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332 L’effetto piazza Improvvisamente, come se una folata di vento avesse fatto girare le pagine di un album fotografico, ecco una grandissima piazza. Il penoso scalmanarsi di uno diventa il tumulto di molti: stesso agitarsi, stesso smarrimento, stesso clamore amplificato fino all’ultimo decibel, per impressionare il mondo. Più della stucchevole monotonia dell’unico colore delle bandiere, più degli slogan da esserini addomesticati, mi colpivano i visi “datati” delle manifestanti, evidente rigurgito di dissepolto femminismo. Tra loro alcuni, che dicevano di contare molto, promettevano che giunti al potere, avrebbero tolto quella massa e tutti gli altri dalla loro condizione servile, dichiarando “ordine” e “diritto” ciò che è “disordine” e “sbandamento”, e annullando, sulla scia di Sodoma e Gomorra, le incancellabili e profonde orme impresse nella natura sin dall’origine del mondo. Tutti agitavano striscioni su cui si leggevano espressioni che erano il massimo dell’offesa alla dignità della persona, della negazione dell’ordine naturale, della coscienza, della verità dell’uomo. Il piacere dell’insipienza A sentirli e vederli, molti restavano affascinati dal piacere dell’insipienza e gridavano: dobbiamo portare la società allo stato brado: niente codici stradali, penali, civili, deontologici. Nessuna distinzione tra sessi, niente legami di parentela, impegni a vita; niente responsabilità, doveri, regole e limiti di comportamento; ma libertà assoluta, abolizione di tutti i reati e le pene. Dobbiamo trasformare questo vecchio mondo in un deserto che muta continuamente volto, secondo lo spirare del vento delle voglie, delle passioni, del pensiero, degli interessi di ognuno; in balia di un egoismo universale, con un unico principio: dichiarare buono e lecito tutto ciò che piace e fa comodo, nell’assoluto disinteresse verso persone, società e istituzioni, e nella negazione aprioristica di ogni legge naturale, positiva, rivelata, di ogni dovere proprio, di ogni diritto altrui. Questa è vita, questa è modernità, questo è futuro, fratelli d’Italia! Ma a dire, anzi, a suonare quest’ultima parola era la radio-sveglia che mi riportava dal mondo dei sogni a quello della realtà e mi chiamava ad alzarmi.
“L’amore si muterà in odio” Dante, nella Divina Commedia, dice che i sogni del mattino sono veri; e io, mentre rivedevo le scene del sogno, non ho dovuto fare molta fatica a riconoscere la realtà nascosta dietro le quinte dell’inconscio. Il primo pensiero che mi è venuto in mente è stato un passo letto la sera prima: “negli ultimi giorni aumenteranno i falsi profeti e i corruttori, le pecore si cambieranno in lupi e l’amore si muterà in odio. Crescendo l’iniquità, gli uni odieranno gli altri, si perseguiteranno e si tradiranno. Allora comparirà il seduttore del mondo come figlio di Dio e farà segni e prodigi. La terra sarà nelle sue mani e farà cose scellerate che mai avvennero dal principio del mondo” (Didachè 16, 3-4). Questo quadro drammatico è stato disegnato da un calamo del primo secolo dopo Cristo, in Palestina. È, infatti, l’inizio del sedicesimo ed ultimo capitolo di uno scritto in lingua greca intitolato “Didachè” o “Dottrina degli Apostoli”. Nessuno, quindi, pensi di trovarsi davanti ad una affermazione millenaristica di un profeta di sciagure. Senza nulla condividere con le aberranti manipolazioni delle Sacre Scritture fatte da “sette” che cercano proseliti e ingenti patrimoni inculcando paure di imminenti sconvolgimenti cosmici con relative vendette di un Dio giustiziere contro chi non è entrato a far parte di questa o quella setta, non dobbiamo dimenticare che Cristo ci ha insegnato a leggere i segni dei tempi per vivere con saggezza, e dignità il proprio tempo. “Quando vedete salire una nuvola da ponente, subito dite: viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?” (Lc 12, 54). Come dobbiamo giudicare il nostro tempo? La grande seduttrice Con quale appellativo il ventunesimo secolo passerà alla storia? Forse come il secolo super-tecnologico; forse come il secolo della condanna a morte del pianeta terra, o del delirio della scienza, o del terrorismo fondamentalista, o della rivoluzione dell’ignoranza. 333
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L’effetto piazza<br />
Improvvisamente, come se una folata di vento avesse fatto girare le<br />
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scalmanarsi di uno diventa il tumulto di molti: stesso agitarsi, stesso<br />
smarrimento, stesso clamore amplificato fino all’ultimo decibel, per impressionare<br />
il mondo.<br />
Più della stucchevole monotonia dell’unico colore <strong>delle</strong> bandiere, più<br />
degli slogan da esserini addomesticati, mi colpivano i visi “datati” <strong>delle</strong><br />
manifestanti, evidente rigurgito di dissepolto femminismo.<br />
Tra loro alcuni, che dicevano di contare molto, promettevano che giunti<br />
al potere, avrebbero tolto quella massa e tutti gli altri dalla loro condizione<br />
servile, dichiarando “ordine” e “diritto” ciò che è “disordine” e “sbandamento”,<br />
e annullando, sulla scia di Sodoma e Gomorra, le incancellabili e<br />
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Tutti agitavano striscioni su cui si leggevano espressioni che erano il<br />
massimo dell’offesa alla dignità della persona, della negazione dell’ordine<br />
naturale, della coscienza, della verità dell’uomo.<br />
Il piacere dell’insipienza<br />
A sentirli e vederli, molti restavano affascinati dal piacere dell’insipienza<br />
e gridavano: dobbiamo portare la società allo stato brado: niente codici stradali,<br />
penali, civili, deontologici. Nessuna distinzione tra sessi, niente legami<br />
di parentela, impegni a vita; niente responsabilità, doveri, regole e limiti di<br />
comportamento; ma libertà assoluta, abolizione di tutti i reati e le pene.<br />
Dobbiamo trasformare questo vecchio mondo in un deserto che muta<br />
continuamente volto, secondo lo spirare del vento <strong>delle</strong> voglie, <strong>delle</strong><br />
passioni, del pensiero, degli interessi di ognuno; in balia di un egoismo<br />
universale, con un unico principio: dichiarare buono e lecito tutto ciò<br />
che piace e fa comodo, nell’assoluto disinteresse verso persone, società<br />
e istituzioni, e nella negazione aprioristica di ogni legge naturale, positiva,<br />
rivelata, di ogni dovere proprio, di ogni diritto altrui.<br />
Questa è vita, questa è modernità, questo è futuro, fratelli d’Italia!<br />
Ma a dire, anzi, a suonare quest’ultima parola era la radio-sveglia che<br />
mi riportava dal mondo dei sogni a quello della realtà e mi chiamava ad<br />
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