Exibart. - Emmi srl
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<strong>Exibart</strong>.onpaper déjà vu.61<br />
ROMA.<br />
Alfredo Pirri<br />
Anziché in una stanza, il cielo entra<br />
nell'antico Foro di Cesare. Oltre quattrocento<br />
metri quadrati di specchio<br />
annullano il confine tra firmamento e<br />
terra. In una continuità di dialogo tra<br />
l'antico e la contemporaneità …<br />
Nella Città Eterna, dove tutto sembra<br />
bloccato e cristallizzato, da qualche<br />
tempo alcune iniziative di arte contemporanea<br />
finalmente escono, timidamente,<br />
dalle mura di gallerie d'arte<br />
private e musei invadendo persino i<br />
siti archeologici. E ogni volta, queste<br />
apparizioni di "arte pubblica", ottengono<br />
notevoli risultati e ampia approvazione.<br />
Forse perché i monumenti coinvolti<br />
acquistano un certo soffio vitale,<br />
una loro voce, sembrano animarsi,<br />
rivivere e raccontare la loro storia. Si<br />
rinnova, così, e si mantiene vivo quel<br />
dialogo tra passato e presente, quell'osmosi<br />
necessaria affinché la<br />
memoria e l'odierno continuino ad<br />
attingere l'una dall'altro, rigenerandosi,<br />
di volta in volta, con nuova linfa.<br />
E ben venga anche la quinta edizione<br />
della Notte Bianca, se avalla - a latere<br />
- realizzazioni come quella di<br />
Alfredo Pirri (Cosenza 1957; vive<br />
a Roma) nell'insolito scenario del<br />
Foro di Cesare (anche se proprio qui,<br />
nell'ambito del medesimo filone di<br />
installazioni chiamate "Un segno nel<br />
foro di Cesare" sempre a cura di<br />
Ludovico Pratesi espose Mario<br />
Merz). Questo nuovo lavoro dell'artista<br />
cosentino conclude un ciclo iniziato<br />
cinque anni or sono che ha visto<br />
l'installazione di opere in diversi luoghi<br />
(la Certosa di Padula, l'Abbazia<br />
Novalese, la Fondazione Marino<br />
Marini di Firenze, Villa Guastavillani di<br />
Bologna e il Centro di Arti Visive<br />
Pescheria di Pesaro). Tutti gli interventi<br />
miravano a creare uno scambio<br />
tra lo spazio-contenitore e l'opera<br />
contemporanea, una sorta di corto<br />
circuito tra il confine reale - materialmente<br />
creato dalle strutture architettoniche<br />
- e l'infinito illusorio, falsamente<br />
evocato dal riflettersi dello<br />
spazio nello specchio. Con l'ingannevole<br />
sensazione di camminare precariamente<br />
sospesi in aria, come sopra<br />
ad una sottilissima lastra di ghiaccio,<br />
il senso di fragilità veniva ulteriormente<br />
rafforzato dallo scricchiolio<br />
della superficie riflettente.<br />
Qui, però, lo specchio non ricopre l'intero<br />
perimetro della piazza forense,<br />
ma si va a posare sopra i resti dell'antica<br />
pavimentazione in travertino.<br />
In più, al contrario delle precedenti<br />
edizioni, Ultimi Passi sta proprio a<br />
indicare che essi - i passi - sono stati<br />
già compiuti da qualcun altro e perciò,<br />
stavolta, non è possibile camminare<br />
sopra al sottile e fragile falso<br />
sipario. L'installazione si può quindi<br />
osservare nella sua interezza dalla<br />
"terrazza" all'inizio di via dei Fori<br />
Imperiali. E, da una certa distanza, la<br />
brillante cortina stravolge il mondo,<br />
lo riflette sottosopra, capovolto.<br />
[... continua a pag. 92]<br />
Foro di Cesare<br />
[daniela trincia]<br />
fino al 15 ottobre 2007<br />
Alfredo Pirri - Ultimi Passi. Un<br />
segno nel Foro di Cesare<br />
a cura di Ludovico Pratesi<br />
via dei fori imperiali<br />
angolo via dell'arce capitolina (centro)<br />
coordinamento progetto: Emanuela<br />
Nobile Mino<br />
produzione: Zétema Progetto Cultura<br />
in collaborazione con: Galleria<br />
Oredaria Arti Contemporanee<br />
illuminazione: Guzzini<br />
per info: Futurarte<br />
Tel 06 45449604<br />
ROMA.<br />
Bernardì Roig<br />
Il corpo e la carne. La luce e l'ombra.<br />
Assistere alla disfatta dell'uomo<br />
come identità clonata, sotto forma di<br />
un corpo che trascina il peso della<br />
verità. La luce non mente e il nichilismo<br />
di Roig si fa mostra...<br />
La luce illumina,<br />
rivela e svela. La<br />
luce di Bernardì<br />
Roig (Palma de<br />
Mallorca, 1965)<br />
è corrosiva,<br />
meschina e impetuosa:<br />
mette in<br />
evidenza corpi<br />
gonfi, triviali, abbrutiti dal raggiunto<br />
limite della sopportazione. Dopo la<br />
mostra primaverile di Milano, le statue<br />
umane, i video, i disegni in grafite,<br />
le metafore metafisiche e i rimandi<br />
testuali alla cultura letteraria e artistica<br />
arrivano a Roma, dove vivono nuovi<br />
contesti negli spazi espositivi del<br />
Museo Carlo Bilotti.<br />
Il dialogo che si crea tra le due parti,<br />
artista e museo, è necessario perché<br />
l'opera di Roig realizzi i suoi intenti:<br />
la percezione della reale presenza<br />
di corpi umani, pesanti e affaticati -<br />
calchi dal vero tra cui spicca la figura<br />
del padre - si nega. A partire dal colore<br />
della loro pelle, bianca come la<br />
luce che decolora, che corrode via la<br />
forza vitale, che fagocita tutto silenziosamente.<br />
Figure umane, versioni<br />
miniaturizzate o a grandezza naturale<br />
che rinunciano ad un realismo alla<br />
Ron Mueck per porsi come elementi<br />
non autonomi della rappresentazione,<br />
in perenne contatto con il video, a<br />
cui si accompagnano.<br />
La luce è quella a neon, ipnotica e<br />
meschina, dalla quale l'uomo è accecato<br />
(Sound Exercises, 2005). Essa s'insinua<br />
nella rappresentazione ed esce<br />
a balzi fluorescenti dagli interstizi tra<br />
quadro e parete (Ejercicos de parecido,<br />
2005), del cui peso, dietro l'apparente<br />
leggerezza della luminescenza, si<br />
fa carico l'uomo, trascinandolo sulle<br />
proprie spalle (Colour Light Exercises).<br />
Se l'area dello spazio espositivo gioca<br />
con il cortile interno attraverso la<br />
vetrata principale, che amplia e illumina<br />
una parte del percorso, altrettanto<br />
fa l'artista, mettendo in scena<br />
un dialogo fra opere video e statue in<br />
resina, tra interno ed esterno, tra<br />
video-narrazione di una decapitazione<br />
già avvenuta e l'uomo-statua sui<br />
trampoli che "chiude gli occhi" di fronte<br />
al filmato e all'ipotetico sguardo<br />
del visitatore che vi passa in mezzo.<br />
La mostra crea una scena dinamica e<br />
attiva. Lo sguardo inabile alla vista e la<br />
luce che acceca sono i temi dell'opera<br />
di Roig ma, tanto nei lavori tridimensionali<br />
quanto in quelli bidimensionali -<br />
oltre al trittico e ai video sono presenti<br />
una serie di disegni che ricordano un<br />
Amleto inquieto in conversazione con il<br />
proprio teschio - il grottesco della rappresentazione<br />
si gioca anche sul piano<br />
dell'azione di chi guarda ad esse: il visitatore<br />
è invitato a cercare. Così dietro<br />
le colonne, appesi alle pareti, cadenti<br />
dal soffitto, nascosti dietro gli elementi<br />
architettonici del museo, spuntano le<br />
presenze inquietanti di uomini cloni<br />
imprigionati tra lettere alfabetiche<br />
(Strauch!, 2004) e tubi al neon. La luce<br />
naturale che dalla vetrata penetra la<br />
galleria indubbiamente contribuisce a<br />
nascondere alcune di quelle presenze.<br />
Tuttavia il conflitto è inevitabile: la chiarezza<br />
della luce della mattinata estiva<br />
mette in disparte alcuni dei lavori di<br />
Roig, che sembrerebbero invece<br />
richiedere una maggiore oscurità in<br />
virtù di quel dispositivo di autoilluminazione<br />
di cui si dotano in gran parte.<br />
Inevitabilmente le ore del giorno diventano<br />
in questo modo criterio guida per<br />
una visione ottimale della mostra:<br />
poter rendere conto dell'effettiva violenza<br />
della luce artificiale sugli uomini<br />
stanchi di Roig richiede innanzitutto<br />
penombra.<br />
[chiara li volti]<br />
Museo Carlo Bilotti<br />
Aranciera di Villa Borghese<br />
Bernardì Roig. Light never lies<br />
a cura di Gianni Mercurio<br />
viale fiorello la guardia<br />
Tel 06 82059127<br />
www.museocarlobilotti.it<br />
www.museiincomune.it<br />
www.zetema.it<br />
ROMA.<br />
Vedovamazzei<br />
Committenze contemporanee.<br />
Attraverso il confronto tra gli artisti<br />
del passato e quelli del presente.<br />
Senza nessun riferimento concettuale<br />
o legame tematico. Alla Galleria<br />
Borghese è la volta di Vedovamazzei…<br />
Tra il 1943 e<br />
il 1954 lo psicologostatunitense<br />
Abraham<br />
Maslow concepì<br />
il concetto<br />
di Hierarchy of Needs (gerarchia dei<br />
bisogni). Questa scala, internazionalmente<br />
conosciuta come La piramide<br />
di Maslow, classificava le necessità<br />
che devono essere soddisfatte per<br />
raggiungere la realizzazione personale.<br />
Bisogni fisici, sociali e dell'io. In bilico tra<br />
questi ultimi due, il collezionismo d'arte<br />
è diventato, nei secoli, una vera e propria<br />
legittimazione dello status sociale<br />
e, allo stesso tempo, un manifesto<br />
segno del desiderio di potere. Una<br />
prassi molto consolidata è stata rappresentata<br />
dalle committenze pubbliche<br />
e private, che in questo caso compiono<br />
un ruolo fondamentale come<br />
linea guida del progetto espositivo<br />
Committenze Contemporanee.<br />
In linea con la passione collezionista del<br />
Cardinale Scipione Borghese nel XVII<br />
secolo, la Galleria Borghese continua a<br />
calcarne le orme, avviando un ciclo di<br />
dieci mostre in cui i capolavori presenti<br />
nella storica raccolta si confrontano<br />
con le opere di artisti contemporanei.<br />
Attraverso echi di memorie recuperate,<br />
senza nessun riferimento concettuale o<br />
legame tematico, sarà soltanto il concetto<br />
di committenza a vincolare gli artisti<br />
del presente a quelli del passato.<br />
L'esordio è stato affidato a<br />
Vedovamazzei - pseudonimo che cela<br />
l'identità di Stella Scala (Napoli, 1964)<br />
e Simeone Crispino (Frattaminore,<br />
Napoli, 1962) - che, collegandosi con<br />
la mostra dedicata a Raffaello lo scorso<br />
anno, rispondono con un film immaginario<br />
intitolato Raphael the Western.<br />
La cinematografia serve al duo napoletano<br />
per originare una "decostruzione<br />
tragicomica di quei miti e di quei luoghi<br />
comuni che popolano l'immaginario<br />
collettivo" (Mario Codognato), combinando<br />
un insieme di opere tra loro eterogenee<br />
che ruotano attorno alla ricostruzione<br />
dello storyboard del film.<br />
In una combinazione originale, lirica e<br />
al contempo sovversiva, disegni ricavati<br />
dalla sceneggiatura si succedono,<br />
come fotogrammi mai assemblati,<br />
sopra una pedana insieme ad una scultura<br />
in ceramica che rappresenta l'elemento<br />
centrale di tutta la narrazione.<br />
La storia è incentrata su una carovana<br />
bianca in cui una famiglia viaggia verso<br />
il West in cerca di fortuna. Un Sioux,<br />
impaziente di assaltarla, rimane sconvolto<br />
di fronte alla visione della Dama<br />
col liocorno di Raffaello che gli ricorda<br />
un noto pittogramma, dando origine<br />
ad una dialettica tra due diverse culture,<br />
quella colta e quella selvaggia. Così<br />
l'ironia prende corpo attraverso un'icona<br />
della cultura occidentale immersa<br />
in un contesto improprio che in questo<br />
caso diventa un simbolo. Un'allegoria<br />
dell'immensa quantità di immagini che<br />
popolano l'immaginario collettivo e,<br />
insieme, una metafora del loro assoluto<br />
potere. Ovvero il potere che possiede<br />
la comunicazione visiva, sia per l'educazione<br />
della collettività che per la<br />
sua manipolazione.<br />
[angel moya garcia]<br />
Galleria Borghese<br />
dal 9 luglio al 7 ottobre 2007<br />
a cura di Anna Coliva<br />
Vedovamazzei - Raphael the Western<br />
piazzale scipione borghese, 5<br />
da mar. a dom. dalle 9.00 alle 19.00<br />
biglietto intero 8,50 euro<br />
prenotazione obbligatoria<br />
Tel 06 8413979 Fax 06 8840756<br />
www.galleriaborghese.it<br />
Ufficio Stampa: CLP Relazioni<br />
Pubbliche<br />
Tel 02 433403/36571438<br />
Fax 02 4813841<br />
press@clponline.it<br />
ufficiostampa@clponline.it<br />
NAPOLI. BENEVENTO.<br />
Bellezza pericolosa La città che sale<br />
Vanitas contemporanea. Una mostra Quarta mostra per Arcos. Stavolta il<br />
racconta la ricerca della perfezione tema sono le di-visioni costruttive fra<br />
con le sue contraddizioni. Drammi pri- arte e architettura. Ottima la premesvati<br />
che si consumano sotto l'occhio sa, ma fra il dire e il fare c'è di mezzo<br />
(dis)attento dei massmedia...<br />
il "progettare". E il colonizzare…<br />
Dopo l'interrogativo "eroico", la nuova<br />
collettiva al Pan mette in scena le<br />
contraddizioni dell'essere belli oggi.<br />
Fuori, ovviamente. Un'impresa<br />
anch'essa, che costringe a confrontarsi<br />
con canoni difficilmente raggiungibili<br />
e in continuo mutamento, senza<br />
discriminazioni di sesso e di età. Lo<br />
dimostrano tristemente gli scatti di<br />
Sergej Bratkov, raffiguranti bambine<br />
in pose da modelle, piccole Miss<br />
Sunshine che aspirano ad un futuro<br />
nel mondo dello spettacolo. Dalle foto<br />
glamour al racconto drammatico, la<br />
ricerca della bellezza si fa motivo conduttore,<br />
trovando logica conclusione<br />
nelle possibilità offerte dalla tecnologia<br />
e dall'universo virtuale.<br />
Ad occupare un posto di rilievo è il<br />
tema della costrizione: costrette<br />
appaiono infatti le donne nel video di<br />
Beth B., protagoniste di una performance<br />
che simula gli effetti dell'elettroshock,<br />
in ricordo della crudele soluzione<br />
adottata nel XIX secolo per<br />
curare l'isteria femminile. Ma costrizione<br />
è anche quella esercitata da<br />
tacchi alti e stretti bustini, evocati,<br />
questi ultimi, dalla camicia di forza<br />
realizzata con unghie finte da<br />
Daniella Dooling, da cui l'artista<br />
cerca di liberarsi nel video Whirling.<br />
Nelly Agassi invece, mette in scena il<br />
dolore fisico, in linea con le più storicizzate<br />
esperienze Body; l'autoferimento<br />
con cartavetrata si presenta<br />
come rituale purificatorio, mentre il<br />
rossetto del video Red Noose disegna<br />
un cappio insanguinato intorno al<br />
collo dell'artista. A far leva sul mondo<br />
della pubblicità intervengono gli scatti<br />
di Margi Geerlinks, che illumina i suoi<br />
cosmetici come fossero unguenti<br />
miracolosi, mentre Nicola<br />
Costantino dà vita ad una réclame<br />
vera e propria, con tanto di cartellone<br />
e spot video, per pubblicizzare il<br />
Savon de Corps realizzato con una<br />
percentuale di grasso asportatole<br />
durante la liposuzione.<br />
Numerosi si contano i riferimenti alla<br />
chirurgia estetica, dalle ripetute operazioni<br />
di Orlan alle protesi di Beth B.,<br />
emblema di quanto la ricerca di un<br />
ideale di bellezza si sposi sempre di<br />
più con il progresso della ricerca e<br />
della tecnologia. Futuristico (ma non<br />
troppo) appare dunque il video di<br />
Erwin Olaf, che vede conversare due<br />
casalinghe parigine nell'anno 2019,<br />
sfigurate dalle deformazioni imposte<br />
al volto con le protesi. Il mondo della<br />
manipolazione virtuale apre la strada<br />
alla ricerca delle forme perfette, che<br />
trova un corrispettivo nella sensuale<br />
camminata della modella creata da<br />
Kirsten Geisler e nel gioco di morphing<br />
di Micha Klein, incrocio-video<br />
delle fattezze delle undici modelle più<br />
belle di Amsterdam.<br />
[... continua a pag. 92]<br />
[alessandra troncone]<br />
PAN (Palazzo Arti Napoli)<br />
fino al 23 ottobre 2007<br />
Bellezza pericolosa/ Dangeorus Beauty<br />
a cura di Manon Slome<br />
via dei mille, 60 (zona chiaia)<br />
tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30<br />
dom. e festivi dalle 9.30 alle 14.00<br />
martedì chiuso<br />
biglietto intero 5,00 euro; ridotto 3,00<br />
Tel 081 7958605<br />
Fax 081 7958608<br />
info@palazzoartinapoli.net<br />
www.palazzoartinapoli.net<br />
Catalogo: Electa Napoli<br />
Danilo Eccher e Odile Decq, rispettivamente<br />
direttore e architetto progettista<br />
del Museo Macro a Roma,<br />
riprovano a fare il miracolo, co-curando<br />
una mostra sulla città contemporanea<br />
che tenga insieme arte ed<br />
architettura. Ottime le intenzioni e<br />
l'apparato teorico dell'esposizione,<br />
egregiamente esposti nel catalogo<br />
della mostra, un po' meno chiara la<br />
realizzazione.<br />
La città che sale, quadro del 1910 di<br />
Umberto Boccioni, rappresenta<br />
conflittualità e contrasti della città di<br />
inizio Novecento. Interessante è la riproposizione<br />
del tema, offerto a quindici<br />
artisti ad un secolo di distanza,<br />
per vedere cosa è cambiato. Ma la<br />
mostra vuole fare di più: accostare il<br />
tema dell'architettura, fortemente<br />
attinente, se non addirittura preminente<br />
vista la traccia, a quello delle<br />
arti visive. E lo fa proponendo una<br />
serie di nove gigantografie, una per<br />
ogni opera di architettura contemporanea<br />
selezionata dalla Decq, lungo il<br />
percorso espositivo. Questa modalità<br />
operativa rappresenta però tutto lo<br />
iato insito fra i due mondi. Essa<br />
mette in luce la differenza di percezione<br />
che si ha dell'architettura dal<br />
punto di vista dell'arte contemporanea:<br />
una visione iconografica, la riduzione,<br />
cioè, di un edificio alla sua<br />
immagine, senza analisi delle implicazioni<br />
progettuali e spaziali che sono<br />
alla base di quest'arte sorella.<br />
È singolare che la parte più "costruita"<br />
di una mostra di siffatte intenzioni<br />
sia rappresentata da Fraternal Twins<br />
(2005): due modelli dei percorsi ipogei<br />
realizzati a Poggibonsi da Tobias<br />
Rehberger con Olafur Eliasson,<br />
per la decima edizione della rassegna<br />
Arte all'Arte, o dalle costruzioni<br />
ideali in scala ridotta dei padiglioni in<br />
vetro, Portal (2002-04) e Pavilion<br />
(2005) di Dan Graham.<br />
Oppure, ancora, dal sacrificato<br />
modello a parete e dalle foto di una<br />
realizzazione datata 1995, Tetra<br />
House N-3 W-26, di Tadashi<br />
Kawamata, artista da sempre proficuamente<br />
interessato all'interazione<br />
fra arte e architettura, che continua<br />
a produrre, ancora nel 2007,<br />
opere bellissime, purtroppo non in<br />
mostra. Altrettanto interessante la<br />
ricerca, ma ugualmente datata, l'opera<br />
esposta di Luca Pancrazzi, 18h,<br />
45' (1997) in cui, con caratteri tipografici<br />
dal piccolo corpo, viene ricostruita<br />
la volumetria di una città,<br />
innestata paradossalmente a spezzare<br />
la continuità di una colonna,<br />
completano l'installazione quattro<br />
video con vedute della città miniaturizzata.<br />
[... continua a pag. 92]<br />
[giovanna procaccini]<br />
Arcos - Museo di Arte<br />
Contemporanea del Sannio<br />
fino al 30 settembre 2007<br />
La città che sale.<br />
We try to build the future<br />
a cura di Danilo Eccher con Odile Decq<br />
corso giuseppe garibaldi, 1<br />
dal mar. al ven. dalle 16.30 alle 20.30<br />
la mattina su prenotazione<br />
sab. e dom. ore 10.00-14.00 /<br />
16.30-21.30<br />
biglietto intero 4,00 euro; ridotto 2,00<br />
Tel 082 43124659<br />
Fax 082 4312506<br />
museoarcos@artsanniocampania.it<br />
www.museoarcos.it<br />
Catalogo a cura di Danilo Eccher<br />
con Odile Decq<br />
ed. Electa, Milano 2007, 50,00 euro