Apicoltura della Valtellina - Associazione Produttori Apistici Sondrio
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UL’ apicoltura valtellinese nel 1800<br />
Nell’anno 1858 “Cenni statistici e notizie patrie Valtellinesi”<br />
riporta un intero articolo ricco di osservazioni e note<br />
sull’apicoltura in generale ma soprattutto promuove il nascente<br />
associazionismo in questo settore (pag. 75 – 86). In particolare si<br />
ricollega all’esperienza milanese <strong>della</strong> “Società anonima” e ne<br />
propone “una casa figlia” a <strong>Sondrio</strong>. Il compito precipuo<br />
dovrebbe essere quello di istruire all’allevamento delle api,<br />
un’opera di educazione e acculturazione rivolta essenzialmente ai<br />
contadini locali. Nell’edizione dell’anno successivo <strong>della</strong><br />
medesima pubblicazione compare una riflessione <strong>della</strong> Società<br />
Agraria Valtellinese “Sul progetto di un’esposizione agricolo<br />
industriale in <strong>Valtellina</strong>” (pag. 55), dove ad un certo punto viene<br />
riportata la seguente frase: “Bormio esponga il suo miele, i<br />
prodotti metallurgici delle sue cave; Chiavenna la sua birra, le sue<br />
granaglie, i suoi filati di cotone e di amianto; Morbegno, i suoi<br />
formaggi e le sue saporite pesche, <strong>Sondrio</strong> e Tirano, le loro sete, i<br />
loro vini, le loro castagne, le varietà degli animali.” Colpisce<br />
come il miele in Alta Valle è divenuto un prodotto così<br />
importante per qualità e quantità da considerarlo quello che<br />
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