E - Fondazione Marco Besso

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MI rivilt&g%& dedim al
proprio Iaogo a&. Puwk di wrb g~i@ìmi qcsestrt
Roma, dcR& &#i
Dwce romani. Ma iellu pnio comune, imna-~~ qwjn'
uati in Roma amwa h loro p ~r #cc& patria; $&C&,
pckè k vidwo fwwdi e vi crebbero, conscwwfide
immagini c memorie, ck fanao parte dellg lm m'&
gPft&ni si'dkatro t swei cd d~ti0
sentire piiì dkgli rf3tri Mhni kr romani& m, mtica e
nuwa, di Roma; inchinano no, anzi, ai rtqlianr,
che di qwella N romani& )i sano, pw m' &w$,~
prese-ti,iprigni o addaIs~wra eroi; E
& , ~
italiana >drot(rzno, non di #l, RI. IYU9
madi e grado degli dtri i&.tli, Paw'ith 6 RMG. 8$-
W o , ?eilJamnime -senso di A- &esdm~ .#n semq
padcolarc della loro ci& *'W- -3 pwc-
C&&> popà fmte h&~ina&, @W: *e m*
~ I J I metropoli seaw pd w~~ ,pu3 Mk, pid
s+d&, fam di's~de fu&&& Yivo in m C##qw,
v wo di rime, * m ~ ~ xd'una i a prolo,
ib ua m-do, di dire, nO 'm* kIkr sua gmtc pnì
8-7
Chi uimebh contrastare un nosiaatto amore di
E, soprattut$o, a dc varrebbe conbrr*ctarIo? Vi
fede& che giova anche uUe &Q grandi, e pndi @+a, I
wislas'e~~ di Ropiaa, preservare. Sallarga la bro
le vecchie mura ri spaccano a lusciw quartieri
rpndersi ne& ancor ieri muta campagna, mo-
%aczrti vetud c solita# vengono da nwove arterie
&mc~si d centro di traffici ttfmuktuosi, fiadixiondà to-
pgwfi soito il piccw cadiano nel giro f poche
sd'mane, nrtovkimc architetture si sparano dk an-
W& sua rtmk athmfiva. Non per
@&'&Jmc uaivcrrdc; nm per artraaionc di
d p h s v ~toria che ftc e
i& b o ~ i rob rul suo ruolo, perciò sacro. Ridia-
WC W* m qwsto ssrolo, cot3 i mezzi d'n upparenzu
hgmwi deile memorie e kadizima' locali, dl'ince~~ante
ratwìuarnenm d'srna romani& i) pt$icolare neIàa romani&
tcni~ersalc, 2 proposito degno e rnmjeuok.
Puh darsi, che i miei stessi amici romani, che hn
giù qzzcste pugine, som'dano di vedersi attri-
@tire intenzioni tanto amhixiose. Mu io non mi inpmo:
i romana, anche quando sm'dono, specialqwando
sm'dono, fanno sul serio.

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l,' !tW
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,.; ,$i
m .
In questo modo, sostituendo l'obbiettivo efficacissimo ad
una &e di frasi pia o meno rettoriche, eviterii il risdiio di
passaxe per costnitwre di ((mattoni i), o magari di versi (mate-
riale mza dubbio più nobile, ma spesso non meno indecide-
rabile); t . vi sarà la probabilità che i lettori della nostra
Strenna, ispirandosi sulle mie vedute romane, corrano propria
essi il rischio di divenire matronatori o poeti!
Prm POMINI
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1 ' i,
L'.
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,
SORDO
De tanto in tunto m'arizorm in mente
un vecchio che ueniva u casa nostra,
%cn uecckio che rideva con Hn dente:
( fera rimasto q~elo solamente
e lo tenepu in mostra).
Qwnno ce chiwchkravo m'aricordo
che me daua raggione in tt.~o qtlcsnto
perchè nan m'accorgessi ck'em sordo:
qmsalanqae btlggiarrata raccontavo
diceva: - Bene! Brauo!
Giustksimol D'accordo! -
E soddisfafto se dannava via
CQ' qwla risatina permanente,
co' qaelo scampoletto PaZlcgria.
Par'io, da ,n po' de tempo, me $0' accorto
d'exsc duro d'orecchie, dar momento
chJ~pprouo cem cose che nun sento ,
e dò raggione a &nft ch'kanno tergo.
Pur'io je dico: - E' vero... E' naturale ...
h penso tale e quale ... -.
Ma ciò sempre a bon conto
Hn som>etto pronto.

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4r
- .:-,l
I ;.
- - r . t-,; . . a

IxdSYk che 1c due famiglk &stesse una prenda, C che
caeUmssm . da casa di Mmreronc ho a che qu& di Gstu-
&n+ padre dd P&, non P. trasferi a Civitnvecchh mi
IH,
in seguito ai nAoti riaolghenri plitici di Roma. Non ai
VUOI qui rifare la vita del WI & mcmintata da M c o
Gnoli nella Nuova h&+, e poi da Luigi Merandi n&
fazione ai smetti, e e G h m CkCadi neIl'En-
Fre
Italia=: $$anta pm& qd& mtributo documentario
u& s m t e pr Ia gmmhgh c p k rimmpidmc di
qud'atd&+~ dommtico in cui siaprì e si &uw la vita del
W.
nriBU0 +
M & di 'k~mekiw in ~aniaso (nei~a chiesa di S. W
ia Man- si htcnzava) fu partatu ii IO setftmkI
;e: gh h m iaipo8ti i nomi di Giuseppe Francesca Anmio
Maria Gkwhh Raimondo. Padrino e madrina furono Don
Anmaia (il. pdrc tra impiegato mlla mp-
Biste& di .CBp,'%&u) C Donna Fida- Tuzi vak
dunbriali qu pp+ lo tuuiuo viri- BcHi C ?h&
M&, due &i, dh~tmpte, patuao e rriamna. E ++?
wtrata sinche k leatri* a* dal-'
hbra v'& Bmmdm, &l nome san- c fatidico: Si&
smond9 B W i
Con Ginseppe EioaeEhi s'apre k 4uhm pemhm dei
W rompi ai quali m% smm wbik b &dire am k
rbch, InooIà~ di1Ia meib dJ 'W daat nascere un G' mcoma
&#i, marito d'una MargEterita Gh& romana, pdrt di cpd
hram Bdi &t trovasi registrata come primo & e
pgi mamm di s a di -agi, almeno W qp &o d a
&&te (E*) Daila fn~glie &mha Gfa&ti rhzhma e&
q&&,.@i figh, ano dei qdi, AnFoaicr, avviare a
um'$hkWx &ma &Ha mia d i e e bpie-
&&& *i'& m e
-,h
in Cam bpiglma,
nanna che Comv Q&
I l'ava Bibiam: non -va al terno I
me Saba o Fulgenaio: e da h nacquero
arto di essi figura Gudtazio, padrt del
1 12 febbraio 1762 e morto a Civitavecchia
. Da lui e da Luigia Mazii romana, spta
ue Giuseppe Gioaadiino. Con questi clementi,
fermi, puh ablmzzarsi C& i ' h
dei
tm a pagina seguente.
prematura dd padre e il disastro finanziario che
fecero dmlata l'infanzia e la prima giovintzza del
s'inuintrano per quel perioda che +e note bic-
da aggiungere a quelle tram da Do& Gnoli dalle
b&ne : che fu cr*esimata il 7 luglio 1803 dal '&&no
Maria Odescalchi che l'aveva renuro a battesimo (mi-
intanto, arcivescovo in partibus); che dal rb3 al 1807
$& c m la ma+e e i fradi una casa al wta cd
(h il palazzo Tl-teodoli e la via in Iucinaa, nrl. gruppo
'
6g@ non pih esistenti pr l'apertura di Ga del Parla-
k&; & e nel I@ Ia stia abitazione m sotto Ia +ia
4 Tommaso in Pkione, e nd 1816, quando s'amcglib,
pdla di S. Salvatore in Campo. Nella casa d Corso i
&i Wli avevano provato an& la contrarietà d'un
&m: &è fa madre, giunta all'eseerno delle sue angustie,
r fhre avanti la &te vita s'era'rimaritata ntl 1806 con un
e dei .stiEE
m che : aveva
Ie, dt resto, usta nuova
E- dopo un anno ia pera Luigia Mazio iafcrrnb
malattia che l'& il 5 ottobre del x8g. La u aif
@era s che non aveva avuto mai cuore di C( h-
& .disgrazia la padrona da lei servita negli agi n, c
mai are o
mava
r avversi& che segui-o
,entina
ad avvilire la prima
>&li: ia morte dei frado Carlo Ir811l. Ia se

l f '
&E CFfankiia che fu rinchiusa in convento,
eguccio.
vedova
8 Echi di Ancona e l'impiego ottenuto nell'Am-
I Bollo e Registro vennero a risolvere la sua
kziaria c a iniziare il periodo delle attivita re
. Le nozze furono celebrate ia sera deI 12 =t-
$&nella chiesa di S. Maria in Via, i con la massima
$ per giusti e prudenzidi riflessi u come il Belli stesso
, Nell'uitimo terza deila vita tornò ad esser triste e tormen-
E'
, . m I'esisten2.a del Poeta quasi quanto l'era stata nel primo.
4 p~riir~onio della moglie, mortagli nel 1837, s'era a pm a
di lei,
adere e
e a suo mdo. Così dissestato, non restandogIi piiì che
-'""C poche terre in Sangemini e Cesi, dovè smettere il grande
ento di piazza Poli, licenziare con dolore i tre servi
eva, tra i era la v& Anna Maria Mus
fedi di 71 aM0 che gli aveva tirato su Ciro, l'unico figIio
. , C& dorava: Questi era dora in colIegio a Perugia, e il Pwta
hsto solo si ritirò in una casa al Monte della Farina n. 19,
di propri& Balestra, presso i Mauo suoi &i, e 'vi reah fino
&m0 184, cid sino al fidanzamento di Ciro che, compiuti
. m & @di e iniziata ia carriera della magistratura, sposa i'anno
melogenero
. -
ad suo palazzo ai Cesarini. Era stretta in quel tempo
L:* Cesarini come la via del Sudario di cui formava
h continuazione inturotta appena dalla piazzetta
fih in su dai largo deile Stimate: e il palazm dei
@ Amadei), che per l'apertura del Corso Vittorio
poi come segato a metà, aveva aliora il p-
T*

tone ~rincipale sul lato dde Stimate, uno secondario sulk via
dei Cesarini. Da qutsm parte entrava il Poeta t in questa casa
trascorse gli ultimi quattordici anni della vita.
Ma gd da molti anni.non era pia lui, comc rispeadiia h
sua produzione romantsca,' che prdigiosamente copiosa e viva
dal 1831 al x837, non ebbe poi &e brevi risvegli. Gli res& h consuetudine
ddk amicizie, l'appIiizione dello acrivere (ma quanto
diva da quclk ch'ua stnra la vcra sua grandel), i'affcm,
tenerissimo p4 figiio. Poco pih lo si vedeva girare per Roma,
mattenuto in casa a d e dalla paura dei suoi mali un p' veri
un p' immaginari. Usciva verso sera, tutto &so in quella
specie di cheppe che si portava allora, slaggUava non lungi da
casa, preferibilmente nei rioni della Regola o di Campiteili,
entrava nelle chiest e vi si mttenwa a lungo, fino ad esserne
cacciab dal sagrestano coll'agifar delle chiavi. Nadgli in casa
sei nipoti, figh di Ciro, wn Teresa, CarIo e Giacomo, che soli
sopravvissero, divise d'allora in poi il grande affetta paterno
&e sempre lo dominava, mentre aro, divenuto giudice civile
e criminale, era quasi sempre fuori di casa. Li istniiva, li teneva
fermi col racconto di storie meravigliose, li divertiva con costruzioni
rnhche di legno o di cartone, ingegno80 e pazientissimo.
I suoi maii guadagnarono terreno e fini col non udr
pib di casa.
Ma nessunti s'aspettava una catasaofc repentina. La sera
deI zr dicembre 1863, erano passa* di pixx> le u venti& ore n,
mmbrt i nepoti Carlo e Giacomo smvano intanti ai loro m-
piti scoiastici in una stanza attigua, il nonno, & qualche giorno
pid sofferente del soIito, s'era alzato Mia pItrmm t pasmggiava
lentamente per la sua stanza tenendo nelle mani lo scaIdino
e il rosario. Intesero un tonfo imprwvim, siaffacciarano
sulla porta, lo videro in terra. I1 pi& Giacomo si prtcipid
a chiamare il padre a Montcdt~rio: corse Ciro, corse un medico,
arriv8 il parroco di S. Maria in via Lata. I1 Poeta, senza
aver ripreso la conoscenza, spirò tre ore dopo, alle otto e mezza
18
;
della sera, rc: vitio organico laborans » comc dice l'atto di morte.
'
Fu wlto al Verano, ne1 Ionilo n. 18 dda seconda
d~ m& di cinm, aila destra entrando. Di U fu esumam il
3 gennaio Jgra dopo la morte del nipote Giacamo e le ossa fu-
-0 d+te nella nuova tomba di famiglia, al Pineetto Nwvo,
riquad& 49 n. 4. E qui tornb a kggersi la nota epigrafe h-
demm per lui dal suo paridt amico Giuseppe Spada, n$
1863, n& quale ia Censura aveva mal tollerato che il pih
mano dei Romani fosse chiamata Romano.
.,i
+A
aw&
- Senza segnare volta ptr volta le fonti deile wtwc date,
soIo che SOI ricavate per la maggior parte dai libri
riu* aggi nell'Archivio dei Vicariato al Vaticano, mentre al& mi furcino&~&~cnte
comunicate a voce o dalIa signura Tema Bdi, vcd.
Jan '"''Sgiia di Ciro, o daila signora Palmira vedova di G i m Belli,
che%- d q a alla Bibliotcu Vitmria &nude di Roma: tum e
due vivemi. Con Giacomo i'& la discendenza made del
Poc*

vecchi sagrestani romani non sono nè maschi nt femmine,
n2 esseri umani n& fantasmi, n& corresi n& sgarbati. Si
pot~bbe chiamarli i u nè ... n*. .. n. N& religiosi nt misucdenti,
credono in Dio ma lo considerano come un padro~!
di casa e lo trattano con I'intimita permessa a un vecchio m t v
di famiglia. Se, camminando in chitsa, hanno il passo silazio=,
non & per devozione: hanno piuttosto l'aria di dire:
a Ssss l. .. Nostro Signore riposa n. Dicono (1 Nosm Signore »
- pebbc. Vedete, d
;a rnuìesimo tono con cui un vecchio maggiordomo dice
sipor wnte~. Poi, n& chi~a silenziosa, wminQano a
'm- le
lato.
wn un fracasso che in un ca& non sarebbe
a Se vi riapita. l'occasione d'attaccar discorso con uno di
,lOBO, appdtmtene. In un linguaggio tutto speciaIe, a mezza
e mn le essc sdentatt, v'tsprrh un suo prop di rcrnuxo
&iia chiesa:
t(- Nun capisco perdi2 c i h vomto mette qde du'
donne li 'n mezzo, che 'mpicceno le kogne. Io le leve-
- a S'awicina a k colonne e voi scappate via, preso da tcrror
E :+m ch'egli tolga le due colonne t vi gttti ad- la navata
13iipiugendo quindici anni fa questo delizioso pasdo,
ddi swzzava' in cuna la neonam speranza del sodm
ararsi storico, degli scadi deli'urbe. Pazienza..
:Ma Toddi non riveih due cose. Che lo spiri& critico dei.
@sti ama spesso esercitarsi sopra la pessona e l'operato di
L h
comanda: e in questo pmno aver torto. Che non
wdo scaccinì, campanari, vespdIoni e simili topi di -&restia
pm, sia detto senza irriverenza, u dc Spirimsanto D : e
W sarà loro imputato a merito.
Bhidiamo, nel mlco di tanm maesmo, qualche aspmo delIa
E='-"""
aturalmmte, non o@ suo Eompnentc risponde al vivace
p &o, Ve ne furwo, sono e saran sempre di quclti
+petici. Rammento il minuscolo Giggetw Juvarra
Iute a passewni strascicati sul pvimento di S. Igoazio
da q
lesta
"P=
aro
Alhdo
basilica
: d&
rcvano l
itiluu
i&
dissi
nd0-a
'?. ,
Ce:
, Gj ildio e
nel la m-
d* e Io-
, ,
21

vend~*ntanti. Tra i frati sagrestani,
fra Martino alsaziano a San
Claudio era un vero t proprio santerello:
ed t risaputo che sull'al-
, m e i! salito - non soltanto matesiàlmentt
m come santo o beato
- pilt d'un aagremno frate, mcnm
quelIi borghesi ancòra non ce
l'hmo fatta.
Anche oggi, bravi rr chirici i, e
zelanti mgristi abbondano. Spero
che a S. Toriunaso a Monrt Cenci
s'aggiri oen-~prc qud mantore di
grave ed e di severe assise che
mi fu scorta preziosa molto tempo
addietro, sebbene in qd'aura tragica
mi sembrasse a volte un famiglia
del bargello o un mnfwtatore
di condannati. Troppi pih
ne m05co altrettanto o%si e
vorsiud &io&... n dleciti, devoti e impagabili. Mktto
nel numwo qua di S. Vitale e
di S. Silvesh a Monte Cavalloj oonipihimi. h Tramvere
do, a S. Agata, Rwieo Tassi htellone &h Madonna dc
naantn )i; ai Genovesi, Mario Benedetti, a remp perso illustrridornenimle
di chiese. V d hdudewi il buon vecchio
-'d'una chiesetea in quei p&: se m che costui, nu
giorni che diluvia, se prima non « &W» al di fuori I'om-
vi nega l'accesso, quasi che qwm consentito solo,
nei trionfi della luce e del sale. b tmnhia nomine& i'anulo
Bweaoni di S. Bartolomm aH?& a d vetmtiie che i hati
dmraiio giunga +no a far ~d.
Tutti &@Iati, dunque? Eh quato na.
gli wsi cacciatori di W. L'amico Crrnezza, mi-
I
'a8 per arginare u l'arbiuio del perde di custodia
&upt basibhe yadmneggia c m mm&a iartanza a,
wt Ad -pio, quando cesserh il fastidioso spettacalo
&&o sollecito a pare i chiavistelli del4 cripta vati-
-& &m se adtscato dal l-? )i. La&o in pace il
a=wpietrino, aridcrate della classe, intento al noio deiie
d c h e di lustrino per le dame sbracciate daiderose
a S. Piew (tanto, appena entrate se k sfilano), o
g visitare l'abside diseertanto su «la fredda tomba me
, m calvo e barbato siede >i e picchiando sodo sulla caa
di GGiu Farnese pcht si capisca ch'k di bronzo. Alue
&lo hanno dipinto a questo mdo, ma egli vive ormai oltre
t non rientra nei limiti del nostro stadietto. E' altresì
&e lo scaccino cerchi di pescar altri pmenti, e dica,
& iI curato di campagna m-
@ da1 vemvo mehtre arava:
gffPgigmre, non 4 arrivo con
e, m'aium con l'ararnus D.
tuttavia osserverebbe : cc Un
bè', ma quanno è troppo,
m.
-iuta cura di tener serrato
di M o c't da vepoi
la gran fatica di
ine e aprir cadodetti
eritevoli di gassa
cio stravecchio, M-
@ mtissimi impropi da
N& tra le rnalehtte di
k inservienti - quante
#me abbiamo swiae,
ula
itu:
di-
vi-
W.
-p:*/ 1
trc lire P testa i,

C, ' ;:;
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i'.'..,
11). '
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Il' ' L
'LI '
- 1 .
I
S. Stefano Rotondo insegni. Oggi &kA, ma,sino a pochi
. , , \anni or mno pa farsela aprire ce ne voIeva: cinque minud
dopo, già vlinviwnno a -e. ~a una gazzetta milncsc mi
presi b (C sfizio a di consigh agii ambrosiani che in casi simili
mstassero a piacere e' se n'andassero senza dar un soldo. h
mando però come si fa allo&&, discesi in una certa chiesa
mtrerranca, il frate che vi guida chiude il mnoello e intima:
u h o tre he a testa#..,
Percht poi, di soliro, $I rispmbiie corporazione è redutata
sa gobbi, sciancati, sbil&chi e nanmtdi? Fu, se non erro,
Caino il quale venne rirnpravuato da Geova pe.rch2 gli ofhiva
frutti scadenti e marci. Certo, dovessexo un giorno sfilar in correo,
altro che corte dei miracoli,.. Sarebbe un &e di mezzo fra ia
turba poverelìa convocam da S. Lorenzo t la secer~tesm a Cort
fraternita de' Ciechi, Zappi et Stroppiati della Visitafione di
M. SS. nd Veabil Spdale de' Mendicanti di S. Sisto n.
Passino ano8ra dcformita e bruttezza: uno che w l'ha, 5
difficile lewr&. Ma queile barbe quaaiduane, se non d'una
se-,. E bstaasa Capelli &altro stnimento ignorano a
rnwiarli aii'inhtori d'una papalina alla quale ruban la forma
;
C d;iritiQ ii grasso. Occhi, oracchie, nasi lavati in superficie. 1
&!li e aoilottole cangianti ma il m101 dei cap.ili, del collare
t liella amagione. Che avesse ragione colui che derivava i'eti-
mdogia di *: scaccino » dallo scacdare che fa i fedeli COI suo ,
aqem o mi modi inurbani?
Traxmrkmo in piit spirabil atre, queUo della culma.
stampo col naso rosso e la
Se Dio vuole, il sagrestano v d i
pknefla bisunta che vi tirava per le falde o per la manica
m& farvi assaporare la sua p intcrossante e in compenso
interessata eloquenza va scomparendo. Spunta invece il sagrism-
hnitwc o « sacrist. sapiuis u tipo forse pih adiro, @il '1
ornato nella dizione, meno amico del u goccetto de vino bono P i
e cento volte pih sacana deii'antico.
.. Y .
&&&e unr> d'una U chiesa (che per degni rispetti,
i m c v a o i +tori del b tempo che h, non
nomime). Insaccaf~ in -a zimarrc~ne
'
tra i'azmmo
g:,~azza, x ne sta bea~mente miso mpra una dia,
pena gli apimte a tiro, vale a dire gli psate vicino,
i dal scdione su cui sembra indiiodato, vi &ama
pss! amichevole, pcr chiedervi se desiderate a visitare
D: avenda, beninteso, lui*per duca.
da un perale piemonteree r eccetera eccetera.
tetc replicare che non siete all'oscuro nemmeno di
che non v'& ignoto il nome di Giorgio de Pimadan
tre circosranze. Non si scornprrd e, con la con-
cavtxnosa t i'aria di rivelarvi &issi q$i segreti,
se sapete che n& chiesa è xppellita u un celebre
francese, le cui opere furono ristampate ii non so
opo la morte e distribuite a nitt'i deputati del Regno.
vai che dettogli a Ma $1, ii Fderico Bastiat si,
fessi vinto rhrinunciandg a spreme la sua crudi-
messa, cid era diacono, il quale camgb x g anni
botta v'acuintentate di dirgli (se non b sateb
una scorsa aii'kizione) che detto sid'Enrico
de la Grange marchese d'APquk.k,
ui

felice genitore di Maria Casimira regina tr di P
questo, potete mandarlo a spasso - meglio,
giacdiè non sposta dal seggiolone su cui
grave - e visitar la chiesa per vostro conto.
Lo scaccino romano è dunque genere di molte sortospecie.
V'auguro che quelli in cui v'incontrerete spemno a una di
esse (( un po' cristiana i).
., '
. . . a :$ h ;,
*.k'.- ?+i
(Disegni dctI'~&&)
. . -
- * ,- ' -
i,, , ' " -', a :
'WA D U CONCWONE (STATO A,-
ffd Po&Ai)

8 , m
'
ravita, -va per Via di Pietra per rienm a casa, sempre
accompagnato da una rappresentanza &i suoi dodici figli, ai
fermava spm nel locale, ad dora ce scappava cn vvin chinato
pa lui e un màrdetra o un d i o htgnamcnte di~iso
gwÒ PPf dmo ha noi mgas&ni.
A qud'cpota Sw Agwu era già inoltrato ne& anni,
cumo sulle s* il vim scatho ed allungato, h voce diioccia
C pacata. Suila punta del naso nwnumentale portava un paio
di bemardmi tanto da sembrare opachi; in tesu una
papaìina di seta una c blunta, e iodosio uq cnwctto mi-.
rninzibo, sfilacciaim agli orli dd m110 e delle mani&, e divatato
Iucido e verdastro per il lunghissimo uso.
DaU'altro fato del bancone egli saiutava cordialmente mio
padre e, ricevuta l'ordinazione, ci serviva con movimend lnti
e sempre uguali: due piatciai si allineavano sull'orlo del ban-
cone e su di essi prendevano posto li BIcchimiti di forma' &-
ci& e di vetro mi grosso (a vederli sembravano che dovcs-
mn- quale quanti& di Irquido, ma, n& ,,
regm&i che hevamo dividerne 3 conmum fra due o m,
diventavano W),
- tini; e sia era assai suupok e voleva che la +P
~ g i u s e p , s i i ~ ~ 1 n m n n o e n m ~ ~ ~ ~ 1 p ~ i ~ 8 ~ -
m, il bicdiiuino risultava sempre pih che colmo, e qd&
un do*ilr ihhkrtore e h h v a L bouigLit tqp gii ,
di livello; a volte fiutava c offriva la pma da uni. giganpcua ,,
'
,
,J
, -
, -

v- *
"i;"
$iv
:
5, .. -
. -

E acw2 fece; qdu*~so giorno .
se presentd a .h torre, dar marito,
e ye disse: (( AP paese
dicheno tutti che te sei amrnatti&;
uore6Be uede si de c3 de #ero 1).
- Ma si - risppse Cencio.
Be qm che faccio RIQPP e fo mistero.
E la por& 60' Ii6i su ar primo piano,
schiava k porta e b &biwe lmm.
Qwnno che api L &òt&
h donna dette 'n wlo dc sp~ento,
ch2 dde un mare visci'do de vipere
m' le capoccie amate,
l'occhi a pwme de spiile
k lingue biforcate,
spiszd' Ih sotto come &ne anguidle.
- Vedi - disse - d'idea de "sh vivaro
me venne all'osh:
(( Chi s'inabnkca ckiacckim D
t 'n'e~p&za mia.
E fi4 da un b~fodaro,
mai ~isto e conosciuto,
che seppi 'm sboriella
che nun è aflatto h&
e bsrtt'antro che ndva.
Perd ... nun n3 creduto
ch'er &orno che ho po~to avf IiQ prowl
- Pma che che? - domanna lei, tremanno.
- T'aricordi ì'antr'anno
quaano che apedi a Napoli
e rimanessi sda?
Fipreze che tmojal
Senza fa 'na parola1
.' i - .
:, ' ..>: , 8 .

A m certo ptmbo pare che s'aweda
d e 'n c'è gnmte da fa'! (conosce Cmciol)
e, che a la fine, rIwstpah, ceda.
Qtran~mo seni,? perb che lui I'abBraccka
e I'arm pe' butdla drento ar fosso,
a l'improubo je s'affiara addosso
e, disperata, se lo strigne a
Cencio, che nun s'uspctta
L mossa perfida de la tigretta,
cerca de suincolasse
ma perde i'eqdiho e, iimzieme u ki,
cusca per terra e rbtola,
ròtola.sur coperdio de k Bdtok,
Hove s'attucca all'orìo e se sosti,?'
co' tubt'e due le mano.
Mu w corpo de h moje pare piombo,
je s'P Qttacca& ar COIIO e, piano aiano.
lo spipe p'd, E'incarza;
hi ck$resiste, sbafia come un tm;
mpisce ck'P rr è hita li qmnno vede
er coperchio che cede,
e.. s'arza, s'arza, s'ar~,
pe' chiudese de schianto sopra a loro!
(I) Presso la Via Salaria - Lirica dalle Torri dei elzio
iziont. Editore Ceschina 1 Milar-
.. i':"
I'. !i)'.
P'
# '< : ':,,'

u tutte le strade di Ponte ii sole scende col consenso &i
teai audacerne p ~nti, ma sul Vicolo della Volpe,
la cui scaa t sigmx+ dal bipmto campanile tew
tonicoF il sole eatra da #a mgia di paradisa, dalla h w
bramantesca di S. l& ddb Pace, Una voh &cm, il mie
vi rimane non pia di
umile e di breve &si&&,
& naessarb al lume di una vita
IL Vicolo deila Volpa, p r sotto gh occhi indulgenti dtlla
c( Madonna del Bavarese>i r; ddb Vergine ddia it Via si- iu
rran ha posedum ma, Mla h, ma, in compenso, ha avuto
una narnèa artigiana assai inmessaa;k, per lc singdari &i& 11' .i,,v' , I ?
di aiani maestri d'atte. ,, ::,m! ,. : - '"
35
' d ,
, L - 2 , t ., ::T:

m
Un pianterreno ddI'u1tima casa in angolo col Vicolo dq
Pace 2 fregiato tuttora da una mostra di cartone dove si indi+:
che ivi lavora 9 piiì uecdio specialisa di psat invisibds', t+
è vero; l'allocuzianc non ha nuUa di presuntuoso; il d dcttq
rr pecione » che nel gravmlente locale rattoppa e risuola, t ve-.
rarnente l'inventore di quella cc pza invisibile » che saiva;
l'onore deila vasta chtura.
L'arte sua, da altri raccolta e perfezionata, è qui rimasu
tuttora al suo p&ordio intangibile.
Pochi psi pib gih, andando verso i coronari, per un p
toncino di destra si saliva, un quarantennio fa, alla aerea abitazione
di iui cmto Nicola Frczzoni che fu maeimo ai Picchia- 1
rini e ad altri non -o noti ncii'arte della vetrata. La sua casa
sovra-tetto aveva I'unica finesm a ponente, ultima pupilla del
vicolo entro la quale si spegneva tramonto; forse per queski,
Par&ce ma~tro realizzb da quel conato di sole l'iride-
dda sua vemta, cosi aderente a h natura,
Dalla parte opposta, dove i grezzi murari di S. Ma&
d& Pace si elevano senza finestre, sono ancora le tracce di
alcune paliottole di fucile sparate in un subbuglio operaio dalle
- fanterie di Giolitti conm un sovvcrsivismo sassaiuolo, e che ?
costarono la vita di un inenne adolescente che tornava dalla
scuola.
Neli* srem corpo di fabbrica si aprivano vasti locali in- 1
terni, dove si esercitava, da varie generazioni di una famigli. i
di genuina stirpe rmanesca, la fabbrica e il no1eggio dei crt ,i
saimi da maschera, che wtivam tutti i filodra-i di +/ qud
dilettantismo scenico di mezm WIO fa.
Pirl avanti, a mano sinistra, ali'angolo di un mqm avanzata
che strozzava il vido a meta, si apriva un piantarefi
dove l'ombra si impaludava neli'insano odo= di c u o h
p conciato. Là, dietro un banco plurkmlare, lavorala
R &utorc P operaio di mestiere oggi assolutamen~ gco~wciu
il tir~tore, con un abile lavoro manuale di perizia t di f
t Qra
i ed tra vero, vi aktava h
37

Tatti gIi smdari mdano'ndl'afferme che il d
del vicolo daiva da una sctirta d'antico Eomo deila .e
petta in Via dei Coronari q proprio di
dclla viuzza. Infatti l'ump, sulla quale
nita una volpe in fuga, in dto ho. a phi anni h!::
lo sde pittorico, relativmte madcrno,
su &@a pia antica, mi h iafratto -p
sia mto il h o a prendere il nome dcl vicolo, pa l ~ z
mcgiio sua popok a h a i
dolhi oggi dutameute ~c~na&d:
ii pia alla m d m li.
1 cornrrrclli: figurami di vadert il brade dei giuocm
di pallone, irto di punte, ma su di un impasto sferico e 1
wlo quanto un'arancia; exano dolcissimi t profumati di
censo, si vendevano a due ddi e si chiamavano anche,
sa per&& u cremonesi~. Non ne ho pih visti n& in negosi
dolciumi n2 da foniai.
La u Pima alkr m&- i, tra in origine un rustico p
p C- due sedi, poi, rindto il costo
conmiscdedihtasiasiprem&hoaq
varie osterie di Roma, come gradito assorbente, ma non W,
&tite a che fare con Saspetto del dolce originah e mn
wo gusto eg~enziaic.
Cori. tutta confidenza mscm ai lettori il semeto i$$
.i- pinz c primm~g-mn ~'avv
pizza deve rì& di &sme dumza
che p divorarsi. Ed m eccorie il dosagg
donda t la libbra:
. Qiirogramrni I di farina h,
mi 3 di zucchar), 4
r di bS WC uwa, ttti uno di strutto, un pizzico di d
da, m di un limone tritata, 9ettantacinque -i
nato fino a giusm cottura. I,
vivanda, ahp"ae del genio
na, fu bcn degna ddla wtn
ore sul Tmerc, le cui acque
delle pale dei mulino. IO
aquei, +t il dti, miti
la loro vicenda; ma t ri-
,C iipc i&mtc tMe dcandre,
d& corra=, men- le @C,
Eindivano minuto per mirnum

#,, CHI SONO I 'ROMANISTI, n $ ;
. melanmica rntxmpoli che qualche strsniem
mqlio vuol dare ad in& Rpma non d a n2
do ai margini della reca vita ma+ e, pih s p , ancbe
mnc, da quegli ami ambienti ed istituzioni che fanno di
Roma, non solo aa drabik ccnuo cosmopolita, ma
tic0 mcrdo cobz giusmmente cantò il maggior P
&te, ma osterie del suburbio, come ndc picwk e
tram& hali, si riitnkng settimanalmente questi
MU mdhi, aItorr deile belle mdiziani. Gustaxio,
un ,phtho tradizionale e bevono un biere di preliba
dei &&& id mezzo a grappi di artiìi e popolaai
,e gii altri sempre in cerca di piamole, ~iQiaie e
aas8osrzisadu l'osteria in uzi'mdh e p*. k
I rc Wmrin9ti » non hnno d t pro* ma fl lom i
pito a bhk lo shidio del poeta a&prio Awsm J&

I!, ,
i;
I
. 0 L.
&t essi passano tutti, magari saltuariamente, a salutare
f'bw, certi d'inconmre sempre ndla ospidità del suo studio
di Via Margutm, vecchi e nuovi amici. Ugualmente i ((ha-
&tin non hquentano, per le loro riunioni stttimanali,
sempre uno stessa local~ Nelle belle serate estive le due ormai
famose mattone di Piazza Santa' Maria in Trastcvcre sono le
preferite. Ma I'aIlegra brigam si espande nelle numerose Pat-
&e dei v& rioni mantenendosi al corrente .dcll'ap&ma
di un nuovo locale (( ... qwarche biscetso nbuol >i. Sempre in
gamba questi vecchi giovanotti l V d i solo perdi* assai s~arso
2 iI numero di colmo che non hanno mrpassam la cinp&neina.
Non esistono statuti, norme e leggi per entrarc a far parte dei
gruppo; -re soltanto essere presentato, aver fatto innanzi
tutto qualche cosa per i'hte in generale e per la gran madre
Roma in @dare. Essere un galantuomo vero e riuscire h-
patim alIa comitiva. Cm1 poeti, wittori ed artisti di ogni re
gione d'Itaiia acquistano subito il titolo di cc Romanisii).
Questa libera costituzione di un primo e pih ragguardevole
cc Gruppo Primogmim S Rom~anistji) ha fatto sÌ che altri
minori gruppi di studiosi ed ammiratori dcli'Urbe si costitui-
scano, spam h i ,munbri delle assmiazioni culturali ed arti-
stiche romk Ma il Gwpp Primogenito & quello che sugge
risae il tono e detta nmma a nde rumorose riunioni i); riunioni
che trasformano alcuni caratteristici lmli della capitale, in
veri cenacoli ove si trasaorrsno piacevoli ore fra conversazioni
di carattere culturale, letterario e poetim. Serate tutto brio,
tutia arguzia e di quel buon umore tipicamente romano. E' ne-
cessaria una dccumtnkzione di queste riunioni? In un iibo
publicato s de Osterie di Roma, apparso nel 1936 e nel qdc
coHaborarono 18 dei pib fd& u Romanisti w si mano inte
msanti note di questa caratteristica vita romana. In questa
strenna sono raccolte le voci, le impressioni e, perchè no? i
sentimenti dei piS assidui romani&. E infine, per essa pih
precisi, curi la definizione esatta di chi sano i Romanisti i,:

'i, , i ,l, -
, .
,; :, , l 1
, ,. .. I
l. :i
,, ,
l:,; , , , ?! ; , . ,
Sona i veri innamorati di Rorna, i
@&è disinteressati) dda RomanitA. Essi si ~r&g
rivivere le beIle tradizioni romane che hanno re&
ì'Urbe sempre phple, interessante e non già,
. I1 t( romanism P perci6 non va confuso con coloro
cano allo studi delte lingue romane, del diritto
con gli appassionati dello spwt deI calcio.
Il « romanista i) pub anche rsme:
Rom~o, se nato a &ma, come risulta daU'Ufficio
ROMANO DH ROMA, se nato da gmitk ed avi ro
romanlammte educato.
ROMANO DI ELEZIONE (O meglio di pepe) se - non
nato ,- italiano o straniero, elegge Roma
anche senza risiedervi in permanenza.
se 2 di carattere buono, sincero e cor-:
ROMANONE
sondicaniio cm1 la figura semplice e schi
ROMANACCIO, se romano, Romano
carattere vivace, chiassoso e satirico; ama l'allegria ed i
semplici dei popdo, odiando l'etichetta e le formaiia
i cbwofi.
Nm pud esme (( romanista i) quei :
R& ... GNONE che si serve ddi'esalmzione della Ci&
a scopo di speculazione.
Potrd un giorno essere (( romanista n quel:
ROMANO
ALL'BO PER CENTO co~~cepito
in Roma, da
vani sposi in viaggio di nozze nell'Urbe con la riduzio
viaria dell'lo % .
rj
,,, > h *'C'
l . ' l 111 7:A
I
' 8 , L
' h
e ..C &R=W P I ~
[
-6
E POETA
kmrt Panzebta, fruscamno,
h 4ff@nno 2 dhenfato uno scrittore,
e rinnmm' e lo cRiami Samaime,
rnin te risporaae e nun te dd Iw mano.
+.
,&o lai t Sdw' L Tmcolo, d'a~&e,
&v dramma de J'Amor Sacro e Profanr;
poeba, 1~i dice, 2 rm re somano,
E n volgo bmro drvc f+ onar n.
Co' la tesa rapata a Ja d'Awnunmb,
picn d'wgaio,
E;- !. *N a gardenia a ~'~cchieilo,
i Se pavoneggia, C srdondoIa li fimchi.
.Pure jeri m'ka detto: (( Senti, Nwnzio,
&$e so' scorda, ~~CI~ISO,
er pmufop;
Chresa' dd irnpesfamme umti fradi?
_, . I
,I' ''I

, ,Se sa; er -sole s u fermo; c chi cammina
Sempre, 2 L #m d e je gira intorno;
E aregola acmsl la notte e W giorno,
La sera, er doppopmnzo è h misina.
QM e9. sode ce dfr luce e ce c&a
Come se coce 'nra papotm ar forno;
* I
a . Mentre de la: nun ce se uede un corno,
,I .
['
, , '&W-
E è freddo e scuro, come p'& in cuntinu.
'I ,
I .
' I'
:. Er globbo, poi, co' tiatto qsurnm er peso
De monagpae, de case e de palazzi,
S'areg~e a uk filo che lo d Iospeso;
E qtcw po sta in mano der Signore:
Ma si famo però troppo li pazzi,
Lui lo strappa. e ce manna lar Creatore.
E*
. - :
. .
-i. . .
4. :'
, .
ROMA SPARITA
' !
Anticamen~ qui c'wa un &&ere,
E da' porte $13 avanbi er macellare;
Poi, sur canzone d'mgolo w barbiere,
E ne' h casa accanm er sd~maro.
Appresso I'Ofabo~o, cor santavo
Che vendeva li Iibbri de preghiere;
E doppo, er farmncistu, el sor Gennaro]
, Che meva in vemEPrna trn gran braghiere.
Propio de faccia, sopra l'orsarolo,
adesso c'? 4UH FG ik~~one
veci rheito, solo solo;
. bicolo, dietro a da f untnaa, ,,l: . .
o l'ostepris, dove Panaone
arava er vkello de Ma~txilsna.
'
' I ,

Un
-.
- n
, ,
.
a Ettore Petrolini
.
ra che davvero sono convinto &egli non è pib e
O straripante, la magni6a gioia ch'egli lar
nava dk folle si t spenta e per sempre, il
non va ai giorni in cui egli, hndatore dei ((
sterna i, oggi Romanisti i) con sette di noi (anche
di qwgli otto, cari ail'animo mio, se ne sano
Rodimi, Franco Liberati e Ignazio Mascalchi),
nostre &te con le agizie e soa le trovate che
senza sosta, a piene mani, con quella pronta
era -am. II mio pensiero invece va
tura, come memoria pih recente e pih sentita.
Temeva la W Errore Pedini Certo non la dmidu
ma v a di poterla tcncrc a distanza e sc mai di p&,
contro Bli ki Fmse negli dfimi anni, vigile -'era,
rninud a sentirne l'insidia implacabile.
Una sera nei suo camerino all
~u~usrn Jandolo di sopprimere il 'terzo a
BeUi » allo scopo - d i a - di ' sveltire i suoi gr
spetrnco~ in quel teauo e per dare al lav
'qual'& appunto quello del secondo atto. Augusto
In rdtà Petrolini, che pure m1 (( Belli n a h prima
mzione aWc( Argentina )i aveva rip
un trionfale successo, mi avwa
interpretarc.il grande peta romanesco inerte e morente
in quel terzo atto che ha tante virtù miche, forse s
agli altn due.
In tempo prdente, dopo il
avwa avuta a Torino, mi confidh che quello era
46

. -
atrm. Si respira - mi disse - senza respirare; immagina che
cosa infernale! E cid diceva come se l'attacco i'avesse sublto
un altro e non lui.
I1 male incalza e prirna di morire lo rividi tre volte: le
prime due con Jandolo e i'ultima con Umbcrto Gugliehom.
Ci disse la prima volta che i medici cercavano di nascondergli
la gravità della sua malattia, ma a lui @I non glida
hcevano! Correggeva le bozze del suo ultimo libro Un po'
per celia e un po' per non morire )i e ce ne lesse, ansante,
qualche pagina.
La seconda volta ci chiese se non era per caso una vigliaccheria
quella di spegnersi a cinquant'anni. Aggiunse che pensava
ali'al di là, nella sua fede di cristiano, ma che desiderava
un prere che b comprendesse in pieno e che fosse quindi intdligente.
PassA, subito sollevato, a scherzare su fatti, cose e per-
.- ,sone. Gli amici come voi due - concluse ritornando serio -
, ,
m < , ,-compiono il miracolo di farmi stare meglio. Fatevi vedere,
.. '
,.. ;#
. ,, se potete. Capism ch2 finita per me. E non ditemi il contrario,
1 .
,. : . ,voi che mi volete bene.
- ,
, ,
?
I.
,Lo baciammo e ce ne andammo muti e rataismti.
L'ultima volm, in compagnia di Guglielmotti, egli era gd
per entrare in agonia. Ci conobbe appena e ci sorrise pallida-
mente. Cadeva in assopirneqti. La sorella lo chiamava a nome:
Ettore! Ed egIi ripigliandosi, rispondwa: Ahhl E poi tornava
ad assopirsi.
L'indomani moriva. Monsignor Pucci, sacerdote esemplare
e giornalista valoroso che lo assisterce come un fratello, disse
poi che il suo trapasso era stato edrficante.
Senza' dubbio quda sua bonth che spesso traluceva nei suoi
occhi imperiosi e cheeaveva cercato di ricacciare dentro dentro
in tutta la sua esistenza battagliera, era sgorgata al richiamo
del Signore, senza piiì freno, limpida, semplice ed intera.
\
ETTORE VEO
, '.
, '

Ri!mtto del muratore Giovanni Borgi, detto u Tata Giovarmi i>
fondamrc dell'Istituto omonimo
Trama per un romanza senhrntrrlr a &fondo .~tarico.
" TATA GIOVANNI,,
LE GRANDI ISTITUZIONI
ROMANE DI BENEFICENZA
E
a Tata Giovanni i l Magg'm p~roiu!
Parola veramente manesca:
k dice cr labbro e cr c8re te mnsoia
pcht 2 parolu anha c sempre fica.
Tatal ... Tatal ... U~imbc come Mamma
i% s m
dorcc in bocca e cr C& inftamqn... (I)
romano e si chiama Giovanni Borgi. Al principio della '1;
vicenda, che desideriamo narra=, ha 52 anni. E' malfa- l
bem, rude di mdi, poco accostante perchk scontroso,
ma ha un grande c nobile cuore.
E' occupato in qualità di muratore nei lavmi della Sa-
cmua di S. Pietro in Vatiano, che Pio VI sta elevando a fianm
deila monumcntdc Basilica, ma non 2 nemmeno un artigiano
provem; è una l( mezza cucchiara mrnc definixono a Roma
questa categoria di operai.
Ha sofferto nella vim molte gravi sventure: si è sposato
a 22 anni con la romana Giovanna Vacchieri, dalla quale ha
avuto una figlia: Rufina, di carattere mite e gioioso. Nel 1777
gli muore qucst'angelo di figlia, nel i784 gli muore anche h
moglie ... Resta solo ... e questa solitudine lo acmra.
(I) GUALTIERO Snuonui: Pa& N u Tua Giovan* n - hlle

Per non essere 40 chiama presso di d la sorella Dome
nica, buona e fedele mrelIa, ma essa non riempie, nt può
riempie, il doIoroso vuoto della casa. Sembra incredibile, ma
quest'uomo rozzo, rdde, scontroso ed anche un p' manesco,
ha bi-o di sorrisi e di tenerezze, che non ha e delle quali
sente penosamente la mancanza.
Riempie, come meglio può, questo vuoro del suo cuore
con opue di pietà: neiie ore libere assiste gli infermi dell'ospe-
dale di S. Spirito, la sera si reca quasi sempre all'oratorio del
Caravita, vicino aIla Chiesa di S. Ignazio, per recitarvi il R*
sario.. . (I).
Il p~mo uji'glio ,.
E' una chiara notte lunare dell'ottobre 1784.
Di rimno dall'oratorio del Caravita, nei traversare la
Piazza della Rotonda, sente sotto una dei banchi dei rivui-
ditori di quel pubbliao niercato un lamento. Si accosta...
cerca... il lamento proviene da un cumulo di ceste e di rifiu ti .
osserva... : 4 un fanciullo abbandonato, un povero essere gra-
cile, smunto, affamato, febbriciunte, rawolto in pochi cenci.
Vinto da una grande pietà Io solIeva da terra, lo accarezza,
' io bacia e... per una risoluzione improwisa, come per una
. 1
1 .. divina ispirazione, col cuore gonfio di wmmozione, st lo serra
al petto e, in braccio, lo porta a casa.
Per via, fra lagrime di pietà e di gioia, un nome dokis-
simo, partito dal pih profondo del suo cuore, quasi inavvertita-
mente, affiora alle sue labbra: Figlio mio1
Giunto a casa lo cura, lo nutriste, lo rblma di affettuose
premure. .. decide di tenerlo per sempre con &. .. è il primo
suo (I figlio n,
(I) Ab. Camo LUIGI MORIMINI: a Di Tsgagiouunni - Memorie n.
Roma, Tipografia Marini, 1830.
Chi t questo fanciullo? Non si sa. Però questa povera creatura
.porta nella mesta e povera casa una luce abbagliante ed
affascinante e... determina un fatto che ha del perchè
i fanciulli cosl raccolti dalla pi& del1'uomo si susseguono ...
I divengono ben presto quattro, poi sei, poi nove l
Le semplici e modestissime sue risorse economiche non
bastano pia per sopperire a tutta quanto mrre per il bro
mtentamen to... invoca allora la carità dei buoni ... e il popolo
romano col suo grande cuore risponde, come sempre, generosamente
ed in modo commovente, all'appello dell'uomo.
Una famidia tipica.
Accanto al holare della povera =sa di Via dei Cartari (I),
i primi ragazzi, tolti dalla strada dalla pietà del povero mura-
tore, trovano Ie prime gioie della famigh di; avevano per-
C
duta
o mai conosciuta e... in un impeto di tenero amore e di
commma riconoscenza, considerano e chiamano rt Tata i) il loro
benefattore e si considerano e si chiamano fra loro a frabelli i).
Questa dolce atmosfera di affetti, questo ideale vincolo di
famigliari& qumm fraterna solidarietà sgorgata dal dolore e
dallo sconforto di essere soli al mondo, forma, e formerà per
sempre nell'avvenire, la pih tipica e simpatica caratteristia di
questi (r figli u.
Intanto, ne1h loro vita quotidiana si stabilisce un ordine
nuovo: originale, semplice, famigliare e caratteristico, che "i1
tempo futuro e norme pia progredite non cambieranno nella
sostanza :
La mattina, lo stesso muratore, Ii accompagna p h m
Chiesa, poi nelle varie botteghe artigiane, per apprendere un
(I) PIETUO ROMANO: Shrarde e Piazze di Roma. Roma, Tipogrda Idcgct
stiniana, rg39. - L'autore sulla scorta di dmmcnti del tempo è riuscim
a precisare il numero civico di tale abitazione: 54.
5I

mestiere e la sera li attende a casa dove, pur mn la sua dtzza,
P ricalrris di prem& attenzioni e poi, u&., udite: la
buana Disnenim, che fa Iwr da mamma, prepara ki
app* ddah di rame il. mietstmne prr tutti. .. cotto il quaie
sgancia dal catizioo tale fumaiote caldaio, lo depone nei mezzo
della mtm e intorna ad essa rum la famiglia uinsurna il
S W PSQ
II ~ t m
t Aplia r rmùesto, ma di unr aigimlità che
cdpk pfaf-ne b f aah popobre, h quale denomina
subito taIi mwzi can un appehivo cbe mtah 10x0 per
sempre. .. ; appellativo d'amore, di ammirazione, di bontà, di
affetto : cr Cdlarelli! i).
dice d e tu~u qqe' la compagnia
te magnw ne i'anim taIbro.
Apposta er popolino a ~tti qdEi
te li vorse cAaamà li r'« catladìi (I).
I '
/
L'intsrre@rPrnrnt~ di m Prnpa.
Questa piccolo ed originale nuclm famigliare, certamente
protetto e benedetto da Dio, sprigiona subito un grande hccino
ed una potente fma d'attraziwc.
I primi ad interessarsene scino i vicini di casa che incu-
riaaiti scrutano e cercano di sapere ... e, una volta appreso, re-
stano ammira ti. quindi, a mezzo 1010, il fatto corre di bocca
in bocca e sì propaga per Ia città.
Si accostano, in conseguenza, i primi modesti benefattori
che appreuano lo sforzo di quel generoso cuore ma da mo-
desti che sona, tdi aiuti, divengono subito degni di caaside
razione per l'importanza delle persone dalle quali provengono:
(I) GUALTLEBO SBAUDELLI : Cdre de * CaI6arcIIi 1. Roma, Tipagrafia
S. A. I. Seltcta, 1930.
benestanti, impiegati, professionisu, prelati e... fra questi ultimi
... uno spmialmente, Mons. Michele Di Pietro, divenuto
poi Cardinale, nobile per nascita t ricca di studi e di censo,
che ne diviene il protettore ; che prende a sue spese in &EO
un piano del &lazzo Ruggia in Via Giulia, nel quale trasfe-
risce il muratore coi suoi ragazzi, obbligandosi spontaneamente
a corrispondergli per l'avvenire un contributo finanziario
mensile (I). ". ,
, la !:L :
(1) SEBUINO PAZZWI: L*Oq+io di n T.. Diouanai r. ~om,
&o-
grafia del Senato, 1932.

Ma la notizia si diffonde ancora e sale sempre pid ... giunp
fino a Pio VI, che resta meravigliato... Manda a chiamare il
pvero muratore... gli parla, chiede notizie particolareggiate
SU quanto se facuido... wol vedar i fanciulli da lui raccolti
e..: prende hpti decisioni: concede subito aiuti finanziari
e ne promette degli altri, ma intanto compra e dona al mu-
ratore tutto il Palazzo Ruggia pdi8 psa in esso ben siste-
marsi coi suoi ragazzi.
-
Il primo pilastro di una grande istituzione romana 2 get-
tato... e "tanto i ragazzi riwverati salgono ad una ~enrioa,
pi ad una cinquantina... e pi a circa novanta !
Crudeli ~ofereme e... xadhae. &i..
Però, subito dopo questa sorprenduitc c originale aurora
di vita, si abbatri. cruddmmte, su questa modesta e fragile
comuni&, una lunga e grave serie di sventure.
II IO febbraio 1798 Rana è acupata dille milizie francesi
e viene pmdamae la Rcpobblica; ii 14 deilo stesw mcac Pio VI,
primo grande amico e buicfattorc dei Cdlarelli D, 2 amato
e depmtam in Francia; neil'aprile successivo, il Governo Francese
confisca il Palazzo Ruggia; il 28 giugno muore Giwami
Borgi; nel mese di agosto Pio VI muore a Valuiza; i pmtcttori,
i benefattori, gli amici deli'Ospizio, creato con tanto amore
dal povero murato&, sono in gran parte dispersi, le fonti di
aiuto inaridite, dovunque il terrore, l'abbandono, l'iodifferuiza,
m
Ia sofferenza!.,.
Sembra che questa ondata di sciagure debba travolgere
povero Ospizio ed uiniuibrlo, ma... sia pur tra lagrime e
dolori, &e durano circa tre lustri, miste!...
Nel 1812.~01, l'Ospizio stesso si fondono istituzioni minori,
ma pressahè sirnilari: l'Ospizio della SS. hunta, l'ospizio
di Tata Francesco (Francesco CervetU) e quello di Fra Bonifacio
da Sczze, con h dcnominazionc unica: Ospizio delia
SS. Assunta detto di

Quello steso anno un nobile giovane, dalla natia terra mr-
chigiana (Senigallia) viene a Roma, presro uno zio pret+ p
conrinuare gii studi Ha bisogno di un confessore e... (Pv-
vidcnza Divina!) ... gli consigliano il Qfiodco Cesare Storace,
prelato di alta cultura e di grande bontà, Direttore de1l'Ospizio
della SS. Assunta detto di cl Tata Giovanni >i.
Dopo tante dolorose peregrinaziwi, I'Ospizio si t sistemato
in quel tempo in un'ala dei vasto convento delle Salesiane in
Via S. Anna dei Falegnami; &bile &e pi paa interamente
in proprietà dd'Ospizio stesso.
I rapporti tra l'ottimo sacerdote ed nobile giovane diven-
gono presto affeauosissimi, tanto che il Sacerdote lo invita ad
ahtarlo L sera nell'inxgnare ai poveri « callarrlo D a leggere
e scrivere. L'incarico L accettato con gioia e soddisfatto in modo
exmpkre ... mentre nel giovane matura sempre pid Ia hvo-
cabik vocazione di abbracciare ìa carriera srdesiastica, che io-
ktti abbraccia, senza però interrompere mai I'incat-ico assunm
presso i t( Callarelli »... tanto che, quale tangibde prova di am-
miazime, di stima e di affetto, il vecchio Sacerdote lo nomina
Condirertote deH'Ospizio!
#
Una luminosa mattina (11 aprile 1819) nelb Chiesa annessa
aìi'Ospizio, S. Anna dei Falegnami, sfarzosamente prata a
festa, circondato da parenti, prelati, amici i: da tutti i suoi
u Calladi D, il nobile giovane cekbra la sua prima Messa.
Si chiama (C Giovanni »... come il vecchio e povero muratore!.. .
. . . . . . .
Taminara la Messa il novelb sacerdow t Urmdato e festeggtato
cnnisiactiamente da tutti i presenti, m, in mezzo
a rnnm gioioro frastuono, un piccolo u cailarello n si fa largo
tra lom, giunge fino a lui e con voa &t, vibrano pera di rimnoscenie
affertu, gli dice: C( Da Gio~ouanni dl, quaano rmui P~po
bt riEdmi de nojanbnr M,
La generale arpreaa causa wi certo smnrrimento n~ p-
senti e £a w re di colpo il gioioso frastuono, m il hnuuI10, .
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pr qwm un po' commosso, insiste: D), e ricordmm' dc
. ao@ntri? ... ad al picmb r calhelb x, altri alunni, animati e
fatti anch'cssi pib uditi, si unisaono insistendo:... e de me? ...
de me? ... puro de me? ... (L).
. . . . . . . . . . . . . . . . .
' Ventisette anni dopo la celebraziwe di questa p"a Messa
e di qutsta wprendtare divinazione profetia, così spontaneamente
sentita da poveri fanciulli derelitti, d a gloriooa Cattedra
di S. Pietro si siede, na I'ammirazione e le spezanze di tutto il
mondo cattolico, colui che fu l'amatissimci padre di centinaia
di o CaIlarelli n il buon r Don Giovanni D,.. che assume il
nome di Pio 1x1
. . . . . . . . . . . . . . . . .
E come dall'alto dd suo trono Egli sempre daor&, e con
quate cuore, i suoi CaUaxistlli i? l
Dire &e questo Pont$ice abbia dargita munificarnenct
all'Ospizia dei povero muratore tutto quanto poteva oxorragli
per vivete, pr consoliciarai c per praspaayy 2 dire forr
L. ma pid appadicenre, ma mm la meno importa- del m
pande animo e del sm grande e paterno attacammto, per&;
Egli &ie a a Tata Giovanni )), oltre dc ros~x, h puk
migliore del suo magnanimo cuore e h pih soave, sconhnata
e tenerissima predilezione!
(I) SBR~NQ FAZZINI, m a citata.
u Catlardli n d'oggi

Un #cm10 c me- dopo.
Siamo nel 1940. .. e da quella benedetta notte delliottobre
1784, nda quale il pero muratore Borgi raccolse il suo primo
(( figlio i), sono -scorsi 156 anni! ...
Durante tutto questo tempo quante vicende tristi e liete
ha avuto l'Ospizi da lui fonda m.. e quanti eroismi ... quanti
edificanti t commoventi episodi di amore, di canta, di abnegazione,
di dedizione ... e quante lagrime, ma ade quale
tesoro di nobili tradizioni... quanto bene compiuto e... quanto
onore1 .
Sul Viale di Porta Ardeatina (fuori la Porta S. Paolo) in un
grande e luminoso edificio, con suvizi di assistuiza e ricovero
perfetti, con ataczzamra modernissima e con annessi: Chiesa,
teatro, pakma aoputa, ampo sportivo, bagni, M e , ecc., ai
continua l'opera grande e Mla iniiam dal pero e d e muratore
!
Anche dopo le domestiche mura
del grande Istituto, che porta il sw nome, pur con altri m& ,
: con altri ordinamenti, si mantiene scrupolosamente inalterata
la cara, semplice, commovente atmosfera di famigliarità, creatasi,
per spontanea prodigio, ndl'umile stamberga di Via dei
Carmri, perchè anche nd 1940 il supuiorc degli alunni t il
(t Tata a ad essi sono sempre fra loro n fratcdli i) l
I . . . . . . . . . . . . . . . .
Quesm la trama di un romanzo che potrebbe riuscire molto
interessante c molto avvincente... ma... non & una trama...
e non t nemmeno un'invensimc eoneepim per mivere un ro-
manzo a fondo storico o una storia romanzata... t invece la
sto& vera, dementata e uinmllam di una grande c bene-
merita istituzione di bentfictnza, sgorgata dal cuore stesso di
qucsto generoso popoIo romano, e che Roma altarnmte onora:
2 la ska dcIIIstrjtu~o
di n Taki GKWmni n1

I'
Perch1 tutti te Dnciono gli0 &o,
p~cht sutri te chidmono mnténti
quando tt'a&bti pe' parl.4 a Ue ghti,
. . 'Rdp de demo CO' lla vm' d'oro?
Rose T&CC
de rcmarmsza dmiru.
Nun + pmht md @o paci i IUVO~O,
mentre Tn, a gli0 timdno, sempre atténti,
pidi l'Italia m' mani pdénti
o diteI comme te fd f~' gli' amoro?
Chi ci ha redata l'dquela rnperiale?
chi ha fatto nhcia, ddo sbka la m&na,
mnte ci&, co' dle pii2 belle Q *p?
Chi md ci dd 'pia Mostra 'nna've~zale,
mùrmors', ttiZ1e i giochi d'acqua a li'aria,
pe' UaIegrIa ca Roma uh a glio muro?
NOTA. - 'Cm1 yd: così anàrà. (Si noti una certa dogia con
l'espressione francese: $a h) - Te k 'mo gli0 h: ti lanciano ii
uiore - T'affad: Ti dacci - Rbio de Bamm: Eroe di bronzo - T~o:
i Ttngorici, hanno - HQ jattc narcia mk cird, co' Ik pih belle a paro
m& fatta nwuc me città, i. linea mn h pih belle - bidnaori:

-L:';;,.~;$
' I,.
, ,.I
- .m.
1'
0 ' Il.
. -;:*dJ
. .
Ròyo dc féro co' gli &chi de fdco,
pe' crfdllo che pe' nui si fatto p2
ipe' quant'arro ancora Tu ha' da fa',
n rengrazxia#& nun P brdppo p&?
Vi& chi, cmènse ajécco i dldco,
Duci, pe' t2 se pò samycd -
pe' ti, che SI EQ P a - ~ i t im O tid
ncunm a dia mor*, comme a a 'nao gioco!
... A glio mamcnto Bbno, quando Tu
=ampi a cav~glio
pe' Ja pgta santa,
1'Itaiia ne n2 uppr&sso tutiuq~anba?
h 4re ngrata - "Iloro - i d e deppid
ce Il'ha m' nui, i,(( Iida spèrxa M i I'arre
figlidsxe helk nne redi a lla Ma~re7
NOTA. - Ròio de pro: Erm di h o - Pe' rlrillo: Per quello -
"i-: Beato - C&*< ai4m i dIòm (dal Intino h&, ad Imm): Accorrendo
qui e U - N* u.2 ~rt~so? Non ti qpc? - L Sòm ngnu. i che
Cppi'h cr II'ha m' nzk h sorda &rata e che ha wmm cm noi, più
d'qui a h - L'S I* rpa i: L'Ma - 1 l'#e fgk~zr
h& me M a Ih M*?: E k R hgliole I ~ bek non Ie mtituiwr alla
hiC..,.
.-
..::,$,1
Revkuo nfidro, apprCs10 a lla Viim'~,
l'arti, le ndmtrie i gli0 rumrntrcio ... Schitto
Musolini trionfa, P tira ritto
a scriva - ma pia% bella - 'n'atra Sha.
Addd smo le Nagzidni cd lla &Ò&
de crbdese d'avkcci @io diritto
de ggli' « ASSO piglia lum N? Mb std sm'fto:
Gntntt senza de d, Forza Littoria.
, I ' L'lmlia uénci sempre, i nun r'uppdnta,
io vanga i L uommèra,
-rfi i Lt,< L; I) j , afldnnta
perchk ha da vtncia 'n'atra Bdlu @m.
'Rbjo d'rscciaro co' gli0 S61o nfrdnba,
Tu nun SI ditm ca la &a 2 bòna
i dti la grisciu a chi nu' ll'abbandona?
NOTA. - RcvPvo nJiBo: Rivengono in fiore (tornano a fiorire) -
Schizto: Soltanto - Ad& sta: Dove starno - Co' Iln Wria $e crédcsc
d'awcci glia d i h & gli' ir Asso +gli# wito ii: Con k bwia di ccede~si
d'averci il diritto di appropriarsi mm, come, nci noto giuoco delle caste,
in cui l'asso pigh tw#o - &ente smsa dc P: Nulla (si fa) senza di te -
Nllk s'app&: Non si ferma, M mta - La -m&: i! ibme -
Co' gLo sdb njrdw: CQ~ sole in fronte.
-,.,
I,: , ,. ,'
' - l;,' 3

pih alto grado di signorili& per la borgheh, Esmdendo poco
alla volta i criteri di scelta il principe giunse a mettme insieme
circa scteemila invitati.
Nel 18p la forte immigrazione di funzionari e di uffiaali
di altre regioni d'Italia, la corte ed un grande numero di commercianti
che si stabilivano n& nuova capitak produssero un
profondo mutamento nei rape numerici k varie classi
&ali e condussero in un ventenni0 appena al raddoppiarsi
d& popolazione: dai duecento ai quartrocentomila abitanti.
In questa Roma di cinquanta anni h sussistevano ancora
gruppi di famiglie wllepte tra loro & & i - oltre che da
amicizia - in d o & cosiituirc una spccie di catena chc da
un anello a1l'alh.o finiva pcr abbracciare quasi tutta la -tegoria:
famiglie patriarcali, ciama delle quali contava o-
dieci figli, prive di preoccupazioni finanziarie, desiderose di
dive1 onestamente il pia passibile s@cnte con hc
qud feste campestri talvolta con serrate familiari, dudendo
- nei primissimi tempi dopo il scmtrka - il teatro in omaggio
a quella specie di lutto che la soci& nera inizib dopo l'occupazione
di Roma. Anche i matrimoni si concludevano quasi
sempre nella stessa cerchia e di qui h cam. Poco a poco
anche queste famiglie slirmnino verso i'adatmmenw ai fatti
compiuti, varcarono le soglie dei temi e si unirono in parentela
uin i biaachi, ad i cospiratori di icri; L videro le
nozze di una Stcrbini con un =tt~ni, di una Salustri-Galli wn
un Baccelli e tante altre doni del pere che conWrono
a fondere le due brghesit. L'aristocrazia aveva gd dato
l'esempio: non di questa parlo, pcrb, poicht questa appartime
a h storii nota a tutti. R'ido sol&to alcune di queste famiglie
callegate come una aibh &e sopravvive ancora ndla
popolosa capi& di quasi un milione e mezzo di abitanti.
Il gruppo Bellotti - Guerrieri - Pediaoni - Rotti - Gigli& -
Pericoli - Cartoni - Benueci - Guidi - Forani - Grandjaqutt,
mmaaissima figlia dal nome frantxse, che tuui chiivanoi:

cc Gmngiacchè - Barluzzi, Busiri - Belli - Btllall - Ciampi -
Tmetti - Lattanzi - Monti - Soccorsi - Contini (I). In questo
gruppo, tra i Barluzzi e i Belli - quelli di piazza di Spagna
cui appartcnnao I'aBchifetto di San Pd, Pasquale, e Andrea
"ercamre di cose romane - m a posto la famiglia di chi
scrive. E prosegue la catena con un Cartoni che sposò una
Ermini e da qump famiglia ai Sautambrogto, ai Jacobini, agii
Ardhi; dai -ti ai F& - molte famiglie forse dkm-
demi ddb stessu ceppo - ai Lais, ai Gabridli; dai Gwmisui
" TmielLi, dai Bellotti ai €h& A questo stostesso ppp -2
coilegam una famiglia di orme svi- che di& nei
grande numera di comandami ah guardia prifiUa: i Pfyffer
d'Aitishophm uno dei qwiIi, Augusta, s@ una 6gh di
Gawo Moroni; una figlia di questi sposà Pavh Croci; un
Croci una Sarmiento, una Sanniento un Crostama.
I Crostarosa, che possedevano una grande vigna presso la
baulica di Santa Agnese su parte della quale t oggi la sede
deHa nunziam prespo I'Italia, erano ira le fam+ p' ib devote
al Governo pontificio e quando avvenne l'ingresso deMe truppe
italiane in Roma per premunirsi contm chi sa quali FU-
ziani - alcuni temevano perho un saccheggio da parte dei
{I) Michele Wlotti e Giacinta Cernitori &e possedevano la watterjst,
casa in Via Monte Giordano cbh otto figli:, Alessandro, cclibe,
Wldo sposo a Maria Guerrieri, Giulia in BigiareIli, CIdia in
khi, Wcstina in Belli, Aureliana in Azzurri, HvLi in Gucrrki, Giustha
in Vassalli. Guerrieri Giuseppe ed Elena Grandjaquct ebbero: Enrica
in Pcdiconi, Rosalinda in Caldani, Carolina in Guidi (il celebre orientalista
Ignazio), Giuditta in Forani, Cado, Ftrdinando, Gaspare. Michele
Rotti e Clotilde Cartoni ebbero: Giovanni sposo 3 Giovanna dei
marchcsi Troili, Giacomo sposo ad una contessa Wani, l'ma in GigIiesi,
Isabella in Pericoli, Elena in Ptdiconi, Paolo Benucci sposo ad una
Santwetti ebh: Saverio, l'ottimo assessore, per molti anni in Campi-
doglio che a sua volta e k undici figli, Ga-no, Giuseppe, Giuri, Gio-
vanni: quest'ulho spow ad una Leonori maritò una figlia al marchese
Paaelli nipote .di Pio XII. E [a catena potrebbe continuare.
I Guidi, i Btnucci, i Cartoni, i Pericoli costituimno anualmcnte
decine di famiglie ciascuno.
popolo! - invitarono un garibaldino ad essere loro ospite e
questo si mostrb per paredie ore del giorno sul balcone delb
casa in piazza Foro Traiano dove abitavano, con tanto di ca-
micia rossa a protezione della incolumità degli abitanti.
Un altro gruppo, del qde non so se esistessero legami di
parentela col primo, ma certo di grande amicizia anche per
la vicinanza delle vigne, era formato dagli Aquari - Antanelli -
Castellacci Villanova - Simonetti - Barigmni Perlira - De Rossi
(quelli che avevano il palazzo in Via Arameli cui appartene-
vano il celebre: archeologo Giovanni Battista e il geologo Mi-
chele Stefano) Zuppelli - Noccioli - Annibaldi - Tuccimei (molte
famiglie tutte numcrose dello stesso tronco). Antonio Villanova
Castellacci che aveva in moglie una contessa Antonelli, sorella
della Aquari e della Sinonetti, era stato comandante di un
battaglione deila Guardia Civica che doveva essere a protezione
del Ministro PeIlegrino Rossi il giorno in cui fu ucciso, rna
ali'ultimo momento, invece che alla Cancelleria, fu destinato in
piazza Campo dei Fiori. Il Castellacci possedeva un pakm
al Corso V. E. - attualmente del &iomini - ed usa vigna
a Monte Mario; era una delIe pib facoltose famiglie della bor-
ghesia romana, ed un giorno, circa il +o, si presentò con la
signora ed una figlia all'ippoho delle Capanndle con W
superbo tiro a quattro: vettura a otto molle e due domestici
nel sedile posteriore. I commenti furono molti ma tutti sape-
vano che questo fasto era proporzionato aiie sue possibilità.
Tra le famiglie più numerose va ricordata quella degli
Spinetti che abitualmente erano ventotto in tavola, data la con-
vivenza di congiunti nello stcsso vastissimo appartamento.
Ricordo alui nomi romanissimi: Angelini - hbrosini -
Aplbni - Aurdi - Balestra - Battistini - Bazzani - Ceccarelli -
Conti - Costa - Filonarùi - Galimberti - Gennari - Gioacchini -
Giovannetti - Giovenale - Grifr - Gualdi - Guasco - Ojetti -
Langeli - Latini - Lizzani - Marini - Martinucci - Marucchi -
Morichini - Milani - Morani - Rebdini - Sansoni - Santori .
. , . ,, N di LA,,
,#
m
',i
#,,;;t\l\ i
'p!;
inh

h b i - Suafini - Tomssctti - V&n*. Poi i nomi & oripau-
- - sgarini. Akune famiglie avevano ad o@
latina 0 latinizzati attraverso gli atti notarili: Dc Cupis
genenzionc IJJI medica O &iiurp: Bo-m Clp~od *
De - Dc Gas@ - Dt Rommis - De - i
Dc De Grcpiis poi De Gregari ecc. 3 centro letterario del Ca8è Nuwo al pala- Rumaggior
para dei =penti u il generones a- cm-um ~ m il > nome di S d R#- ma mido
dei quab sono ricordati da David Silvagni, appartenevano alla
uimt viciio ai cospiratori tna fu hhm sempre
dei neri; molti mano ancora funzionari poririfiu.
~uiqu~~, A&~C Monti, mn G. B. W, h-
hfih BeHotti, @ nominato, aa suectduto al padre ~ i - b-i, con Basili Magni ed aitri pochi = Dmcnic~ Gnoli
m e
segretario dd da p&ti abbfcPja& dei fu l'ultimo a tenere alta la tradizione 1- e ho
pioreo m&m: q~t'ufido che negli ultimi mpi nessuno
alla mora con pseudonimo di Giuio Orshi. Fu saggia
avrck sapm dut in che cosa precisamente -sis- - fino
mutare il nome pkhè un giw- F ~u~
srippressione awcnuta sotto Pia X - gli confuiPa
mag -
doft auhd: egfi deva, nel salone della &dcria al
sommo delle bancate dove erano gli airri funwonari e quando
suonava il mmmgiomo egli &va un colpo &
le
o al -10
e i soggiorni dAe vigne cra la caccia al pafch
- reti orizmnt.& o vertkau -: era quesm uno
Spm rientrava nd q& d a vita pawc del -P;
i si rimavano la ma h Uno dei v 4
i p=~&i& i piinati O i piidati
mmnmano dia retrobottega di qualche farmacia: m m-
dF b~ dopo ia peghioa serale al
Tra UIIP
CanceliElia e la Dateria troviamo i n- che se-
Caravim no~ si recasa in una farmada o in a-
-0 oltre ad atri di non cmk rornanith: &e-& - Al&i - . Presso fi Foro Traiano era uno di questi c e dove
Bersai - Bizzarri - Folchi - Francedetti - Gentifi Mar& U1nVenivmo una &=&a di cacciatori tutti dei gmpp mi
nelli - Manzia - Riggi - Viviani. Era m quati il vdG ho in Pd4+: Grcgori nemica giurato delle
roso Giuseppe Cugnoni, pmurauire di minor psia quale,. comea.ti aark si collocava sempre in m angolo morto dal quale
ptr mere professore ordinaria nella universid regia, non ma h conversazioae con gli alui sparsi qua e nella sab;
Pero Emim Valcntini. I1 Cum, decoro dei nmm ~ t
aveva da farsi perdonare anche passato patriottico n J p
hdo dal sessanta al setmnm.
~ ~ ,
qdc~no, nuovo ail'pmbie, m u u - ~ ~ a
bem e si non camprcndcva cbt di fiufosse
quella tutti parlavano a v a da un tav*
~
Poi il Pupp di spedizioniai apostolici e agenti di afi
~ ~ sWa ti quali: k i Ang&i - Del Medico - Fausti - Giove -
,

ed aveva sempre timore di compromettere k sm ponkione.
Un giorno - era una festa nazionale - entri, uno dda m
mitiva, Giuseppe Cartoni, che vestiva la divisa di &cLle di
complemento; Meni-& si turbò subito e fece atta di andar-
sene; Cartoni indavinb la ragione e si oh1 di accompagnarlo
per divertirsi ;in poco a sue spesc; gli altri della compagnia
ridevano. Metaictrccio supplicvale : n No, Peppino, lasciami
andare.: non possa farmi vedere con un uficiale.. chi sa &e
cosa penserebbero in Vaticano.. . a. E Cartoni prendendolo sot-
wbracuo lo rassicurava ma non lo lasciava. Mmic'c#ccio gs-
meva: rt Tu mi rovini ... )i e il duetto continub h o al portone
di casa.
Questa 5i che t Roma sp~m'#.
ORIGÈNE RIVEDUTO E CORRETTO
NELLA ROMA DEL CINQUECENTO
ederica Borromeo, cardinale e aruvacovo di Milano, imitò
F ncll'Ambmska qumto gd si era £atto nel comasu>museo
aovio. Fece apporre io doppi serie, sul £regio
che percorre il perimetro rettangoluc dUla sala Fedsiciana,
le immagini degli uomini piU insigni del suo tempo.
Menwe ia serie inbiore eterna i rimam di personaggi illusm
nei campo dcll'artc, delle armi, delle &nzc e delle letm,
queila sup&ore accoglie le Ungi dei Santi wa mi, p~
quanto non asceso all'onore degli altari, quella d'un u huomo
povero a semplice, ma molto illumi~ro da Dio et pieno d'm
eccessiva carita n. Un buon uomo che il Cardinale aveva cono-
69

'
' ,I .
sciuto c protetto a Roma: Leonardo Ceniso detto «il k&-
rato i).
Nato d'umile famiglia nel 159 a Carisi nella dksi di
Salerno, avendo un fratelb sacerdote imparò un po' di latino;
sacrestano n& chiesa del paese, sdottoieggiava con i coetanei
e, manifestando qualche tendenza didattica veniva da essi chia-
mato scherzosamente: cc il Letterato a, -attributo che, tra il
serio e il faceto, non lo abbandonò più nei quaranmquattro
anni di sua esistenza.
Se lo portò appresso dal natìo paesello a Roma dove giunse
al seguito di un Caraffa. Qui fu paIafreniere d'un cardinale,
addetto alh corte di Gregorio XIII e infine, anticipando l'apo-
stolato di carità di Tata Giovaani, altro povero uomo che due
secoli più tardi doveva dedicarsi all'assistenza delI'infanzia de-
relitta, incomincid nel 1582 a prendere a cuore le sorti dei fan-
ciulli (( li quali andavano spwsi mendicando per la Citta senza
alcuna guida >i. Inizib l'opera caritatevole avendo cura di tre
fanciulli; ma i suoi protetti rapidarnenw aumentarono di nu-
mero. Dapprima li racaoIse in una stamberga prossima al pa-
lazzo dei Chigi in Banchi, poi a strada Giulia tra Santo Spirito
dei Napolemni e Santa Caterina dei Senesi, quindi in alcune
grotte adibite alIa meglio a dormitori presso San henm in
Panisperna,,infine presso la chiesa di S. Maria dei MiracoIi ai
piedi del Pincio dove trovb pia degna sistemazione.
Nei primi tempi (t il Letterato » guidava i suoi piccoli in
giro per Roma a raccogliere elemosine, ordinati. due a due, can-
tando laudi. spirituali; poi pmd di adoperarli p una man-
sione che neila Roma fine Cinquecento potè costituire un'ori-
ginale novità e quindi ebbe buon micccsso... economico. ct An-
dava con questi fanciulli scopando le suade pubbliche ortenendo
dagli anisti, gentil'homini, prelati et cardinali abitanti in dette
strade diverse limosine con Jc quali, a1 meglio che poteva,
governava et aiutava essi fanciulli in tutto quello che avevano
necessità i).

Dirigendo tale operazione o girando per la Città indossava
!cm una veste azzurra lunga fino al ginocchio, una camicia grezza,
vero e proprio cilicio, brache di tela, niente scarpe e niente cap
'
pello, salvo quando pioveva b faceva freddo. Allora si copriva
con un berretto di color celeste. Al collo una pesante corona.
'
Anche i suoi ragazzi, da lui anch'essi detti (( i Letterati n, vestivano
abiti dello stessa colore. Andando per Roma erano
sempre preceduti da una crm di legno, su cui era incisa la
parola (( charitas D. Leonardo, poi, con una mano reggeva una
cassetta per le offerte in danaro, con l'altra stringeva uno staf-
He di cuoio per mantenere a suo modo la disciplina tra i
pumii.
Se bene era così abietto, umile e dispregevole nondimeno
conoscendosi in esso gran lumi di Dio e sentimenti di grande
, spirito nascosto sotto quel suo studiato disprezzo di sè rnede-
simo, era talvolta accarezzato da molti personaggi, e diversi
.' cardinali se lo chiamavano dandogli la lirnosina e trattenendosi
seco godevano di veder in un uomo sì povero un cuore sì rimo
di carità sì pieno di virth, massimamente di confidenza in
Dio i). Cosi fecero San Filippo Neri, San Camillo de Lellis,
che lo chiarnava « l'apostolo muto10 N, il cardinale Federico
Borromwi, Cesare Baronio il quale dopo la sua morte divenne
protettore della istituzione allocata alle Convertite, dove nel
1600 si trovavano centccinquanta ragazzi che imparavano a
leggere e a scrivere, apprendevano la Jhttrina Crisutiana, e si
avviavano ad un mestiere. Sulla facciata della casa p il Cwm
era dipinto il ritratto del buon Leonardo in grandezza naru-
rale, coll'abito consueto, la cassetta, lo stame e la seguentt
didascalia: ((Dea Gratias, Letteram dimanda lirnosina pe' suoi
putti i).
Essendo l'ospizio divenuto sempre pih numeroso si fuse
nel 1693 cxin quello Apostolico, detto di San Michele, istituito
da mons. Carlo Tommaso Odescalchi.

U
cc Letterato i) si interessò pure del ricovero ddc ragazze I l
I
abbandonate che affidh a caritatevoli donne dando origine al
conservatorio di Sant'Eufemia ove erano accolte ed educate le I
K Zitelle sperse » o M cicale di- D come le chiamava il car-
dinale Ascanio Colonna p&& elemosinavano cantando, certo
riuscendo un po' noiose e monotone. Perchk le chiamasse pure
r( mosche notturne >i proprio non saprei.
Ma il povero &uso fece una brutta fme.
Narra un cronista che (( avum tentatione di una di queste
zitelle )i send tutta la vergogna deli'uisano proposito e volk
punirsi momficando la carne con inaudito ai orribile sauificio.
Tuffò, dunque, una delicatissima ... parte del corpo nell'acqua
bollente. Riooverato in pietosissime e facilmente immaginabili
condizioni prima in Santo Spinto e quindi nel palazzo del
cardinal Federico in piazza Navona, vi morì tra atmi soffe-
SY renze il rg novembre 1595.
, , Venne associato dai confratelli dciia Morte i quali lo sep
pellirono nda loro chiesa di via Giulia dove in un oscuro
corridoio si leggono ancora due epigrafi - il ritratto &e d*
veva accompagnarle scomparso - che dicono le lodi di
(( Letterato i), il I( rudis vir )i, pieno di cuore e di bontà.
1'Urbe poco casta del tardo Cinquecento volle in un -accesso
di zeb indiscreto estinguere il fòmite della propria concupi-
gico gesto dell'antico Orighne, aggiar-
a purtroppo letale variante.
C
m a FONTANA, ammessa nel nostro cenacolo
qiiale romanista di pregio perch6
Mla naria,Apuania trasferitosi in
giovane et& ncll'urbe ha sempre qui vissuto
onorando l'Eterna con opere insigni m cui
eccelle la quadriga del Vittoriano, dedica da
molti anni la prodigiosa attiviti ad un lavoro
monumentak: una donna onoraria
nella quale riprendendo il motivo classiintende
celebrare i fasti della Patria.
I1 bozzetto, al quale Carlo Fonmna attende
con intensa passione, rileva gih regi
notevolissimi per la 'concezione storica e-p
liti= cui si ispira e per la,rafiarezza scuE
torea della figurazione che dai freschi tempi
raggiunge in un ciclo consecutivo i nuovi
eventi imperiali.
Pertanto se la colonna onoraria dello
scultore apuano, venisse eretta in un luogo
superbo della Roma di Mussolini consauerebbe
nei secoli la gloriosa continuità deh
storia d'1mlia. C.
ARLO FON,TWA - La colonna del Millennio

l
-t
IL BELLISSIMO
DI PIAZZA DELIL' OROLOGIO
n quclh piazza romana cui sovrasta I'Orologio fantasioso
I del Borromini, ho visto una cosa che ha del portento: un
cane nato da un indo di n sctter a e di cc pastore s. li
servo mi 2 &dato, s'era fermato lh, C h bestia guardava
immoia.
Aila forma, ognuna delle due varie& ha dato il meglio:
il ((pastore i), la quadratura; ii setta a, liondeggiare del ss
rico pelame t l'orecchia pendula, da color di sabbia, che Shakespeare
amava nei bracco d'Inghilterra. Ma lo spirito? Quale
sovrasta o mpravvive: il cacciatore od il custode? C't un'armonia,
o qualcosa s'& puduto in aucl confondersi di due
mondi?
Gli occhi della bestia non fnigan piii al di i& delle app
mze ma le seguono wn rcmissivid. Una dolcezza trepida P
in quello sguardo che non sa piìi d ia rapidi& ddo scorgere
n& la tenacia ddl'aderire. Carezzatela, t quella testa grcvc di
stupori si 1evtrA appena. Il velm s'h aaeasciato 4 il pastore
ha perduto ii gregge.
Ogni varietà canina carrisponde ad un determinato fine
verso cui i'uomo, come strumento d'una supuio~~ natura, ha
orientato una parte della specie. Questa fusione d'un cacciatore
con un pastore non dovrebbe avere altro fme, pare, che
quello di raKetar l'dio umano. Noi non ci domandiamo
nai se un sihtto oriente basti a h vita d'un animale in cui

' . -
non nclla nosm mutevole antica ma i. un nostra phì esm-
zklc intcllem, d'amore, che sia pid aito non solo dei quadm-
pedi che adorano il loro daiurgo in noi, ma dello stesso or-
goglioso bipede traihmatcue. Ecco il vero oriente che quoto
perplessa quadmpdc di PLUp ddi'Orologio, mezzo ((p-
store s e mezzo (( cacciarore a, va cercando: e che trwwd maI-
grado noi, attraversa di noi, che conosciamo forse il nosrro
vero soIe anche meno di lui.
Certo, il beilissimo animale vi appare d'improvviso mme
un indimrnticpole rirratto deli'anima. Da quei due mondi,
didattisi l'uno neil'alm, germoglia la piò sama

!' ,'-, , . , i , #' ,, l , : - .
L . , I I
-. , ,.L',,.-. - , b, .' 2.: . , L ' .
La simpatia che vi avvicina al meraviglioso animale vor-
rebbe insomma a tutti i costi farvi scoprire in lui una supe- '
rime quice se non una superiore bonta. IlIusioneI L'in+-
genza degli animau non t Ekazione dagli istina: 2 preci-
sione dei fini.' Innanzi a quest'incanttvole ritratto di un'anima
diiricnbm, il cuore non trova altra voce cbe q ua dclk pre-
gbiera.
O Eterno, concedi a me uimc a questa crepus
mra vaga tra due mondi, i'indigenza dei &i, la soia che alleggerisca
davvero il caro fardcilo dcii'&tmna. Anch'io ho
tentam, per quanto possibiIe, abolire gli istinti ma questo non
m'h fatto piii leggero. Anche in me la luce deii'O-te 8'2
confusa con quella dtli'Occidcntc, il Pastore dolcisaiho con
i'ingegnoso scgugio che avanza sul firo degii odori, il nobiic
con I'oi%chdq il sublime con i'utile. Ma che ho appmo, &e
ho goduto di quest'indesce.nte caos?
Quel Pasmre che diceva a io sono la via i), non ha parlata
anche da mia con~ziont? Pcrdd l'estetico ddckho
ibrido inwnmto sulla mia strada dovrebbt dunque agitarmi
pia di quanto il rn$istaMm cagnaccio, che lo aveva seguim
n& passeggiata, agitase Faust al rientrar nello studio? La
soad desolata di questo miscuglio d'un vdtro con un pastore
m'ha ricondotto d'un tratto allai soglia dei perduti paradisi.
Site e&no della bontà t della luce, per&& rimprovererd a me
la tenerezza per questo crepuscolo dd'animalità, in cui le
roscenevatc vette deIi'Asia si confondono con le ombre pigolanti
delle nosm vali, ed il segugio s'& sull'hmensita?
Perchi chiuderesti a me ed a questo mpido mbcuglio di luce
e d'ombra le porte smaghti dcil'oemso?
Tu che sei l'artista degh artisti, o Padre, caraza per un
attimo anche quwa seria testa, greve di confuse idee. Ia ca-
. L
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I , ' .: i
l
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> l' - .,m ,, 1;
, , v, -,' '
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rcezs ;"£onda dda tua luce & "n blum per mm i vieenti
' munque inuaiatiai. Tu non sei soltanto il auimrc dei pea
sicri: sci =che il dipanatore della matassa degli istinti, e questo
' prima di quello.
Che nessun uppeto di Persia sia meglio tessuto e pib
autunnale di mlori, che qudo che tu trarrai da mm arniffio
d'alti e bassi fili ncll'inrclligmza mnfum di quut'mide. il
modi80 non b mai nella mtuia che ti s9&da, o Tcasito~:
L V
il pmdigio & nelle tue invisibili poterne dia

MACCARESE
Maccawse, am'corài Marcarese?
Quanno c'era er Pozzctto, Ze Pajette?
Li tr2nzoli7 Là ceci? Le rnucckiette?
Le Jetfe rubbia? Er pmto deìk ~cse!!?
;A!,# Che paradiso in $era! CAe paese!
*,,l
ilf; 'l 4, caccia, R. cid fartd le qnnette:
Pizzarde, auciole, I'anetre.. . a curreibe
Da pot2cce sfarnd' ti p'un mese.
E L psiu deiranetre? k sera
Che k senti arriià' quunno chtnnotta,
I 1 E d e nd che scmi 'n'ombm nera?
,1:1111 .-
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A R T O D I M U L A
BESTIE OMICIDE
E a me curvato wpra le lapidi
kante i nomi che oblio wpri
Narrano i d uim k tacite
Tombe lc iswpie dei vedi dl.
SI WLAM ET MULAE b@AE PARTUM
MORE ANTIQUO PERDIDISSEM
NON HIC FORSITAN TAM CITO
PRODIGIORUM EXEMPLUM JACUISSEM
Con questo rebus comincia un'iscriziont ~polualt. Era
gih a S. Lucia dei Gonfalone ma nei rifacimenti sublti & quella
chima nel Settcccnto fu trasportata nella vicina casa a via
Giuiia n. 131, dove ora sono i Missionari del Cuor di Maria, cd
insieme a numerose altre murata nel corridoio dd primo piano.
La lapide t dedicata al ptonotario apostoIiui Giovanni
Bosseili da Modena, pericissimo nel giure. morto a Roma il
Strano c misterioso inizio per un'cpigrafe che mmmunora
chi aveva rivestito una delle pia alte cariche delIa Curia
di Roma. Ma la traduzione ne t facile: Se io, secondo il
costurnepantico, avessi mandato alla dora e la mula. ad .il
figlio della mia mula, forse non sarei disceso wsi presto in
questa tomba e additato come acmpio di faui prodigiosi i).
Parlare del parto di una mula sul sepolcro di tanto rispet-
tabile personaggio sembra uno scherzo di camvo genere, ma
qui si allude ad un fatto storico che commosse l'Urbc e di cui
l'eco ci P giunta a traverso la letteratura del tempo.
79

I1 prete spagnolo Francesco Dtlicado nel 1524 rappfem-
tava con rara potenza e vivacità la vita corrotta ed equivoca
& Roma nel sui libro intitolato rt Rttrato dc la Lozana An-
dalusa N (I). Vi troviamo il primo accenno al parto della mula.
Dice la Lozana: vado r por ver la muia que parid, che cwlquc
prondstiw es parir una m& cn casa de un cardinal r.
E si tratta proprio di quella dell'epigrafc su riferita.
I1 Guicciardini ne Il Sacco di Roma ii (a) enumera i cat-
tivi presagi che annmciarono la tragedia che suinvoise tutta la
citd ne1 1527, e fra gli aiui rimrda (( il partorire d'una mula
nel palazzo della Canderia n. Così pure il notaio messer
Jacobo Bonaparte che ci lascih una relazione sui Sacco, ai
esprime quasi con :e identiche parole (3). Ma Alessandro Tassoni
in una rara e curiosa sua opera dtampata a Venezia nd 1636
ed intitolata u Dieci libri di pensieri diversi n, t quello che ci
fornisce Ia chiave del rebus contenuto ndl'iscriziane stpolcraie,
di S. Lucia deI Gonfalone. Andi'egli ci fa sapere che il Sacco
deI rgy, la pia grave sciagura &e mai si abbattesse su Roma,
h preannunciato dal parto di una mula, ma t l'unico che ci
dica il nome del suo propritrario, Giovanni Bosselli da Modena.
Nessuno s'impietosì sulla prima vittima, su1 nostro Bm-
selli, ma tutti furono soltanto colpiti dall'inaudito fenomeno
che. certo pronosticava qualche cosa di tcrribik per la atta
intera. \
Ricwtniirb il fa* come deve essere accaduto: il prore
notario apostolico, come tutti i curiali del tempo, possedeva un:
mula sulla quale andava in giro per Roma. Era egli Uditore de
cardinale Giuiio dei Medici, poi papa Clemente VII, Vice Can-
, celliere di Santa Chiesa, che come tale abitava il palazzo Riario
: o della Cancelleria. L'Uditore si red a1 palazzo a conferire col
(I) Ed. hnncau, Paris, 1888, vol. I, p. zgwaga.
(a) Ed. Milanesi, Barliera, 1861, p. 178.
Q) Ibid. p. 331; e N. L. Bomprtc, Sac dc Rmie 6uit en 1527
par Jacquei %napirte. Ficnzc, 1830.

-.
porporato. Avrh legato la muh ad uno degli .anelli sotto il bel
portico. Neli'attesa la niula partorì. Tutta Roma fu sosmpra.
Dal Vaticano fino alle pia umili case l'avvmimenm venne wm-
rnentatn, paurosamate. Si ricordava che gli antichi ritenevano
di pessimo augurio il parto di una mula e l'usanza voleva che
la bestia si uccidesse. La cosa poi era successa in casa di un
cardinale: tanto pia bisognava abbatterh. Ma il protonotario
renne duro. Sia che fosse uno spirito forte sprezzante delle
superstizioni ed incredulo alla iettatura, o fosse iui tantinello
avaro, non si sa. Ma un brutto pomo che andò per inforcare
la bestia, questa gli sferrb una coppia di calci e mandb iWdi-
@re dl'aluo mondo. Mal glie ne incolse di averla risparmiata
-
dopo il parto e di non aver prestato fede alla classica supersti-
, zione. Cod certo pensava anche i1 suo congiunm Domenico
Bossdi quando lo compose nella tomba a S, Lucia, dettando
l'epigrafe al suo sfortunato cugino.
Non è questa la soia iscrizione delle chiese di Roma. che
utt a causa di animali domestici. I1 prim
la scampb bella. Ce lo racconta un'iscri-
ore della chiesa di S. Vito e Modesto
kDERICUS COLUMNA
PALIANI PRINCEPS
RABIW CANE ADMORSUS
B. VITO LIBERATORI SUO
AEDEM RESTAURAVIT
A. D. MDCXX
S. Vito, come S. Uberto,
in~arti si rappresentava accompagnata da un cane. A Roma
da cani ritenuti idrofobi, eran portati
d'altare di S. Vito ad implorare la guarigione. Al principe
di Paliano il Santo fece la grazia, e gli valse il restauro della
-. . -
, , ,
I' ., ,
, ,
~ * . ,' .

Non andh cm3 ali'arciprete Francesco Tovarvalli. La &te
storia la narra un'isaiziorie nei pavimento di mam ddla
chiesa di S. Maria dei PopoIo, presso il terza arco dda nave
sinistra. Anche qui è il m m che parla:
HOSPES DBCE NOWM MORTIS GENUS. IMPROBA FELIS
DUM TRAEWWR DIGITUM MORDET ET INTEREO
L'miprete aveva solo 40 anni quando la gatta arrabbiata
gli morse il dito ed un mio amica arcidiacono nd 15g gli diede
m: : . , , rpolm.
Qutsto riuovo gmere di morbi, come dicc Pepigrafe, ,mm-
mosse Roma e quanti si curvarono a leggere t?i&ione, riaor-
data anche in piii libri di viaggi di stranimi. Un llumno po-
maanese, Giovanni Sasmw, che visith i'Urbe ne1 1546 (I) fu
impressionato in quella chiesa da un dragone sospeso al soffino
c da questa epigraft chi: riproduce correttamenk, unica e soIa
in tum il. suo volume. Glie ne spiegb il significato un prete.
norvegese che gli faceva da guida. Forse gli disse anche che
i'arciprete non si era raccomandato in tempo a S. Vito, pro-
tettore mnm la rabbia.
ROSE A VILLA D'ESTE
(foto P,,#,;)

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sua (c carretta )i, giudicata c( non men
rirnmto i). In queli'anno giubilare, la
grande pied le visite di rito &e mag-,
gimi basiliche, e avvicinandosi l'estate, portò la sua dimora
al palazzo Colorina in piazza SS. Apostoli, eretto nei giardini
cantati dal Petrarca, vaghi di ninfei, di aiuole t di bri, allora
piacevolissimo luogo di villeggiatura. Tra quelle mura princi-
pede, IsaW d'Estc fu cok dalt'irnmmso disastro delsacco
.di Roma. Coi saccheggiatori militava il suo minore figlio, Fer-
rante Gnzaga, il quak, quantunque appena ventenne, tra di-
':,mvcnum dopo la morte del connestabile di Borbonc comandante
delle forze imperidi. Appena padrone dda città, egli volse
quindi il pensiero alla salvezza della madre. Questa, noncurante
deila imminenza dei puicolo, aveva continuato tranquillamente
a seguire le devote pratiche della sethnana santa.
Ferrante provvedwa intanto ad inviare due capitani imperiali
a difendere i1 palazm Colonna. Se non che essi stessi si opponevano
prxwi dopo a farlo entrare, qullora prima non promettesse
loro di non cc interporsi per alcuno che fusse in quel
luogo, excetto che per salvar Madama et soi seryitori, ct gentilhomini
a. E ciò perdi2 si era sparsa la voce in Roma che
nel palazzo Colonna esistessero (( fra robbe et dinari tt nobili
per fare pregioni per pia de dui milioni d'oro a.
Infatti la marhc. di Mantova aveva pietosamente ospitato
oltre cc mille et duecento gentilhe romane et mille
homini i), e nessun aIuo palazw mmano patè sottrarsi al saccheggio,
al pari dei monasteri che furono spogliati cc non do de' paramenti, ma da ogni cosa sacra, con levargli li argenti,
&e erano sopra Ie rttiquie, gittando queile in terra senza
spetto, et facendo crirdinaii, vescovi ct ogni altro religioso prigione,
non se havendo rispto a qualità de persone nè di
SCXO... P.
,&ne barche vennero dkstite sul Tevere, per scortare
-JsabeUa d'Este mentre ella attraversava Ia citd incendia^ e
*
m ,
. .
* > f
'W-
?*.
La torre Mesa nei giardini Colonna
devastata, tra fila di armati che in ogni contrada si ofiivano I
sponmncamcntc a sua pwsonale difesa. Ma la d c s a di
Mantova, nobilmente fiera, rifiuth di partire prima che Ferrante
avesse a ridutto h loco s i i ii Ic dame da Ici accolte nei
palazzo dì SS. Apostoli, e i nobili e gii ambasciatori, m i quali
quello veneziano, Domenico Veniero, tremante di sdegno e ,
di timore, s'era mvestito da facchino.
&si Isabelia lasciava Roma, ma un furioso tmiporak impediva
alle barche di avanzare e di proseguire: e i viaggiatori,
impauriti, continuarono per lunghe e perigiiose ore ad
essere in preda delta corrente del Tevere, prima di giungere
in vista di Ostia. Qui la tempesta, non diminuendo di intmsi&,
costringeva le navi veneziane e genovesi ad aspetmre atri
dicci giorni, prima di arrischiarsi a prendere i1 largo. h quel
periodo di attesa febrile, Gaetano da Thiene, miracolosament~
scampato alla fazione impde, arrivava anch'egli da Roma
ad Ostia, sopra una hgdt imbarcazione, insiune a dodici fedeli
compagni. Ed Isabella t Pambasciame veneto incontravano
il Santo, e potevano finalmente intraprendere il viaggio
versa i loro paesi, dove li attendeva Pentusiasmo di tutto un
popo'o*
. *i : l
EMMA AMADEI '+

' '
al 2 marzo 1939 abbiamo un Papa romano. Intendiamoci
bene: il Papa t sempre romano perdi2 in tanto t Papa,
in-quanto è Vcsuivo di Roma, ma che i1 Papa fosse di
nascita cittadino romano, è un fatto che non si verificava pia
(Pamphily, 10 anni) Clemente X (Altieri, 6 anni) 1nnoce.nz.o XIII
' (Conti, 3 anni). Adesso il Papa romano di nascita mancava
esattamente da 218 anni ed a Pio XII, da un anno appena salito
diceva Leone XIii. ,
cenm III e di Tor de' Conti - che fu Innocenza XLII ed ebbe non citare che qualcuno? Ed a ragion veduta non ne ricor-
un breve e scialbo Pontiticato di meno di tre anni, tutto as- diamo alm, come Giulia II, Sisto V, Urbano VITI, nei quali
, mbito nde agitazioni giansenistiche e nei prodromi della alla ispirazione della grandezza romana si univa, proprio dai
grande battaglia antigesuitica che cinquant'anni dopo doveva punto di vista romano, troppe tendenx rivoluzionarie.
1 condurre alla sopprtssione della Compagnia. Quanto a roma- La romani& è impressa sul Papato, a prescindere dagli
nid, Eugenio Pacelli si trova in condizione andie migliore di uomini nei qualì esso si incarna, come un sacro distintivo ca-
Innownui MI], p d è questi, pur appartenendo alla nobili% rattere, e negli appellacivi della Chiaa Cattdh la Rwianita
sima romana famiglia, era nato nell'aviro castcllo baronaie di
Poii, mentre Pio Xn t nato a Roma, nel rione Ponte, a palazzo
Pediconi in via di Montcgiordano, ora via degli Qrsini. esaminare bene, anche per quel che riguarda il luogo di nascita,
Che i Papi fossero romani di nascita, fu un fatto moIm essa t piS estesa di quanto comunemente si pensi. Prendiamo,
frequente nella storia pia remota delIa Chiesa, ma poi mano a per esempio, il secolo XIX. Dei sei Papi che lo hanno riern-
mano divenne pia raro. Tra i 19 Sommi Ponttflci die si succedettero
fino a Clemente V, cioè fino al trasferimento dei
Papi da Roma in Avignone, la metà quasi esatta, ad 96 furono
romani. Da Clemente V h poi, ci02 da quasi sei secoli
e mezzo, i Papi romani furono soltanto 8, compreso P regnanw
pito - meno di qualunque altro secolo, a causa della lunghezza
dei Pontificati - ben cinque erano nati se non a Roma,
i-
5.;
-
d+
Pio XU. La mie vennt riaperta magaiftcamente nel 1417 da
Mattino V (Colonna, rj &i di Pontificato) il Papa che hb-
Ed ora abbiamo il Papa proprio romano, nato e vissuta in
bili l'unità della dop lo swzio dello S h d'Occidente
Gii alm furono Paolo 111 (Farnese, 15 anni) Urbano VI1
(Castagna, 13 giorni) Paolo V (Borghese, 15 ami) Innocmm X
le. sue lauree nell'Ateneo del ~Gntifdo Seminario Romano,
, ,
., -
,
. .
i:..
,
: ..
,lb' ;.

.' 1
stato consacrato Vescovo da un Papa nella Cappella Sistina.
Nè queste circostanze esterne della sua vita, pur essendo som-
mamente care ad ogni cuore romano, dicono tutto; Pio XII
ha, inoltre, veramente spirito e cuore romano. Egli sente la
romanità nella concezione larga, superiore, completa della vita,
, .>.
in tutte le sue esigenze - teoriche e pratiche, morali ad estetiche.
Ma sopratutto Ia sente nella funzione che la Provvidenza le
ha &dato di preparare le vie ed essere lo smimento tu possente
per la dihsione della Chiesa, per la risonanza p' delki parola
di Dio h o ai confini del mondo; funzione provvidenziale
che nulla distrugge di quanto la sapienza e ìa potenza romana
hanno saputo creare di buono, di grande e di forte per l'umanità,
ma lo assimila, lo perfeziona, lo sublima.
Ogni volta che gli se ne offre l'occasione, Pio XII parla di
Roma, ne ricorda con passione la sapienza, la gloria, la grandezza.
Nt i suoi sono ricordi archeologici, ma sono pensieri
vivi e aggiornati, come quando, parlando ai quamimalisti delle
Chiese di Roma, si compiaceva degli odierni &vidi sviluppi e
progressi della Città Eterna. Ed anche nei suoi am pastorali
ve ne sono stati alcuni che hanno avuto valore di sapiente e
delicato pensiero proprio in rapporto alla romani&, come
quando nelle prime settknane del suo Pontihcato volle raccogliere
intorno a sé tutto il personale delle Congregazioni aiesiastiche
e ~arlare a loro deli'imoomnza e dei £asti della Curia
1 C
Romana e come quando, nel primo anniversario della sua ele
~ione, volle radunare i fedeli delle Parrocchie di Roma in San
Pietro e celebrare la Messa per loro e parlare a loro come il
Pastore al suo gregge più immediato e
i
caro.
Se vi fu mai, per Roma, cerimonia papale simbolica ed
augurale, fu quella.
.4
PIAZZA DE LI MERCANTI
Basta fetrnasse qui a '$h cantoncello
pe' vede ancora Roma de Gregario.
Sopra de 5ta piazzetla
doue 'n ce pssa un 'anima,
sm6i rolo ariuài drmto a Parecchia
e' rumore de fiume che Borbotta;
perb tra #nte cose, 'sta casetta
che p6i chiama stra~ccchia . .
' ?
k3rhiU e ##Iba mttu,
nw mentre che se logra a mano a mano,
cid sempre quarche cosa de mmano.
Colonnetk incastrate
che danno mwzo in fora er capido,
finesire chiuse o aperte, ~ganghenabe.
ci~ffi d'erba qua e 0 sopm le mura,
punte de trwi sopra a li pilastPi
che sorcggbmo er ktto...
e mensole de marmo pe' merletto;
ti2 cinque o seicent'anni e ancora dura.
Appresso che ce trovi? Por#celie
de casettarcce che p#; chiami &di,
grana# e magazi%intri de 'na vorta,
e poi tre o quattro vicdetti ca'achi
6- . -. doue c3 quarche stalla e quarchc lume,
'. .
, L?+, - '; i che ri~ar~eno a fiume;
, .!1 .
' -
, . , ---
-
, .,,. . 1 ,
T i .

p'accorgefte che &nno inlorno in tomo
m e m &amo a giorno;
e 'ste scaìette piccole?
Nstn so' degne dauero d'un piedino
de quorckc bella mora,
che si #H chiudi l'occhi l'apr'uedi
suortasse, pe' sode da screpanre
a quarche p'nta balla de mercante..,'
oppure ia quarche caretkere a vino7 ...
,,(;C;!
Piazza de li Mercana-, un'anhja
fatta de muri twmsaabi e rebbi,
sarrt, come voi $16, 'nu tnin~zzuja
campaa fino a mo, mu ar tempo stesso
ci'$ Sia fiEam de rimr4 appresso.
Sopa chc 'sta piaszctta se ripopda
come ald'epoca quanno li burlotti,
~caricavmo vino, oio e grano
W' fa' campi sto popolo romano:
mantengo k parola
perchè ce n'ho una sola,
so' cmcato de p z ~ e o enun m'importa,
a sei testoni er pepe vostro 2 mio ...
- Si la canepa 2 cm&
in compenso 2 pid bianca de la lana,
n'ko date, nun sarh 'na se&'mana,
venti &aile a Fi~chione,
e ia tre papeSd n#n pretennere# ...
- Sor Nunzio Spacca, voi sete n. pdrme,
in quanlo a' resto gid me conosccbe,
- Me fa acqua er Burlotto
e bisogna che scarico oggi stesso,
. .-
;. - ${i Lui ,
nua me pifiie in gok, che in appresso..t.':~~,~i~1
.C ..L
- Me sta bene, auverbite er person&,
daspesto a casa p21 a Strada Papale,
ià ue conto L pi~astre t famo er gotfo ...
- Du' partite de tonno e de tonnina,
a tre giuKi dd zuizo, e ri $ a 'sto patto
padron Sante Veruchi, 2 aflare fatto ...
- Que9~ 2 cwda mancina
Bonu a quaiunqw fiocco o terzarolo,
e pe' 'sto pfexzo ve la db io solo ...
- Voi darne er carbone come ho detto. ..
- E' inubile padm Giachimo Pma,
t tutta ciocca~ura, ciarìmeb io...
- Ma so de che se tram, w prezzo +4 quello,
è abeto, e qualino 2 abete 2 carboncello ...
- Voi nu* comprate a' lame dc Ilscema,
conoscete le macchie k la Torfa...
E' tiotte fonna, c sopra a 'SU piazxeba
C'; un nhzio de chiesa, che t'aA01
come che fusse un barsimo, in der m i
nun pas.sa anima viva, .
senti sempre e' rumore
che fa I'acq~a de fiume carina e lenta;
'gni casetta diventa
come fusse d'argento, bntfa biatlca,
mentre le finestrelle ciovetde

:. I. .*t
. . n
. .,
,'
se hceno CO' mzm de la ilans,
aspettanno domaai
p'aprisse e spalancasse a una a una
e ammantasse de soie.
Dormeno le sculette a ma?aomanca,
so' 'Puscmti Brrlt'ombrrs ii mipani..
C 'sta CaSCt6a P morta;
plare è sempre acca3 come 'na vwa,
+'t, : guarda 'sa catapecchk sur cantone
e trovi a. Q~u#tmcenta dtl'sso in pkdi,
che ha visto avanti a si smouese er ~mffico
de tanta e tunm gente fiumardrr,
che h inteso opi pilota e ogni mercante;
è lei, ancora Zci come la vedi.
Tu che lo guardi senza fa' paroìa
penzi di'arro CF.? rabb de Trestevere,
-. (Disegno drll' Arrh . Cesanelli)
, '
L!. . . + ",,%L

INC ONTRO-
GGI
ZANAZ
iggi Zanazzo mi fissi, un appuntamento per le ore 18~30
G all'osteria di Giggi Pea, ai Banchi Vecchi. L'osteria in
parola, uno smnzone pieno di tavoli sudici e di sedie
mal ridotte, era frequentata essenzialmente dagli operai del . .
' I-
rione, da pochissimi poeti romanesdii e da qualche vemina. ,v: ->
Uno di questi, un certo Pcppino, lungo, magro e loquace sino
all'inverosimile, aveva l'abitudine di gratificare la ~LtnteIa con
dei lunghi discorsi, sconclusionati senza dubbio, ma pieni di
passione per Roma, e per alcuni Imperatori Romani.
Quella sera, saranno state appena le 18, io mi cercai un
posacino appartato nella sala, e mi sedetti dinanzi al tavolo
con I'innocente intenzione di consultare alcuni appunti che avrei
poi dovuto mostrare a Zanazzo.
Ma Pcppino nmi me ne lascib il tempo; venne a sedersi
tranquillamente dinanzi a me, e con un piglio di benevola superiorità,
mi disse:
- Ce scommetto Iizm che voi S&~P ...
- Che io sono... - interruppi, gverhto dal buffo amggiamento
di Peppe.
- Che voi $&te an pew romsnescol Capire - riprese,
accendendosi mezzo toscano c gonfiandosi come un tacchino -
a Ptppe, mte cose, n w je s'anaiscmncno davero!
- Raiiegramenti - risposi sorridendo - vedo che siete
proprio un osservame...
'

- Romano - interruppe subito Peppe - soprattutto Ro-
mano d'mmme mui#scoh e da non confoprnese cm 9;malc
der Papa, bench2 - aggiunse subito - un @ml come se
deve, do saprebk scrivt~c puro io.
Avevo fretta di continuare l'name dei miei appunti c cer-
avo di &armi al pia eresto del saccenussimo Peppe; pertanto
col miglior &setto di questa mondo gli feci capire che la
sua uimpagnia mi rubava, in quel momento, del tempo prezioso.
Pcppino mi guardò, guardd un istante i miei appunti sparsi
sul tavolo, ne a&d quattro o cinque fogli e se li mise a leg-
gere trquiIlamente come se io non fossi neppure esistito. Feci
buon viso alla cattiva sorte, ordinai mezzo litro per non pre-
giudicare il commercio di Giggi Pea, bastonar0 ed oste, ed
attesi il responso di Peppt, divenuto ad un aratto mio censore
cmaesbo. - - -..-.h~.
* . .. .". , -'+L q.
- Vede& fece Peppe dopo qudbhe minuto emua -
uoi &vete '#a certa dispo~izzionc, ma non s6t.c ancora 'no sm-t-
&re... Sdte romano?
- Che domande! Si cap h...
- Nun arisponnete, percht nun ho finiio. Prima dc tupadate
YW' ... Macchè,
acn romano de Roma nlen pda m e
nemrnanco per idea! Voi invece parlate t( la lingm »... nun C
da tu&', e ue iimgo pcr 'n# persona Mtruika, ma &h! come me
spiegate che io pwo, moscerino (L la Eingu n, parlo sempre
er romanesm7 Perci2 so' romano e nua me vergogno de par-
dallo come fate voi1 PerchZ. prima deIPIdia c'em Roma e prima
dc Roma chi c'era? NISSU-NO! - E scandl le sillabe allar-
gando smisuratamente gli d i .
Gli feci osservare che anch'io sapevo parlare il mio dialato
come lui, come lui ero romano. Peggio &e andar di
notte.
- A me - disse - nun me conuàncee; ma ve vojo t~ccd'
n'antro tlacto. Voi sPbe poeta manesco, Pizsrani 2 un poeta
romanesco, Pea t un ptu romanesco, Giaq~into, Zanamo ecc.
so' rntti poeti maneschi, ma che avete sm'm? Che uve*
detto? Chi avee esa&to? Ni~suno. Cc fwse sato un cane
che avesse composto 'na degna poesik rornanescia in onore de
Cesere, de Ortuviano, de Si$& Quinto ...
- In quanto a Sisto Quinto - risposi, felice di calmare la
sua eccitazione - a ho pensato io; ho scritto in versi i'episodio
pih storico che riguarda qud Papa, i'episodio della mezza
foj etta...
- Bella mbba - brontdh Beppino adiratissimo - e nun
ve vergognabe? Ma bsSopauu scrive' che ql~llo fu un Papa
restmrdtore de k Cbksa, che fu cr tmre de la gente cattiua
e disonesd Antro che parld' de le mezze fojetze come pe' fa'
. , ,
-I
'1 1
7 d' . ' .." l-. . "e :L1 b ' " ,
' .
,
95

uede: che m n je piaceva er uinvl - E cod dicendo tracannh ,
il suo bicchiere riwlmo.
- Nun 2 tanta ~scmp'cc .patW d'un Pcpa come q~ello
- riprese eccitandosi sempre pia - vm dite che skte un poeta;
si è vero me doucfe L m'tie' q&, tamburo battente, #naottaua
sa Sisio Quinto, una su Cesere, e m a su Ottawiano ... Ma akhl
armcpto co' lo sde degno der Tasso e de . - E'ARono, che sinnh
2 invtiZe -e ce prova* ... m
Sudai freddo; come fare per Iiberarsi da quella. specie di
manicomio? La risposta ome, insieme ad una grande gioia,
con l'apparire di Giggi Sanazzo nell'mteria.
Mi alzai di scatto e gli corsi incontro come q non lo avessi
pia visto da dieci anni. Giggi quella sera era di umore triste
e chissà quanti brutti pensieri vivevano neila sua mente, forse
quegli stessi pensieri ed amarezze, che tante volte ebbe a cmfidarmi
nel quieto angolo di un'osteria popohe romana.
- Qua c'è uno - gli dissi subito, cercando di scherzare -
che odia tutti i pmti romanedi, t meglio che non ci avvianiamo.
Fui molto umtento di vedere il volto di Giggi ridiararsi
da un giocondo sorriso. Peppino intanto, manco a dirlo,
gli si era piantato davanti c Io fissava meravigliato come se
avesse rawisato in lui qualcosa di strano.
- Pum voi rkte pocrn rornanm? - domandb infin= nn , una certa intonazione ironica.
, ,, ,wgWgj$ ;g!YJ
:, . Giggi sorrise nuovamente, fece qua16be passo, si sedette
: , ;j! dinanzi al tavolo, e con la sua calma, caratteristia voce rispose
:
scmpliccmente :
- lo ro' Giggi Zanasxo,
- MBè e m' questo? - fece Peppino sempre sghignaz-
zando - co' qadesto che me dire? Gnentel S&!e o nsrn sete un
aocki? Si lo sé# mt dovete da' drr disfaxzionc de s&c' tre
- Su Cesare, Sisto Quinto e Ottaviano - internippi im-
provvisamente rnotteggiando.

- No - gridd Peppino - nemmaoco pc' qzaelli, aemmanco
pe' quelli1 Pe' Roma me dovete da scrive', pe' Roma
cfi3 grande, ch3 bella, ch'P santa, ma che nisfuso Pba saputo
di' mai come vorrebbe io ...
- Ma - intervenne l'oste - nun lo sai &e Giggi Zanazm
t er mejo poeta romanesco de oggi.
- SQ& - rispose Peppino scuotendo lentamente il capo -
ma pe' me nnn t. - E, rivolgendosi direttamente a Zanazm -
Sapete qwnno sarete un poeta davero? Qtranno alire* di
Rom~, tutto er bme che li napoledani &cheno de Nupdi,
quelli si che je umno kne ar p s e Zoml Ma, lasciamo perde',
pe' oggi me basta che voi e l'amko vostro skte mani; ckhmaterne
chiacchierone, matto, come me chiameno tank, ma che
m'importra? Co' la botte wun faccio che uiagp'd' pe' Roma, me
la guurdo, me la godo e penm che 2 k città mia, che so' nam
qw, che so' romano, come tanti ntln ce panno esse'. .. Che beilezaal
Che soddisfax~ionel
E senza salutare nessuno se ne andò improvvisamente sbatacchiando
la porta.
a
V Y
m ,: '=>'
, :wlll li
m'ha fatto conoscere una grande verità. ..
Mezz'ora dopo, per la strada, Zanazzo prendendo aflet-
' tuosamente il mio braccio sotto il suo, mi disse pensieroso:
- Vedi, quel matto di Peppino mi ha divertito assai, e
- Quale? - chiesi meravigliato.
- Questa; che è tanto bello amare questa nostra divina
Roma, anche se in seno ad essa troviamo spesso, piii lauirne
che sorrisi.

PIAZZA NAVONA MIA!!!
S
ono nato a Piazza Navona il...
Vi ho vissuto fino all'ed di-ag anni. Pia romano di così ...
Piazza Navona i L'ho rivista ieri, monumen tale, bellissima,
affascinante, come sempre: con le sue tre magnifiche
fontane, il Palazzo Doria, la Sant'Agnm del Borromini, le sue
file di case dal colore caratteristico, le nidiate di ragazzi con
i loro giudi svariati, il suo cido azzurro, dove l'estate si rincorrono
a migliaia le rondini ...
Ho rivisto Ia casa paterna, un palazzone dcI quattrocento,
senza cornicione, con il grande magazzino di ferramenta al
pianterreno (una volta era un teatro di burattini), il grande
mignano e la loggia del Rinascimento al primo piano, la log
getta in ferro a1 mezzanino che comunicava con la mia stanza
da letto, e la tines~a amgua, del mio studiolo; dalla quale mi
divertivo un mondo ad ingannare i passanti con i soldi legati
ad uno spago, a lanciare freccie di carta con lo spdlo in punta,
a sparare un cannoncino di piornb, ad accendere razzi di
paglia pieni di polvere, ma sopratutto a guardare le ragazze
che passavano, fra le quali c'era una bellissima busmia di un
negozietto al pianterreno, una mora con due occhioni come
stelle, che mi turbava i sonni e... la salute.
Ho pensato, e ricordato:
Le campane degli orologi di Sant'Agnese e dell'Apollinare,
che mi davano la sveglia per andare a scuola (dove giunmo
sempre in ritardo).
11 friggime deiie Cinque Lune, che d
ven eva cinque pezzetti
un soldo (polenta e broccoli fritti), e le palle di indivia
I al
cotta ad un soldo l'una, (che mia sorella maggiore trovava convenientissime
ed economiche per il contorno all'allessu).
I1 venditore mattutino delle bombe fntte rr Fate mlazionel
Sono al burrrrol i). Il castagnaaciaro, con h tiella di rame ed il
berretto di pelo alla frorcntina. li venditore serale dei ct Sh
bailentil Pan di ramarinò u. L'altro: C( Ih, le wppiette! ». I1 cartolaro:
Carta e buste doppie! Chi vuole fogli, o busal Dieci
fogli un soldo, dieci buste un soldo! )i. Quello degli straccaganasse.
I1 hsajaro, ed il brusaolinaro, ad un soldo il cartoccio.
La caldarostara all'angolo di Via Sant'Agnese, con % caldaroste
un soldo.
E pi:
La musica in piazza nelle serate estive, con: n La Gazza
Ladra i), u L'Emani n, c( il Trovatore n, ecc. ecc.
L'illuminazione a gas, a girandòles, la sera dello Statuto.
La tomboh nelle grandi wlennith (con il cartellone davanti
a Palazzo Brasdii) che finiva sempre a cazzotti, e con una lunga
fila di arrestati, in mezzo a coppie di carabinie? con T, l?
1 ~~~%u$iq
il fio-
rosso sul cappello, e di qucsturini. #:I.,, .
La messa domenicale di mezzogiorno a Sant'Agnese, con
un sacw di belle ragazze ben guardate dalle madri.
I bellissimi sepolcri pasquali a Sant'Agnese, all'Apllinare,
Sacro Cuore, a Santa Maria della Pace, a Santa Maria del-
l'Anima, a Sant'Antonino dei Lorenesi.
Le dimostrazioni contro il Ministero dd'interno (che allora
stava a Palazzo Braschi), i cordoni di truppa, le squadre di que-
sturini kitaleteari), il delegato con la wiarpa a tracolla, ed il
trombettiere a fianco.
Le chiassatc degli sntdenti aila Sapienza, (che sboccavario
sempre in Piazza Navona, seguiti dai questurini, e dai tre...
squilli), spialmentc quelle famose contro il Ministro Gian-
airco ed il Rettore Semeraro (il nosuo ritornello era: N.
zucca il Seme-raro, agli studenti romani è molto amaro!),
quando poco mancò che io fossi arrestato insieme a Gdasio

iti
Caemni, perch* il questurino, che ci aveva afferrato, casaii, e
sbatt2 il muso sul selciato bagnato.
n c( Passetto D, e la sua famosa porzione di fabacine al
sugo, burro e formaggio, che costava mezza lira, e bastava per
cinque persone.
La sera della Befana, tanto sospirata da noi (eravamo in
sette figEI), sebbene Ie modeste finanze di papa non gli permet-
tessero che regali di pochi soldi; il duello con le trombe fra la
mia finestra e le squadre di ragazzi nelh strada.
I maritozzi del Forno Giobbe, fumanti e profumati, a due
soldi.
La pizza calda, con la ricotta fresca, che allora costava
due soldi la libbra:
I giuochi dopo scuola sul grande marciapiede centrale della
piazza, a : Ti vedmoo l », a « Pallina n, a u Picca n, a (( Marn-
maccia u.
L'omnibus sgangherato con due saucchioni di cavalli, che
per due soldi portava a Santa hkia Maggiore.
n gruppo dei cantastorie all'angolo delle Cinque Lune,
che cantava a squaruagoia la solita canzone: ((A ccore, a
ccore )i ... (( O primmo amore t N.
Le nottate chiassose, con baruffe, botte, e... colwllate, prw
vocate quasi sempre dalle donne di malaffare, che staziona-
vano all'angolo dei Lorenesi.
I1 caffè wncem di quarto ordine posto mto casa nostra,
tenuto da due ebrei, e le canzonette che mi gustavo la notte,
stando a letto, con un desiderio matto di avere vicino la can-
zonettista t
Ricordo che avevo avuto in regalo per la Befana un'oca-
rina. Avevo imparato a suonare: ((La Paloma r, e mezza
piazza doveva gustarsi Ia solita lagna tutti i pomeriggi. Ma,
un giorno, un vocione burbero, dal terzo piano di casa mia,
si mise ad urlare: cc Ci hai scocciato! Tutto il giorno stai a fa
puppfi, puppb, puppfi, che non se ne pb pio. ma quando la
pianti? N.
Da gud gbrm la piantai.
La sera, aile nove, il giornalaio passava vicino a Palazm
Braschi, strillando con quanto fiato poteva: (i Tnbunal, La Tribuna!
... n. Mio padre wrreva a comprare l'ultima ed1zionc, per
leggere a tutti noi i dispacci di MercateE, da MPW c h
Amba Alagi.
Ed ancara: Mio padre aveva affittato il pianterreno (dopo
sfrattati i due ebrei, con il relativo caA2 concerto) ad un negozio
di vino, che vendeva quella msso vero toscano, @er fa-
miglia) ad una lira il fiasco. 11 negozia faceva a ~ d'oro; i ma
ogni nonotte mi svegliavano degli strani rumori di bari c di re&
pienti, dei colpi wcl-i, che sembrava che l& rotto ci fosse un
a d e . Quando il negozio andò via, trovammo in cantha
tutti gli arnesi e gli ingredienti, uui cui fabbricavano il vino1
Avevo sette anni; una sera, per cercare h @a &e mi
era andata sotto il letto, accesi un 50glio di m alla mia lumna
ad olio, ma, purtroppo, presero fuoco le coperte. Se io
avevo fatto una fesseria, i miei genitori la fecero piS grossa. Mia
madre (che ma a letto, perdi& sgravata da p& giorni), cors in
camicia alla fineitra su Piazza Navona, gridando: d i o 7 di cui avevo ~an vo*

mattà. Mio @e, che passò di li, vestito in tight (aliora si
chiamava uaus), perchè andava non so a quaIe cerimonia, al
vedermi, con quella pasta in mano, mi sgridb, dicerido che era
ma porcheria; e me Ia levh, riponendola nda sua tasca posteriore.
lo rimasi a bocca asciutta; rna la sera, che mio pdre
dovette uscire di casa, andai nel suo armadio a frugare in tutte
le tasche del tight; p ~ la b pasta non c'era più. Evidentemente
ia porcheria l'aveva mangiata lui!
Piazza Navana! Piazza Navona! Fincht vivrò, ti vorrò
bene con tutta l'anima mia!
UNO SCOPAR0 ILLUSTRE:
EMIDIO BUZZXNI
ndando in giro per questa vecchia Europa, che per colpa
A degli uomini sembra sempre pih piccola, tanto che si
trasvola nel breve spazio di mezza giornam, mvi di frequente
memoria di italiani pih o meno illustri.
In genere sono gli artisti che ti rallegrano il cuore col loro
linguaggio dic ha gli accenti della pah, qualche volta, invece,
è la memoria di grandi capitani o di xienziati o commerciahti
o banchieri o, perchè no, di imbroglioni.
Ma di wprirc la memoria, resa illustre daila antichità t
dalla importanza dell'ufficio cui era destinata l'opera sua, di
uno scopare, non mi era mai successo.
Si, d'uno scoparo, di un autentim scopam romano della
metà del '700, di un vero commerciante di scope e scopi!
L'ho trovato a Lisbona, questo illustre scoparo del '7m, ed
il suo nome è consacrato alla storia in documenti d'archivio
molto opportunamente pubblicati fra quelli che si riferiscono
alla costruzione e decorazione e agli ardi della famosa cap
pella di S. Giovanni in San Rocco, nella capitale Portoghese.
Giovanni V, Re di Pormgallo dal I@ al 1750, è stato un
gran Re. Pieno zeppo di quattrioi, chè nei suoi possedimenti
del Brasile s'erano mpertc nuove miniere di brillanti, Gie
vanni V era un innamorato di Roma - innamorato d'm
amore nostalgico, appassionato e cerebrale - che lui, a Roma,
non C'& venuto mai. Ma Roma gli piaceva; e come h tutto
contento quando gli Arcadi lo elmm alla loro Accademia, e
lui sbrsà tremiia scudi per l'acquiito del k o Parrasio, se

, . 'I
condo ricorda opportunamcnk una lapide e i'atnico Huetter, PASSATEMPI PARLAMENTARI
~4 volle che almeno un angolo della sua bella capitale parlase
solo di Roma.
Come, essendo animato da questi propositi, decidesse di
fa mtniire a Roma da illustri architetti - che furono Luigi
DEL VECCHIO REGIME
Vanvitelii e Nbh Salvi - una cappella tutta di -mi pre
ziwi che poi, dopo essere stata eretta nella chiesa di S. Antonio
dei Pwtoghtsi e bencdetea dal. Papa, venne smontata, hwla~
PezW Per pezza, e spedita a Lisbona, dove venne di nwo
montata nella chiesa di S. Rocco, e come queh cappe]t ve
nisse dotata di paramenti ed ox&ic tali che, ancora oggi, m-
~titukmo h piu importante racc01m del genere - e m md
t discussioni c i vaniloqui parlamentari, ~ecd-do
emc vcnivmo talvolta illustrati da epigrammi, alcuni
dt9 dmuti perfino ad uomini di governo -
-0 rimasti famosi. Ne scegliamo qualcuno.
prima =tira, di ai p$-O copia, @arda il Pro
sidate del -gli0 Giovanni bza, il quale (( per il fuoco a
pezzi firmati e dmumentau - non ve Io dico, alhmti non annoni che provocarono la braocia di Poru Pia, aandb in
ci sarcbk pia gusta a leggere il libro &e, artisti italiani ampihgliO N, m mesi prima che apparise ((l'acqua e
in Portogallo, ho finito di scrivere proprio l'altro mese. pfonda n, v& a dire i'aìluvionc dd dicembre I qWo
Ma che pm Ia cappefla stesa venissero acquistate a Roma elementi in sua psmm n, p&, minkavano la imezza
perfino le mpe e gli saponi, e i lucignoli delle lampade, e i
sughehi che ~OVCVXIO galleggiare d'dio bicchierini
- anche questi acquistati a Roma nJ 1750 - ve 10
dire subito.
' m,
, "I
&J Ministero, che: infatti poco &p (( per term n owem
Time i qmmo elementi in sua possanza
gud p n ~hvc dc 2 dcm 17 domr Lsfl~a.
Lo scopar0 illustre si chiamava &nidi0 Buzzbi e a 23 di E dfise al fuoco: ((Apri una brmM, voglio n+
,Luglio del 1747 riceveva 5 scudi e 40 hidi pa rr ma
dobrada dt 30 paImos dc comprido: 0ut1-a dt 16
oum de 12 psihm; duas de 3 p hm; duas de r ab de r ap; Or, pe~h,?
E andd per a in Campidoglio.
Rompi k dighe, disse all'aqua, inonda... 9
, i I.
E aa$J a Roma per acqua ~~ profonda. l.~,.
11!1 ' , .I; - ,' '
sempre i'elemmM si
quatro pinceis grosg~g e um fOUe para wprar a poeua ». ,n:, , , ,
An&d pw terra, ovvero andrrt per ah?
&me vedete anche facendo lo =paro si può divenm
aush e ah storia. h che il caro Sor Emidio non ~~1 Ig76 ron. Gasparc Finali svolse dia una p
10 MPVa neppure cht, dopo quasi duecento anni da pm di idh p-, in un momuim in cui il Miil-
,
era in p-k10, sarti cadde. Un b d l ' fe ~ ~
quando nela sua botttga alh Rotoda aveva combinato il mopwmk
al deputato - poi rnintstm - quesm qua*:
desco a h con qddit impiegata d~1l'Am-t~ di P-
@% fosse un cizio q h i
II
chc, proprio le -
povno Fidi non s'k ~cmrto
e i suoi =poni, dal manico lungo ben 30 palmi, andasse- che la bza 2 un cmgcgno ppimibuo,
P risp~vcrarc ia memoria. Il da un lato ha un ptsm semivivo
E dallJ&o un ministro PnCxaQ mm#of
~ U ~VAGNINO
O
h I*

Quectp bisticcio poetico è dovuto a Marco Minghettj, &e
aIl'annunzio deIla costituzione del gabinetto Depretis con il
Matteucci, il Pepoli, il Conforti, il Rattazzi, il Durando, iI
Persano e il Sella, scrisse così:
Matte ucci ... sioni di nomini fratelli; .
De' preti s...i~temaiico sfilapazzo
Pe' poli .ti& nostri M~chkvelli
GWB confdrti e geniai soì~axzo.
Ratt' azzi ... marsi d'oro e di p-oiekli
Spera, cosj durando il popool pazzo;
MQ se persa no...n P la ragion belia,
Vcdi Idia che, ahims, caschi di sella.
I1 primo gabinetto Depretis ebbe paco dopo un Ammeg-
giammto, essendosi dimesso I'on. Zanardelli da ministso dei
LL. PP., 'disapprovando il groposto capitolato d'appalto, al-
l'Adriatica e alia società Meditmanea, deH'esercizio delle fer-
rovie. Parafrasando la prima terzina relativa au'episdio del
conte Ugolino, si disse:
La penna solieud dai pjO contratto
Sta Eccellenm (( sciar i> Peppe Zanrardelh,
E dine: - Io non firmo a nessun patto L-.
I1 disegno di legge per la cessione del quinto delb sù-
pendio degi'impiegati, presentato dali'on. Sonnino, incontrò
lo combattè strenua-
ti versi, da un aspi-
E mentre io sono gid
Di cinque fgIì cinto,
Sto per avmt un sesto...
Poitssi dmen per qtresto
h cersion ... del q~inbol
P. ROMANO
l
ER CARNEVALETTO
DE LI POETI
Secolo d'oro! Tempo d'abbondanza1
CUSQ der mecenate & mpre pima.
Er poeta se sveja, avvia L vena,
salura er sole c d e a la Iapmanza.
- E oggi - dice Iai -- dove se pranza7
Dar cardine1 Cam@ o dar Bibbieaa?.. .
E a h $m, poi fa: - Dove se cena? ... -
F va a sbafh' dar Medici ... E che pranza1
LI, ne trow a& cento: un ppiaaro...
Si nun so' teste da osorù 'le Mwe,
$0' ganasse che o n m o er cucchiaro.
- Busseno ancora... - avver6e un seruitorc.
- si nun so' poeti, porte chisace1 ... -
ri~ponnc
ep. Cdrdinale pmtedbore.

Poi tuta; quutrti so', doppo mapaio,
passeno in biBbio~cu der padrone:
- Che legature1 ... Senti che carbone! ... -
- E 'sto scaflale?,.. Qmnto j'è costato? ... -
Doppo vanno ~r Mweo: - Che colZe~xionel... -
... -
- Bmvo! ... Mu ki cih un @sto raffinato1
- Swt~nbo un amanista ch'd studiado,
sa riccoje, mcosi, saso e mattonel ... -
- Sdo un Gido dc MeQicà, iIIw~n>nnmo,
miro che Iei pd unl' 'sta msraviju!
... -
E mentre m erecenabe ce ua in brodo,
inftriia isn'antt'msc~rto a la bottija,
e optino a~acc~ er su' cappello ar chiodo...
Pcd, si 2 mejo er coco der Gonzdg~,
t~iti, dora, a ppplà' dd '~t'ainwo fiacto:
- h libBrmerra der Medici?. .. Ma giusto? ...
L3, come p$ sdn Sbbro, te se draga ... -
- E m' li marmi? ... Hai uhto come svaga? ...
Se becco, pe' Pompeo, Cesere Agusto ... - . .,>l1
- Lei, invece, 2 d'occhio fino ... Cib pidc gusto ... - ) I .
E gii5, fiPmck2 se mtmgna ... e nun se paga.
Queo i archivisu, questu 2 segre~no.
- Credi, poem mio, moro d'inedia ... -
- Te bi~ttb m&? ... Cbmprete un rimario ... -
E L sera: - Illus~ta'sss'mo, premto
er celebbre cantare... - Un'antra sedia.. . -
Ma che pacckia, però, 'sto Ci~rquecento!
...

Q
IL SOR TITO /
&si, dunque, mi raccontb il mio amico:
h suma ed il rispetto che professo per II m Tito, che
oggi mi onoro di proporre come compare B, trae origyle dalle
circostanze che mi accingo ad esporti.
Io lo conoscevo appena come I'illustrc Cornmendator Sci-
pione, quando una sera, per caso, ci trovammo gomito a gomito
in una piccola osteria di via della Vite. Data la differenza d'ed
e di posizione, fui da principio non poco imbarazzato al suo
fianco. Ma egli mi d&ostrh subito una così inwraggianre bon&,
cappa del camino deIla (( Società della Pippa ,i.
die il mio rispetto non tardb a tiarnutarsi in subordinata simpak,
sicdih ci intrattenemmo a chiacchierare e a h, a k t
(La (< Sacied deIla Pippa N, per &i non lo sapesw, h
una specie di circo10 che ebbe come sede un me &itturanm,
detto l'antro di Torrone, in via Margutta. Vi si riunì allegramente,
per qualche anno dai ~gzo, un gruppo di adti e di
loro amici feddi. Ebbe vita breve, ma assai hmsa e vivace.
Centro ddl'attività sociale, che si limimva ai *di, fa
hmensa cappa di un camino, capace di contenere oltre a
e a chiacchierare amabilmente, fino a tarda ora.
rr Quando, era quasi I'una del mattino, ci hsciammo, il
Commendator Scipione aveva le lacrime agli & (( Tu - mi
disE - mi $ci. Mi piaci perchè sei serio e perdi& capi&.
Per&; capisci i discarsi e capisci il vino. Per&, anche il
vino bisogna capirlo, ragazzo mio. Promettimi che Ù vedremo
spiedi e padelle, due grandi manne, i tavoli 10 -ne
ed il ~ ~ tla k rastrelliera , delle pipe: tutto un propmma.
Per il resto, UM bella catasm di buona legna da aydert,
una botticella di vino di Lanuvio, proprio di huvio, ma fila
di vasi di vetro contenenti ogni sorta di &acchi, un guardaroba
ricchissimo degli indumenti pia svariati per le maschera+
miaosaopico palcosceniw, un nono per le cerimonie,
ed infine, mirabile dictu, una cassetta dove i cc compaxi », a
Avevamo lasciato i'osteria ed egli si era compiaciuto di acpagnarmi
fino a casa,
( Grazie deile vostre buone parole - mormorai i0 con
spezzata, mentre insistevo nel tentativo di ap&e il -porne
con la chiave del tiretto della scrivania - grazie, o
4 e se me 10 permetterete, ci vedremo tutte le sere e.
abbracciammo ancora una volta e ci baciammo.
c&enza h, versavano il valsente delle consumazioni sia del
vino che dei tabacchi.
Tutto cid ~enhra preistoria. Ma dQe liete ore tramme
broccam frrialmente, come Dio volle, la chiave gusta,
ercai di raggiungere Ia mia abitazione, ma purtroppo rimasi
in&odam dinanzi ad una porta del primo piano. rumre
,..,
-,
. T, ,.
- ,,
. 1, -
pud locde, intorno alle tavole omekmmte &bandite, pouebbe
far fdc, oltre a Tdussa e ad Augusto JandoIo, pib
die feci, accorsero gii inquilini, i quaii, trovatomi in
stato, mi traspmrono fino al quarto piano caseg-dmi
I
d'una fefucam eccellenza ddl'Aaademi;i d'Italia). alla mia famiglia.
I11

Puoi immaginare le conseguenze! Per un paio di giorni
cercai di resistere, incassando a mta bassa le reprhcnde di
mio padre, i saspiri di mia madre, le occhiatacce e le derisioni
dei congiunti, Ai teno, non potendo pih sopportare una tale
onta, decisi di abbandonare il tetto paterno.
Me ne andavo git.11~)lando per Villa Borghese e riflettevo
d o strano caso capitatomi, che era esattamente il contrario
di quello che, come si legge nella Bibbia, accadde a Nd, il
quale, per una sbornia, fu sbeAcggi.to dai propri fi& quando
fui colpito dalla vista di un si- dali'aspmo grave e distinto,
che, seduto su di una panca ali'ombra di un le&,
sembrava immerso in profondi pensieri.
Osservai h: era il Commcndator Scipiooe.
Mi avvicinai con ~ ~ A &i c passi mi arrivò . ali'orecdiio
un leggero sibilo cadenzato, come fosse il rumore di
un risucchio. Nello stesso tempo che percepivo quesm rumore
mi vcnne fatto di osservare che esso proveniva da un angolo
della bocca carnosa e rilawiata, ove i'apparire e lo scomparire
di un trasparente palloncino segnava il ritmo di uiia faticosa
respirazione.
Non tardai a convincmni che il mio venerato Maesm
stava smaltendo iA i resti di una toppa recente.
Erano Urca le undici, i'aria ferma, quasi estiva. Dopo una
lenta passeggiata, che mi permist d'hformarlo minutamente di
quanto mi era capitato, il Sor Tito, che ebbe per il mio caso
parole di incoraggiamento e di bontà, volle che andassimo a
sederci un poco al Parco dei Daini.
a V d - egli disse, continuando il discorsa che era fatal-
mente raduto sul tema preferito - i bevitori sostengono tutti
che il vino dei Castelli non aniva a Roma se non rnistificam.
Vi sono ddc eccezioni che essi soli
conoscono e, pronunziando il nome
dei locali privilegkti, hanno Saria
di svelare un mistero. Cod de
vrebbe risultare, da queste indiezioni,
che tutte le osterie romane
sono delle eccezioni, poicht ciascuna
di esse ha un buon numero
di ammiratori e di apoli convinti.
M La veri&, mio caro, t che
di vino eccellente se ne trova, ma
bisogna m, studiare, bisogna
sondare le &e a quarti, a mezzi
.fitti, a lim; bisogna tenersi in esercizio,
mettersi continuamente al
corrente ed approfondire la questione
con seri& e con tenacia ».
Lo interruppi per fargli notare
modo di un professore di scienze asi
i m
- . -,* ..
-
u ... lo chiamano i ~spranr€G-
uno strano tipo, vestito al
Fatte d'altri tempi, il quak,
uscito dal folto degli alberi, s'era diretto dccisamtc verso
una fontanella e lh s'era messo a bere dignitwamtnte, lungamente
ma senza avidid. cc Ecco un wmo, aggiunsi indicandolo,
che se ne i&& del tema dei nostri discorsi n.

suebbe di mnoscere, a tal propsito, ia tua -opinione su quei
locali che si danno le arie alla Pinelli, ovc, senza alcun pudore,
si aibisce, pih che deil'autentico Frascati, una orribile imita-
zione dcil'antico, con tronchi div colonne, capitelli ed iscrizioni.
Vorrei anche sapere che cosa pensi, tu, ddc agghindate bot-
tiglie che si servono in certi locali di lusso ed in certi alberghi,
spacialmente al momento del brindisi M.
Eravamo arrivati così, piano piano, in uno di quegli angoli
della Villa, dove, in talune ore del giorno, con un po' di buona
volonta e di immaginazione, sembra di pter appagare la n-
staIgia dei boschi selvaggi, ed io non potei fare a meno di so-
stare con Io sguardo su quella riposante armonia di verdi.
Mi accorgo, riprese il Maestro, che ami la libera cam-
pagna. L'amo anch'io molto, per quanto spesso a si beva mak.
t( Ti ricordi Orazio? a O Rus, quando te aspiciam? M.
(( Sono sicuro che tu farai bei progressi, quando ci mu.
peremo delle osterie fuori porta i).
* a +
Ciò dicendo, eravamo giunti a Via Veneto.
n La maggior parte di quella gente - mi sussurrb al-
I'orecdiio il maestro, mentre con dei cenni del capo rispon-
deva ai saluti che gli venivano rivolti da pane sedute ai
tavolinetti dei Gulden Gate e di Rosati - la maggior parte di
quella gente burebbe volentieri un mezza bicchiere di vino
asciutto, come apirivo. Ma, pur di farsi vedere là sul mezze
giorno, ingoierebbe anche il vdeno. E' per questo che, ingur-
gitando quella roba, fanno oosl atroci boccacce ».
Poco dopo varcammo la soglia di un localetto non lontano
dal Tritone. Da tutte le tavole si levarono saluti cordiaIi:
Viva il Commendator Scipione! Viva il Sor Tito ». ii mio
pia che venerato Maestro distese il viso austero in un vasto
e placido sorriso che abbraccih tutta la sala t ordinò: x Un .
litro asciutto e due maccheroni u.
Ma, ahid, niente t perfetto al mondo. Nemmeno la mia
amicizia m1 Sor Tito, la quale dwttte subire piìt di un fiero
atcacco, alIorch6 nacquero i primi inevitabili dissensi.
La prima voim accadde quando il Maesm ebbe a disap
provare il mio attaccamento ad un'osteria ove mvdeggiava una
servotta bruna, dagli occhi neri, furtivi e lampeggianti. Avtndogli
io conftssato candidamente &e me ne andavo 15, a bere
solo solo qualche quartino, allo scopo di fare un po' di eonversaziane
con l'appetitosa fanciulla, egli mi fece osservare,
con una gravità non m a di rimprovero, che bisognava, neh
d m deìie osterie, rimanere assulutarnentc estranei a qualunque
considerazione che non fosse queiia d& bonta dei
vini e del& cucina.
Rimasi un po' contrariato dinanzi a h apoditticità di questo
principio, e volli azzardare una tìmida allusione alla differenza
dcli'etd. argomento del quale il Maestro a sua volta si serviva
spesso verso di me per rinforzare la sua autorità.
Ma dweni cedexe e cambiare lmaìe. Il caso però mi veme
in aiuto, facendomi imbattere in una seconda servotm ben
piantata, questa volta bionda, poi in una ttna t quindi in
una quarta, Tale insistenza fini per intenerire il cuore del
Sor Tito, il qude, se ho ben compreso, mi rima una serie
di confessioni e di ricordi sdl'hportante tema delle serve trac-
Aiuo e maggior dissapore naaque quando, dinanzi ad un
localetto dei pih popolari che, sotto iì fianco maestoso di un'in-
signe monumento imperiak, in via di liberazione dalle m
stmzioni parassite, mustrava al d t la sua mutiiazii pre-
ludio di una distruzione compieta, espressi il wnvinhto
che il commcndam Scipiont, uomo in fondo hutRto di buoni
i1 ;i.
. .,,
: m
- A 'l.
'I '
i ;:
. 4
" > ..

studi umanistici, fosse d'accordo Con me ncll'apprezzare I'apera
grandiosa che si sta compiendo per emancipare i giganti dalla
schiavitù ohsiva dei pigmei.
Non l'avessi mai fatto1 I1 Sor Tito, quasi che gli avessi h+.
ram il nervo scoputo di un dente cariato, mi investì con piccoli
urli soffocati : - Anche tu1 anche tu1 - E quasi senza riprendere
fiato, mi i d i una tirata sulla bellezza della vecchia'
Roma che sparisce.
Frasi romanesche, commosse e sarcastiche ad un tempo,
colmr~o il suo discorso insolitamente appassionato e d-
tato. Poi, levatosi lentamente il cappduccio e tenendolo con
la mano sinistra al centro della pancetta, gli occhi semichiusi
e la testa dinata all'indietro, toccandosi con h destra la fronte
quasi per sprunerne i I*&, egli paxlh dì grandi e piccdc e,
di chiese, di monumenti, di angoli di spade, di droghene, di
ville famose e di orzaroli, di tram a cavalli e di vecchie librerie,
di sentieri e di portali di vigne, di cantine e di rinomate trattorie:
tutto un miscuglio disordinato ed angosciato di memorie,
di cronache e di storia.
tr Eh, tu sei giovane, t poi la tua hmigiia viene da fuori;
ma per noi romani di venti generazioni, per noi ... è un'alm
cosa! )i.
Eravamo arrivati casl dinanzi a h bottega di un fnittaroh.
Nei cesti le primizie spl~&~ano di freschezza sapom. (( Vedi
per esempio - riprese il Sor Tito - se tutta questa roba me
la memno $otto terra nei mercati coperti, dimmi tu, chi potrà
pih gustare coll'acchio questa grazia di Dio? Ma non vedi
dunque che colori? Come sono belli questi piedi d'insalam,
quei peperoni e questi pomodoretti ... D !
L'argomento dei pomodoretti h1 per convincermi ad io
gli detti, per questo, parte di ragione. U mio grande amico e
Maestro ne fu commosso, e, invitatomi a salire su una u botticella
», dura stante volle ricompensare la mia ItaItA di allievo,

invitandomi a cenare in una osterietta quasi nascosta in mezzo
ai pini di Monte Mario.
Arrivammo che era notte.
Roma, di notte, di lassh! E poi l'dore del fieno e il verso
delle civette l Che bellezza l
- Quale spettacolo, - non potu fare a meno di escla-
mare - sempre meravigliosamente nuovo e commovenre, questa
nosm Roma! Si muta, si trasforma, si estende. Quel mare di
luci palpitanti e digradanti nelle tenebre pare inhito.
- E' uero, è vero! - sGgiunse con impeto il Sor Tito -.
Bisogna pur che io lo confessi: essa va diventando'ogni giorno
pia grande e fascinosa, sotto i1 nuovo impulso.
Eppure, sempre la stessa, la ut& eterna!
Io ho viaggiato la mia parte del globo, e posso assicuraiti
che in nessun luogo del mondo si sta bene come qui.
Vedi? Mi sembra d'essere un imperatore, con tutta Roma
ai piedi e questa bella tavola apparecchiata davanti!
- Maestro, mi pare, però, che tutti i salmi finiscano in
gloria, per voi - mi scappò detto.
Ed egli:
- Ti meravigli forse? anche questa è una sto+ eterna
come 2 eterna 1'Urk. Io sono convinto (e tu ricordatene bene),
che, ho a quando a Roma ci saranno dei romani o della
gente che, vivendo a Roma, ne respira l'aria, le osterie si apri-
ranno ancora e sempre sulle pia belle viste della città. E d+
vunque, entro le mura o fuori, nelle cantine chiuse o sotto le
pwgole, i Iitri continueranno ad innaffiare i colmi piatti di
fettuccine, i polli arrabbiati in padclia o aIla caaciatora, la
coratek d'abbacchio, i fagioli con k cotiche, Ia fava al guan-
ciale o col parino, che ci si beve così bene, ed ogni altra squi-
sitezza romanesca l
E, ticordati ancora, il giorno, Iddio non voglia, che non-
fosse pih rosi, Roma non satebbe pib Roma! >).
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NUBI PRMAsrEWI SUL TEVEBE

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uijk1
l I B A B B I O N E
l lettore non pavmti! Qui si parla di babbioni d'un secolo
I fa, d'onesti babbioni dei buon tempo antica. E' da supporre
che, sulle prime, anche wi provassero un qualche ritegno
a fregiarsi d'un nome oosi spaufico e qualitativo che è in stretta
affinità con babbeo, &abbiano, babbuasso e babhho.
Deve essere andata cosi: due, tre, quattro amici, gente un
. po' stagionata, ma hca di spirito e d'intelletto, a furia di
frequentare sempre b stesso caffs, cominciarono a alternare il
giuoco degli scacchi e deiie carte con animate discussioni su
argomenti pib seri. Allora, mentre i profani gradammcnte si
autdiminavano, un cameriere (genia che in nodo indissolubiIe
unisce adulazione e sarcasmo) avrà provato un gusto matto a
affibbiare a quei suoi clienti il nomignolo pih o meno lusinghiero.
rt Ebbene, d'accordo1 siamo e rimarremo hbbioni D, assentirono
placidamente i saggi uomini, spezzando in tal modo
i'acuto strale che tentava ferirli con i'arrna del ridicolo. E da
quel momenta col nome di babBio'oni formarono un'onoram
congrega di valennromini, una &età non vincolata da strettoie,
non retta da leggi, da statuti, da pesanti procedure, ma
libera adunanza di alti t sereni ingegni che alle fatiche della
vira, alle laboriose vigilie della scienza amavano geniaimente
intercalare riposanti ore di famigliariti, riunioni, discussioni c
banchetti.
H simpatico (( convivi0 i) romano merita di essere ricordato1
Erano i primi, agimti anni dell'Ottocento, ma gli evmti di
cui, Roma fu testimone non impedirono che la +età dei bab
= I9

ioni sorgesse e fiorisse. Quarritre generale fu dapprima un
mffè di piazza di Spagna, poi la sede fu trasferita al C@ della
Barcaccia in via dei Condotti.
Roma non difettava di ingegni preclari nel campo delle
scienze, ddh matematica, della fisica e soprattutto della medicina.
E tra i babbioni si contarono medici di superlativo valore.
Da gente pratica, lasciarono la poesia nelle sale dorate dell'Arcadia
e se ne andarono nei &; a discutere, senza ombra
di pedanteria, i probI& che maggiormente li interessavano.
All'inizio, il complesso degli adepti non suph il numero
di dodici e loro capo c presidente fu Gioacchino Pessuti noto
come diligente compilatore di quelIe Eflemeri'di rotnane che
ebbero il vanto di annoverare, fra i collaboratori, Giacomo
Leopardi e Terenzio Mamiani.
A fianco del Pessuti (di regola vicino a un autore si profila
sempre un editore ...) vediamo Filippo De Rornanis, ptrm
naggio cospicua del mondo' intellettuaie romano d'un secolo
fa. Buon Iatinism, amico deI Belli, fondatore con altri dell'Accademia
Tibm'aa, divulgatore di numerose e pregiate edizioni,
ebbe tra i non pochi meriti anche quello di compiere
i'unica ristampa della Divina Commedia che nelIa prima m&
defl'ottocento venisse pubblicata a Roma.
Vicino a questi due, c'è tutto un coro di celebri& del
tempo il cui nome ha resistito pih o meno al morso dismittore
del tempo. Ecco Saverio Barlocci, profasore di fisica all'Università,
ecco un geologo: Giovanni Brocchi; un botanico:
Ernesto Mauri; un valente mineralogista: Pietro Carpi,
e poi un professore di farmacia: Conti, e perfino un diplomatico:
Hell, ministro incaricato del Wuttembcrg.
Nei lunghi decenni, attraverso i quali con rara tenacia i
babbioni continuarono a tenere le loro dotte riunioni, incontriamo
Antonio Nibby, figura per noi affascinante, Carlo b
turalism Riccioli, Giuseppe ~enturoli, di cui esiste
ncio presso la casina Valadier, il marchese Origo,
I
colonnello dei pompieri, predecessore in . . tale ,.,T T cari
. < , . ,di , . Mi-
1'.
-rl,:+J; chelangelo Caetani.
:* r,. ,
\ $', , 4.' :
Veramente ra~ardevole -- il numero dei media, a coniintiare
da Dc Matteis, celeberrimo al tempo suo. N& minor nome
ebbe Agostino Cappello, abruzzese, che prima esercitò a Tivoli
e dal 1821 a Roma. Mentre il chdera morbus infuriava in
molte parti d'Europa e minacciava Roma, papa Gregario lo
spedì a Parigi unitamente ai dottori Meli e Lupi per gL studi
opportuni. E a Parigi, dove era divenuto amico dei pih celebri
medici del tempo, ritornò nel x@i a rappresenmre il governo
romano al famoso (( Congresso internazionale sanitario per le
malattie da contagio)). Morl nel r858, dopo aver pubbIicato
opere eruditissime tra cui una pregiata Memoria sdla h-
fobia che apparve nd 1813 e fu ripubblicam nel 1830. Un biografo
descrive il Cappello: rt mite, benevolo, di affabile e cortae
maniere, di urnor gaio e fatevele. Fu a lui conhrto la
stima dei buoni, l'onoranza dei dotti, l'detto di quanti lo :"*I.
conobtero i). Insomma, iin babbione modello!
Col Cappello andh a Pangr, wme si è detto, il dottor
Pietro Lupi. Fu anche lui babbione, nonchè chiaro scienziato,
tanto &e al suo nome venne intirolata una delle d e dell'Ospedale
della Consolazione.
Vicino a questi, t da ricordare Luigi Metd, di origine
grea o maltese, medico riputatissimo, sagace studioso di problerni
saniari, e precursore degli srudi sul flagello della malaria,
pei quali meriti fu ricordato con ampia lode dal Mar-
Dopo il Pessuti, la presidenza dei babbioni fu tenum per
lungo tempo dal romano Domenico Morichini, nato nel 1773
t morto ne1 1836, padre di quel Carlo Luigi che scrisse un'opera
celebre sulla Ikneficenza romana e fu cardinale. Dom~ico
Morichini, assai giovane, fu nominato pei suoi meriti eccezionaIi
primario a Santo Spirito. Profondissimo nella chimica,
li scoperte in mle. campo, suscitando i'inttresse
"Il '-2 - . II-.';':~~L:. li . '
,i::ji i .. . , ,&:,' . i.. j , ?; - .' . , ,.: ' , . I21
&:,ti
'

di tutta l'Europa e i'entusiasmo di scienziati di fama mon-
diale come Cuvier e Davy che intervennero personalmente
alle auc esperienze. Studiò le aquc minerali, propose pcr Roma
importanti riforme sanitarie, fu coraggioso sostenitore delia
vaccinazione. Medico d'indiscusso valore, fu ardtiatra di Pio VI1
e venne mnsultam per letta, nei 1819, da Naplmne relegato
nella remota Sant'EIena. Era socio di innumerevoli accademie
c in Arcadia aveva ricevuto i1 nome di Melompo di Coa.
Tuttavia diamo che, da uomo di splito, à tenesse di piU
a fregiarsi del suo titolo di a babbione n. Certo t che sotto
il suo aweduto reggimento la geniale congrega (di cui ci ha
lasciato ricordo Guolarno Amati, singolare figura di studioso,
che con lo pseudonimo di Podre Zappa e coi tipi del Paino,
pubblicb un libro attraente: Roma che se ne ua), visse i suoi
giorni migliori.
I1 numero dei babbioni sali a trenta e da Via dei Condotti
passarono ad altri caffè.
Le conversazioni avevano principio aU'Aoe Mnnu e sì
protraevano fino alle due ore di notte. Erano rigomamentc
banditi discorsi o discussioni su qusrioni di religione e di poli-
tica e tutto si svolgeva su temi di scienza e di culiura.
Oltre le giornaliere sedute nei caff2, i babbioni, da gente
assennata, conoscevano il valore simbolico t pratico dei mn-
vivi amicali e per questo, tra i dettami pih rigom~amente
osservati, vi erano in programma quatuo banchetti a prima-
vera e altri quattro in autunno. Gente moderata, dunque1 ma
in compenso, ogni volta che cadeva I'onornastico d'un babbione,
la festa si celebrava in cordiale intimitA median~ un altro
banchetto. Non sappiamo se fosse il festeggiato a ammannirlo
o se, come vuole cortesia, a Iui i sodales lo offrisserol
BeIlissima la regola per l'ammissione d'un nuovo socio!
La procedura era d'una esemplare semplicità: non si facevano
discussioni o apprezzamenti sui meriti defl'cligcndo. Si dava
l'assenw ali'unimno o, viceversa, si manteneva un completo,
. J'
7, -,;:LP;$
. l . .
t;d
- l!'

Come conobbi Guido Baccelli
C
ed Ettore Marchiafava
onobbi Guido Baccelli ali'inizio della mia carriera giornalistica,
nel ~gg. In quell'epoca ero entrato alla Tribuna
presentato da Guido Scstini, direttore il senatore Luigi
Rwx. Avevo sentito parlare tan,te volte in provincia dclPiiiustre
clinico romano ma ne avevo sentito parlare come il medica dd
Re, come un uomo che operava miracoli, come quaidie cwa di
mprannaturale e m e Ministro della Pubblica Istruzione a
e
vita. Figuratevi la .mia meraviglia, il mio terrore, quando il
Ststini, avendo saputo che avevo quasi tutte le sere una leggera
febbre, mi disse: Sbai m~quillo, ti msndo da Baccelli. E mi
munl di un biglietto di presentazione per lui che in quell'epoca
abikva in Piazza Campitelli.
Trunantc di paura mi ei dal Bacctlli che trovai assiso
dinanzi ad una grande scrivania awolto in una toga. Stava
leggendo e stnza aliare la testa, puntandomi con l'indice della
destra gridh: SpogIiatii
Non so propriamcntt se gridasse ... certo per me quel co-
mando mi sernbrb un colpo di cannone.
Guido Bdli mi si avvicinb e inorirnincih a palparmi
rigirandomi sul letto da tutte le parti. Poi ritornb d a scrivania
i:. " menne io, che mi ero rivestito, ritornavo a sedere dinanzi a
lui come un accusato sul banco dei rei in attesa dciia sentenza.
E la sentenza arrivh subito: Febbri m&riche - diagnosticò
Guido Badli -. Prendi c< la misiura BwccUi i) (wrne non
si fosse trattato dda sua prodigiosa invenzione che ha strap
, . 124 ".

pam alla mora tante esistenze) e prendinc tre rechiai d
&mo: uno d matiino appma alzo, #no a pranzo 'oa d
fritto C I'arrd6to e...
Non ttrminh la frase percha quando ia SUI& nominare 11
frifrifz0 C I'msto dimenticai tutto il ttrrore primitivo, tutto 1d
spavento provato fino a quel momento ripensando che mai
avrei potuto fare k cura presEntta perchh ... pcrcht c'cxa di
mezzo qucl bcnedttto fritto e qucl hcdttto arrosto che io
non vedevo pih da un pezzo ...
P& il coraggio a quattro mimi e interruppi Baccelli di-
cendogli: Ma ... ma... EcccIInixa.., se... se qwsto secondo W-
chiaio lo prendessi rra la minestra e il Ldito? ...
Non potete immaginare quello &e succcssc. Credo che
Guido Baccelli poche volte abbia risa aosi di cwre durante Ia
sua lunga vita.
Si al& dal seggiolone, mi venne vicino e mi diede uno
sca@nc dicendo: E' la stcssa cosa... addio ... salitbami Sc-
$tini
... Dopo qualche anno ebbi &ne di stare vicino a Guido
Bacctlli a G-zano in occasione della consegna alla citta-
dina di un quadro del pittore Carodi, quadro rapprcsen-
tante La disfida di Barletta. In quella occasione si ricwdb e
mi ricordd il famoso fritto e il non meno famoso arrosto e du-
rante un interminabile banchetto mi disse ridendo: Oggi auresri
potuto prenderne pid di ufi mcciaio della mia rnedkha.
Ettore Marchiahva abitava in Via del Sudario dalh partt
posteriore del PaIazzo Vidoni, ora Palazzo del Littorio. Ci
accompagnai una facoltosa contadina dimorante in una fattoria
prossima a Terni, mia città nativa.
Ettore Marchiafava, come sapete, era veramente astemio t
guai a parlargli di vino. No, assolutamente no: acqua, acqua.
Nan era del nastro parere cior! che it l'acqua fiacica i ponti n.

EgIi proibiva a tutta la sua nuriierosa clientela d'Italia e dd
l'estero il vino, anche in piccola dose.
Dunque i1 professore interrogò la donna scrivendo su di
un registro con quelIa sua scrittura piccolissima ma chiara e
leggibilg al contrario di quella di quasi tutti i medici.
Ad un certo punto domandb aila contadina:
- Bevete vino?
- Sor dottore mio un bicchiere~~ la mabina a col~zione
- E poi? I ' I
- Un bicchieretto a pran20 ...
- E poi?
- Un bicchimetto a merenna e un bicchieret~ a cma...
L'illusme e compianto clinico scatth dalia poltrona come
se una molla gli avesse somministrato uno spintone e in piedi,
con la datra quasi minacciosa nascondendo il e mo-
strando solo quattro dita della mano, prese a gridare:
- Quattro! Quattro! Quattro ... bicchieri di vino al giorno?
Ma voi volete morire ... con quattro bicchieri di vino al giorno ...
I1 sottomirto quando seppe che doveva recarsi ad accom-
pagnare quella contadina da Marchiahva aveva pensato di
sottoporsi anche lui ad una visita per una vecchia colite che di
tanto in tanto lo molestava. Avrebbe approfittato dell'wmsione
mnto pia che doveva recargli i saIuti del wrnpianb Pio Pe-
diconi. Ma quando assistette alla scenata dei quattro bicchieri
di vino, non btò, anzi si nascose in un cantuccio per paura
che I'iIiustre dinico non solo gli domandasse se beveva vino
ma gli leggmse sul viso la risposta che, dicendo la verità, come
si usa fare con i medici, sarebbe stata, in quel tempo, di molto
superiore alla dose accusata così ingenuamente da quella brava
-contadina umbra.
...
. e
I
R O M A N I T A
u na volta, recandomi a Montecatini, mi trovai a viaggiare,
da Pistoia, wn una coppia di sposi, non pib giovani ma
ancora freschi e di florido aspetto. La donna sedeva dignitosa
e riservata accanto a\ marito. Eretta nel busm, il seno
copioso, gli d i n&, i capelli wrvini un po' ondulati, sul
bel volto olivastro, mi si mostrava il tipo di romana - cid
e contado - che si ~a-amanda inalterata da secoli. Il marito,
bassotto, tarchiato, inanellato, col cappello nero di velluto sul
volta acceso, di solida carnag4one.e grossa catena d'oro al wrsetto.
Smanioso, irrequieto di rivelarsi come dui che sa di
essere più, di quanto non sembri, mi chiese se era buono l'albergo
&ve avrebbe condotto h sua signora. E disse il nome
di uno di categoria extra, Eravamo soli ed io non amo parlare
in treno. Ma la risposta affermativa, che non potei non dare,
fu il principio di una conversazione dove - me ne accorsi
dopo - irascinato ddl'entusiasrno io parlavo con facondia,
e lui mi seguiva con qualche interiezione appena. tr Galeotto
fu Roma. Era interessante per me - non tuttavia sorprendente
- vedere dei romani di Roma ascoltare con mnmi inte- -, ,&, ,
. '
resse un non romano che parlava della lmo ci&. .- ,,,, -
Quando finalmente mi tacqui, il mio uomo, guardh la sua
donna e alzandosi in piedi disse con improvviso scatto:
.- Vuol proprio sapere il vero motivo per cui Roma è
grande, unica e ci si su bene? Perchè è la città del ((chi
se ne... )): E nel sentenziare così, con orgoglio c vigoria, gli lampeggiano
gli ocdii. Cera tanto cosciente e dignitoso convincimento
nel suo dire ch'io non potei sorridere e mnto meno
equivocare ncll'intendcrlo: era stato, il suo, un ge& romano, ,

veramente. Si poteva pensare a Papirio, a Titm degli Anguil-
Iara, a Marantonio Colonna, a Ciceruac~hio. Non sorridere ora
tu, o lettore. Per intendere nel senso pia vasto ed umano la
romanita, bisogna saper interpretare wsl il gesto e l'apostrofe
del mio uomo. E ricordare che cosa conquistb noi, provinciaIi,
nel primo incontro con Roma.
Fu proprio quello che il mio compagno di viaggio chiama
il a chi... », ciot l'universale liberth che Roma dona, come
nessun'altra cittA del mondo. Liberd del tuo io, della persona,
dd'eakre intero, in ogni ora e luogo. Sei tutto o nulla, come
vuoi. Liberrà di stare o di andare; di indifferenza o di passione;
di povertà o di ricchezza; di onori o di strafottenza. Libertà
s d m di terra e di cielo; voglio due il godimento dì
questo azzurro impareggiabile che ti conforta e ti assiste; u
@da, Ei esalta nel confonderti, vita di vita, con le cose terrene
che ti circondano e con te stesso. Liberth per cui tutto ub che
altrove essenziale, qui PU?~ essere ridotto ad un insignificante
comune denominatore; siadiè una mattinata al Palatino, od un
.sulSAppia antica e ai Lungo-Twere, non si concludono
mai; e se la fame ti sniote ad altri pensieri contingenti,
basta pane e ricotra o la carezza di una fontanella a consentirti
di rientrare nel sogno. E l'angolo d'una osteria, riposta, panca
dura e tavolo scricchiolante con un quakcello di Frascati
davanti t più suggestivo, voglio dire attraente, appagante,
gioioso per lo spirito, dei soffici divani e delle luci riflesse dei
'
grandi mondani ritrovi dove si alimenta il cuIto del vitello
d'oro.
Perchè qui 2 la romanità che ti sorregge e che tutti sentono
e tutti livella; e di questa vivono, ma non sanno, tutci; anche
il wr Checco di professione portinaio e L sora Emma di professione
uattora, e il sor Antonio, bidello, e la sora El,vira, grassa
e dignitosa, orecchi di brillanti, spilla al petto, che scesa dal
camion carico di verdura, sovrasta lì al mercatino la disuibuzione
dei'cesti. Questa romani& tu scopri nelle abbandonate
NINFEE SUL LAGHETTO DI VLLLA WRIA

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vie bdicanti di ragazzini, dove la mamma allatta il piccino
al sole, senza che occhio profano contamini il candore del seno
rigonb; e questa mpri neUe contadine e nelle massaie, ches-
soio?, di Nepi o di Carnpagnano, del Vdletrano O della Cio-
ciaria; nei butteri di Cisterna o .di Fogliano, dove insomma h
razza di secoli di questa gente, quadrata, lenta, dignitosa,
fiera anche neil'indigenza, che fmb e forma i1 nucleo deila
stirpe, non fu ficcata dalIa malaria o dalla aridita del suolo,
ha conservato integro il tip, inmnfondibilc, nel taglio dda
fronte, nel color deile pupille, 1ie1 nobile e volitivo profilo dei
naso, nella vita diritta e nei fianchi prosperosi.
E se vi dico che una sera accompagnando due provinciali,
che nei bequenti viaggi alla Capitale conoscevano di Roma
soltanto il non romano - i Ministeri bens'intmde - a man-
giare su tavoli di marmo in trattoria, (ancora vedo i loro volti
disincantati e stupefatti c la loro gioconda letizia di questa
scoperta dell'ignoto) io non potevo durante tutta la cena, trat-
tenermi dall'osservare la cuoca che preparava, U sotto gli occhi
di tum, e carciofi aila giudia, e filetti di baccalà, dovete cre-
dermi. Alta, composta, silenziosa, la testa avvolta dalle trine
abbondanti, aveva un gestire da regina nelle incombenze mi-
nute dei fornelli; e quando una porzione era pronta, l'ailun-
gava al cameriere con uatm di matrona.
Ma quella figura che non dimentidierh, l'avevo vista an-
cora nella vigorosa donna inginocchiata della Trasfigurazione ...

NOVEMBRE
Vifino a casa mia c3 'niarbere##o
e, de \ti tmpi, pure llui se spia;
fra li rmi sbecckjri, un ps.erejw
sta Pure e l'ore a faje compagnia
cununao, a modo ruo, 'n# melodia.
C3 rortanto "na foja
ancora mezza perde e mema gdla
ch'larimane attaccata e me vi2 uoja
de pdnnela e s&cdIa; .
per8 restite, ancura nun 2 moru...
&m nrrn ciò &re ...
Si parIusse, 'SM foja me direbbe:
a certo, si tu ripasnSI un'anira vorta
pd 2sse' che me imui tra la fanga,
tra le fascine ~ecche accosto ar fdco,
dra li rifiabi, :ra la spa~satural
Ma ancora P pres m... campo tanto poco ...
mpem che m'amma~xi la nabarn i).
redevo d'essere finalmente guarito dal senso di perplessità,
C &I trepido indefinita timore che mi ha tenuto per vari
anni lontam da quesm misteriosa silente rnelanconica via,
un cIl ispira& e guida del mio prirno andare per l'incerto cammino
dell'arte. Credevo &e il peso del tempo e le miserie ddc
umane vicende avessero in me attenuata o spenta la voce inane
di un sentimento che si attacca alle cose morte o morenti, ad
esse chiedendo incitamento e vigore di vita nuova. Invece eccorni
nuovamente qui, sul limimre. della Vi gloriosa, estatim
ed inerme al cospetto della nuda da, in vana sterile contaplazione
del paeiaggio che mi si apre dinanzi, fuso in uq cielo ,
di piomh dic insordila c stempera l'anima' mia niehnte ad
un motivo antico e nuovo, panico o solcnnt, per un'arte tarda
c misconosciuta.
Ti ha attraversata - arnesi a tracolla - lentamene e
per un lungo aatto, o Via dei miei sogni più grandi e pih
dolci, ed ho rivisto gli nuigoli delle mie soste, nei rossi vespri
estivi, i monumenti solenhi alle tue sponde verdi di densi oscuri
apressi, la cui esilita tagliano e attenuano i folti pinj secolari;
ho ascoltato lungo il a;igim, le *cane voci del passato parlanti
dal tuo silenzio, e mi s o fermato ~ ~ qui, ove il largo sdciat~
romano ancora traspare, inkto se guardare verso i colli albani
Q verso Roma ormai sparita ai r~iiei occhi, giacdiè ovunque
è grigio, ora che il sole biit non accenna a mostrarsi al di P
delb densa cappa di cineree nuvobe, da ambo i capi sei upl- mente fascinosa e infinita, o Regi- delle vie milltnarie.

Mi son fermato qui, ho steso i colori su& tavolozza, ho
eseguito le minime operazioni che preparano materialmente
l'inizio deI mio Bvoro, con cui tento di trasferire suh tela la
commozione dic mi agita dentro, I: mi son fermato, incapace
di pdere; ch& troppo, ahimkl, l'animo, lungo il cammino,
s't adduiaato negli anditi sgretolati, ricettdi un tanpo dei
miei sogni e delle mie speranze, monumenti &e tllm facevano
apparire sorridente e vivo, anche in mezzo agli unbluni di
morte. Ma oggi quel senso delk caducith delle cose umane
che mi perseguim, oggi con maggior violenza mi assale t mi
prostra, pur deviandomi del p delle cure rnorrali, per elevarmi
alla solitudine e alla quiete delIe cose inanimate che,
prive di volontà m e sono, sembrano e sono innocue e soavi
nella loro arcana annonia di luci e di muti canti.
Oggi questa via mi abbraccia, mi avviluppa, immensa c
materna, leggiadra c -tefedele come donna amata e sconoscium,
mi prende, mi *congiunge, mi rkscorbe, mi confonde con le
minime forze deiia natura, mi deterge da ogni umano rancore,
mi monda d'ogni desiderio, eccetto quest'ansia bramosa di
augusta romana quiete. Cosl sull'anima mia si stende, come
sulle cose che mi circondano, questo velo di sottile nebbia che
fa pih lontane le lontananze e pih silenziose le cose a me
dintorno, ed io ritorno, pia triste ma piii purificato, nel mondo
segreto dei fantasmi &anili, esmneo agii afhnni ed alle perfidie
umane, solo in mazo ak cose eteine, in godimento
sereno : la volontà di riconciliazione t di rinnovamento &e oggi
mi ha spinto a tornare su di te, o mia Via metta, accenna
al sw trionfo sda lentezza dtl mio cuwt impigrito, e questi
ciprmi, questi sepolueti, questo nastro di via che si allontana
e si perde grigio col sapore d& vita e della gloria lontana
nel tunpo, tutm questa atmosfera d'uggia mortale si muta in
me in alba di vira nuova, in viva wrgcnte di nuove forze e di
nuovo ardire. Cusì l'antica istintiva tendenza umana ad avvicinaxc
la'mortc alla vita, perch4 quem magga da qwlla alimento

e ispirazione, i'antica sapienza che ha fatto disporre lungo le
massime vie della civiltà questi ricordi perenni dei trapassati,
quan a rammemorart ad ogni passo la fugaci& delle umane
miserie, allo stesw modo in cui la religianc degli avi metteva
in ogni casa l'altare degli dei penati, quasi a glorificazione della
morte per& sia sempre prmk alla vita, questo senso di provvistirietà
e di rinnovamenta oggi rivive in me, bene6co e ristoratore,
e nelI'oblia del passato dcterioxe e ne1 ricordo del migliore
passato sublimato dal tunp e dal ddore, trovo il viatim
pa k sptranze e per il cammino futuro.
Pucid, anche se questa giornata è stata per me sterile di
Iavoro, anche ho perduto il mio tempo in tacita battiva
contemplazione, il mio animo ha ritrovato st stessa ndIa mesta
solennità di questa via meravigiiosa.
Non mi resta, dunque, che riunirc le mie cosaxelle, riprendere
il mio fardello c tornarmene, lentamente come sarn venuto,
ma m1 cuore acceso di sogni e di audacie, verso la vita che
mi attende ;~xianita e rumorosa, al di IA di questi muu cipressi.
i<
Il teatro Pietro Cossa ,
di Trastevere
e il eor Angelo Tabane
ncora quarant'anni or sono, i trasteverini erano attaccati
alle usanze ed alle tradizioni vecchie del loro rione; non
avevano campo di spaziare; le loro ricreazioni erano
circoscritte; i loro polmoni non Jerano aperti nem-
meno all'aria ed alla, luce delk nuove invenzioni dell'ultim~
Ottwento, tanto che per la grande maggioranza dei popolani,
il divertimento non andava pib in 18 dell'osteria, :delle bocce,
della morra e delle scampagnate fuori di Porta S. Panuazio.
To che scrivo, ricordo di aver conosciuto da ragazzino, due
E~nafi, moglie e marito, che si vantavano c con vero
lio, di non aver mai passato il ponte; t cib spiega come
ed i nepoti di questi mderi, anche se progrediti per qud
nto da poter vagare per le vie dell'urbe, si sentivano in casa
amente nel rione in cui vivevano, e del quale erano
Oggi, la vita del Trastwere non pub avere certo raffronti
"W
con il tempo di cui parlo. Si direbùe anzi, che in questi ultimi
anni, il rione stesso abbia fatto un vero balzo verso il progresso
portarsi all'altaza ddia Roma moderna, ed il cuore da
stevcrini ha sfoQato verso il centro dell'Urbe, in mada
e non sono pib i popolani dek anguste e fumose osterie, ma
cittadini compiuti che si riversano nde ampie sale chmv
grafiche, nei ritrovi dopolavoristia, nei campi Spomvi,
1
@m

esulano dal Traskvere per portarsi verso i luoghi dove pih si
eleva e si riuea lo spirito.
Nel I p
circa i1 Trastevere non aveva che un Teatro;
o meno 800 persone. La sala nel suo wrnplaso non aveva pretese
di essere bella, ma per qud tempo, considerato sesiguo
gusto artistim del pubblico, poteva dirsi decente.
Impresario e proprietario del Teatro era, e fu sempre fino
demolizione, Angelo Tabandi, un romagnolo alto e
*me un @gante, proveniente senza dubbia da quel caravanserragli0
che fu Piazza Guglielmo Pepe. 11 Sor ~ n g e l ~ ,
era chiamato) la sua voce grossa ed apra, scmpe pronto a
,ai rapprcwnmm il Cid ed il Tartufo. T ~ W O misto come si
gridare nel suo accento romagnolo, quantunque v&., da Joddisfare i gurE pib variati. 11 pubbliw vi si diva;
continuamente senza mai scendere a vie di fatto, era i] vero
burbero benefico. Piantate le tende nei v&io donc,
P ~ fomiare ~ ~ una compagnia $ per il suo Team, e àd
imitazione dd Tatr~ Manzoni di Via Urbana, che con i suoi
drammi popolari a forti tinte faceva tutte le sere degs csaU,.im,
a d e il Jor Angelo pensò di fare agire sul palcosceniao d,-~
u ~ ridwa ~ , 4 e spmso era pronto ad
ad alta voce contro il tiranno di una traged'h con parole ed
invettive non del garnmati~li, e per gli artisu, non era
_,pre wistmme una parte crudele,. Ceno, a principiare
dalla messa in scena, interpretazione degK attori, 10 spettacolo
lasciava mente a desiderare, ma non si Poteva pretendere (( Pietro Cassa una compagnia drammatica. formazione di fama0 che pormano, mnm più
artistica fu facile; diiettanti, fUdammatiù ansiod di entrare
in arte, attori disoccupati e senza nome, inso- la compagnia,
se Pure eterogenea, 4 fu ed agì p parecchi anni, con s&isfazione
dell'impresario e del pubblico di Trastevere+
paga, per q u ~ p&i che la prendevano, era c ~ i molto ~ j
.,igua, ed no$ di rado allora, che una uagedia
uasformasse nel comico senza che il pubblico
meno soddisfatto. Vale l? pena appunto, di narrare
11 Team era divenuto presto il ritrovo preferito dei pop
lai* che mtte le vi si affoilavAo, uomini e donne, grandi
e picchi. 11 repertorio del Team italiano e una gran parte di
quello straniero, venivano svolti sul ~a1o-i~ del cc pietro
episodio.
una sera si
t nd momenm in
Radames
YAida, in prosa naturalmente;
al suono delle trombe, avanza trionMvittorioso,
seguito da uno stuolo di schiavi
Cassa dalle tragedie dell'AKeri alle commedie del GoIdoni,
e poi Sardou, Skakespeare, Giacosa, Giacometti, paalo Fmari,
prigionieri, si vide che questi prigionieri non mano
,gri, in quanta avevano sì il viso nero, ma le mani
. .. .. .
I37

iancht, anzi uno, addirittura aI conbario, aveva le mani nere
ed il viso bianco. Non solo. ma wtto la veste degli schiavi,
mppo corm, comparirono scarpe e calzoni, indumenti certo
troppo civili per quegli africani. Ma il pubU~ come sempre
non fu severo. Una salve di fischi e di rumori e basta; fischi
c mori che potevano essere interpretati dagli attori anche per
applausi, pichP nd successo, il favore e l'entusiasmo non ve
nivano espressi altrimenti.
I
!
Nei Vmchi della Buiosa di Nino Ilari, all'ultimo atto il
i protagonista nell'evadere dal carcere, deve cadere dall'alto del
I
muro della piigione fulminata da una fucilata della sentineIla.
Orbene quella sera, o per un'inceppamento del fucile o per
i
un contrattempo, l'attore cadde dal muro prima &e la sentinella
lasciasse partire i
il colpo, il quale partì parecchi secondi
1:
dopo la caduta. Si levb allora dalla platea una voct a suscitare
l'ilarità degli spettatori : - L'ha ammazzato la paura l !...
Ma non per questo ci furono meno applausi.
Una sera che si rappresentava L'assasfinio di Fwld&~, si
scatenb durante lo spettacolo un temporale, come uno di quelli
che Dio manda raramente sulla terra. Vento, acqua a rovesci,
tuoni, fulmini. Il rumore della pioggia sopra alla tettoia del
teatro, non faceva udire neanche la voce degli attori. Ogni
pom un lampo, un tuono fragoroso. Si era trssfuso n& sala
una specie di sgomento, un mormorio confuso serpeggiava tra
gli spettatori; era un guardarsi a vicenda; insomma il preiudio
della paura. Ad un uatto si udi un fragore, e. sui palcoscenico
si rovescih una tromba di aqua che invd amri e cose. 11 pub
blico intravide la fine del mondo. 1 pih si alzarono indecisi, e
!
tra gridi di donne c di ragazzi la Mla si lanciò verso l'uscita.
Ma il SOY Angelo non si perdette d'animo; si mise su i'ingresso
e col suo vmione rincuoxb, esortb alla caIma, a tornare ai propri
posti, assicurando che nulla era successo. Salito quindi sul
palcoscenico spie$ l'accaduto. Il vento impetuoso aveva asportato
due o tre iarniae di zinco, e l'acqua agglomeram in quan-
1
tità sul tetto, era prcsipitata sul palmsanico, Poi il temporale
cessò, e h rappresentazione fu ripresa
Innumerevoli sarebbero gli episodi comia e addirima
grodi che pomi ricordare di questo team d'eccezione.
L.impmrio c gli attori, non si prranipvuio gran chc della
ricerca scrupolout di effetti scenici; erano scevri o tenevano poco
conto dei concetti artistici. Quello che maggiormente doveva
risahe era il £atto. Si rivangavano nitti i drammi pib tene-
brosi, con piil morti, per esaltare la fantasia dell'uditorio, il
quale per la veri&, ua pnto ad inveirg giova fipetulo, mnuo
i malvagi ed i cimvi, e ad applaudire gli mi ed i buoi
L'annuncio dde recite, era dato da manifesti saitti a
mano ed appiiclii W muri dde principali vie di Trasfevaq
nonchè, in proporzioni piò grandi, all'ingrrsao del teatro.
Si poteva hggere ad esempio:
TEATRO PIETRO COSSA
11'1,
* m -. ,L 8
.v
Questa sera alle ore 6 e 9 - Due rappresentazioni
si ciara
b spettamloso dramma in 6 atti
I: FIGLI DI NESSUNO
Capolavoro nuovo per queste scene
Seguir& 1a pantomima: La casa degli spiriti
Domani .ma replica a richimm gcnerak
Prezzi :
Gradinate 3 suldi - Platta 6 mldi
Gaìien;i ro soldi
Quel Rrplini a richicsro gnurnre, veniva aggiunto sul
manifesto, in anticipo alla pim rappresentazione, anche se la
rickics~ gmerdc non c'era &atto, c tudal pih d-va
che la direzione del T-
quasi sempre immancabile.
era certa del m c ~ dtl ,

La domenica si davano tre spettacoli, alle ore tre, sei
e nove.
Per completare la rappresentazione, il dramma era seguiro
da una pantomima buffa o seria, ove agivano alcuni sedicenti
artisti specializzati nel genere, ai suono di una musica di
ottoni (quac~btro sminfarolz). E specialmente il ~ubblico giovane
era addirittura entusiasm. Se i lavori drammatici erano curati
dalla compagnia in modo supwfide, i componenti i1 nuclo
dei mimi avevano meno scrupoli ancora. Quello che piir im-
portava e a cui si teneva maggiormente erano i grandi gesti
rimiici; in quanto a1 costumg ed a1 fabbimgno, erano posti in
seconda Bnea, tanto t vem che una volta che si rappresentava
la famosa pantomima: I gariBaldini h Grecia, e sulla scena
si doveva svolgere un feroce combattimento, i mimi compar-
vero con bastoni e scope che fungevano da fucili, e come
niente fosse questi erano portati all'altezza della spalla e gli
attori sparavano imitando i mlpi con i piedi e con ia bouia.
Ebbene i morti ed i feriti ci furono egualmente con gran diletto
degli spettatori.
Non mancavano Ie serate eccezionali date in onore del
tale o tai'altro artista, che in quell'occasione aveva facoltà di
scegliere il lavoro che riteneva il suo cavallo di battaglia. Ed
allora si poteva assistere aU9Amleto, all'O&lio, perfino al Ssnd
ed alla Morte Cim7e. Team serio insomma, dove l'attore poteva
meglio fare sfoggio delle sue doti artistiche.
Si potrebbe credere forse, che il teatro fosse il ritrovo di
ragazzi, ma si cadrebbe in errore, intere famiglie di
popolani prendevano posto nella platea e nelle gallerie, e ho
veduto io spesse volte donne ed uomini commuoversi alle vi-
cende dei Dae derelitti o di Una causd celebre.
Tutto questo può sembrare oggi una Ieggenda, ma non è
stata che una realta. In Trastevere esisteva solamente il Teatro
Pietro Cossa, e gli abitanti o per pigrizia o per indolenza, ra-
ramente si avventuravano VWEO alm teatri e per questo la sala
rigurgitava sempre.
Ricordo che d'inverno, o col freddo o con la pioggia, noi
ragazzini che difficilmente potevamo racimolare i tre soldi per
gli ultimi posti, attendevamo a ridosso del muro del Teatro o
sotto l'arco dei suo ingresso, che £asse terminato il primo atto,
perchè allora si poteva entrare con .un soldo di ribasso. @ara
era la regola. J1 gigantm impresario Angelo Tabaiielli, si
poneva su di un lato dell'ingraso, e con una mano prendeva i
due soldi e con I'altra era pronto per lo scapaccione di prammatica
che veniva in~rabilmente lanciato, ma che di rado
giungeva al segno. Noi ragazzi sapevamo ormai l'uso, e shisciavamo
a terra quasi correndo. E questo significava entrare
con lo scappelloito, il quale per il vem non era mai dato con
forza, ma quando giungeva al segno, considerata la grossa
mano del sw Angelo, era sufticimte a far dolere il capo.
Nellainterno dda sala, il frastuono, il gridio confuso, i
richiami da un punto d'altro, l'incrociarsi di parole, di dialoghi,
le voci dei venditori di canditi e di semi di zucca (h-
.scoEi~ai), il lancio di bi~cce, tutto questo era consuetudine. Sulle
gradinate spedrnente, popolate soprattutto di ragazzi, il baccano
era maggiore, ed il sur Angelo con una frusta Ea le mani,
la quale non veniva mai adoperata, col suo vdone, minacciava
a destra e sinistra, saliva e scendeva, ma sì, tenere a bada un
paio di centinaia e pih di monelli e uastcverini per giunta,
era a quel tempo un'impresa oltre& ardua addirittura impossibile;
ed all'indinzm del sor Angelo, erano emessi suoni
non del tutto melodiosi, se pur squillanti come le trombe del
Giudizio Universale; ed egli si scahanava a lanciare la sua
eterna invettiva : - Abl figlhcci di ... ca~iii ...
I1 silenzio si faceva a poco a poco con l'alzarsi del sipario.
Quanto ho narrato &eri inverosimilè, curioso per i
nostri tempi; in quarant'anni circa stah percorso tanto cammino!
Ma pure questo teatro t bene esistito, ed ha formato la
*-

soia di noi ragazzi ed anche dei grandi di quell'cpoca. ]E debbo
dire anche, che quel tatro d'eccezione, così eterogeneo, col
suo frastuono assordante, privo delle pih elementari forme
d'arte, rudimentaIe se si vuole, aveva la sua bellezza. h fondo
a a la Roma, anzi il Trastcvere d'alh. Naturalmente la di-
stanza sembra enorme se si vuol paragonare il cittadino di oggi
a1 popolano di quel tempo, e non c'è neanche da, rimpiangere
nulla di queI passato; ma io debbo confessare, che il Teatro
u Pietro Cossa >i, lo ricordo con compiacenza, non fosse altro
per& andavo ad assistere ai suoi spertacoli, con gli occhi dda
.mia giovanissima ed.
Tramonto quasi orientde a Villa Pamphdi
(foto PonCilBi)

li. .
LA FINE DI PALUZZO ASTALLI
'ultimo ramo dei Savelli che vantarono mercanti, uomini
L d'arme, governatori 'di Roma t ben quam Papi, fu
q& di Palombara che durh fino al principio del se
cab XVIII.
A tale ramo apparteneva Liberia che degli antenati m-
brava avewc conmate la fierezza e l'ostinazione, che talvolta
si tramutavano in prepotenza.
Dai tratti d&i e dali'andanira rigida, cib molto toglima
aUt sue prerogative di donna bella, e per questo Pduzzo Adli acconsentì mal voientieri alle reiterate pressioni dà f .
a fidanzarsi con Libecia che allora contava vuitotta mi. Ella
amava moltissimo I'Astalli, di qualche anno pih giovane di li
e mnto simpatico qwm mite, e pur sentendo in lui una certa
quale Mdezza, i'orgogiio che la ptrnava le dava sicurezza
che Paluzzo non poteva e non doveva M che suo.
Invece avvenne che 1 giovane un M giorno s'innamorò
follemente di Fulvia C~~BOII~.
Ah morte di Fabrizio Cianmleoni che aveva riconosciuta
per"'sua figlia Fulvk, nam da un4 sua avventura con una po-
polana, i parenti pi& prossimi dtll'estinto ch'erano tra i Savelli,
i #poi C gli Asdi diedero a Lilxria l'incarico di tutciare
e guidare la fanciulla che, educata in un collegio a Perugia,
fece ritorno a Roma sui diciassette anni, fulgida della sua h

giovinezza e ammaliante nella sua iingolare beilezza. Paluzzo
appena k vide in casa di Liberia provà un turbamento pro-
fondo di cui 13 per lì non si dette ragione. Ma non tardb a
comprendere che una violenta passione s'era irnpossessata del
SUO cuore.
S'accorw Liberia di questa turbamento? Forse. Sta di fatto
che d'allora e per qualche tempo I'Astalli non vide pia Fulvia,
che usciva di rado e che rimaneva chiusa nelle sue carnere
sotto la vigilanza di una vecchia domestica grifagna a nome
Brudenzia. La rivide nella chiesa del &h una domenica, a
Messa, e il suo animo h invaso da una tenerezza infinita. Le
si avvicinò e scambia con lei, ambra ignara, qualche trepi-
dante parola. La domenica successiva tornii a rivedala e le
parlò nuovamente, senza &e Prudenzia mostrasse di accur-
gexsene. E cod, nel mentre Liberia era a letto seguendo i1
corso di una malattia, nel tempio onusto di stucchi c di oro,
fio4 l'idillio tra Paluzzo e Fulvia.
Liberia s'aggravb d'improvviso e fu un accorrere di meclici
e di congiunti. Paluzzo Asmlli si vedeva ora di frequente du-
rante la crisi del male in casa della fidanzata e in quei tram-
busto il giovane riuscl. a incontrarsi varie volte con Fuhia e
fu in una di quelle congimiure che, eludendo la vigdanza
di Prudenzia che spesso si trovava al capezzak della padrona,
suggcllA con un bacio sulla bocca ddla giovinetta il suo ormai
infrenabile amore.
Ma Liberia guarì e durante la sua convalescenza, Pru-
denzia Ie insinu8 la varith. La Savelli non disse nulla e con-
tinua a sorridere aii'Asdi quando questi si recava a visitarla.
Trascorsero perh parecchi giorni senza che il giovane riu-
scisse a vedere Fulvia. La cerd due domeniche di seguito a1
-sh, ma inutihente. E allora, facendosi forza, chiese una
mattina a Likia :
I'.'" 1 . A,, 8
.-- Ma dov'è Fulvia? E' forse indispta?
' - Fdvh sta bene! - risp con pacatezza Liberia -.
Soltanto non sarà pih facile rivederla, e per tutti.
- Che m a vuoi dire? Che cosa sudc? -- dornandb
Pduzw I, con voce soffocata.
/ - E' che Fulvia s'E voluta rdudcrt spontaneamente
nei Monastero delk Oblatc a Tar de' Specchi.
&me
-
una veritata di pazzia si smtenh nel cervello d&
1'Astalli cke proruppe con un grido d'angoscia:
Tu, tu, & stata tu Liberia! Maledizione a te.
- M&&hc su di te! - disse Liberia con voct
fredda - che il mio .. amore s'l trasformato in odio.
' "I **+
u Sfrappone n l'atletico e popolare facdi'io di Ripa Grande
ridiva in barca il Tevere. Sulla barca v'era un psso baule;
i remi sembravano fudE ndle . . groa~e e ndoae mani del
- fa&no.
m .
Que1l"ultirno giorno di carnevale formava la gran baldoria
pei romani: si svolgwa la cwsa dei barbeti. Gia i cavalli

scalpimvano ansiosi in piazza del Popolo in attesa dell'avvio
per il Corso a raggiungere la Ripresa a piazza San Marco ove
il grande tendone gd steso doveva accogliere c fermare i'im-
ptti delle bestie.
I< Shappone ii &e wa uri fanatico della corsa, cercava di
affrettarsi per raggiungere Ripetta, legar ia barca, caricarsi il
baule sulle spalle e recarsi all'indirizzo indicatogli sperando
strada facendo di assistere almeno al passaggio degli ultimi
barberi scatenati.
Era stato Fiorello Capocci a dargli quell'incarico ed egli
non aveva potuto dir di no al nobile giovane, nonostante &e
quel giorno fosse per lui la festa attesa per un anno con desi-
derio mai sopito, tanto la corsa dei barberi tornava cara al
suo cuore di popolano.
Giunto finalmente a Ripetta le$ la barca alla colormina
di travatino e postosi sulle p~ssenti spalle il baule, s'incam-
rnhb per via dei Carbonari giungendo frettoloso sul Corso
' dopo pochi minuti.
Un vocio concitata veniva da piazza del Popolo e si d8on-
deva via via sulla folla come un'onda, folla che a stento i
dragoni tenevano a freno. I cavalli stavano per girinpe: se
ne sentiva giA i1 secco e metallico calpestio degli -li sui
selci, accompagnato dall'incitamenta e dagli urli del popolo.
E passarono i barbcri aizzati e dalla dolia t dagli aculei,
fulmini, in una pazzesca velocità. Sfrappne N, nonosmnte il
carica &e aveva addosso, si fece largo tra i curiosi, ma ad un
uatto lo si vide traballare, come se fosse a ci& costretto da WL
balzi del baule e alia fine precipith a terra. L'ultimo cavallo
gli passh sopra e con una zampata gli spaccò il cranio. Ornai
la folla si precipitava dietro i barbcri, las5ando libero quel
tratta di strada ove giaceva esanime ormai, il povero rr Sfrap
pone >i. Qualcuno c d di rialzarlo mentre qualche altro spingeva
il baule sotto il vano di un portone.
All'dba del 'giorno seguente &e gendar& scorsero il
baule sul quale sopra un camncino c'cra il seguente indirizza:
((A Fulvia Ciancaleoni, Monastero delle Oblate a Tor de'
Specchi, Contiene biancheria che invia Liberia Savelli di Pa-
lombara i>.
li mattino stesso il baule fu consegnato al Monastero.
Fulvia, sorpresa di dale invio, apri con i'aiuto di due sue com-
pagne religiose il baule nel quale, tra varia bianchda, giaceva
i! cadavere ramappito di Paluzm Astalli.
I1 mistero fu spiegato poi da Fioreuo Capocci. Amico inrimo
dl Paluzzo Astalli non aveva saputo rifiutarsi a un di lui
audace progetto. Paluzm, non potendolo altrimenti, voleva.
penetrare nel Monastero creato da Santa Francesca Romana,
dentro un baule.. Lo scmdalo sarebbe stato subito sofiwato e
pertanta il Ponttfice avrebbe sollecitato le nozze fra i 'due
giovani.
Fiordo Ca@ s'era acuirdato con Sfrappone i) senza
dirgli la verita e calcolando il tempo era sicuro che Pduzzo
Astalli sarebbe giunto vivo nel Monastero ove, per maggior
sicurezza, il carico entrava in nome di La sorte per6
aveva deciso divmenb , h : ~ ~ ,,W I ,-J&g!
;:l. . ,
Fulvia mezza impazzita dali'orrore stette tra vita e mrte
per qualche tempo e pscia, rassegnata, volle prendere il velo
e diveoth invece che di Paluzm, sposa di Dio.

vari di
AumSTo amom
CANZONE ROMANESCA

Er carnevaIetro de Ii poeti (Gidio Cesare Santtnt] ... 107
Il sor Tito (Orazio Ama4 ............ XIO
I babbioni (Ermanno Ponfi] ........... 119
Come conobbi Guido Baccelli ed Ettore Marchiafava
(Marco Pim Caroca) . ........... 124
Romani& (Lcwre Gessi) ............. 127
Novunbre (Nino Buaaz) ............. 130
......
Ritorno in Via Appia (V~fimzo Digilio) 131
U teatro cc Pietro Cossa i) di Trastevere e il sor Angelo
Tabnelìi (Il Stdci;Emlo di Tmmwe) . ..... I35 .
La fine di Paluzm Astalli (Giosr. Innmfe) ..... 143
Canzone Rom;inesca (Vmi di A. Janddo - 'Musica di
Ennio Pohino}. .............. 14
ILLUSTRAZIONI FUORI TESTO
Oivizro AMATU - R Colloquio oon le folle r.
P. PONCINI - Ostia scavi - Mosaico di fiori (foto).
Tanussa - Swdo (dibcpo).
P. PONCINI - b. Via dda Conciliazione (stato attuale) (joo).
P. POMCINI - Torre della Serpentara (bozzc~o).
P. POMCINI - Primavera nel giardino del lago di Villa Borghese (foto).
1 Romanisri fetsteggiano l'Ecc. Antonio Baldmi (fom).
FINETI - Ettore Petroiini in u Ghetanaouo n (diiegno).
E. TADOLMI - u Legionario a (s&ro).
P. PONCINI - S. Michele a Ripa (foto).
C. FONTANA - La colonna del Millennio, con nota di Ccccariur.
P. PONCINI - il Tevere verso h foce (foro).
U. Baita~awi - Fontana e Mensola del Palazzo Sacchetti (duepo).
P. PONCINI - ROBE a Villa d'Este (foto).
P. Pmcr~r - I pini dcU'Appia (foto).
P. PWW - I pini di Ostia (foto).
P. Porrurrr - Nubi primaverili sul Twtrc (foto).
Guido Baccelli al Foro Romano (foto).
P. PONCIW - Ninfec sul laghwto di Villa Doria (foto).
P. PONCWI - Tramonto quasi orientale n Vilia Pamphili (foto).
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Finito di stampare il 15 aprile r~4iWI '