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SCUOLA MEDIA STATALE<br />

“C.B. <strong>di</strong> CAVOUR”- VIA MATTARELLA snc<br />

81025 - MARCIANISE (CE) TEL. E FAX 0823/635255<br />

Distretto Scolastico n.14


Anno scolastico 2011-2012<br />

“il barocco leccese”<br />

<strong>App<strong>un</strong>ti</strong> <strong>per</strong> <strong>un</strong> <strong>viaggio</strong> d’<strong>istruzione</strong><br />

classi II B II G II A


Fra la seconda metà del „500 e la fine del „700 Lecce<br />

ed il Salento si arricchiscono <strong>di</strong> chiese e palazzi.<br />

Questo fenomeno artistico ed architettonico, che<br />

prende corpo dal piano <strong>di</strong> ristrutturazione<br />

dell‟autorità spagnola nel Viceregno dopo le<br />

incursioni dei Turchi, viene definito “Barocco<br />

leccese”.<br />

E‟ il <strong>per</strong>iodo in cui i Vescovi fanno del capoluogo<br />

salentino <strong>un</strong>a città-reggia o città-fortezza, sul<br />

modello della Roma dei Papi. Lo stile leccese<br />

prende forma nel <strong>per</strong>iodo della Controriforma<br />

e si concretizza nella fondazione dei nuovi or<strong>di</strong>ni<br />

religiosi riformati (Teatini e Gesuiti), che<br />

rispondono alla necessità della Chiesa <strong>di</strong> Roma <strong>di</strong><br />

riconquistare terreno attraverso l‟ostentazione<br />

delle forme del potere.


Dopo la battaglia <strong>di</strong> Lepanto (1571) alla città fortezza si<br />

affianca la città della fede. Le fabbriche più significative<br />

sono dovute all‟iniziativa degli or<strong>di</strong>ni religiosi, che<br />

ri<strong>di</strong>segnano il volto <strong>di</strong> Lecce occupandone interi isolati.<br />

Il Barocco leccese non recepisce del tutto la rivoluzione<br />

dei concetti spaziali che era alla base del Barocco romano,<br />

ma si presenta come <strong>un</strong> Barocco atipico, tanto da poterne<br />

usare<br />

tanto da poterne usare il termine solo in relazione al<br />

carattere esuberante, esagerato e spettacolare della<br />

decorazione. L‟originalità dell‟architettura barocca leccese<br />

risiede proprio nell‟accentuata componente autoctona,<br />

nella sostanziale autonomia ed in<strong>di</strong>pendenza rispetto alle<br />

s<strong>per</strong>imentazioni <strong>di</strong> altre aree. E questo è anche il segno<br />

stilistico <strong>un</strong>ificante. Più che d‟architettura forse si<br />

dovrebbe parlare <strong>di</strong> apparato decorativo. Il Barocco<br />

leccese non riguarda infatti la struttura dell‟e<strong>di</strong>ficio, ma<br />

trova la sua massima espressione nell‟ornamentazione,<br />

nelle complesse decorazioni delle facciate <strong>di</strong> chiese e<br />

palazzi, nel continuo gioco <strong>di</strong> balconi e portali, <strong>di</strong> fregi e <strong>di</strong><br />

richiami simbolici.


A Lecce a metà del Seicento, si registra <strong>un</strong>'intensa attività, in <strong>un</strong>o<br />

stile molto <strong>di</strong>stante dal Barocco romano, che si <strong>di</strong>ffuse<br />

nel Salento grazie all'o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> architetti come Giuseppe<br />

Zimbalo (1617-1710) e Giuseppe Cino (1644-1722).<br />

Il Barocco leccese, influenzato dal plateresco spagnolo, è<br />

caratterizzato da <strong>un</strong>'esuberante decorazione, foltissima <strong>di</strong><br />

elementi floreali e talvolta figurativi-sculterei, applicata a<br />

costruzioni improntate a modelli cinquecenteschi piuttosto<br />

convenzionali. Tali decorazioni furono rese possibili dall'uso <strong>di</strong><br />

<strong>un</strong>a pietra locale <strong>di</strong> color giallo detta pietra leccese: questo<br />

materiale appena cavato possiede <strong>un</strong>a grande facilità <strong>di</strong> intaglio,<br />

<strong>per</strong> poi indurire all'aria dopo la posa in o<strong>per</strong>a.<br />

Questo stile raggi<strong>un</strong>se il suo apice nella chiesa <strong>di</strong> Santa Croce,<br />

dalla facciata riccamente decorata.


CHIESA DI SANTA<br />

CROCE


STORIA<br />

La prima fase della costruzione, cominciata nel 1549, terminò<br />

entro il 1582 e vide la costruzione della zona inferiore della<br />

facciata, fino all'enorme balconata sostenuta da telamoni<br />

raffiguranti uomini e animali. La cupola venne completata nel<br />

1590. Secondo lo storico dell'arte Vincenzo Cazzato questa<br />

prima fase vide l'emergere della <strong>per</strong>sonalità <strong>di</strong> Gabriele<br />

Riccar<strong>di</strong>. Una successiva fase dei lavori, a partire dal 1606,<br />

durante la quale vennero aggi<strong>un</strong>ti alla facciata i tre portali<br />

decorati, è marcata dall'impegno <strong>di</strong> Francesco Antonio Zimbalo.<br />

Al completamento dell'o<strong>per</strong>a lavorarono successivamente<br />

Cesare Penna e Giuseppe Zimbalo. Al primo è dovuta la<br />

costruzione della parte su<strong>per</strong>iore della facciata e dello stupendo<br />

rosone (vicino al quale è scolpita la data 1646), al secondo va<br />

probabilmente attribuito il fastigio alla sommità della<br />

struttura.


ESTERNO<br />

La facciata è composta da sei colonne a fusto liscio che<br />

sostengono la trabeazione e sud<strong>di</strong>vidono la struttura in cinque<br />

aree. Il portale maggiore, costruito nel 1606, presenta coppie <strong>di</strong><br />

colonne corinzie ed espone le insegne <strong>di</strong> Filippo III <strong>di</strong> Spagna, <strong>di</strong><br />

Maria d'Enghien e <strong>di</strong> Gualtieri VI <strong>di</strong> Brienne. Sulle porte laterali<br />

sono esposti gli stemmi della Puglia e della Congregazione dei<br />

Celestini. La trabeazione è sormontata da <strong>un</strong>a successione <strong>di</strong><br />

telamoni raffiguranti figure grottesche o animali fantastici e<br />

allegorici. Il secondo or<strong>di</strong>ne della facciata è dominato dal grande<br />

rosone centrale <strong>di</strong> ispirazione romanica. Il rosone è ben<br />

evidenziato da due colonne corinzie, che separano la zona<br />

centrale da quelle laterali in cui sono delle nicchie con le statue <strong>di</strong><br />

san Benedetto e Papa Celestino V. A lato del rosone, sulla destra,<br />

si nota l'autoritratto <strong>di</strong> Antonio Zimbalo. Agli estremi, a chiudere il<br />

profilo del secondo or<strong>di</strong>ne, si ergono due gran<strong>di</strong> statue femminili,<br />

simboleggianti la Fede e la Fortezza.


Facciata<br />

Il timpano<br />

Particolare della facciata<br />

Rosone


INTERNO<br />

L'interno, a croce latina, era originariamente ripartito<br />

in cinque navate, due delle quali furono<br />

successivamente riassorbite in cappelle laterali<br />

aggi<strong>un</strong>te nel XVIII secolo. Le volte delle navate sono<br />

sorrette da due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> colonne, in tutto <strong>di</strong>ciotto, le<br />

prime due sono addossate alla parete esterna, le<br />

ultime quattro binate delimitano il transetto e l'arco<br />

trionfale. La navata maggiore è co<strong>per</strong>ta da <strong>un</strong> fastoso<br />

soffitto a cassettoni in legno <strong>di</strong> noce con dorature,<br />

mentre le navate laterali sono sormontate da volte a<br />

crociera.


Nel quadrivio <strong>di</strong> intersezione dei due bracci della<br />

croce si innalza <strong>un</strong>'alta cupola decorata con<br />

festoni <strong>di</strong> foglie d'acanto, angioletti e motivi<br />

floreali. L'attuale altare maggiore <strong>di</strong> epoca<br />

settecentesca fu prelevato nel 1956 dalla chiesa<br />

dei Santi Niccolò e Cataldo in occasione del XV<br />

Congresso Eucaristico Nazionale tenutosi in città in<br />

quell'anno. Le pareti absidali sono decorate dai<br />

<strong>di</strong>pinti dell’Adorazione dei pastori,<br />

dell’Ann<strong>un</strong>ciazione, della Visita <strong>di</strong> Maria a<br />

Sant’Elisabetta e de Il riposo nella fuga in Egitto.<br />

A sinistra dell'altare maggiore sorge il monumento<br />

f<strong>un</strong>ebre a Mauro Leopardo, abate del convento dei<br />

Celestini. L<strong>un</strong>go le navate si aprono sette<br />

profonde cappelle <strong>per</strong> lato, al cui interno si<br />

trovano splen<strong>di</strong><strong>di</strong> altari riccamente decorati.


Interno della Basilica


CHIESA<br />

DI SAN<br />

MATTEO


STORIA<br />

Fu costruita nella seconda metà del XVII secolo, sui<br />

<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> Giovann'Andrea Larducci <strong>di</strong> Salò. Sostituì<br />

<strong>un</strong>'antica cappella quattrocentesca de<strong>di</strong>cata<br />

all'apostolo Matteo, cui era annesso <strong>un</strong> convento <strong>di</strong><br />

Francescane. La posa della prima pietra avvenne nel<br />

1667, ad o<strong>per</strong>a del vescovo leccese Luigi Pappacoda,<br />

e fu ultimata nel 1700.<br />

Dal 30 aprile 1810 è sede della parrocchia <strong>di</strong> Santa<br />

Maria della Luce, eretta il 16 marzo 1606 in <strong>un</strong>a<br />

chiesa omonima fuori le mura e qui trasferita dopo la<br />

soppressione del monastero delle Francescane.


ESTERNO<br />

Il prospetto è caratterizzato da <strong>un</strong> contrasto <strong>di</strong> linee; alla<br />

su<strong>per</strong>ficie convessa dell'or<strong>di</strong>ne inferiore si alterna quella concava<br />

dell'or<strong>di</strong>ne su<strong>per</strong>iore. Il Larducci riprende il modello stilistico<br />

attuato da Francesco Borromini nella facciata della chiesa romana<br />

<strong>di</strong> San Carlo alle Quattro Fontane.<br />

L'or<strong>di</strong>ne inferiore, tripartito da due colonne su alti basamenti<br />

quadrangolari, si caratterizza <strong>per</strong> <strong>un</strong>'insolita decorazione a<br />

squame della parte centrale, contrad<strong>di</strong>stinta da <strong>un</strong> elaborato<br />

portale, con <strong>un</strong>'e<strong>di</strong>cola sormontata dallo stemma dell'Or<strong>di</strong>ne<br />

francescano. Ai lati, due nicchie emergono su <strong>un</strong>o sfondo a p<strong>un</strong>ta<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>amante.<br />

L'or<strong>di</strong>ne su<strong>per</strong>iore presenta <strong>un</strong>a serliana coronata da <strong>un</strong>a<br />

modanatura continua e due nicchie riccamente decorate.<br />

L'andamento sinuoso è accentuato dalla cornice modanata<br />

mistilinea <strong>di</strong> coronamento, sormontata da <strong>un</strong>o svettante fastigio.


INTERNO<br />

L'interno possiede <strong>un</strong>a navata <strong>un</strong>ica a pianta ellittica.<br />

Le cappelle, che si aprono l<strong>un</strong>go le pareti, sono<br />

intervallate da paraste con alti plinti semicircolari su cui<br />

poggiano le do<strong>di</strong>ci statue lapidee degli Apostoli. Nella<br />

navata si aprono <strong>di</strong>eci bifore dalle quali le religiose<br />

assistevano alle f<strong>un</strong>zioni. Gli altari, tipici del barocco<br />

leccese, sono attribuiti alla scuola <strong>di</strong> Giuseppe Cino.<br />

L<strong>un</strong>go il lato sinistro della navata si susseguono <strong>di</strong>versi<br />

altari: il primo è de<strong>di</strong>cato a sant'Agata e conserva la<br />

tela de Il Martirio <strong>di</strong> Sant'Agata, realizzata nel 1813 da<br />

Pasquale Grassi. Il secondo altare è de<strong>di</strong>cato a san<br />

Francesco d'Assisi; segue quello <strong>di</strong> santa Rita da Cascia<br />

con statua in cartapesta <strong>di</strong> Raffaele Caretta. Il quarto e<br />

il quinto altare sono de<strong>di</strong>cati rispettivamente alla<br />

Madonna Immacolata e alla Pietà; quest'ultimo<br />

accoglie <strong>un</strong>a pregevole statua della Pietà in legno<br />

policromo realizzata a Venezia nel 1693.


Al centro dell'altare si apre <strong>un</strong>a nicchia contenente<br />

la statua lignea <strong>di</strong> san Matteo apostolo, scolpita<br />

nel 1691 dal napoletano Gaetano Patalano.<br />

L<strong>un</strong>go il lato destro della navata, proseguendo<br />

verso l'ingresso, sono presenti altri quattro altari:<br />

il primo reca <strong>un</strong> <strong>di</strong>pinto della Madonna della Luce,<br />

<strong>un</strong> affresco cinquecentesco provienente<br />

dall'antica chiesa <strong>di</strong> Santa Maria della Luce<br />

raffigurante la Vergine col Bambino che mostra al<br />

collo <strong>un</strong> cornetto <strong>di</strong> corallo. Seguono gli altari <strong>di</strong><br />

sant'Anna e della Sacra Famiglia, entrambi<br />

recanti <strong>un</strong> <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Serafino Elmo. Tra i due<br />

altari è posizionato <strong>un</strong> <strong>per</strong>gamo ligneo, raffinato<br />

lavoro <strong>di</strong> intaglio, affiancato da quattro statue<br />

allegoriche in pietra. L'ultimo altare è de<strong>di</strong>cato a<br />

sant'Oronzo con pala del 1736.


DUOMO DI LECCE


STORIA<br />

Il Duomo <strong>di</strong> Lecce, collocato<br />

nell'omonima piazza, è la cattedrale <strong>di</strong><br />

Lecce, de<strong>di</strong>cata a Maria Santissima<br />

Ass<strong>un</strong>ta. Fu costruito <strong>un</strong>a prima volta nel<br />

1144, poi nel 1230. Venne ricostruito <strong>per</strong><br />

volere del vescovo Luigi Pappacoda<br />

dall'architetto leccese Giuseppe Zimbalo<br />

a partire dal 1659. È la sede della<br />

cattedra dell'arcivescovo <strong>di</strong> Lecce,<br />

nonché della sua metropolia.


ESTERNO<br />

La facciata principale, piuttosto semplice sotto il<br />

profilo decorativo, si sviluppa in due or<strong>di</strong>ni dove sono<br />

presenti le statue, alloggiate in nicchioni, dei Santi<br />

Pietro e Paolo, <strong>di</strong> San Gennaro e <strong>di</strong> San Ludovico da<br />

Tolosa. La <strong>di</strong>sposizione delle paraste scanalate fa<br />

intravedere che la chiesa è strutturata in tre navate.<br />

Il prospetto settentrionale, ricco ed esuberante,<br />

assolve a <strong>un</strong>a precisa f<strong>un</strong>zione scenografica, dovendo<br />

rappresentare l'ingresso principale della chiesa <strong>per</strong><br />

chi entra nel sagrato. Scompartito in cinque zone da<br />

paraste e colonne scanalate, il primo or<strong>di</strong>ne presenta<br />

<strong>un</strong> portale ai cui lati due nicchie ospitano le statue <strong>di</strong><br />

San Giusto e <strong>di</strong> San Fort<strong>un</strong>ato. La trabeazione è<br />

coronata da <strong>un</strong>'alta balaustra alternata da colonnine<br />

e pilastrini, oltre la quale, al centro, si innalza la<br />

statua <strong>di</strong> Sant'Oronzo.


VEDUTA DI NOTTE


INTERNO<br />

L'interno, a croce latina, è a tre navate <strong>di</strong>vise da<br />

pilastri a semicolonne. La navata centrale e il<br />

transetto sono rico<strong>per</strong>ti da <strong>un</strong> soffitto ligneo a<br />

lac<strong>un</strong>ari intagliati, risalente al 1685. Gli altari sono<br />

de<strong>di</strong>cati, (a partire dalla navata sinistra), a San<br />

Giovanni Battista (1682), alla Natività con presepe<br />

cinquecentesco, al Martirio <strong>di</strong> San Giusto (1674), a<br />

Sant'Antonio da Padova (pure del 1674), alla<br />

Vergine Immacolata (1689), a San Filippo Neri<br />

(1690), al Crocifisso e al Sacramento (1780), a<br />

Sant'Oronzo (1671), all'Addolorata, a San Giusto<br />

(1656), a San Carlo Borromeo e a Sant'Andrea<br />

Apostolo (1687).


L'altare maggiore in marmo e bronzo dorato, fu<br />

costruito dal vescovo Sersale e consacrato nel<br />

1757 dal vescovo Sozi Carafa che commise ad<br />

Oronzo Tiso il grande quadro centrale<br />

dell'Ass<strong>un</strong>ta (1757) e i due laterali raffiguranti<br />

il Sacrificio del Profeta Elia e il Sacrificio <strong>di</strong><br />

Noè dopo il Diluvio (1758). Del 1759 è il coro<br />

in noce con la cattedra episcopale voluto dal<br />

vescovo Fabrizio Pignatelli e dovuto forse a<br />

<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> Emanuele Manieri. La Cattedrale<br />

possiede <strong>un</strong>a cripta del XII secolo,<br />

rimaneggiata nel XVI con aggi<strong>un</strong>te barocche.


CAMPANILE<br />

DEL DUOMO<br />

DI LECCE


CHIESA DI SANTA<br />

CHIARA


STORIA<br />

La chiesa <strong>di</strong> Santa Chiara si trova nel<br />

centro storico <strong>di</strong> Lecce, in piazza Vittorio<br />

Emanuele II.<br />

La sua prima fondazione, voluta dal vescovo<br />

Tommaso Ammirato, risale al 1429; venne in<br />

seguito quasi completamente ristrutturata tra<br />

il 1687 e il 1691. La realizzazione della chiesa<br />

è o<strong>per</strong>a dell'architetto Giuseppe Cino.


ESTERNO<br />

La facciata, rimasta priva del fastigio su<strong>per</strong>iore,<br />

presenta <strong>un</strong> andamento convesso scan<strong>di</strong>to in due or<strong>di</strong>ni<br />

da <strong>un</strong>a cornice marcapiano modanata <strong>per</strong>corsa da <strong>un</strong><br />

motivo a dentelli.<br />

L'or<strong>di</strong>ne inferiore accoglie <strong>un</strong> portale decorato con motivi<br />

vegetali e sormontato da <strong>un</strong> timpano mistilineo con al<br />

centro <strong>un</strong>a nicchia ovale, sorretta da angeli sorridenti, e<br />

lo stemma dell'or<strong>di</strong>ne delle clarisse. La su<strong>per</strong>ficie è<br />

scan<strong>di</strong>ta da colonne e paraste scanalate alternate da<br />

nicchie vuote abbellite da cartigli e medaglioni.<br />

L'or<strong>di</strong>ne su<strong>per</strong>iore ripropone la <strong>di</strong>sposizione delle nicchie<br />

affiancate a paraste scanalate doppie ai lati <strong>di</strong> <strong>un</strong> ampio<br />

finestrone centrale con timpano risolto in due volute<br />

laterali. Al centro del timpano <strong>un</strong> puttino alato rivela<br />

l'anno <strong>di</strong> completamento della costruzione (1691),<br />

scolpito sul nastro che ha tra le mani.


INTERNO<br />

L'e<strong>di</strong>ficio presenta <strong>un</strong>a pianta ottagonale all<strong>un</strong>gata<br />

con profondo presbiterio co<strong>per</strong>to con volta a stella. Le<br />

pareti sono <strong>di</strong>vise in due or<strong>di</strong>ni da <strong>un</strong>a cornice<br />

continua dentellata. Il primo or<strong>di</strong>ne è <strong>per</strong>corso da<br />

paraste corinzie tra le quali si aprono brevi cappelle<br />

che accolgono complesse macchine d'altare. Gli altari,<br />

riccamente ornati con colonne tortili animate da<br />

angeli, volatili, volute, cartigli, ghirlande e sculture,<br />

accolgono le statue lignee <strong>di</strong> ambito napoletano della<br />

fine del XVII secolo raffiguranti san Francesco Saverio,<br />

san Francesco d'Assisi, san Pietro d'Alcantara, san<br />

Gaetano <strong>di</strong> Thiene, sant'Antonio da Padova e<br />

l'Immacolata.


In corrispondenza delle cappelle si aprono, nel<br />

registro su<strong>per</strong>iore, sette ampie finestre dal profilo<br />

mistilineo alternate a nicchie che accolgono le<br />

statue delle Beate Beatrice, Agnese, Amata e<br />

Ortolana. L<strong>un</strong>go le pareti si aprono anche le grate<br />

dei cori da cui le monache partecipavano alle<br />

celebrazioni. Lo spazio esistente tra le varie<br />

cappelle è arricchito dalla presenza <strong>di</strong> alc<strong>un</strong>i <strong>di</strong>pinti<br />

raffiguranti scene evangeliche e santi: Ass<strong>un</strong>zione<br />

della Vergine, Transito <strong>di</strong> Santa Chiara, Cristo<br />

Risorto, Vergine col Bambino, Sant'Ignazio da<br />

Loyola.Il presbiterio è caratterizzato da <strong>un</strong><br />

monumentale altare maggiore, ricco <strong>di</strong> elementi<br />

architettonici e ornato da due colonne tortili, che<br />

accoglie nella nicchia centrale la statua <strong>di</strong> santa<br />

Chiara d'Assisi.


Interno della Chiesa <strong>di</strong> Santa Chiara


CHIESA<br />

DI<br />

SANT’<br />

IRENE


STORIA<br />

La chiesa <strong>di</strong> Sant'Irene dei Teatini è <strong>un</strong>a chiesa del<br />

centro storico <strong>di</strong> Lecce. È intitolata a sant'Irene da Lecce,<br />

protettrice della città fino al 1656, anno in cui papa<br />

Alessandro VII proclamò il patrocinio leccese <strong>di</strong> <strong>un</strong> santo<br />

vescovo: Sant'Oronzo. La chiesa fu e<strong>di</strong>ficata a partire dal<br />

1591 su progetto del teatino Francesco Grimal<strong>di</strong> e fu<br />

ultimata nel 1639, anno della consacrazione ad o<strong>per</strong>a del<br />

vescovo <strong>di</strong> Brin<strong>di</strong>si.<br />

La chiesa conobbe importanti vicende storiche: nel 1797<br />

venne visitata da re Fer<strong>di</strong>nando IV <strong>di</strong> Borbone; nell'ottobre<br />

del 1860 ospitò le o<strong>per</strong>azioni <strong>di</strong> plebiscito <strong>per</strong> decidere il sì <strong>di</strong><br />

Lecce ad entrare nel Regno d'<strong>It</strong>alia. Nel 1866 l'annesso<br />

convento dei Teatini venne soppresso, ma la chiesa rimase<br />

com<strong>un</strong>que a<strong>per</strong>ta al culto.


ESTERNO<br />

L'e<strong>di</strong>ficio rimanda al modello della basilica <strong>di</strong><br />

Sant'Andrea della Valle a Roma, ove lo stesso<br />

Grimal<strong>di</strong> lavorò. La facciata si compone <strong>di</strong> <strong>un</strong><br />

impianto a doppio or<strong>di</strong>ne, scan<strong>di</strong>to da paraste<br />

sovrapposte collegate da festoni. Le colonne<br />

risultano intervallate nell'or<strong>di</strong>ne inferiore da<br />

nicchie vuote e da cartigli e nell'or<strong>di</strong>ne su<strong>per</strong>iore<br />

da <strong>un</strong>a grande finestra. Lo spazio centrale<br />

dell'or<strong>di</strong>ne inferiore accoglie il portale,<br />

sormontato dalla statua lapidea <strong>di</strong> santa Irene,<br />

o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> Mauro Manieri del 1717. Al <strong>di</strong> sopra


INTERNO<br />

L'interno è a pianta a croce latina, con <strong>un</strong>'<strong>un</strong>ica navata<br />

a<strong>per</strong>ta ai lati da tre profonde cappelle com<strong>un</strong>icanti tra<br />

loro e caratterizzate da cupole ellittiche.<br />

Sul lato sinistro si susseguono gli altari <strong>di</strong> santo<br />

Stefano, che ospita la tela con Lapidazione <strong>di</strong> Santo<br />

Stefano, o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> Antonio Verrio, del Crocifisso e della<br />

Vergine del Buon Consiglio.<br />

Nel braccio sinistro del transetto sono collocati tre altari:<br />

l'altare <strong>di</strong> sant'Oronzo, realizzato verso la metà del<br />

Seicento da Francesco Antonio Zimbalo, zio <strong>di</strong> Giuseppe<br />

Zimbalo; l'altare <strong>di</strong> sant'Irene (1639) che custo<strong>di</strong>sce<br />

nove busti <strong>di</strong> santi che racchiudono ogn<strong>un</strong>o le reliquie<br />

del religioso raffigurato, mentre in alto domina la statua<br />

<strong>di</strong> sant'Irene sormontata dallo stemma civico <strong>di</strong> Lecce;<br />

l'altare della Sacra Famiglia realizzato nel 1672.


Nel braccio destro del transetto sono collocati altri tre<br />

altari: l'altare dell'Angelo Custode risalente al 1700;<br />

l'altare de<strong>di</strong>cato nel 1651 a san Gaetano <strong>di</strong> Thiene<br />

dall'arcivescovo <strong>di</strong> Otranto Gaetano Cassa, che<br />

ospita la tela a olio raffigurante il fondatore<br />

dell'or<strong>di</strong>ne dei Teatini, realizzata da Filippo Maria<br />

Galletti; l'altare <strong>di</strong> sant'Andrea Avellino, in stile<br />

rococò.<br />

Nelle cappelle del lato destro si susseguono gli<br />

altari <strong>di</strong> san Carlo Borromeo, dell'arcangelo Michele,<br />

costruito da Cesare Penna nel 1642, e l'altare delle<br />

Anime del Purgatorio con <strong>un</strong>a recente tela <strong>di</strong> Luigi<br />

Scorrano.


ALTARE MAGGIORE


• Lecce insieme con il Salento fu<br />

arricchita <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici e palazzi<br />

barocchi, grazie al talento <strong>di</strong><br />

architetti locali come Giuseppe<br />

Zimbalo, Giuseppe Cino, Gabriele<br />

Riccar<strong>di</strong>, Francesco Antonio<br />

Zimbalo, Gustavo Zimbalo, Cesare<br />

Penna, Mauro Manieri ed Emanuele<br />

Manieri


• Le o<strong>per</strong>e più importanti del Barocco leccese<br />

sono la basilica <strong>di</strong> Santa Croce (1548-1646)<br />

e il vicino Palazzo del Governo, del Seicento;<br />

la scenografica piazza del Duomo su cui si<br />

affacciano il Duomo (1659-1670) e il<br />

Seminario (1694-1709), nel cui cortile è<br />

conservato <strong>un</strong> pozzo dalla ricca<br />

ornamentazione scultorea, o<strong>per</strong>a <strong>di</strong><br />

Giuseppe Cino e le chiese <strong>di</strong> Santa Irene,<br />

Santa Chiara, San Matteo, del Carmine e <strong>di</strong><br />

San Giovanni Battista. Altri monumenti<br />

barocchi della città sono la chiesa del Gesù,<br />

la chiesa delle Alcantarine e Palazzo<br />

Marrese.


• Concattedrale <strong>di</strong> Sant'Agata a Gallipoli<br />

• Chiesa del Crocifisso a Galatone<br />

• Ex Convento degli Agostiniani a Melpignano<br />

• Guglia dell'Immacolata a Nardò<br />

• Basilica <strong>di</strong> San Martino a Martina Franca<br />

• Chiesa <strong>di</strong> San Domenico a Martina Franca<br />

• Altari delle cappelle della chiesa del<br />

convento <strong>di</strong> Maruggio<br />

• Chiesa Madre <strong>di</strong> Francavilla Fontana<br />

• Santuario <strong>di</strong> Maria Santissima della Croce a<br />

Francavilla Fontana


• Giuseppe Zimbalo (Lecce, 1620 – 1710) è stato <strong>un</strong> architetto e<br />

scultore italiano.<br />

• Detto lo Zingarello, fu l'architetto più famoso e imitato del barocco<br />

leccese.<br />

• Nel capoluogo salentino, oltre alla facciata inferiore del convento dei<br />

Celestini, l'artista realizzò su richiesta <strong>di</strong> mons.Luigi Pappacoda,il<br />

duomo (1659-1670); nel 1666 la colonna <strong>di</strong> Sant'Oronzo; a chiesa del<br />

Rosario (1691).<br />

• Il padre, Sigismondo anche questi in<strong>di</strong>cato come mastro, era a sua<br />

volta figlio <strong>di</strong> <strong>un</strong>o dei maggiori scultori degli inizi del Seicento,<br />

Francesco Antonio Zimbalo; spesso è presente con il padre in<br />

contratti relativi ad attività e<strong>di</strong>lizia. Il soprannome Zingarello <strong>di</strong> fatto è<br />

l'italianizzazione del termine <strong>di</strong>alettale "Zimbarieddhu" ovvero il<br />

piccolo Zimbalo <strong>per</strong> <strong>di</strong>stinguerlo dal padre Sigismondo probabilmente<br />

a causa dello stesso lavoro fatto da entrambi. Francesco Antonio<br />

Zimbalo nel 1606 aveva realizzato le tre porte <strong>di</strong> accesso della leccese<br />

chiesa <strong>di</strong> Santa Croce. Il legame nonno-nipote fra Francesco Antonio<br />

e Giuseppe Zimbalo è importante <strong>per</strong> comprendere come tutta<br />

l'architettura barocca leccese corra <strong>di</strong> fatto sul sottile filo rosso <strong>di</strong> <strong>un</strong>a<br />

parentela. Tale notizia su base documentaria è stata recentemente<br />

sco<strong>per</strong>ta da Fabio Grasso e pubblicata sul Corriere della Sera.


GLI ARCHITETTI SCULTORI<br />

E PITTORI DEL PERIODO<br />

BAROCCO<br />

• Gian Lorenzo Bernini<br />

• Francesco Borromini<br />

• Giuseppe Zimbalo<br />

• Carlo Maderno<br />

• Pietro da Cortona<br />

• Guarino Guarini<br />

• François Mansart<br />

• Jacques Lemercier<br />

• Pittori<br />

• Giovan Battista Crespi<br />

• Luca Giordano<br />

• Pieter Paul Rubens<br />

• Pietro da Cortona<br />

• Anton van Dyck<br />

• Diego Velázquez<br />

• Caravaggio<br />

• Scultori<br />

• Gian Lorenzo Bernini<br />

• Giuseppe Zimbalo<br />

• François Duquesnoy<br />

• Alessandro Algar<strong>di</strong>


L’ARTE BAROCCA<br />

LECCESE<br />

• Il Barocco leccese è <strong>un</strong>a forma artistica e architettonica<br />

sviluppatasi tra la fine del XVI secolo e la prima metà del<br />

XVIII secolo a Lecce e nel Salento; è riconoscibile <strong>per</strong> le<br />

sue sgargianti decorazioni che caratterizzano i<br />

rivestimenti degli e<strong>di</strong>fici.<br />

• Lo stile, influenzato dal plateresco spagnolo, si <strong>di</strong>ffuse nel<br />

Salento dalla metà del Seicento grazie all'o<strong>per</strong>a <strong>di</strong><br />

architetti locali come Giuseppe Zimbalo (1617-1710) e<br />

Giuseppe Cino (1644-1722).


• Durante il Seicento con la dominazione spagnola,<br />

che si affermò su quella aragonese, l'arte ass<strong>un</strong>se<br />

nuove forme e si abbandonò l'antica forma<br />

classica. Il nuovo stile aveva lo scopo <strong>di</strong><br />

sorprendere e <strong>di</strong> stimolare l'immaginazione e la<br />

fantasia.<br />

• La fioritura dell'arte barocca a Lecce avvenne a<br />

partire dal 1571, quando, con la battaglia <strong>di</strong><br />

Lepanto, fu definitivamente allontanata la<br />

minaccia delle incursioni da parte dei turchi.<br />

Questa corrente artistica, esplose nelle sue<br />

caratteristiche più rilevanti, tuttavia solo nella<br />

seconda metà del XVII e <strong>per</strong>durò <strong>per</strong> buona parte<br />

del Settecento. Essa si <strong>di</strong>ffuse in tutta la provincia<br />

favorita oltre che dal contesto storico, anche dalla<br />

qualità della pietra locale impiegata; la pietra<br />

leccese, <strong>un</strong> calcare tenero e compatto dai toni<br />

cal<strong>di</strong> e dorati adatto alla lavorazione con lo<br />

scalpellino.


• Lecce, che fino alla fine del Cinquecento<br />

costituiva solo <strong>un</strong>a piccola città fortificata<br />

raccolta attorno alla mole severa del Castello <strong>di</strong><br />

Carlo V, conobbe <strong>per</strong>tanto <strong>un</strong> <strong>per</strong>iodo <strong>di</strong><br />

intenso sviluppo. Fu dalle autorità religiose, a<br />

cominciare dal vescovo Luigi Pappacoda, che<br />

gi<strong>un</strong>se <strong>un</strong> impulso fortissimo alla costruzione<br />

degli e<strong>di</strong>fici e dei monumenti che, nell'arco <strong>di</strong><br />

quasi duecento anni, plasmarono l'immagine<br />

della città.<br />

• Il nuovo stile, in <strong>un</strong> primo momento, interessò<br />

solo gli e<strong>di</strong>fici sacri e nobili, ma<br />

successivamente le esuberanze barocche, i<br />

motivi floreali, le figure, gli animali mitologici, i<br />

fregi e gli stemmi trionfano anche<br />

nell'architettura privata, sulle facciate, sui<br />

balconi e sui portali degli e<strong>di</strong>fici.


Palazzo dei Celestini

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