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Torrenti e cascate nel cuore dell'Istria - Edit

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18<br />

sabato<br />

23 marzo 2013 RepoRtage<br />

UNA NATURALISTA<br />

A PASSEGGIO<br />

Alla ricerca dei corsi<br />

irrequieti e imprevedibili<br />

che arricchiscono il<br />

paesaggio della penisola<br />

| Il rio Bottonega<br />

| La fantastica struttura dell’alveo del torrente di Grdoselo<br />

È<br />

già da un po’ che il sole spunta più<br />

presto, annunciato dal chiacchierio<br />

ancora sommesso degli uccelletti<br />

mattinieri, intenti a riparare i loro<br />

nidi prima della stagione degli amori.<br />

Con la primavera appena iniziata, le<br />

giornate leggermente più tiepide stanno<br />

sciogliendo le ultime chiazze di neve sui<br />

monti, la cui acqua, assieme a quella<br />

delle piogge primaverili, gonfia i fiumi e<br />

i torrenti, tingendoli di splendidi colori<br />

che vanno dal verde bottiglia a tutte le<br />

sfumature del turchese. Se è vero che<br />

il Carso prima o dopo inghiotte una<br />

parte notevole delle vene che giungono<br />

al mare, esistono comunque delle aree<br />

in cui le acque scorrono imperturbate,<br />

sviluppando tutta la loro potenza,<br />

che giunge all’apice proprio in questa<br />

stagione. Una di esse è il <strong>cuore</strong> dell’Istria,<br />

dove sugli strati impermeabili del flysch<br />

cantano, borbottano o rumoreggiano corsi<br />

irrequieti, spesso intermittenti e quindi<br />

dalla potenza inaspettata, ricchi di <strong>cascate</strong><br />

piccole e grandi, tutte diverse, formate da<br />

infinite, minuscole gocce che riflettono i<br />

colori dell’arcobaleno.<br />

La... caduta del torrente Foiba<br />

Alle porte di Pisino, dopo la confluenza<br />

presso Cerreto (Cerovlje) di tre rivoli<br />

minori, il torrente Foiba (Pazinčica) cade<br />

letteralmente da un tetto naturale, sotto il<br />

quale l’acqua ha scavato una rientranza,<br />

peraltro molto amata dai rocciatori, in<br />

quanto costituisce una vera e propria<br />

sfida per chi ama questo genere di sport.<br />

È però <strong>nel</strong>l’orrido della voragine sotto<br />

il Castello che le sue acque assumono<br />

l’andamento più interessante e sicuramente<br />

più spettacolare. Scendo quindi lentamente<br />

lungo il ripidissimo sentiero che parte<br />

dal lato destro del ponticello sulla gola<br />

d’ingresso, facilitata dal fatto che più si va<br />

in basso e più fa freddo, per il fenomeno<br />

d’inversione della temperatura. Il suolo è<br />

infatti ricoperto da un potente strato di limo<br />

portato dalle acque durante l’ultima piena<br />

e fortunatamente è gelato, per cui non<br />

rende scivoloso il cammino. Comunque,<br />

lo spettacolo è estremamente inconsueto,<br />

poiché tutto il fondo, i massi, i detriti e i<br />

tronchi trascinati dalle acque sono coperti<br />

da uno strato di poltiglia solida color<br />

cioccolato.<br />

Il misterioso percorso sotterraneo<br />

La Foiba di Pisino, profonda un centinaio di<br />

metri, si trova proprio al confine tra l’Istria<br />

grigia e quella rossa, dove il flysch cede<br />

| Il torrente di Grdoselo<br />

| Le marmitte giganti sul fondo<br />

il posto al calcare permeabile. A contatto<br />

con le rocce carbonatiche, l’omonimo<br />

torrente che la percorre s’inabissa ai piedi<br />

dei roccioni rivolti a oriente; se l’imbuto<br />

non riesce a smaltirne le acque, la voragine<br />

si allaga e il livello sale repentinamente,<br />

colmando l’alveo. Questo immenso<br />

baratro fu studiato per la prima volta dallo<br />

speleologo francese Martel verso la metà<br />

del XIX secolo e a lui si deve pure il primo<br />

schizzo del percorso sotterraneo. Il torrente,<br />

una volta inabissatosi <strong>nel</strong>l’inghiottitoio,<br />

prosegue infatti attraverso un cunicolo,<br />

riversandosi in un primo vasto lago, che<br />

a sua volta è collegato a un altro bacino,<br />

scoperto <strong>nel</strong> 1975. Nonostante per anni<br />

sia stata sostenuta la teoria secondo la<br />

quale parte delle acque giunge al Canale<br />

di Leme, che Jules Verne descrive come<br />

la via di fuga seguita da Mathias Sandorf<br />

<strong>nel</strong>l’omonimo romanzo d’avventura, studi<br />

scientifici hanno provato l’esistenza di un<br />

percorso sotterraneo del tutto diverso. Il<br />

naturalista Sella (direttore dell’Istituto di<br />

Biologia marina di Rovigno dal 1924 al<br />

1943), riuscì infatti a dimostrare, marcando<br />

delle anguille, che le acque del torrente<br />

tornavano a giorno in alcuni punti del<br />

bacino dell’Arsa e soprattutto alle risorgive<br />

di Blaz.<br />

| Sopot, il più bel salto d’acqua dell’Istria<br />

<strong>Torrenti</strong> e <strong>cascate</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>cuore</strong> dell’Istria<br />

di Chiara Veranić<br />

| Un cespo di bucaneve


| Un’immagine scattata dalle rovine di Castelverde<br />

| L’inghiottitoio dove scompaiono le acque del torrente<br />

| Il lago artificiale di Bottonega<br />

Un paesaggio singolare<br />

L’antico alveo, che per milioni d’anni aveva<br />

incanalato le acque verso Leme, si andò<br />

prosciugando <strong>nel</strong> corso del sollevamento del<br />

basso e medio Pleistocene. Nel contempo, a<br />

modificarne ulteriormente l’idrografia furono<br />

anche i successivi movimenti tettonici, uniti<br />

all’erosione e alla corrosione operata dalle<br />

acque. Tutti questi fenomeni hanno plasmato<br />

un paesaggio singolare (naturalmente sotto<br />

tutela) dove anche la vegetazione segue la<br />

particolare struttura del rilievo. Sulle falde<br />

esposte al sole e ai margini dell’enorme<br />

imbuto crescono piante epimediterranee<br />

termofile, che amano quindi temperature<br />

miti. Le parti in ombra e la fascia media sono<br />

invece ricchissime di piante tipiche dei climi<br />

freddi, tra cui spiccano l’elleboro d’Istria,<br />

l’anemone epatica, la pervinca, il bucaneve e<br />

il giglio martagone. La forte umidità fa inoltre<br />

prosperare rigogliose felci e, <strong>nel</strong>la stagione<br />

propizia, moltissimi funghi che sbucano<br />

da un verde tappeto di muschi. Dalle rocce<br />

del ciglio e dalle fessure dei muri intorno al<br />

castello spuntano invece i lunghi fusti della<br />

campanula adriatica.<br />

Il meraviglioso alveo del Grdoselo<br />

Non lontano da Pisino, dall’altra parte dello<br />

spartiacque, scorre il torrente di Grdoselo,<br />

| La poltiglia gelata sul fondo della foiba di Pisino<br />

che confluendo <strong>nel</strong> rio Bottonega termina<br />

<strong>nel</strong>l’omonimo bacino artificiale. Vi si giunge<br />

a piedi scendendo alle rovine della rocca di<br />

Castelverde (Zelengrad), dalla quale si gode<br />

un’ottima vista verso la gola attraversata<br />

dalle acque. Risalendo dal fondovalle verso<br />

la sorgente si può ammirare la fantastica<br />

struttura dell’alveo, plasmata dalla corrente<br />

<strong>nel</strong> corso dei millenni. Enormi marmitte,<br />

sul cui fondo pietre ovali mosse dal turbinio<br />

dell’acqua continuano a erodere la roccia,<br />

si alternano a meandri e a piccole gole. Il<br />

terreno in discesa genera minuscole <strong>cascate</strong><br />

che si susseguono in una serie infinita. La<br />

ricca vegetazione ai lati, ancora spoglia,<br />

d’estate costituisce sicuramente una ricca oasi<br />

di verde, popolata da numerosi animali, e<br />

prova ne sono i numerosi nidi tra i rami nudi<br />

degli alberi.<br />

La vena sotto la chiesetta<br />

Per tornare al paese di Grdoselo, da cui si<br />

gode un’ottima vista del lago di Bottonega,<br />

imbocco un altro sentiero ben marcato che<br />

risale l’omonimo torrente. La gola è molto<br />

più ombrosa e quindi più umida, per cui la<br />

vegetazione è alquanto diversa. Il muschio<br />

non ricopre solo il terreno, ma pende anche<br />

dai tronchi degli alberi e degli arbusti, simile<br />

a curiose barbe verdi. Tra le foglie marce, ai<br />

sabato<br />

RepoRtage 23 marzo 2013 19<br />

| Il Castello che domina la voragine<br />

lati delle acque, sbucano miriadi di bucaneve,<br />

che stanno aprendo le corolle ai tenui raggi<br />

del sole. Piccoli ponti costruiti con tronchi<br />

d’acacia permettono di valicare le acque,<br />

seguendo il sentiero che passa continuamente<br />

da una all’altra parte del torrente. In<br />

quest’oasi di pura bellezza romantica non<br />

mancano però i segni della civiltà moderna,<br />

sotto forma di flaconi vuoti di detersivo e<br />

contenitori in plastica di varie fogge, che<br />

l’acqua ha trascinato da chissà dove. Mi<br />

fermo un attimo per tirare il fiato presso<br />

la minuscola sorgente di Malenica, a cui la<br />

tradizione popolare attribuisce proprietà<br />

medicamentose, in quanto si ritiene che la<br />

vena scorra sotto la chiesetta di S. Maria delle<br />

Lastre a Vermo (Beram). In ogni caso, l’acqua<br />

ha un ottimo sapore e spegne la gran sete che<br />

mi è venuta a causa della salita.<br />

Il più bel salto d’acqua<br />

C’è però ancora un luogo <strong>nel</strong> circondario<br />

che desidero visitare da tempo ed è la<br />

cascata di Sopot, presso il paese di Floričići,<br />

raggiungibile per mezzo del sentiero segnato<br />

che parte in discesa da Gallignana. Opto<br />

però per l’altra variante asfaltata, visto che<br />

l’ultimo tragitto fangoso e tutto in ascesa mi<br />

ha stancato parecchio. Mentre mi avvicino<br />

al torrente, ai piedi dei calanchi grigi di<br />

| Enormi lingue di cervo ricoprono i pendii della foiba<br />

| Il tetto naturale del torrente Foiba<br />

marna mista ad arenaria, noto alcuni campi<br />

di prosperoso radicchio rosso di Treviso che<br />

terminano presso un ponte in pietra. Un<br />

tempo, esso collegava i paesini a sinistra<br />

del torrente con Pedena (Pićan), ma oramai<br />

le case sono per lo più abbandonate e<br />

anche il ponticello, rifatto parecchie volte a<br />

causa delle piene, è in uno stato alquanto<br />

precario. Ciò che appare dall’altra parte è<br />

però quanto di più inaspettato ci si possa<br />

immaginare: una cascata d’una trentina di<br />

metri d’altezza precipita dalla roccia e va<br />

a cadere in un laghetto smeraldino, il cui<br />

fondo è tappezzato da pietre piatte levigate<br />

dall’acqua. La stanchezza mi passa di colpo<br />

poiché per scendere alla base devo usare<br />

le apposite corde che qualcuno ha legato<br />

provvidenzialmente ai tronchi degli alberi<br />

sovrastanti. Lo spettacolo merita la fatica<br />

impiegata, perché dal basso lo scorcio è ancor<br />

più interessante. Non a caso, quello di Sopot<br />

viene considerato il più bel salto d’acqua<br />

istriano.<br />

Con la mente colma di immagini acquee e<br />

di rumori legati al loro scorrere, non riesco<br />

a capacitarmi di quante e quali siano le<br />

bellezze di questo nostro lembo di terra e mi<br />

chiedo, chiudendo il libro di Verne prima di<br />

sprofondare in un sonno ristoratore, se mi<br />

basterà il tempo per scoprirle tutte.

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