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Folie Tristan - Paolo Galloni

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suoi. Negli altrui panni, <strong>Tristan</strong>o svelto<br />

s’incammina, allegro ora è il suo passo. Porta con<br />

sé delle forbici che gli erano care, erano un dono di<br />

Isotta. Con esse si tonsura al centro la testa e poi<br />

si rasa i capelli a croce: ha proprio l’aspetto di un<br />

matto, di un pazzo dissennato.<br />

<strong>Tristan</strong>o camuffa la sua voce e si tinge la<br />

pelle del viso con un’erba che aveva portato con sé<br />

dalla Bretagna; dopo essersi ben sfregato con il<br />

succo dell’erba il suo colorito cambia diventando più<br />

scuro. Nessuno al mondo avrebbe potuto riconoscerlo<br />

o sospettare che era <strong>Tristan</strong>o, neppure<br />

esaminandolo da vicino o ascoltandolo<br />

attentamente. Strappa poi un paletto da uno<br />

steccato e se l’appende al collo. Si mette in<br />

marcia di buona lena verso il castello del re. Tutti<br />

quelli che incontra si spaventano. Appena lo<br />

scorge, il guardiano al portone riconosce in lui uno<br />

scervellato e gli dice: “avvicinatevi. Dove avete<br />

vissuto negli ultimi tempi?”. <strong>Tristan</strong>o così<br />

risponde: “Sono stato alle nozze dell’abate di Mont,

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