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cap 11 - vegetazione.. - Comune di Capalbio

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Quadro conoscitivo del Piano Strutturale<br />

Capitolo <strong>11</strong><br />

Relazione<br />

sulla <strong>vegetazione</strong><br />

Relazione a cura <strong>di</strong>:<br />

Dr. Bruno Foggi<br />

Dr. Riccardo M. Bal<strong>di</strong>ni<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Biologia Vegetale<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze


L’area delle colline interne del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong> può <strong>di</strong>rsi interessata da due principali tipi <strong>di</strong><br />

clima:<br />

1) le colline a mare che ricadono all’interno dell’area prettamente me<strong>di</strong>terranea con estati<br />

anche lungamente siccitose;<br />

2) 2) le colline interne interessate da un clima mesotermico con un moderato deficit idrico, che<br />

risulta ancora meno pronunciato nelle stazioni pianeggianti e nei fondovalle. Oltre a questa<br />

situazione a determinismo essenzialmente climatico bisogna considerare che lungo le ripe e<br />

nei fondovalle si determinano situazioni stazionali che favoriscono la presenza <strong>di</strong> una falda<br />

freatica superficiale che porta a con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> idrofilia più o meno accentuata, favorendo le<br />

specie più prettamente igrofile.<br />

In funzione delle specie arboree dominanti e delle caratteristiche ecologiche delle stazioni dove<br />

esse si trovano possiamo ricondurre i consorzi forestali del territorio comunale alle seguenti<br />

principali tipologie:<br />

1) boschi <strong>di</strong> sclerofille semprever<strong>di</strong> me<strong>di</strong>terranee a dominanza <strong>di</strong> leccio sulle dorsali e sui<br />

versanti a mare.<br />

2) boschi misti a dominanza <strong>di</strong> leccio e latifoglie decidue, soprattutto roverella e ornello.<br />

3) boschi a dominanza <strong>di</strong> latifoglie dei versanti delle colline interne.<br />

4) boschi lineari dei fondovalle a dominanza <strong>di</strong> frassino.<br />

5) boschetti semiripari a farnetto e frassino.<br />

6) boschetti con pioppi e frassino delle aree paludose.<br />

Le prime tre gran<strong>di</strong> tipologie dominano il paesaggio forestale del <strong>Comune</strong> e rappresentano la<br />

“<strong>vegetazione</strong> zonale” dell’area, mentre le altre tre si presentano spora<strong>di</strong>che ed interrotte, anche se<br />

rivestono un notevole interesse botanico e naturalistico in generale.<br />

Viene qui <strong>di</strong> seguito riportata una breve descrizione <strong>di</strong> queste tipologie forestali basate su<br />

osservazioni in campo ed in funzione dell’analisi della bibliografia esistente in particolare:<br />

ARRIGONI (1998, 2001), MONDINO & BERNETTI (1998), MONDINO (1998). Oltre a queste opere che<br />

possono essere considerate <strong>di</strong> base, saranno prese in considerazione, <strong>di</strong> volta in volta, quelle riferite<br />

più propriamente alla tipologia trattata.<br />

1) Boschi <strong>di</strong> sclerofille semprever<strong>di</strong> me<strong>di</strong>terranee a dominanza <strong>di</strong> leccio sulle<br />

dorsali e sui versanti a mare (L) con sughera L(s)<br />

La biocora me<strong>di</strong>terranea è, in Maremma, a netto appannaggio <strong>di</strong> formazioni forestali dominate<br />

dal leccio, specie rustica, che ben sopporta una, anche prolungata, siccità estiva. Sulle dorsali<br />

calcaree e sui versanti a mare queste formazioni tendono a <strong>di</strong>ventare dominanti in quanto le essenze<br />

semidecidue sono limitate nel loro sviluppo dalla presenza dell’estate siccitosa e solo raramente<br />

possono rifugiarsi nelle zone pianeggianti dove la mancanza <strong>di</strong> piovosità è in qualche modo<br />

compensata dalla presenza <strong>di</strong> una falda superficiale.<br />

Le leccete della Maremma sono state stu<strong>di</strong>ate da WIKUS & PIGNATTI (1968), da ARRIGONI & al.<br />

(1985) e da ARRIGONI & DI TOMMASO (2000). Facendo riferimento alle osservazioni sul campo e a<br />

quelle dedotte dalle pubblicazioni sopra citate possiamo attribuire i consorzi <strong>di</strong> leccio al Viburno<br />

tini-Quercetum ilicis (Br.Bl. 1936) Riv.-Mart. 1975, anche se, recentemente, si è più propensi ad<br />

una in<strong>di</strong>pendenza delle cenosi peninsulari rispetto a quelle provenzali e spagnole che vengono<br />

attribuite ad una nuova associazione denominata Cyclamino repan<strong>di</strong>-Quercetum ilicis Bion<strong>di</strong> & al.<br />

2002. In ogni caso si tratta <strong>di</strong> boschi cedui o, più raramente cedui matricinati sulle dorsali delle<br />

colline interne. La partecipazione a questi consorzi <strong>di</strong> specie arboree è scarsa, solo raramente si può<br />

trovare Quercus pubescens Willd., Fraxinus ornus L., Sorbus domestica L. La flora arbustiva è


spora<strong>di</strong>ca e a carico solo <strong>di</strong> alcune specie fra cui Viburnum tinum L., Pistacia lentiscus L., Rhamnus<br />

alaternus L. e Phillyrea latifolia L. Localmente è presente anche Quercus suber L.<br />

La flora erbacea è ancora più spora<strong>di</strong>ca, vista la scarsa quantità <strong>di</strong> luce presente nel sottobosco<br />

<strong>di</strong> questi boschi: Asplenium onopteris L. e Cyclamen repandum L. sono le più frequenti.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Quercus ilex L.<br />

Quercus suber L.<br />

Arbutus unedo L.<br />

Viburnum tinus L.<br />

2) Boschi misti a dominanza <strong>di</strong> leccio e latifoglie decidue (R/L)<br />

Questo tipo <strong>di</strong> formazioni sono nella zona in esame costituiti da formazioni misti <strong>di</strong> leccio,<br />

roverella, e orniello. Si <strong>di</strong>stribuiscono sui versanti settentrionali e nelle stazioni a maggiore<br />

ritenzione idrica nell’area del leccio, oppure sulle dorsali delle colline nell’area delle latifoglie<br />

decidue. Localmente, nelle stazioni più scoscese e con maggiore umi<strong>di</strong>tà, anche Ostrya carpinifolia<br />

Scop., può entrare a far parte <strong>di</strong> questi consorzi. Da notare che non sempre la <strong>di</strong>stinzione fra boschi<br />

<strong>di</strong> leccio con roverella e boschi <strong>di</strong> roverella termofili risulta sempre agevole e solo un rilevamento<br />

flogistico-ecologico della situazione locale può portare ad una corretta delimitazione cartografica<br />

dei due consorzi.<br />

ARRIGONI (1998) attribuisce questi boschi all’associazione Fraxino orni-Quercetum ilicis<br />

Horvatic (1956) 1958.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Fraxinus ornus L.<br />

Conservazione<br />

In genere i boschi <strong>di</strong> sclerofille semprever<strong>di</strong> ben <strong>di</strong>fficilmente possono presentarsi come<br />

elemento meritevole <strong>di</strong> conservazione vista il loro secolare uso per legna da ardere. La loro flora è<br />

povera e spesso si presenta abbastanza omogenea per tutto il bacino del Me<strong>di</strong>terraneo. In ogni caso<br />

la trasformazione dei cedui in fustaie o almeno cedui matricinati potrebbe portare ad una migliore<br />

gestione conservativa del patrimonio forestale costituito da questi consorzi. In futuro si dovrebbero<br />

quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le stazioni che presentano le migliori con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> risorse per procedere a questa<br />

trasformazione dei cedui semplici <strong>di</strong> leccio in fustaie o in cedui matricinati.<br />

Da notare che secondo la Direttiva habitat (92/43 e successive integrazioni) e la Legge 56/2000<br />

RT i boschi <strong>di</strong> leccio mesofili con Ostrya carpinifolia e Acer sp. pl. rappresentano un habitat<br />

meritevole <strong>di</strong> conservazione. Tuttavia, non essendoci informazioni riguardanti queste cenosi per il<br />

<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong> si raccomanda una ricerca al fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare se eventualmente fosse<br />

presente questo tipo <strong>di</strong> habitat.<br />

3) Boschi dominanza <strong>di</strong> latifoglie dei versanti delle colline interne<br />

I boschi delle colline interne sono dominati dal cerro che partecipa, come albero dominante o<br />

codominate, praticamente a tutti i consorzi forestali <strong>di</strong> latifoglie decidue del territorio comunale.<br />

Sulle dorsali le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> xerofila sono accentuate per cui la roverella, albero più rustico del<br />

cerro, tende a prendere il sopravvento fino a <strong>di</strong>ventare la pianta dominante. Talvolta si nota una<br />

certa degradazione che porta all’infiltrazione <strong>di</strong> specie eliofile e termofile come il terebinto, la<br />

marruca e l’albero <strong>di</strong> Giuda.


Nelle migliori con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibilità idrica il cerro <strong>di</strong>venta l’essenza dominate. In genere i<br />

versanti delle colline interne, anche <strong>di</strong> pertinenza del clima delle latifoglie decidue, presentano<br />

buoni valori termici per cui una certa infiltrazione delle specie dei boschi <strong>di</strong> sclerofille è sempre<br />

presente.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista dell’umi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong>sponibile i versanti presentano suoli meno profon<strong>di</strong> rispetto a<br />

quelli <strong>di</strong> colluvio, per cui non è sempre garantita una riserva <strong>di</strong> acqua sufficiente a non determinare<br />

limitazioni alla crescita delle piante durante la stagione arida. Si viene quin<strong>di</strong> a creare una<br />

situazione <strong>di</strong> mesofilia interme<strong>di</strong>a o mesoxerofilia. Nelle prime viene esaltata la componente<br />

comune ai boschi <strong>di</strong> sclerofille semprever<strong>di</strong>, nelle seconde quella in comune ai boschi <strong>di</strong> farnetto.<br />

Questi rappresentano la cenosi forestale maggiormente esigente in fatto <strong>di</strong> acqua e termicità. Nella<br />

zona in esame si presentano anche con<strong>di</strong>zioni, strettamente limitate al versante settentrionale del<br />

fosso <strong>di</strong> Ripiglio, dove il cerro è consociato ad essenze più tipicamente mesofilo-igrofile come il<br />

<strong>cap</strong>rino bianco. Tutte queste situazioni si intergradano fra loro anche al solo variare dell’esposizione<br />

e/o della pendenza, o <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni locali che favoriscono o no il ristagno <strong>di</strong> acqua: anche in breve<br />

spazio si passa così da cerrete a carattere termofilo a cerrete mesoxerofile a boschi <strong>di</strong> farnetto a<br />

cerrete mesofile.<br />

Le tipologie, nell’area in oggetto, sono state delimitate tenendo in considerazione queste<br />

premesse ecologiche, ma solo dopo un loro attento stu<strong>di</strong>o si potranno tracciare confini<br />

maggiormente atten<strong>di</strong>bili e si potranno delineare i modelli <strong>di</strong> comportamento a fini gestionaliconservativi<br />

<strong>di</strong> questi consorzi.<br />

Al momento possiamo in<strong>di</strong>viduare e delimitare le seguenti tipologie:<br />

- boschi a dominanza <strong>di</strong> roverella.<br />

- boscaglie degradate a roverella e terebinto.<br />

- boschi misti a dominanza <strong>di</strong> roverella e cerro.<br />

- boschi a dominanza <strong>di</strong> cerro.<br />

- boschi misti <strong>di</strong> cerro e farnetto.<br />

- boschi <strong>di</strong> latifoglie termoigrofile a dominanza <strong>di</strong> farnetto.<br />

- boschi mesofili a dominanza <strong>di</strong> cerro e carpino bianco.<br />

3a) Boschi <strong>di</strong> latifoglie termoxerofile a dominanza <strong>di</strong> roverella dei versanti e delle dorsali delle<br />

colline (R)<br />

I boschi a dominanza <strong>di</strong> roverella risultano abbastanza rari nel territorio del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Capalbio</strong>. Si tratta in genere <strong>di</strong> consorzi che si collocano nelle stazioni più aride che esaltano il<br />

carattere <strong>di</strong> maggiore tolleranza alla xericità della roverella rispetto al cerro. In genere presentano<br />

un certo grado <strong>di</strong> degradazione dovuto alla scarsa fertilità delle stazioni che viene aumentata da<br />

tagli a turni piuttosto ravvicinati. La flora <strong>di</strong> questi boschi è in genere termofila e xerofila, è quin<strong>di</strong><br />

rappresentata dalle specie più xerofile dei boschi <strong>di</strong> leccio e dalle più esigenti in fatto <strong>di</strong> luce. Dal<br />

punto <strong>di</strong> vista fitosociologico essi possono essere attribuiti al Roso sempervirenti-Quercetum<br />

pubescentis Bion<strong>di</strong> 1986<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Quercus ilex L.<br />

Quercus pubescens Willd.<br />

Fraxinus ornus L.<br />

Rosa sempervirens L.<br />

3b) Boscaglie degradate a roverella e terebinto (R/T)


Molto interessanti risultano alcune boscaglie che assumono l’aspetto <strong>di</strong> “pseudomacchie”<br />

formazioni particolari in quanto costituite da specie che trovano nella bassa Maremma le uniche<br />

stazioni in Toscana. Si tratta <strong>di</strong> formazioni aperte localizzate in poche stazioni presso la località<br />

“Giar<strong>di</strong>no” dominate da Cercis siliquastrum L., Paliurus spina-christi Miller e Pistacia terebinthus<br />

L. ma che <strong>di</strong>ventano dominanti nei versanti meri<strong>di</strong>onali della zona <strong>di</strong> M. Capita - Sassi Neri. Lo<br />

stu<strong>di</strong>o floristico-ecologico <strong>di</strong> queste cenosi potrebbe rilevarsi <strong>di</strong> estremo interesse naturalistico,<br />

comunque la loro conservazione risulta in<strong>di</strong>spensabile.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Cercis siliquastrum L.<br />

Paliurus spina-christi Miller<br />

Pistacia terebinthus L.<br />

3c) Boschi <strong>di</strong> latifoglie termoxerofile a dominanza <strong>di</strong> cerro con roverella delle colline interne<br />

(C/R)<br />

Risulta <strong>di</strong> gran lunga la tipologia forestale più ampiamente <strong>di</strong>ffusa su tutto il territorio del<br />

<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong>. I boschi misti <strong>di</strong> cerro e roverella sono da definire termofili, ma tendono a<br />

sfuggire quelle situazioni <strong>di</strong> xerofilia che invece sono quelle ottimali per la roverella. In queste<br />

situazioni il corteggio floristico è caratterizzato dalle specie xerofile più esigenti in fatto <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà<br />

e dalle specie mesofite più tolleranti con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> xericità.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista fitosociologico potrebbero rientrare in una variante con cerro del Roso<br />

sempervirenti-Quercetum pubescentis Bion<strong>di</strong> 1986<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Quercus cerris L.<br />

Quercus pubescens Willd.<br />

Quercus ilex L.<br />

Sorbus domestica L.<br />

Phillyrea latifolia L.<br />

3d) Boschi <strong>di</strong> latifoglie mesoxerofile a dominanza <strong>di</strong> cerro dei versanti delle colline interne (C)<br />

Si tratta <strong>di</strong> consorzi dominati dal cerro (Quercus cerris L.) che nella parte inferiore del versante<br />

prende contatto con i boschi <strong>di</strong> farnetto (Quercus frainetto Ten.) determinando cenosi miste <strong>di</strong><br />

transizione verso i boschi <strong>di</strong> farnetto <strong>di</strong> pianura.<br />

L’associazione <strong>di</strong> riferimento può essere considerato Erico arboreae-Quercetum cerri<strong>di</strong>s<br />

Arrigoni & al. 1990<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Erica arborea L.<br />

Erica scoparia L.<br />

Serratula tintoria L.<br />

3e) Boschi termoigrofili a dominanza <strong>di</strong> farnetto e cerro (F/C)<br />

Si <strong>di</strong>fferenziano rispetto ai precedenti per una penetrazione <strong>di</strong> specie termofile ed igrofile e<br />

quin<strong>di</strong> legate ad una maggiore <strong>di</strong>sponibilità idrica. Notevole è la presenza in queste cenosi,<br />

soprattutto quelle delle colline nord orientali della pseudosughera (Quercus crenata Lam.), specie<br />

spora<strong>di</strong>ca in tutta la Toscana, ma che si presenta costante e con in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> notevoli <strong>di</strong>mensioni.


Per la presenza <strong>di</strong> un buon numero <strong>di</strong> specie acidofile o acidotolleranti come Festuca<br />

heterophylla Lam., Poa sylvicola Guss., e la stessa pseudosughera, le fitocenosi <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong><br />

boschi possono essere riferite ad una variante acidofitica del Fraxino oxycarpae-Quercetum cerri<strong>di</strong>s<br />

Foggi & al. 2000.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Quercus crenata Lam.<br />

Ranunculus bulbosus L. subsp. aleae (Willk.) Rouy & Fouc.<br />

Poa sylvicola Guss.<br />

3f) Boschi termoigrofili dei fondovalle e delle aree <strong>di</strong> colluvio a dominanza <strong>di</strong> farnetto (F)<br />

Le stazioni farnetto della bassa Maremma sono state segnalate per la prima volta da PAVARI<br />

(1955) ed in<strong>di</strong>viduate e stu<strong>di</strong>ate da ARRIGONI (1974), anche se questa specie era conosciuta in<br />

Maremma sotto il nome <strong>di</strong> “farnia”, come <strong>di</strong>mostrano alcuni toponimi locali.<br />

Il farnetto è una quercia semidecidua ad areale appenninico-balcanico che ha nella bassa<br />

Maremma Toscana il limite settentrionale del suo areale italiano. Si tratta <strong>di</strong> una specie, che almeno<br />

in Toscana, si comporta da specie più termofila del cerro, ma con maggiori esigenze <strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibilità<br />

idrica per cui le sue stazioni tendono a collocarsi nella parti basali delle colline, tendenzialmente su<br />

depositi colluviali, dove il suolo è in grado <strong>di</strong> assicurare una buona <strong>di</strong>sponibilità idrica anche nei<br />

perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> minore apporto pluviometrico e presenta una maggiore <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> nutrienti. Nelle<br />

stazioni meno fertili si nota una presenza <strong>di</strong> cerro fino a costituire dei consorzi misti <strong>di</strong> cerro e<br />

farnetto.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista fitosociologico le cenosi <strong>di</strong> farnetto della Maremma sono state attribuite al<br />

Pulicario odorae-Quercetum frainetti Ubal<strong>di</strong> & al. 1990.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Quercus frainetto Ten.<br />

Lychnis flos-cuculi L.<br />

Pulicaria odora(L.) Rchb.<br />

Simethis mattiazzii(Vandelli) Sacc.<br />

Conservazione<br />

Si tratta in genere <strong>di</strong> cedui, talvolta invecchiati, la tendenza dovrebbe essere verso la<br />

trasformazione guidata <strong>di</strong> queste cenosi in fustaie, almeno dove le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> fertilità e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sponibilità idrica del suolo lo consentano, o almeno <strong>di</strong> cedui matricinati in modo da garantire la<br />

produzione <strong>di</strong> seme da parte <strong>di</strong> queste popolazioni settentrionali ed isolate <strong>di</strong> farnetto.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista della conservazione i boschi <strong>di</strong> farnetto della Maremma Toscana<br />

rappresentano un habitat <strong>di</strong> interesse regionale in quanto presente nella legge 56/2000 RT. Oltre ad<br />

una conservazione <strong>di</strong> queste cenosi attraverso la loro trasformazione da cedui in fustaie, si dovrebbe<br />

realizzare una banca <strong>di</strong> semi e <strong>di</strong> coltura in campo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> farnetto locali (ve<strong>di</strong> normative<br />

tecniche per l’istituzione <strong>di</strong> C.ES.Fl. Centri per la Conservazione ex-situ della Flora <strong>di</strong> interesse<br />

conservazionistico regionale <strong>di</strong> prossima pubblicazione a cura della Regione Toscana).<br />

Un problema per la corretta conservazione della flora erbacea del sottobosco è costituito dalla<br />

pressione degli ungulati, soprattutto cinghiali, che scavano alla ricerca <strong>di</strong> bulbi e tuberi, spesso<br />

impedendo una corretta rigenerazione <strong>di</strong> questa flora.<br />

Nelle cenosi <strong>di</strong> farnetto è presente una specie meritevole <strong>di</strong> conservazione ai sensi della 56/2000<br />

RT: Vicia sparsiflora Ten., specie meritevole <strong>di</strong> essere conservata ex-situ in modo da garantire la<br />

presenza del patrimonio genetico <strong>di</strong> queste popolazioni.<br />

3g) Boschi mesofili a dominanza <strong>di</strong> cerro e carpino bianco (Cmes)


Questo tipo <strong>di</strong> formazioni risultano molto rare nella zona e si riscontrano solo nella parte nord<br />

del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong> a confine con quello <strong>di</strong> Manciano, lungo i versanti settentrionali del fosso<br />

Ripiglio. Questi boschi sono caratterizzati dalla presenza <strong>di</strong> un contingente <strong>di</strong> specie mesofile che si<br />

riscontrano in genere ad altitu<strong>di</strong>ni più elevate. Notevole la presenza <strong>di</strong> Lilium croceum.Chaix.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista fitosociologico esse possono essere riferite a Melico uniflorae-Quercetum<br />

cerri<strong>di</strong>s Arrigoni 1990.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Carpinus betulus L.<br />

Melica uniflora Retz.<br />

Corylus avellana L.<br />

4) Boschetti lineari dei fondovalle a dominanza <strong>di</strong> frassino (Fo)<br />

Lungo i torrenti dove vi è una certa presenza <strong>di</strong> acqua per buona parte dell’anno si trovano<br />

formazioni a sviluppo prevalentemente lineare dominate dalla presenza <strong>di</strong> specie igrofile. Tra le<br />

quali la più significativa è il frassino (Fraxinus oxycarpa Bieb.). Talvolta può essere accompagnata<br />

da Alnus glutinosa (L.) Gaertn., nelle stazioni quasi pianeggianti dove sono presenti con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

forte idrofilia, oppure da Ostrya carpinifolia Scop. nelle stazioni a maggiore pendenza. Talvolta<br />

risulta presente anche Acer monspessulanum L. Boschetti a frassino si trovano anche attorno ai<br />

laghetti, soprattutto se infraforestali.<br />

Manca al momento uno stu<strong>di</strong>o fitosociologico della <strong>vegetazione</strong> dei torrenti della zona<br />

me<strong>di</strong>terranea per cui possiamo attribuire tali cenosi, in via del tutto provvisoria all’associazione<br />

Alno glutinosae-Fraxinetum oxycarpae (Br.Bl. 1915) Tchou 1946.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Fraxinus oxycarpa Bieb.<br />

Alnus glutinosa (L.) Gaertn.<br />

Carex pendula Huds.<br />

Conservazione<br />

Tale habitat, ed in generale gli ecosistemi fluviali, attraversano spesso aree a forte<br />

antropizzazione ed ha quin<strong>di</strong> subito forti processi <strong>di</strong> degradazione quali la riduzione delle fascia<br />

ripariale, l’impoverimento floristico e l’invasione <strong>di</strong> specie esotiche, processi spesso legati anche ai<br />

fenomeni <strong>di</strong> inquinamento delle acque e del suolo. E’ auspicabile l’in<strong>di</strong>viduazione della<br />

<strong>di</strong>stribuzione reale <strong>di</strong> questo habitat nel <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Caparbio con ulteriori indagini, anche al fine <strong>di</strong><br />

mettere in atto misure idonee al loro ripristino ambientale e conservazione.<br />

Da notare inoltre l’elevato valore <strong>di</strong> elemento <strong>di</strong> connessione ecologica costituito da questo tipo<br />

<strong>di</strong> habitat. Di particolare interesse risulta per esempio la rete dei boschetti lineari della parte<br />

settentrionale del territorio, rete che dovrebbe essere conservata e aumentata con l’impianto <strong>di</strong><br />

alberi <strong>di</strong> frassino, raccolti nel territorio, in modo da ricostruire i filari alberati anche dove mancano.<br />

Questo porterebbe alla formazione <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> “bocage” maremmano che <strong>di</strong>verrebbe <strong>di</strong> enorme<br />

importanza per la conservazione delle specie ornitiche, <strong>di</strong> anfibi e rettili legati alla rete <strong>di</strong> boschetti<br />

lineari ripari.<br />

Ma se da un lato risulta evidente la necessità <strong>di</strong> mantenere queste formazioni lineari per mettere<br />

in connessione habitat forestali posti in siti lontani fra loro e quin<strong>di</strong> garantire il miscelamento<br />

genetico fra popolazioni separate, dall’altra parte una particolare attenzione dovrà essere impiegata<br />

nel bloccare la “percolazione” <strong>di</strong> specie invasive lungo questi habitat.


5) Boschetti semiripari a farnetto e frassino (F/Fo)<br />

Una interessante variante <strong>di</strong> questi boschi lineari è rappresentata da boschetti semiripari misti <strong>di</strong><br />

farnetto e frassino (F/Fo) attorno alla zona dei Lagaccioli. Anche le formazioni planiziali <strong>di</strong><br />

passaggio fra i boschi <strong>di</strong> farnetto e le formazioni lineari riparie con frassino ubicate nella porzione<br />

nord orientale del territorio comunale (Le Carbonaiacce) si costituiscono formazioni miste <strong>di</strong><br />

frassino e farnetto che costituiscono un interessante elemento <strong>di</strong> connessione fra i boschi <strong>di</strong> versante<br />

e le formazioni lineari <strong>di</strong> fondovalle.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Fraxinus oxycarpa Bieb.<br />

Quercus fra inetto Ten.<br />

6) Boschetti con pioppi e frassino delle aree paludose (Fo/P/S)<br />

Si tratta <strong>di</strong> <strong>vegetazione</strong> idrofila arborea che si situa lungo i bor<strong>di</strong> dei laghetti dove il suolo<br />

rimane allagato per buona parte dell’anno. Le stazioni sono in genere pianeggianti. Si trovano sul<br />

margine interno del Lago <strong>di</strong> San Floriano e del Lago Acquato.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Populus alba L.<br />

Populus nigra L.<br />

Salix alba L.


Vegetazione degli sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> degradazione<br />

Gli sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> degradazione della vegetazone forestale risultano molto spora<strong>di</strong>ci, segno evidente <strong>di</strong> una<br />

buona gestione del territorio per la quale la <strong>vegetazione</strong> forestale è alternata alle zone coltivate o<br />

pascolate. Sebbene alcune macchie si possano trovare su alcune dorsali dei versanti più cal<strong>di</strong>, in<br />

genere interessanti mosaici costituiti da macchie alteranti a ampelodesmeti e spazi aperti con<br />

garighe e formazioni prative si riscontrano in alcuni gran<strong>di</strong> oliveti abbandonati, soprattutto attorno a<br />

Poggio Canaglia e sui versanti meri<strong>di</strong>onali presso l’abitato <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong>. Le situazioni che si<br />

vengono a determinare in queste con<strong>di</strong>zioni costituiscono dei veri e propri serbato <strong>di</strong> <strong>di</strong>versità<br />

flogistica la cui conservazione merita particolare attenzione e la messa a punto <strong>di</strong> appropriati<br />

modelli <strong>di</strong> gestione.<br />

Macchie e garighe (Scl)<br />

Le macchie <strong>di</strong> sclerofille semprever<strong>di</strong> come sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> degradazione del bosco <strong>di</strong> leccio non sono<br />

comuni nella zona in esame. Esse si rinvengono principalmente come sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> ricolonizzazione<br />

degli oliveti abbandonati. In questi oliveti abbandonati da molti anni si determinano situazioni<br />

mosaicate <strong>di</strong> estremo interesse composte da macchie a dominanza <strong>di</strong> lentisco (Pistacia lentiscus L.),<br />

cisti [Cistus monspeliensis L. e C. creticus L. subsp. eriocephalus (Viv.) Greuter & Burdet (= C.<br />

incanus Auct., non L.)], talvolta Rosmarinus officinalis L. e ancor più raramente Teucrium fruticans<br />

L. Manca uno stu<strong>di</strong>o fitosociologico <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> <strong>vegetazione</strong>.<br />

Sulle dorsali <strong>di</strong> alcuni versanti si possono ritrovare anche alcuni piccoli appenzamenti dominati<br />

da Erica arborea L. e Arbutus unedo L. attribuibili a Erico arboreae-Arbutetum unedonis Allier &<br />

Lacoste 1980.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici delle macchie alte<br />

Pistacia lentiscus L.<br />

Erica arborea L.<br />

Arbutus unedo L.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici delle macchie basse<br />

Cistus monspeliensis L.<br />

C. creticus L. subsp. eriocephalus (Viv.) Greuter & Burdet<br />

Teucrium fruticans L.<br />

Prati annui e perenni<br />

Questo tipo <strong>di</strong> <strong>vegetazione</strong> è molto complesso e nel territorio <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>stinzione,<br />

in quanto mancano stu<strong>di</strong> ad hoc. I due sottotipi principali possono essere riferiti a:<br />

- <strong>vegetazione</strong> dominata da erbe annue (pratelli <strong>di</strong> erbe effimere).<br />

- <strong>vegetazione</strong> dominata da erbe perenni (prati perenni).<br />

Il primo tipo è costituito da erbe annue che presentano adattamenti fenologici per resistere alla<br />

presenza <strong>di</strong> una stagione arida, più o meno prolungata, ma ben evidente. In genere si sviluppa in<br />

genere su piccole superfici che si insinuano all’interno <strong>di</strong> altri tipi <strong>di</strong> <strong>vegetazione</strong> a maggiore<br />

sviluppo estensivo come le garighe o negli oliveti abbandonati da poco tempo.<br />

Il secondo tipo è legato a stazioni con climi meno ari<strong>di</strong> o comunque con perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> ari<strong>di</strong>tà che<br />

non determinano una stasi dell’attività vegetativa. E’ dominata da specie perenni, in genere erbe<br />

graminoi<strong>di</strong> o piccoli suffrutici.<br />

Si tratta <strong>di</strong> sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> degradazione delle formazioni forestali. Il primo tipo domina nella Regione<br />

Me<strong>di</strong>terranea, ed è quin<strong>di</strong> legato alla Biocora delle sclerofille semprever<strong>di</strong>, il secondo domina nella<br />

Regione Europea ed è <strong>di</strong>namicamente collegato alle foreste <strong>di</strong> latifoglie decidue. Nell’area in esame<br />

si assiste ad un passaggio fra le due Biocore per cui talvolta i due tipi <strong>di</strong> sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> degradazione


vengono in contatto formando mosaici <strong>di</strong> estremo interesse vegetazionale e caratterizzati da livelli<br />

<strong>di</strong> elevata ricchezza floristica. Di particolare interesse possono rilevarsi alcuni oliveti abbandonati<br />

da più <strong>di</strong> tre-quattro anni che sembrano mostrare un intricato mosaico fra questi due tipi rilevando<br />

elevatissimi livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>versità, con la presenza <strong>di</strong> specie rare tra cui un elevato numero <strong>di</strong> specie <strong>di</strong><br />

orchidee. Nel territorio <strong>cap</strong>albiese gravitano molte orchidee <strong>di</strong> estremo interesse scientifico, quali:<br />

Ophrys tyrrhena Gölz & Reinhard, Ophrys fuciflora (F.W. Schmidt) Moench, Ophrys crabronifera<br />

Ten., Ophrys bertolonii Moretti, Orchis simia Lam., Orchis provincialis Balbis, Orchis purpurea<br />

Huds., Orchis tridentata Scop., Orchis laxiflora Lam., Orchis palustris Jacq. (cfr. DEL PRETE et al.,<br />

1982, 1993), tutte specie sottoposte a vincoli <strong>di</strong> protezione massima.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

pratelli effimeri: erbe annue<br />

prati perenni:<br />

Bromus erectus Huds.<br />

Cephalaria leucantha (L.) Schrad.<br />

Conservazione<br />

Si tratta <strong>di</strong> due habitat meritevole <strong>di</strong> conservazione presente nell’All. I della Direttiva 92/43<br />

CEE e nella 56/2000 RT; i due habitat possono rilevarsi <strong>di</strong> interesse prioritario qualora i siti siano<br />

ricchi <strong>di</strong> orchidee. La conservazione <strong>di</strong> queste cenosi parte dal mantenimento del mosaico<br />

ambientale attraverso il mantenimento del <strong>di</strong>sturbo: taglio, pascolo, incen<strong>di</strong>o ecc. Questo solo dopo<br />

un attento stu<strong>di</strong>o della situazione attuale e la messa in opera <strong>di</strong> un piano <strong>di</strong> gestione con annesso un<br />

piano <strong>di</strong> monitoraggio che possa evidenziare gli eventuali processi <strong>di</strong> evoluzioni della <strong>vegetazione</strong><br />

in atto, possono garantire la conservazione dell’habitat a lungo termine.<br />

Ampelodesmeti (Am)<br />

Questo habitat si trova su ampie superfici soprattutto sui versanti a mare, ma in alcune stazioni<br />

si trovano anche all’interno. Essi si situano in gran parte su terrazzamenti abbandonati, dove un<br />

tempo erano impiantate le vigne, ma anche sui versanti percorsi da incen<strong>di</strong> frequenti, <strong>di</strong>sturbo che<br />

permette la conservazione <strong>di</strong> tale habitat.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Ampelodesmos mauritanicus (Poir.) Durand & Schinz<br />

Conservazione<br />

Si tratta <strong>di</strong> due habitat meritevole <strong>di</strong> conservazione presente nell’All. I della Direttiva 92/43<br />

CEE e nella 56/2000 RT<br />

Seguono alcuni appunti su due importanti ecosistemi o sistemi <strong>di</strong> ecosistemi che risultano <strong>di</strong><br />

particolare interesse per il territorio del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong>: il sistema dei laghetti e il sistema<br />

dunale. Questi due sistemi ecologici rappresentano delle pecularietà per il territorio toscano e in<br />

parte peninsulare che meritano una forte attenzione al fine <strong>di</strong> mettere a punto programmi <strong>di</strong> gestione<br />

mirati alla loro conservazione su lungo termine, anche considerando le probabili opere alle quali<br />

potrà andare incontro il territorio in oggetto nei prossimi anni.


Sistema dei laghetti<br />

I laghetti della Toscana meri<strong>di</strong>onale sono stati stu<strong>di</strong>ati a più riprese da GUAZZI & TOMEI (1993),<br />

TOMEI & GUAZZI (1993). In particolare le informazioni sono <strong>di</strong>sponibili per i seguenti sei laghetti:<br />

<strong>Capalbio</strong>, Acquato, Lagaccioli, Marruchetone, S. Floriano e Uccellina; sono inoltre reperibili i dati<br />

per il Lago <strong>di</strong> Burano da ANGIOLINI & al. (2002), ma dal punto <strong>di</strong> vista ecologico rientra più nel<br />

sistema costiero che non nei laghetti <strong>di</strong> acqua dolce interni. Gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibili risultano però<br />

frammentari e non aggiornati e soprattutto non prendono in considerazione l’ecologia delle specie e<br />

dei consorzi vegetali che si vengono a formare. Mancano in pratica tutte quelle informazioni che<br />

sarebbero in<strong>di</strong>spensabili per <strong>cap</strong>ire il funzionamento ecologico <strong>di</strong> questi laghetti e quin<strong>di</strong> per<br />

mettere a punto delle linee coerenti per la loro conservazione.<br />

Il sistema dei laghetti <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong> risulta storicamente conosciuto, si tratta <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> piccoli<br />

laghi, in gran parte <strong>di</strong> origine carsica che funzionano da importante serbatoio per le specie igrofile<br />

dulcacquicole termofile. La loro importanza è aumentata visto la generale <strong>di</strong>minuzione della flora<br />

igrofila della Toscana e del sud Europa in generale.<br />

In tabella 1 è riportata la flora dei laghetti sopra citati, aggiornata al 1993. Dall’analisi della<br />

flora segnalata e non più ritrovata, e dalle osservazioni effettuate possiamo <strong>di</strong>re che: il lago <strong>di</strong><br />

<strong>Capalbio</strong> è ormai scomparso. Il lago Acquato (o Adacquato) si è estremamente ridotto anche negli<br />

ultimi anni come si può evincere dal confronto della sua estensione con le carte IGM del 1986. La<br />

flora ancora segnalata al 1993 denota una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> 6 specie (il 37,5 % delle specie segnalate), ma<br />

soprattutto non è stato ritrovato Isoetes velata A. Braun, segnalato alla fine del secolo XIX come<br />

unica stazione in Toscana, e in altre due aree laziali, ma ormai scomparso ovunque (forse presente<br />

ancora in Sicilia e Sardegna). I Lagaccioli sono composti da tre sottounità connesse fra loro, si<br />

presentano attualmente in un <strong>di</strong>screto stato <strong>di</strong> conservazione, anche se i dati bibliografici segnalano<br />

una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> 5 specie (quasi il 42% del totale).<br />

Da una prima analisi della situazione la flora sembra più ricca <strong>di</strong> quanto è riportato in letteratura<br />

e ulteriori ricerche sono essenziali.<br />

Il lago del Marruchetone è quello che ha la maggiore ricchezza flogistica 60 specie riportate in<br />

letteratura, e questa flora ha subito una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> 25 unità (circa 42 % del totale). Sono segnalate<br />

alcune entità <strong>di</strong> notevole interesse botanico e abbastanza inusuali per la zona come le utricularie: la<br />

flora merita ulteriori indagini.<br />

Il lago <strong>di</strong> San Floriano è quello <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni e quello con le caratteristiche <strong>di</strong> vero<br />

lago, in quanto l’acqua rimane anche durante la stagione secca. Questa situazione ha permesso la<br />

conservazione della sua ricca flora: sono infatti segnalate 46 specie e solo 13 sono ritenute estinte<br />

(28 %).<br />

Il Lago dell’Uccellina si presenta notevolmente degradato sia per la presenza <strong>di</strong> animali al<br />

pascolo sia per il passaggio <strong>di</strong> macchine agricole: la flora, peraltro scarsa (16 specie) è scomparsa<br />

del 50 %. Comunque dalle osservazioni effettuate ulteriori indagini sono necessarie. Da notare che<br />

l’importanza del Laghetto dell’Uccellina è costituita dal fatto che esso è collegato al lago <strong>di</strong> San<br />

Floriano dal fosso dei Pratini esso quin<strong>di</strong> potrebbe funzionare da serbatoio se il fosso venisse<br />

mantenuto con una buona permanenza <strong>di</strong> acqua per tutto l’anno. Quin<strong>di</strong> una attenta regimazione<br />

delle acque del lago dell’Uccellina e del fosso dei Pratini potrebbero far sì da mantenere in vita un<br />

importante corridoio ecologico per la conservazione della flora igrofila del sistema Uccellina-San<br />

Floriano.<br />

Oltre a queste aree umide storicamente conosciute, ma meritevoli <strong>di</strong> ulteriori indagini, sono<br />

presenti nella zona altri laghetti la cui flora e <strong>vegetazione</strong> non è per niente conosciuta.


Vegetazione idrofitica e microelofitica dei laghetti<br />

Vegetazione flottante con specie appartenenti al gen. Ranunculus subgen. Batrachium<br />

Fitocenosi attribuibili a questo habitat sono presenti in alcuni laghetti. Attorno e all’interno dello<br />

specchio d’acqua <strong>di</strong> alcuni laghetti si sviluppano mosaici <strong>di</strong> fitocenosi <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni<br />

costituite da specie appartenenti a forme <strong>di</strong> crescita <strong>di</strong>verse. Nella parte interna è <strong>di</strong>stribuita la<br />

<strong>vegetazione</strong> idrofitica flottante e ra<strong>di</strong>cante dominata da Ranunculus subgen. Batrachium. Si tratta <strong>di</strong><br />

un habitat meritevole <strong>di</strong> conservazione presente nell’All. I della Direttiva 92/43 CEE come habitat<br />

<strong>di</strong> interesse prioritario e nella 56/2000 RT.<br />

Queste cenosi meriterebbero un attento stu<strong>di</strong>o sia per una corretta identificazione <strong>di</strong> questo<br />

complesso <strong>di</strong> specie <strong>di</strong> ranuncoli, sia per in<strong>di</strong>viduare i pericoli attualmente esistenti e dei programmi<br />

<strong>di</strong> gestione al fine <strong>di</strong> una loro conservazione a lungo termine.


Sistema dunale<br />

Il sistema dunale della Duna <strong>di</strong> Burano risulta un ecosistema ampiamente stu<strong>di</strong>ato e le note <strong>di</strong><br />

seguito derivano dall’analisi della letteratura esistente.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un complesso abbastanza ben conservato anche se manca completamente la fascia ad<br />

Ammophila arenaria L. subsp. australis (Mabille) Lainz che in<strong>di</strong>ca un sistema dunale non<br />

completamente sviluppato; esso è costituito dai seguenti tipi <strong>di</strong> <strong>vegetazione</strong> a partire dalla linea <strong>di</strong><br />

costa:<br />

Vegetazione delle dune embrionali a dominanza <strong>di</strong> agropiro<br />

(Elytrigia juncea = Agropyrum junceum)<br />

L’agropireto risulta ben sviluppato su tutta l’estensione della duna. Queste fitocenosi sono<br />

attribuibili al Echinophoro spinosi-Elytrigietum juncei Gehu 1996.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Elytrigia juncea (L.) Nevsky<br />

Echinophora spinosa L.<br />

Conservazione<br />

Si tratta <strong>di</strong> un habitat meritevole <strong>di</strong> conservazione presente nell’All. I della Direttiva 92/43 CEE<br />

e nella 56/2000 RT.<br />

Vegetazione basso suffruticosa retronale a<br />

dominanza <strong>di</strong> elicriso e crucianella<br />

Questo tipo <strong>di</strong> <strong>vegetazione</strong> si insinua all’interno formando una sorta <strong>di</strong> mantello posto fra la<br />

<strong>vegetazione</strong> erbacea <strong>di</strong> duna e la <strong>vegetazione</strong> delle boscaglie <strong>di</strong> ginepri. L’associazione <strong>di</strong><br />

riferimento è Crucianelletum maritimae Br.Bl. 1933.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Crucianella marittima L.<br />

Helichrysum stoechas (L.) DC.<br />

Conservazione<br />

Si tratta <strong>di</strong> un habitat meritevole <strong>di</strong> conservazione presente nell’All. I della Direttiva 92/43 CEE<br />

e nella 56/2000 RT.<br />

Boscaglie a dominanza <strong>di</strong> ginepri costieri<br />

Si tratta <strong>di</strong> una macchia densa, compatta, dominata dai ginepri costieri: Juniperus macrocarpa<br />

Sibth. & Sm. e J. turbinata Guss. (= J. phoenicea Auct., non L.) e da Phillyrea angustifolia L., che<br />

si <strong>di</strong>stribuisce nella parte più alta della duna determinando il suo completo consolidamento. Le<br />

boscaglie a ginepri costieri dunali sono attribuibili all’associazione Phillyreo angustifoliae-<br />

Juniperetum turbinatae Bartolo & al. 1992.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Juniperus macrocarpa Sibth. & Sm.<br />

Juniperus turbinata Guss.<br />

Phillyrea angustifolia L.


Conservazione<br />

Si tratta <strong>di</strong> un habitat meritevole <strong>di</strong> conservazione presente nell’All. I della Direttiva 92/43 CEE<br />

come habitat <strong>di</strong> interesse prioritario e nella 56/2000 RT.<br />

Vegetazione <strong>di</strong> erbe annue effimere delle zone retrodunali<br />

Queste cenosi sono formate da piccole piante annuali come Tuberaria guttata (L.) Fourr.,<br />

Trifolium cherleri L., Me<strong>di</strong>cago littoralis Rhode ex Loisel. e Vulpia sp.pl.<br />

Si tratta <strong>di</strong> fitocenosi rilevabili solo nelle prime fasi del periodo primaverile, tendendo a<br />

scomparire con l’aumentare dell’ari<strong>di</strong>tà. Sono formate da molte specie per cui la loro conservazione<br />

è molto importante.<br />

Specie in<strong>di</strong>catrici<br />

Tuberaria guttata (L.) Fourr.<br />

Me<strong>di</strong>cago littoralis Rhode ex Loisel.<br />

Conservazione<br />

Si tratta <strong>di</strong> un habitat meritevole <strong>di</strong> conservazione presente nell’All. I della Direttiva 92/43 CEE<br />

come habitat <strong>di</strong> interesse prioritario e nella 56/2000 RT. La conservazione <strong>di</strong> queste cenosi parte dal<br />

mantenimento del mosaico ambientale e solo la messa in opera <strong>di</strong> un piano <strong>di</strong> gestione con annesso<br />

un piano <strong>di</strong> monitoraggio che possa evidenziare gli eventuali processi <strong>di</strong> evoluzioni della<br />

<strong>vegetazione</strong> in atto, possono garantire la conservazione dell’habitat a lungo termine.<br />

La <strong>vegetazione</strong> dei sistemi dunali è oggi interessata da estesi fenomeni <strong>di</strong> antropizzazione in<br />

tutte le sue parti. La prima fascia dominata da specie annuali che risentono dell’effetto del<br />

movimento del mare sono spesso scomparsi oppure interessati dalla presenza <strong>di</strong> specie nitrofileruderali<br />

come Xanthium italicum Moretti (presente anche a Burano). La compattazione delle prime<br />

fascie ha portato alla scomparsa delle formazioni vegetali costruttrici della duna (agropireto) oppure<br />

alla scomparsa dell’ammofileto. La mancanza dell’ammofileto e la conseguente contatto spaziale<br />

fra l’agropireto e il crucianelleto, formazione tipicamente retrodunale, mette in evidenza come la<br />

duna <strong>di</strong> Burano manchi <strong>di</strong> rinascimento e quin<strong>di</strong> suscettibile <strong>di</strong> erosione.<br />

La messa a punto <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> monitoraggio dell’intero sistema dunale potrebbe evidenziare<br />

per tempo i fenomeni più evidenti e pericolosi per questo ecosistema.<br />

Possibili in<strong>di</strong>catori della presenza <strong>di</strong> fenomeni <strong>di</strong> eutrofizzazione:<br />

Xanthium italicum Moretti<br />

Atriplex sp.pl<br />

Anthemis marittima L. (in aumento)<br />

Bromus sp. pl.<br />

Lagurus ovatus L.<br />

Possibili bioin<strong>di</strong>catori delle perturbazioni antropogene:<br />

Calpestio: Plantago sp.pl., Tribulus terrestris L., Cynodon dactylon (L.) Pers.<br />

Accumulo rifiuti: Verbascum sp.pl., Cardueae varie (Car<strong>di</strong>)


Sistema degli stagni retrodunali<br />

All’interno dei sistemi dunali possono essere presenti delle aree retrodunali più o meno allagate<br />

che completano l’intero sistema dunale fatto, quando sviluppato nel suo insieme, da una serie <strong>di</strong><br />

dune ed interdune.<br />

Il sistema retrodunale è composto da habitat <strong>di</strong>versi, spesso anche <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni non superiori al<br />

metro quadrato, che si intersecano fra loro in un “continuum” determinato dalle variazioni continue<br />

dei parametri fisici: salinità del substrato, granulometria, livello topografico, livello <strong>di</strong> evoluzione.<br />

Giuncheti<br />

Giuncheto litoraneo subsalso allagato per buona parte dell’anno<br />

Puccinellio festuciformis-Juncetum maritimi (Pignatti 1953) Gehu 1984<br />

Specie guida<br />

Carex extensa Good.<br />

Giuncheto litoraneo salso allagato per tutto l’anno<br />

Inulo crithmoi<strong>di</strong>s-Juncetum maritimi Brullo & al. 1988<br />

Specie guida<br />

Juncus maritimus Lam.<br />

Vegetazione dei bor<strong>di</strong> a livello topografico superiore<br />

Elytrigio elongatae-Inuletum crithmoi<strong>di</strong>s Br. Bl. 1952<br />

Specie guida<br />

Elytrigia elongata (Host) Nevsky<br />

Conservazione<br />

Parte o tutti questi tipi <strong>di</strong> <strong>vegetazione</strong> potrebbero entrare nell’habitat “Steppe salate dei<br />

Limonietalia” presente nella Direttiva 92/43 CEE e nella legge 56/2000 RT.<br />

Salicornieti<br />

La <strong>vegetazione</strong> a salicornie presente sui bor<strong>di</strong> del Lago <strong>di</strong> Burano può essere articolata in due<br />

gran<strong>di</strong> gruppi<br />

Vegetazione a dominanza <strong>di</strong> suffrutici succulenti presente nei livelli topografici me<strong>di</strong> e<br />

superiori in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> moderata salinità<br />

Puccinellio festuciformis-Sarcocornietum fruticosa (Br.Bl. 1928) Gehu 1976<br />

Specie guida<br />

Sarcocornia fruticosa (L.) A.J.Scott


Vegetazione dei livelli topografici bassi delle depressioni salate<br />

in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> elevata salinità<br />

Puccinellio convolutae-Arthrocnemetum macrostachyi (Br.Bl. 1928) Gehu & al. 1984<br />

Specie guida<br />

Arthrocnemum macrostachyum (Moric.) Moris & Delpino<br />

Vegetazione terofitica a salicornie annuali delle depressioni salate<br />

su suoli sabbioso limosi<br />

Suaedo maritimae-Saliconietum patulae (Brullo & furnari 1976) Gehu & Gehu Frank 1984<br />

Specie guida<br />

Salicornia sp.pl.<br />

Ruppietea.<br />

Vegetazione fanerogamica delle praterie sommerse delle lagune costiere


Giuncheti e cla<strong>di</strong>eti palustri dulcaquiculi alotolleranti<br />

Si sviluppano nelle parti più interne del Lago <strong>di</strong> Burano dove si risente solo marginalmente<br />

della penetrazione della falda salata marina.<br />

Due sono i principali tipi <strong>di</strong> <strong>vegetazione</strong> che si possono riscontrare nel Lago <strong>di</strong> Burano<br />

Scirpeti<br />

Specie guida<br />

Bolboschoenus maritimus (L.) Palla (= Scirpus maritimus L.)<br />

Cla<strong>di</strong>eti<br />

Specie guida<br />

Cla<strong>di</strong>um mariscus (L.) Pohl


Le aree <strong>di</strong> collegamento ecologico<br />

Come viene in<strong>di</strong>cato nelle "In<strong>di</strong>cazioni tecniche per l'in<strong>di</strong>viduazione e la pianificazione delle<br />

aree <strong>di</strong> collegamento ecologico (L.R. 56/2000)" solo dopo una dettagliata analisi strutturale e<br />

funzionale delle risorse del territorio si possono delineare le azioni <strong>di</strong> conservazione, restauro e<br />

creazione delle aree <strong>di</strong> collegamento ecologico. Comunque da una prima analisi della situazione<br />

presente nel territorio del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong> si possono in<strong>di</strong>viduare i seguenti principali problemi<br />

<strong>di</strong> mancata o ridotta connessione ecologica.<br />

La bassa Maremma Toscana si presenta come un territorio molto omogeneo: le colline che<br />

prendono contatto con le dorsali montane che arrivano verso l’Appennino, sono alternate ad ampie<br />

superfici coltivate, scarsa è la presenza <strong>di</strong> superfici con <strong>vegetazione</strong> arbustiva. All’interno <strong>di</strong> questo<br />

esteso paesaggio si possono in<strong>di</strong>viduare due principali tipologie <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> collegamento:<br />

- macrocollegamento<br />

- microcollegamento<br />

la <strong>di</strong>stinzione fra le due tipologie risulta dalla scala alla quale la funzione <strong>di</strong> collegamento può<br />

essere apprezzata.<br />

Gli elementi <strong>di</strong> macrocollegamento debbono essere ricercate nelle gran<strong>di</strong> superfici boscate<br />

collocate sulle dorsali. Queste devono consentire il collegamento fra le aree costiere ad alta<br />

naturalità come il sistema duna-lago <strong>di</strong> Burano e i rilievi del Preappennino e da qui alla catena<br />

appenninica.<br />

Minori situazioni <strong>di</strong> “rottura” <strong>di</strong> collegamento possono essere in<strong>di</strong>viduate anche fra le tre<br />

principali dorsali orientate in senso sud-nord presenti nel territorio comunale: Poggio Forame -<br />

Poggio dei Butteri ad ovest, Poggio Casaglia - M. Verruzzo al centro e Le Carbonaiacce - Poggio<br />

Bellino a oriente. Queste interruzioni sono <strong>di</strong> piccola entità e potrebbero essere facilmente riattivate.<br />

Ad ovest per esempio si dovrebbe facilitare la continuità dell’area Poggio <strong>di</strong> Tutto il Mondo - Le<br />

Pianacce (Manciano) fino a complesso Poggio Forame -Poggio dei Butteri e da qui verso la zona <strong>di</strong><br />

Burano. Nella parte centrale, la dorsale collinare che aggira l’abitato <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong> continua verso<br />

nord senza interruzioni fino a M. Marciano (Manciano) tendendo a frammentarsi in seguito.<br />

Verso oriente la continuità fra la zona costiera e quella della dorsale che parte dal Poggio<br />

Bellino risulta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile riattivazione, ma questo potrebbe essere aggirato con collegamenti laterali<br />

verso la dorsale centrale attraverso la zona del Diaccialone - Le Carbonaiacce.<br />

Particolarmente impegnativo sarà il mantenimento delle funzioni <strong>di</strong> connessione verso la zona<br />

costiera per la presenza <strong>di</strong> importanti elementi <strong>di</strong> “rottura” del collegamento come la ferrovia<br />

costiera e la variante dell’Aurelia che portano ad isolare gli elementi costieri da quelli interni.<br />

Progettare zone <strong>di</strong> attraversamento <strong>di</strong> queste importanti barriere lineari sarà <strong>di</strong> particolare<br />

importanza. Si potrebbe ipotizzare l’abbassamento del piano dell’Aurelia a della ferrovia in modo<br />

da creare “ponti” idonei alla libera circolazione degli animali e delle piante.<br />

Gli elementi <strong>di</strong> microcollegamento sono rappresentati dalla rete <strong>di</strong> formazioni lineari che<br />

connettono laghetti ed aree umide presenti soprattutto nella porzione settentrionale del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Capalbio</strong> a contatto con quello <strong>di</strong> Manciano. Tale rete si può ipotizzare a partire dalla Sgrilla con un<br />

ramo orientale che arrivi fino a Vallerana, i laghi Acquato e Lagaccioli, il fosso delle Cionce fino a<br />

Pescia Fiorentina e poi verso il mare; oltre ad un ramo occidentale che da Vallerana proceda verso<br />

la il fosso della Forcola e poi verso la zona del Marruchetone e <strong>di</strong> San Floriano.<br />

Anche queste reti <strong>di</strong> acqua subiscono l’interruzione a livello delle gran<strong>di</strong> linee <strong>di</strong> comunicazione<br />

che scorrono parallele alla linea <strong>di</strong> costa.


Queste formazioni lineari arboree in gran parte dominate da Fraxino oxycarpa talvolta in<br />

consociazione con Ulmus minor o, più spora<strong>di</strong>camente con Quercus frainetto, rappresentano uno<br />

degli elementi <strong>di</strong> maggiore interesse naturalistico in quanto in grado <strong>di</strong> garantire alti valori <strong>di</strong><br />

connettività nel paesaggio dominato dalle colture estensive. Le formazioni con farnetto e frassino<br />

potrebbero inoltre funzionare da collegamento fra le gran<strong>di</strong> strutture boscate (macrocorridoi).<br />

I laghetti, sia <strong>di</strong> origine carsica che artificiali per l’irrigazione, rappresentano degli importanti<br />

elementi “serbatoio” per la flora e la fauna legata agli habitat acquatici, o almeno umi<strong>di</strong>. Gli<br />

elementi <strong>di</strong> collegamento costituiti dalle formazioni lineari sono <strong>di</strong> vitale importanza per mantenere<br />

un certo livello <strong>di</strong> scambio fra le popolazioni che vivono isolate in queste laghetti. Nelle aree<br />

coltivate la rete delle formazioni lineari potrebbe essere riattivata, dove ridotta o mancante,<br />

attraverso le leggi che la Regione Toscana prevede proprio per questo motivo.


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Economico, Regione Toscana, Firenze.<br />

PEDROTTI F., ORSOMANDO E. & CORTINI PEDROTTI C., 1975 - Carta della <strong>vegetazione</strong> del Lago <strong>di</strong> Burano e<br />

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PEDROTTI F., ORSOMANDO E. & CORTINI PEDROTTI C., 1975 - Carta della <strong>vegetazione</strong> del Lago <strong>di</strong> Burano e<br />

della duna <strong>di</strong> <strong>Capalbio</strong> (Grosseto). Consiglio Nazionale delle Ricerche. LAC, Firenze.<br />

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REGIONE TOSCANA, 2002 – Deliberazione <strong>di</strong> Giunta Regionale n. <strong>11</strong>48 del 21 ottobre 2002 L.R.56/2000 –<br />

In<strong>di</strong>cazioni tecniche per l’in<strong>di</strong>viduazione e la pianificazione delle aree <strong>di</strong> collegamento<br />

ecologico.<br />

TOMEI P. E. & GUAZZI E., 1993 - Le zone umide della Toscana. Lista generale delle entità vegetali. Atti Mus.<br />

Civ. Stor. Nat. Grosseto 15: 107-152<br />

VAGGE I. & BIONDI E., 1999 - La <strong>vegetazione</strong> delle coste sabbiose del Tirreno settentrionale italiano.<br />

Fitosociologia 36(2): 61-96..

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