INTERNATIONAL MAIL ART PROJECT 1962-<strong>2012</strong> – <strong>50</strong> YEARS OF MAIL ART in omaggio a RAY JOHNSON, dalla New York CorrespondAnce School of <strong>Art</strong> 1962-<strong>2012</strong> – <strong>50</strong> YEARS OF MAIL ART in homage to RAY JOHNSON, from the New York CorrespondAnce School of <strong>Art</strong> TESTIMONIANZE INTERNAZIONALI 400 <strong>Art</strong>isti - 37 Nazioni 3
INTRODUZIONE CARLO EMANUELE BUGATTI CONTRIBUTO AL CINQUANTENNALE DELLA MAIL ART Continuando sulla scia di una mostra allestita con successo negli anni scorsi al Museo della <strong>mail</strong> art di Montecarotto, Anna Boschi, che è una firma storica della <strong>mail</strong> art italiana, propone ora una lettura corale della figura di Ray Johnson, operata nel cinquantennale (1962-<strong>2012</strong>), da <strong>mail</strong> artisti militanti di tante nazioni. La rete di artisti della <strong>mail</strong> art ha continuato e continua incessantemente ad ampliarsi, ramificarsi, anche inserendosi in nuovi territori delle tecnologie comunicative. Per questa mostra del cinquantennale, coordinata da Anna Boschi si tratta di una prima, in quanto la proposta espositiva, per la sua importanza e articolazione, è destinata ad essere ospitata in futuro anche in altre sedi museali. La mostra manifesta anche la perdurante vitalità del Museo della <strong>mail</strong> art di Montecarotto, che fondai nel 1984 e di cui l’Amministrazione civica mi affidò la direzione. Ricordo che i tempi neppure allora erano facili, ma erano assai migliori rispetto a quelli attuali, dominati e distrutti dalle mitologie finanziarie. Erano tempi in cui era fortemente radicato e diffuso un afflato costituzionale, basato sulla convinzione che lo sviluppo economico fosse possibile e dipendesse direttamente dallo sviluppo culturale. Quindi assai maggiore di ora era il rispetto della politica, ma anche della cosiddetta società civile nei confronti della cultura visiva. Un piccolo Comune come Montecarotto era in grado di sentirsi unito, arricchito, migliore incontrando grandi artisti come Ernesto Treccani. Gli amministratori locali si sentivano in grado di giocare la carta della fondazione di un Museo che puntava sulla documentazione alternativa della comunicazione <strong>mail</strong>artistica. Una comunicazione che, attraverso l’arte postale, appariva non solo in grado di superare i confini, unendo artisti e popoli, ma appariva anche in grado, grazie alla lezione di Ray Johnson, di contestare, con la proposta del circuito di scambio non commerciale, le contraddizioni estremistiche dell’allora appena nascente sistema economico e finanziario dell’arte e del consumismo, che avrebbe progressivamente spento, anche nella società civile, tante sensibilità e aspettative. Devo aggiungere che a me, a Stefano Schiavoni e ad altri artisti Ray Johnson appariva con il carisma del fondatore ed animatore della Correspondence School di New York. Storicizzando la sua testimonianza verbovisiva pensavamo, per esempio, alle radici futuriste, ai collage postali di Ivo P<strong>anna</strong>ggi. Il suicidio dell’artista avvenuto il 13 gennaio 1995, in circostanze misteriose, con il volo da un ponte e un tuffo nelle acque gelide del Sag Harbor, che si trova nello stato di New York, avrebbe solo aperto il capitolo della più ampia riflessione sul ruolo propositorio di Johnson, artista sofferente ed emarginato, all’interno delle dinamiche estetiche americane. Solo con la mostra sulla Pop art americana, allestita alle Scuderie del Quirinale in Roma, la notorietà di Ray Johnson ha superato i recinti, sconfinati, ma anche elitari della <strong>mail</strong> art . Due dipinti di Johnson avevano clamorosamente aperto quella riconsiderazione storica e critica della pop art americana, riconoscendo nel promotore della Corrispondence School di New York anche un protagonista assoluto di una pagina essenziale della storia dell’arte mondiale del Novecento. 4