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anna boschi-mail Art 50 2012 - Boek 861

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Io penso che un modo per rendere omaggio a Ray Johnson, ed ai <strong>50</strong> anni della sua “The New York Correspondence<br />

School” sia quello di capire come e dove egli abbia lasciato il segno nella nostra cultura e quali mutamenti abbiano<br />

provocato le sue pratiche artistiche. E uno dei maggiori è senza dubbio l’aver spalancato i confini dell’arte, nel vero<br />

senso della parola, dando inizio alla <strong>mail</strong> art che grazie alla sua semplicità, gratuità e l’apparente inutilità gli ha<br />

permesso di svilupparsi al di fuori del mercato dell’arte diventando negli anni ‘80 e ’90 un fenomeno planetario<br />

di comunicazione con migliaia di artisti e semplici curiosi che praticandola hanno cambiato profondamente il loro<br />

rapporto con l’arte. Oggi, dopo tutti questi anni di esperienze, noi possiamo agire liberi in molti ambiti artistici,<br />

grazie alle sue pratiche. L’arte sociale non è più un miraggio o una vagheggiata utopia. L’artista diventa il collante<br />

di una società. La sua opera, non più materiale, elabora significati e linguaggi che interpretano i rapporti sia tra gli<br />

individui che tra le nuove tecnologie togliendo loro l’aspetto puramente meccanico o disumanizzante. Così è<br />

avvenuto con la posta, con il timbro, il francobollo, la cartolina, il fax, la fotocopia, il video, l’e-<strong>mail</strong> fino agli odierni<br />

social network, passando per la pubblicità dei giornali e per gli anonimi spazi urbani. L’artista ha lavorato con e in<br />

ognuno di questi media mettendoci la propria personalità, la propria fantasia senza chiedere niente in cambio: la<br />

gratuità è un altro segno forte di questa nuova umanità. Attraverso i piccoli ma significativi gesti concreti che<br />

nascono nella pratica della <strong>mail</strong> art l’artista si è liberato di un pesante fardello materiale ed annullato l’idea di<br />

mercificazione totale in cui si è chiusa la società contemporanea. Oggi possiamo dire di avere un grande gruppo<br />

di artisti capace di lavorare accanto e insieme alle persone per ricreare società con rapporti vivi e creativi senza<br />

l’ausilio di opere materiali o di documentazioni fotografiche né tantomeno di certificazioni! È grazie a Ray, alle sue<br />

intuizioni, alle sue pratiche, al rifiuto del mercato con le sue opere inutili e non commerciabili che noi possiamo<br />

compiere questo nuovo passo.<br />

Franco Piri Focardi<br />

Un Calembour di Ray Johnson<br />

Nel 1995, nella performance che noi organizziamo ogni anno al Pére Lachaise in onore di Raymond Roussel, abbiamo<br />

associato il nome di Ray Johnson con quello di Raymond Roussel, prima di tutto perché molti degli artisti partecipanti<br />

erano (e sono) dei <strong>mail</strong>-artisti, ma anche perché Johnson amava, come Roussel, i calembour, i paradossi, le iperboli….in<br />

una parola: i giochi di parole.<br />

Il calembour piu’ bello di Ray Johnson l’ho trovato nel testo dell’intervista da lui accordata a Henry Martin nel 1982:<br />

“The New York School – egli dice – has no history, only a present”.<br />

Cioè: La Scuola di Corrispondenza di New York non ha storia, essa ha soltanto un presente.<br />

Certamente Ray voleva significare l’importanza di praticare la <strong>mail</strong>-art nel tempo presente, in contrasto con gli<br />

artisti che fanno un mito del passato, e del loro passato o curriculum in particolare…..(Pasolini diceva: Non vale<br />

aver amato, ma amare).<br />

Ma il fatto è che “present” in inglese, come “présent” in francese, e “presente” in italiano significa anche regalo,<br />

dono, e Ray sottolineava coscientemente, con tale omonimia, il carattere fondamentale e piu’ esplosivo dell’arte<br />

postale: la gratuità e il rapporto tra <strong>mail</strong>artisti come relazione di amicizia.<br />

Gianni Broi<br />

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