camminare insieme - Diocesi Altamura - Gravina - Acquaviva delle ...
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3 4 gliose di Lui”, occorrono segni forti e credibili di speranza: occorrono sacerdoti santi. È lo stile di vita che ci rende segno concreto e credibile di speranza. In una cultura dall’aria viziata noi siamo il profumo di Cristo. Noi, davanti al miracolo della vita che deve nascere, davanti al mistero della morte e all’oscurità della sofferenza, davanti allo stravolgimento e al predominio dell’eros, all’attaccamento ai beni materiali, siamo chiamati continuamente a testimoniare e a infondere speranza. Siamo il faro al quale tutti si riferiscono per navigare verso la salvezza. Vedere il proprio prete rinnovato nello spirito, più paziente, più accogliente, più fedele agli impegni, più attento alle situazioni di fragilità, più vicino ai giovani, più presente sul campo del quotidiano faticoso delle famiglie, più unito ai confratelli sacerdoti, più sensibile verso la Diocesi, più disposto a valorizzare i consigli e ad accettare collaborazione, più umile nei rapporti, più distaccato dai soldi e più trasparente nell’amministrazione, più preoccupato della propria formazione e della propria vita spirituale, significa, per il popolo, essere portato come aquilotto implume sulle ali della speranza del proprio pastore. In una parola, solo il presbitero santo è segno di speranza. 2. La carità, segnale forte e chiaro della speranza Solo chi ama dà speranza al mondo! Cristo morto e risorto è diventato speranza del mondo, perché lo ha amato fino alla fine. L’ultima preghiera di Gesù nel cenacolo è stata una forte, fiduciosa e accorata domanda di unità e di comunione intima con il Padre e il Figlio e tra di noi. L’ultima invocazione, prima di emettere lo Spirito sulla croce, è stata una richiesta di perdono: la vittima implorava perdono per i crocifissori bestemmiatori e sacrileghi. Egli, che si era caricato di tutto il peccato del mondo, si è sostituito a noi anche nel domandare perdono al Padre. Per dare speranza al mondo, bisogna convertirsi all’amore. Noi, invece, ci auto-perdoniamo troppi peccati contro la carità. La speranza che dobbiamo infondere nel cuore degli uomini con la nostra testimonianza è che in Cristo è possibile amare il fratello, il prossimo, il nemico; è possibile accettare la sofferenza, portare con dignità le responsabilità della vita.
E perché la nostra testimonianza sia credibile ed efficace, dobbiamo cercare con tutte le forze di dirci con amore e per amore la verità, di comprendere i limiti, apprezzare gli sforzi, parlare bene dei confratelli, essere sempre disposti a collaborare; dobbiamo amare il popolo di Dio con la pazienza del padre e la tenerezza della madre. 3. Il distacco, segno di speranza Per essere segno di speranza, dobbiamo essere proiettati verso la beata speranza, desiderosi come Paolo, come Ignazio di Antiochia, dell’incontro con Cristo nel suo Regno. Dobbiamo essere protesi, come Cristo, verso l’ora del compimento. Dobbiamo essere operosi e di passaggio come le stagioni dell’anno: ognuna ha un compito importante; ma se non cede il posto a quella che segue, si arresta il ciclo della vita vegetale: non ci sono frutti! Perché ci riesce tanto difficile capire che le comunità parrocchiali, pur grate per l’immenso bene ricevuto da un sacerdote, dopo un eccessivo numero di anni, cadono in un insopportabile e interminabile autunno in cui tutto avvizzisce e cade, senza speranza né volontà di rinascita? Siamo segno di speranza se ci sostiene la consapevolezza di dover cedere il posto a chi è chiamato a dare continuità al nostro lavoro. Se nel luogo dove siamo e nel lavoro che facciamo, ci sentiamo padroni, nel momento in cui siamo invitati a lasciare, proveremo il senso della frustrazione, della sconfitta, della delusione, del tradimento, dell’ingiustizia, dell’ingratitudine, del torto. 4. Esaminiamoci sulla speranza Dobbiamo riconoscere davanti a Dio, e al suo popolo, con umiltà, “in cinere et cilicio”, che non sempre brilliamo in esemplarità di comportamento, non sempre edifichiamo. Finché il popolo di Dio non vede che mettiamo al primo posto la relazione con Dio, che siamo impregnati di umiltà, di carità fraterna, avrà motivo per non sperare. Mentre serviamo nel ministero pastorale, quali messaggi trasmettiamo? Cosa coglie il popolo? Quali impressioni si porta via chi ci avvicina? 3
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E perché la nostra testimonianza sia credibile ed efficace, dobbiamo<br />
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con la pazienza del padre e la tenerezza della madre.<br />
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Per essere segno di speranza, dobbiamo essere proiettati verso la beata<br />
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con Cristo nel suo Regno. Dobbiamo essere protesi, come Cristo,<br />
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Dobbiamo essere operosi e di passaggio come le stagioni dell’anno:<br />
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Siamo segno di speranza se ci sostiene la consapevolezza di dover<br />
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Se nel luogo dove siamo e nel lavoro che facciamo, ci sentiamo padroni,<br />
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Dobbiamo riconoscere davanti a Dio, e al suo popolo, con umiltà, “in<br />
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non sempre edifichiamo. Finché il popolo di Dio non vede che<br />
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Mentre serviamo nel ministero pastorale, quali messaggi trasmettiamo?<br />
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