Exibart. - Emmi srl
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68.recensioni <strong>Exibart</strong>.onpaper<br />
intersezioni #3<br />
Una barca fra le rovine, il cattivo di Guerre stellari nel teatro, caterpillar fra gli ulivi. Non è il report di un viaggio<br />
acido, ma quel che si può vedere in Calabria. Grazie al trio Balkenhol, Quinn, Delvoye...<br />
Un lungo brano di storia si<br />
snoda fra decine di ettari di uliveto,<br />
nel parco archeologico di<br />
Scolacium. Archeologico in<br />
senso più classico, data la presenza<br />
di vestigia romane innanzitutto,<br />
ma altresì archeologia<br />
industriale, con frantoi che<br />
appartengono a un passato che,<br />
fra qualche anno, risulterà altrettanto<br />
distante dall'odierna percezione<br />
della realtà. In questo<br />
ambiente sublime, da un triennio<br />
Alberto Fiz cura la rassegna<br />
Intersezioni, con una pletora di<br />
figure politico-istituzionali a<br />
sostenere il progetto. Dell'una -<br />
la location - e dell'altro - l'humus<br />
politico - hanno già detto negli<br />
anni scorsi Manuela De<br />
Leonardis e Santa Nastro. Da<br />
aggiungere v'è soltanto che, se<br />
nel 2006 i quotidiani locali avevano<br />
mosso critiche piuttosto<br />
aspre al progetto di Antony<br />
Gormley, quest'anno, come d'incanto,<br />
quattro quotidiani sono<br />
divenuti media sponsor dell'iniziativa.<br />
Le conclusioni le lasciamo<br />
trarre ai lettori.<br />
Veniamo alla mostra, ch'è senz'altro<br />
l'aspetto più interessante.<br />
All'esterno ha operato il trio,<br />
mentre negli spazi interni si sono<br />
cimentati soltanto Balkenhol e<br />
Marc Quinn (Londra, 1964).<br />
Quest'ultimo s'è occupato dell'emiciclo<br />
teatrale, installando sul<br />
proscenio un sensazionale<br />
Totem (2007).<br />
Totem che volta le spalle<br />
alla cavea e ha le fattezze<br />
di Darth Vader,<br />
celeberrimo antagonista<br />
della saga di Guerre<br />
stellari. A contorno della<br />
pesantissima icona<br />
(cemento e ghisa i<br />
materiali utilizzati), alcune<br />
sculture di sicuro<br />
impatto, ma che difettano<br />
della coralità che ci<br />
si potrebbe attendere in<br />
funzione del luogo prescelto.<br />
Si tratta ancora<br />
d'una ricontestualizzazione<br />
in un caso, la prorompente<br />
Hoxton<br />
Venus (2006), e di un<br />
trio di bronzi ricoperti<br />
da patina nera datati<br />
2004, che contrappuntano<br />
il bagliore della<br />
luce accecante che<br />
invade quella terra.<br />
Ritroviamo l'artista britannico<br />
nelle sale del<br />
Museo archeologico,<br />
dove si rivela ben riuscito<br />
il pericoloso accostamento di<br />
tre marmoree sculture accanto<br />
a figure decapitate d(a)i secoli<br />
trascorsi.<br />
Stephan Balkenhol (Fritzlar,<br />
1957) ha preso in carico la grandiosa<br />
Basilica di Santa Maria,<br />
chieti pop art<br />
Complici inattese casualità,<br />
possono ritrovarsi a contatto una<br />
fra le rassegne più celebri della<br />
vecchia Europa, Documenta, e<br />
una mostra allestita in un angolo<br />
poco battuto della nostra penisola.<br />
Distanti non solo geograficamente,<br />
ma soprattutto incommensurabili<br />
per budget.<br />
Quest'ultima questione ne porta<br />
però con sé un altro paio: è possibile<br />
che Buergel - il curatore di<br />
Documenta - ci rifili un testo estremamente<br />
"smilzo", mentre<br />
Gabriele Simongini, curatore della<br />
mostra abruzzese, si sia dato la<br />
pena di scrivere una trentina di<br />
pagine corredate da note a sostegno<br />
delle proprie tesi? Perché al<br />
Museo Archeologico le opere pop<br />
sono allestite con attenzione, considerato<br />
il complesso dialogo con<br />
i reperti che nelle medesime sale<br />
stazionano - in primis il Guerriero<br />
di Capestrano - mentre in<br />
Germania si assiste all'obbrobrio<br />
nello Schloss Wilhelmshöhe?<br />
Morale: budget e nomi di grido<br />
non sono certo garanzia di successo,<br />
e viceversa.<br />
Veniamo alla mostra di Chieti.<br />
L'ipotesi di fondo consiste nel<br />
sostenere che anche in Italia si<br />
può parlare di Pop Art, nel suo<br />
legame innegabile con l'omonima<br />
d'area anglosassone, e tuttavia<br />
non priva di peculiarità. E tuttavia,<br />
v'è già una radicale differenza fra<br />
la riflessione "élitaria"<br />
dell'Indipendent Group e il fitto<br />
programma messo in atto dalla<br />
Factory warholiana. A maggior<br />
ragione, non si possono sottovalutare<br />
da un lato le differenze di sviluppo<br />
socio-economico che rendono<br />
incomparabile l'Italia dei primi<br />
Sessanta con gli States coevi, dall'altro<br />
le differenze d'intenti che gli<br />
artisti italiani presi in considerazione<br />
testimoniano con le loro<br />
opere, sia considerandoli come<br />
"blocco" che, ancor più, analizzandone<br />
le peculiarità singolari. Ne<br />
deriva il rischio implicito in ogni utilizzo<br />
"decontestualizzato" di una<br />
categoria, com'è avvenuto innumerevoli<br />
volte nella storia della<br />
cultura, da "barocco" a "fascismo".<br />
Allo stesso modo, le differenze<br />
e le specificità rendono ine-<br />
installandovi uno scafo ligneo di<br />
otto metri (Das Boot, 2006),<br />
adornato da rilievi che, tuttavia,<br />
tendono a passare in secondo<br />
piano rispetto alla grandiosità dei<br />
volumi circostanti e sottostanti. È<br />
la medesima sorte che subisco-<br />
vitabilmente ambigua l'espressione<br />
"Pop Art". Si pensi anche soltanto<br />
all'interpretazione che ne<br />
fornisce Piero Gilardi nel breve<br />
testo sul catalogo stesso della<br />
mostra, ossia che quel gruppo<br />
non solo romano di artisti nostrani<br />
fosse apparentato innanzitutto<br />
col Nouveau Réalisme.<br />
Detto ciò, la rassegna si apre con<br />
un pezzo di grande impatto, la<br />
Natura modulare (1966) di Gino<br />
Marotta, allestito nella hall del<br />
museo e colpito da una luce che<br />
ne avvalora il rigore, grazie anche<br />
alle sculture greco-romane che<br />
l'attorniano. Ancora al pianterreno,<br />
una prima sala svolge il compito<br />
d'omaggio a Mimmo Rotella,<br />
con lavori che risalgono fino a un<br />
décollage del 1955, Impatto, passando<br />
per la mec-art di Terror<br />
(1968) e chiudendosi con una<br />
tela del 1973, La Chanteuse.<br />
Lavori di buon livello, considerando<br />
la difficoltà nel barcamenarsi in<br />
una produzione enorme e talora<br />
percorsa da dubbi relativi a datazione<br />
e affidabilità. Le altre sale, in<br />
un itinerario che coinvolge anche<br />
il primo piano dello stabile, in alcuni<br />
casi sono più disomogenee,<br />
vuoi per il livello delle opere, vuoi<br />
per la difficoltà di interpretare<br />
alcuni dei temi scelti dal curatore<br />
Marc Quinn - Hoxton<br />
Venus, 2006 - cemento,<br />
cm 179x60,7x60,7<br />
no le altre sculture in<br />
esterno, certo visibili ma<br />
sovrastate dell'aerea<br />
fascinosità dell'edificio. E<br />
finanche il diametro di<br />
nove metri della Krone<br />
(1997) pare soccombere<br />
alla naturale maestosità<br />
dell'ulivo che funge<br />
da decentrato centro<br />
della circonferenza. Di<br />
tutt'altro esito godono le<br />
figure in bronzo e legno<br />
che sbucano da vari<br />
angoli all'interno del<br />
Museo del frantoio. È<br />
d'altronde negli spazi<br />
chiusi che il tedesco<br />
riesce a dare il meglio di<br />
sé, come dimostra la<br />
personale allestita in<br />
questi mesi al Pac di<br />
Milano.<br />
Contrariamente alle previsioni,<br />
Wim Delvoye (Wervik, 1965)<br />
ha scelto una strada diametralmente<br />
opposta. Non ha optato<br />
per l'agonismo, non s'è provato a<br />
competere a muso duro con l'immenso<br />
foro, punteggiato<br />
per identificare le sezioni della<br />
mostra. Si oscilla dunque fra il<br />
notevole Schermi, con Pascali - i<br />
cui lavori provengono tutti dalla<br />
collezione di Daniela Ferraria, di<br />
piccole dimensioni, ma non per<br />
questo meno interessanti, come il<br />
Cosacco del 1962-63, un inchiostro<br />
su acetato - e la celeberrima<br />
Tasca del generale (1962) di<br />
Fabio Mauri.<br />
Da segnalare altresì la sezione<br />
Emblemi d'autorità, con una doppia<br />
accoppiata di opere firmate<br />
da Sergio Lombardo (le silhouette<br />
dedicate a John F. Kennedy e a<br />
Nikita Krusciov, entrambe del<br />
1962) e Franco Angeli (con lo<br />
Half Dollar del 1966 e lo straordinario<br />
Stemma pontificio di due<br />
anni prima). Più sottotraccia le<br />
anch'esso da secolari ulivi. Ha<br />
accettato lo scenario della battaglia<br />
in campo aperto, ma senza<br />
schierare le sue armate in<br />
acciao corten. Le ha ingentilite<br />
con ferrei ricami, ne ha sfruttato<br />
appieno l'intrinseca capacità<br />
d'arrugginirsi, cosicché paiono lì<br />
da sempre, o quasi, relitti o reliquie<br />
del passato.<br />
Insistenti ma non clamorose, alla<br />
ricerca di qualche metro quadro<br />
d'ombra. Restìe al confronto, in<br />
apparenza, mentre sono tenaci<br />
almeno quanto gli ulivi. Sarebbe<br />
quindi auspicabile che restassero<br />
laggiù, almeno il Caterpillar<br />
(2003), la Betoniera (2003) e il<br />
Dump Truck (2006). Scolacium<br />
potrebbe così divenire un parco<br />
che copre un'altra manciata di<br />
secoli. <br />
[marco enrico giacomelli]<br />
info.<br />
fino all'8 ottobre 2007<br />
Intersezioni #3<br />
a cura di Alberto Fiz<br />
Parco Archeologico Scolacium<br />
Via Scylletion, 1 - 88021<br />
Roccelletta di Borgia (Catanzaro)<br />
tutti i giorni dalle 10.00 alle 21.30<br />
Ingresso libero<br />
Tel 096 1391356<br />
Fax 096 184342<br />
Catalogo Electa<br />
L'omaggio a Rotella, un classico di Schifano, le grafiche di Pascali, gli ellittici Kounellis e Pistoletto. Una Pop Art<br />
diffusa si aggira per le sale del Museo Archeologico abruzzese. E il Guerriero di Capestrano osserva...<br />
info.<br />
fino al 15 ottobre 2007<br />
Pop Art: la via italiana.<br />
Omaggio a Mimmo Rotella<br />
a cura di Gabriele Simongini<br />
Museo Archeologico Nazionale<br />
d'Abruzzo<br />
Via Villa Comunale 2 - Chieti<br />
dalle 9.00 alle 20.00<br />
chiuso il lunedì<br />
biglietto intero 4,00 euro; ridotto 2,00<br />
Tel 087 1403295<br />
Fax 087 1331668<br />
info@associazioneculturaletrifoglio.com<br />
Catalogo in mostra<br />
Mimmo Rotella - americano, 1967 - artypo<br />
proposte di Gianni Bertini, Jannis<br />
Kounellis, Michelangelo<br />
Pistoletto e Mario Schifano, e<br />
appena più in alto si collocano<br />
quelle di Tano Festa, in particolare<br />
il Celeste blu n. 1 del 1966,<br />
uno smalto su tela che con il solo<br />
utilizzo di due "colori" riesce a<br />
restituire un dialogo fra luce e<br />
ombra degno d'un panneggio<br />
classico.<br />
Non arriviamo a dirvi di arrivare<br />
sino a Chieti per visitare la rassegna.<br />
Ma se siete nei paraggi la<br />
mostra vale la deviazione. Se non<br />
altro per premiare un'iniziativa<br />
curatoriale rigorosa e appassionata.<br />
E per vedere il tornito<br />
Guerriero. <br />
[marco enrico giacomelli]