L'Italia è coinvolta appieno<br />
nel processo, con le peculiarità d'obbligo: la<br />
quantità dei curatori è enorme, la qualità media di<br />
livello piuttosto scarso. Un dato di fatto che, fra le<br />
molteplici cause, deriva dal profluvio di corsi e<br />
workshop che, nella maggior parte dei casi, risultano<br />
inutili se non dannosi. D'altro canto, la riflessione<br />
"teorica" sul ruolo del curatore latita in<br />
maniera preoccupante, se si escludono rare<br />
eccezioni a carattere libresco (un paio firmati da<br />
Domenico Scudero) e simposiale (recentemente<br />
a Torino presso l'Accademia Albertina).<br />
A Philadelphia esiste da una decina d'anni un<br />
istituto che focalizza le proprie attenzioni proprio<br />
sulla figura del curatore, organizzando convegni<br />
come Curating Now: Imaginative<br />
Practice/Public Responsibility e pubblicando<br />
saggi che sono pietre miliari per una riflessione<br />
matura sull'argomento. Il curatore vi è inteso<br />
come quella figura posta sul crocevia dove s'incontrano<br />
arte, opere, istituzioni e pubblico,<br />
dando vita alla mostra.<br />
design anonimo in Italia<br />
Il libro è di quelli da tenere sempre a portata di<br />
mano, per stupire e stupirsi in ogni occasione. Un<br />
libro che entra nelle case e sui luoghi di lavoro, frugando<br />
nei cassetti, nelle camere da letto e perfino<br />
nei frigo, alla scoperta dell'inaspettato mondo del<br />
design. Anonimo. Nel mare magnum dell'editoria di<br />
settore mancava esattamente un testo che desse<br />
voce agli oggetti in cerca d'autore, svelandone, per<br />
quanto possibile, le storie e fortune. Alberto Bassi,<br />
non certo un novizio nella storiografia e nella critica<br />
del disegno industriale, partendo dall'idea che<br />
ogni oggetto è il risultato di un pensiero progettuale,<br />
è riuscito a dar voce a una lunga serie di prodotti<br />
evergreen, apparentemente anonimi, dalla moka<br />
da caffè alla tuta, dalla pentola a pressione alla<br />
sedia da osteria, dalla rete da cantiere alla tanica<br />
per liquidi. Il risultato è un testo assai stimolante,<br />
che predilige il taglio storico alle dissertazioni filosofico-estetiche,<br />
sempre pronto a un'inaspettata epifania<br />
della quotidianità. Un esempio? La tuta unisex,<br />
ideata nel lontano 1920 dal futurista Thayhat.<br />
Oppure, per rimanere in ambito futurista, la botti-<br />
La miscellanea in oggetto, almeno nelle intenzioni<br />
di Paula Manicola, si sofferma sulla pratica<br />
curatoriale, cercando di evitare di impastoiarsi<br />
in un'"indagine teorica o accademica sulla natura<br />
delle mostre" e al contempo di non fornire<br />
"un mero practicum". Poiché "è nella pratica<br />
che le congetture aprioristiche e le teorie<br />
discusse minuziosamente incontrano la resistenza<br />
dell'empirico e del contingente". Fra gli<br />
interventi più quotati dei quattordici curatori<br />
interpellati, in gran parte mid-career - oltre a<br />
Jeffrey Kipnis, che spiega perché non può scrivere<br />
il saggio richiesto, e a Iwona Blazwick, che<br />
riflette sulla propria esperienza alla<br />
Whitechapel - si trova un lungo intervento di<br />
Robert Storr, che abbiamo avuto modo di discutere<br />
prima della Biennale su questa testata. In<br />
sintesi, Storr propone di modulare il ruolo dell'exhibition-maker<br />
su quello di un editor: una<br />
sorta di ostetricia professionistica che dall'editoria<br />
si diffonderebbe nel campo dell'arte. E tuttavia,<br />
il paragone sfora facilmente in ambito cinematografico,<br />
dove il regista-curatore si trova<br />
impegnato a presentare e difendere una o più<br />
tesi, nella fattispecie la critica al post-moderno e<br />
una concezione plurale del Modernismo. Con<br />
glietta del Campari Soda, sbocciata nel 1932 dalla<br />
vulcanica mente di Depero, il quale disegnò per la<br />
bevanda, pochi anni dopo, perfino un distributore<br />
automatico.<br />
Vista l'ampiezza del campo di ricerca, l'autore ha<br />
selezionato, anche in modo esplicitamente personale,<br />
un ricco inventario di oggetti anonimi, perlopiù<br />
databili a partire dalla seconda metà<br />
dell'Ottocento, anche se non mancano esempi<br />
d'età preindustriale, come il contenitore da un litro<br />
per il vino, le cui origini si perdono nell'autunno del<br />
Medioevo. Per ogni oggetto è stata ripercorsa con<br />
lo scrupolo del filologo la storia, con link ora alle<br />
vicende dell'artigianato locale - come nel caso della<br />
coppola, del pezzotto valtellinese, delle ciabatte friulane<br />
-, ora alla storia dell'industria, dei progressi<br />
scientifici e soprattutto delle arti decorative. Il cerchio<br />
viene chiuso da un'ampia bibliografia di riferimento,<br />
nonché da un ricco apparato iconografico,<br />
che attinge anche a pubblicità dell'epoca e a inediti<br />
documenti d'archivio.<br />
Tra gli oggetti più inaspettati spicca forse il cono per<br />
to Velázquez. Anni fondamentali per la pittrice italiana,<br />
almeno sino alla morte della regina nel 1568, e<br />
alla partenza dalla penisola nel 1573. Viaggio che la<br />
conduce, sposa di Fabrizio Mocanda, nella sicula<br />
Paternò, con frequenti residenze a Palermo.<br />
(Proprio nella pagine dedicate alla parentesi isolana,<br />
emerge con maggior evidenza lo stile di<br />
Borghini: "Calascibetta, ove il colore cupo e quasi<br />
ferrigno delle rocce contrasta con gli ubertosi<br />
campi"). Dopo la morte del primo consorte,<br />
Sofonisba sposa in seconde nozze Orazio Lomellini,<br />
sostandosi a Pisa e a Firenze, per trasferirsi infine<br />
a Genova, nel 1580. Si riapre un periodo assai proficuo,<br />
con la frequentazione di Luca Cambiaso e<br />
Rubens, e con le lezioni impartite a giovani come<br />
Francesco Piola. La ritroveremo nel 1615 a<br />
Palermo, dove nove anni dopo è raggiunta da Van<br />
Dyck. Conoscenza fugace tra i due, poiché<br />
Sofonisba si spegne nel novembre del 1625. <br />
Millo Borghini - Sofonisba.<br />
Una vita per la pittura e la libertà<br />
Spirali, Milano 2006<br />
Pagg. 222 + 16 t.f.t., 25 euro<br />
ISBN 8837041830<br />
info.<br />
risultati, almeno a Venezia, che non hanno entusiasmato<br />
i più. È proprio questo il punto sul<br />
quale il volume insiste: come rendere great una<br />
mostra nella pratica oltre che nelle intenzioni.<br />
Fra gli altri interventi, segnaliamo infine quello di<br />
Paola Antonelli, "cervello in fuga" approdato a<br />
New York dopo aver curato un ciclo di mostre<br />
sul design alla Otto Gallery di Bologna, protagonisti<br />
personaggi del calibro di Matali Crasset e<br />
Satyendra Pakhalé, e ideatrice di un'affollata<br />
rassegna sul design securitario al MoMA. E poiché<br />
siamo a cavallo fra un tris di Biennali europee<br />
e altrettante asiatiche, consigliamo inoltre<br />
la lettura del paper di Carlos Basualdo, che a<br />
vario titolo è stato coinvolto nella Biennale veneziana<br />
del 2003 e nelle edizioni 1997 e 2002 di<br />
Documenta. <br />
info.<br />
Paula Manicola (ed.) - Questions of<br />
Practice: What Makes a Great Exhibition?<br />
Philadelphia Exhibitions Initiative-Reaktion<br />
Books, Philadelphia-London 2007<br />
Pagg. 184, $ 16,95<br />
ISBN 9780970834614<br />
il gelato artigianale, la cui paternità è molto controversa,<br />
ma che Bassi riconduce, anche attraverso<br />
fonti curiose come l'Ice Cream Trade Journal, a un'idea<br />
del 1902 circa di Antonio Valvona e Italo<br />
Marchiony. Molti gli oggetti segnati dal gusto di una<br />
specifica epoca, come la classica caffettiera a sezione<br />
ottagonale, progettata nel 1933 da Alfonso<br />
Bialetti, palesemente influenzata dall'art déco. A<br />
volte, sottolinea l'autore, è però la storia stessa a<br />
influenzare il design: è il caso dei doposci Moon<br />
Boot, forgiati nel 1970 da Ambrosiano e Giancarlo<br />
Zanatta per il Calzaturificio Tecnica, ispirati agli stivali<br />
degli astronauti dell'Apollo. <br />
[duccio dogheria]<br />
info.<br />
Alberto Bassi - Design anonimo in Italia.<br />
Oggetti comuni e progetto incognito<br />
Electa, Milano 2007<br />
Pagg. 270, 40,00 euro<br />
ISBN 8837041830