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Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale 70% DCB Milano<br />
numero <strong>78</strong><br />
VINCENT<br />
GALLO<br />
La mia inquieta<br />
normalità<br />
INTORNO<br />
AL MURO<br />
Da Berlino un<br />
progetto fotografi co<br />
ad hoc. Vent’anni<br />
dopo<br />
L.A.<br />
WOMAN<br />
Eterea, blue, mai banale,<br />
come la cantava Jim<br />
Morrison
Mensile · Anno IX, Numero <strong>78</strong><br />
www.urbanmagazine.it / redazione.urban@rcs.it<br />
direttore responsabile<br />
Alberto Coretti alberto.coretti@rcs.it<br />
art direction<br />
Maurizio Varotti<br />
caposervizio<br />
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segretaria di redazione<br />
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fashion<br />
a cura di Ivan Bontchev fashion.urban@rcs.it<br />
presidente<br />
Giorgio Valerio<br />
amministratore delegato<br />
Bruno Lommi<br />
marketing manager<br />
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via dell’Industria 6 · Erbusco BS<br />
cover: foto di Leonardo Corallini<br />
Maxi cardigan, Philosophy by Alberta Ferretti<br />
Coulotte, Eres<br />
Cintura, Prada<br />
SOMMARIO<br />
13<br />
15<br />
17<br />
19<br />
24<br />
28<br />
31<br />
32<br />
37<br />
44<br />
47<br />
55<br />
57<br />
61<br />
62<br />
65<br />
66<br />
69<br />
73<br />
82<br />
EDITORIALE<br />
ICON<br />
di Valentino Rossi<br />
INTERURBANA<br />
al telefono con Gabriele Roberto<br />
di Paolo Madeddu<br />
PORTFOLIO<br />
Young and brit<br />
VINCENT IL TETRO<br />
di Roberto Croci · foto Cesare Cicardini<br />
SULLE TRACCE DI LITTLE BOOTS<br />
di Paolo Madeddu<br />
DESIGN<br />
di Olivia Porta<br />
RAGAZZI DI STOFFA<br />
scouting Ivan Bontchev · foto Cesare Cicardini<br />
L.A. WOMAN<br />
foto Leonardo Corallini · styling Ivan Bontchev<br />
DETAILS<br />
foto Giorgio Codazzi · styling Ivan Bontchev<br />
LIKE B.B.<br />
foto Alvaro Beamud Cortes · styling Delfi na<br />
Pinardi<br />
LIBRI<br />
di Marta Topis<br />
LA RICADUTA DEL MURO<br />
di Maurizio Marsico · progetto fotografi co<br />
Martina Della Valle<br />
CULT<br />
di Mirta Oregna<br />
PERFORMANCE DI GRUPPO<br />
di Francesca Bonazzoli<br />
ARTE<br />
a cura di Floriana Cavallo<br />
MUSICA<br />
di Paolo Madeddu<br />
FILM<br />
di Alessio Guzzano<br />
FUORI<br />
ULTIMA FERMATA<br />
di Massimiliano Palmese<br />
URBAN · 7
Fermenti<br />
EDITORIALE<br />
Dove andare a vedere se in questo turbolento 2009 qualcosa stia davvero girando<br />
in modo diverso? Ci è sembrata una buona idea iniziare dalle nuove generazioni,<br />
da quelli che fino a ora si sono formati nelle scuole o hanno seguito sentieri<br />
creativi indipendenti. A Milano siamo andati a curiosare fra taccuini e bozzetti<br />
dei neodiplomati dello Ied e dell’Istituto Marangoni. A Londra siamo rimasti<br />
colpiti dagli scatti insieme malinconici e glam dei giovani fotografi del London<br />
College of Fashion. Mentre a Roma la mostra New York Minute ci ha spalancato una<br />
finestra sulla nuova scena creativa di Manhattan. Dove un gruppo di artisti-<br />
amici ha sviluppato con la città un rapporto intensissimo e proprio per questo<br />
è in grado di carpirne il minimo respiro. Un po’ come la ragazza di copertina,<br />
ispirata a una delle ultime canzoni di Jim Morrison. Una “L.A. Woman” che con<br />
il suo mood blue incarna lo spirito polveroso e rarefatto delle sconfinate<br />
periferie della città degli angeli.<br />
Alvaro Beamud Cortes · Francesca Bonazzoli · Bruno Boveri · Ciro Cacciola · Giorgio Codazzi · Leonardo<br />
Corallini · Cesare Cicardini · Roberto Croci · Martina Della Valle · Alessio Guzzano · Paolo Madeddu ·<br />
Maurizio Marsico · Mirta Oregna · Delfi na Pinardi · Olivia Porta · Leo Rieser · Francesca Roveda · Laura<br />
Ruggieri · Marta Topis<br />
URBAN · 13
VENICE BEACH<br />
icon<br />
URBAN · 15
Siamo tuoi ospiti. Dove ci porti?<br />
Al mercato del pesce – alle cinque del mattino, però,<br />
per mangiare il sushi appena pescato. Altrimenti<br />
possiamo andare al Sumitomo Building: al 52esimo<br />
piano ci sono una vista mozzafi ato della città e la<br />
pizzeria Spaccanapoli. Lì c’è Peppe, che alle coppiette<br />
prepara la pizza a forma di cuore.<br />
È lì che si ritrova la comunità italiana a Tokyo?<br />
Non c’è una vera e propria comunità italiana. Ci sono<br />
locali italiani che sono soprattutto per i giapponesi,<br />
dove vado per sentirmi un po’ a casa, come per<br />
esempio De Longhi, ristorante dove c’è un bel piano<br />
a coda. Ma Tokyo è una città molto giapponese, non<br />
internazionale. Non è una metropoli melting-pot come<br />
le pensiamo noi in Occidente. Quando vado in piscina<br />
vicino a casa mia i bambini mi guardano esterrefatti<br />
come fossi un alieno.<br />
Certo ti puoi integrare molto bene, specie se sei<br />
piemontese come me e non ti dispiace una certa<br />
cortesia formale che qualcuno può trovare ossessiva.<br />
Per un italiano può risultare persino inquietante<br />
il modo in cui tutto è studiato per funzionare<br />
perfettamente, per il massimo confort, come le<br />
famose toilette futuristiche con il bidet automatico.<br />
A volte viene quasi da pensare che sotto questa cura<br />
maniacale per i dettagli ci sia una città senz’anima.<br />
«A VOLTE VIENE QUASI DA PENSARE<br />
CHE SOTTO QUESTA CURA MANIACALE PER I DETTAGLI<br />
CI SIA UNA CITTÀ SENZ’ANIMA»<br />
Ma non ci sono movimenti giovanili, correnti<br />
artistiche che la vivacizzano?<br />
Sì, ma visti da vicino fanno un po’ sorridere: i giovani<br />
giapponesi che si vestono come punk o come rapper<br />
americani sono spesso laureati, e non veri emarginati.<br />
Chi fa la popstar lo vive come un lavoro, un rapper<br />
non è certo un mezzo delinquente come in Usa, ma un<br />
giovane con un’educazione tradizionale non troppo<br />
diverso dagli altri ragazzi che diventano impiegati, e si<br />
è fatto gli stessi loro studi. In questo sistema educativo<br />
la pressione per spingere i giovani verso il mondo<br />
del lavoro è altissima, ed è dura per chi non ce la fa:<br />
il tasso di suicidi è elevatissimo. Peraltro qui non c’è<br />
la spinta alla realizzazione personale che c’è da noi,<br />
conta più la collettività del singolo. Anche in modalità<br />
che non ti aspetti: per esempio l’anno scorso ho vinto<br />
un premio prestigioso per una colonna sonora e se l’è<br />
tenuto la compagnia produttrice, anche se il culo per<br />
scrivere la musica me l’ero fatto io!<br />
E come vedono gli italiani?<br />
L’immagine stereotipata che piace anche a noi: popolo<br />
spensierato, sorridente, che ama le cose belle…<br />
Gabriele Roberto<br />
TOKYO<br />
interurbana<br />
Continuano a venerare Baggio?<br />
A dire la verità ora come ora va fortissimo Gattuso, i<br />
ragazzi lo usano come salvaschermo del cellulare.<br />
In questo momento stai lavorando a un fi lm che<br />
si gira a Honk Kong. Per molti italiani, è “più o<br />
meno la stessa roba”: una metropoli orientale vale<br />
l’altra. In cosa invece le due città sono diverse?<br />
Guarda, Hong Kong sta a Tokyo come il sudore sta al<br />
deodorante. C’è un’umidità pazzesca, e una vitalità<br />
confusa. È sicuramente molto più multietnica. Poi dal<br />
punto di vista visuale, come Shanghai si è espansa in<br />
altezza molto più di Tokyo, che anche per i terremoti ha<br />
rinunciato ai grattacieli e si è estesa più in ampiezza.<br />
Tant’è che ci sono zone anche in centro che sono<br />
rimaste com’erano decenni fa e sembrano paesini.<br />
Quando pensi a Tokyo, che musica ti viene in<br />
mente?<br />
Mmh, come musicista non sono adatto a indicare un<br />
brano, specie uno altrui! Posso dire che secondo me<br />
la migliore descrizione della città è nei libri di Haruki<br />
Murakami.<br />
Avanti, facci anche un nome musicale: qui<br />
siamo rimasti a Cibo Matto, Pizzicato Five,<br />
Ryuichi Sakamoto.<br />
Va bene, provate ad ascoltare un duo: i Freescape, una<br />
cantante e un deejay che fanno cose molto particolari.<br />
Paolo Madeddu<br />
Musicista, nel 2005 si è trasferito a Tsukushino, nella zona di Machida, a 35 minuti dal centro di Tokyo. Compone colonne sonore<br />
per fi lm e anime e ha vinto premi molto ambiti. Attualmente sta lavorando alla musica di un horror intitolato Dream home, del regista Pang Ho-Cheung.<br />
URBAN · 17
YOUNG AND BRIT<br />
Come guardano il mondo le nuove generazioni di fotografi di moda? A rispondere ci ha provato Capsule<br />
alla Richard Young Gallery di Londra, mostra per cui sono stati selezionati i lavori fotografi ci più<br />
interessanti degli allievi del London College of Fashion, uno tra gli indirizzi più cool dove si impara a<br />
interpretare la realtà come se fosse uno shooting di moda. Quaranta i nuovi giovani talenti coinvolti:<br />
dalle loro immagini emerge ovviamente un universo frastagliato, aperto a molteplici visioni, ma che<br />
nel suo insieme contamina il glam con una radiazione malinconica di fondo.<br />
LONDON<br />
portfolio<br />
Jan Schjetne<br />
URBAN · 19
Lisanne Holly<br />
Rachel Coxhead<br />
Rachel Coxhead<br />
20 · URBAN URBAN · 21
Patrick Lindblom<br />
22 · URBAN URBAN · 23<br />
Jan Schjetne
new york<br />
cinema<br />
VinCent il tetro<br />
Calato nel personaggio del nuovo film, Tetro, Vincent Gallo<br />
si rituffa nella sua infanzia tormentata. Confessa a <strong>Urban</strong><br />
di quando mangiava solo pasta scondita mentre suo padre<br />
comprava una Cadillac nera ogni anno. Finché, sullo sfondo<br />
della New York di Basquiat, non è diventato una stella<br />
Testo: Roberto Croci · Foto: Cesare Cicardini<br />
Capelli nerissimi, bagnati, pantaloni a tubo, maglione<br />
decisamente outdated e scarpe che la dicono lunga sul<br />
percorso fatto. Non fosse per lo sguardo intenso – “non sono<br />
mai e poi mai rilassato” – e il volto magrissimo, avremmo<br />
difficoltà nel riconoscere un asciuttissimo Vincent Gallo che,<br />
in compagnia di Sofia e Roman Coppola, entra al Billy Wilder<br />
Theater di Westwood, sede della premiére americana di Tetro, da dove<br />
un imperioso Francis Ford Coppola tuona l’inizio artistico della sua<br />
seconda carriera, quella a lui più cara, quella in cui scriverà, dirigerà<br />
e produrrà piccole storie che appartengono all’immaginario della sua<br />
vita. Nel piccolo soirée che segue Tetro, mi ritrovo attratto dalle parole e<br />
dalla voce di Vincent Gallo che, oltre a elogiare il giovanissimo partner<br />
Alden Ehrenreich, ci apre uno spiraglio sul mondo attuale di Coppola.<br />
Il grande regista di origine italiana rivisita il suo cinema in un’opera a<br />
carattere autobiografico, girata in uno splendido bianco e nero, centrata<br />
sulla vicenda di una famiglia di artisti italiani emigrati in Argentina.<br />
“È una storia autobiografica, anche se gli eventi non sono quelli<br />
realmente accaduti. La traccia vera che mi ha fortemente fatto<br />
innamorare del progetto è il rapporto che il mio personaggio – Tetro:<br />
poeta, musicista e fannullone – ha con il proprio passato, e specialmente<br />
con il padre. Una relazione miseramente fallita sin dall’adolescenza<br />
che… mi ha ricordato mio padre, la mia vita, le mie lacrime, le mie<br />
lotte interne e il mio crescere lentamente, intensamente, diagonalmente<br />
a quella società che invece proseguiva diritta senza fermarsi”. Niente<br />
male come biglietto di presentazione, visto che finzione e modestia non<br />
fanno parte dell’arsenale di Vincent. La prima volta che l’ho incontrato<br />
34 · URBAN URBAN · 25
“Vivere in casa dei miei è stato un incubo, tutto quello a cui ero<br />
affezionato doveva essere nascosto, tutto quello che rappresentava<br />
un segno di vita doveva essere soppresso”<br />
personalmente è stata durante un’intervista al rapper<br />
RZA dei Wu-Tang Clan, durante la registrazione del<br />
loro quinto album 8 Diagrams. Appuntamento insolito<br />
a mezzanotte – prima e ultima volta che mi sia mai<br />
capitata un’intervista a quell’ora – e dopo aver bevuto<br />
e fumato joy sticks con i membri del gruppo, ecco<br />
che scorgo una massa di capelli informi scapigliati<br />
piegati su una chitarra. A uno sguardo più attento lo<br />
riconosco e dopo qualche domanda scopro che questo<br />
suo rifugiarsi in studio di registrazione è un rituale<br />
assai comune, specialmente quando vuole provare<br />
nuovi strumenti – solitamente chitarre costosamente<br />
vintage e rare. Sembra infatti possieda la più grossa<br />
collezione di chitarre Rickenbacker e, come listato nel<br />
suo sito, è sempre alla ricerca di casse e amplifi catori<br />
Western Electric vista l’assoluta maniacalità e dedizione<br />
riservata a questi pezzi unici, per non parlare poi delle<br />
somme incredibili che è disposto a pagare.<br />
Vincent Gallo nasce nel 1961 in quello che lui stesso<br />
defi nisce gli slum o bassifondi di Buffalo, a 600 km<br />
da New York, sede degli immigrati europei più poveri.<br />
Figlio di genitori siciliani, Vincent passa la maggior<br />
parte della sua infanzia poverissimo, sopravvivendo<br />
alla violenza del quartiere in cui vive, in prevalenza<br />
frequentato da neri e portoricani. “Rick James, il re del<br />
Funk, era il nostro vicino di casa ed era amicissimo di<br />
mio zio John ‘The Bull’ Fantazzo. A casa si mangiava<br />
sempre pasta, ma non ci si poteva permettere neanche<br />
di condirla, perché mio padre insisteva nel comprare<br />
una Cadillac nuova ogni anno, sempre nera con<br />
gli interni bianchi immacolati. Quante botte mi<br />
sono preso quando sporcavo i sedili con le scarpe!<br />
Questo rituale annuale, la scelta del modello dal<br />
concessionario, credo mi abbia trasmesso l’amore per<br />
la tecnologia, per il futuro. Da bambino ero convinto<br />
che le automobili avrebbero fi nito per funzionare ad<br />
acqua, che entro il 21esimo secolo avremmo sconfi tto<br />
tutte le malattie e non saremmo mai invecchiati,<br />
ma soprattutto che sarei stato il primo a pilotare la<br />
prima astronave su Plutone, ecco perché gli amici<br />
mi soprannominarono Future Boy. Poi un giorno<br />
mio padre rimase deluso proprio dall’avanzamento<br />
tecnologico, quando scoprì che una delle sue amate<br />
Cadillac non veniva più prodotta con lo stesso amore<br />
e attenzione al dettaglio di un tempo e, forse per<br />
delusione o solo per destino, si schiantò con il suo<br />
ultimo acquisto contro la statua di Sant’Antonio da<br />
Padova nel cortile di mio zio. A quel punto Future Boy<br />
era fi nito. Dead. Come mio padre per me, che avrebbe<br />
continuato a guidare Cadillac ma non ne avrebbe mai<br />
più amata una.<br />
Vivere in casa dei miei è stato un incubo, tutto quello<br />
a cui ero affezionato doveva essere nascosto, tutto<br />
quello che rappresentava un segno di vita doveva<br />
essere soppresso, come se qualche sconosciuto fosse<br />
dovuto venire ad abitare nella mia stanza. Compiuti<br />
i 13 anni avevo già un lavoro, quattro ore prima di<br />
andare a scuola e cinque ore dopo. Sabato e domenica<br />
mi facevo almeno dieci ore alla pompa di benzina”. Lo<br />
stesso padre lo butta fuori di casa all’età di 16 anni,<br />
facendolo diventare di fatto, Prince Vince, uno dei re<br />
della scena underground artistica newyorchese – ma<br />
solo dopo aver viaggiato un anno intero in giro per<br />
l’Europa – dopodiché lo vediamo calcare le scene<br />
teatrali romane al fi anco di Victor Cavallo, l’attore<br />
che lavorò con Bertolucci ne La tragedia di un uomo<br />
ridicolo. “Prima di diventare attore sono stato pittore<br />
e musicista. Ho formato la prima band a nove anni,<br />
poi altri gruppi tra cui Grey con Jean-Michel Basquiat,<br />
con cui facevamo rap e con cui ho condiviso l’amore<br />
per l’arte. Sono arrivato a New York per entrare a<br />
far parte della leggenda, e quando ho trovato quelli<br />
che hanno creduto in me e mi hanno assicurato che<br />
avevo talento sono andato fuori di testa. Quando<br />
mi sono “risvegliato” avevo 26 anni e mi sono reso<br />
conto che anche la vita “normale” avrebbe potuto<br />
essere interessante, oltre che vivibile. La musica è<br />
stata il primo vero amore della mia vita, ho suonato<br />
con Sean Lennon e John Frusciante, ho prodotto una<br />
decina di album e quando scrivo musica mi ispiro<br />
a cose diverse da quella che suono nei miei album.<br />
Ascolto Peggy Lee e Anita O’Day costantemente. Ma<br />
se sentite When non direste mai che ascolto quel tipo<br />
di musica”. Nonostante Vincent sia stato musicista,<br />
compositore, pittore, modello – fotografato da Richard<br />
Avedon per Calvin Klein – motociclista, collezionista<br />
di fi lm e video – sembra che ne abbia più di 6mila –<br />
free thinker e free speaker, la sua signature in questo<br />
mondo è soprattutto quella dovuta alla carriera di<br />
attore. Lo ricordiamo in capolavori come Arizona<br />
Dream, The funeral, Palookaville, Angela, e come regista<br />
con Buffalo 66 e lo “scandaloso” The Brown Bunny,<br />
con la famosa scena della live fellatio eseguita dalla<br />
allora fi danzata Chloë Sevigny. “Ho passato la maggior<br />
parte della mia vita a sperare che succedesse qualcosa,<br />
o che tutto rimanesse così com’era, o che la mia vita<br />
o i miei amici fossero e dicessero ancora quello che<br />
hanno rappresentato i miei momenti di vita più felici.<br />
Non sono mai stato un nostalgico, non ho mai amato<br />
Elvis e ho odiato profondamente gli anni ’50. Ma mi<br />
sono chiesto spesso se il meglio di quello che sarebbe<br />
“Sono arrivato a NY per entrare a far parte della leggenda e<br />
quando ho trovato quelli che hanno creduto in me e mi hanno<br />
assicurato che avevo talento sono andato fuori di testa”<br />
potuto succedere non fosse già successo. Uno dei miei<br />
più grossi problemi è stato il passaggio dagli amati<br />
hi-fi ai lettori cd. Con i miei equipaggiamenti super<br />
professionali ascolto la musica, e godo soprattutto<br />
della qualità con cui viene riprodotta. Con i cd player<br />
però sono libero di saltare da un brano all’altro e non<br />
mi preoccupo di tutti gli aspetti tecnici, posso usarli<br />
per suonarci sopra con la chitarra senza rovinare i<br />
miei dischi e mi ritrovo libero di ascoltare quello che<br />
voglio, e in più la mia fi danzata ha fi nalmente accesso<br />
al mio sistema musicale. La verità è che sono spesso<br />
uno stronzo, di sicuro sono brutto e vendicativo, a<br />
volte anche odioso. Ma proprio in questo si nasconde<br />
la mia bellezza, sono così poco interessante che divento<br />
affascinante e la ragione per cui nessuno mi ama al<br />
mondo mi rende irresistibile”.<br />
URBAN · 27
London<br />
musica<br />
28 · URBAN<br />
sulle tracce dI<br />
lIttle boots<br />
Amy Winehouse non pervenuta. AAA cercasi nuova diva.<br />
È il momento dell’electro-pop che cita gli anni Ottanta e di una<br />
biondina di nome Little Boots<br />
Testo: Paolo Madeddu<br />
Il Daily Telegraph: “Stars who will shine in 2009: Little Boots”.<br />
Caspita. Il Times: “Little Boots was made for stardom”. Perbacco.<br />
New Musical Express: “The new queen of pop”. Poffarre. Se non<br />
avessimo imparato a non prendere sul serio gli entusiasmi dei<br />
giornali inglesi (popolo impulsivo, dal sangue caldo, incline alle<br />
esuberanze), verrebbe da prepararsi a una rivoluzione. Di fatto,<br />
da quelle parti c’è voglia di una diva per il nuovo decennio, e Amy<br />
Winehouse ormai è considerata una funzione per il riempimento<br />
automatico dello spazio gossip. Così, non a caso, i nomi rivelatisi<br />
quest’estate sono delle anti-Winehouse, come personalità e come stile<br />
musicale. Niente che possa somigliarle dal punto di vista della vocalità<br />
soul (tipo Duffy o Leona Lewis) o della linguaccia irrefrenabile (tipo<br />
Lily Allen). No, il nuovo che avanza è costituito da ragazze armate di<br />
sintetizzatore e di nostalgia per quegli anni ’80 in cui sono nate. Si<br />
chiamano La Roux e soprattutto Little Boots, e condividono la passione<br />
per l’electro-pop con alcune cugine nate in altri luoghi del pianeta<br />
(Ladyhawke, Lissy Trullie, e perché no, Lady Gaga).<br />
Ora, prima di gridare che non se ne può più di revival e che sarebbe<br />
ora di uscire vivi dagli anni ’80, c’è da ammettere che un fatto nuovo<br />
c’è. Ovvero: in quegli anni, le femmine cantavano nei gruppi ad alto<br />
tasso synthetico – ma non suonavano. Quindi non sappiamo cosa<br />
possono fare quando si mettono dietro un Korg o un Casio. E del resto,<br />
davvero preferiremmo vedere ulteriori band di spettinati finti indierocker<br />
chitarrosi? S’è visto quanto durano: Kaiser Chiefs e Razorlight,<br />
Kooks e Fratellis hanno fatto un passo indietro se non tre: la sindrome<br />
degli Strokes non ha insegnato nulla. Comunque Little Boots non salta<br />
fuori all’improvviso. Il suo vero nome è Victoria Hesketh, ha 25 anni,<br />
è di Blackpool e ha lo stesso soprannome (in inglese) di uno dei più<br />
scombinati dei nostri leader politici: uno piccolo, con gli stivaletti e<br />
incline a fare ministri o senatori anche delle bestie (…stiamo parlando<br />
di Caligola – perché, chi avevate pensato?). Suona il piano da quando<br />
aveva 5 anni, e nel 2001, sedicenne, ha tentato la strada di Pop Idol, la<br />
versione rudimentale di X Factor. “Per mia fortuna mi hanno scartata:<br />
l’avevo presa come scorciatoia per il successo. Mi ero presentata con<br />
una canzone di Nina Simone, ed è assurdo, perché non è il mio genere.<br />
Il fatto è che quegli show sono il feticismo della voce: l’acuto, il do<br />
di petto, il pubblico in piedi ad applaudire sulla nota tenuta su un<br />
minuto. Ma per quello che voglio essere come artista, la vocalità è solo<br />
una piccola parte”. Così, la biondina si è fatta il mazzo: pianista nella<br />
lounge di un albergo, poi in un’orchestra jazz, quindi nei Dead Disco<br />
(con cui ha inciso quattro singoli). Infine, i primi brani in proprio,<br />
che l’hanno portata a vincere il referendum della BBC sul migliore<br />
esordiente del 2008 (vincitori nel 2006 e 2007: Mika e Adele). Ma non<br />
possiamo non chiederle delle due caratteristiche che ne fanno la musa<br />
di una generazione elettronica. In primo luogo, i suoi video su youtube,<br />
girati con una webcam, nella sua stanzetta. “Che c’è di particolare?”, ci<br />
risponde. “Ci saranno un miliardo di persone che fanno questi video<br />
di performance casalinghe”. Appunto. Identificazione, più forse un<br />
po’ di sex appeal tipo le webcam girl. “Questo lo escludo!”. Può darsi<br />
anche che molti maschi siano sorpresi nel vedere una ragazza a suo agio<br />
tra computer, programmi e cavi. “Non c’è motivo per cui una ragazza<br />
non possa schiacciare pulsanti. Non è missilistica”. A caratterizzarla c’è<br />
anche l’uso del Tenori-on, la tastiera quadrata della Yamaha di cui è un<br />
po’ testimonial. “È uno strumento versatile ma anche bello da vedere<br />
mentre lo si suona. Trasforma un impulso in luce oltre che suono. Penso<br />
sia importante restituire un aspetto visuale agli strumenti. So che attira<br />
molto l’attenzione quando lo uso sul palco: in un mondo di chitarre e<br />
tastiere piatte, pochi si aspettano una cosa simile. Ma è solo uno di tanti<br />
strumenti possibili. Che comunque non fa musica da solo. Fa quello<br />
che voglio io”. Che cosa pensi quando dicono che la tua musica ricorda<br />
quella degli anni ’80? “Penso che ci siano citazioni di quei suoni. Ma<br />
anche tante altre cose. La combinazione finale non suona anni ’80”. E<br />
di tutti gli articoli entusiasti che leggi su di te? “Mi fanno ridere. E mi<br />
preoccupano”.<br />
Il suo vero nome è<br />
Victoria Hesketh,<br />
ha 25 anni, è di<br />
Blackpool e ha lo<br />
stesso soprannome (in<br />
inglese) di uno dei più<br />
scombinati dei nostri<br />
leader politici...
PIANETA RON ARAD<br />
No Discipline è la retrospettiva di Ron Arad al Museum of Modern Art di New York, fi no al 19<br />
ottobre. La mostra presenta circa 140 opere, la maggior parte delle quali sono visualizzate all’interno<br />
di una grande struttura trasparente, progettata dallo stesso designer di origini israeliane. Per i fans,<br />
una full immersion negli oggetti di passato e presente, tra cui il celebre Concrete Stereo del 1983.<br />
Intanto entro la fi ne del 2009, in un vecchio laboratorio industriale in via Poma a Milano, aprirà i<br />
battenti il primo “Revolutionary Atelier” del brand Notify disegnato dallo stesso Arad: il suo segno<br />
distintivo è un’immensa maglia d’acciaio lucidato che intrecciandosi attraverserà tutto l’edifi cio.<br />
Quanto basta per non passare davvero inosservato.<br />
www.moma.org<br />
Trace by Derek Welsh<br />
NEW YORK & CO.<br />
design<br />
di Olivia Porta<br />
SAN PAOLO<br />
THE CAMPANAS + LACOSTE<br />
Dopo la famosissima poltroncina per Edra,<br />
ricoperta di animaletti di peluche, fatta<br />
di soli coccodrilli, i Campana ci riprovano<br />
con Lacoste Holiday Collector’s Series<br />
2009. Hanno disegnato una serie di polo<br />
in edizione speciale e limitata, giocando<br />
come nessuno aveva mai osato fare con il<br />
coccodrillo più famoso del mondo.<br />
Che sia l’animale preferito dei designer<br />
brasiliani?<br />
www.campanas.com.br<br />
LONDRA<br />
EMERGE<br />
Da non perdere, durante la settimana<br />
del London Design Festival dal 19 al 27<br />
settembre, la mostra Emerge curata da<br />
Fraser Muggeridge. Una carrellata di<br />
giovani graphic designer neo laureati<br />
che hanno la possibilità di esporre alcuni<br />
progetti e partecipare con la realizzazione di<br />
un poster al concorso Face-Off, che culmina<br />
in una mostra al V&A Museum.<br />
I partecipanti sono selezionati da una giuria<br />
composta da 25 designer di fama mondiale.<br />
Una vetrina eccellente per i progettisti del<br />
futuro.<br />
www.londondesignfestival.com<br />
www.e-merge.info<br />
LONDRA<br />
100% DESIGN<br />
Lacoste by Fratelli Campana<br />
Al via la 15esima edizione del 100% Design<br />
a Londra. Dal 24 al 27 settembre, 350<br />
espositori britannici hanno l’obiettivo di far<br />
conoscere il design a livello internazionale<br />
e dimostrare il proprio talento, progettando<br />
mobili, arredi e materiali innovativi per la<br />
costruzione. Uno tra questi è Derek Welsh<br />
Woodworker con il progetto Trace. Più<br />
che un contenitore angolare dai volumi<br />
disegnati e privo d’interno, assomiglia a<br />
una scultura minimale.<br />
www.100percentdesign.co.uk<br />
URBAN · 31
Facce da schiaffi, idee chiare, talento che fa capolino tra bozzetti e capi<br />
sperimentali. Sono quattro, anzi cinque, tutti rigorosamente under 25,<br />
i designer freschi di diploma da tenere d’occhio. E in un paese dove i giovani<br />
hanno 40 anni, scusate se è poco<br />
ragazzi di<br />
stoffa<br />
Scouting: Ivan Bontchev · Foto: Cesare Cicardini<br />
nome: Giacomo Morelli<br />
nato: il 14 marzo 1986 a Fermo<br />
studi: fashion design/Istituto Marangoni – Milano<br />
style: moda uomo con silhouette essenziali<br />
ma grande attenzione ai dettagli<br />
tessuto preferito: pelle lavorata con borchie,<br />
intrecci zip, automatici<br />
what: giubbotti<br />
l’ultima passione: i samurai e le divise militari<br />
la passione di sempre: le foto di David LaChapelle, i quadri<br />
di Wassily Kandinsky e le invenzioni di Fabio Novembre<br />
ultima canzone ascoltata: Fall degli Evermore<br />
l’ultima cosa divertente che ha fatto: due mesi fa<br />
si è imbucato alla festa per il centenario di l’Oréal a Parigi<br />
griffe dei sogni: Dior Homme, ma firmare con il suo<br />
nome non gli dispiacerebbe affatto<br />
“Odio il disordine ma solo quello degli altri”<br />
milano<br />
new talent<br />
nome: Elisa Bettoncelli<br />
nata: il 14 gennaio 1986 a Brescia<br />
studi: textile design/Ied – Milano<br />
style: street prezioso<br />
tessuto preferito: lurex lavorato con applicazioni<br />
(paillette e perline)<br />
gruppo musicale preferito: Cypress Hill<br />
l’ultima passione: la musica dal vivo<br />
la passione di sempre: cinema<br />
film della vita: La meglio gioventù<br />
film di cui vorrebbe rifare i costumi: Giulietta degli<br />
spiriti<br />
età a cui ha iniziato a pensare alla moda: sei anni, quando è<br />
riuscita a tenere la matita in mano con criterio<br />
carattere: sereno variabile<br />
amici su Facebook: 400<br />
griffe dei sogni: Moschino<br />
“La mente è come<br />
un paracadute, funziona<br />
solo quando è aperto”<br />
32 · URBAN URBAN · 33
nome: Giacomo Savadori<br />
nato: il 4 dicembre 1987 a Cesena<br />
studi: textile design/Ied – Milano<br />
nome: Nuvola Destefano<br />
nata: il 22 ottobre 1988 a Gattinara (Vc)<br />
studi: fashion design/Ied – Milano<br />
style: linee cool, tessuti hot<br />
what: leisure wear maschile<br />
la passione di sempre: cucina<br />
registi della vita: Fellini, Gus Van Sant<br />
odiano con tutta forza: i pomodori (lei), le bucce di pomodoro (lui)<br />
il fashion system è: non così tremendo come lo dipingono<br />
l’ultima cosa veramente divertente che hanno fatto: due giorni<br />
fa all’una di notte cantare All by myself di Céline Dion da solo in<br />
autostrada (lui), sentire al telefono lui che glielo raccontava (lei)<br />
prima della moda: ha ballato latino/americano per dieci anni (lui),<br />
alle medie si divertiva a piratare cd per tutta la classe (lei)<br />
griffe dei sogni: la nostra, ma anche Prada andrebbe benissimo<br />
“Per lavorare bene insieme dedichiamo<br />
il dieci per cento del tempo a litigare”<br />
nome: Roberto Fragata<br />
nato: il 21 settembre 1986 a Monza<br />
studi: fashion design/Istituto Marangoni –<br />
Milano<br />
style: donna sofisticata con volumi<br />
importanti. Gli piace immaginare l’abito non<br />
necessariamente in relazione col corpo che lo<br />
indossa. Deve vivere di vita propria<br />
passione di sempre: disegnare<br />
passione da ragazzino: i graffiti, soprattutto<br />
quelli di Bansky<br />
età a cui ha iniziato a pensare alla moda: alle<br />
superiori, quando ha cominciato<br />
a pescare i vestiti nel guardaroba di suo padre<br />
griffe dei sogni: Balenciaga<br />
“Quello che non ti piace oggi<br />
potrebbe piacerti domani”<br />
34 · URBAN URBAN · 35
L.A. WOMAN<br />
LOS ANGELES<br />
fashion<br />
“L.A. Woman Sunday afternoon. Drive thru your suburbs.<br />
Into your blues, into your blues, yeah...<br />
I see your hair is burnin’. Hills are fi lled with fi re.<br />
If they say I never loved you...”<br />
Jim Morrison<br />
Foto: Leonardo Corallini · Styling: Ivan Bontchev<br />
Maxi collana, Maria Calderara<br />
Coulotte, American Apparel<br />
Calze trasparenti, Love Moschino<br />
Cintura, Pepe Jeans<br />
URBAN · 37
Maxi cardigan, Philosophy by<br />
Alberta Ferretti<br />
Coulotte, Eres<br />
Cintura, Prada<br />
Maglia corta con spalle a punta, Quodlibet by Dondup<br />
Stivaloni di pelle con cintura, Prada
Maglia con maniche corte e guanti, Tru Trussardi<br />
Coulotte, Petit Bateau<br />
Cintura, Pepe Jeans<br />
Scarpe, Moschino Cheap & Chic<br />
Hair: Noelia Corral @ Close Up<br />
Make up: Sara De Chirico @ Green Apple<br />
Model: Lera Korf @ Names Runway<br />
Assistente fotografo: Andrea Piras<br />
Address List<br />
American Apparel , www.americanapparel.net. Eres, www.eresparis.com. Kosym by<br />
Cheap Monday, www.cheapmonday.com. Maria Calderara, www.mariacalderara.it.<br />
Moschino Cheap & Chic, www.moschino.it. Nolita, www.nolita.it. Pepe Jeans, www.<br />
pepejeans.com. Petit Bateau, www.petit-bateau.com. Philosophy by Alberta Ferretti,<br />
www.albertaferretti.com. Prada, www.prada.com. Quodlibet by Dondup, www.<br />
dondup.com. Tru Trussardi, www.trussardi.com.<br />
Giacca corta doppio petto, Cheap Monday<br />
Top, Nolita<br />
Pantaloncini, Prada
paris<br />
details<br />
next step<br />
Scarpe indossate per marcare una differenza, per disegnare un<br />
microcosmo con un passo. O con un salto<br />
1<br />
Foto: Giorgio Codazzi<br />
Styling: Ivan Bontchev<br />
2<br />
Foto 1: camicia April 77, jeans Cheap<br />
Monday, scarpe Onitsuka Tiger.<br />
Foto 2: cardigan e jeans Meltin’Pot,<br />
camicia Wrangler, papillion Dsquared2,<br />
scarpe Camper.<br />
Foto 3: bomber Nike, tuta Blauer,<br />
scarpe Asics Gel.<br />
Foto 4: camicia April 77, jeans Cheap<br />
Monday, scarpe Tremp.<br />
Foto 5: t-shirt e jeans TRT Vintage<br />
Clothing, scarpe Lacoste.<br />
Foto 6: tuta Blauer, scarpe Nike.<br />
Model: Vladimir Rotar @ Elite Milano<br />
44 · URBAN URBAN · 45<br />
6<br />
3<br />
4<br />
5
SAINT-TROPEZ<br />
fashion<br />
Camicia di jeans con bottoni a pressione, Dsquared2<br />
Coulotte, Rosamosario<br />
Collier in micro perle lavorazione pizzo, Sharra Pagano<br />
LIKE B.B.<br />
In abito da sera come in camicia di jeans.<br />
Torna quel fascino selvaggio e sofi sticato di cui Brigitte Bardot<br />
è l’unica intramontabile icona<br />
Foto: Alvaro Beamud Cortes<br />
Styling: Delfi na Pinardi<br />
URBAN · 47
Blusa stampata in jacquard di seta, Bally<br />
Gonna effetto neoprene, Hussein Chalayan<br />
Reggiseno a balconcino, Lovable<br />
Collant, Calzedonia<br />
Occhiali, Vogue<br />
Bunny ears in seta, Louis Vuitton<br />
Giacchina avvitata con ampio scollo a v e spalle oversize, Louis Vuitton<br />
Reggiseno a balconcino, Rosamosario<br />
Cerchietto, Federica Moretti
50 · URBAN<br />
Abito monospalla in crêpe drappeggiato, Anna Molinari<br />
T-shirt in pizzo chantilly, Jo No Fui<br />
Cintura rigida traforata in ottone, Bally<br />
Orologio snake smaltato, Roberto Cavalli Timewear<br />
Calze, Giorgio Armani<br />
Décolleté in suede con tacco a clessidra, Louis Vuitton<br />
Fiocco in velluto tra i capelli, Alexis Mabille<br />
Cappotto in lana con maniche e fondo in<br />
marmotta, Allegri<br />
Reggiseno con fiocco, Lovable<br />
Coulotte in raso con applicazioni di fiori<br />
in tessuto, Rosamosario<br />
Bracciali rigidi smaltati con strass,<br />
Roberto Cavalli<br />
Collant, Calzedonia
Giacca in panno di lana taglio maschile, Closed<br />
Coulotte e reggiseno a balconcino, Rosamosario<br />
Collant, Calzedonia<br />
Tutti gli anelli, Roberto Cavalli<br />
Model: Terese Pagh Teglgaard @ Elite<br />
Hair: Barbara Bertuzzi www.barbarabertuzzi.com<br />
Make up: Nancy Gallardo @ Closeup www.<br />
nancygallardo.com<br />
Address List<br />
Alexis Mabille, www.alexismabille.com. Allegri, www.allegri.com. Anna Molinari, www.<br />
annamolinari.it. Bally, www.bally.com. Calzedonia, www.calzedonia.it. Closed, www.closed.<br />
com. Dsquared2, www.dsquared.com. Federica Moretti, www.federicamorettihandmade.com.<br />
Giorgio Armani, www.giorgioarmani.com. Hussein Chalayan, www.husseinchalayan.com. Jo No<br />
Fui, www.jonofui.it. Louis Vuitton, www.louisvuitton.com. Lovable, www.lovable.com. Roberto<br />
Cavalli, www.robertocavalli.com. Rosamosario, www.rosamosario.com. Sharra Pagano, www.<br />
sharrapagano.it. Vivì, tel. 02-89420673. Vogue, www.vogue-eyewear.com.<br />
Pullover in cachemire a righe, Vivì<br />
Corsetto usato come gonna, Rosamosario<br />
Occhiali, Vogue
UOMINI<br />
NELLO SPAZIO<br />
Tom McCarthy<br />
ISBN, 2009<br />
304 pp., 17,50 euro<br />
Un cosmonauta sovietico viene lanciato nello spazio poco prima della caduta del Muro di Berlino<br />
e della disgregazione dell’URSS in più stati. Ora siamo a Praga, fi ne del 1992, alla soglia della<br />
divisione tra Repubblica Ceca e Slovacchia, e il povero cosmonauta è ancora in orbita perché nessuno<br />
vuole accollarsi l’onere di farlo scendere a terra. Esattamente come lui fl uttuano in una città che<br />
sta per rinascere e in uno spazio dal futuro ancora incerto una pletora di estrosi personaggi dell’Est<br />
(Ivan l’artista, Mladen l’architetto dell’ex-Jugoslavia, Anton il bulgaro, criminale in erba, e tanti<br />
altri) con una mosca bianca, il britannico Nick, che per vivere fa il modello all’Accademia ma aspira<br />
a diventare critico. A tenere le fi la della complessa e a volte “sconnessa narrazione” (come confessa<br />
lo stesso autore), un’icona medievale che deve essere trafugata in America. Travolti da personaggi e<br />
storie che esplodono apparentemente senza un ordine logico, nelle prime 50 pagine la tentazione è<br />
quella di mollare il libro. Ma pian piano la storia prende corpo, gli attori assumono contorni sempre<br />
meglio defi niti, Praga si illumina di una luce tutt’altro che banale. Così, presi dalla suspense, si resta<br />
maledettamente incollati al libro fi no all’ultimo capitolo.<br />
di Marta Topis<br />
I SEI SOSPETTI<br />
Vikas Swarup<br />
Guanda, 2009<br />
500 pp., 18 euro<br />
Dimezzando il titolo si duplica il successo?<br />
È la domanda che si faranno in molti con<br />
l’uscita del nuovo romanzo dell’indiano<br />
Vikas Swarup che, dopo Le dodici domande<br />
(da cui è stato tratto il pluripremiato fi lm<br />
The Millionaire), ha scritto I sei sospetti,<br />
riproducendo – come riporta The New York<br />
Times – una sorta di partita di Cluedo in<br />
puro stile Bollywood. A ciascuno dei sei<br />
sospettati, al relativo movente e alle prove<br />
del delitto sono dedicati capitoli separati,<br />
tasselli di un mosaico ricco e variopinto<br />
come solo l’India sa regalare: un burocrate<br />
in pensione (ambiente che il diplomatico<br />
Swarup probabilmente conosce bene),<br />
un’attricetta viziata, un aborigeno delle<br />
Andamane, un ladruncolo di cellulari, un<br />
politico ambizioso e corrotto e, infi ne, un<br />
turista americano che viene a sposare la<br />
pen-friend indiana mai incontrata prima.<br />
Tra ragionamenti e divagazioni si arriva<br />
alla confessione dell’assassino di Vicky Raj,<br />
fi glio del primo Ministro, ucciso durante la<br />
festa data per l’assoluzione di un omicidio<br />
a sua volta commesso dal giovane per<br />
capriccio. Che sia stato il maggiordomo,<br />
come in tutti i gialli che si rispettino?<br />
STRANE COSE,<br />
DOMANI<br />
Raul Montanari<br />
Baldini Castoldi<br />
Dalai Editore, 2009<br />
288 pp., 17,50 euro<br />
PRAHA<br />
libri<br />
Tutto ha inizio con una storia vera, un diario<br />
scolastico che viene dimenticato su una<br />
panchina del Parco Sempione a Milano:<br />
lo trova Danio, psicologo separato con un<br />
fi glio ventenne, un’ex moglie speciale,<br />
una fi danzata giovane e appassionata,<br />
un’amante focosa sua paziente e due delitti<br />
sulla coscienza. La proprietaria del diario<br />
si chiama Federica, una studentessa tutta<br />
“baci e riccioli” con un passato altrettanto<br />
oscuro, che diventa la molla scatenante di<br />
un concatenarsi di eventi noir a scoppio<br />
continuo, fi no all’exploit fi nale con tanto di<br />
investigatore e scazzottata in stile saloon<br />
western, dove ci scappa l’ennesimo morto,<br />
mentre padre e fi glio si trovano a essere<br />
nemici-amici. Montanari non delude e si<br />
fa leggere in una notte, con l’unico neo,<br />
se possiamo permetterci, della surreale<br />
mongolfi era che si leva sulla città a chiusura<br />
della narrazione.<br />
URBAN · 55
BERLIN<br />
fotograÞ a<br />
LA RICADUTA<br />
DEL MURO<br />
A vent’anni di distanza, l’energia creativa che<br />
riempie il vuoto lasciato dal muro non si è ancora esaurita.<br />
E in un continuo rimando tra prima e dopo Berlino<br />
si costruisce una contemporaneità tutta sua<br />
Testo: Maurizio Marsico · Progetto fotografi co: Martina Della Valle<br />
URBAN · 57
In Berlin by the wall you were five foot ten inches tall”. All’inizio fu Lou Reed e poi Bowie e poi Iggy e pure Garbo: “se<br />
poi la nebbia entra anche dai vetri… a Berlino che giorno è?”. Angeli col paltò volarono sopra e atterrarono sotto, fin<br />
sotto il metrò. A bordo di quattro improbabili Trabant persino gli U2, versione clip, giunsero e alla fine il muro non poté<br />
che cedere e cadere e sbriciolarsi in milioni di sampietrini-ricordo fino a diventare la più abusata metafora per definire il<br />
crollo del Comunismo in maiuscolo. Vent’anni dopo quel formidabile abbattimento ci sono ancora pezzi di muro più o<br />
meno lunghi un po’ qui e un po’ là. C’è il chilometro e passa rimasto in piedi a futura memoria (International Memorial<br />
for Freedom) in un’area urbana che nonostante tutto sembra ancora terra di nessuno e, costellata da edifici fantasma, assai<br />
lontana dalla vita quotidiana reale. Un incrollabile pezzo di muro che è una galleria d’arte a cielo aperto (East Side Gallery)<br />
e ormai anche un’attrazione turistica; con tutti i suoi bei murales (tipo il bacio tra Breznev e Honecker) in fila e tutti gli<br />
autori (tipo Dmitrij Vrubel), con (ohibò) assistenti al traino, sull’attenti e pronti a ridipingerli, restaurarli e a restituire loro<br />
l’originale verve; affinché il più celebre muro non-muro possa affrontare oggi nel massimo spolvero possibile le protocollari<br />
celebrazioni che ogni brava e reticolare agenzia di stampa al momento opportuno non mancherà di postare. E ce n’è un bel<br />
pezzo anche a nord della città, in Bernauer Strasse, dove sorge il Centro di documentazione del Muro, maggiormente integrato<br />
nello scenario socio-urbanistico. Ed è proprio qui che sono nate le composizioni di Martina Della Valle realizzate per <strong>Urban</strong>,<br />
attraverso l’osservazione attenta di alcuni dettagli dei poster commemorativi presenti nella Strasse. Foto di foto che accostano<br />
bianco e nero e colore. Che accostano il prima e il durante e il mai. Quello che avrebbe potuto esserci e quel che c’è adesso.<br />
Sliding doors e sliding walls. Piccoli gesti e buste della spesa. Immagini che seguono le tracce di una memoria da ripensare e da<br />
riscrivere. Immagini che ruotano dietro, intorno e attraverso il muro, tra i corsi e ricorsi della storia recente che tutto scorda e<br />
nulla dimentica. Ma Berlino, tutto sommato, resta sempre una città divisa. Separata non più dalle ideologie, ma dall’anagrafe.<br />
Una metropoli a est effervescente e under 35 e a ovest sfiancata, borghese e over 40. Il cemento è disarmato, le contraddizioni<br />
restano. La caduta è lontana (quattro lustri), la ricaduta imminente.<br />
Foto di foto che accostano bianco e nero<br />
e colore. Che accostano il prima e il durante e il<br />
mai. Quello che avrebbe potuto esserci<br />
e quel che c’è adesso. Sliding doors<br />
e sliding walls<br />
58 · URBAN URBAN · 59
RAZZA UMANA/ITALIA<br />
Lo stato dell’arte di una nazione passa anche per le facce di chi ci vive. Se poi il paese in questione<br />
è l’Italia, dove a distanza di 50 chilometri usi e costumi possono cambiare completamente, allora gli<br />
sguardi di chi ci abita possono essere più rilevanti e signifi cativi di una tabella dell’Istat. È la rifl essione<br />
che deve aver fatto Oliviero Toscani quando con il suo laboratorio creativo La Sterpaia ha dato vita al<br />
progetto Razza Umana/Italia. Uno studio socio-cultural-antropologico attraverso la lente dell’obietévo<br />
di una refl ex, che indaga i volti degli italiani sia di origine sia acquisiti, rilevandone impronte e tratti<br />
somatici diversi, perché – ed ecco il leit motiv – lo zigomo di un altoatesino non sarà mai quello di<br />
un siciliano! Tre studi mobili hanno viaggiato (e continueranno a farlo) da Milano a Firenze, da Aosta<br />
a Cagliari, a caccia di situazioni sociali e volti che, una volta impressi, sono diventati i protagonisti di<br />
una grande mostra a Suvereto presso Petra, la cantina/tempio di Terra Moretti (fi no al 31 dicembre) e,<br />
in parallelo, a Civitanova Marche (fi no al 30 settembre).<br />
www.razzaumana.it<br />
Stories of Sole from Vans Originals<br />
MILANO & CO.<br />
cult<br />
DC Shinoda Remix Series<br />
di Mirta Oregna<br />
CALIFORNIA<br />
VANS: OFF THE WALL<br />
www.vans.com/vansbook<br />
Stories of Sole from Vans Originals di Doug<br />
Palladini: un libro dalla copertina a quadretti<br />
– come il noto pattern di fabbrica – celebra<br />
il mito di Vans attraverso skater, surfer,<br />
street artist e designer che hanno ispirato<br />
il brand (da Tony Alva a Geoff Rowley, da<br />
John Cardiel a Steve Caballero fi no a Marc<br />
Jacobs), con immagini dei migliori fotografi<br />
di settore e con chicche incastonate in una<br />
grafi ca tra il punk e il californian style che lo<br />
rendono un raro must have da collezione.<br />
LONDRA<br />
BOMBAY SAPPHIRE DESIGNER<br />
GLASS COMPETITION<br />
www.bombaysapphire.it<br />
Non c’è party senza Martini, nemmeno<br />
cocktail Martini senza Bombay Sapphire Gin.<br />
L’omonima Bombay Sapphire Foundation<br />
(ne sono membri anche Ron Arad e Karim<br />
Rashid) che dal 2001 premia i migliori<br />
bicchieri da Martini fi rmati da designer<br />
emergenti, il prossimo 23 settembre, a<br />
Londra, nella Blue Room di Borough Market<br />
(con visite e degustazioni), sceglie il<br />
vincitore del 2009. In gara anche l’italiano<br />
Giuseppe Celentano con il suo Moonlight<br />
Glass ispirato alla luna, che in luglio si è<br />
aggiudicato il concorso in Italia.<br />
LOS ANGELES<br />
DC SHINODA REMIX SERIES<br />
www.dcshoes.com<br />
Qualcuno potrà studiare arte al College<br />
grazie a un cantante e a un paio di sneaker.<br />
Come è possibile? Perché Mike Shinoda,<br />
front-leader della band Linkin Park, che a<br />
sua volta ha studiato arte a Los Angeles,<br />
oggi fi rma uno speciale modello in edizione<br />
limitata di sneaker DC, marchio già leader<br />
degli action sport, amatissimo da skater e<br />
snowboarder: le Pride MS Remix Series. Il<br />
ricavato della vendita di queste esclusive<br />
scarpe, tecnologiche ma esteticamente<br />
raffi nate (i decor riprendono tattoo orientali),<br />
andrà infatti a coprire alcune borse di<br />
studio presso l’Art Center College of<br />
Design, esattamente quello dove Shinoda<br />
aveva iniziato gli studi prima di darsi, con<br />
successo, alla musica. Davvero un allievo<br />
modello!<br />
URBAN · 61
Agathe Snow<br />
Ny-Roma<br />
arte<br />
performance di gruppo<br />
Una comunità più che uno stile. Amici prima ancora che artisti. Sono i protagonisti di<br />
New York Minute. Una mostra che racconta una creatività ruvida. Quella che non è stata<br />
spazzata via dalla crisi e che, come rivela la curatrice Kathy Grayson, riesce a catalizzare<br />
l’energia anarchica della Grande Mela<br />
Testo: Francesca Bonazzoli<br />
La creatività della New York più autentica, quella ruvida, aspra e anche<br />
aggressiva, l’altra faccia della cocktail society patinata di Sex and the<br />
City, è in mostra in questi giorni al Macro Future di Roma (fino al<br />
1° novembre). In collaborazione con la fondazione Depart e con il<br />
sostegno di adidas Originals, Kathy Grayson, curatrice della mostra<br />
nonché direttrice a New York della Deitch Projects Gallery, galleria<br />
celebre per fiutare i nuovi talenti, ha messo insieme 60 artisti con le<br />
loro installazioni di grandi dimensioni, dipinti, lavori site-specific, sculture e<br />
video. New York Minute, titolo che allude alla velocità con cui la città cambia e<br />
reagisce agli stimoli trasformando in progetti artistici l’energia anarchica della<br />
strada, offre anche una serie di eventi collaterali, concerti, screening performance e<br />
dj set nonché il Downtown Don, negozio di Aaron Bondaroff con fanzine, dischi,<br />
sticker, t-shirt e libri prodotti dagli artisti in mostra.<br />
Kathy Grayson, si può ancora considerare NY come la capitale della creatività<br />
visto che con la crisi in molti hanno rinunciato agli alti costi dei suoi affitti?<br />
“Gli affitti bassi sono sempre stati l’ingrediente più importante di una scena<br />
artistica. Al momento i prezzi più bassi a Manhattan si trovano a Chinatown,<br />
dove si può incontrare Terence Koh; lo studio di Dash era sulla Bowery, così come<br />
Dan Colen, Ryan McGinley, Tim Barber e io stessa viviamo lì. Ci sono anche<br />
artisti che abitano fuori, in edifici malridotti a Greenpoint, oppure in enormi e<br />
luminosi studi a Bed-Stuy o a Bushwick, nei confini estremi di Brooklyn”.<br />
Insomma New York non avrebbe perso la sua forza rispetto a Los Angeles?<br />
“New York è stata il centro dell’attività artistica fin dai tempi dell’Espressionismo<br />
astratto. Ora assistiamo a una rinascita della sua arte grazie alla commistione di<br />
influenze non propriamente artistiche come la cultura Diy (do it yourself), la zine<br />
culture (cioè le pubblicazioni fatte in proprio e distribuite in piccola scala), graffiti,<br />
moda, design eccetera. La città stessa è una grande ispirazione e molta dell’arte che<br />
viene prodotta qui non potrebbe essere fatta da nessun’altra parte; si nutre di uno<br />
specifico spirito newyorchese, dello scenario e anche della fauna di New York”.<br />
Street punk è il nome che lei ha dato a uno dei tre movimenti artistici presentati<br />
a Roma: quali sono le caratteristiche?<br />
“Street punk indica le culture underground di bassa qualità e aggressive, un’arte<br />
legata in particolare a una città. Le strade cittadine, i suoi rifiuti, la sua miseria e<br />
bellezza sono la principale fonte di ispirazione di questo gruppo”.<br />
E per quanto riguarda gli altri due: New Abstraction e Wild Figuration?<br />
“La New Abstraction non è legata ad alcuna città: è semplicemente la tendenza<br />
dei giovani di ispirarsi all’astrattismo e al minimalismo rinvigorendoli con<br />
uno stile attuale. C’è una sovrapposizione fra questo gruppo e lo Street punk<br />
per esempio nei dipinti di Dan Colen che fa densi quadri astratti simili agli<br />
escrementi di uccelli che si accumulano sulle sculture delle strade cittadine. La<br />
Wild Figuration prende invece la sua energia soprattutto da Providence (Rhode<br />
Island) e da San Francisco. Ogni generazione ha il suo modo di riprodurre la<br />
figura e la mia la vede fratturata, decadente, ibrida e mostruosa”.<br />
Sembra che questi artisti attribuiscano un ruolo molto importante alla relazione<br />
diretta con il pubblico attraverso performance, dj set, negozi.<br />
“È vero: la collaborazione e la comunità sono parti molto importanti di questa<br />
mostra che non è organizzata intorno a una particolare teoria artistica, ma intorno<br />
alla comunità. Io mi limito a presentare questa comunità che esiste già nella vita<br />
vera, dove questi artisti sono amici, collaboratori, proprietari di negozi, photo<br />
editor, fashion designer. Si conoscono reciprocamente e lavorano insieme”.<br />
Molti nomi, come Gang Gang Dance, Fuck this life, sono curiosi: hanno un<br />
ruolo speciale?<br />
“I nomi stravaganti sono parte integrante del progetto e nei gruppi sono<br />
spesso indicativi dello spirito comune: servono a eliminare le individualità e il<br />
predominio di un nome sugli altri”.<br />
“La maggior parte degli artisti in mostra<br />
sono figure di culto semisconosciute o totalmente<br />
sconosciute. Molti non hanno una galleria che li<br />
rappresenti. Se dovessi etichettare il gruppo,<br />
la parola sarebbe ‘underground’, sia nello spirito<br />
che nella loro mancanza di notorietà”.<br />
62 · URBAN URBAN · 63<br />
Valerie Hegarty<br />
Spencer Sweeney<br />
Dash Snow
A fi anco: Western Round Table, 2007. Sotto, da sinistra: Waiting Grounds, 2007; They Shine, 2007<br />
ROSA BARBA<br />
STATING THE REAL<br />
SUBLIME<br />
dal 19 settembre<br />
al 31 ottobre<br />
Giò Marconi<br />
via Tadino, 15<br />
Milano<br />
www.giomarconi.com<br />
A 16 MM DALLA NOIA<br />
È nata nel 1972 (ma nel suo sito viene rigorosamente omesso il luogo, Agrigento, perché i nuovi<br />
artisti si sentono cittadini del mondo e guai a incasellarli in una nazionalità, tanto più quando<br />
possono vantare curriculum di studi internazionali e residenza a Berlino), ma nessuno potrebbe dire<br />
che Rosa Barba abbia vissuto l’adolescenza negli anni dell’edonismo reaganiano, i famigerati Ottanta<br />
del rifl usso guardati con disapprovazione dalla generazione precedente che aveva vissuto, se non<br />
il ’68, almeno gli anni di piombo e dell’impegno. Il media principale dell’artista, consacrata dalla<br />
Biennale di Venezia dello scorso giugno, è infatti il vecchio proiettore per la pellicola di celluloide<br />
16 mm, di cui la Barba sfrutta anche il rumore e l’odore che fanno tanto collettivo, assemblea,<br />
cineforum. Si aggiungano il colore polveroso, quasi virato in seppia, che assumono le immagini,<br />
nonché i contenuti tratti da ricerche sociali e culturali, per esempio le batterie di pannelli solari che<br />
nel deserto Mojave in California alimentano la vita di una misteriosa e invisibile città; oppure il<br />
tramonto su un parcheggio di aerei che evoca la partenza per fantomatiche missioni. Ma le indagini<br />
della Barba si fermano un attimo prima della loro conclusione. E proprio nel mistero lasciato aperto<br />
sta il loro fascino che sfugge per fortuna alla noia della didattica e della sociologia d’accatto di tanta<br />
arte contemporanea.<br />
Francesca Bonazzoli<br />
MILANO & CO.<br />
arte<br />
a cura di Floriana Cavallo<br />
REASON WHY<br />
parola di curatore*<br />
Si scrive Premio Terna ma suona<br />
come un organismo multitasking, una<br />
complessa macchina in cui il concorso<br />
indica il cuore tolemaico del progetto<br />
generale. Tutto è partito da un’idea che<br />
ho sviluppato, assieme a Francesco<br />
Cascino, su alcuni input dell’azienda<br />
Terna. Ci interessava creare un Premio<br />
per le arti visive che fosse diverso nel<br />
panorama generale, una formula che<br />
collegasse idee, produzione, analisi,<br />
esposizione, eventi, comunicazione,<br />
didattica, mercato e confronto reale con<br />
molte fasce di pubblico. Per la seconda<br />
edizione vi confermo lo scheletro<br />
generale e alcune migliorie nel sistema<br />
nervoso e muscolare (info e dettagli<br />
sul sito web). Devo dire che la recente<br />
esperienza al Chelsea Art Museum di<br />
New York, dove ho curato una mostra<br />
coi sedici vincitori del PT01, ha lasciato<br />
un giusto segno e acceso il segnale<br />
operativo del rilanciare e volare alto. Ben<br />
venga, quindi, l’internazionalizzazione<br />
del brand Premio Terna, iniziata nella<br />
metropoli in cui senti ancora vitale il<br />
seme dell’eccellenza. L’Italia, sia chiaro,<br />
rimane il campo privilegiato su cui<br />
sto agendo assieme agli operatori che<br />
compongono il “sistema”. Mi interessa<br />
che il valore italiano cresca in concreto,<br />
senza sno<strong>bis</strong>mi ma col chiodo fi sso della<br />
qualità linguistica, dell’alto volume<br />
etico, della pulizia concettuale. Sono<br />
tante le cose in gioco: funzioneranno<br />
tutte se non diminuirà la tensione del<br />
network, la lenta educazione del fruitore,<br />
la chiarezza comunicativa, la capacità di<br />
connettere pubblico e privato, maestri<br />
e giovani autori, ricerca e istituzioni. Vi<br />
sembra poco per un “semplice” Premio?<br />
www.premioterna.com<br />
*Gianluca Marziani<br />
curatore e critico di arte<br />
contemporanea<br />
URBAN · 65<br />
Emily Keegin
Paris & CO.<br />
musica<br />
DAVID GUETTA<br />
One love<br />
emi<br />
guETTa ci cova<br />
Un brano con Kelly Rowland, preso di peso da Clocks dei Coldplay. Poi<br />
i pezzi con Will I Am, Estelle, Akon… Mmh, ma sarà una buona idea,<br />
in un’era in cui i dischi non vendono in ogni caso, uscire dalla nicchia e<br />
mescolarsi ai nomi da Mtv per tentare di fare il colpaccio? Non è meglio<br />
continuare a fare il guru, essere citato da una ristretta cerchia di fighetti<br />
– anzi, figuetti? Non pompavano di più i primi lavori del dj francese,<br />
quelli degli anni di Ibiza, prima che fosse arruolato dalla radio italiana<br />
più dance? Che è come dire: non era più creativo Moby, quando lo<br />
conoscevano solo quelli che se ne intendevano? Non era più rispettato<br />
William Orbit, prima di essere “quello che ha lavorato con Madonna”?<br />
Non era più influente Timbaland, quando tutti pensavano che fosse una<br />
marca tarocca di scarponi? Non era più trendy Bob Sinclar, prima di<br />
diventare l’uomo dei jingle delle ricariche telefoniche? Insomma, non è<br />
che il motto di Guetta “Fuck me, I’m famous”, significa che sei famoso<br />
ma sei anche fottuto? Beh, ascoltate il suo nuovo disco One love. Se non vi<br />
piace, siete avanti. Se invece vi piace, a essere avanti è lui – e quindi, anche<br />
voi. Ci fate comunque un affare.<br />
Florence + the Machine<br />
Lungs<br />
Universal<br />
• • • • •<br />
Who: Quattro tizi più Florence Welch, rossa, londinese,<br />
23 anni. Where: In estate, nelle parti alte della classifica<br />
britannica. Non fosse morto Michael Jackson, avrebbero<br />
debuttato al n.1. Una cosa simile accadde a Janis<br />
Joplin. doveva essere in copertina su Newsweek, ma<br />
morì il presidente eisenhower. “14 infarti, e quando<br />
va a morire? Nella MIA settimana”. poi morì anche lei.<br />
Why: Gli inglesi stanno cercando una specie di nuova<br />
cantante-sacerdotessa (link: kate Bush, enya, dolores<br />
o’Riordan, Tori Amos). Se Bat For Lashes non dovesse<br />
decollare, Florence potrebbe farlo. What: “Sono dislessica<br />
e disprassica”. When: Quando realizzate quanto si sono<br />
accorciate le giornate – che angoscia, no?<br />
La Roux<br />
La Roux<br />
polydor<br />
• • • • •<br />
Who: Un tizio più elly Jackson, rossa, londinese, 21 anni.<br />
Where: In estate, al n.1 della classifica britannica. Appena<br />
in tempo, prima che morisse Michael Jackson – chissà,<br />
forse erano parenti. Una cosa simile accadde ad Antonello<br />
Venditti. Fece in tempo ad andare al n.1 con Benvenuti in<br />
Paradiso, poi in paradiso ci andò Freddie Mercury e la gente<br />
si fiondò a comprare la raccolta dei Queen. Why: Gli inglesi<br />
stanno cercando una specie di nuovo duo synth-pop anni<br />
’80 (link: eurythmics, Yazoo). What: “Siamo un duo, non<br />
un’artista che si porta il produttore in scena. Anche se è<br />
ciò che sembriamo”. When: Quando non vedete l’ora che i<br />
giorni si accorcino e faccia buio alle tre. che sballo, no?<br />
Arctic Monkeys<br />
Humbug<br />
domino Records<br />
• • • • •<br />
Who: Tre tizi di Sheffield più Alex Turner, di Sheffield<br />
anche lui. Where: Al terzo disco. È il momento della<br />
verità! e la verità è che sono meno brillanti di quello che<br />
sembravano all’inizio. Why: Si sono specializzati nel<br />
dare esattamente il suono che ci si aspetta da un gruppo<br />
“indie”. Il che è forse molto figo, ma se scrivessero una<br />
canzone bella rotonda da portare a casa e mangiarla calda<br />
sarebbe più figo ancora. What: “Hai presente gli Arctic<br />
Monkeys? Sveglia, sono uno dei 10 gruppi più famosi<br />
d’europa”. (da I cesaroni) (avete presente I cesaroni?)<br />
(Sveglia, sono una delle 10 serie tv più famigliose<br />
d’europa!) When: Quando scrivete una serie tv e volete<br />
strizzare l’occhio ai gggiovani.<br />
Jet<br />
sHaka Rock<br />
emi<br />
• • • • •<br />
Who: due tizi di Melbourne più due fratelli, di Melbourne<br />
anche loro. Where: Al terzo disco. È il momento della verità!<br />
e la verità è che sono più brillanti di quello che sembravano<br />
all’inizio. Why: Si sono specializzati nel dare esattamente<br />
il suono che ci si aspetta da un gruppo rock. Il che non è<br />
affatto figo, ma il disco è pieno di canzoni da mangiare<br />
una dopo l’altra tipo patatine. No, non le rustiche, bensì,<br />
in omaggio ai Rolling Stones, le sticky. What: “Se trovi il<br />
successo, non è che trovi la felicità. Ma se trovi la felicità<br />
può portarti al successo. Si è capito che cosa volevo dire?”<br />
(Nic cester, cantante). When: Quando spegnete il computer<br />
e vi si chiude l’occhio. Sveglia, siete ancora gggiovani.<br />
cd pokeR<br />
LA COLONNA SONORA<br />
DEL MESE<br />
UNA SU 15<br />
Muse<br />
upRising<br />
da The Resistance (Warner)<br />
c’erano artisti citazionisti iperbolisti,<br />
ambiziosi vanitosi virtuosi,<br />
classicheggianti magniloquenti<br />
musicanti, le cui raffiche epiche<br />
romantiche si rivolgevano a sognanti<br />
esigenti studenti. erano bravi e soavi,<br />
erano eccessivi e ossessivi – in breve,<br />
progressivi. I loro devoti gli erano grati,<br />
ogni loro ardimento era dolce tormento,<br />
ogni loro fanfara era una perla rara. chi<br />
li criticava era una serpe corriva, chi<br />
li sminuiva non li capiva. poi vennero<br />
i punk, che si dissero stank di inni<br />
imperiosi e concepti capziosi: il prog<br />
e il moog, Ian e Jon, si fecer da parte,<br />
con la loro arte. Ma altre generazioni<br />
di orecchi buoni chiedevan languori e<br />
vulcani sonori. e nessun più dei Musi ha<br />
consolato i delusi: nessun più dei Musa,<br />
oggi ne abusa. che esagerazioni, le<br />
nuove canzoni; che grevi fritture, queste<br />
partiture: mescolando e imitando,<br />
carpendo e gonfiando, qui l’aria è<br />
barocca – ma Uprising si stacca. Va<br />
dritta al punto, si presta anche al canto,<br />
non è maionese di pazze pretese. Nel<br />
resto del disco, purtroppo si eccede. Ma<br />
al fan questo piace, è quello che chiede.<br />
66 · URBAN di Paolo Madeddu<br />
URBAN · 67
SEGNALI DAL FUTURO<br />
di Alex Proyas<br />
Tu chiamale se vuoi atmosfere. Sono il tocco d’Autore, la capacità di un regista di trasformare il già<br />
visto in gusto visionario, di infondere nuovo personale vigore in temi bolliti. Qui ce ne sarebbero a<br />
suffi cienza per starsene alla larga: un triste astrofi sico vedovo con fi glioletto mezzo sordo; una serie<br />
di numeri scritti furiosamente da una scolara tetra, sotterrati nel 1959 e riportati a galla 50 anni<br />
dopo per rivelarsi la mappa dei disastri passati e di qualcuno futuro; bimbi predestinati; sussurri<br />
alieni e grida terrestri; cose (e creature) dell’altro mondo che passeggiano in questo. Ma Alex Proyas<br />
non sbaglia un incubo, un colore, un’accelerazione. Sa cavalcare le impennate degli effetti speciali<br />
e mantenere in avventuroso equilibrio, in una trama ad alto rischio di ridicolo cosmico, la bilancia<br />
dei destini segnati e del caos casuale. Sprigiona il rosso degli aceri del Massachusetts, di rassicuranti<br />
arredi famigliari, del fuoco che brucia la foresta come nel cartoon di Bambi. E vi installa il freddo<br />
gelido della fantascienza che vuole essere profezia. Poi ci spinge dentro un toccante fi nale azzeccando<br />
l’incontro ravvicinato con Spielberg. In un contesto così, prevedibile e ispirato allo stesso tempo,<br />
tutto diventa accettabile, anche la faccia di Nicolas Cage: identica in ogni sventura.<br />
DAL CORVO IN POI<br />
Alex Proyas, chi è costui? Nato in Egitto da genitori greci, subito trasferito in Australia, sbocciato a Los<br />
Angeles come regista di spot per Mtv e di videoclip per Sting e gli Alphaville (Forever Young vi ricorda<br />
qualcosa?), nel 1994 realizza il primo – e unico, a dispetto di due seguiti – The Crow con Brandon Lee che<br />
muore sul set. Il corvo Eric Draven vola macabro e disperato su un nobile fi lm fumetto. Successo al botteghino<br />
<strong>bis</strong>sato da Io, robot, ma il suo capolavoro è Dark City, il Metropolis dell’era moderna: nero cinema adulto<br />
costruito su una trama che nasce bamboccia. Cult da recuperare.<br />
di Alessio Guzzano<br />
BOSTON<br />
Þ lm<br />
THE WACKNESS<br />
di Jonathan Levine<br />
Improvvisamente l’estate del 1994, mentre<br />
per le strade di New York dilagano i passi<br />
della cultura hip-hop, il sindaco/sceriffo<br />
Rudolph Giuliani sposa la ‘tolleranza zero’.<br />
Ignorata da un teenager pronto per il college<br />
che spaccia marijuana o la baratta con ogni<br />
cosa, comprese le sedute da uno psicanalista<br />
disinvolto. L’uno ha alle spalle la consueta<br />
famiglia yankee con le stampelle, l’altro ce<br />
l’ha addosso. Sir Ben Kingsley e il giovane<br />
Josh Peck, fi nora noto solo come voce<br />
dell’opossum ne L’era glaciale, si fronteggiano<br />
complici. Ma quando il ragazzo s’innamora<br />
della nipote del suo Freud, innesca una<br />
brutta miccia. Vincitore al Sundance Festival<br />
(sezione drammatica), il fi lm scritto (bene) e<br />
diretto (benissimo) da Jonathan Levine ha<br />
pescato anche un buon sottotitolo italiano:<br />
Fa’ la cosa sbagliata, citando la rabbia urbana<br />
di Spike Lee.<br />
PERCHÉ SÌ / PERCHÉ NO<br />
BAARÌA<br />
di Giuseppe Tornatore<br />
La storia di tre generazioni, di un’isola bella<br />
e tormentata e – di rifl esso – di un intero Bel<br />
Paese incompiuto sullo sfondo della cittadina<br />
natale di Peppuccio Tornatore. Epopea<br />
nostrana, melodramma storico, kolossal made<br />
in Italy predestinato per le note di Morricone<br />
e la Mostra veneziana.<br />
Perché sì. Il Nuovo Cinema Bagheria<br />
sfoggia un cast sudista doc: Ficarra<br />
& Picone, i Fiorello Brothers, Bova,<br />
Salemme, Frassica, Gullotta, Lo Cascio,<br />
Lo Verso, Aldo Baglio, Lina Sastri. Facce<br />
giuste, se non altro. Più la Bellucci e la<br />
Chiatti: corpi al sole, se non altro. Più<br />
Faletti, perché tanto è dappertutto.<br />
Perché no. Vecchio Cinema gattopardo:<br />
si grida all’italico miracolo, ma non cambia<br />
mai nulla. Persiane spalancate sulla fi ction,<br />
bandiere rosse tra le ginestre, muli, moli,<br />
strade ‘nfose, segni della croce, soldati…<br />
Tornatore ha una grande anima. Al servizio di<br />
uno stile da Zeffi relli.<br />
URBAN · 69<br />
The wackness
“IL MIO PROBLEMA<br />
CON IL RESTO<br />
DEL MONDO<br />
E’ CHE TUTTI<br />
HANNO BEVUTO<br />
QUALCHE DRINK<br />
MENO DI ME”<br />
Humphrey Bogart<br />
FUORI<br />
URBAN · 73
ChEF<br />
LOw<br />
COST<br />
L’alta cucina diventa<br />
accessibile<br />
JoiA KitChen<br />
via Castaldi, 18<br />
solo a cena. Chiuso domenica<br />
02-29522124<br />
Vegetariano. Finalmente anche<br />
Pietro Leemann ha deciso di rendere<br />
accessibili a tutti le sue creazioni.<br />
Esattamente di fronte alla cucina<br />
dello stellato Joia ha allestito un’area<br />
più informale dove i clienti possono<br />
scegliere da un menu con ricette<br />
del giorno e stagionali: dal risotto<br />
interessante, con fragole, pepe<br />
Sarawak e spuma di taleggio, alla<br />
crema di yogurt con scapece di<br />
zucchine e mousse di fagioli azuki allo<br />
sformato fondente di cioccolato con<br />
tre salse adatte, tutti piatti tra i 9 e i<br />
15 euro, preparati con la medesima<br />
qualità e attenzione dei “piatti quadri”<br />
serviti nelle sale accanto. Buoni, belli e<br />
finalmente raggiungibili!<br />
BulgAri hotel<br />
ristorAnte<br />
via Privata Fratelli Gabba, 7/b<br />
sempre aperto<br />
02-8058051<br />
regionale. La mente vulcanica e la<br />
mano abile di Elio Sironi, executive<br />
chef del ristorante interno al Bulgari,<br />
hanno partorito “Piccoli Morsi a<br />
Tavola”, un menu di mini-gioielli<br />
gastronomici, capaci di soddisfare<br />
occhi e palato con una spesa<br />
contenuta tra i 12 e i 18 euro. La<br />
caratteristica? Baby raffinati antipasti<br />
da condividere, in cui gli ingredienti<br />
della tradizione regionale si incontrano<br />
per contrasto di sapori e colori, come<br />
nel caso di polpo e bottarga, dove<br />
uvetta, pistacchi, marsala e succo<br />
d’arancia dalla Sicilia sono abbinati e<br />
nobilitati dal radicchio di Treviso.<br />
ChiC’n quiCK<br />
via Ascanio Sforza, 77<br />
chiuso domenica e lunedì<br />
02-89503222<br />
Veloce. Poco più di un anno fa<br />
Claudio Sadler aveva già inaugurato<br />
sui Navigli la sua “trattoria moderna”,<br />
per far sentire i clienti liberi di poter<br />
ordinare ciò che preferiscono anche a<br />
pranzo, senza l’obbligo di un oneroso<br />
pasto completo. Sobrie pareti in legno<br />
zebrato chiaro fanno da contorno a<br />
un menu agile di dieci voci (tra cui<br />
gourmet, salumi, tutto crudo, dalla<br />
griglia, vegetariani, primi piatti, piatti<br />
freschi) e un menu del giorno a 18<br />
euro con piatti più tradizionali come<br />
roast-beef con misticanza o lasagnette<br />
con fiori di zucchina. Pratica la carta<br />
dei vini del giorno, al calice (da 4 euro).<br />
milano di<br />
Angelo’s Bistrot<br />
via Savona, 55<br />
02-45548642<br />
chiuso sabato<br />
Mirta Oregna<br />
CONSIGLIATO PER<br />
portarci le amiche a fare<br />
un lunch o una colazione<br />
modello Sex & City, a base<br />
di torte fatte in casa, brioche,<br />
fruit salad e uova<br />
Moda, design e una buona spolverata di mondanità: gli ingredienti di<br />
Zona Tortona sono ormai noti, ma nella pletora di insegne glamour che<br />
spuntano a ogni angolo è comparso un delizioso <strong>bis</strong>trot dalle atmosfere<br />
cosmopolite firmato da Angelo Di Saverio, vecchia conoscenza della zona.<br />
Angelo, estroso architetto d’interni e già ideatore del 360° di via Tortona, ha rilevato uno spazio di 55 metri quadri poco prima<br />
del cinema Mexico e lo ha interamente ristrutturato lanciandolo durante il Salone del Mobile come “temporary panino”, ma<br />
come vero e proprio <strong>bis</strong>trot decolla solo ora. Ambiente easy: una decina di tavoli smaltati azzurro yogurt, sedie vintage in legno,<br />
pareti in mattoni a vista “effetto gesso” su cui domina un cartellone del circo Orfei con il primo piano della mitica Moira, e una<br />
serie di piante grasse succulenti del sud Africa che pendono in retini dal soffitto. La cucina è a vista, dietro un’originale quinta<br />
di legno: è il regno di Tokida, chef giapponese che ha rinnegato il sushi per la cucina mediterranea. Nel menu, che funziona dal<br />
pranzo alle 4 del pomeriggio, ma che Angelo vuole estendere a breve anche alla cena, trovate piatti sempre originali nella loro<br />
semplicità e con un tocco fusion: parmigiana di melanzane “a torretta”, prosciutto e fichi tiepidi riempiti di formaggio di capra,<br />
noodle di udon o soba, spezzatino con curry di riso e le gettonatissime pesche sciroppate nello yogurt. Pochi vini, al calice o in<br />
bottiglia, ma biologici e biodinamici: li potete ordinare anche all’aperitivo (fino alle 22) accompagnati da un piattino di food.<br />
MAestrAle<br />
Prima & doPo<br />
Superata la porta d’ingresso, la prima cosa che appare è l’imponente teca in<br />
vetro mosaicata dove viene esposto il pesce crudo e dietro la quale opera a<br />
vista chi è addetto all’apertura di ostriche e affini: ma se l’occhio qui vuole<br />
la sua parte, questo non vale per il naso, così privato da eventuali cattivi odori.<br />
Idem per l’orecchio, perché l’elegante sala è stata studiata per evitare la caciara da<br />
tavolata in trattoria. In sala Simone e Marco, i giovani soci, entrambi con auricolare<br />
per comunicare senza strillare, in cucina Luigi, chef pugliese giramondo: la carta<br />
propone ricette moderne, non esageratamen-<br />
te creative o pasticciate, ma neanche straviste,<br />
come l’orata marinata con cous cous alle<br />
verdurine servita nella coppa da Martini, la<br />
tartare di pesce con papaya e tatsoi (spinacini<br />
esotici) o il riso mantecato con bianco di<br />
branzino, broccoletti nani all’estratto di caffè<br />
forte. Un anticipo sul conto: 60 euro la sola<br />
zuppa di pesce per due persone.<br />
74 · URBAN URBAN · 75<br />
sottonove<br />
C’era una volta una galleria d’arte<br />
& design con bar annesso che,<br />
per quanto originale, intimidiva<br />
gli avventori. Oggi, mantenuti gli<br />
arredi, nelle mani di Mario e Roberto<br />
(Cantina di Manuela e Jazz Café)<br />
ha ripreso a vivere con un aperitivo<br />
lungo (18-23), musica lounge e food<br />
internazionale (quiche salate, minitempura,<br />
riso nero Venere).<br />
DA NON PERDERE<br />
la verdissima kiwiriña, caipiriña a<br />
base di kiwi, o i centrifugati freschi<br />
(a tutte le ore)<br />
via Sottocorno, 9<br />
chiuso domenica<br />
02-87395082<br />
wi-fi<br />
via Petrarca, 4<br />
chiuso lunedì<br />
02-4693025<br />
ChAtulle lounge<br />
Dal Kineo in chiusura estiva si sono<br />
portati il bravo barman Tommaso,<br />
dallo Chatulle il nome e la buona<br />
cucina, dal cugino Gattopardo Café<br />
il savoir faire dei drink bar. Con i suoi<br />
35 metri quadri di dehors il lounge<br />
bar dello Chatulle va vissuto prima<br />
che arrivi il freddo, con i suoi drink al<br />
tavolo (10 euro) e i suoi giochi di luce<br />
(candele, bancone bar e stazione).<br />
DA NON PERDERE<br />
un drink di fine estate da<br />
consumare all’aperto guardando<br />
l’affascinante facciata liberty della<br />
ex Stazione Bullona illuminata<br />
via Piero della Francesca, 68<br />
chiuso lunedì<br />
02-342008<br />
no wi-fi<br />
CONSIGLIATO PER<br />
un’occasione davvero speciale<br />
da festeggiare senza urla ma<br />
con un plateau a tre alzate di<br />
crostacei crudi e frutti tropicali<br />
toCquevillesette<br />
In piena movida di corso Como<br />
inaugura il Lounge Live Restaurant<br />
del cantautore Vittorio Gucci<br />
(avete presente il mitico video di<br />
Tequila & Rum?) a base di cucina<br />
mediterranea creativa. Per il prima<br />
e dopo cena, cocktail (8 euro), food<br />
al tavolo su ispirazione dello chef e<br />
tanta musica dal vivo, che siglano<br />
una serata unica.<br />
DA NON PERDERE<br />
la one-night del giovedì quando i<br />
vip invitati si alterneranno ai fornelli<br />
per regalare ad amici e ospiti il loro<br />
repertorio culinario segreto<br />
via Tocqueville, 7<br />
chiuso lunedì<br />
02-29014591<br />
no wi-fi<br />
ROSSO<br />
& BIANCO<br />
FAttore A<br />
Antinori<br />
Questa volta l’X Factor non<br />
è una questione di ugola o<br />
di note, bensì di grappoli<br />
e vigneti: talenti rari e potenziali<br />
nascosti nel nettare<br />
di Bacco, tutti da scoprire<br />
come accadeva sul palco<br />
dell’arci-noto talent show<br />
televisivo. È per questo che<br />
Marchesi Antinori ha selezionato<br />
sei bottiglie di recente<br />
produzione e provenienti<br />
da tenute differenti,<br />
le ha chiuse in una raffinata<br />
cassa di legno e poi spedite<br />
in tour per un centinaio di<br />
ristoranti e wine bar d’Italia:<br />
durante ogni serata ciascun<br />
vino diventerà attore<br />
in carne e ossa per raccontarsi,<br />
essere degustato in<br />
abbinamento a piatti speciali<br />
e fare tesoro del vostro<br />
giudizio (in pista Bramasole<br />
2006, Achelo 2007, Aleatico<br />
2007, il bianco Mezzo<br />
Braccio 2008, Vie Cave 2006<br />
dell’Aldobrandesca e, infine,<br />
Montenisa Rosé, firmato<br />
dalle tre figlie del marchese<br />
Piero). Per partecipare basta<br />
prenotare una serata tra<br />
quelle in programma: tappa<br />
milanese il 16 settembre<br />
al ristorante la Brughiera<br />
di Senago (dove la cassa<br />
di legno Fattore A può essere<br />
acquistata a 100 euro), le<br />
altre tappe online.<br />
www.antinori.it/fattorea
OVER<br />
ThE TOP<br />
A tavola a caccia di<br />
emozioni<br />
BlACK hotel<br />
via Sardiello, 18<br />
sempre aperto<br />
06-66410148<br />
Se il distacco dalle vacanze fa soffrire,<br />
la soluzione ve la offre il Black con una<br />
sbandata di esotismo a due passi da<br />
casa. Architettura rigorosa e firmata,<br />
design avveniristico e tanto verde<br />
intorno, così che la capitale sembra<br />
lontana. Piscina, solo musica soft,<br />
luci rilassanti. Quando arriva l’ora<br />
dell’aperitivo meglio lasciar perdere la<br />
lista e affidarsi al barman con proposte<br />
home made, spizzicando qualcosa tra<br />
un tagliere di affettati del territorio o<br />
la classica bruschetta al pomodoro.<br />
Oppure, optare per una cena sulla<br />
terrazza con molti piatti rigorosamente<br />
vegetariani, abbinati a vini regionali.<br />
Fino alla fine di settembre un<br />
massaggio ayurvedico, l’uso della<br />
piscina con idromassaggio, la sauna,<br />
il cocktail e la cena a lume di candela<br />
costano 105 euro. Solo aperitivo e<br />
cena, massimo 40 euro.<br />
CAPo D’AFriCA<br />
via Capo d’Africa, 54<br />
sempre aperto<br />
06-772801<br />
Qui la vista fa la differenza: naso in su,<br />
oltre l’orlo del bicchiere c’è il Colosseo.<br />
In alto sulla terrazza, tra gli alberi di<br />
limoni, melograni e ulivi, sembra di<br />
stare in un angolo di campagna.<br />
E allora che cosa c’è di più adatto<br />
di un barbecue? Infatti questa è la<br />
proposta forte. Con soli 22 euro, vini<br />
esclusi, mangerete spiedini, oppure<br />
filetto o arrosticini, o anche il pesce<br />
spada, il tutto arricchito da insalatone<br />
a buffet, verdure grigliate, bruschette,<br />
frutta fresca. Per chi non vuole cenare,<br />
dalle 18 si prende l’aperitivo e per<br />
gli eco impegnati c’è una proposta a<br />
basso impatto ambientale, la “Green<br />
hour”: l’aperitivo a zero CO2, con una<br />
parte del ricavato che serve a piantare<br />
alberi nel territorio di Campagnano.<br />
terrAzzA-giArDino<br />
hotel eDen<br />
via Ludovisi, 49<br />
sempre aperto<br />
06-4<strong>78</strong>12752<br />
Si sale in alto, qui, in tutti i sensi:<br />
al sesto piano il Bar Giardino con<br />
tramonti mozzafiato ad accompagnare<br />
un aperitivo (21 euro) con flûte di<br />
bollicine, vini al bicchiere, cocktail<br />
fatti ad arte e tanti finger golosi<br />
realizzati dall’instancabile Adriano<br />
Cavagnini. Che è anche in cucina,<br />
sappiatelo, per chi vuole proseguire tra<br />
le stelle. Con delle tagliatelle di farina<br />
integrale con lepre in salmì, asparagi<br />
e uovo affogato in crosta (30 euro), per<br />
esempio, o un filetto di branzino al<br />
forno, guazzetto di pomodoro, olive e<br />
verdure (35 euro). In lista oltre 700 vini.<br />
roma di<br />
AngelinA<br />
via Galvani, 24/A<br />
06-57283840<br />
sempre aperto<br />
Laura Ruggieri<br />
CONSIGLIATO PER<br />
l’aperitivo del giovedì a cura<br />
di Ursula: cocktail e ricco<br />
buffet a 10 euro nella zona<br />
lounge in terrazza e molta<br />
musica<br />
Colpisce subito perché è un locale davvero nuovo per tipologia e spazi, in un<br />
palazzo del ’700, tra il Monte Testaccio e l’antico mercato: 250 metri quadri<br />
distribuiti su tre piani e livelli diversi con sale e tanti terrazzi-giardini immersi<br />
tra gli alberi (che in inverno diventeranno serre dove mangiare nel verde e al caldo).<br />
Sorta di corte scoperta è la macelleria-griglieria sotto le stelle con il camino e spiedo dietro al bancone, i tagli in mostra e gli<br />
chef all’opera. Al centro un tavolo comune di un vecchio convento olandese, un bancone di legno e piano di marmo con tanti<br />
oggetti da cucina del secolo scorso sparsi in giro. Sui tavoli le tovagliette all’americana sono carta di macelleria, le stoviglie<br />
sono ceramiche francesi di campagna. Molti oggetti arrivano infatti dai mercatini d’Oltralpe dove Anna Lopresti ha scovato<br />
arredi vintage e tante altre chicche che fanno ambiente. Anche la cucina è quella di casa e oltre alla carne alla brace (oltre ai<br />
tagli nobili, lode per l’hamburger e i cosciotti di pollo), troverete amatriciana, gricia e carbonara in scodella oversize (9 euro).<br />
Anche se non mancano piatti più leggeri tipo il padellotto di verdure mediterranee, i carpacci, l’insalata Angelina (6 euro) o<br />
la pizza al forno a legna. i dolci Angelina e i classici non superano i 6 euro.<br />
domenica si comincia con la prima colazione con brioche e <strong>bis</strong>cotti appena sfornati e si prosegue col brunch a 13 euro, dolce<br />
e bevande esclusi. Poi si continua con la merenda, l’aperitivo, la cena.<br />
tiger tAnDoori<br />
PitBull nAish<br />
Cercatelo nel labirinto di Trastevere<br />
dove prima c’era uno di quei<br />
tristi pub finto irlandese. Da poco<br />
ecco questo cocktail bar che si<br />
“cela” dietro una grande vetrata<br />
a parete. Tanti sgabelloni dietro<br />
un bancone dove si pestano una<br />
marea di long drink e si miscelano<br />
moijto, caipiroska e spritz. Otto<br />
etichette di vini in mescita ogni<br />
giorno, tenute sottovuoto. Il buffet è<br />
semplice e rustico con bruschette,<br />
mini toast, pinzimonio.<br />
DA NON PERDERE<br />
il French Naish a base di lime,<br />
fragole, aperol, vodka e cranberry<br />
vicolo del Cinque, 60<br />
chiuso lunedì<br />
339-4<strong>78</strong>4795<br />
no wi-fi<br />
Prima & doPo<br />
grAnDe BlACK<br />
Modaiolo da morire questo<br />
piccolissimo <strong>bis</strong>trot in miniatura<br />
in vetro, acciaio cromato, metallo e<br />
legno nel bel mezzo di viale Parioli.<br />
Da quando l’aprì un noto giornalista<br />
Rai si è accaparrato la clientela<br />
migliore under 40 di Roma nord<br />
per la quale certe sere si stappano<br />
anche bottiglie ed etichette rare. Il<br />
Black Thai, variazione del My Thai a<br />
base di ananas, rum chiaro e scuro,<br />
orzata, granatina e blu curacao è il<br />
cocktail che va di più (9 euro).<br />
DA NON PERDERE<br />
le serate a tema, per esempio con<br />
whisky invecchiati e cioccolata<br />
76 · URBAN URBAN · 77<br />
viale Parioli, 192<br />
sempre aperto<br />
06-80687201<br />
no wi-fi<br />
è quella di trovare a tavola ma anche nell’ambiente e nelle atmosfere<br />
un’India lontana dai cliché e dall’etnico un po’ logoro. Un’India<br />
L’idea<br />
di oggi che strizza l’occhio con ironia a Bollywood, porta in tavola la<br />
fragranza di piatti fatti al momento, di prodotti che arrivano regolarmente dal<br />
Bangladesh, di spezie magari piantate nel giardino di casa dei ragazzi in cucina.<br />
Un’India autentica ma vista con occhi occidentali.<br />
L’idea è di Benjamin hirst, Massimo Innocenti e Altab hossain, stesso team<br />
collaudato del mitico Necci lì a due passi al Pigneto. Fino alle due di notte i<br />
forni tandoori sfornano pollo, pesce, agnello,<br />
pane che accompagna specialità di di-<br />
verse culture e aree: dall’India del sud al<br />
Punjab, dal Bangladesh al Pakistan. Gli idli<br />
(sformati di riso), i dosa (crêpes di farina<br />
di riso e lenticchie), i fritti (gamberi, aloo<br />
tikka, samosa). Take away oppure da consumare<br />
in questo diner anni ’50, tra poster<br />
cinematografici dei cult indiani, B movie<br />
o altre citazioni smaccate. Spesa massima<br />
20 euro.<br />
via del Pigneto, 193<br />
06-97610172<br />
chiuso martedì<br />
CONSIGLIATO PER<br />
per chi cerca Bollywood<br />
in salsa trendy<br />
e un po’ ironica,<br />
non disdegnando<br />
una cucina autentica<br />
Molo 23<br />
Sembra di stare su una scena<br />
teatrale dove l’ambientazione<br />
ottocentesca del porto di New York<br />
è ricreata alla perfezione. Non a<br />
caso la firma è dello scenografo<br />
di Gangs of New York di Martin<br />
Scorsese che ha lavorato a<br />
Cinecittà. Tra vecchie banchine<br />
e scorci da taverna malfamata,<br />
tutte le sere musica dal vivo con i<br />
Sound System Tribe e un rapper.<br />
Dj resident che propone selezioni<br />
dance dall’hip-hop al reggaeton.<br />
DA NON PERDERE<br />
la selezione di rum con oltre 100<br />
bottiglie speciali da tutto il mondo<br />
via Libetta, 23<br />
chiuso lunedì<br />
06-57287338<br />
wi-fi<br />
ROSSO<br />
& BIANCO<br />
AnniBAle<br />
vini & sPiriti<br />
Di quando era una piccola<br />
bottiglieria di quartiere<br />
è rimasta una straordinaria<br />
aria di casa, che aleggia<br />
nel dehors o nel piccolo<br />
ambiente interno. Giovanni<br />
Capuano, architetto “folgorato”<br />
dalla passione per<br />
l’enogastronomia, propone<br />
250 etichette soprattutto<br />
italiane, a parte una decina<br />
di bianchi francesi più<br />
otto champagne. In mescita<br />
trovate sei bianchi e<br />
quattro rossi più due bollicine.<br />
I prezzi vanno dai 5<br />
agli 8-9 euro. Per una bottiglia<br />
di Salice Salentino o un<br />
Primitivo di Manduria starete<br />
intorno ai 15 euro, ma<br />
se scegliete un Sassicaia,<br />
ça va sans dire, aggiungete<br />
uno zero. Ottimo rapporto<br />
costo/qualità per il Frascati<br />
Superiore Riserva Villa<br />
dei Preti a 20 euro. Stesso<br />
prezzo anche per l’Erbaluce<br />
di Roberto Crosio. Perfetto<br />
con la tartare di pezzogna o<br />
col carpaccio di spigola ma<br />
anche con i filetti di triglia<br />
in crosta di mandorle. Al<br />
bancone-cucina del piccolo<br />
ambiente interno c’è infatti<br />
Marco Castagnini, abilissimo<br />
a comporre piatti curati<br />
e riusciti.<br />
piazza dei Carracci, 4<br />
chiuso domenica<br />
06-3223835
AL<br />
CALICE<br />
Ottimi ingredienti,<br />
menu accattivanti.<br />
Ma è il vino a fare la<br />
differenza<br />
sCAnnABue<br />
largo Saluzzo, 25/h<br />
chiuso lunedì e domenica sera<br />
011-2079445<br />
Dietro allo pseudonimo del Baretti e<br />
a una fascinosa immagine di <strong>bis</strong>trot<br />
parigino d’antan si nasconde una<br />
cucina semplice, ma di sostanza,<br />
arricchita dall’utilizzo di ottime<br />
materie prime (i fornitori sono<br />
riportati sul menu). Eccellente la<br />
carta dei vini, con oltre duecento<br />
referenze, di cui molte a bicchiere.<br />
Ottima la cruda della Granda<br />
battuta al coltello con le verdure<br />
alla griglia, il tonno di coniglio e il<br />
brandacujun ligure. Si sta sotto i 30<br />
euro, la metà a pranzo.<br />
Consorzio<br />
via Monte di Pietà, 23<br />
chiuso sabato a pranzo e<br />
domenica<br />
011-2767661<br />
Aperto da circa un anno, ha saputo<br />
conquistarsi l’apprezzamento<br />
di tutti gli appassionati torinesi.<br />
Ottime materie prime, proposte con<br />
misurata innovazione: interessanti<br />
le “variazioni” sulla trippa e<br />
sulla carne cruda, piacevoli gli<br />
spaghetti con alici, pinoli, menta<br />
e pangrattato, mentre il pollo<br />
tonchese croccante sta diventando<br />
un classico. Originale la carta dei<br />
vini, con moltissime etichette non<br />
scontate e intelligenti incursioni<br />
nel mondo dei vini biodinamici e<br />
naturali. Trenta euro per il menu<br />
degustazione, un po’ di più alla<br />
carta.<br />
enÒ<br />
via Bernardino Galliari, 12/L<br />
chiuso domenica sera<br />
011-6596031<br />
Locale davvero carino, con<br />
atmosfera di altri tempi, tra<br />
movimento e femminismo. Il<br />
bancone poi è tutto da guardare,<br />
come le decorazioni alle pareti. Ma<br />
anche il cibo è di tutto riguardo,<br />
sia le proposte a buffet sia quanto<br />
esce preparato sul momento<br />
dalla cucina. Si va, quindi, dai<br />
peperoncini verdi grigliati a una<br />
buonissima torta di verdure,<br />
pomodorini ripieni, e un mare di<br />
altre squisitezze. Da non perdere<br />
i dolci. Vini e birre di assoluta<br />
qualità (bevete la birra svizzera<br />
hanfblüte… da sballo).<br />
<strong>78</strong> · URBAN<br />
PorCorosso<br />
N<br />
on siamo nelle solite zone trendy di Torino, ma in un quartiere di confine, una volta operaio, ora solidamente<br />
e tranquillamente multietnico. Bello il locale in sé, con i soffitti alti e le pareti ricoperte di mattoni, e originale<br />
la barriera in legno che divide in due lo spazio, con quadri variopinti à la Mondrian. E bella la ricerca di “una<br />
cucina internazionalista: curiosa, multicolore, multietnica”. A leggere “La Carta Maiala” c’è da lucidarsi occhi, naso e bocca:<br />
millefoglie caramellato di fegato grasso, anguilla affumicata e mele verdi (un piatto da sogno), pesto al bicchiere (letterale…<br />
buonissimo). E poi inno agli spaghetti (tricolori con pomodoro, mozzarella e pesto) e, tra i secondi, il buonissimo maialino<br />
da latte morbido-croccante con patate fritte e tè di zenzero. Ottimi pure i dolci per non parlare del pane e dei grissini fatti in<br />
casa. Che altro… una carta dei vini originale a prezzi corretti. Ve la caverete con 44 euro per il menu Porcorosso (quattro piatti<br />
a scelta dalla carta), mentre altri due (uno tradizionale e l’altro vegetariano) battono tra i 32 e i 36 euro. E bravo Porco…<br />
torino<br />
green CAFé<br />
Un indirizzo sicuro in una delle vie più<br />
commerciali della Crocetta, dove latitano i<br />
locali per un buon aperitivo. Al Green Café<br />
cocktail o birre vengono accompagnati<br />
da una serie di buoni stuzzichini, frittate,<br />
pasta fredda, prosciutto e melone. Con un<br />
prosecco o un analcolico si sta sui 5 euro,<br />
qualcosa in più per il classico Negroni o<br />
l’Americano.<br />
DA NON PERDERE<br />
un posto nel tranquillo dehors<br />
di via Pastrengo<br />
via San Secondo, 31<br />
chiuso domenica<br />
011-5817601<br />
no wi-fi<br />
Prima & doPo<br />
giA.MA.Di.<br />
È il locale con la più alta vocazione musicale<br />
di piazza Emanuele Filiberto, cuore pulsante<br />
del Quadrilatero. Giovedì discopub, venerdì<br />
festa latina e sabato si suona dal vivo. La<br />
carta dei cocktail è ampia e l’Americano<br />
e il Negroni sono preparati come si deve.<br />
L’apericena è previsto tutte le sere dalle 18<br />
alle 22 e il prezzo è fisso, indipendentemente<br />
dalla consumazione, a 7 euro.<br />
DA NON PERDERE<br />
il karaoke della domenica<br />
piazza Emanuele Filiberto, 10/i<br />
sempre aperto<br />
011-0201081<br />
no wi-fi<br />
via Giachino, 53/D<br />
aperto solo a cena<br />
da martedì a sabato<br />
011-2071160<br />
CONSIGLIATO PER<br />
fare la vostra “porca” figura<br />
con gli amici…<br />
di Bruno Boveri e Leo Rieser<br />
l’APeritivo Degli ulivi<br />
Un po’ incasinato trovare parcheggio, ma<br />
lo sforzo sarà ripagato. Locale piccolino, ma<br />
con un bel dehors su via Nizza. Per il resto<br />
c’è da togliersi degli sfizi… Con in mano un<br />
buon calice di bollicine o un cocktail fatto<br />
bene, sotto con le ostriche e i gamberoni,<br />
la pasta al sugo e il salmone affumicato,<br />
senza dimenticare le tartine caserecce che si<br />
alternano in continuazione. Prezzi ottimi.<br />
DA NON PERDERE<br />
la carne cruda piemontese<br />
via Valperga Caluso, 1<br />
chiuso domenica pomeriggio<br />
011-7940823<br />
no wi-fi<br />
osteriA Al Borgo<br />
Una scritta di hans Barth, che definisce<br />
Verona “la grande osteria dei popoli”, sovrasta<br />
il bancone di legno. Non ci si può esimere<br />
dall’assaggiare il prosecco del posto, il rosso<br />
Valpolicella o il bianco delle limitrofe Custoza<br />
e Soave (da 1,50 a 2,50 euro a bicchiere),<br />
accompagnandoli con una polpetta di manzo<br />
o un bocconcino con la soppressa.<br />
DA NON PERDERE<br />
vodka alla menta e Red Bull on the rocks<br />
via Longhena, 29/d<br />
Verona<br />
chiuso domenica<br />
045-8105145<br />
no wi-fi<br />
JADore<br />
Prima & doPo<br />
BlooM<br />
veneto<br />
Ecco un posto dove restare in vetrina dalle<br />
9 del mattino alle 2 di notte, a partire dalle<br />
colazioni a base di pasticceria mignon da<br />
accompagnare con mousse fredda al caffè (4<br />
euro) o con succo di mela di prima spremitura<br />
per le patite del bio (5). Per l’ape e l’after dinner<br />
si va dal Fru fru, a base di fragole e champagne<br />
al classico jack e cola (5).<br />
DA NON PERDERE<br />
il bloom (rum scuro, succo di pompelmo,<br />
succo di limone, maraschino, ostrica)<br />
piazza Erbe, 24<br />
Verona<br />
sempre aperto<br />
045-8002410<br />
no wi-fi<br />
PAsión esPAñolA<br />
Se ve gustano le tapas, i boccadillos e la<br />
cerveza questo è il posto che fa per voi, spesso<br />
allietato da live session. Imbarazzo della<br />
scelta tra cerveza en bottella, tipo San Miguel<br />
Especial (3,70 euro), e Beamish Irish Stout<br />
(4,50). Per non parlare della chupitomania, che<br />
qui è contagiosa: alla fragola, ananas, papaia,<br />
banana, kiwi, granatina, cocco, più rum (3).<br />
DA NON PERDERE<br />
fata verde, assenzio con zolletta di zucchero<br />
e acqua pura (4 euro)<br />
via Marconi, 4<br />
Verona<br />
chiuso lunedì<br />
045-596038<br />
no wi-fi<br />
di Francesca Roveda<br />
via Riva del Grappa, 24<br />
Cittadella (Padova)<br />
chiuso lunedì<br />
347-6942377<br />
CONSIGLIATO PER<br />
quelli che non si<br />
accontentano del solito<br />
aperitivo e che amano<br />
il japan, ma solo di qualità<br />
S<br />
trutturato su due piani, zona bar e sushi restaurant, collegati da un ascensore in vetro, nel nuovo Jadore i sapori dell’arte<br />
del sushi incontrano quelli dei cocktail innovativi. il barchef Giacomo diamante propone una selezione esclusivamente<br />
a base di prodotti naturali freschi, trasformati in spremute o centrifugati: ci sono gli appetitosi Smashed, tipo Caipiroska<br />
albicocca, con lime in pezzi, zucchero raffinato, purea di albicocca e vodka (5 euro) o Mojito Jadore (menta, zucchero di canna,<br />
succo di limone, sakè, rum chiaro, pelmo soda rosa). Su prenotazione c’è anche un menu degustazione, che va provato e spazia<br />
dal Puccini destrutturato, ovvero con sfere di Aperol, spuma di Aperol o Campari, ai cilindri di whisky sour e liquore di Mozart al<br />
cioccolato bianco su mousse di fragola e vodka, il tutto accompagnato da sorprese varie (dai 30 ai 50 euro). Se invece optate per<br />
il japan, sappiate che gli chef provengono dalla scuola brasiliana di sushi, considerata addirittura migliore della nipponica. Anche<br />
in questo caso, ci sono Jadore selection (dai 50 ai 60 euro), estrose creazioni degli chef al momento o semplicemente misto sushi<br />
(uramaki, nigiri, hossomaki, 18 euro) e sashimi (ostrica, salmone, branzino, tonno, calamaro, amaebi ecc., 20).<br />
RIENTRO<br />
LIGhT<br />
In linea. Con le<br />
vacanze<br />
ForCellini 172<br />
via Forcellini,172<br />
Padova<br />
chiuso martedì sera<br />
e il weekend a pranzo<br />
049-8033722<br />
Nessuna location è più adatta<br />
per un pranzo rilassante o una<br />
romantica cena senza abbondare<br />
con le calorie di questo ristorante<br />
fuso nel verde al punto da sembrare<br />
un’opera di Frank Lloyd wright.<br />
Alcuni piatti hanno nomi artistici,<br />
come Botticelli, con crema di<br />
broccoli calabresi, capesante e<br />
crostini caldi con lardo conciato (9<br />
euro), o Gauguin, riso nero saltato<br />
con gamberi e carciofi violetti<br />
(8). Per gli strascichi della bella<br />
stagione particolarmente indicati<br />
sono i ravioli di rape rosse o i<br />
chitarrucci al carpaccio di polipo e<br />
pistacchi di Sicilia (8,50).<br />
DonnA irene<br />
vicolo Pontecorvo, 1<br />
Padova<br />
chiuso lunedì<br />
049-656852<br />
Ancora per questo mese,<br />
tempo permettendo, si possono<br />
degustare nel giardino incantato<br />
di Donna Irene le sue sfiziosità,<br />
come sgombro in saor di agrumi<br />
con aspretto di lampone (15<br />
euro), spaghettini all’uovo con<br />
bottarga, pomodorini e sedano<br />
croccante (12). Interessanti i menu<br />
degustazione, di pesce a 35 euro<br />
e di carne a 33. Must del posto,<br />
l’intramontabile surra di tonno con<br />
dadolata di verdure croccanti (11<br />
euro). Per sentire ancora un po’ il<br />
profumo di mare.<br />
CAsA MAzzAnti<br />
piazza delle Erbe, 32<br />
Verona<br />
sempre aperto<br />
045-8003217<br />
Alla Casa Mazzanti si viene non<br />
solo per i proverbiali aperitivi,<br />
ma anche per un’originale pausa<br />
pranzo o cena a base di ricette<br />
sfiziose e light, adatte per stare<br />
in forma al rientro dall’estate: dal<br />
tataki di tonno rosso in crosta di<br />
sesamo con conditella di pachino,<br />
zenzero, aceto balsamico ed<br />
extra vergine di oliva (10 euro),<br />
all’insalata Scanziani (rucola,<br />
valerianella, tonno rosso sott’olio,<br />
uova, cipolla di Tropea, capperi, 6),<br />
al branzino in camicia di melanzane<br />
con purè di sedano, rapa e<br />
pomodorini confit (14).<br />
URBAN · 79
SAINT TROPEZ<br />
L’omaggio a B.B. è subito dichiarato.<br />
L’arredo cita le ultime tendenze del<br />
modernariato, a tratti maculato un po’<br />
zebrato, con identiche esternazioni nella<br />
toilette e sui tavoli open air con vista sul<br />
golfo. Brigitte potrebbe spuntare da un<br />
momento all’altro, e invece ammicca a farsi<br />
bere dalla lista dei drink. Finché è caldo gli<br />
“intrugli” tropicali restano in top of the pops.<br />
DA NON PERDERE<br />
l’offerta degli appetizer per l’aperitivo, che<br />
fi nalmente ragiona con più varietà e fantasia<br />
via Aniello Falcone, 336/338<br />
sempre aperto<br />
081-644437<br />
no wi-fi<br />
napoli<br />
LOST PARADISE<br />
PRIMA & DOPO<br />
GRAN CAFFÈ CIMMINO<br />
Tra le più antiche pasticcerie di Chiaia,<br />
con nuova sede a Posillipo in via Petrarca<br />
e dependance in quel di Milano, resta un<br />
must per gli spizzichi/stuzzichi dell’aperitivo.<br />
Complice l’area semipedonale, tutte le sere<br />
centinaia di giovani, incalliti p.r., professionisti<br />
mondani ma anche tante eleganti vecchine<br />
del quartiere chic vi si intrufolano a saggiar<br />
tartine, pizzette e quant’altro.<br />
DA NON PERDERE<br />
“Non dimenticar”: il gelato artigianale e il vero<br />
caffè napoletano, pluripremiato!<br />
via Petrarca, 147<br />
chiuso domenica<br />
081-5757697<br />
no wi-fi<br />
HEMINGWAY CAFÉ<br />
Molti continuano a chiamarlo Bar dell’Ovo ma<br />
dai tavoli di questo trendenzionso american<br />
bar Castel dell’Ovo non si vede! Il posto<br />
però, affacciato sul lungomare, tira e stratira<br />
soprattutto tra new yuppie, post-preppy e<br />
semprabbronzati in generale specialmente per<br />
quei tavoli all’aperto in posizione prendisole<br />
tutto l’anno, perfetti anche per un veloce<br />
snack insalatoso.<br />
DA NON PERDERE<br />
le one night del venerdì nel basement<br />
dell’edifi cio, strutturato come un dance club<br />
via Partenope, 6<br />
sempre aperto<br />
081-2405306<br />
no wi-fi<br />
di Ciro Cacciola<br />
via Castello, 49<br />
Bacoli<br />
sempre aperto<br />
081-8549319<br />
CONSIGLIATO PER<br />
godere del più assolato relax,<br />
recuperare letture interrotte,<br />
prendere tempo, complice un<br />
calice di sulfureo vino fl egreo<br />
A<br />
perto<br />
pastello, solarium, corsi d’acqua e piccole piscine, salotti lounge e panorama incantevoli. Prima di raggiungere l’area ristorante e<br />
in piena estate ai piedi del Castello di Baia, ha lasciato tutti senza fi ato. Occupa una piccola baia naturale<br />
nascosta dalle architetture marinare della vecchia Bacoli che, dalla strada, digrada fi no al mare passando per una serie<br />
di ambienti arredati con semplice design mediterraneo, terrazze con prato all’inglese, fi ori e piante tropicali, tinte<br />
american bar impieghi forse dieci minuti, seguito dall’accoglienza di giovani addetti alla cordialità prima che al servizio clienti.<br />
Ci si può regalare una prima colazione, un light lunch prendisole, un caffè pomeridiano e poi, naturalmente, meravigliosi sunset<br />
aperitiv, cena e dopocena, da consumare magari proprio nell’area beach bar, a due centimetri dall’acqua. Il menu ha scelto di<br />
combinare freschezza e leggerezza, senza rinunciare alla tipicità. Pesce, pasta, verdure, ma anche piatti di carne e buona pasticceria<br />
e gelateria. La programmazione artistica di questo Paradiso Perduto mette in campo mostre di fotografi a, live performance e dj set.<br />
Tra i servizi, anche un taxi elettrico che fa da navetta per il parcheggio e una vetrina shopping per regalini last minute.<br />
FRESH<br />
& FISH<br />
Tre indirizzi: dal golfo<br />
al piatto<br />
AL FARETTO<br />
via Marechiaro, 127<br />
chiuso lunedì<br />
081-5750407<br />
Menu à la carte, pizza, wine &<br />
spirit bar. In posizione strategica<br />
su Marechiaro, ma un po’ defi lato,<br />
è uno dei risto più in voga tra<br />
i giovani professionisti e l’alta<br />
borghesia un po’ aristocratica che<br />
per fortuna resiste ai tempi e ai<br />
modi del presente. La conduzione<br />
è familiare ma di grande garbo, e il<br />
cuoco è bravissimo. Tra gli antipasti,<br />
l’insalata di bufala, con ricotta e<br />
latticini freschissimi. Primi piatti ai<br />
sapori del mare; pescato del giorno<br />
e tranci di ricciola tra i secondi<br />
migliori. Per i vini, affi darsi alle<br />
proposte della casa, sempre super<br />
selezionate. Ottima anche la pizza.<br />
Prenotare.<br />
TERRAZZA<br />
CALABRITTO<br />
piazza Vittoria, 1<br />
chiuso domenica<br />
081-2405188<br />
L’ambiente non è dei più ricercati<br />
o attuali – semplice e funzionale,<br />
questo sì – ma decisamente<br />
in secondo piano perché tutti<br />
apprezzano questa terrazza per<br />
il ristorante con vista sulle palme<br />
della Villa Comunale per il pesce<br />
sempre freschissimo e per le originali<br />
e sapienti insalate di mare. Al<br />
piano terra, fronte strada, c’è il più<br />
stiloso cocktail bar che negli ultimi<br />
tempi è tra i ritrovi più eccitanti in<br />
fatto di aperitivi e dopocena. I vip<br />
consigliano: mercoledì e giovedì<br />
sera. Già stati? Mascalzoncelli…<br />
LA LANTERNA<br />
via Castello,71<br />
Bacoli<br />
chiuso lunedì<br />
081-5232480<br />
Piccolo ristorante a conduzione<br />
familiare, su più livelli con magnifi ca<br />
terrazza sul mare. Pochi piatti di<br />
pesce freschissimo, tipici della<br />
cucina fl egrea. Il patron, Gianni,<br />
sub di professione, ogni giorno,<br />
estate e inverno, s’immerge per<br />
assicurare magnifi ci frutti di mare<br />
alla affezionata clientela: cozze,<br />
tartufi , vongole, unghie di cavallo<br />
e tutto quanto rievoca il sapore<br />
unico del golfo. Sua moglie Giulia si<br />
occupa delle deliziose fritturine di<br />
paranza, portate in tavola caldissime<br />
come <strong>bis</strong>ogna. Tanta cordialità e<br />
cuoco supersimpatico che ogni<br />
tanto si allontana dai suoi fornelli per<br />
misurare da vicino la soddisfazione<br />
degli avventori!<br />
URBAN · 81
NAPOLI<br />
ultima fermata<br />
In viaggio con<br />
sulla linea<br />
82 · URBAN<br />
MASSIMILIANO PALMESE<br />
LINEA 1<br />
da Chiaiano al Vomero<br />
Io ho una mia sofi sticata teoria su dove comincia il Vomero: il Vomero comincia dentro di te.<br />
È una teoria che ho sofi sticato un po’ di anni fa quando ho sorpreso per le strade del Vomero<br />
un sacco di cani che si vedeva benissimo che non erano cani del Vomero.<br />
E questa della metropolitana che fa arrivare al Vomero un sacco di cani che del Vomero non<br />
sono, ecco, è proprio una di quelle cose che di notte non ti fanno dormire e di giorno ti<br />
tengono preda di fortissimi mal di testa.<br />
Io posso capire che la metropolitana sia una santa cosa per arrivare da un posto all’altro, il problema nasce<br />
quando quella santa cosa della metropolitana serve solo a invadere i quartieri degli altri cani. Io per esempio<br />
non mi sognerei mai il sabato pomeriggio di prendere la metropolitana e andarmene nei quartieri degli<br />
altri cani, e se c’è una cosa che mi fa venire le nausee è il Vomero di sabato pomeriggio pieno di cani che si<br />
vede lontano un miglio che arrivano, non so, da Chiaiano. E vorrei proprio vedere se di sabato pomeriggio<br />
noi cani del Vomero prendessimo la metropolitana e ce ne andassimo tutti quanti a passeggiare per Chiaiano.<br />
E vorrei proprio vedere se nel giro di quindici minuti non verrebbero tutti insieme i cani di Chiaiano<br />
a dirci brutti stronzi e ritornate immediatamente da dove siete venuti. Il fatto è che, se tu il tuo quartiere<br />
non lo senti cominciare dentro di te, hai voglia a dire che appartieni a quel quartiere. Per quello mi vengono<br />
sempre dei gran travasi di bile quando di sabato pomeriggio vedo che tutti i cani di Chiaiano hanno<br />
preso la metropolitana e calpestano le mie strade, fanno la pipì nelle mie aiuole e cacca davanti alle vetrine<br />
dei miei negozi. Per quello mi sale la pressione a duemila quando di sabato pomeriggio il Vomero sembra<br />
diventato tutt’un altro quartiere: perché c’è pericolo che poi diventi tutt’un altro quartiere per il resto della<br />
settimana. Allora, io sarei anche d’accordo che il Vomero diventasse per sempre tutt’un altro quartiere e i<br />
cani, non so, di Chiaiano venissero ad abitare al Vomero e noi cani del Vomero ce ne andassimo ad abitare<br />
da un’altra parte. Se il Vomero deve diventare, non so, Chiaiano, allora dico io: – Voi chiaianesi venite<br />
pure qui, ma lasciate il tempo a noi vomeresi di fare i bagagli e trasferirci, non so, a Capri.<br />
Massimiliano Palmese (Napoli, 1966) ha esordito nella narrativa con L’amante proibita (NewtonCompton),<br />
fi nalista al Premio Strega 2006 e poi pubblicato anche in Spagna e Germania. A febbraio 2009 è uscito il suo secondo romanzo,<br />
Pop Life (NewtonCompton). Ha da poco curato Napoli per le strade (Azimut), 21 racconti di nuovi narratori, per un progetto<br />
benefi co a favore di un ospedale pediatrico. Scrive per le pagine napoletane della Repubblica.