camminare insieme - Diocesi Altamura - Gravina - Acquaviva delle ...

ÿ a vivere secondo la santità del Sacramento dell’Ordine,
ÿ a mettere se stesso a servizio degli altri nella Chiesa.
Qual è la chiave di lettura di questo gesto, in un contesto in cui:
ÿ è rivendicata l’assoluta autonomia della sessualità;
ÿ non si crede nel celibato;
ÿ si ha paura di scelte definitive: nulla è certo, tutto è relativo;
ÿ la Chiesa è presentata con i tratti più foschi;
ÿ la figura di Cristo è sacrilegamente oltraggiata per odio contro
il Papa e amore del denaro.
Quando un giovane chiede di donare se stesso, è segno che ha ricevuto
un dono: il dono di comprendere (con la luce dello Spirito e la certezza
della fede) le parole che abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Come
il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio
amore” (v. 9).
Si risponde alla vocazione quando si comprende di essere amati da
Gesù, con lo stesso amore col quale Egli è amato dal Padre.
L’amore eterno, immenso, personale, gratuito che il Padre dona al
Figlio, il Figlio lo dà a me.
Come il Padre e il Figlio sono una cosa sola, perché il Padre rimane
nel Figlio e il Figlio nel Padre, così chi scopre di essere amato con questo
amore sente il bisogno di rimanere totalmente e per sempre nel Padre
e nel Figlio.
Scoprire di essere stati creati per entrare in comunione con Dio è la
gioia più grande della vita: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in
voi e la vostra gioia sia piena” (v. 11).
Dio non ama a parole: Dio ha tanto amato il mondo da dare il proprio
Figlio; e il Figlio, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino
alla fine.
Dio ama donando se stesso: “Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici” (v. 13).
Chi prende coscienza di essere amato da Dio, sente il bisogno di donare
la propria vita ai fratelli, perché anch’essi scoprano e facciano esperienza
di essere amati da Dio: “Io […] vi ho costituiti perché andiate e
portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (v. 16).
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