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esame di stato da augusto a napoleone a goebbels - Ablaze Project

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ESAME DI STATO<br />

Liceo Scientifico ‘Albert Einstein’<br />

Anno Scolastico 2009 – 2010<br />

Classe V sezione A<br />

PROPAGANDE<br />

DA AUGUSTO A NAPOLEONE A GOEBBELS<br />

<strong>di</strong> Federico Petrarulo


In<strong>di</strong>ce<br />

1. 1. Prefazione p. 4<br />

2. 2. Introduzione p. 5<br />

3. 3. 3. Storia delle propagande p. 6<br />

3.1. La propagan<strong>da</strong> “classica” p. 6<br />

3.1.1. L’antica Grecia: Pisistrato p. 6<br />

3.1.2. L’antica Roma: l’ambitus p. 6<br />

3.1.3. L’antica Roma: gli acta <strong>di</strong>urna p. 7<br />

3.1.4. L’antica Roma: Augusto p. 8<br />

3.1.5. L’antica Roma: la politica spettacolare p. 9<br />

3.2. Il mecenatismo rinascimentale p. 11<br />

3.2.1. La Firenze me<strong>di</strong>cea p. 11<br />

3.2.2. La Roma papale p. 12<br />

3.3. La Riforma e la Congregatio de propagan<strong>da</strong> fide p. 12<br />

3.4. La Rivoluzione americana p. 13<br />

3.5. La Francia rivoluzionaria p. 15<br />

3.5.1. Napoleone p. 15<br />

3.6. L’Imperialismo p. 16<br />

3.7. La Grande Guerra p. 19<br />

3.8. L’Unione Sovietica p. 21<br />

3.9. Il Fascismo e Mussolini p. 23<br />

3.9.1. Lavoratori e OND p. 23<br />

3.9.2. Giovani e GIL p. 24<br />

3.9.3. Ra<strong>di</strong>o e Ente EIAR p. 24<br />

3.9.4. Stampa e MinCulPop p. 27<br />

3.9.5. Cinema e LUCE p. 32<br />

3.9.6. Sport e ONB p. 33<br />

3.9.7. Donne e OMNI p. 34<br />

3.9.8. La classe intellettuale p. 34<br />

3.9.9. Manifesti p. 35<br />

3.10. Il Nazismo e Hitler p. 36<br />

3.11. La secon<strong>da</strong> guerra mon<strong>di</strong>ale p. 37<br />

3.11.1. Manifesti: Germania p. 39<br />

3.11.2. Manifesti: Stati Uniti p. 40<br />

3.11.3. Manifesti: Regno Unito p. 41<br />

3.11.4. Manifesti: Italia p. 41<br />

3.12. La Guerra Fred<strong>da</strong> p. 42<br />

2


3.12.1. George Orwell: “I confini fra arte e propagan<strong>da</strong>” p. 43<br />

3.12.2. George Orwell: “Letteratura e propagan<strong>da</strong>” p. 44<br />

3.12.3. George Orwell: “La Libertà <strong>di</strong> stampa” p. 44<br />

3.12.4. La televisione: Corea e Vietnam p. 45<br />

3.13. Le Guerre in Iraq e Afghanistan P. 47<br />

4. 4. Approfon<strong>di</strong>menti p. 49<br />

4.1. Il Capro Espiatorio p. 49<br />

4.2. Manifesti elettorali nell’Italia del dopoguerra p. 50<br />

4.2.1. Democrazia Cristiana p. 50<br />

4.2.2. Partito Comunista Italiano p. 51<br />

4.2.3. Fronte Democratico Popolare p. 51<br />

4.2.4. Movimento Sociale Italiano p. 52<br />

5. 5. Tecniche p. 53<br />

5.1. Ad Hominem p. 53<br />

5.2. Ad Nauseam p. 53<br />

5.3. Appello all’autorità p. 53<br />

5.4. Appello alla paura p. 53<br />

5.5. Appello al pregiu<strong>di</strong>zio p. 53<br />

5.6. Effetto gregge p. 53<br />

5.7. Belle persone p. 54<br />

5.8. Specchietto per le allodole p. 54<br />

5.9. Bianco e Nero p. 54<br />

5.10. Uomo Comune p. 54<br />

5.11. Deumanizzazione p. 54<br />

5.12. Or<strong>di</strong>ne Esplicito p. 54<br />

5.13. Euforia p. 54<br />

5.14. Mezza Verità p. 54<br />

5.15. Effetto carrozzone p. 54<br />

5.16. Trasferimento p. 54<br />

5.17. Semplificazione p. 55<br />

5.18. Falsa Pista p. 55<br />

5.19. Capro Espiatorio p. 55<br />

5.20. Slogan p. 55<br />

6. 6. Conclusione p. 56<br />

7. 7. Fonti p. 57<br />

7.1. Bibliografia p. 57<br />

7.2. Webgrafia p. 58<br />

7.3. Videografia p. 58<br />

3


1. Prefazione<br />

Guar<strong>di</strong>amoci intorno: la televisione, i giornali, la ra<strong>di</strong>o, i cartelloni pubblicitari in stra<strong>da</strong>, i<br />

volantini nella buca delle lettere. Cosa sono? Semplici mezzi <strong>di</strong> comunicazione o potenti mezzi<br />

per affascinare, plagiare e conquistarsi le masse? Non nascondo il mio interesse personale in<br />

materia: trovo estremamente importante e interessante conoscere i sistemi, stu<strong>di</strong>ati e collau<strong>da</strong>ti<br />

nel corso della storia, che permettono ai potenti <strong>di</strong> controllare le masse su cui esercitano il loro<br />

potere. Ritengo notevolmente importante ed utile essere in grado <strong>di</strong> riconoscere tali sistemi e<br />

<strong>di</strong>fendermi, per poter pensare liberamente, senza pressioni e influenze esterne. Parlare con un<br />

certo <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> un argomento che riguar<strong>da</strong> la politica non è facile, in quanto c’è il rischio <strong>di</strong><br />

cadere in giu<strong>di</strong>zi personali che potrebbero ledere quel grado <strong>di</strong> oggettività che intendo <strong>da</strong>re alla<br />

tesina che sto per scrivere. Detto questo, però, intendo chiarire che la mia ricerca ha l’obiettivo<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che la propagan<strong>da</strong>, oggetto della tesina, è un mezzo <strong>di</strong> conquista del consenso<br />

dell’opinione pubblica attuato <strong>da</strong> ogni ente politico (e non solo) nel corso della storia, a<br />

prescindere <strong>da</strong>l suo orientamento. Basti pensare che ha coinvolto tanto la politica <strong>di</strong> Ottaviano<br />

Augusto, il primo imperatore romano, quanto le politiche <strong>di</strong> tutte le potenze mon<strong>di</strong>ali che si<br />

sono affrontate nelle due guerre mon<strong>di</strong>ali. Preciso inoltre che, come documentato nella<br />

bibliografia al fondo, ho consultato <strong>di</strong>verse fonti per prepararmi sull’argomento, tanto virtuali<br />

(siti internet inerenti all’argomento ed enciclope<strong>di</strong>e online) quanto cartacee (enciclope<strong>di</strong>e e<br />

volumi presi in prestito in biblioteca o in possesso). La mia intenzione è quella <strong>di</strong> fornire un<br />

excursus <strong>di</strong> come la propagan<strong>da</strong> abbia caratterizzato le politiche dei potenti <strong>da</strong>ll’età classica ad<br />

oggi e <strong>di</strong> analizzare i principali meto<strong>di</strong> utilizzati nella storia per l’ottenimento del consenso<br />

dell’opinione pubblica.<br />

4


2. Introduzione<br />

“Quando entrai nel partito mi assunsi tosto la <strong>di</strong>rezione della propagan<strong>da</strong>. […] Ogni propagan<strong>da</strong><br />

dev'essere necessariamente popolare e a<strong>da</strong>ttarsi al livello intellettuale e alla capacità recettiva del più<br />

limitato <strong>di</strong> coloro ai quali è destinata. […] ogni propagan<strong>da</strong> efficace deve concretarsi in pochissimi punti e<br />

saperli sfruttare come apoftegmi affinché anche l'ultimo figlio del popolo possa formarsi un'idea <strong>di</strong> quel che<br />

si vuole. La finalità della propagan<strong>da</strong> non consiste nell'an<strong>da</strong>r contro i <strong>di</strong>ritti degli altri, ma nel mettere<br />

esclusivamente in evidenza i propri […]”<br />

Adolf Hitler, <strong>da</strong> “Mein Kampf”<br />

Compiere una ricerca <strong>da</strong> un punto <strong>di</strong> vista storico sulla propagan<strong>da</strong> è problematico, in quanto<br />

se ricercassimo nel passato quella che noi oggi nel XXI secolo definiamo propagan<strong>da</strong> ci<br />

troveremmo <strong>di</strong> fronte ad un qualcosa <strong>di</strong> completamente <strong>di</strong>verso, con caratteristiche<br />

completamente <strong>di</strong>fferenti. I Greci, i Romani e popoli ancora più antichi utilizzavano brevi<br />

narrazioni, poesie, simboli religiosi, monumenti e altri mezzi <strong>di</strong> comunicazione per motivare<br />

le loro forze armate o per demoralizzare quelle nemiche. Già nel V secolo a.C. il filosofo<br />

militare cinese Sun Tzu (in cinese 孫子; 544 a.C. – 496 a.C.) parlava <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tecniche per<br />

lottare contro la morale e <strong>di</strong>struggere la volontà del nemico <strong>di</strong> combattere.<br />

“Vincere il nemico senza bisogno <strong>di</strong> combattere, questo è il trionfo massimo.”<br />

Sun Tzu, <strong>da</strong> “L’Arte della Guerra”<br />

Da sempre, <strong>da</strong> quando gli uomini si sono organizzati in comunità, si sono ritrovati nella<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> dover scegliere una persona o un organo che li governasse. Magari non<br />

esplicitamente, ma certamente il consenso dell’opinione pubblica è <strong>stato</strong> essenziale per ogni<br />

governo. Per ottenere il consenso delle masse, chi detiene il potere ha utilizzato i meto<strong>di</strong> più<br />

<strong>di</strong>versi a secon<strong>da</strong> del periodo storico, <strong>da</strong>ll’arte sfruttata <strong>da</strong> Ottaviano Augusto per migliorare la<br />

sua immagine ai manifesti delle guerre mon<strong>di</strong>ali.<br />

E’ un qualcosa <strong>di</strong> invisibile, che agisce a livello emotivo e <strong>di</strong> subconscio, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile <strong>da</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare, definire e, dunque, controllare. E’ un qualcosa <strong>di</strong> estremamente mutevole, che varia<br />

notevolmente nello spazio e nel tempo: un messaggio propagan<strong>di</strong>stico <strong>di</strong> duecento anni fa, ad<br />

esempio, non avrebbe nessuna possibilità <strong>di</strong> successo oggi, così come una propagan<strong>da</strong> che oggi si<br />

sviluppa in Oriente non potrebbe funzionare qui, in Italia. Ad ogni periodo e ad ogni luogo<br />

(quin<strong>di</strong> ad ogni cultura, ad ogni tra<strong>di</strong>zione, ad ogni modo <strong>di</strong> pensare) corrispondono <strong>di</strong>verse<br />

tecniche e <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> applicare la propagan<strong>da</strong>. E’ un qualcosa che entra in un rapporto<br />

<strong>di</strong>retto con la struttura sociale in cui si sviluppa, che altera le nostre percezioni della realtà.<br />

5


3. Storia delle Propagande<br />

Prima <strong>di</strong> iniziare, ritengo necessario definire subito la <strong>di</strong>fferenza tra propagan<strong>da</strong> bianca, grigia<br />

e nera, concetti essenziali per capire tutto il <strong>di</strong>scorso storico. La <strong>di</strong>stinzione si basa sulla<br />

maggiore o minore trasparenza della fonte e sulla chiarezza del messaggio propagan<strong>da</strong>to: se sono<br />

entrambi chiari, si parla <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> bianca; se invece il mittente può non essere chiaramente<br />

identificabile e il messaggio può non avere una sola chiave <strong>di</strong> lettura, la propagan<strong>da</strong> è definita<br />

grigia; mentre se il mittente è incerto e il messaggio risulta in contrasto con la realtà, si parla <strong>di</strong><br />

propagan<strong>da</strong> nera.<br />

3.1 La propagan<strong>da</strong> “classica”<br />

Chiaramente più si va in<strong>di</strong>etro nel tempo, più è <strong>di</strong>fficile fare una ricerca storica: i documenti e le<br />

fonti <strong>di</strong>ventano sempre meno numericamente e meno certe. Ciononostante si può certamente<br />

pensare che la propagan<strong>da</strong> fosse <strong>di</strong>ffusa anche nei tempi più lontani, come efficace strumento <strong>di</strong><br />

potere che agisce sulle menti <strong>di</strong> chi bisogna conquistare.<br />

3.1.1 L’antica Grecia: Pisistrato<br />

Il primo esempio documentato <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> è quello delle polis greche tra il VIII e il VI secolo<br />

a.C. Qui i tiranni, per ottenere e consoli<strong>da</strong>re il potere, dovettero far leva sulle masse popolari<br />

per gua<strong>da</strong>gnarsi rispetto, fiducia e fedeltà e per far sì che le loro virtù venissero apprezzate o per<br />

lo meno riconosciute. Una delle personalità più carismatiche <strong>di</strong> questo periodo fu senz’altro<br />

quella <strong>di</strong> Pisistrato (Brauron, 600 – 527 a.C.). Questi fu tiranno <strong>di</strong> Atene <strong>da</strong>l 561 al 555 e <strong>da</strong>l<br />

549 al 528 a.C., era <strong>di</strong>scendente <strong>di</strong> Solone (Atene, 638 a.C. – Atene, 558 a.C.) <strong>da</strong> parte <strong>di</strong><br />

madre; un’invi<strong>di</strong>abile eloquenza gli consentì <strong>di</strong> utilizzare ogni mezzo che aveva a <strong>di</strong>sposizione<br />

per la sua campagna propagan<strong>di</strong>stica che lo rese influente non solo sulla città <strong>di</strong> cui era tiranno<br />

(Atene) ma anche oltre i confini. Si schierò <strong>da</strong>lla parte dei poveri ed ottenne il loro appoggio<br />

politico. La figura <strong>di</strong> Pisistrato è molto simile a quella degli uomini politici più recenti e<br />

coerente con l’attuale definizione <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong>: l’uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi mezzi <strong>di</strong> comunicazione per<br />

promuovere un solo messaggio, la strumentalizzazione delle credenze popolari, la propagan<strong>da</strong><br />

sia interna che esterna (estera) e l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un nemico “comune”.<br />

3.1.2 L’antica Roma: l’ambitus<br />

La propagan<strong>da</strong> elettorale rivestiva un ruolo molto importante nella Roma pre-imperiale. Veniva<br />

definita con il termine “ambitus” (“l’an<strong>da</strong>re in giro per mene elettorali”, “ricerca <strong>di</strong> favori”), era<br />

un vero e proprio percorso elettorale, volto alla sollecitazione <strong>di</strong>retta dei citta<strong>di</strong>ni.<br />

Il voto a Roma fu espresso per molto tempo per via orale e dunque palesemente. Gli elettori<br />

venivano chiamati in or<strong>di</strong>ne alfabetico e <strong>di</strong>chiaravano la loro scelta <strong>da</strong>vanti ad un funzionario<br />

(chiamato rogator) che prendeva nota delle risposte su una tabula dove segnava un punto<br />

(punctum) accanto al nome in<strong>di</strong>cato ad ogni voto ottenuto; alla fine delle votazioni, comunicava<br />

i risultati al presidente.<br />

6


Col tempo cominciò ad affiancarsi alla propagan<strong>da</strong> fatta in proprio <strong>da</strong>i can<strong>di</strong><strong>da</strong>ti quella<br />

condotta per loro conto <strong>da</strong>i “comitati elettorali” formati <strong>da</strong>i rispettivi sostenitori. Nacque la<br />

propagan<strong>da</strong> elettorale scritta, con l’impiego dei programmata (“manifesti” o “annunci”) <strong>di</strong>pinti<br />

sui muri. Questa era attuata <strong>da</strong>i cosiddetti<br />

scriptores, che solitamente si occupavano <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>pingere avvisi <strong>di</strong> spettacoli, ven<strong>di</strong>te e aste.<br />

Molti lavoravano <strong>da</strong> soli, altri insieme a<br />

piccole squadre delle quali potevano far<br />

parte un dealbator (l’imbianchino), uno<br />

scalanus (il “portascala”), un lanternarius<br />

(il “lanternaio”) e un generico adstans<br />

(l’assistente).<br />

Non pare che ci fosse uno spazio apposito e<br />

legale per <strong>di</strong>pingere i “manifesti”: è dunque<br />

Manifesti Elettorali <strong>di</strong> Pompei<br />

ipotizzabile che ogni muro della città<br />

potesse <strong>di</strong>ventare pre<strong>da</strong> degli scriptores. I manifesti dovevano addensarsi lungo le vie più<br />

importanti e nei luoghi più frequentati, come i mercati, le piazze, senza riservare troppo rispetto<br />

ai monumenti e agli e<strong>di</strong>fici pubblici.<br />

Non sono però rimaste tracce, a Roma, <strong>di</strong> questi manifesti elettorali, <strong>da</strong>ta la loro deperibilità,<br />

anche perché <strong>da</strong>ll’età imperiale essi non saranno più necessari. Millecinquecento manifesti<br />

elettorali sono stati invece trovati negli scavi <strong>di</strong> Pompei, sebbene non si siano conservati<br />

benissimo: è una documentazione unica, che può essere considerata vali<strong>da</strong> anche per Roma,<br />

sebbene quelle pompeiane fossero semplici elezioni locali, “municipali”.<br />

3.1.3 L’antica Roma: gli acta <strong>di</strong>urna<br />

Ciò che però <strong>di</strong>fferenzia maggiormente la propagan<strong>da</strong> dell’antica Grecia <strong>da</strong> quella moderna sta<br />

nella presenza, oggi, dell’informazione. Questa emergerà per la prima volta nel mondo latino:<br />

Giulio Cesare (Roma, 101 a.C. – Roma, 44 a.C.) sfrutterà l'informazione per promuovere la<br />

grandezza <strong>di</strong> Roma; lo farà con gli “Acta Diurna populi Romani” (conosciuti semplicemente<br />

come “Acta Diurna”), delle gazzette quoti<strong>di</strong>ane contenenti un resoconto autorizzato degli<br />

eventi accaduti a Roma (l’emanazione <strong>di</strong> e<strong>di</strong>tti imperiali, del Senato, dei magistrati; annunci <strong>di</strong><br />

nascite, matrimoni e morti). La nascita degli Acta Diurna si attribuisce a Cesare stesso, che per<br />

primo <strong>di</strong>spose la pubblicazione degli atti del popolo, stilati giorno per giorno, ed esposti in un<br />

luogo pubblico su una tavola bianca. Dopo essere rimasti esposti per un ragionevole lasso <strong>di</strong><br />

tempo, gli Acta Diurna venivano rimossi per essere conservati insieme ad altri documenti<br />

pubblici, così <strong>da</strong> poter rimanere <strong>di</strong>sponibili per future ricerche. Agli Acta Diurna, sotto i quali si<br />

nascondeva chiaramente un intento propagan<strong>di</strong>stico, seguirà una propagan<strong>da</strong> più evidente,<br />

fatta <strong>di</strong> lo<strong>di</strong> e adulazioni all’imperatore che le faranno però perdere efficacia in quanto, come la<br />

storia testimonia, la propagan<strong>da</strong> incide <strong>di</strong> più quando riesce a mascherarsi sotto le sembianze <strong>di</strong><br />

un’informazione libera e in<strong>di</strong>pendente.<br />

7


3.1.4 L’antica Roma: Augusto<br />

Uno dei primi esempi <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> è quello attuato <strong>da</strong>l primo imperatore romano, Ottaviano<br />

Augusto (Roma, 63 a.C. – Nola, 14 d.C.); la sua politica fu rivoluzionaria: riformò il cursus<br />

honorum <strong>di</strong> tutte le principali magistrature della Roma imperiale, riformò il sistema<br />

amministrativo introducendo nuove colonie e municipi che resero ancora maggiore l’autorità<br />

dell’impero nel Me<strong>di</strong>terraneo, riorganizzò gli eserciti e intensificò la protezione dei confini<br />

imperiali, ma non solo. Uno dei suoi principali obbiettivi fu l’ottenimento del consenso<br />

dell’opinione pubblica; a questo fine, con l’aiuto del generale e successivamente genero Marco<br />

Vipsanio Agrippa (63 a.C. circa – 12 a.C.), promosse la costruzione ed il restauro <strong>di</strong> numerosi<br />

e<strong>di</strong>fici a Roma, simboli dello splendore e della potenza della Roma imperiale. Augusto, inoltre,<br />

attuò una politica più attenta ai bisogni delle classi sociali più povere, spesso elargendo<br />

gratuitamente grano e costruendo opere pubbliche, come quelle <strong>di</strong> Agrippa.<br />

Il Principe riponeva gran<strong>di</strong> attenzioni e importanza sull’arte, come faranno anche i Me<strong>di</strong>ci 1 , i<br />

papi rinascimentali 2 e Napoleone 3 : voleva renderla portavoce della sua nuova concezione <strong>di</strong><br />

impero e del suo programma <strong>di</strong> ritorno alle mores antiqui, le<br />

tra<strong>di</strong>zioni degli antichi. Se negli anni precedenti al suo<br />

governo la letteratura era stata caratterizzata <strong>da</strong> una libertà<br />

intellettuale espressa <strong>da</strong> autori come Cicerone (Arpinum<br />

106 a.C. – Formiae, 43 a.C.), Lucrezio (Campania, 98/96<br />

a.C. – Roma, 55/53 a.C.), Catullo (Verona, 84 a.C. – Roma,<br />

54 a.C.) e Cesare stesso, nei primi anni del governo <strong>di</strong><br />

Augusto la precarietà della repubblica aveva creato un<br />

grande e importante senso <strong>di</strong> sconforto tra i letterati che<br />

faticavano a prendere posizioni a riguardo. Gli Epo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Orazio (Venosa, 65 a.C. – Roma, 8 a.C.) e le Bucoliche <strong>di</strong><br />

Virgilio (Andes, 70 a.C. – Brin<strong>di</strong>si, 19 a.C.) testimoniano<br />

un senso <strong>di</strong> impotenza nei confronti dello sviluppo dello<br />

<strong>stato</strong> e <strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione nei confronti dell’inse<strong>di</strong>amento<br />

del nuovo regime. Orazio, ad esempio, ipotizza <strong>di</strong> lasciare Roma e <strong>di</strong>rigersi verso le Isole<br />

Fortunate, un luogo ideale come l’Arca<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Virgilio, senza guerre e preoccupazioni.<br />

Una secon<strong>da</strong> fase per la letteratura inizia dopo le guerre civili del 31 a.C., quando il desiderio <strong>di</strong><br />

una pace eterna comincia a prevalere sull’ottica <strong>di</strong> conquista tipica, fino a quel momento, <strong>di</strong><br />

Roma. Comincia quin<strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> lento processo <strong>di</strong> adesione alla politica augustea <strong>da</strong> parte<br />

dei più importanti letterati dell’epoca, come i già citati Orazio e Virgilio ed altri come Properzio<br />

(Assisi, 50 a.C. – 15 a.C.) e Livio (Patavium, 59 a.C. – 17 d.C.). Ciò fu favorito <strong>da</strong>ll’entrata in<br />

scena <strong>di</strong> una nuova e importante figura, quella <strong>di</strong> Gaio Cilnio Mecenate (Arezzo, 68 a.C. circa<br />

– 8 a.C.). Egli, dotato <strong>di</strong> grande carisma e personalità, <strong>di</strong>venne ben presto uno degli uomini<br />

più fi<strong>da</strong>ti <strong>di</strong> Augusto e suo consigliere: suo compito era quello <strong>di</strong> manifestare attraverso l’arte<br />

1 cfr. capitolo 3.2.1<br />

2 cfr. capitolo 3.2.2<br />

3 cfr. capitolo 3.5.1<br />

Ottaviano Augusto<br />

8


l’ideologia <strong>di</strong> Augusto. Ben presto <strong>di</strong>venne un vero e proprio me<strong>di</strong>atore tra Augusto e i<br />

letterati che raccolse nel suo circolo (Virgilio, Orazio e Properzio e altri), <strong>di</strong>ventando loro<br />

protettore e amico. Orazio scrive <strong>di</strong> lui, negli Epo<strong>di</strong>:<br />

Ibis Liburnis inter alta navium,<br />

amice, propugnacula,<br />

paratus omne Caesaris periculum<br />

subire, Maecenas, tuo<br />

Andrai su navi leggere, amico,<br />

fra alte torri <strong>di</strong> navi,<br />

pronto ad affrontare col tuo rischio, Mecenate,<br />

ogni rischio <strong>di</strong> Cesare.<br />

Tito Livio, Virgilio e Orazio, con la loro propagan<strong>da</strong> dell'imperator, si preoccuparono <strong>di</strong><br />

enfatizzare le imprese <strong>di</strong> Augusto in modo <strong>da</strong> conferirgli autorità e prestigio. Ciononostante,<br />

risulta chiaro che Augusto fosse un uomo capace <strong>di</strong> manipolare l'opinione <strong>di</strong> un popolo e<br />

utilizzare ogni situazione per il raggiungimento dei propri fini. Furono, comunque, molto utili<br />

alla causa <strong>di</strong> Augusto, gli scrittori che seguirono con partecipazione le sue gesta.<br />

3.1.5 L’antica Roma: la politica spettacolare<br />

Gli spettacoli a Roma, già in età repubblicana, ma ancor più in età imperiale, avevano un ruolo<br />

importantissimo: erano l’unico momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo tra citta<strong>di</strong>ni e potere. Erano<br />

sponsorizzati <strong>da</strong>ll’evergete, il benefattore pubblico, che poteva essere <strong>di</strong> volta in volta il principe,<br />

un senatore, un magistrato o un ricco commerciante. Gradualmente gli spettacoli assunsero la<br />

funzione <strong>di</strong> sostituire l’attività politica, i comizi, le assemblee, i <strong>di</strong>battiti nel foro: questo anche<br />

perché in età imperiale le possibilità <strong>di</strong> un citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> intervenire nell’ambiente politico<br />

romano erano assai ridotte. Il citta<strong>di</strong>no, <strong>da</strong> membro della res pubblica, <strong>di</strong>venta<br />

progressivamente un sud<strong>di</strong>to del principe e dell’impero. Da partecipante attivo dell’assemblea, il<br />

citta<strong>di</strong>no romano <strong>di</strong>venta uno spettatore passivo, che si reca nell’anfiteatro ad ammirare gli<br />

spettacoli, pure <strong>di</strong>mostrazioni della forza e della grandezza <strong>di</strong> Roma e della potenza<br />

dell’evergete.<br />

Erano pericolose corse coi carri, battaglie <strong>di</strong> gla<strong>di</strong>atori all’ultimo sangue, combattimenti contro<br />

animali feroci, ricostruzioni <strong>di</strong> battaglie memorabili, come quelle puniche e quelle contro i<br />

Galli. Venivano offerte violenza, morte, oscenità, stupri, incesti, adulteri come spettacoli: lo<br />

spettatore osservava queste scene <strong>da</strong> una posizione esterna provando piacere senza essere<br />

coinvolto nell’azione. Di qui la fortuna degli spettacoli <strong>di</strong> Roma e dei principali centri urbani<br />

dell’Impero: si crea un rapporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza tra l’evergete e lo spettacolo, quest’ultimo<br />

<strong>di</strong>venta il segno del consenso al potere politico che il benefattore impersona e rappresenta. Non<br />

è un caso che gli imperatori dell’età giulio-clau<strong>di</strong>a e dei Flavi intensificarono notevolmente il<br />

programma degli spettacolari in ogni situazione <strong>di</strong> considerevole importanza politica: Nerone<br />

ad esempio aumentò il numero <strong>di</strong> spettacoli subito dopo il matrici<strong>di</strong>o. Ecco alcune<br />

testimonianze.<br />

9


“Istituì dei giochi denominati Giovenali, a cui si iscrisse una gran folla <strong>di</strong> partecipanti. E a nessuno <strong>di</strong> questi<br />

né nobiltà né l’età né a <strong>di</strong>gnità delle cariche rivestite impedì <strong>di</strong> praticare l’arte <strong>di</strong> un istrione greco o romano<br />

o <strong>di</strong> degra<strong>da</strong>rsi in gesti e canti indecorosi per un uomo. Anche matrone <strong>di</strong> illustre casato si preparavano a<br />

esibirsi in ruoli osceni e, vicino al bosco che Augusto aveva fatto piantare attorno al lago della naumachia,<br />

sorsero luoghi <strong>di</strong> ritrovo e taverne in cui era messa in ven<strong>di</strong>ta ogni cosa atta a eccitare la lussuria. Si<br />

<strong>di</strong>stribuivano anche denari, che gli onesti spendevano per necessità e i corrotti per ostentazione. Infamie e<br />

scelleratezze non conoscevano più alcun freno e ai nostri costumi già <strong>da</strong> tempo corrotti nulla mai aggiunse<br />

tanta <strong>di</strong>ssolutezza quanto quel branco <strong>di</strong> depravati”<br />

Tacito (Annales, XIV, 15)<br />

“Verso mezzogiorno sono capitato per caso a uno spettacolo; mi attendevo qualche scenetta comica, qualche<br />

battuta spiritosa, un momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stensione che desse pace agli occhi dopo tanto sangue. Tutto al<br />

contrario: <strong>di</strong> fronte a questi i combattimenti precedenti erano atti <strong>di</strong> pietà; ora niente più scherzi, ma veri<br />

e propri omici<strong>di</strong>. I gla<strong>di</strong>atori non hanno nulla con cui proteggersi; tutto il corpo è esposto ai colpi e questi<br />

non vanno mai a vuoto. La gente per lo più preferisce tali spettacoli alle coppie normali <strong>di</strong> gla<strong>di</strong>atori o a<br />

quelle su richiesta del popolo. E perché no? Non hanno elmo né scudo contro la lama. Perché schermi<br />

protettivi? Perché virtuosismi? Tutto ciò ritar<strong>da</strong> la morte. Al mattino gli uomini sono gettati in pasto ai<br />

leoni e agli orsi, al pomeriggio ai loro spettatori. Chiedono che gli assassini siano gettati in pasto ad altri<br />

assassini e tengono in serbo il vincitore per un'altra strage; il risultato ultimo per chi combatte è la morte; i<br />

mezzi con cui si procede sono il ferro e il fuoco. E questo avviene mentre l'arena è vuota. "Ma costui ha<br />

rubato, ha ammazzato". E allora? Ha ucciso e perciò merita <strong>di</strong> subire questa punizione: ma tu, povero<br />

<strong>di</strong>avolo, <strong>di</strong> che cosa sei colpevole per meritare <strong>di</strong> assistere a questo spettacolo?”<br />

Seneca (Epistole, XII, 3-4)<br />

“C'è uno che voglia tener lontano l'orecchio della sua figliuola ancora fanciulla, <strong>da</strong> ogni cosa che possa sonare<br />

corruzione e vergogna? Ebbene, invece, pur secondo quel principio, si vedrà che la condurrà in teatro ad<br />

ascoltare parole e a veder gesti che non rispondono ad una linea <strong>di</strong> educazione sana ed onesta; e chi in aperta<br />

piazza cerca <strong>di</strong> comporre violenza <strong>di</strong> lite o che ha per essa parola <strong>di</strong> con<strong>da</strong>nna, si vedrà poi che nello sta<strong>di</strong>o<br />

assisterà a gare e a contrasti più cruenti e ben più gravi. Avverrà che colui che non potrà senza profon<strong>da</strong><br />

impressione guar<strong>da</strong>re un ca<strong>da</strong>vere <strong>di</strong> persona, defunta per morte naturale, quello stesso, invece, in pieno<br />

anfiteatro, fisserà i suoi occhi, tranquilli e impassibili su quei corpi straziati, quasi fatti a pezzi, che nuotano<br />

nel loro stesso sangue. Si può <strong>da</strong>re il caso che uno si rechi ad assistere ad uno spettacolo, riconoscendo giusta la<br />

pena che viene inflitta ad un omici<strong>da</strong>; ma avverrà nello stesso modo che costui costringa il gla<strong>di</strong>atore, che<br />

pur non vorrebbe, a furia <strong>di</strong> sferzate e <strong>di</strong> battiture, alla stessa forma <strong>di</strong> omici<strong>di</strong>o che egli stesso ha prima<br />

con<strong>da</strong>nnato. E chi richiede che sia lasciato in pasto ad una belva quegli che ha più volte <strong>da</strong>to crudelmente la<br />

morte, il medesimo potrà poi arrivare a chiedere che le insegne <strong>di</strong> un ben meritato riposo siano concesse a<br />

quello stesso gla<strong>di</strong>atore ar<strong>di</strong>to e crudele; qualora riesca vincitore <strong>da</strong>lla lotta e può essere anche che si abbia<br />

senso <strong>di</strong> compassione verso colui, alla vita del quale <strong>da</strong> lontano si imprecò e <strong>di</strong> cui si desiderò la morte: e se ciò<br />

non fu, noi non lo potremmo attribuire ad altro senso, che a maggiore fierezza e crudeltà.”<br />

Tertulliano (De Spectaculis, XXI, 2-4)<br />

10


3.2 Il mecenatismo rinascimentale<br />

Dal nome del consigliere <strong>di</strong> Augusto, il termine “mecenate” passa ad in<strong>di</strong>care per<br />

antonomasia un ricco e generoso protettore <strong>di</strong> artisti, che finanzia lo sviluppo delle arti. La<br />

figura del mecenate prende forma ed assume importanza <strong>da</strong>l Rinascimento. Come Augusto, i<br />

signori rinascimentali attuano una politica mirata all’ottenimento del favore popolare. In<strong>di</strong>cono<br />

feste, giochi, giostre, tornei; si adoperano per la creazione <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici pubblici e credono, come già<br />

avveniva nell’antica Roma e come avverrà anche nella Roma<br />

papale, che tanto più la loro città si mostra grande e magnifica,<br />

tanto più il loro potere sarà forte e solido. Si crea così<br />

all’interno della corte rinascimentale il luogo ideale per la<br />

cultura e per i letterati; attorno alla figura del Signore viene a<br />

crearsi un circolo <strong>di</strong> artisti, scrittori e filosofi che assicurano<br />

fama e gloria al Signore in cambio <strong>di</strong> protezione, con<strong>di</strong>zione a<br />

tratti accettata, a tratti subita.<br />

3.2.1 La Firenze me<strong>di</strong>cea<br />

L’esempio più rappresentativo è la Firenze <strong>di</strong> Cosimo il<br />

Vecchio de’ Me<strong>di</strong>ci (Firenze, 1389 – Careggi, 1464) e del<br />

nipote Lorenzo il Magnifico (Firenze, 1449 – Firenze, 1492)<br />

attorno ai quali si radunarono personalità del calibro <strong>di</strong><br />

Sandro Botticelli (Firenze, 1445 – Firenze, 1510), Pico della Mirandola (Mirandola, 1463 –<br />

Firenze, 1494), Marsilio Ficino (Figline Val<strong>da</strong>rno, 1433 – Careggi, 1499) e Luigi Pulci (Firenze,<br />

15 agosto 1432 – Padova, 11 novembre 1484).<br />

Cosimo de’ Me<strong>di</strong>ci, detto il Vecchio, fu <strong>di</strong> fatto il primo signore <strong>di</strong> Firenze, benché in realtà non<br />

gli sia mai <strong>stato</strong> assegnato tale titolo; uomo estremamente colto, fu uno dei primi Signori a<br />

finanziare le arti, circon<strong>da</strong>ndosi <strong>di</strong> letterati e umanisti. Il suo mecenatismo fu per lui una forte<br />

arma politica: costringeva così la città a parlare <strong>di</strong> lui, facendo sì che essa fosse riconoscente e<br />

debitrice nei suoi confronti. Lorenzo de’ Me<strong>di</strong>ci, detto il Magnifico, figlio <strong>di</strong> Piero e nipote <strong>di</strong><br />

Cosimo, ottenne il potere su Firenze dopo la morte del padre. Dotato <strong>di</strong> grande intelletto e<br />

astuzia, fu in grado <strong>di</strong> assicurarsi il potere sulla città privando le magistrature comunali <strong>di</strong><br />

autonomia, senza però intaccare il favore del popolo. Egli, tuttavia, non fu solo un uomo <strong>da</strong>l<br />

grande estro politico, ma anche un artista ed un poeta.<br />

Dalla più alta stella<br />

Disceso è in terra un <strong>di</strong>vino splendore,<br />

Gloriosa Regina,<br />

Vergine e sposa, madre del Signore:<br />

O luce mattutina<br />

Felice chi s'inchina<br />

A questa santa madre onesta e pia.<br />

(Lorenzo de’ Me<strong>di</strong>ci, Alla Vergine)<br />

Lorenzo de’ Me<strong>di</strong>ci<br />

11


La corte dei Me<strong>di</strong>ci, insomma, riuscì a riunire a Firenze i migliori artisti, architetti, filosofi,<br />

letterati e umanisti dell’epoca. Ma il fenomeno ben presto si propagherà nell’intera penisola<br />

italiana: i papi a Roma e i vari principi si trasformeranno in gran<strong>di</strong> patroni delle arti.<br />

3.2.2 La Roma papale<br />

L’influenza umanista passò per osmosi <strong>da</strong> Firenze a Roma, attraverso tutti i principati italiani.<br />

Le trasformazioni ideologiche della Roma papale quattrocentesca furono evidentissime, tanto<br />

che attirarono nella Città Eterna un numero esorbitante <strong>di</strong> artisti e umanisti, chiamati <strong>da</strong>i<br />

papi a restaurare, decorare e costruire chiese e palazzi, nell’intenzione <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>segnare la città<br />

affinché tornasse ad essere la più imponente del mondo. Masaccio (Castel San Giovanni, 1401<br />

– Roma, 1428), Brunelleschi (Firenze, 1377 – Firenze, 1446), Donatello (Firenze, 1386 –<br />

Firenze, 1466), Leon Battista Alberti (Genova, 1404 – Roma, 1472), Raffaello (Urbino, 1483 –<br />

Roma, 1520), Bramante (Fermignano, 1444 – Roma, 1514) e Michelangelo (Caprese<br />

Michelangelo, 1475 – Roma, 1564) furono i principali artefici <strong>di</strong> questa trasformazione.<br />

Il primo tra i papi rinascimentali che comprese quanto fosse importante per Roma un nuovo<br />

assetto urbanistico fu Martino V (nato Ottone Colonna; Genazzano, 1368 – Roma, 1431). A<br />

Roma agli inizi del ‘400 l’e<strong>di</strong>lizia e le strade erano in uno <strong>stato</strong> pietoso: Martino V ria<strong>da</strong>ttò e<br />

mo<strong>di</strong>ficò molti e<strong>di</strong>fici già esistenti, come il Mausoleo <strong>di</strong> Adriano che <strong>di</strong>venne Castel<br />

Sant’Angelo, il Palazzo dei Conservatori sul Campidoglio, allargò e regolarizzò la piazza del<br />

Pantheon ed iniziò la costruzione <strong>di</strong> Palazzo Colonna. Il vero inizio dell’apertura della Chiesa<br />

alla filosofia umanistica si ha con la fine del pontificato <strong>di</strong> papa Niccolò V (nome <strong>da</strong> pontefice<br />

<strong>di</strong> Tommaso Parentucelli; Sarzana, 1397 – Roma, 1455), che <strong>di</strong>ede un nuovo impulso al<br />

riassetto <strong>di</strong> Roma, grazie ad interventi in San Pietro e all’inizio della costruzione della cittadella<br />

nel Vaticano. Egli è ricor<strong>da</strong>to per il famoso <strong>di</strong>scorso che fece ai car<strong>di</strong>nali sul letto <strong>di</strong> morte, che<br />

<strong>da</strong> il via a quella sorta <strong>di</strong> alleanza tra Chiesa e arti che sancisce il primato culturale della Roma<br />

rinascimentale.<br />

“Noi sentiamo che soltanto coloro che sono versati negli stu<strong>di</strong> possono comprendere quale cosa grande sia la<br />

Chiesa <strong>di</strong> Roma. Il volgo invece… occorre che sia colpito <strong>da</strong>lla grandezza <strong>di</strong> qualche opera materiale che si<br />

imponga per la sua magnificenza… e che agli insegnamenti dei dotti si aggiunge la conferma della<br />

gran<strong>di</strong>osità degli e<strong>di</strong>fici, <strong>di</strong> monumenti in qualche guisa perpetui, testimonianze che sembrano quasi opera<br />

dello stesso Dio…”<br />

3.3. La Riforma e la Congregatio de propagan<strong>da</strong> fide<br />

Chi fece largo uso dei mezzi <strong>di</strong> comunicazioni all’epoca <strong>di</strong>sponibili fu la Riforma Protestante:<br />

la sua campagna propagan<strong>di</strong>stica fu basata sulla <strong>di</strong>ffusioni <strong>di</strong> libelli, volantini, testi, pamphlet<br />

e libri <strong>di</strong> qualsiasi genere. Gli opuscoli sono stati una delle più comuni forme <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong><br />

durante il periodo della Riforma, <strong>di</strong> solito contavano <strong>da</strong>lle otto alle se<strong>di</strong>ci pagine ed erano<br />

relativamente piccoli e semplici <strong>da</strong> nascondere alle autorità, il che le rese molto utili ai<br />

riformatori le cui idee non furono mai accettate <strong>da</strong>lla Curia romana. La maggior parte <strong>di</strong> questi<br />

opuscoli promuoveva la Riforma protestante, ma furono utilizzati anche <strong>da</strong>i propagan<strong>di</strong>sti<br />

12


cattolici. Testi stampati e opuscoli erano a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> un gran numero <strong>di</strong> persone<br />

alfabetizzate, ad un prezzo relativamente abbor<strong>da</strong>bile. Inoltre, le idee e le convinzioni degli<br />

scrittori a favore della riforma, tra cui Martin Lutero (Eisleben, 1483 – Wittenberg, 1546),<br />

furono ampiamente <strong>di</strong>ffuse per via orale ad un gran numero <strong>di</strong> analfabeti che non avrebbero<br />

potuto essere coinvolti <strong>da</strong>lla riforma in maniera <strong>di</strong>fferente.<br />

La propagan<strong>da</strong> cattolica utilizzò anche questo metodo <strong>di</strong><br />

propagan<strong>da</strong> all'interno delle chiese, ma senza successi<br />

significativi. Una delle prime mosse <strong>di</strong> papa Gregorio IV<br />

(Roma, ... – 25 gennaio 844) contro la riforma fu la<br />

fon<strong>da</strong>zione <strong>di</strong> un nuovo organismo finalizzato alla <strong>di</strong>ffusione<br />

della fede cristiano-cattolica e, <strong>di</strong> conseguenza, a reprimere e<br />

a limitare la <strong>di</strong>ffusione e l’accettazione dell’ideologica<br />

protestante. E’ la “Sacra congregatio christiano nomini<br />

propagando”, più comunemente conosciuta come<br />

“Congregatio de propagan<strong>da</strong> fide” 4 , nata con la bolla<br />

Martin Lutero<br />

Inscrutabili Divinae del 22 giugno 1622. E’ importante sottolineare la nascita <strong>di</strong> un organismo<br />

che prende il nome <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> e che possiede il chiaro e definito compito <strong>di</strong> regolare tutto<br />

ciò che concerne la <strong>di</strong>ffusione e l’accettazione <strong>di</strong> una terminata dottrina, in questo caso<br />

religiosa: quella cattolica.<br />

3.4. La Rivoluzione americana<br />

Già prima dell’inizio delle ostilità, nel continente americano la propagan<strong>da</strong> ebbe modo <strong>di</strong><br />

giocare un importante ruolo creando quel clima intellettuale e psicologico propedeutico alla<br />

rivoluzione. Sebbene i padri fon<strong>da</strong>tori siano raramente considerati dei propagan<strong>di</strong>sti,<br />

probabilmente a causa <strong>di</strong> una concezione negativa della propagan<strong>da</strong>, è innegabile che costoro<br />

cercarono <strong>di</strong> ottenere il sostegno delle loro idee <strong>da</strong> parte del pubblico. Thomas Jefferson<br />

(Shadwell, 1743 – Charlottesville, 1826), ad esempio, <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> voler<br />

Arousing our people from…lethargy Svegliare il nostro popolo <strong>da</strong>l … letargo<br />

mentre George Washington (Bridges Creek, 1732 – Mount Vernon, 1799) sosteneva che il<br />

rilascio <strong>di</strong> informazioni avveniva<br />

In a manner calculated to attract the attention<br />

and impress the minds of the people.<br />

In una maniera calcolata per attrarre l’attenzione<br />

e impressionare le menti delle persone.<br />

4 Oggi è una delle nove congregazioni della Curia e nel 1967 con la bolla Immortalis Dei <strong>di</strong> papa Paolo IV (nato<br />

Giovanni Pietro Carafa; Capriglia, 1476 – Roma, 1559) ha assunto la denominazione <strong>di</strong> “Congregatio pro Gentium<br />

Evangelizatione” (Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli) e si occupa <strong>di</strong> tutte le attività missionarie,<br />

<strong>di</strong>rigendo e coor<strong>di</strong>nando le opere <strong>di</strong> evangelizzazione.<br />

13


Queste personalità erano molto sensibili all'importanza dell’opinione pubblica tanto <strong>da</strong><br />

impiegare una vasta gamma <strong>di</strong> tecniche per suscitare sentimenti nelle masse ai <strong>da</strong>nni gli inglesi.<br />

Attraverso assemblee, manifestazioni, canzoni, opuscoli, giornali e lettere hanno agitato senza<br />

sosta le popolazioni contro le<br />

politiche del governo<br />

britannico. Giornali come<br />

Provvidence Gazette e Boston<br />

Gazette sono stati cruciali<br />

nell’organizzare l'opposizione<br />

allo Stamp Act e per sfruttare<br />

<strong>di</strong> alcune vicende come il<br />

massacro <strong>di</strong> Boston a favore<br />

degli americani. Potenti<br />

T. Jefferson G. Washington B. Franklin<br />

slogan come "no taxation without representation" e "Libertà o morte" sono stati utilizzati per<br />

incitare i coloni alla rivoluzione.<br />

Molti rivoluzionari impiegarono la tattica che in seguito sarebbe stata conosciuta come<br />

“propagan<strong>da</strong> grigia” 5 . Scrissero articoli, lettere, opuscoli sotto pseudonimi per nascondere la<br />

loro identità e per creare l'impressione che l'opposizione alla politica britannica fosse molto<br />

maggiore <strong>di</strong> quanto non fosse in realtà. Samuel A<strong>da</strong>ms (Boston, 1722 – Boston, 1803), ad<br />

esempio, scrisse sotto venticinque pseudonimi <strong>di</strong>versi in numerose pubblicazioni. A riguardo<br />

Benjamin Franklin (Boston, 1706 – Filadelfia, 1790) scrisse:<br />

The facility with which the same truths may be<br />

repeatedly enforced by placing them <strong>da</strong>ily in<br />

<strong>di</strong>fferent lights in newspapers…gives a great chance<br />

of establishing them. And we now find that it is<br />

not only right to strike while the iron is hot but<br />

that it may be very practicable to heat it by<br />

continually striking.<br />

La facilità con cui le stesse verità possono essere<br />

ripetutamente applicate mettendole<br />

quoti<strong>di</strong>anamente sotto luci <strong>di</strong>verse nei giornali ...<br />

dà una grande opportunità <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarle. E ora<br />

scopriamo che non è giusto solo battere il ferro<br />

finché è caldo ma può essere molto utile scal<strong>da</strong>rlo<br />

continuamente battendolo.<br />

Le tecniche a cui Franklin si riferiva - una ripetizione incessante <strong>di</strong> temi <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> 6 e la<br />

trasmissione delle idee rivoluzionarie attraverso gli sbocchi dei me<strong>di</strong>a locali come notizie - sono<br />

un'in<strong>di</strong>cazione del grado <strong>di</strong> sofisticazione della propagan<strong>da</strong> <strong>di</strong> guerra rivoluzionaria.<br />

La Rivoluzione vide l'utilizzo anche <strong>di</strong> altre tecniche <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong>, soprattutto come<br />

strumenti <strong>di</strong>plomatici. Franklin lavorò incessantemente per modellare l’opinione pubblica<br />

europea nei confronti del conflitto e coltivò specialmente quella francese per assicurare<br />

l'assistenza della Francia nella guerra. Per isolare <strong>di</strong>plomaticamente gli inglesi e incoraggiare<br />

5 cfr. capitolo 3<br />

6 cfr. capitolo 5.2<br />

14


l'opposizione interna alla guerra, Franklin pubblicizzò ampiamente le atrocità <strong>di</strong> guerra degli<br />

inglesi, anche ricorrendo alla propagan<strong>da</strong> nera per esagerare e inventare scan<strong>da</strong>li resi noti<br />

tramite false lettere e per mezzo del giornale Boston Independent. Lo storico inglese Oliver<br />

Thompson (Swanage, 1987) descrisse questi sforzi come<br />

One of the most thorough campaigns of <strong>di</strong>plomatic<br />

isolation by propagan<strong>da</strong> ever mounted<br />

Una delle più <strong>di</strong>rette campagne <strong>di</strong> isolamento<br />

<strong>di</strong>plomatico per mezzo della propagan<strong>da</strong> mai<br />

messe in atto<br />

3.5. La Francia Rivoluzionaria<br />

L’immagine del nemico è sempre <strong>stato</strong> un elemento fon<strong>da</strong>mentale per qualsiasi sistema<br />

propagan<strong>di</strong>stico: si configura come un protagonista <strong>da</strong>ll’importanza tale <strong>da</strong> far sì che tutta la<br />

politica, tutte le azioni siano organizzate in sua funzione 7 . Questo concetto, sebbene fosse<br />

accettato ed approvato <strong>da</strong>i popoli antichi, acquista molta importanza solo con la Rivoluzione<br />

francese: i rivoluzionari capirono quanto fosse fon<strong>da</strong>mentale per una propagan<strong>da</strong> efficace<br />

l’in<strong>di</strong>viduazione del nemico. Gli uomini incaricati <strong>di</strong> promuovere la Rivoluzione, senza avere<br />

conoscenze <strong>di</strong> psicologia alle spalle, intuirono quanto potesse essere utile suscitare forti<br />

emozioni - come la paura e l’o<strong>di</strong>o - nelle folle per promuovere un messaggio propagan<strong>di</strong>stico.<br />

3.5.1 Napoleone<br />

Che Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 1769 – Isola <strong>di</strong> Sant'Elena, 1821) sia <strong>stato</strong> uno dei più<br />

gran<strong>di</strong> maestri <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> è fuori <strong>di</strong>scussione. Dal teatro ai giornali, <strong>da</strong>i suoi famosi<br />

bollettini al suo patrocinio delle arti, <strong>da</strong>lla sua censura della stampa alla sua stessa scrittura <strong>di</strong><br />

articoli per giornali, Napoleone <strong>di</strong>mostrò <strong>di</strong> essere un maestro<br />

nelle relazioni pubbliche. Ciò che colpisce quasi imme<strong>di</strong>atamente<br />

è il modo in cui Bonaparte concepì l'arte della propagan<strong>da</strong> e il<br />

grado in cui egli stesso fu personalmente coinvolto nella sua<br />

creazione: questo è particolarmente visibile nel rapporto <strong>di</strong><br />

Napoleone con la stampa; non scrisse solo i suoi famosi bollettini<br />

e proclami, ma anche articoli <strong>da</strong> inserire nelle stampe ufficiali.<br />

Molti considerano il periodo del Direttorio dominato <strong>da</strong> un<br />

governo corrotto, una Francia che necessitava <strong>di</strong> un colpo <strong>di</strong> <strong>stato</strong><br />

<strong>da</strong> parte <strong>di</strong> Bonaparte per liberarsi <strong>da</strong>lle sue inefficienze interne e<br />

<strong>da</strong>i <strong>di</strong>sastri nella politica estera. Tuttavia il Direttorio si gua<strong>da</strong>gnò<br />

una cattiva reputazione immeritata, in gran parte a causa degli<br />

Napoleone Bonaparte<br />

sforzi <strong>di</strong> Bonaparte per giustificare le sue azioni del 18-19<br />

brumaio. Infatti, molte delle conquiste riven<strong>di</strong>cate <strong>da</strong> Bonaparte<br />

durante il periodo consolare erano solo continuazioni delle gran<strong>di</strong> riforme avviate già <strong>da</strong>l<br />

Direttorio: una amministrazione civile efficiente, un efficace sistema <strong>di</strong> tassazione, la ricerca <strong>di</strong><br />

una stabilità economica, la sicurezza militare e anche le riforme giuri<strong>di</strong>che che termineranno<br />

7 cfr. capitolo 5.1<br />

15


con la stesura del Co<strong>di</strong>ce Civile <strong>di</strong> Napoleone. Collaborando con l’élite intellettuale parigina<br />

Napoleone tentò <strong>di</strong> conquistare la classe me<strong>di</strong>a francese, che <strong>di</strong>venne poi il pilastro del suo<br />

regime: in questo fu molto importante il suo patrocinare artisti francesi e la sua politica che<br />

portò in Francia molte opere d’arte italiane, i cosiddetti “trofei <strong>di</strong> conquista”, per amplificare e<br />

prolungare l’attenzione del pubblico sui suoi successi militari. Queste gran<strong>di</strong> opere d’arte alla<br />

fine sarebbero dovute essere esposte in modo permanente al Louvre. Il culmine <strong>di</strong> questi<br />

tentativi <strong>di</strong> associare la sua stessa figura all’élite intellettuale arrivò con l’elezione <strong>di</strong> Napoleone<br />

al parlamento francese nel 1798. L’effetto combinato <strong>di</strong> questi sforzi produsse nel popolo<br />

francese l’immagine non solo <strong>di</strong> un generale apparentemente invincibile e pacificatore, ma<br />

anche <strong>di</strong> un uomo acculturato e raffinato: un uomo universale per cui nulla era impossibile.<br />

Infine, in aggiunta ai meto<strong>di</strong> menzionati in precedenza, vi è un elemento della campagna<br />

propagan<strong>di</strong>stica <strong>di</strong> Napoleone che venne ampiamente <strong>di</strong>scusso nella letteratura e che può essere<br />

definito propagan<strong>da</strong> passiva. Entro la fine del suo primo anno <strong>da</strong> coman<strong>da</strong>nte generale<br />

dell'esercito italiano, le crescenti ambizioni politiche <strong>di</strong> Napoleone iniziarono a sostituire i suoi<br />

scopi militari, e la sua campagna <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> sempre più efficace cominciò ad avere una<br />

vita propria. Era come se l'immagine pubblica <strong>di</strong> Napoleone, che lui stesso aveva creato, fosse<br />

<strong>di</strong>ventata auto-propulsiva. I giornali monitoravano ogni suo movimento, trasformando anche<br />

gli eventi mon<strong>da</strong>ni in brillanti ed eroiche gesta. Ritratti e me<strong>da</strong>glie accrebbero la sua già<br />

crescente popolarità, i mercanti usarono la sua immagine per vendere <strong>di</strong> tutto; le opere teatrali e<br />

le canzoni <strong>di</strong> caffetteria commemoravano le sue gesta e i successi del suo esercito. Nel novembre<br />

del 1799, Napoleone Bonaparte aveva trasformato se stesso in un’ icona trionfale.<br />

3.6. L’Imperialismo<br />

Per legittimare le mire colonialistiche molti intellettuali del tempo giu<strong>di</strong>carono le altre culture<br />

secondo concetti come evoluzione, sviluppo, civiltà, etichettandole spesso come culture<br />

inferiori: furono <strong>da</strong>te motivazioni eticamente e storicamente ignobili, che si trasformano però<br />

in intenti nobili, facendo anche leva sul meccanismo psicologico in<strong>di</strong>viduale della<br />

razionalizzazione). Uno degli autori che più si concentrarono su questi temi fu Rudyard<br />

Kipling (Mumbai, 1865 – Londra, 1936), con la sua poesia “Il Fardello dell’uomo bianco” 8 :<br />

Take up the White Man's burden<br />

send forth the best ye breed<br />

go bind your sons to exile<br />

to serve your captives' need;<br />

to wait in heavy harness,<br />

on fluttered folk and wild<br />

your new-caught, sullen peoples,<br />

half-devil and half-child.<br />

Caricatevi del fardello dell’uomo bianco<br />

Man<strong>da</strong>te in giro i migliori che avete allevato,<br />

legate a lunghi esili i vostri figli<br />

per servire alle necessità dei sottomessi,<br />

per vigilare in pesante assetto,<br />

su genti irrequiete e selvagge,<br />

<strong>da</strong> poco assoggettate, torve popolazioni<br />

per metà demoni e per metà fanciulli.<br />

8 La poesia fu composta in occasione della cessione delle Filippine <strong>da</strong>lla Spagna agli Stati Uniti dopo la guerra <strong>di</strong><br />

Cuba del 1898.<br />

16


Take up the White Man's burden<br />

in patience to abide,<br />

to veil the threat of terror<br />

and check the show of pride;<br />

by open speech and simple,<br />

an hundred times made plain<br />

to seek another's profit,<br />

and work another's gain.<br />

Take up the White Man's burden<br />

the savage wars of peace<br />

fill full the mouth of Famine<br />

and bid the sickness cease;<br />

and when your goal is nearest<br />

the end for others sought,<br />

watch sloth and heathen Folly<br />

bring all your hopes to nought.<br />

Take up the White Man's burden<br />

no tawdry rule of kings,<br />

but toil of serf and sweeper<br />

the tale of common things.<br />

the ports ye shall not enter,<br />

the roads ye shall not tread,<br />

go mark them with your living,<br />

and mark them with your dead.<br />

Take up the White Man's burden<br />

and reap his old reward:<br />

the blame of those ye better,<br />

the hate of those ye guard<br />

the cry of hosts ye humour<br />

(Ah, slowly!) toward the light:<br />

"Why brought he us from bon<strong>da</strong>ge,<br />

our loved Egyptian night?"<br />

Take up the White Man's burden<br />

ye <strong>da</strong>re not stoop to less<br />

nor call too loud on Freedom<br />

to cloke your weariness;<br />

by all ye cry or whisper,<br />

by all ye leave or do,<br />

the silent, sullen peoples<br />

Caricatevi del fardello dell'uomo bianco<br />

restar sal<strong>di</strong> e pazienti,<br />

celar la minaccia del terrore,<br />

frenare ogni mostra d'orgoglio;<br />

col parlar chiaro e franco<br />

cento e cento volte fatto semplice e piano<br />

cercando l'altrui vantaggio,<br />

producendo l'altrui gua<strong>da</strong>gno.<br />

Caricatevi del fardello dell'uomo bianco<br />

delle atroci guerre del tempo <strong>di</strong> pace<br />

colmate la bocca della Grande Fame,<br />

e arrestate i mortiferi morbi.<br />

E quanto la meta più è vicina,<br />

e quel fine benefico è quasi raggiunto,<br />

guar<strong>da</strong>te come Ignavia e pagana Follia<br />

annullano ogni vostra speranza.<br />

Caricatevi del fardello dell'uomo bianco<br />

non pomposi governi regali,<br />

ma fatica <strong>da</strong> servi e spazzini<br />

un racconto <strong>di</strong> cose or<strong>di</strong>narie.<br />

I porti in cui non entrerete,<br />

le strade che non percorrerete,<br />

an<strong>da</strong>te, costruiteli coi vostri vivi,<br />

e segnateli coi vostri morti!<br />

Caricatevi del fardello dell'uomo bianco<br />

e mietete come vostra consueta ricompensa<br />

le accuse <strong>di</strong> chi fate progre<strong>di</strong>re,<br />

l'o<strong>di</strong>o <strong>di</strong> chi tanto proteggete<br />

il grido <strong>di</strong> folle che vi premurate<br />

(ah, lentamente!) <strong>di</strong> gui<strong>da</strong>re verso la luce<br />

"Perché ci strappaste ai nostri vincoli,<br />

alla nostra amata notte egizia?”.<br />

Caricatevi del fardello dell'uomo bianco<br />

per nulla <strong>di</strong> meno osereste abbassarvi<br />

e non parlate a voce troppo alta <strong>di</strong> Libertà<br />

a mascherare la vostra stanchezza;<br />

<strong>da</strong> tutto ciò che griderete o sussurrerete,<br />

per tutto quanto fate o trascurate,<br />

torve e tacite popolazioni<br />

17


shall weigh your gods and you.<br />

Take up the White Man's burden<br />

have done with chil<strong>di</strong>sh <strong>da</strong>ys<br />

the lightly proferred laurel,<br />

the easy, ungrudged praise.<br />

Comes now, to search your manhood<br />

through all the thankless years<br />

cold, edged with dear-bought wisdom,<br />

the judgment of your peers!<br />

peseranno i vostri Dei e voi stessi.<br />

Caricatevi del fardello dell'uomo bianco<br />

son finiti i giorni dell'infanzia<br />

gli allori offerti con leggerezza,<br />

le lo<strong>di</strong> facili e benevole.<br />

Arriva ora, a provar la vostra maturazione<br />

per tutti gli ingrati anni a venire,<br />

affilato <strong>da</strong> una saggezza duramente pagata,<br />

il giu<strong>di</strong>zio fermo dei vostri pari!<br />

“Il Fardello dell'uomo bianco” (“The White Man's Burden”) in seguito venne letta come una<br />

sorta <strong>di</strong> manifesto del colonialismo e dell'imperialismo, e il titolo <strong>di</strong>venne un slogan per la<br />

necessità <strong>di</strong> civilizzare i paesi estranei alla tra<strong>di</strong>zione europea. Questa filosofia, già presente in<br />

alcune opere settecentesche come nel Robinson Crusoe <strong>di</strong> Daniel Defoe (Londra, 1660 – ?,<br />

1731), venne ripresa <strong>da</strong>lle teorie evoluzionistiche <strong>di</strong>ffusesi <strong>da</strong>lla fine del XIX secolo, che<br />

riven<strong>di</strong>cavano la superiorità dei bianchi rispetto alle altre razze.<br />

Anche sul fronte italiano si assiste alla critica, positiva o negativa, delle campagne<br />

colonialistiche. Un esempio su tutti è la ‘Grande proletaria si è mossa’, <strong>di</strong> Giovanni Pascoli (San<br />

Mauro <strong>di</strong> Romagna, 1855 – Bologna, 1912): un testo <strong>da</strong>l fervente nazionalismo, in cui l’autore<br />

tende a esaltare la figura dell’Italia e <strong>di</strong> quella che, secondo il Fascismo, era la sua risorsa<br />

principale: i figli, la prole. L’Italia non aveva risorse minerarie, non <strong>di</strong>sponeva delle tecnologie<br />

né dell’economia delle superpotenze europee (Inghilterra, Francia, Germania) ma poteva<br />

contare su un considerevole numero <strong>di</strong> abitanti, pronti a farsi valere sul campo <strong>di</strong> battaglia (otto<br />

milioni <strong>di</strong> baionette 9 , secondo Mussolini).<br />

3.7. La Grande Guerra<br />

È <strong>stato</strong> con la prima guerra mon<strong>di</strong>ale che il fenomeno della propagan<strong>da</strong> è <strong>di</strong>ventato una<br />

attività sistematica ed organizzata su larga scala, anche grazie all'apporto delle nuove<br />

tecnologie <strong>di</strong> comunicazione quali la ra<strong>di</strong>o e i giornali; ha cominciato ad essere un oggetto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scussione pubblica, meritevole <strong>di</strong> un’analisi scientifica. La Grande Guerra fu un evento<br />

eccezionale non solo per le nuove tecnologie impiegate, per il grande numero <strong>di</strong> stati e territori<br />

che coinvolse, per l’esorbitante numero <strong>di</strong> vittime e <strong>di</strong> sol<strong>da</strong>ti impiegati, ma anche per i mezzi<br />

utilizzati per convogliare le masse verso una determinato modo <strong>di</strong> interpretare la guerra: la<br />

liberazione <strong>da</strong>ll’oppressore, la conquista <strong>di</strong> nuove colonie, la salvaguar<strong>di</strong>a della patria o la<br />

supremazia della stessa. All'inizio della guerra la gente pensava a questa come un'avventura, un<br />

modo per fare sol<strong>di</strong> o per <strong>di</strong>ventare eroe della patria, ciò perché la prima guerra mon<strong>di</strong>ale è stata<br />

la prima guerra del suo genere, totalmente <strong>di</strong>versa <strong>da</strong> quelle ottocentesche.<br />

9 Dal <strong>di</strong>scorso del duce del 29 ottobre ’36: “Attenzione, questo ulivo spunta <strong>da</strong> un'immensa foresta: è la foresta <strong>di</strong> 8<br />

milioni <strong>di</strong> baionette bene affilate e impugnate <strong>da</strong> giovani intrepi<strong>di</strong> e forti”.<br />

19


I governi utilizzarono anche i manifesti per reclutare e mobilitare le truppe facendo leva<br />

sull’o<strong>di</strong>o verso l’avversario 10 , ad esempio. Escogitarono forme <strong>di</strong> controllo dell’opinione<br />

pubblica, estremamente efficaci per la loro presa sulla popolazione. Gli Stati Uniti, ad esempio,<br />

impiegarono la figura dello zio Sam e il suo famosissimo motto “We want you for US Army” 11 :<br />

era il simbolo <strong>di</strong> un passato quasi i<strong>di</strong>lliaco, quello dei padri fon<strong>da</strong>tori che <strong>di</strong>edero vita alla<br />

nazione americana. Toccava ora al popolo <strong>di</strong>fenderla con le armi, reclutandosi nell’esercito. Le<br />

strategie in questo senso <strong>di</strong> Germania e Italia furono <strong>di</strong>verse: non cercarono infatti una figura<br />

storica <strong>da</strong>l grande valore simbolico (un Garibal<strong>di</strong> per l’Italia, ad esempio) 12 , ma delle figure<br />

comuni, che parlano alla gente comune 13 . Un sol<strong>da</strong>to semplice, un fante, un coscritto che parla<br />

ai suoi pari e chiede aiuto. Egli chiedeva al suo popolo <strong>di</strong> mettersi in gioco per <strong>di</strong>fendere quello<br />

che era il più grande e importante dei beni in un’epoca dominata <strong>da</strong>lle filosofie nazionalistiche:<br />

la Patria. E' <strong>stato</strong> durante la Prima Guerra che le tecniche <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> moderna<br />

cominciarono veramente ad essere usate. La propagan<strong>da</strong> si sviluppò in tutti i paesi e per cause,<br />

mezzi e fini tra loro molto <strong>di</strong>versi. Pren<strong>di</strong>amo un esempio della propagan<strong>da</strong> italiana, come nel<br />

manifesto affianco. Ci sono due livelli <strong>di</strong> interpretazione: quello che si vede e quello che si<br />

capisce. Nell’immagine sono ben visibili:<br />

» un militare che stringe vicino al petto la ban<strong>di</strong>era<br />

italiana, sorretta <strong>da</strong> un’asta fiorita, mentre con la<br />

mano destra solleva un pugnale. Sullo sfondo i<br />

bagliori <strong>di</strong> una battaglia;<br />

» sotto l’immagine la scritta “L’ITALIA non conosce<br />

che la via dell’onore!”.<br />

Qual è il secondo livello <strong>di</strong> interpretazione? Cosa<br />

vuol farci capire?<br />

» La ban<strong>di</strong>era spiegata al vento è in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> successo,<br />

così come l’asta fiorita che in<strong>di</strong>ca la vittoria;<br />

» l’uomo impugna un’arma, con un chiaro intento a<br />

prendere le armi per onorare la propria patria,<br />

l’attaccamento alla quale è <strong>di</strong>chiarato anche <strong>da</strong>llo<br />

stringere al petto la ban<strong>di</strong>era. Il suo sguardo è fiero e<br />

determinato; la mano alta sopra la testa è <strong>di</strong> incitamento e <strong>di</strong> esultanza;<br />

» le parole sottostanti sono <strong>di</strong> completamento, in quanto l’immagine parla <strong>da</strong> sola; viene<br />

enfatizzata la parola ITALIA, in maiuscolo, non meno della parola “onore” seguita <strong>da</strong>l punto<br />

esclamativo.<br />

10 cfr. capitoli 5.5, 5.9, 5.16, 5.19<br />

11 cfr. capitolo 5.20<br />

12 cfr. capitolo 5.3<br />

13 cfr. capitoli 5.7, 5.10<br />

20


3.8. L’Unione Sovietica<br />

Strettamente legata alla propagan<strong>da</strong> durante la Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale è quella che si sviluppò<br />

durante la Rivoluzione Russa: in realtà il nostro concetto <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> può essere espresso in<br />

russo in due maniere <strong>di</strong>fferenti: агитация (“agitatsiya”, agitazione) e пропаганда, la<br />

propagan<strong>da</strong> vera e propria, <strong>da</strong> cui il termine agitprop, contrazione inglese <strong>di</strong> agitation e<br />

propagan<strong>da</strong>. Con questo termine si in<strong>di</strong>ca una forma <strong>di</strong> teatro <strong>di</strong><strong>da</strong>ttico del XX secolo <strong>di</strong>ffusasi<br />

principalmente nella Russia post-rivoluzionaria, ma anche, paradossalmente, in Germania, Italia<br />

e nei paesi dell’Europa orientale, avente come scopo la propagan<strong>da</strong> e l'informazione presso il<br />

pubblico analfabeta degli ideali rivoluzionari. Questo teatro, caratterizzato fortemente <strong>da</strong> una<br />

connotazione politica, era organizzato solitamente <strong>da</strong> operai aderenti al Partito Comunista<br />

russo, dunque non professionisti, che si<br />

riunivano in compagnie che facevano<br />

largo uso <strong>di</strong> composizioni<br />

drammaturgiche, <strong>di</strong> musica, acrobazie e<br />

<strong>di</strong> proiezioni cinematografiche.<br />

La propagan<strong>da</strong> comunista nell’Unione<br />

Sovietica fu basata principalmente sulla<br />

ideologia marxista e leninista per<br />

promuovere la linea politica del partito<br />

comunista. In una società in cui la<br />

censura <strong>di</strong>lagava14 , la propagan<strong>da</strong> era libera <strong>di</strong> agire, onnipresente ed estremamente efficiente.<br />

Penetrò anche nelle scienze sociali e naturali che <strong>di</strong>edero luogo a varie teorie pseudoscientifiche<br />

che propugnava una visione politicizzata delle scienze15 , mentre i campi della<br />

conoscenza reale, come la genetica mendeliana, la cibernetica e la linguistica vennero<br />

con<strong>da</strong>nnati e proibiti in qualità <strong>di</strong> "pseudoscienze borghesi". Mezzo principale della censura<br />

sovietica, la Glavlit16 Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao Tse Tung<br />

(Glavnoe Upravlenie po Delam Literatury i Iz<strong>da</strong>telstv: Direzione generale<br />

per gli affari letterari e artistici) impiegava settantamila <strong>di</strong>pendenti a tempo pieno non solo per<br />

eliminare la stampa indesiderata, ma anche per fare in modo che la corretta ideologia fosse<br />

presente su ogni articolo pubblicato.<br />

Parlare <strong>di</strong> qualcosa che an<strong>da</strong>va contro le linee del partito comunista era reato e veniva punito<br />

con la reclusone. "Oggigiorno un uomo parla liberamente solo a sua moglie - <strong>di</strong> notte, con le coperte<br />

14 cfr. capitolo 3.12.3<br />

15 come la negazione dell’evoluzionismo ad opera dell’interpretazione <strong>di</strong> certe forme religiose che <strong>di</strong>ventano<br />

forme culturali e politiche.<br />

16 I compiti del Glavlit erano:<br />

» <strong>esame</strong> preventivo <strong>di</strong> tutte le opere sia manoscritte, sia a stampa, <strong>di</strong> tutte le e<strong>di</strong>zioni perio<strong>di</strong>che e non perio<strong>di</strong>che,<br />

le fotografie, i <strong>di</strong>segni, le carte ecc., destinate alla pubblicazione o alla <strong>di</strong>ffusione;<br />

» concessione dell’autorizzazione alla pubblicazione per singole opere e organi <strong>di</strong> stampa;<br />

» compilazione degli elenchi delle opere a stampa <strong>di</strong> cui è vietata la ven<strong>di</strong>ta e la <strong>di</strong>ffusione.<br />

21


tirate sopra la testa", <strong>di</strong>sse lo scrittore Isaac Babel (Odessa, 1894 – Mosca, 1940) privatamente<br />

ad un amico fi<strong>da</strong>to.<br />

Uno dei più importanti obiettivi della propagan<strong>da</strong> comunista era quello <strong>di</strong> forgiare un uomo<br />

nuovo. Le scuole e le organizzazioni giovanili comuniste, come il Komsomol 17 , servivano a<br />

togliere i bambini <strong>da</strong>lla “famiglia piccolo-borghese” e a indottrinare la nuova generazione al<br />

modo <strong>di</strong> vivere collettivo. L'indottrinamento dei bambini al culto dello "Zio Lenin"<br />

cominciava <strong>da</strong>lla scuola dell'infanzia. In ogni scuola furono istituiti i cosiddetti "Angoli <strong>di</strong><br />

Lenin" e i "santuari politici per la propagan<strong>da</strong> del fon<strong>da</strong>tore <strong>di</strong>vino dello <strong>stato</strong> sovietico". Le<br />

scuole avevano simboli, canzoni e lo<strong>di</strong> alla leadership sovietica. Uno degli scopi era quello <strong>di</strong><br />

instillare nei bambini l'idea che loro stessi erano coinvolti nella Rivoluzione, più importante <strong>di</strong><br />

qualsiasi sorta <strong>di</strong> legame familiare. Alcuni storici ritengono che un obiettivo importante della<br />

propagan<strong>da</strong> comunista fosse giustificare le repressioni politiche <strong>di</strong> interi gruppi sociali, che il<br />

marxismo considerava nemiche del proletariato. Lo storico statunitense Richard Pipes (Cieszyn,<br />

1923) ha scritto a riguardo, in “Russia under the Bolshevik Regime”:<br />

A major purpose of Communist propagan<strong>da</strong> was<br />

arousing violent political emotions against the<br />

regime's enemies<br />

Un grande importante della propagan<strong>da</strong><br />

comunista era suscitare emozioni politiche<br />

violente contro i nemici del regime<br />

I mezzi più efficaci per raggiungere questo obiettivo furono la negazione dell'umanità della<br />

vittima attraverso il processo <strong>di</strong> "deumanizzazione" 18 , ovvero riducendo il nemico reale o<br />

immaginario ad uno <strong>stato</strong> animale. In particolare, Lenin (Vla<strong>di</strong>mir Ilich Uljanov; Simbirsk,<br />

1870 – Gorki Leninskie, 1924) chiamò i suoi nemici “insetti <strong>da</strong>nnosi", "pidocchi" e<br />

"sanguisughe".<br />

La “Grande Enciclope<strong>di</strong>a Sovietica” 19 definisce la propagan<strong>da</strong> comunista, contrapponendola<br />

alla propagan<strong>da</strong> borghese, descritta come manipolazione delle masse nell'interesse della classe<br />

dominante. Al contrario, quella comunista è definita come un sistema scientifico atto alla<br />

<strong>di</strong>vulgazione dell’ideologia comunista e con lo scopo <strong>di</strong> istruire, formare e organizzare le masse.<br />

Sempre la Grande Enciclope<strong>di</strong>a Sovietica in<strong>di</strong>vidua le seguenti funzioni della propagan<strong>da</strong><br />

comunista:<br />

» collegare il partito comunista ai lavoratori;<br />

» integrare socialismo scientifico nelle attività rivoluzionarie delle masse;<br />

17 Il termine Komsomol, in russo: Комсомол, è la contrazione <strong>di</strong> Kommunističeskij Sojuz Molodëži (in cirillico:<br />

Коммунистический Союз Молодёжи) ovvero l'Unione comunista della gioventù, l’organizzazione giovanile del<br />

Partito Comunista dell'Unione Sovietica.<br />

18 cfr. capitolo 5.11<br />

19 La Grande Enciclope<strong>di</strong>a Sovietica (Bol'šaja Sovetskaja Enciklope<strong>di</strong>ja) è la più grande e più esauriente<br />

enciclope<strong>di</strong>a composta in lingua russa che, durante lo stalinismo, venne usata come arma politica. Quando un<br />

personaggio prominente "scompariva", tutti gli abbonati all'Enciclope<strong>di</strong>a ricevevano delle nuove voci <strong>da</strong> incollare<br />

sopra quelle degli scomparsi, cancellandoli così <strong>da</strong>lla memoria pubblica.<br />

22


» unificare e organizzare le <strong>di</strong>visioni nazionali dei movimenti dei lavoratori, dei comunisti e dei<br />

democratici (nell’accezione della “vera democrazia” definita <strong>da</strong>i comunisti);<br />

» coor<strong>di</strong>nare le attività e i movimenti <strong>di</strong> cui sopra, lo scambio <strong>di</strong> esperienze e informazioni;<br />

» esprimere l'opinione pubblica della classe lavoratrice, i bisogni e gli interessi dei lavoratori;<br />

» esporre le illusioni e le menzogne della propagan<strong>da</strong> borghese;<br />

» <strong>di</strong>vulgare la verità sulla società socialista (cioè, quella <strong>di</strong> uno <strong>stato</strong> comunista).<br />

La propagan<strong>da</strong> comunista era incentrata su una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>cotomie: le virtù del mondo<br />

comunista contro i vizi del mondo capitalista, come ad esempio:<br />

» Comunisti per la pace, il capitalismo per la guerra<br />

» Comunisti per la cooperazione, il capitalismo per lo sfruttamento<br />

Ancora un’altra polarizzazione si concentrò sul significato <strong>di</strong> alcuni termini, come "libertà" e<br />

"democrazia": spesso venivano contrapposte, ad esempio, la "democrazia borghese" e la "vera<br />

democrazia", l’autogoverno del popolo, propria degli stati comunisti.<br />

3.9. Il Fascismo e Mussolini<br />

Il Fascismo fu sempre intollerante nei confronti delle manifestazioni popolari e sempre pronto<br />

ad appoggiare azioni <strong>di</strong> forza. L’autorità e il potere del Duce furono assicurati <strong>da</strong>lle gran<strong>di</strong><br />

capacità propagan<strong>di</strong>stiche del suo sistema politico con il quale poté stabilire un controllo totale<br />

sulla cultura e sull’informazione. Diedero vita ad un simbolo, allo stereotipo del perfetto<br />

fascista: un uomo rasato, prestante fisicamente, che cammina sicuro e veloce e saluta col saluto<br />

romano, col braccio e la mano tesi in avanti 20 .<br />

Se il nazismo farà appello alla superiorità della razza 21 , il fascismo fa appello alla superiorità dell’<br />

“unità nazionale”. Il partito, che possedeva il controllo politico <strong>di</strong> tutti i me<strong>di</strong>a, iniziò<br />

attraverso la propagan<strong>da</strong> quel processo che rese fascista l’Italia, caricando, rafforzando e<br />

spingendo la missione che l’ideologia fascista affi<strong>da</strong>va alla nazione. Messaggi propagan<strong>di</strong>stici<br />

furono rivolti a tutte le classi della società italiana e continuamente <strong>di</strong>ffusi attraverso ra<strong>di</strong>o,<br />

stampa e cinema. Con la nascita dell’Impero italiano, l’Italia fascista fu celebrata <strong>da</strong>lla stampa<br />

con tutta l'enfasi possibile; si cercò <strong>di</strong> <strong>da</strong>re una giustificazione alle iniziative <strong>di</strong> guerra e <strong>di</strong><br />

conquista dell'impero, con la strumentalizzazione della storia e della sua riscrittura sulla base<br />

dei miti della romanità e delle imprese coloniali viste in chiave eroica: tutto finalizzato alla<br />

costruzione e al consoli<strong>da</strong>mento del consenso dell’opinione pubblica al fascismo.<br />

3.9.1 Lavoratori e OND<br />

L’Opera Nazionale Dopolavoro, abbreviata OND, è un’associazione fon<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>l regime<br />

fascista nel ‘25 avente lo scopo <strong>di</strong> portare avanti il programma <strong>di</strong> Mussolini (Pre<strong>da</strong>ppio, 1883 -<br />

20 cfr. capitolo 3.9.9<br />

21 cfr. capitolo 3.10<br />

23


Giulino <strong>di</strong> Mezzegra, 1945) che prevedeva la nazionalizzazione del tempo libero, dello sport e<br />

dello spettacolo. Lo scopo primario dell’OND era inizialmente limitato alla formazione <strong>di</strong><br />

comitati provinciali a sostegno delle attività ricreative, ma tra il ‘27 e<br />

il ‘39 <strong>da</strong> ente per l’assistenza sociale <strong>di</strong>venne "movimento" nazionale<br />

che vigilava sull’organizzazione del tempo libero. Le attività dei vari<br />

circoli furono sud<strong>di</strong>vise, secondo un programma uniforme per tutta la<br />

nazione, in una serie <strong>di</strong> servizi sociali:<br />

» Istruzione: cultura fascista e formazione professionale;<br />

» Educazione fisica: sport e turismo;<br />

» Educazione artistica: filodrammatica, musica, cinema, ra<strong>di</strong>o e<br />

tra<strong>di</strong>zioni.<br />

Questo programma era rivolto ad ambienti urbani e industriali; <strong>da</strong>l<br />

1929 si sviluppò anche in ambienti conta<strong>di</strong>ni col fine <strong>di</strong> non togliere valore agli agricoltori e<br />

all’agricoltura. Alla fine degli anni Venti venne anche sviluppato un programma ricreativo<br />

femminile22 Tessera <strong>di</strong> iscrizione<br />

che prevedeva corsi <strong>di</strong> pronto soccorso, igiene e cura della casa. Un importante<br />

aspetto dell’OND era l’assistenza che <strong>da</strong>va ai lavoratori, i quali potevano sviluppare capacità<br />

fisiche, intellettuali e morali dopo l’orario lavorativo.<br />

3.9.2 Giovani e GIL<br />

Il fascismo si proponeva anche una missione educativa e de<strong>di</strong>cava particolari attenzioni ai<br />

giovani tramite determinate istituzioni sociali che si occupavano della scuola e <strong>di</strong> tutte le attività<br />

ad essa connesse. La Gioventù italiana del Littorio (GIL), il cui motto era “credere, combattere,<br />

obbe<strong>di</strong>re”, si occupava dei bambini e dei giovani italiani, <strong>di</strong> entrambi i sessi, che venivano <strong>di</strong>visi<br />

in categorie: per i maschi Giovani Fascisti, Avanguar<strong>di</strong>sti e Balilla; per le femmine Giovani<br />

Fasciste, Giovani Italiane e Piccole Italiane e Figli della Lupa per maschi e femmine. Ecco i<br />

compiti del GIL, riassunti in cinque punti:<br />

» la preparazione spirituale, sportiva e premilitare;<br />

» l'insegnamento dell'educazione fisica nelle scuole elementari e me<strong>di</strong>e;<br />

» l'istituzione e il funzionamento <strong>di</strong> corsi, scuole, collegi, accademie;<br />

» l'organizzazione <strong>di</strong> viaggi, crociere, campi, colonie;<br />

» l'istituzione e l’assegnazione <strong>di</strong> borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o.<br />

3.9.3 Ra<strong>di</strong>o e EIAR<br />

Il 6 ottobre 1924 la voce aggraziata e squillante <strong>di</strong> Maria Luisa Boncompagni (1892 – 1982), la<br />

prima annunciatrice dell’Unione Ra<strong>di</strong>ofonica Italiana (URI), presentando il programma<br />

inaugurale, sanciva la nascita della ra<strong>di</strong>o italiana. Il regime fascista, al potere <strong>da</strong> soli ventitré<br />

mesi, aveva quin<strong>di</strong> già avuto modo <strong>di</strong> <strong>da</strong>r vita ad un sistema <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>o<strong>di</strong>ffusione nazionale. I primi<br />

mesi della ra<strong>di</strong>o furono del tutto sperimentali: il pubblico era molto ridotto, composto per lo<br />

22 cfr. capitolo 3.9.7<br />

24


più <strong>di</strong> appassionati che captavano per hobby il segnale. Il 25 marzo 1925 Mussolini parlava in<br />

un teatro <strong>di</strong> Roma e la sua voce veniva per la prima volta trasmessa via ra<strong>di</strong>o: era un primissimo<br />

esperimento, che alterò la voce del Duce accompagnandola con fischi e fruscii. Col tempo, con<br />

esperimenti compiuti in occasioni meno impegnative, si ottennero risultati migliori, ma l’Italia<br />

rimaneva sostanzialmente scettica: Arturo Toscanini (Parma, 1867 – New York, 1957), ad<br />

esempio, fu invitato nel ’26 a trasmettere per ra<strong>di</strong>o un suo concerto, ma rispose <strong>di</strong>cendo “questa<br />

meccanizzazione della musica è un obbrobrio!”. Anche altri cantanti rifiutarono, inizialmente, <strong>di</strong><br />

esibirsi in ra<strong>di</strong>o, temendo <strong>di</strong>storsioni o alterazioni della voce.<br />

Nel 1925 in Italia erano stati venduti 1315 grammofoni: costavano intorno alle 2.500 lire che,<br />

in rapporto alla capacità me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> acquisto, era un costo assolutamente proibitivo.<br />

“L’Italia – <strong>di</strong>ceva Mussolini – deve mettersi in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> avere il<br />

miglior servizio ra<strong>di</strong>o. Marconi ha <strong>da</strong>to prova <strong>di</strong> meritare tutta la fiducia<br />

del suo Paese”.<br />

L’interesse del regime per la ra<strong>di</strong>o cominciava ad avere fini<br />

<strong>di</strong>chiaratamente politici oltre che economici. Il Ra<strong>di</strong>orario,<br />

giornale ufficiale dell’URI, cominciava ad uscire settimanalmente<br />

nelle e<strong>di</strong>cole ogni sabato e sembrava essere molto gra<strong>di</strong>to <strong>da</strong>l<br />

pubblico 23 . Insieme alle informazioni sui programmi, il Ra<strong>di</strong>orario<br />

ospitava qualche rubrica, annunci pubblicitari e consulenze tecnica<br />

sull’uso della ra<strong>di</strong>o. Di seguito alcune lettere inviate alla re<strong>da</strong>zione<br />

<strong>di</strong> Ra<strong>di</strong>orario dopo la trasmissioni <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso pronunciato <strong>da</strong><br />

Mussolini nel ’26:<br />

Copertina <strong>di</strong> Ra<strong>di</strong>orario<br />

» “Sento <strong>di</strong> essere profon<strong>da</strong>mente riconoscente a questa stazione <strong>di</strong> Roma,<br />

che mi ha <strong>da</strong>to agio <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re la voce <strong>di</strong> Colui che regge con mano sicura i destini della Patria nostra…”<br />

» “Non ho perduto una sillaba del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> S. E. Mussolini, più che mai orgoglioso <strong>di</strong> appartenere a<br />

questa nuova Italia fascista, invio il mio modesto plauso a codesta Società sicuro che essa voglia <strong>di</strong> nuovo<br />

<strong>di</strong>ffondere <strong>da</strong> Roma al mondo intero la voce <strong>di</strong> Benito Mussolini…”<br />

» “L’insieme della cerimonia in tutta la sua gran<strong>di</strong>osità e le forti, leali e gran<strong>di</strong> parole pronunciate <strong>da</strong>l<br />

nostro Duce, le ho fatte ascoltare nella grande sala della Casa del Lavoratore Italiano, ad iniziativa del<br />

locale Fascio in Fiesole”.<br />

L’URI cessò <strong>di</strong> esistere, sostituita <strong>da</strong> una nuova società il 15 gennaio 1928, l’EIAR (Ente<br />

Italiano Au<strong>di</strong>zioni Ra<strong>di</strong>ofoniche). La propagan<strong>da</strong> del regime si serviva anche delle trasmissioni<br />

de<strong>di</strong>cate ai bambini che devono essere educati, attraverso la ra<strong>di</strong>o, ai valori dell’Italia fascista.<br />

23 La rivista, intanto, migliorava sempre più col passare del tempo; la tiratura <strong>di</strong>ventava maggiore (75mila copie<br />

nel ‘30) e aumentava anche il numero delle pagine: <strong>da</strong>lle 32 iniziali alle 88 nel 1929. Nel 1928 si vendono 40mila<br />

copie settimanali.<br />

25


Ogni anno, in occasione della riapertura delle scuole, sul Ra<strong>di</strong>olario era presente qualche<br />

messaggio rivolto ai bambini . In uno <strong>di</strong> questi, scritto <strong>da</strong>llo stesso Mussolini, si <strong>di</strong>ceva<br />

“La scuola che or ora vi ha riaperto le sue materne braccia, già vi chiama, in nome della Patria a<br />

congiungere i vostri piccoli cuori nella celebrazione <strong>di</strong> due <strong>da</strong>te: Vittorio Veneto e la Marcia su Roma”.<br />

Una liceale, Marcella Olschki (Firenze, 1921 – Firenze, 2001), ricor<strong>da</strong> così quel periodo:<br />

“Durante il nostro ultimo anno <strong>di</strong> liceo fu messa in pratica, sotto l’egi<strong>da</strong> del ministero della Cultura<br />

popolare, quella bella trovata della ra<strong>di</strong>o fascista per le scuole che si esplicava in trasmissioni settimanali<br />

re<strong>da</strong>tte in maniera così bambinesca e stupi<strong>da</strong> <strong>da</strong> meritare l’appellativo <strong>di</strong> pagliacciata. Per noi<br />

rappresentava naturalmente una pacchia in più perché, capitando nella prima ora <strong>di</strong> lezione, <strong>da</strong>va modo ai<br />

ritar<strong>da</strong>tari <strong>di</strong> prepararsi alla lezione seguente e ai più ciuchi <strong>di</strong> copiare i compiti <strong>da</strong>i compagni più bravi e<br />

compiacenti. Che e poi ci capitava <strong>di</strong> stare attenti alle trasmissioni, non potevamo non concludere col nostro<br />

cervello, che quanto ne pensassero i signori del ministero, a 18 anni era abbastanza sviluppato, che i<br />

programmi cosiddetti educativi non erano altro che un informe guazzabuglio <strong>di</strong> musica scelta a casaccio,<br />

scenette <strong>da</strong>l significato oscuro e propagan<strong>da</strong> fascista prosa a scialo col grossolano misurino usato <strong>da</strong>lle<br />

autorità <strong>di</strong> allora. Eppure, anche nella mente <strong>di</strong> chi era <strong>stato</strong> destinato a formare le nostre, il sospetto verso il<br />

prossimo e la paura <strong>di</strong> non sembrare abbastanza in linea con le pazzesche <strong>di</strong>rettive del supremo organo<br />

educativo fascista, avevano fatto breccia, e avevano privato i professori perfino <strong>di</strong> quel minimo senso del<br />

ri<strong>di</strong>colo che poteva, per i sistemi <strong>di</strong> allora, ancora rappresentare un pericolo. Le trasmissioni erano seguite<br />

<strong>da</strong>lla gran<strong>di</strong>ssima maggioranza dei professori, se non con interesse, almeno con un grande rispetto, falso o<br />

vero che fosse”.<br />

Nelle piazze, nei paesi, nelle campagne compare la “Ra<strong>di</strong>o autoportata”: una trovata del servizio<br />

Propagan<strong>da</strong> e Sviluppo, un furgone sul quale era montato un altoparlante ricoperto <strong>da</strong> gran<strong>di</strong><br />

fotografie <strong>di</strong> cantanti e attori. Era un’iniziativa mirata a portare la ra<strong>di</strong>o nelle zone più remote<br />

del paese, che non avevano ancora conosciuto lo sviluppo dei mezzi <strong>di</strong> comunicazione moderni.<br />

Nel ’37 ha inizio una serie <strong>di</strong> conversazioni per ra<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cate al problema dell’unificazione e<br />

della <strong>di</strong>fesa della lingua italiana. Il MinCulPop 24 voleva “<strong>di</strong>fendere la lingua italiana <strong>da</strong>i<br />

barbarismi stranieri”, l’EIAR quin<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>spose, d’intesa con l’Accademia d’Italia 25 , una serie <strong>di</strong><br />

programmi sulla lingua italiana.<br />

La ra<strong>di</strong>o più <strong>di</strong> ogni altro mezzo <strong>di</strong> comunicazione assunse nel regime fascista un ruolo <strong>di</strong><br />

primissimo piano. Le trasmissioni ra<strong>di</strong>ofoniche erano finalizzate tanto al <strong>di</strong>vertimento quanto<br />

alla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> informazioni; <strong>di</strong>ffondeva i <strong>di</strong>scorsi del Duce e del Fuhrer, narrando poi le<br />

marce ufficiali e trasmettendo conversazioni <strong>di</strong> stampo razzista. Era <strong>di</strong>ventata la voce ufficiale<br />

dello Stato.<br />

24 cfr. capitolo 3.9.4<br />

25 cfr. capitolo 3.9.8<br />

26


3.9.4 Stampa e MinCulPop<br />

Il 9 maggio del 1936, con la conquista <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba, si concluse la campagna in Etiopia. I<br />

mezzi d’informazione erano completamente sotto il dominio del regime: stampa, cinema e ra<strong>di</strong>o<br />

erano utilizzati per sommergere la citta<strong>di</strong>nanza con notizie pilotate. La macchina<br />

propagan<strong>di</strong>stica fece sì che il fascismo raggiungesse in quel periodo il massimo del consenso.<br />

Il fascismo bloccò completamente l'evoluzione del giornalismo. Come sulla ra<strong>di</strong>o, il fascismo<br />

impose il suo controllo anche alla stampa, come stabilito <strong>da</strong>l progetto finalizzato ad accrescere il<br />

consenso al regime. Ciò avvenne anche grazie all’acquisto <strong>da</strong> parte del partito fascista dei<br />

maggiori quoti<strong>di</strong>ani tra il 1911 e il 1925. Le testate giornalistiche, pertanto, attuavano una<br />

censura su avvenimenti <strong>di</strong> cronaca nera e scan<strong>da</strong>li economici, presentando il periodo fascista<br />

come pacifico. Lo stesso avvenne nei giornali de<strong>di</strong>cati ai bambini, i cui argomenti erano<br />

strettamente legati all'ideologia nazifascista 26 . Nonostante ciò, alcuni giornali <strong>di</strong> opposizione al<br />

regime come La Stampa e Il Corriere della Sera riuscirono a sopravvivere. Per quanto riguar<strong>da</strong> la<br />

stampa estera, Mussolini rilasciò frequentemente interviste alla stampa inglese, spesso attenta<br />

agli avvenimenti italiani: queste interviste consentono <strong>di</strong> capire l’opinione degli stranieri sulla<br />

situazione italiana. Alla fine del gennaio del 1925 Mussolini concesse un’intervista ad una<br />

giornalista inviata del Daily Mail <strong>di</strong> Londra. Ecco cosa <strong>di</strong>sse il Duce in risposta alle sue<br />

domande:<br />

“Avete viaggiato nel Paese? Avete visto nulla che possa giustificare oggi che esso è sull’orlo della rivoluzione o<br />

della guerra civile? Nel Paese tutto è calmo. Il popolo è contento e prospero. La popolazione italiana lavora<br />

efficacemente per controbattere la crisi economica provocata <strong>da</strong>lla guerra".<br />

La giornalista obiettò che queste rassicurazioni contrastavano col fatto che la stampa in Italia<br />

non era libera come in Inghilterra. Mussolini replicò:<br />

“In Inghilterra le genti <strong>di</strong> partito e <strong>di</strong> opinione <strong>di</strong>verse possono riunirsi, come accade ogni domenica,<br />

all’aperto e ognuno può esprimere il suo modo <strong>di</strong> pensare. I comizi dei comunisti si svolgono accanto a quelli<br />

dei conservatori; e tra gli uni e gli altri si svolge un composto contrad<strong>di</strong>ttorio. Ma, se si volesse fare così in<br />

Italia, se ne vedrebbero presto le conseguenze. In Inghilterra i giornali esprimono le loro vedute con<br />

moderazione, ma in Italia non è così”.<br />

Ma i frequenti sequestri <strong>di</strong> giornali, osservò la giornalista, sono episo<strong>di</strong> assai gravi <strong>di</strong> limitazione<br />

della libertà. Mussolini spiegò:<br />

“Ho limitato la libertà <strong>di</strong> stampa, ma non per <strong>di</strong>fendere il governo, l’ho limitata perché gli allarmanti<br />

articoli <strong>di</strong> certi giornali scre<strong>di</strong>tavano l’Italia all’estero e provocavano conflitti nello stesso Paese. Quando la<br />

stampa, che esercita un così enorme potere, eccede nei suoi privilegi e mostra <strong>di</strong> non rendersi conto della sua<br />

tremen<strong>da</strong> responsabilità, il governo deve porre fine ad un abuso del genere…Il popolo lavora attualmente<br />

come non mai prima e con buona volontà. Molti italiani si sono lagnati con me sull’ignoranza inglese circa<br />

26 Superiorità dei bianchi sui neri, il male procurato <strong>da</strong>gli ebrei, ecc…<br />

27


la vera situazione dell’Italia. Non so donde venga la storia del “terrore italiano”, ma mi pare che possa<br />

venire <strong>da</strong>l socialismo degli altri paesi, il quale teme che l’esempio <strong>da</strong>to <strong>da</strong>ll’Italia possa essere copiato. Di qui<br />

la fosca dei misfatti non accaduti in un Paese libero e pacifico. Posso <strong>di</strong>re, in conclusione, che c’è libertà in<br />

Italia come oggi in Inghilterra”.<br />

Qualche mese dopo, nell’agosto dello stesso anno, un’altra inviata speciale inglese del Daily<br />

Express <strong>di</strong> Londra, tornò a porre i medesimi quesiti a Mussolini ed egli rispose che il fascismo<br />

non tollerava l’opposizione perché<br />

“la massa non può governare la massa, come la quantità non può <strong>di</strong>rigere la quantità”.<br />

Quanto alla libertà, secondo Mussolini, che il giornale definiva “<strong>di</strong>ttatore”, riteneva che essa<br />

non esistesse che nell’immaginazione:<br />

“La libertà! Esiste forse qualcosa <strong>di</strong> simile che ci si avvicina? La civiltà è l’antitesi della libertà personale e<br />

coloro che vorrebbero beneficiare dei vantaggi della civiltà debbono necessariamente rinunziare ad una<br />

parte della loro libertà personale. Quando i liberali la reclamano, <strong>da</strong>nno prova <strong>di</strong> una profon<strong>da</strong> ignoranza<br />

dei sentimenti del meccanismo governativo. Essa non esiste che nell’immaginazione dei filosofi, che<br />

ottengono <strong>da</strong>l cielo la loro filosofia impraticabile. La mia, per contro, è prossima alla terra. Essa è destinata<br />

a coloro che vivono sul nostro globo. Voi mi chiedete se essa riesce, se io sono contento dei frutti che essa ha<br />

portato. Interamente!”<br />

In risposta ad un’altra doman<strong>da</strong>, Mussolini aggiunse:<br />

“La parte della mia responsabilità è tanto più grande poiché io metto tutto il mio cuore nel mio compito. Il<br />

popolo non è che un grande fanciullo che si deva gui<strong>da</strong>re, che si deva aiutare, che<br />

si deve punire quando ciò è necessario. Io amo, io adoro il popolo italiano, ma la<br />

<strong>di</strong>sciplina è essenziale”.<br />

Con le Leggi Fascistissime Mussolini or<strong>di</strong>nò che ogni giornale avesse un<br />

<strong>di</strong>rettore iscritto al partito fascista e che il giornale stesso, prima <strong>di</strong><br />

essere man<strong>da</strong>to in stampa, fosse ispezionato. Da queste leggi nacque<br />

L’Or<strong>di</strong>ne dei Giornalisti, i cui membri dovevano aderire al partito<br />

fascista. Mussolini creò poi l’Ufficio Stampa, che nel 1937 prese il nome<br />

<strong>di</strong> Ministero della Cultura Popolare (Min.Cul.Pop.). Al MinCulPop<br />

fu chiesto <strong>di</strong> controllare ogni pubblicazione, <strong>di</strong> confiscare tutti i<br />

documenti ritenuti pericolosi al regime e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere i cosiddetti<br />

or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> stampa (o veline) con il quale venivano impartite regole<br />

Galeazzo Ciano<br />

precise circa il contenuto degli articoli, l'importanza dei titoli e la loro<br />

grandezza. A capo <strong>di</strong> questo ministero Mussolini mise il genero Galeazzo Ciano (Livorno, 1903<br />

– Verona, 1944), che in seguito <strong>di</strong>venne ministro degli esteri. Compito del MinCulPop era<br />

anche quello <strong>di</strong> promuovere la guerra in Etiopia e rafforzare il mito del Duce. Ecco alcune<br />

<strong>di</strong>sposizioni, gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> stampa del ministero:<br />

29


28 giugno 1935 Non pubblicare fotografie <strong>di</strong> Carnera a terra.<br />

18 giugno 1936 Per la morte <strong>di</strong> Massimo Gorkij nessun articolo, nessun commento, nessun cenno<br />

biografico. Pubblicare la notizia senza alcun rilievo.<br />

1 settembre 1936 L’Osservatore Romano in secon<strong>da</strong> pagina pubblica una protesta del prelato <strong>di</strong><br />

Pompei contro la rappresentazione del San Sebastiano <strong>di</strong> D’Annunzio.<br />

Naturalmente non si pubblica nulla.<br />

12 settembre 1939 Ignorare il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Eden.<br />

14 settembre 1939 I titoli non devono essere interrogativi.<br />

19 settembre 1939 Impostare tutta la prima pagina sul <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Hitler.<br />

28 novembre 1939 Commentare simpaticamente il Foglio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizioni… concludere manifestando<br />

l’orgoglio dei giornalisti italiani, i quali in<strong>di</strong>stintamente sono sempre stati, sono e<br />

saranno, agli or<strong>di</strong>ni del partito.<br />

14 giugno 1940 Usare la parola tedeschi e la parola germanici nella proporzione del 70% e del 30%<br />

(cioè <strong>di</strong>re più spesso tedeschi).<br />

26 febbraio 1941 La prima pagina dei giornali deve essere ancora intestata per tutta la settimana sul<br />

<strong>di</strong>scorso del 23 febbraio; riportare anche in prima pagina i passaggi principali del<br />

<strong>di</strong>scorso del Duce, in quadretto o in palchetto o in linee smarginate o in altra forma<br />

<strong>di</strong> rilievo tipografico che potrà essere escogitata <strong>da</strong>i <strong>di</strong>rettori. Interrogare uomini e<br />

donne <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti categorie sociali chiedendo quali sono i punti del <strong>di</strong>scorso del<br />

Duce <strong>da</strong> cui sono stati più colpiti. Queste brevi impressioni, <strong>di</strong> cui si potranno citare<br />

le autentiche forme, dovrebbero costituire una specie <strong>di</strong> intervista collettiva che,<br />

intelligentemente condotta, potrebbe <strong>da</strong>re la sensazione della profon<strong>da</strong> impressione<br />

suscitata <strong>da</strong>l <strong>di</strong>scorso in tutti gli strati sociali.<br />

"L'ora delle decisioni irrevocabili", come la definì Benito Mussolini affacciato <strong>da</strong>l palazzo <strong>di</strong><br />

piazza Venezia, era arrivata: il 10 giugno del 1940 il duce annunciò l'entrata in guerra dell'Italia.<br />

La Secon<strong>da</strong> guerra mon<strong>di</strong>ale segna nel giornalismo italiano un momento molto importante: è<br />

l'inizio della contemporaneità tra eventi e notizie. Gli articoli uscivano mentre i fatti<br />

accadevano ed i giornalisti si trovavano al fronte con i sol<strong>da</strong>ti. Crebbero sempre <strong>di</strong> più le ven<strong>di</strong>te<br />

dei giornali 27 in questo periodo e <strong>da</strong>lla metà degli anni Trenta i quoti<strong>di</strong>ani si evolsero<br />

tecnicamente: si usavano le foto, i titoli <strong>di</strong>ventavano più gran<strong>di</strong> e c’era abbon<strong>da</strong>nza <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

firme. Tutte novità volute <strong>di</strong>rettamente <strong>da</strong> Mussolini e che i lettori apprezzavano.<br />

Nel '37 nacque “Omnibus”, gui<strong>da</strong>to <strong>da</strong> Leo Longanesi: era un settimanale sarcastico e moderno<br />

non sempre gra<strong>di</strong>to al regime. Longanesi era un <strong>di</strong>rettore ironico e intelligente che, finanziato<br />

<strong>da</strong> Rizzoli, <strong>da</strong>va alle stampe il rotocalco <strong>di</strong> varietà culturale, in cui si parlava <strong>di</strong> spettacoli, teatro<br />

e cinema. Fino ad allora “La Domenica del Corriere” era il settimanale più <strong>di</strong>ffuso, poiché si<br />

27 Nel febbraio del 1943 il “Corriere della Sera” arrivò a 782mila copie, “La Stampa” a 550mila, “Il Popolo<br />

d'Italia” a 347mila, “La Gazzetta dello sport” a 80mila.<br />

30


ivolgeva a un pubblico più popolare, Omnibus era chiaramente <strong>di</strong>retto a un'élite <strong>di</strong> lettori. La<br />

sua vita fu però breve: riuscì ad evitare la censura del regime solo per due anni. Nel '39 venne<br />

chiuso.<br />

31


3.9.5 Cinema e LUCE<br />

Nel 1925 venne fon<strong>da</strong>to l’istituto nazionale LUCE, ovvero L’Unione Cinematografica<br />

Educativa: era un ente finalizzato alla propagan<strong>da</strong> e alla <strong>di</strong>ffusione della cultura popolare. Nello<br />

statuto <strong>di</strong> fon<strong>da</strong>zione del Luce, la finalità dell'Istituto era volta alla<br />

"<strong>di</strong>ffusione della cultura popolare e della istruzione generale per mezzo delle visioni cinematografiche, messe<br />

in commercio alle minime con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta possibile, e <strong>di</strong>stribuite a scopo <strong>di</strong> beneficenza e propagan<strong>da</strong><br />

nazionale e patriottica".<br />

Il LUCE rappresentava un efficace<br />

mezzo <strong>di</strong> intervento del regime nel<br />

mondo dello spettacolo: ogni sala<br />

cinematografica <strong>da</strong>l 1926 era infatti<br />

obbligata a proiettare i suoi<br />

cinegiornali 28 ; l’istituto venne poi<br />

messo alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze del<br />

Duce, che doveva supervisionare <strong>di</strong><br />

persona i materiali realizzati.<br />

Agli anni ‘30 risalgono gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Cinecittà, il centro sperimentale <strong>di</strong><br />

Gigantografia all’ingresso <strong>di</strong> Cinecittà<br />

cinematografia <strong>di</strong> Roma. Lo Stato<br />

sostenne finanziariamente l'industria cinematografica e guardò con simpatia, fino alla secon<strong>da</strong><br />

metà degli anni ’30, il cinema americano. Le sale erano numerose in Italia, ma non presenti su<br />

tutto il territorio: nacque <strong>da</strong> ciò il Cinemobile, un mezzo motorizzato che proiettava i film nelle<br />

piazze. Nel 1931 arrivò il passaggio <strong>da</strong>l cinema muto al sonoro. Le caratteristiche principali dei<br />

film <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> fascista sono:<br />

» raffigurare i cambiamenti positivi avvenuti con il fascismo<br />

» raffigurare la grandezza dell'Italia e la de<strong>di</strong>zione alla patria<br />

» raccontare fatti storici inerenti la Storia d'Italia, soprattutto il risorgimento<br />

» raccontare azioni belliche dei sol<strong>da</strong>ti italiani nei vari fronti<br />

» esaltare l'Impero Romano<br />

» esaltare il mondo rurale<br />

» esaltare il colonialismo italiano per la sua missione civilizzatrice<br />

» denigrare gli avversari (Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna)<br />

Del periodo fascista è la stagione cinematografica dei telefoni bianchi(1936 - 1943), che si<br />

contrappone al cinema pe<strong>da</strong>gogico con le sue ambizioni epiche, realistiche e propagan<strong>di</strong>stiche. Il<br />

28 I cinegiornali erano 300 metri <strong>di</strong> pellicola, duravano circa 10 minuti e venivano proiettati prima dell’inizio del<br />

film. Nei cinegiornali tra<strong>di</strong>zionali erano assenti interviste e mezzibusti, erano accompagnati <strong>da</strong> una musica <strong>di</strong><br />

sottofondo ed erano doppiati sempre <strong>da</strong>lla stessa voce. Solitamente le notizie <strong>di</strong> apertura e chiusura erano<br />

centrate sulla figura <strong>di</strong> Mussolini o del regnante.<br />

32


nome proviene <strong>da</strong>lla presenza <strong>di</strong> telefoni bianchi nelle sequenze <strong>di</strong> alcuni film prodotti in<br />

questo periodo, sintomatica <strong>di</strong> benessere sociale, atto a marcare la <strong>di</strong>fferenza <strong>da</strong>i telefoni neri,<br />

maggiormente <strong>di</strong>ffusi. Narrava storie sentimentali a lieto fine, aventi per protagoniste segretarie<br />

spensierate e giovani rampanti, in cui l'idea dello sfarzo e del lusso era comunicata <strong>da</strong><br />

immancabili telefoni bianchi negli interni <strong>di</strong> palazzi fintamente sfarzosi. Ecco alcuni esempi:<br />

» Rotaie (M. Camerini, 1929)<br />

» Gli uomini che mascalzoni (M. Camerini, 1929)<br />

» La segretaria privata (G. Alessandrini, 1931);<br />

» Darò un milione (M. Camerini, 1935);<br />

» Il signor Max (M. Camerini, 1937);<br />

» L'avventuriera del piano <strong>di</strong> sopra (R. Matarazzo, 1941);<br />

» Il birichino <strong>di</strong> papà (R. Matarazzo, 1943).<br />

L'aspetto più vistoso che caratterizza queste comme<strong>di</strong>e è la totale assenza <strong>di</strong> riferimenti alla<br />

realtà politica del paese e ai segni anche esteriori del fascismo. Oltretutto, nella maggior parte<br />

dei casi questi film sono<br />

ambientati a Bu<strong>da</strong>pest e non <strong>di</strong><br />

rado derivano <strong>da</strong> romanzi o<br />

comme<strong>di</strong>e ungheresi. Il cinema<br />

dei telefoni bianchi è anche<br />

quello degli attori <strong>di</strong> grande<br />

successo, <strong>di</strong> personaggi che<br />

fuggivano <strong>da</strong>lla realtà quoti<strong>di</strong>ana<br />

celebrano gli ideali borghesi. A<br />

posteriori venne considerato<br />

come una subdola espressione del<br />

conformismo caro al regime<br />

fascista, che aveva basato il suo<br />

potere sul consenso delle classi<br />

me<strong>di</strong>e e borghesi. Il genere<br />

passionale durò praticamente<br />

<strong>da</strong> Telefoni bianchi <strong>di</strong> Dino Risi (1976)<br />

fino alla fine degli anni ‘40, dopo<strong>di</strong>ché prenderà il sopravvento il neorealismo che sarà la fortuna<br />

del cinema italiano nel mondo.<br />

3.9.6 Sport e ONB<br />

L'organizzazione paramilitare della scuola, l'istituto dell’Opera Nazionale Balilla (ONB)<br />

costituito nel 1926, servì a monopolizzare, <strong>da</strong>i primi anni delle classi elementari, il processo<br />

formativo ed educativo dei giovani secondo il principio del "credere, obbe<strong>di</strong>re, combattere", che<br />

tendeva a trasformare ogni citta<strong>di</strong>no in un sol<strong>da</strong>to, pronto a rispondere agli or<strong>di</strong>ni e fedele<br />

esecutore delle <strong>di</strong>rettive impostegli <strong>da</strong>ll'alto. Fino agli anni ‘30 fu promulgata l’idea <strong>di</strong><br />

un’educazione fisica <strong>di</strong> massa: non a caso Mussolini fu spesso ritratto in foto come aviatore,<br />

schermidore, automobilista, cavaliere ..., incarnante il simbolo dello sport espresso <strong>da</strong>l regime,<br />

33


visto come attività virile 29 . Il regime <strong>di</strong> Mussolini costituisce il primo esempio <strong>di</strong> una<br />

organizzazione sportiva utilizzata come strumento <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong>.<br />

Con l’avvento della prima guerra mon<strong>di</strong>ale, il crescere <strong>di</strong> vittorie olimpiche degli atleti italiani<br />

rappresentava un qualcosa <strong>di</strong> molto importante per i progetti fascisti: 24 me<strong>da</strong>glie conquistate<br />

alle Olimpia<strong>di</strong> <strong>di</strong> Anversa nel 1920, 16 a Parigi quattro anni dopo, 19 ad Amster<strong>da</strong>m nel 1928 e<br />

37 a Los Angeles nel 1932. Nel ciclismo le vittorie del Tour de France <strong>di</strong> Gino Bartali (Ponte a<br />

Ema, 1914 – Firenze, 2000), nei campionati del mondo, negli sport motoristici: nelle Mille<br />

Miglia si concretizzata il mito propagan<strong>di</strong>stico e futuristico della velocità, con i campioni<br />

italiani alla gui<strong>da</strong> <strong>di</strong> Alfa Romeo, Bugatti e Maserati, macchine simbolo dell’industria<br />

automobilistica italiana. La Juventus e il Bologna erano già squadre <strong>di</strong> calcio che competevano<br />

in tornei internazionali, mentre la nazionale vinceva 45 partite su 62, ne pareggiava 11 e ne<br />

perdeva solo 6, dopo essersi aggiu<strong>di</strong>cata due volte consecutive la Coppa Rimet e l’oro olimpico a<br />

Berlino. Lo Sport <strong>di</strong>veniva quin<strong>di</strong> un’attività educativa in linea con i progetti della nazione<br />

guerriera propagan<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>l fascismo. Era un’attività <strong>di</strong> massa, in grado <strong>di</strong> stabile una nuova<br />

gerarchia <strong>di</strong> valori basata sulla legge del più forte. Di quest’idea era simbolo Primo Carnera<br />

(Sequals, 1906 – Sequals, 1967), il pugile italiano che vinse il titolo mon<strong>di</strong>ale dei pesi massimi.<br />

3.9.7 Donne e OMNI<br />

L’atteggiamento fascista nei confronti della donna era duplice: <strong>da</strong> un lato era il custode ed<br />

angelo del focolare domestico, <strong>da</strong>ll’altro un mezzo per ottenere il consenso. Si voleva una<br />

“donna fascista per l’Italia fascista”, ne veniva sottolineato il ruolo <strong>di</strong> madre e <strong>di</strong> massaia. Si era<br />

creato il modello della donna-madre, che venne sostenuto <strong>da</strong>lla creazione dell’OMNI, l’Opera<br />

Nazionale per la protezione della Maternità e dell'Infanzia: nella sua ricerca <strong>di</strong> “nascite, ancora<br />

nascite”, la <strong>di</strong>ttatura oscillava tra riforme e repressione, tra l’incoraggiamento dell’iniziativa<br />

in<strong>di</strong>viduale e l’offerta <strong>di</strong> concreti incentivi statali. L’OMNI rappresentava meglio <strong>di</strong> qualsiasi<br />

altra iniziativa questo lato riformista; istituito nel <strong>di</strong>cembre del 1925 con l’entusiastico sostegno<br />

dei cattolici, dei nazionalisti e dei liberali, esso si occupava principalmente delle donne e due<br />

fanciulli che non rientravano nelle normali strutture familiari: la donna veniva istruita<br />

nell'economia domestica e nell'educazione dei bambini, veniva inserita in associazioni per<br />

ragazze, per giovani, per massaie e laureate.<br />

"Madri nuove per i figli nuovi" era lo slogan del Duce che tendeva sempre a porre l’attenzione in<br />

ogni occasione sulla funzione sociale della donna. A lei si rivolgeva nei momenti <strong>di</strong> maggiore<br />

<strong>di</strong>fficoltà, facendo leva sul mito della fecon<strong>di</strong>tà. Da sempre ignorata <strong>da</strong>gli organi <strong>di</strong> potere, la<br />

donna <strong>di</strong>ventava sensibile alla chiamata del Duce.<br />

3.9.8 La classe intellettuale<br />

Il fascismo ha anche cercato <strong>di</strong> sfruttare il ceto intellettuale per il consenso. Una parte <strong>di</strong><br />

questo aderì al fascismo iscrivendosi all’Accademia d’Italia, il cui segretario era il futurista<br />

29 cfr. capitolo 3.9.9<br />

34


Marinetti (Alessandria d'Egitto, 1876 – Bellagio, 1944), o all’Istituto Treccani, come nel caso <strong>di</strong><br />

Pirandello (Agrigento, 1867 – Roma, 1936) che s’iscrisse al partito dopo l’assassinio <strong>di</strong><br />

Matteotti (Fratta Polesine, 1885 – Roma, 1924). Con l’avvento del regime i movimenti <strong>di</strong><br />

avanguar<strong>di</strong>a cominciarono nella maggior parte dei casi a coincidere con il fascismo.<br />

Non ci fu però una vera e propria<br />

letteratura fascista; ogni accenno<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ssenso fu censurato e<br />

represso: Gobetti (Torino, 1901 –<br />

Parigi, 1926) morì ucciso, Gramsci<br />

(Ales, 1891 – Roma, 1937) in<br />

carcere, i fratelli Rosselli<br />

assassinati in Francia. Le due<br />

figure tipo del fascismo e<br />

dell’antifascismo, <strong>da</strong>l punto <strong>di</strong><br />

vista intellettuale, furono<br />

Il Duce e G. D’Annunzio B. Croce<br />

senz’altro Giovanni Gentile<br />

(Castelvetrano, 1875 – Firenze, 1944) e Benedetto Croce (Pescasseroli, 1866 – Napoli, 1952):<br />

al primo, filosofo ufficiale del regime, il merito-demerito <strong>di</strong> aver teorizzato lo <strong>stato</strong> totalitario in<br />

cui ogni in<strong>di</strong>viduo doveva identificarsi; fu poi Ministro della Pubblica Istruzione, presidente<br />

dell’Enciclope<strong>di</strong>a Italiana, la Treccani, e dell’Accademia d’Italia. Croce, invece, era un liberale<br />

giolittiano, che mai si piegò al regime e che scrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti.<br />

3.9.9 Manifesti<br />

35


3.10. Il Nazismo e Hitler<br />

Il modello dello <strong>stato</strong> fascista fu preso a modello <strong>da</strong>lla Germania nazista, soprattutto come<br />

strumento per <strong>di</strong>ffondere l’ideologia nelle masse, ossia come metodo propagan<strong>di</strong>stico. Il fuhrer,<br />

Adolf Hitler (Branau, 1889 – Berlino, 1945), poteva però godere del talento <strong>di</strong> colui che può<br />

essere considerato il più grande propagan<strong>di</strong>sta del secolo scorso, Joseph Goebbels (Rheydt,<br />

1897 – Berlino, 1945): un uomo minuto e menomato nel fisico, <strong>da</strong>lla straor<strong>di</strong>naria intelligenza,<br />

grazie al quale l’ideologia nazista fu appresa ed accettata <strong>da</strong> ogni tedesco. Era uno straor<strong>di</strong>nario<br />

oratore e il suo eccezionale talento contribuì non poco alla scalata al potere <strong>di</strong> Hitler che, a capo<br />

<strong>di</strong> un piccolo partito <strong>di</strong> provincia, fu in grado <strong>di</strong> conquistare la Germania e quasi tutta l’Europa.<br />

Goebbels persuase per conto <strong>di</strong> Hitler le masse, che rimasero estasiate <strong>da</strong>lla sua oratoria nei<br />

comizi. Nel ‘29 <strong>di</strong>venne prima capo dell’ufficio <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> quin<strong>di</strong> ministro della stessa e<br />

concentrò nelle sue mani un potere immenso. Nel ’33 fu messo a capo della Camera della<br />

Cultura, che controllava cinema, stampa, ra<strong>di</strong>o, televisione, musica ed ogni tipo <strong>di</strong> arte. Grazie<br />

alla ra<strong>di</strong>o le sue orazioni entrarono nelle case <strong>di</strong> ogni tedesco, grazie al controllo della stampa<br />

36


fece in modo che i giornalisti dovessero rispondere non ai <strong>di</strong>rettori ma ai suoi funzionari e che<br />

tutte le agenzie <strong>di</strong> stampa si riunissero nella DNB (Deutsches Nachrichten Bureau, l’ufficio<br />

tedesco delle notizie).<br />

Fu lo stesso Goebbels a ideare la notte dei cristalli30 : l’esteta del terzo reich Albert Speer<br />

(Mannheim, 1905 – Londra, 1981) fu incaricato <strong>di</strong> creare la giusta ambientazione e le corrette<br />

geometrie <strong>di</strong> esecuzione per<br />

<strong>da</strong>re un’idea <strong>di</strong> grandezza e <strong>di</strong><br />

dominio. Nell’arena<br />

progettata <strong>da</strong> Speer, Adolf<br />

Hitler attraversava una marea<br />

<strong>di</strong> persone, <strong>di</strong> milizie, <strong>di</strong><br />

sten<strong>da</strong>r<strong>di</strong>, tra squilli <strong>di</strong> tromba<br />

e rulli <strong>di</strong> tamburi: Hitler era<br />

idolatrato come un Dio e<br />

l’ambientazione <strong>di</strong>segnata <strong>da</strong><br />

Speer, con i suoi giochi <strong>di</strong> luci,<br />

lo fece sembrare quasi come un<br />

Leni Riefensthal<br />

essere soprannaturale; ogni<br />

cosa era stata stu<strong>di</strong>ata con<br />

minuziosità <strong>da</strong>l Ministro e<br />

<strong>da</strong>ll’esteta, persino le riprese,<br />

che furono affi<strong>da</strong>te a Leni<br />

Riefensthal (Berlino, 1902 –<br />

Pöcking, 2003), la quale<br />

produsse con quelle immagini Albert Speer Joseph Goebbels<br />

“Il trionfo della volontà”:<br />

Hitler veniva rappresentato come un guerriero invincibile, a capo <strong>di</strong> una nazione a lui<br />

devota.<br />

Come per quello fascista, le Olimpia<strong>di</strong> furono molto importanti anche per il regime nazista 31 .<br />

La documentazione <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> Berlino del ’36, ad esempio, fu nuovamente affi<strong>da</strong>ta <strong>da</strong><br />

Goebbels a Leni Riefensthal 32 , che produsse “Olympia”, in cui padroneggiavano i temi del mito<br />

della purezza della razza ariana e del culto della perfezione fisica.<br />

30 La notte tra il 9 e il 10 novembre 1938), in cui vennero uccise circa 400 persone (ufficialmente 91), rase al<br />

suolo <strong>da</strong>l fuoco 267 sinagoghe e devastati 7500 negozi. Circa 30 mila ebrei furono deportati nei campi <strong>di</strong><br />

concentramento. Relativamente al campo <strong>di</strong> Dachau, nel giro <strong>di</strong> due settimane vennero internati oltre 13 mila<br />

ebrei; quasi tutti furono liberati nei mesi successivi (anche se oltre 700 persero la vita nel campo), ma solo dopo<br />

esser stati privati della maggior parte dei loro beni.<br />

31 cfr. capitolo 3.9.6<br />

32 Il talento cinematografico <strong>di</strong> Leni Riefensthal era ed è senz’altro in<strong>di</strong>scusso <strong>da</strong>lla critica, ma la sua carriera dopo<br />

la guerra fu <strong>di</strong> fatto stroncata a causa dei suoi stretti rapporti col nazismo.<br />

37


Con lo scoppio della guerra la politica <strong>di</strong> Goebbels assunse come scopo primario quello <strong>di</strong><br />

esaltare il coraggio e il sacrificio <strong>di</strong> ogni tedesco sul campo <strong>di</strong> battaglia per la vittoria finale sul<br />

nemico e sulla minaccia rappresentata <strong>da</strong> Stalin: temi come quello della grandezza della<br />

Germania nazionalsocialista, del popolo ariano e l’o<strong>di</strong>o contro gli ebrei furono <strong>di</strong> fatto<br />

accantonati. Quando la guerra stava ormai cessando, la propagan<strong>da</strong> continuò comunque la sua<br />

opera <strong>di</strong> persuasione delle masse, con filmati e trasmissioni ra<strong>di</strong>ofoniche che spingevano ala<br />

resistenza contro gli angloamericani e i russi e alla <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> una Berlino ormai <strong>di</strong>strutta: l’ultima<br />

realizzazione cinematografica voluta <strong>da</strong> Goebbels fu il film “Kolberg”, in cui si narrava la <strong>di</strong>fesa<br />

<strong>di</strong> una città asse<strong>di</strong>ata nel 1806 che riuscì a resistere all’asse<strong>di</strong>o sacrificandosi fino all’ultimo<br />

uomo. Nonostante questo, la propagan<strong>da</strong> alla fine servì a poco: l’Armata Rossa aveva invaso<br />

Berlino e Goebbels decise <strong>di</strong> seguire Hitler nella morte, insieme a tutta la sua famiglia. Era il 1<br />

maggio 1945.<br />

3.11. La secon<strong>da</strong> guerra mon<strong>di</strong>ale<br />

Tra il 1939 e il 1945, sia i governi Alleati sia quelli dell'Asse influenzarono notevolmente<br />

comportamenti e atteggiamenti attraverso la propagan<strong>da</strong>. Questa si sviluppò tramite stampa,<br />

volantini, trasmissioni ra<strong>di</strong>ofoniche, cinema e manifesti pubblicitari. Sia per gli Alleati sia per<br />

l’Asse fu necessario, per prepararsi alla Guerra, motivare il popolo e aumentare notevolmente<br />

la produzione.<br />

Gli Stati Uniti, appena usciti <strong>da</strong>lla depressione, sopportarono una politica isolazionista. La<br />

maggior parte dei citta<strong>di</strong>ni, soprattutto quella parte che ricor<strong>da</strong>vano la Grande Guerra, pensava<br />

che farsi coinvolgere in una guerra così costosa non sarebbe stata una buona decisione per<br />

l'America, che la guerra iniziata in Europa e Asia sarebbe stata lontana <strong>da</strong> loro e <strong>da</strong>lle loro<br />

esistenze in America. La maggior parte credeva che le risorse sarebbero dovute essere utilizzate<br />

per la ricostruzione del paese a seguito della depressione, e non per una guerra che non li<br />

riguar<strong>da</strong>va. Tuttavia il governo degli Stati Uniti capì che prima o poi l’America sarebbe stata<br />

coinvolta: iniziò quin<strong>di</strong> una campagna <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> per convincere il pubblico americano<br />

che la guerra era necessaria e per avviare un considerevole aumento della produzione in vista<br />

della guerra. Tuttavia, dopo l'attacco <strong>di</strong> Pearl Harbor, tali sforzi non furono più necessari in<br />

quanto l'opinione pubblica aveva ormai chiaramente percepito la minaccia nemica: dopo Pearl<br />

Harbor la propagan<strong>da</strong> ebbe lo scopo <strong>di</strong> aumentare la produzione <strong>di</strong> materie prime, nonché la<br />

conservazione <strong>di</strong> esse, come la benzina, in vista della guerra. Senza la propagan<strong>da</strong>, l'America<br />

probabilmente non avrebbe vinto la guerra.<br />

In Germania fu necessario per i nazisti adeguare le loro propagande ai <strong>di</strong>versi or<strong>di</strong>ni del giorno.<br />

Era importante unificare l’opinione pubblica tedesca e prepararla alla guerra: in primo luogo,<br />

la propagan<strong>da</strong> doveva convincere il popolo tedesco della necessità <strong>di</strong> una guerra a causa<br />

dell’inadeguatezza delle sanzioni <strong>di</strong> guerra imposte alla Germania <strong>da</strong>gli altri paesi. Inoltre,<br />

poiché la Germania non possedeva strutture industriali pari a quelle degli Alleati, fu per loro<br />

ancor più necessario spingere la popolazione ad aumentare la produzione. Per quanto riguar<strong>da</strong><br />

la politica razzista, il governo tedesco, nel tentativo <strong>di</strong> portare avanti il suo progetto <strong>di</strong> sterminio<br />

38


ai <strong>da</strong>nni degli ebrei e delle altre minoranze etniche, cercò <strong>di</strong> far leva sui pregiu<strong>di</strong>zi razziali delle<br />

masse. Ciò fu estremamente importante perchè, quando le deportazioni iniziarono, non si<br />

sollevò nessun movimento <strong>di</strong> protesta contro <strong>di</strong> esse. La propagan<strong>da</strong> tedesca contribuì a<br />

formare in Germania quella macchina <strong>da</strong> guerra così efficiente <strong>da</strong> tener testa a tutte le<br />

superpotenze mon<strong>di</strong>ali e giocò un ruolo importante sia prima che durante la guerra. Senza la<br />

propagan<strong>da</strong>, la guerra avrebbe senz’altro avuto un corso ed esiti <strong>di</strong>versi.<br />

3.11.1 Manifesti: Germania<br />

Der Der JJude.<br />

J ude. Kriegsanstifter Kriegsverlä<br />

Kriegsverlängerer<br />

Kriegsverlä<br />

ngerer<br />

L’ebreo. Guerrafon<strong>da</strong>io e tra<strong>di</strong>tore..<br />

Un poster antisemita <strong>di</strong>ffusosi <strong>da</strong>l 1944 in Germania. L’ebreo è<br />

rappresentato secondo l’iconografia nazista, grosso, come un<br />

nemico <strong>da</strong> combattere. In basso le braccia dei tedeschi alzate a<br />

guerra verso <strong>di</strong> lui.<br />

So So wie wie wir wir kämpfen. kämpfen. Arbeit Arbeite Arbeit Arbeit e Dū ffur<br />

f<br />

ur ur den den Sieg!<br />

Sieg!<br />

Combatti proprio come noi. Si lavora per la vittoria!<br />

Poster pubblicato durante la secon<strong>da</strong> guerra mon<strong>di</strong>ale, in<br />

Germania. Incita all’arruolamento nell’esercito e a combattere per<br />

la vittoria del Reich.<br />

30 30 30 januar januar 1933 1933-1943 1933 1943 Ein Kampf, EEin<br />

E<br />

in Sieg!<br />

Sieg!<br />

30 gennaio 1933-1943 Una battaglia, una vittoria!<br />

Il 30 Gennaio 1943 fu il decimo anniversario della presa del<br />

potere del nazismo. Questo manifesto definisce la guerra nel 1943<br />

contro tutto il mondo come la continuazione della guerra del ’33<br />

per la salita al potere del nazismo. Il poster venne ritirato dopo la<br />

<strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Stalingrado.<br />

39


3.11.2 Manifesti: Stati Uniti<br />

Keep Keep these these hands hands off off ! ! Buy Buy the the new new victory victory bonds<br />

bonds<br />

Tieni lontane queste mani! Acquista le obbligazioni della nuova<br />

vittoria.<br />

L'immagine della donna innocente che protegge un bambino<br />

in<strong>di</strong>feso <strong>da</strong>i nazisti e <strong>da</strong>i russi, raffigurati come mani dotate <strong>di</strong><br />

artigli. Il messaggio del manifesto esprime che, acquistando le<br />

obbligazioni <strong>di</strong> guerra, si proteggono le donne e i bambini<br />

americani.<br />

St Stamp St amp ‘em out! Beat Your promise<br />

Eliminiamoli! Rispetta la tua promessa<br />

Questa immagine rappresenta nuovamente tedeschi, giapponesi e<br />

italiani come il male. I due serpenti con tatuati i simboli nazisti e<br />

dell’impero giapponese rappresentano appunto Germania e<br />

Giappone. La rana ferita rappresenta invece Mussolini.<br />

Warning! Warning! Our Our homes homes are are in in <strong>da</strong>nger <strong>da</strong>nger now. now. Our Our job: job: keep’em<br />

keep’em<br />

firing<br />

firing<br />

Attenzione! Le nostre case sono ora in pericolo. Il nostro compito:<br />

tenerli sotto tiro.<br />

Mostra un giapponese sul lato sinistro e un tedesco sul lato destro,<br />

raffigurati con il loro simbolo tra<strong>di</strong>zionale. Il giapponese è simile<br />

ad una scimmia con lo sguardo assetato <strong>di</strong> sangue. Il tedesco è<br />

ritratti con caratteristiche identiche a Adolf Hitler. Sono in<br />

possesso <strong>di</strong> un’arma, un coltello sanguinante in mano al<br />

giapponese ed una pistola al tedesco.<br />

40


3.11.1 Manifesti: Regno Unito<br />

3.11.1 Manifesti: Italia<br />

Keep Keep mum, mum, mum, she’s she’s not not so so dumb!<br />

dumb!<br />

Attenzione mamma, lei non è così stupi<strong>da</strong>.<br />

Raffigura un’affascinante donna bion<strong>da</strong> sdraiata in un ufficio in<br />

cui gli ufficiali <strong>di</strong> tutte le forze armate americane parlano tra <strong>di</strong><br />

loro <strong>di</strong> segreti militari e, sbagliando, credono che non li rivelerà al<br />

nemico. La campagna propagan<strong>di</strong>stica era sulla falsariga Cherchez<br />

la femme (cercate la donna) e ricor<strong>da</strong>va che anche le belle donne<br />

possono essere intelligenti.<br />

Careless Careless talk talk costs costs lives<br />

lives<br />

Parlare incurantemente costa delle vite<br />

E’ sempre il tema precedente. I manifesti <strong>di</strong> questo tipo (e furono<br />

molti) rimproverano quegli americani che con troppa facilità<br />

rivelavano segreti sulla loro nazione agli estranei. Spesso veniva<br />

raffigurato un pullman con Hitler e Goebbels che ascoltavano la<br />

conversazione <strong>di</strong> due passeggeri americani.<br />

La La Germania Germania è è veramente veramente vostra vostra amica<br />

amica<br />

Poster tedesco rivolto agli italiani che mirava a non far dubitare<br />

questi ultimi sulla reale amicizia della Germania.<br />

41


Vostro Vostro amico? amico? / / Difen<strong>di</strong>la! ifen<strong>di</strong>la! ifen<strong>di</strong>la!<br />

Potrebbe Potrebbe essere essere tua tua madre, madre, tua<br />

tua<br />

sorella, sorella, tua tua figlia<br />

figlia<br />

La propagan<strong>da</strong> <strong>di</strong> stampo nazifascista<br />

usava sfruttare il concetto secondo il<br />

quale gli angloamericani erano dei<br />

barbari senza alcun principio morale<br />

e materiale, che non rispettavano né<br />

la cultura, né il popolo italiano.<br />

3.12 La Guerra Fred<strong>da</strong><br />

Sia gli Stati Uniti e che l'Unione Sovietica utilizzarono ampiamente la propagan<strong>da</strong> durante la<br />

Guerra Fred<strong>da</strong>: cinema, televisione e ra<strong>di</strong>o furono utilizzati per influenzare i due schieramenti.<br />

Gli Stati Uniti identificarono come nemico pubblico il regime sovietico e forme <strong>di</strong> governo<br />

simili, definite negli anni ottanta <strong>da</strong> Reagan (Tampico,<br />

1911 – Los Angeles, 2004) come il grande male. La<br />

guerra al comunismo era dunque una guerra del bene<br />

contro il male, scatenata <strong>da</strong>gli Stati Uniti inizialmente<br />

all’interno del loro territorio nazionale, che si sviluppò<br />

come una sorta <strong>di</strong> caccia alle streghe, una caccia ai<br />

comunisti infiltrati all’interno della società statunitense.<br />

All’esterno venne portata avanti un’aggressiva<br />

campagna anticomunista, culminata con interventi<br />

militari in ogni angolo del mondo. L’accostamento <strong>di</strong> un<br />

paese al modello sovietico era pretesto sufficiente per<br />

<strong>da</strong>r vita ad una guerra: fu questo il caso del Vietnam33 R. Reagan<br />

e<br />

dei paesi dell’America Latina. Un altro mezzo utilizzato per lo sra<strong>di</strong>camento del comunismo era<br />

quello della propagan<strong>da</strong> culturale: l’intelligence statunitense finanziava alcuni intellettuali del<br />

luogo per promuovere l’ideologia anticomunista e per <strong>di</strong>ffondere l’american way of life. Quando<br />

veniva descritta la vita nei paesi capitalistici, negli Stati Uniti in particolare, la propagan<strong>da</strong><br />

sovietica si focalizzava su temi sociali come la povertà e l'azione antisin<strong>da</strong>cale <strong>da</strong> parte del<br />

governo. Quando veniva descritta la vita nei paesi comunisti, la propagan<strong>da</strong> occidentale cercava<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere l'immagine <strong>di</strong> una citta<strong>di</strong>nanza tenuta prigioniera <strong>da</strong>i governi, che operavano<br />

lavaggi <strong>di</strong> cervello. L'Occidente ha anche <strong>da</strong>to vita ad una paura dell’Oriente, simboleggiato<br />

<strong>da</strong>ll’aggressività dell’Unione Sovietica.<br />

33 cfr. capitolo 3.12.4<br />

42


George Orwell 34 (pseudonimo <strong>di</strong> Eric Arthur Blair. Motihari, 1903 – Londra, 1950) è <strong>stato</strong><br />

sicuramente uno dei principali teorici della propagan<strong>da</strong> durante la Guerra Fred<strong>da</strong>, con i suoi<br />

celeberrimi romanzi Animal Farm e 1984, ma soprattutto con i suoi saggi.<br />

3.12.1 George Orwell: “I confini fra arte e propagan<strong>da</strong>”<br />

In quest’opera pubblicata nel 1941 col titolo originale “The Frontiers of Arts and Propagan<strong>da</strong>”,<br />

Orwell analizza e critica la letteratura inglese degli anni ’30. Secondo il suo pensiero, la<br />

letteratura inglese avrebbe perso ogni tipo <strong>di</strong><br />

interesse estetico, impregnandosi <strong>di</strong><br />

propagan<strong>da</strong>: gli scrittori a lui contemporanei<br />

sono stati degli autori politici, <strong>di</strong><strong>da</strong>ttici, più<br />

interessati ai temi che alla tecnica. Dichiara poi<br />

che anche la stessa critica letteraria ha<br />

considerato i libri alla stregua <strong>di</strong> opuscoli politici,<br />

poco interessata ai pregi strettamente letterari.<br />

Facendo un paragone con gli scrittori degli anni<br />

’20, come T. S. Eliot (Saint Louis, 1888 –<br />

Londra, 1965), Ezra Pound (Hailey, 1885 –<br />

Venezia, 1972) e Virginia Woolf (Londra, 1882<br />

– Rodmell, 1941), spiega come questi ultimi,<br />

G. Orwell<br />

sebbene ovviamente avessero delle convinzioni e dei giu<strong>di</strong>zi personali, fossero molto più<br />

interessati alle innovazioni tecniche che a qualsiasi significato politico o sociale. James Joyce<br />

(Dublino, 1882 - Zurigo, 1941) rappresenterebbe perfettamente questo concetto: era un<br />

tecnico, col suo stream of consciousness, un artista puro. Durante gli anni ’20 la forma contava<br />

senz’altro più del contenuto, si <strong>da</strong>va per scontata la nozione <strong>di</strong> art for art's sake: ad<strong>di</strong>rittura<br />

c’era chi sosteneva <strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care un libro unicamente sulla base della sua fattura,<br />

dello stile, e <strong>di</strong> essere pressoché in<strong>di</strong>fferente alle opinioni dell’autore. Qualche anno dopo,<br />

all’estremo opposto, ci sarà chi affermerà che, per avere un qualsivoglia valore, una qualsiasi<br />

produzione letteraria dovesse avere delle tendenze marxiste.<br />

“[…] l’Inghilterra è per il momento priva <strong>di</strong> identificabili tendenze letterarie; in cambio, però, [gli ultimi<br />

avvenimenti, la grande guerra] ci hanno aiutato a definire meglio <strong>di</strong> quanto potessimo fare prima, i confini<br />

fra arte e propagan<strong>da</strong>.”<br />

34 Nasce in In<strong>di</strong>a il 25 giugno 1903 con il nome <strong>di</strong> Eric Arthur Blair, a Motihari. La famiglia è <strong>di</strong> origine scozzese,<br />

<strong>di</strong> modeste con<strong>di</strong>zioni economiche: il padre, angloin<strong>di</strong>ano, fa parte dell'amministrazione britannica in In<strong>di</strong>a.<br />

Frequenta l’università in Inghilterra, dunque si arruola nel 1922 nella In<strong>di</strong>an Imperial Police, prestando servizio<br />

in Birmania: questa esperienza ispira il suo primo romanzo, “Giorni Birmani”. Rientrato in Europa, il desiderio <strong>di</strong><br />

conoscere le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita delle classi <strong>di</strong>sagiate lo induce a vivere nei quartieri più poveri <strong>di</strong> Parigi e <strong>di</strong><br />

Londra. Scoppiata la Guerra Civile Spagnola vi prende parte combattendo tre le file dei marxisti: ciò lo portano a<br />

pubblicare un <strong>di</strong>ario-reportage polemico, il celebre "Omaggio alla Catalogna" (1938). Da qui in avanti ogni sua<br />

riga sarà spesa contro il Totalitarismo. Nel 1945 compare il primo dei suoi due famosi romanzi utopici "La<br />

fattoria degli animali" e tre anni dopo il secondo, “1984”. Scrisse anche molta saggistica, spaziando <strong>da</strong>lla critica<br />

letteraria ad argomenti socio-politici. Muore il 21 gennaio 1950 per tubercolosi, a Londra.<br />

43


3.12.2 George Orwell: “Letteratura e Totalitarismo”<br />

In Letteratura e Totalitarismo (Literature and Totalitarinism, 1941) Orwell definisce il suo<br />

personalissimo pensiero sul rapporto tra la letteratura ed i governi totalitari. Nell’epoca in cui<br />

vive, l’in<strong>di</strong>viduo autonomo cessa <strong>di</strong> esistere, perde la sua illusione <strong>di</strong> essere autonomo. La<br />

letteratura è l’espressione vera <strong>di</strong> ciò che lo scrittore pensa o non è niente: sembra scontato <strong>di</strong>rlo,<br />

ma il patto tra autore e lettore prevede che il primo non <strong>di</strong>ca bugie, che esprima nella sua opera<br />

quello che veramente pensa. Nell’epoca del totalitarismo, però, questo non può avvenire: lo<br />

<strong>stato</strong> totalitario non consente e non può consentire alcun tipo <strong>di</strong> libertà, come quella <strong>di</strong><br />

espressione. Lo <strong>stato</strong> comunista, ad esempio, dovrebbe farsi carico della vita economica degli<br />

in<strong>di</strong>vidui, dunque anche degli intellettuali, che risulterebbero liberati <strong>da</strong>lle paure economiche,<br />

come la povertà e la <strong>di</strong>soccupazione: in un contesto del genere, l’arte sarebbe in grado <strong>di</strong> fiorire e<br />

<strong>di</strong> svilupparsi anche maggiormente rispetto ad un contesto capitalista. In realtà però, non<br />

avviene così. Uno <strong>stato</strong> totalitarista controlla il pensiero del suo popolo: non solo ti impe<strong>di</strong>sce<br />

<strong>di</strong> esprimere le tue, ma ti impone anche le sue idee, imponendoti la sua ideologia e controllando<br />

così anche la tua vita emotiva ed intellettuale.<br />

“[…] può la letteratura sopravvivere in una simile atmosfera? ”<br />

Ciononostante, Orwell afferma che in un’atmosfera <strong>di</strong> oppressione, <strong>di</strong> limitazione del pensiero,<br />

può comunque nascere una buona letteratura. E’ il caso dei Canterbury Tales <strong>di</strong> Chaucer<br />

(Londra, ca. 1343 – Londra, 1400), scritti nonostante il controllo dogmatico della chiesa<br />

me<strong>di</strong>evale. Vanno però sottolineate le <strong>di</strong>fferenze tra il totalitarismo moderno e le ortodossie del<br />

passato: queste ultime non mutavano, almeno non rapi<strong>da</strong>mente. La chiesa me<strong>di</strong>evale imponeva<br />

ciò a cui si doveva credere, dei dogmi che rimanevano immutati nel tempo. Nel totalitarismo,<br />

invece, i dogmi in<strong>di</strong>scutibili <strong>da</strong> esso fissati vengono quoti<strong>di</strong>anamente cambiati: basti pensare<br />

alla concezione che il nazismo <strong>da</strong>va della Russia alla sua popolazione. Fino al ‘39 il russo doveva<br />

essere guar<strong>da</strong>to con orrore e avversione, <strong>da</strong>l ‘39 l’inglese dovrà invece guar<strong>da</strong>rlo con affetto, in<br />

quanto alleato. E Orwell non sa (in quanto il saggio risale al 1941) che i tedeschi dovranno<br />

ancora mutare la loro idea sui russi.<br />

“Chiunque avverta il valore, chiunque compren<strong>da</strong> il ruolo centrale che la letteratura svolge nello sviluppo<br />

della storia umana, deve anche comprendere che la resistenza al totalitarismo, sia esso imposto <strong>da</strong>ll’esterno o<br />

<strong>da</strong>ll’interno, è questione <strong>di</strong> vita o <strong>di</strong> morte. ”<br />

3.12.3 George Orwell: “La Libertà <strong>di</strong> Stampa”<br />

Nel saggio The Freedom of Press, pubblicato nel 1945, Orwell scrive:<br />

“[…] in questo momento il maggior pericolo per la libertà <strong>di</strong> pensiero e <strong>di</strong> parola non è l'interferenza <strong>di</strong>retta<br />

del Ministero dell'Informazione o <strong>di</strong> altri organismi ufficiali. Se e<strong>di</strong>tori e <strong>di</strong>rettori si impongono <strong>di</strong> escludere<br />

<strong>da</strong>lle loro pubblicazioni determinati argomenti, non è perché abbiano paura dei processi, ma perché hanno<br />

paura dell'opinione pubblica. Nel nostro Paese il peggior nemico che uno scrittore o un giornalista si trova ad<br />

affrontare è la vigliaccheria intellettuale, e non mi pare che il fatto sia <strong>stato</strong> <strong>di</strong>battuto come merita. ”<br />

44


L’autore afferma che in Inghilterra, durante la guerra, non si è sviluppata una vera e propria<br />

censura ufficiale e nel complesso il governo inglese ha tollerato bene le opinioni più<br />

minoritarie. Ciò che preoccupa il giornalista è che la censura inglese è un fenomeno spontaneo,<br />

che permette <strong>di</strong> ridurre al silenzio le idee impopolari senza che siano necessari veti ufficiali.<br />

Alcune notizie sensazionali sono state del tutto ignorate <strong>da</strong>lla stampa per un tacito accordo<br />

secondo cui “non sta bene” pubblicare determinate cose, non per intervento del governo. Le<br />

opinioni anticonformiste non trovano quasi mai spazio nelle riviste, ma non sono soggette a<br />

censura <strong>da</strong> parte dello <strong>stato</strong>. Uno dei temi su cui questa censura “spontanea” agisce<br />

particolarmente è quello russo. “Non sta bene” ad esempio porre all’attenzione del pubblico<br />

fatti che il governo russo preferisce non rivelare. Il vero problema è il consenso degli intellettuali<br />

a questo modus operan<strong>di</strong> della stampa: nessun intellettuale inglese scriverebbe contro Stalin<br />

(Iosif Vissarionovič Džugašvili; Gori, 1878 - Mosca, 1953), ma lo farebbe tranquillamente<br />

contro Churcill (Blenheim Palace, 1874 – Londra, 1965).<br />

“Indubbiamente era possibile pubblicare libri antirussi, ma chi lo faceva poteva star certo che quasi tutta la<br />

stampa intellettuale avrebbe ignorato o mistificato le sue idee”.<br />

Ognuno <strong>di</strong> noi dà per scontate quelle celebri parole <strong>di</strong> Voltaire (Parigi, 1694 - Parigi, 1778)<br />

“Detesto ciò che <strong>di</strong>ci, ma <strong>di</strong>fenderò fino alla morte il tuo <strong>di</strong>ritto a <strong>di</strong>rlo”: una frase su cui si fon<strong>da</strong><br />

tutta la civiltà occidentale, che dà a chiunque il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> scrivere e <strong>di</strong>re ciò che ritiene vero. Il<br />

governo inglese, in questo periodo, secondo Orwell, starebbe solo fingendo <strong>di</strong> rispettarlo.<br />

“So che gli intellettuali britannici hanno molte ragioni per comportarsi con tanta viltà e <strong>di</strong>sonestà; anzi,<br />

conosco a memoria le loro giustificazioni. Almeno però piantiamola con le baggianate sulla <strong>di</strong>fesa della<br />

libertà contro il fascismo. Se la libertà significa qualcosa, significa <strong>di</strong>re alla gente ciò che non vuole sentirsi<br />

<strong>di</strong>re”.<br />

3.12.4 La televisione: Corea e Vietnam<br />

Negli Stati Uniti l’esperienza propagan<strong>di</strong>stica della secon<strong>da</strong> guerra mon<strong>di</strong>ale rese i giornalisti<br />

più attenti sospettosi verso i fatti loro presentati e dubbiosi riguardo le verità che i potenti<br />

sembravano costruire appositamente. Durante la guerra fred<strong>da</strong> l’informazione era un fronte<br />

“bellico” importante, poiché l’equilibrio internazionale basato sul terrore <strong>di</strong> una guerra<br />

nucleare spostò il conflitto su un piano simbolico, in cui <strong>di</strong>ventava decisivo il controllo del<br />

flusso delle informazioni.<br />

In questa sfi<strong>da</strong> in<strong>di</strong>retta tra USA e URSS si combatterono anche guerre reali, in Corea e in<br />

Vietnam. Nella guerra <strong>di</strong> Corea (1950-53) venne imposta un’importante censura militare;<br />

Hollywood rappresentava la guerra secondo i modelli <strong>di</strong> patriottismo ed eroismo della<br />

secon<strong>da</strong> guerra mon<strong>di</strong>ale, mentre la televisione era ancora in una fase <strong>di</strong> esor<strong>di</strong>o, ma destinata a<br />

svilupparsi velocemente. Di fronte a questo nuovo potere il governo statunitense creò<br />

un’immagine televisiva <strong>di</strong> sé che incarnava il mito politico <strong>di</strong> una nazione giovane e<br />

progressista che guar<strong>da</strong>va ad un futuro migliore: i me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>ventavano un canale interno della<br />

45


comunicazione politica permettendo un rapporto <strong>di</strong>retto con l’elettorato 35 . Fu impiegato<br />

incessantemente il news management, la produzione <strong>di</strong> fatti ed eventi capaci <strong>di</strong> fare notizia. Gli<br />

attori politici intervenivano così nel processo <strong>di</strong> produzione delle notizie (con <strong>di</strong>chiarazioni,<br />

comunicati, eventi per me<strong>di</strong>a...): non si trattava quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> limitare l’informazione, ma <strong>di</strong><br />

estenderla entro una strategia, mettendo in circolazione le informazioni desiderate e<br />

prevenendo le notizie sgra<strong>di</strong>te.<br />

La guerra del Vietnam (1954-75) fu simile a quella <strong>di</strong> Corea, in nome dell’anticomunismo.<br />

All’inizio fu raccontata come una marcia trionfale, giustificata <strong>da</strong>lla <strong>di</strong>fesa della democrazia<br />

contro il totalitarismo. La copertura televisiva della guerra fu bassa e occasionale fino al 1965,<br />

per poi crescere fino all’aprile del ‘68 e <strong>di</strong>ventare più regolare <strong>da</strong>l 1973. Fino al ‘68 l’orrore non<br />

veniva mostrato, l’informazione parlava <strong>di</strong> patrioti, del coraggio dei sol<strong>da</strong>ti, della precisione<br />

delle armi ad alta tecnologia, mentre il nemico era demonizzato come crudele e fanatico. Era<br />

una telecronaca soft della guerra, pochissime immagini mostravano scene <strong>di</strong> violenza, morti o<br />

feriti; le storie prevalenti erano quelle degli american boys in azione. Quella del Vietnam fu la<br />

“prima guerra televisiva”. Lo spettatore aveva la sensazione concreta <strong>di</strong> essere testimone della<br />

guerra nel suo stesso svolgersi, partecipava quasi attivamente ad essa. La rappresentazione<br />

televisiva portava ad una teatralizzazione della cronaca <strong>di</strong> guerra (simile al cinema western e al<br />

romanzo d’avventura più che al resoconto). La guerra contro un paese nettamente inferiore<br />

tecnologicamente stava però durando più del previsto, e il Pentagono faceva credere che la<br />

vittoria fosse imminente, nonostante lo svilupparsi <strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenze interne sulla tattica <strong>da</strong> seguire.<br />

I mass me<strong>di</strong>a, che in Vietnam godevano <strong>di</strong> ampia autonomia, all’inizio avevano accettato il<br />

linguaggio e le prospettive dettate tacitamente <strong>da</strong>l governo. Solo nel periodo 1968 - 1973 la<br />

televisione documentò la verità crudele della guerra nelle case delle famiglie americane,<br />

causando la <strong>di</strong>sillusione nei confronti delle istituzioni, il collasso morale della nazione e<br />

l’antimilitarismo dell’opinione pubblica. Per i conservatori si trattava <strong>di</strong> una guerra vinta sul<br />

campo e persa in salotto. Quasi tutti desideravano che l’America vincesse la guerra e solamente<br />

quando fu evidente che l’opposizione alla guerra era in aumento e che il governo stava<br />

tentennando, la televisione riprese anche i contrari alla guerra.<br />

La guerra del Vietnam aveva quin<strong>di</strong> <strong>da</strong>to vita tanto ad una propagan<strong>da</strong> a favore della guerra,<br />

tanto (e maggiormente) ad una contro la stessa. Gli Stati Uniti <strong>di</strong>stribuirono milioni <strong>di</strong><br />

volantini nel 1969 con l'obiettivo <strong>di</strong> rassicurare il Vietnam del Sud della loro protezione e<br />

con<strong>da</strong>nnare il Vietnam del Nord. E’ stata sicuramente la più <strong>di</strong>scussa guerra della storia<br />

americana, che causò tensioni interne anche visto che le cause erano per lo più ignote; gran parte<br />

<strong>di</strong> questa propagan<strong>da</strong> venne portata avanti <strong>da</strong>lla stessa popolazione, non <strong>da</strong>lle organizzazioni<br />

governative, per cui rifletteva la frustrazione della gente nei confronti <strong>di</strong> una guerra<br />

costosissima, sia a livello economico sia a livello <strong>di</strong> vite umane: invocando la pace, speravano che<br />

la guerra avesse fine.<br />

35 Kennedy (Brookline, 1917 – Dallas, 1963) si rivolgeva in <strong>di</strong>retta televisiva agli americani per la prima volta il<br />

25 gennaio 1961, con 60 milioni <strong>di</strong> spettatori.<br />

46


Mobilize Mobilize Mobilize against against the the war<br />

war<br />

Mobilitarsi contro la guerra<br />

Manifesto statunitense stampato nel giugno del 1966 contro la<br />

guerra nel Vietnam.<br />

War War is is not not healthy healthy for for children children and and other other living living things<br />

things<br />

La guerra non è salutare per i bambini e le altre cose viventi<br />

Un altro poster <strong>di</strong> protesta contro la guerra nel Vietnam,<br />

stampato a partire <strong>da</strong>l 1967.<br />

Stop Stop Stop use use of of gas gas in in Vietnam Vietnam<br />

Stop all’uso dei gas in Vietnam<br />

Ancora un poster <strong>di</strong> protesta contro la guerra in Vietnam.<br />

3.13 Le Guerre in Iraq e Afghanistan<br />

Al 2001 risale l'invasione dell'Afghanistan <strong>da</strong> parte degli Stati Uniti a seguito dell’attacco<br />

dell’11 settembre: vennero impiegate <strong>di</strong>verse tecniche psicologiche per demoralizzare i<br />

talebani e per ottenere le simpatie della popolazione locale. Alcuni velivoli furono impiegati per<br />

trasmettere via ra<strong>di</strong>o dei messaggi <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> e per <strong>di</strong>ffondere in tutto il territorio afgano<br />

volantini che promettevano ricompense in cambio <strong>di</strong> informazioni su Osama Bin Laden (Riyad,<br />

47


1957) e sui suoi alleati: questi venivano ritratti negativamente 36 , a <strong>di</strong>fferenza degli “amici”<br />

americani.<br />

Non molto <strong>di</strong>verso è il <strong>di</strong>scorso per la guerra in Iraq. Quando il consenso per la guerra<br />

cominciava a crescere sia tra la popolazione americana sia tra quella irachena, entrambi gli stati<br />

escogitarono dei piani per sostenere e continuare la guerra, <strong>da</strong>ndo giustificazioni per far cadere il<br />

regime <strong>di</strong> Sad<strong>da</strong>m Hussein (Tikrit, 1937 – Bagh<strong>da</strong>d, 2006) <strong>da</strong> un lato, per resistere all’invasore<br />

<strong>da</strong>ll’altro. Gli iracheni usarono come strumento <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> la violenza: ispirandosi ai<br />

vietcong, gli iracheni utilizzarono movimenti rapi<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerriglia e strategie militari a bassa<br />

tecnologia per trasmettere i loro messaggi alla popolazione, il cui sostegno venne facilmente<br />

ottenuto. Tramite i graffiti sui muri <strong>di</strong>ffusero slogans 37 , lo<strong>di</strong> ai capi clan e, anche, con<strong>da</strong>nne al<br />

governo iracheno. Sebbene i meto<strong>di</strong> a bassa tecnologia furono i più utilizzati <strong>da</strong>lla propagan<strong>da</strong><br />

irachena, essi produssero anche CD e DVD <strong>di</strong>stribuiti nelle comunità che gli statunitensi<br />

stavano cercando <strong>di</strong> influenzare, utilizzando anche un’emittente televisiva in lingua araba per<br />

scre<strong>di</strong>tare gli Stati Uniti.<br />

La propagan<strong>da</strong> statunitense fu molto attenta soprattutto ad evitare conflitti con la cultura e la<br />

religione islamica. Utilizzarono la propagan<strong>da</strong> nera 38 creando dei personaggi falsi che<br />

<strong>di</strong>ffondevano delle notizie ra<strong>di</strong>ofoniche pro-stati uniti 39 e pagarono e<strong>di</strong>tori iracheni per<br />

pubblicare articoli scritti <strong>da</strong>i sol<strong>da</strong>ti americani nei loro giornali. Sebbene le informazioni <strong>di</strong>ffuse<br />

agli iracheni fossero veritiere, incontrarono una forte opposizione che venne meno con la<br />

caduta <strong>di</strong> Sad<strong>da</strong>m. Ciononostante, se gli Stati Uniti avessero voluto avere più successo con i loro<br />

mezzi <strong>di</strong> comunicazione, avrebbero potuto seguire l’esempio <strong>di</strong> Sad<strong>da</strong>m proibendo l’accesso alla<br />

televisione satellitare e a internet dopo la caduta <strong>di</strong> Sad<strong>da</strong>m.<br />

36 cfr. capitolo 5.4, 5.5, 5.11, 5.16<br />

37 cfr. capitolo 5.20<br />

38 cfr. capitolo 3<br />

39 come attraverso Ra<strong>di</strong>o Tikrit.<br />

48


4. Approfon<strong>di</strong>menti<br />

Di seguito due approfon<strong>di</strong>menti, strettamente legati al tema della propagan<strong>da</strong>.<br />

4.1 Il Capro Espiatorio<br />

▪ Origini Il capro espiatorio era una capra che, nella tra<strong>di</strong>zione ebraica, veniva allontanata<br />

nella natura selvaggia durante le cerimonie dello Yom Kippur, il Giorno<br />

dell'Espiazione. Il rito viene descritto nella Bibbia, nella Mishnah e nel Talmud.<br />

▪ Oggi<br />

Due capri venivano portati, assieme ad un toro, sul luogo del sacrificio, come<br />

parte dei Korbanot ("sacrifici") del Tempio <strong>di</strong> Gerusalemme. Il sacerdote<br />

compiva un'estrazione a sorte tra i due capri. Uno veniva bruciato sull'altare<br />

sacrificale assieme al toro. Il secondo <strong>di</strong>ventava il capro espiatorio. Il sacerdote<br />

poneva le sue mani sulla testa del capro e confessava i peccati del popolo <strong>di</strong><br />

Israele. Il capro veniva quin<strong>di</strong> allontanato nella natura selvaggia, portando con sé<br />

i peccati del popolo ebraico, per essere precipitato <strong>da</strong> una rupe a circa 10<br />

chilometri <strong>da</strong> Gerusalemme.<br />

Nella teologia cristiana, la storia del capro espiatorio viene interpretata come una<br />

prefigurazione simbolica dell'auto-sacrificio <strong>di</strong> Gesù, che si accolla i peccati<br />

dell'umanità, essendo <strong>stato</strong> scacciato <strong>da</strong>lla città per or<strong>di</strong>ne dei sacerdoti.<br />

In senso figurato, un "capro espiatorio" è qualcuno a cui è attribuita tutta la<br />

responsabilità <strong>di</strong> malefatte, errori o eventi negativi <strong>di</strong> qualcun altro e deve<br />

subirne le conseguenze ed espiarne la colpa; è bene anche <strong>di</strong>re, che il capro<br />

espiatorio <strong>di</strong>venta oggetto <strong>di</strong> tali accuse, e quin<strong>di</strong> probabili pene, più volte prima<br />

<strong>di</strong> essere definito tale. La ricerca del capro espiatorio è l'atto irrazionale <strong>di</strong><br />

ritenere una persona, un gruppo <strong>di</strong> persone, o una cosa, responsabile <strong>di</strong> una<br />

moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> problemi.<br />

La ricerca del capro espiatorio è un importante strumento della propagan<strong>da</strong>: ad<br />

esempio, gli Ebrei vennero in<strong>di</strong>viduati <strong>da</strong>lla propagan<strong>da</strong> nazista come fonte del<br />

collasso politico e dei problemi economici della Germania. E’ spesso più<br />

devastante quando viene applicata a un gruppo <strong>di</strong> minoranza, perché questo<br />

trova <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>fendersi <strong>da</strong>lle accuse. Una tattica spesso impiegata è quella <strong>di</strong><br />

caratterizzare un intero gruppo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui per la condotta non etica o<br />

immorale <strong>di</strong> un piccolo numero <strong>di</strong> appartenenti a tale gruppo.<br />

Tra i soggetti usati come capri espiatori nel corso della storia troviamo ad<br />

esempio<br />

» i neri;<br />

» gli immigranti;<br />

49


» i comunisti;<br />

» i meri<strong>di</strong>onali;<br />

» le streghe;<br />

» le donne;<br />

» gli Ebrei;<br />

» i lebbrosi;<br />

» gli omosessuali;<br />

» i tossico<strong>di</strong>pendenti;<br />

» i <strong>di</strong>sabili;<br />

» gli zingari.<br />

4.2. Manifesti elettorali del dopoguerra<br />

Catturano atmosfere e battaglie <strong>di</strong> un'epoca meglio <strong>di</strong> tante descrizioni o racconti: i manifesti<br />

politici, oltre a riportarci alle intense campagne elettorali, sono soprattutto specchio <strong>di</strong> una<br />

società e del suo continuo trasformarsi. Di seguito una breve rassegna dei manifesti elettorali<br />

dell’Italia del dopo guerra, raggruppati per partiti.<br />

4.2.1 Democrazia Cristiana<br />

50


4.2.2 Partico Comunista Italiano<br />

4.2.3 Fronte Democratico Popolare<br />

51


4.2.4 Movimento Sociale Italiano<br />

52


5. Le Tecniche<br />

I propagan<strong>di</strong>sti utilizzano <strong>di</strong>verse varietà <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> per influenzare le opinioni<br />

delle masse. Spesso queste tecniche si basano su elementi <strong>di</strong> censura o <strong>di</strong> manipolazione,<br />

omettendo informazioni importanti o <strong>di</strong>storcendole. Tutte le tecniche possono essere <strong>di</strong>vise in<br />

due gruppi: quelle <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> spontanea e quelle <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong> artificiosa.<br />

Quella spontanea è facile <strong>da</strong> trovare, è presente nei <strong>di</strong>scorsi della gente che si vanta dei propri<br />

successi e conquiste. In questo caso non viene escogitato un particolare <strong>di</strong>scorso per trasmettere<br />

questo genere <strong>di</strong> informazioni agli altri: è una propagan<strong>da</strong>, una pubblicità <strong>di</strong> sé spontanea. Ad<br />

esempio, quando una persona si laurea, vince alla lotteria o ottiene dei premi speciali, essa<br />

automaticamente ed entusiasticamente tende ad informare gli altri: è una pubblicità spontanea<br />

<strong>di</strong> sé, un modo innocuo <strong>di</strong> comunicare, quando non sfocia in eccessi.<br />

La propagan<strong>da</strong> artificiosa, invece, è attentamente pianificata; è anch’essa <strong>di</strong> due tipi, informativa<br />

e manipolativa. Quella informativa mira a informare e talvolta a persuadere le persone circa un<br />

determinato argomento, aspettandosi che esse reagiscano favorevolmente. La propagan<strong>da</strong><br />

manipolativa invece mira a controllare il comportamento delle persone in un modo specifico.<br />

Ciò spinge la gente a comprare un certo prodotto, a pensare, agire o vestire in una certa maniera<br />

o ad aderire ad alcuni movimenti.<br />

5.1<br />

5.1<br />

5.1 Ad Ad Ad Hominem Hominem<br />

5.2 Ad Ad Nauseam<br />

Nauseam<br />

Una frase latina che ha preso il significato<br />

<strong>di</strong> attaccare il proprio avversario, non le sue<br />

argomentazioni.<br />

5.3<br />

5.3<br />

5.2<br />

Questa tecnica <strong>di</strong> approccio utilizza la<br />

noiosa ripetizione <strong>di</strong> un’idea. Un’idea che<br />

viene ripetuta più volte può cominciare a<br />

essere considerata vera.<br />

5.3 Appello Appello all’autorit<br />

all’autorità all’autorit 5.4 Appello Appello alla alla alla paura<br />

paura<br />

Appellarsi all'autorità citando personaggi<br />

<strong>di</strong> spicco per sostenere una posizione,<br />

un’idea, un argomento o un’azione.<br />

5.5<br />

5.5<br />

5.4<br />

Gli appelli alla paura servono per creare<br />

ansietà e panico nella popolazione, per<br />

esempio Joseph Goebbles sfruttò la frase<br />

“La Germania deve perire!” per affermare<br />

che gli alleati intendevano sterminare i<br />

tedeschi.<br />

5.5 Appello Appello al al pregiu<strong>di</strong>zio pregiu<strong>di</strong>zio 5.6 Effetto Effetto Effetto gregge<br />

gregge<br />

Questa tecnica tenta <strong>di</strong> far sorgere<br />

pregiu<strong>di</strong>zi nel pubblico etichettando<br />

l'oggetto della campagna propagan<strong>di</strong>stica<br />

come qualcosa che la gente teme, o<strong>di</strong>a, evita<br />

o trova indesiderabile.<br />

5.6<br />

Gli appelli all’inevitabile vittoria cercano <strong>di</strong><br />

persuadere il pubblico a prendere parte a<br />

quell’atto a cui tutti stanno prendendo<br />

parte, la Guerra. Si invitano quelli che non<br />

si sono ancora uniti al conflitto a unirsi a<br />

coloro che vanno già incontro ad una<br />

53


5.7<br />

5.7<br />

vittoria certa, inevitabile. Questa tecnica<br />

rinforza il naturale desiderio della gente <strong>di</strong><br />

essere <strong>da</strong>lla parte del vincitore.<br />

5.7 Belle Belle persone persone<br />

5.8 Specchietto Specchietto per per per le le le allodole<br />

allodole<br />

Questa tecnica raffigura persone famose e<br />

felici. Questo fa sì che le altre persone<br />

pensino che comprando un determinato<br />

prodotto o seguendo una certa ideologia,<br />

anche loro saranno felici o <strong>di</strong> successo.<br />

5.9<br />

5.9<br />

5.8<br />

Utilizzando parole virtuose che producono<br />

un'immagine positiva se collegate ad una<br />

persona o ad un problema: pace, felicità,<br />

sicurezza, gui<strong>da</strong> saggezza, libertà, verità, ad<br />

esempio.<br />

5.9 Bianco Bianco e e e Nero Nero<br />

5.10 Uomo Uomo Comune<br />

Comune<br />

Vengono presentate solo due scelte e una<br />

delle due viene rappresentata come la<br />

migliore. Un esempio è la frase <strong>di</strong> George<br />

W. Bush “Either you are with us or with the<br />

terrorists” (O siete con noi o siete con i<br />

terroristi).<br />

5.11<br />

5.11<br />

5.10<br />

L’approccio dell’uomo comune consiste nel<br />

cercare <strong>di</strong> convincere il pubblico che le<br />

posizioni del propagan<strong>di</strong>sta riflettono<br />

quelle del senso comune della gente. Serve a<br />

conquistare la fiducia del pubblico, usando<br />

un linguaggio semplice.<br />

5.11 Deumanizzazione Deumanizzazione<br />

5.12 Or<strong>di</strong>ne Or<strong>di</strong>ne esplicito<br />

esplicito<br />

Far sembrare subumani, senza valori e<br />

immorali gli in<strong>di</strong>vidui <strong>da</strong>lla nazione<br />

avversaria, <strong>di</strong> un altro gruppo etnico, o <strong>di</strong><br />

coloro che sostengono il punto <strong>di</strong> vista<br />

opposto a quello del propagan<strong>di</strong>sta.<br />

5.13<br />

5.13<br />

5.12<br />

Questa tecnica cerca <strong>di</strong> semplificare la<br />

comprensione del concetto utilizzando<br />

immagini e parole per raccontare al<br />

pubblico esattamente quali sono le azioni <strong>da</strong><br />

intraprendere, eliminando eventuali altre<br />

scelte possibili. E’ un incitamento, un<br />

or<strong>di</strong>ne chiaro, non frainten<strong>di</strong>bile.<br />

5.13 Euforia Euforia<br />

5.14 Mezza Mezza verità<br />

verità<br />

Consiste nell'utilizzo <strong>di</strong> un evento che<br />

genera euforia o felicità per alzare il morale.<br />

L'euforia può essere generata istituendo<br />

delle giornate <strong>di</strong> vacanza, mettendo in<br />

ven<strong>di</strong>ta prodotti <strong>di</strong> lusso o <strong>da</strong>ndo vita a<br />

parate militari.<br />

5.15<br />

5.15<br />

5.14<br />

Una mezza verità è una <strong>di</strong>chiarazione<br />

ingannevole che può però includere<br />

elementi <strong>di</strong> verità. Ha l’intento <strong>di</strong> ingannare<br />

e spesso vengono inseriti doppi significati<br />

tramite una punteggiatura scorretta che<br />

attribuisce un altro significato alla frase.<br />

5.15 Effetto Effetto Carrozzone<br />

Carrozzone Carrozzone 5.16 Trasferimento<br />

Trasferimento<br />

E’ il salire sul carro del vincitore,<br />

con<strong>di</strong>videndone la vittoria senza meriti<br />

evidenti, soprattutto in occasione <strong>di</strong><br />

appuntamenti politici o elettorali.<br />

5.16<br />

E’ una tecnica che consiste nel proiettare le<br />

qualità positive o negative <strong>di</strong> una persona o<br />

<strong>di</strong> un gruppo su un altro oggetto per<br />

rendere quest’ultimo più accettabile o<br />

scre<strong>di</strong>tarlo.<br />

54


5.17<br />

5.17<br />

5.17 Semplificazione Semplificazione<br />

5.18 Falsa Falsa Pista Pista<br />

Pista<br />

Dei concetti vengono generalizzati per<br />

fornire risposte semplici a problemi<br />

complessi in ambito sociale, politico,<br />

economico o militare.<br />

5.19<br />

5.19<br />

5.18<br />

5.19 Capro Capro Espiatorio Espiatorio<br />

5.20 Slo Slogan Slo Slogan<br />

gan<br />

Colpevolizzare un in<strong>di</strong>viduo o un gruppo<br />

che non è realmente responsabile,<br />

alleviando quin<strong>di</strong> i sentimenti <strong>di</strong> colpa<br />

delle parti responsabili o <strong>di</strong>straendo<br />

l'attenzione <strong>da</strong>l bisogno <strong>di</strong> risolvere il<br />

problema per il quale la colpa è stata<br />

assegnata.<br />

La presentazione <strong>di</strong> <strong>da</strong>ti o problemi che, pur<br />

interessanti, sono irrilevanti per<br />

l’argomento in questione, sostenendo poi<br />

che questi convali<strong>da</strong>no la tesi.<br />

5.20<br />

Uno slogan è una breve frase sorprendente<br />

che può contenere etichettature e stereotipi.<br />

Anche se gli slogan possono essere utilizzati<br />

per sostenere idee ragionevoli, in pratica<br />

tendono ad agire solo come appelli emotivi.<br />

55


6. Conclusioni<br />

Non è facile in<strong>di</strong>viduare bene i confini della propagan<strong>da</strong> nel mondo <strong>di</strong> tutti i giorni. Se<br />

fossimo con<strong>di</strong>zionati, se i nostri atteggiamenti e i nostri pensieri fossero modellati a puro<br />

piacimento <strong>da</strong>i potenti? Se ogni nostra opinione ci fosse inculcata in modo scientifico tramite<br />

messaggi mirati, che agiscono sulla nostra psicologia, attraverso i me<strong>di</strong>a o ad<strong>di</strong>rittura attraverso<br />

altre forme <strong>di</strong> cui non conosciamo l’esistenza? Se fosse, non ne saremmo <strong>di</strong> certo consapevoli.<br />

Non è certo una svastica a sancire la presenza <strong>di</strong> propagan<strong>da</strong>. Non si deve pensare per forza a<br />

propagan<strong>di</strong>sti come Hitler, Stalin e Mussolini. La propagan<strong>da</strong> può esserci anche nelle piccole<br />

cose, in una barzelletta, in un articolo <strong>di</strong> giornale, in un manifesto pubblicitario. Con la crescita<br />

dei mezzi <strong>di</strong> comunicazione come internet, il flusso <strong>di</strong> messaggi persuasivi si è accelerato<br />

notevolmente: i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> tutto il mondo nella maggior parte dei casi possono parlare senza<br />

censure, senza limiti né ideologici né geografici. Tutto questo è uno sviluppo fantastico, ma ha<br />

un costo.<br />

La rivoluzione informatica ha portato ad un sovraccarico <strong>di</strong> informazioni e la gente si trova a<br />

doversi confrontare con centinaia <strong>di</strong> messaggi ogni giorno: deve recepirli, comprenderli,<br />

analizzarli e <strong>di</strong>viderli. Cos’è vero? Cos’è falso? Cos’è propagan<strong>da</strong>?<br />

Nella mia ricerca spero <strong>di</strong> essere riuscito a far notare che in qualsiasi epoca storica è possibile<br />

trovare della propagan<strong>da</strong>. E’ dunque molto probabile che, nel futuro, troveranno della<br />

propagan<strong>da</strong> anche nella nostra epoca: è un qualcosa <strong>di</strong> necessario, sia nei totalitarismi sia nelle<br />

democrazie; tutto <strong>di</strong>viene oggetto della propagan<strong>da</strong>. E’ un qualcosa <strong>di</strong> sempre <strong>di</strong>verso, che<br />

tende ad a<strong>da</strong>ttarsi ai luoghi in cui si sviluppa: in alcuni cresce più facilmente, con meno<br />

problemi, in altri con qualche <strong>di</strong>fficoltà in più; in una società democratica (come la nostra) è più<br />

<strong>di</strong>fficile scovarla, in<strong>di</strong>viduarla, <strong>da</strong>rle un nome ed un volto, ma ciò non vuol <strong>di</strong>re che non sia<br />

presente.<br />

56


7. Fonti<br />

7.1 Bibliografia<br />

» “I confini fra arte propagan<strong>da</strong>”<br />

G. Orwell – Saggi, 1941<br />

» “Letteratura e totalitarismo”<br />

G. Orwell – Saggi, 1941<br />

» “La libertà <strong>di</strong> stampa”<br />

G. Orwell – Saggi, 1945<br />

» “Storia del Fascismo” volumi 1, 2, 3, 4, 5 e 6<br />

Arrigo Petacco – Curcio E<strong>di</strong>tore, 1981<br />

» “Giornali e Giornalisti a Torino”<br />

Centro stu<strong>di</strong> sul giornalismo piemontese “Carlo Trabucco”, 1984<br />

» “Il nuovo atlante storico”<br />

Zanichelli E<strong>di</strong>tore, 2001<br />

» “La Storia dei Popoli”<br />

Enzo Biagi – Mon<strong>da</strong>tori, 1997<br />

» “L’Universale” - Enciclope<strong>di</strong>a Generale<br />

Garzanti, 2005<br />

» “L’Universale” – Filosofia<br />

Garzanti, 2005<br />

» “L’attività culturale in Roma antica – Storia e testi”<br />

M. Menghi, M. Marsilio – Principato<br />

» “Itinerario nell’arte”<br />

G. Cricco, F. P. Di Teodoro – Zanichelli<br />

» “IL, Vocabolario della Lingua Latina”<br />

L. Castiglioni, S. Mariotti – Loescher<br />

» “Passato e Presente”<br />

M. Fossati, G. Luppi, E. Zanette – Ed. Scolastiche B. Mon<strong>da</strong>tori<br />

» “Terra pianeta che sanguina”<br />

T. Bosco – Società E<strong>di</strong>trice Internazionale, 1973<br />

57


7.2 Webgrafia<br />

» http://www.italica.rai.it<br />

Sito de<strong>di</strong>cato alla lingua e alla cultura italiana <strong>di</strong> Rai International.<br />

» http://www.<strong>di</strong>sinformazione.it<br />

Sito che raccoglie notizie non proposte <strong>da</strong>i giornali.<br />

» http://www.britannica.com [eng]<br />

Lea<strong>di</strong>ng provider of learning and knowledge products.<br />

» http://www.en.wikipe<strong>di</strong>a.org [eng]<br />

The free encyclope<strong>di</strong>a that anyone can e<strong>di</strong>t.<br />

» http://www.contubernium.it<br />

Sito sull’esercito romano.<br />

» http://www.cartacanta.it<br />

Archivio <strong>di</strong> manifesti.<br />

7.3 Videografia<br />

» Atlantide – La propagan<strong>da</strong> fascista: manovrare i giornali (La 7)<br />

» La grande storia – Propagan<strong>da</strong> (Rai 3)<br />

58

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