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INTRODUZIONE<br />
CARLO EMANUELE BUGATTI<br />
CONTRIBUTO AL CINQUANTENNALE DELLA MAIL ART<br />
Continuando sulla scia di una mostra allestita con successo negli anni scorsi al Museo della <strong>mail</strong> art di Montecarotto,<br />
Anna Boschi, che è una firma storica della <strong>mail</strong> art italiana, propone ora una lettura corale della figura di Ray<br />
Johnson, operata nel cinquantennale (1962-<strong>2012</strong>), da <strong>mail</strong> artisti militanti di tante nazioni. La rete di artisti della<br />
<strong>mail</strong> art ha continuato e continua incessantemente ad ampliarsi, ramificarsi, anche inserendosi in nuovi territori<br />
delle tecnologie comunicative. Per questa mostra del cinquantennale, coordinata da Anna Boschi si tratta di una<br />
prima, in quanto la proposta espositiva, per la sua importanza e articolazione, è destinata ad essere ospitata in<br />
futuro anche in altre sedi museali.<br />
La mostra manifesta anche la perdurante vitalità del Museo della <strong>mail</strong> art di Montecarotto, che fondai nel 1984 e<br />
di cui l’Amministrazione civica mi affidò la direzione. Ricordo che i tempi neppure allora erano facili, ma erano assai<br />
migliori rispetto a quelli attuali, dominati e distrutti dalle mitologie finanziarie. Erano tempi in cui era fortemente<br />
radicato e diffuso un afflato costituzionale, basato sulla convinzione che lo sviluppo economico fosse possibile e<br />
dipendesse direttamente dallo sviluppo culturale. Quindi assai maggiore di ora era il rispetto della politica, ma<br />
anche della cosiddetta società civile nei confronti della cultura visiva. Un piccolo Comune come Montecarotto era<br />
in grado di sentirsi unito, arricchito, migliore incontrando grandi artisti come Ernesto Treccani. Gli amministratori<br />
locali si sentivano in grado di giocare la carta della fondazione di un Museo che puntava sulla documentazione<br />
alternativa della comunicazione <strong>mail</strong>artistica. Una comunicazione che, attraverso l’arte postale, appariva non solo<br />
in grado di superare i confini, unendo artisti e popoli, ma appariva anche in grado, grazie alla lezione di Ray Johnson,<br />
di contestare, con la proposta del circuito di scambio non commerciale, le contraddizioni estremistiche dell’allora<br />
appena nascente sistema economico e finanziario dell’arte e del consumismo, che avrebbe progressivamente<br />
spento, anche nella società civile, tante sensibilità e aspettative. Devo aggiungere che a me, a Stefano Schiavoni<br />
e ad altri artisti Ray Johnson appariva con il carisma del fondatore ed animatore della Correspondence School di<br />
New York. Storicizzando la sua testimonianza verbovisiva pensavamo, per esempio, alle radici futuriste, ai collage<br />
postali di Ivo P<strong>anna</strong>ggi.<br />
Il suicidio dell’artista avvenuto il 13 gennaio 1995, in circostanze misteriose, con il volo da un ponte e un tuffo nelle<br />
acque gelide del Sag Harbor, che si trova nello stato di New York, avrebbe solo aperto il capitolo della più ampia<br />
riflessione sul ruolo propositorio di Johnson, artista sofferente ed emarginato, all’interno delle dinamiche estetiche<br />
americane.<br />
Solo con la mostra sulla Pop art americana, allestita alle Scuderie del Quirinale in Roma, la notorietà di Ray Johnson<br />
ha superato i recinti, sconfinati, ma anche elitari della <strong>mail</strong> art . Due dipinti di Johnson avevano clamorosamente<br />
aperto quella riconsiderazione storica e critica della pop art americana, riconoscendo nel promotore della<br />
Corrispondence School di New York anche un protagonista assoluto di una pagina essenziale della storia dell’arte<br />
mondiale del Novecento.<br />
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