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i magistri comacini mercanti di sapere - La scuola di Pitagora editrice

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I MAGISTRI COMACINI MERCANTI DI SAPERE<br />

<strong>di</strong> IVANA PASSAMANI, MATTEO PONTOGLIO, SARA VARISCO<br />

I Magistri Comacini <strong>mercanti</strong> <strong>di</strong> sapienza costruttiva e <strong>di</strong><br />

cultura nel Bacino del Me<strong>di</strong>terraneo<br />

Il desiderio <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re il fenomeno dei Magistri Comacini, massicciamente<br />

presenti nel territorio bresciano, mi ha portato a muovermi sugli itinerari percorsi<br />

da questi artefici dell’iconografia barocca, nelle sue <strong>di</strong>fferenti espressioni artistiche.<br />

A fronte dei più noti artisti o architetti celebrati per i significativi monumenti barocchi<br />

<strong>di</strong> Roma quali Carlo Maderno, Francesco Borromini e i Fontana, nel corso<br />

delle ricerche si sta evidenziando una rete capillare <strong>di</strong> interventi meno conosciuti ma<br />

altrettanto prestigiosi. Essi hanno contribuito a <strong>di</strong>ffondere la cultura barocca declinata<br />

con la sapienza costruttiva, artistica ed artigianale, derivante da una ininterrotta<br />

sperimentazione che, a partire dalla forza <strong>di</strong>rompente dell’Antelami, prende sempre<br />

le mosse nei secoli dallo stesso bacino territoriale del <strong>La</strong>rio e del Ticino.<br />

Si stanno così seguendo gli articolati percorsi tracciati da intere famiglie verso l’Europa<br />

dell’est e verso il bacino del Me<strong>di</strong>terraneo; ma anche riducendo il campo <strong>di</strong> ricerca<br />

ad aree ristrette dell’Italia è facilmente constatabile<br />

l’estrema mobilità <strong>di</strong> questi artisti, che troviamo ad operare<br />

in <strong>di</strong>verse città italiane, da un lato Genova Sassari<br />

e Cagliari, dall’altro Napoli e Roma.<br />

Nell’Urbe in particolare colpiscono le tante applicazioni<br />

del loro <strong>sapere</strong>, che spaziano dall’architettura monumentale<br />

<strong>di</strong> chiese importanti, alla statuaria integrata all’architettura,<br />

agli apparati decorativi a stucco (espressione artigianale<br />

per la quale sono maestri insuperabili) o realizzati<br />

con il ricorso alla pittura illusoria, fino alla ricerca <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>ffusa riqualificazione urbana dei percorsi e degli spazi,<br />

da molti <strong>di</strong> loro plasmati in forme barocche.<br />

Cito in particolare l’elefantino della Minerva (1666-67),<br />

1 Roma, Ponte S. Angelo, angelo<br />

porta croce <strong>di</strong> Ercole Ferrata (foto<br />

IP).<br />

<strong>di</strong> IVANA PASSAMANI<br />

1


2<br />

716<br />

I Magistri Comacini maestri <strong>di</strong> <strong>sapere</strong><br />

caricato dell’onere dell’obelisco posto a baricentro dello spazio <strong>di</strong> Piazza della Minerva;<br />

o ancora l’Angelo porta Croce, portatore con gli altri dei simboli della passione,<br />

che accompagna il percorso <strong>di</strong> attraversamento del ponte S. Angelo, l’antico<br />

ponte Elio: entrambi realizzati da Ercole Ferrata (Pellio Inf. 1610, Roma 1686), che,<br />

dopo un soggiorno formativo a Genova presso la bottega dello zio Tommaso Orsolini<br />

si reca a Napoli e poi a Roma, dove è stabile dal 1647. Scultore e miglior <strong>di</strong>scepolo<br />

del Bernini, lascia apparati d’altare e statuari in numerose chiese romane e alla<br />

sua morte viene sepolto in S. Carlo al Corso dove una lapide recita “…il morto coperto<br />

da questo marmo, coll’eccellenza della scultoria arte ai marmi soleva dar vita:<br />

Ercole Ferrata, comense…”. Il Ferrata è importante non solo per le numerose testimonianze<br />

della sua arte, spesso frutto della collaborazione con i maggiori attori del<br />

rinnovamento barocco romano come Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini,<br />

Alessandro Algar<strong>di</strong>, Pietro da Cortona, ma anche per il forte valore <strong>di</strong>dattico impresso<br />

alla sua attività: una strutturazione <strong>di</strong> <strong>scuola</strong>-bottega rivolta a giovani artisti, vera fucina<br />

<strong>di</strong> formazione culturale e artistica dove elaborare il linguaggio iconico e stilistico<br />

barocco. Nel convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sul Ferrata recentemente organizzato 1 dall’Appacuvi<br />

a Como in concomitanza con la mostra “Omaggio ai<br />

maestri intelvesi Ercole Ferrata e Carlo Innocenzo Carloni”<br />

2 è emersa chiaramente questa propensione a tramandare<br />

il proprio <strong>sapere</strong>.<br />

A riprova <strong>di</strong> questa rete <strong>di</strong> travasi culturali si può citare il<br />

caso <strong>di</strong> Marco Antonio Turbini da Lugano (1675-1756),<br />

allievo tra i tanti <strong>di</strong> Carlo Fontana, il quale realizzerà nel<br />

territorio bresciano alcuni tra i palazzi nobiliari più significativi<br />

per l’inserimento ed il rapporto con il contesto circostante:<br />

palazzo Lechi a Montirone ne è esempio eclatante<br />

per le ragguardevoli <strong>di</strong>mensioni dell’impianto architettonico<br />

e per la scenografia assiale che connette visivamente<br />

il giar<strong>di</strong>no all’italiana e il parco retrostante.<br />

Ma dello stesso Turbini si possono citare anche Villa<br />

2 Montirone (Bs), Palazzo Lechi<br />

(fonte: Google Heart). In rosso è<br />

evidenziato l'asse prospettico.


Ivana Passamani, Matteo Pontoglio, Sara Varisco<br />

Soar<strong>di</strong> ora Bruni Conter a Brescia, villa Merli già Suar<strong>di</strong> al <strong>La</strong>birinto, villa Lechi già<br />

Maffei a Coccaglio, declinate tutte secondo assi territoriali <strong>di</strong> ampio respiro, probabilmente<br />

mutuati dalla lezione del maestro Carlo Fontana, il quale fu antesignano<br />

promotore dell’abbattimento della spina <strong>di</strong> Borgo per collegare lo spazio vaticano alla<br />

città <strong>di</strong> Roma.<br />

Gli stu<strong>di</strong> che in questi ultimi anni si vanno organizzando e sistematizzando, anche<br />

grazie all’instancabile opera <strong>di</strong> ricerca dell’Associazione Appacuvi <strong>di</strong> <strong>La</strong>ino, mettono<br />

sempre più in evidenza che i Magistri Comacini avevano costruito una vera e propria<br />

rete territoriale <strong>di</strong> Conoscenze, favorendo l’intersezione della cultura e la <strong>di</strong>ffusione<br />

del loro <strong>sapere</strong> a livello internazionale; la loro posizione geografica baricentrica<br />

rispetto all’Europa ed al bacino del Me<strong>di</strong>terraneo li portò a <strong>di</strong>ffondere un bagaglio<br />

<strong>di</strong> conoscenza nelle città e nei paesi qui collocati.<br />

A Genova, attivissimo porto da cui si <strong>di</strong>ramavano traffici ma anche commerci <strong>di</strong> cultura<br />

verso i luoghi del Me<strong>di</strong>terraneo troviamo ad esempio la grande famiglia degli Spazzi<br />

o Spatti, originaria <strong>di</strong> Pellio Superiore, la cui presenza è attestata anche in Sardegna a<br />

Sestu. Tale clan opererà nel XVII secolo anche a Brescia. I rapporti tra Genova e Cagliari,<br />

e la sorprendente presenza <strong>di</strong> <strong>comacini</strong> impegnati<br />

in altari, pulpiti, intere chiese nell’isola sarda, sono stati<br />

approfon<strong>di</strong>ti in un convegno organizzato ancora dall’associazione<br />

Appacuvi nel settembre 2009; dalle ricerche è<br />

emersa ad esempio la presenza <strong>di</strong> Giovan Battista Corbellini<br />

sia a Cagliari che a Sassari, dove tra il 1714 ed il<br />

1723 completa con un ricco fastigio curvilineo la facciata<br />

del Duomo; poco più avanti troviamo assieme a Giovan<br />

Battista gli altri rappresentanti <strong>di</strong> questa famiglia, tra cui<br />

Domenico e Carlo Corbellini, impegnati nella provincia<br />

bresciana. Qui lasciano l’impronta del loro fare architettonico<br />

in alcune tra le chiese più rappresentative, come<br />

quella <strong>di</strong> Coccaglio.<br />

Il caso forse più significativo <strong>di</strong> evoluzione delle com-<br />

3 Sassari, Duomo, facciata (Giovan<br />

Battista Corbellini).<br />

717<br />

3


4<br />

718<br />

I Magistri Comacini maestri <strong>di</strong> <strong>sapere</strong><br />

petenze ed adeguamento alle nuove esigenze rimane a mio parere quello della famiglia<br />

Nolli o Noli o Nulli <strong>di</strong> Castiglione d’Intelvi: nel 1613 troviamo un certo Peder<br />

(Pietro) incaricato alla costruzione della nuova chiesa del Nome <strong>di</strong> Gesù nella frazione<br />

Navono <strong>di</strong> <strong>La</strong>vino alle Pertiche in val Sabbia. “Adì 7 settembre 1613 - Dichiarasi<br />

per virtù del presente scritto come Peder f. q. m. Luison Nul muraro del Comune<br />

<strong>di</strong> Castion territorio milanese, presente per sé, ha convenuto e promesso a m.ro<br />

Anzolo, ms. Marco Antonio, et ms. Pietro (…) <strong>di</strong> far fabricare et murare essa chiesa<br />

conforme il modello che li sarà da essi soprastanti uniti proposto (…) 3 . Si tratta <strong>di</strong><br />

una delle prime attestazioni documentarie relative alla presenza <strong>di</strong> Magistri Comacini<br />

in valle Sabbia, presenza che <strong>di</strong>verrà <strong>di</strong> lì a pochi decenni tanto significativa da <strong>di</strong>segnare<br />

un vero rosario <strong>di</strong> chiese a punteggiare e connotare il territorio.<br />

Centotrentacinque anni dopo Giovan Battista Nolli <strong>di</strong> Montronio (frazione <strong>di</strong> Castiglione<br />

d’Intelvi), firmerà la “Nuova Pianta <strong>di</strong> Roma”, documento topografico <strong>di</strong> primissimo<br />

piano che si inserisce nel passaggio dalla mappa prospettica a quella zenitale,<br />

essendo realizzato attraverso un rilevamento su base trigonometrica con l’utilizzo della<br />

tavoletta pretoriana, che era stata da poco sistematizzata nelle tavole dell’Encyclope<strong>di</strong>e.<br />

<strong>La</strong> biografia del Nolli <strong>di</strong>mostra ancora una volta la facilità agli spostamenti tipica dei<br />

<strong>magistri</strong> <strong>comacini</strong>, accompagnata da una forte carica propulsiva<br />

e <strong>di</strong>dattica (a Roma fonda infatti una <strong>scuola</strong> che<br />

preparerà allievi per la redazione della battuta catastale piogregoriana);<br />

palesa anche la sua preparazione come perito<br />

agrimensore, geometra e architetto.<br />

Questa è già ravvisabile nel ricchissimo cabreo realizzato<br />

a partire dal 7 luglio 1724 per i conti Bettoni <strong>di</strong> Bogliaco:<br />

una trentina <strong>di</strong> tavole finemente acquarellate che<br />

descrivono minuziosamente le proprietà lacustri della famiglia,<br />

<strong>di</strong>mostrando con la loro accuratezza il ricorso alla<br />

tavoletta pretoriana e un sapiente controllo della messa<br />

in pulito del segno grafico che restituisce minuziosamente<br />

la morfologia e l’idrografia, le alberature e le piantumazioni,<br />

il rilevato degli e<strong>di</strong>fici, anticipando la stessa pre-<br />

4 Giovan Battista Nolli, Nuova<br />

Pianta <strong>di</strong> Roma, 1748. Dettaglio<br />

raffigurante un putto che utilizza<br />

la tavoletta pretoriana.


Ivana Passamani, Matteo Pontoglio, Sara Varisco<br />

cisione che caratterizzerà la mappa romana.<br />

Questa presenta un’impostazione che contrad<strong>di</strong>stinguerà la cartografia successiva: oltre<br />

alla evidente precisione grafica e mensoria, ricordo la rappresentazione in sezione orizzontale<br />

non solo <strong>di</strong> tutte le chiese ma degli spazi <strong>di</strong> percorrenza (atri, cortili, scale), degli<br />

elementi <strong>di</strong> arredo urbano quali fontane, monumenti, gra<strong>di</strong>nate ecc.), dei giar<strong>di</strong>ni e<br />

delle principali colture o dei monumenti antichi parzialmente scomparsi.<br />

Si conferma e si sostanzia il ruolo propulsore, nelle nostre <strong>di</strong>scipline specifiche, svolto<br />

nel tempo dai Magistri Comacini, i quali tessono una rete internazionale tra città, consentendoci<br />

<strong>di</strong> ripensare al loro ruolo <strong>di</strong> cerniera culturale e <strong>di</strong> integrazione <strong>di</strong> saperi.<br />

<strong>La</strong> ricerca va quin<strong>di</strong> nella duplice <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> porsi come strumento <strong>di</strong> conoscenza<br />

e <strong>di</strong> valorizzazione <strong>di</strong> un territorio, nonché <strong>di</strong> far emergere non tanto o non solo i<br />

valori delle singole fabbriche architettoniche, ma il crogiolo <strong>di</strong> saperi emergente dai<br />

gran<strong>di</strong> cantieri, in cui si confrontano le <strong>di</strong>verse maestranze.<br />

Nei contributi correlati a questo Matteo Pontoglio approfon<strong>di</strong>rà per il secolo XVII<br />

la famiglia degli Spazzi nonché il contributo dei Muttoni mentre per il XVIII secolo<br />

Sara Varisco tratterà il ruolo del Turbino, nonché le realizzazioni dei Corbellini nel<br />

contesto bresciano.<br />

719<br />

5-6 a sx Giovan Battista Nolli,<br />

Mappe del cabreo Bettoni, 1724-<br />

25 (Bogliaco, Archivio Bettoni). A<br />

dx Giovan Battista Nolli, Nuova<br />

Pianta <strong>di</strong> Roma, 1748.<br />

5-6


720<br />

Note<br />

1 Convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> “Ercole Ferrata (1610-1686) da Pellio all’Europa”, Villa Gallia e Pinacoteca<br />

Civica, 3-4 febbraio 2011, Como. Curatori Andrea Spiriti e Clau<strong>di</strong>o Strinati.<br />

2 <strong>La</strong> mostra si è svolta dal 7 novembre 2010 all’11 febbraio 2011 presso la Pinacoteca civica <strong>di</strong><br />

Como.<br />

3 Archivio Parrocchiale <strong>di</strong> <strong>La</strong>vino, in “Filza <strong>di</strong> Istrumenti e ricevute n. 2”, col. Provv.. Il documento<br />

è stato pubblicato per la prima volta in Volta V., “Antichi borghi e chiese delle Pertiche”,<br />

in “Le Pertiche <strong>di</strong> Valle Sabbia. Civiltà ed Arte” Brescia 1987.<br />

Bibliografia<br />

BEVILACQUA M., Roma nel secolo dei lumi. Architettura eru<strong>di</strong>zione scienza nella Pianta <strong>di</strong> G. B.<br />

Nolli celebre geometra, Napoli 1998.<br />

CASATI M. L., PALMIERI E., PESCARMONA D., Omaggio ai maestri intelvesi Ercole Ferrata Carlo<br />

Innocenzo Carloni, Catalogo della Mostra, Musei Civici <strong>di</strong> Como, Cantù 2010.<br />

CAVAROCCHI FRANCO, Arte e artisti della Valle Intelvi, Como 1992.<br />

CETTI BATTISTA, Vita e opere dei maestri <strong>comacini</strong>, Milano 1993.<br />

I Magistri Comacini maestri <strong>di</strong> <strong>sapere</strong><br />

DE MEO M., Presenze lombarde nella Roma barocca architetti, artisti e maestranze dalla ‘regione<br />

dei laghi’ alla città dei papi fra cinque e seicento, in <strong>La</strong> Valle Intelvi, Quaderno n. 10, Cernobbio<br />

2005.


Ivana Passamani, Matteo Pontoglio, Sara Varisco<br />

I <strong>magistri</strong> Comacini <strong>mercanti</strong> <strong>di</strong> sapienza costruttiva e<br />

<strong>di</strong> cultura nella Lombar<strong>di</strong>a Orientale: il Seicento<br />

<strong>di</strong> MATTEO PONTOGLIO<br />

Dal Me<strong>di</strong>oevo fino alle soglie dell’età industriale, una pacifica “invasione” <strong>di</strong> architetti,<br />

fabbri murari, pittori, stuccatori, impresari, originari tutti dell’area geografica<br />

compresa tra la Provincia <strong>di</strong> Como e <strong>di</strong> Lugano, si estese inizialmente all’interno della<br />

nostra Penisola, poi in tutta Europa.<br />

Questi cosiddetti Magistri Comacini si configurarono, in epoca seicentesca, come attenti<br />

gestori e organizzatori <strong>di</strong> cantiere nonché <strong>di</strong> esperti ingegneri mentre, in epoca<br />

settecentesca, anche come apportatori <strong>di</strong> espressività e creatività <strong>di</strong> linguaggio.<br />

Il fenomeno ha portato alla <strong>di</strong>ffusione, nelle <strong>di</strong>verse epoche, non <strong>di</strong> un linguaggio<br />

comune ma, almeno per quanto riguarda l’aspetto architettonico, <strong>di</strong> una cultura comune<br />

in cui è possibile in<strong>di</strong>viduare elementi e forme prevalenti.<br />

Volgendo lo sguardo all’epoca barocca, <strong>di</strong>versi nomi <strong>di</strong> professionisti e artigiani riferibili<br />

allo stesso ceppo familiare compaiono nel XVII e nel XVIII secolo nella Lombar<strong>di</strong>a<br />

Orientale, e in particolar modo nella provincia bresciana: le famiglie Barelli,<br />

Croppi, Bianchi, Muttoni e Spatti (o Spazzi) che operarono nell’ambito dell’architettura<br />

ma, principalmente, nelle fabbriche ecclesiastiche.<br />

Francesco Muttoni da Cima <strong>di</strong> Porlezza, parente del più noto architetto operante nel<br />

vicentino, esercitò nella provincia bresciana lasciandoci, negli anni ‘80 del XVII secolo,<br />

come testimonianza maggiore la Chiesa Parrocchiale <strong>di</strong> Seniga, borgo in posizione<br />

strategica lungo il Fiume Oglio al confine con la Provincia <strong>di</strong> Cremona.<br />

Il cosiddetto barocco si caratterizza, nel Bresciano, con la continuità spaziale e lessicale<br />

<strong>di</strong> tarde elaborazioni classiche rinascimentali: chiesa a navata unica secentesca,<br />

copertura a volte a botte costolonata e spazi rettangolari definiti sui lati lunghi da una<br />

serie <strong>di</strong> cappelle ricavate in nicchioni profon<strong>di</strong> quanto lo spessore dei muri laterali.<br />

<strong>La</strong> facciata si presenta nella stragrande maggioranza dei casi a capanna, essendo ormai<br />

inutili i salienti in seguito alla soppressione delle navate laterali, partita orizzontalmente<br />

da cornici marcapiano <strong>di</strong> varia entità e verticalmente da lesene che ripren-<br />

721


722<br />

7 Pianta e sezione longitu<strong>di</strong>nale della Chiesa Parrocchiale <strong>di</strong> Be<strong>di</strong>zzole (Bs).<br />

I Magistri Comacini maestri <strong>di</strong> <strong>sapere</strong>


Ivana Passamani, Matteo Pontoglio, Sara Varisco<br />

dono la decorazione <strong>di</strong> quelle interne; trovano collocazione negli intercolunni le nicchie,<br />

che variano da due a quattro se previste anche nel registro superiore, che ospitano<br />

le statue dei santi maggiormente venerati in quel tempio.<br />

<strong>La</strong> Controriforma inaugurata dal Concilio <strong>di</strong> Trento fu propagandata in area lombarda<br />

dalla figura <strong>di</strong> San Carlo Borromeo tramite le sue Instructiones che, con<strong>di</strong>zionando<br />

fortemente l’architettura religiosa, portarono all’e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> chiese e oratori<br />

secondo canoni ben definiti dalla prassi costruttiva e privi <strong>di</strong> esagerazioni più propriamente<br />

tipiche <strong>di</strong> altre aree geografiche italiane.<br />

Gli Spatti, originari <strong>di</strong> Pellio Superiore in Val d’Intelvi, furono i più prolifici e istituirono<br />

una vera e propria impresa familiare: il capostipite Francesco iniziò la sua attività<br />

nella seconda metà del XVII secolo e in pochi anni si associò con i due figli Bartolomeo<br />

e Antonio che proseguirono l’attività fino ai primi decenni del XVIII secolo.<br />

Antonio Spatti fu il rappresentante più illustre <strong>di</strong> questo ceppo comasco e la sua personalità<br />

si evince dal numero cospicuo <strong>di</strong> opere realizzate nonché dalla continua ricerca<br />

<strong>di</strong> esperienze e linguaggi innovativi: esercitò sia come riformatore <strong>di</strong> fabbriche<br />

preesistenti sia come e<strong>di</strong>ficatore <strong>di</strong> nuovi templi nell’area della Franciacorta, delle Valli<br />

723<br />

8-9 Facciata principale e navata interna<br />

della Chiesa Parrocchiale <strong>di</strong><br />

Be<strong>di</strong>zzole (Bs).<br />

8-9


10<br />

724<br />

10 Facciata laterale della Chiesa<br />

Parrocchiale <strong>di</strong> Be<strong>di</strong>zzole(Bs).<br />

I Magistri Comacini maestri <strong>di</strong> <strong>sapere</strong><br />

Trompia e Camuna, e della Riviera benacense.<br />

L’opera più illustre realizzata è senza dubbio la Chiesa Parrocchiale <strong>di</strong> Be<strong>di</strong>zzole, piccolo<br />

borgo adagiato tra le coline della Valtenesi, costruita a partire dagli anni ‘20 del<br />

XVIII secolo.<br />

Questo imponente e<strong>di</strong>ficio, 60 metri <strong>di</strong> lunghezza per circa 25 metri <strong>di</strong> larghezza e<br />

altezza, si offre allo spettatore dando un effetto <strong>di</strong> magnificenza e gran<strong>di</strong>osità enfatizzato<br />

dalla posizione sulla sommità della collina che domina l’ambiente circostante.<br />

Questa fabbrica, realizzata nella piena maturità dell’autore, pur inserendosi nell’ambito<br />

culturale della prassi costruttiva seicentesca, si configura, attraverso la presenza<br />

della copertura della navata con un’interessante teoria <strong>di</strong> volte a vela e il maggior senso<br />

<strong>di</strong> ascensionalità dovuto alla presenza <strong>di</strong> un alto zoccolo, sia come un superamento<br />

del linguaggio tra<strong>di</strong>zionale sia come sperimentazione del nascente linguaggio settecentesco<br />

che prenderà forza negli anni imme<strong>di</strong>atamente successivi.


Ivana Passamani, Matteo Pontoglio, Sara Varisco<br />

I <strong>magistri</strong> Comacini <strong>mercanti</strong> <strong>di</strong> sapienza costruttiva e<br />

<strong>di</strong> cultura nel bresciano: i Corbellini e i Turbini<br />

<strong>di</strong> SARA VARISCO<br />

I Magistri Comacini costituiscono una realtà <strong>di</strong> rilievo per la costruzione <strong>di</strong> nuovi panorami<br />

stilistici destinati a <strong>di</strong>segnare il volto urbano <strong>di</strong> vasti territori in epoche <strong>di</strong>fferenti.<br />

<strong>La</strong> perizia tecnico-compositiva espressa da “famiglie-bottega” <strong>di</strong> derivazione lariana si<br />

configura come strumento <strong>di</strong> forza in queste maestranze capaci <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere e tramandare<br />

rinnovate sapienze costruttive, così come <strong>di</strong>mostra il “caso bresciano”.<br />

Tracce <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> linguaggio antelamico precedenti al terremoto del 1221, che<br />

privò Brescia <strong>di</strong> molti tesori artistici, sono alcune erme <strong>di</strong> mensola della Loggetta delle<br />

Grida del Broletto che accoglie preziosi capitelli dei mesi posti sulle quadrifore. Il sarcofago<br />

comacino trecentesco <strong>di</strong> Berardo Maggi in marmo rosso <strong>di</strong> Verona nel Duomo<br />

Vecchio e il magnifico chiostro <strong>di</strong> San Francesco firmato Guglielmo da Frissone sono<br />

tra gli esempi più famosi dell’abilità dei mastri murari custo<strong>di</strong>ti in città.<br />

A partire dal Quattrocento i maggiori cantieri urbani vedono manovalanze comacine<br />

<strong>di</strong> ricorrenti famiglie-bottega destinate a segnare nel tempo l’immagine del capoluogo<br />

e della provincia circostante. Nel Cinquecento è noto l’inse<strong>di</strong>amento dei Barilli in<br />

Valtrompia e nell’alto mantovano mentre nel XVII secolo la documentazione d’archivio<br />

registra la presenza dei Carra, Primanesio, Pernici, Bianchi, Capriana, Molteni,<br />

Peduzzi, Comoli, Scotti, Barelli, Cetti e Croppi. Nell’elenco interminabile <strong>di</strong> maestranze<br />

operanti sul territorio risulta fondamentale l’esperienza costruttiva dei Corbellini<br />

e dei Turbini <strong>di</strong>stinti tra i maggiori firmatari <strong>di</strong> nuovi dettami stilistici del<br />

XVIII secolo bresciano.<br />

<strong>La</strong> famiglia Corbellini oriunda della Val d’Intelvi (Como) costituisce una vera e propria<br />

Scuola che in<strong>di</strong>vidua in Domenico Corbellini il capostipite. I figli Gio Batta,<br />

Giuseppe, Antonio e Giacomo (senior) sono attivi nel Settecento barocco promuovendo<br />

un linguaggio costruttivo e decorativo destinato a invadere l’intero territorio,<br />

oltrepassando i limiti regionali e nazionali. Il Guerrini definisce l’architettura corbel-<br />

725


726<br />

11 Chiesa Parrocchiale <strong>di</strong> Azzano Mella, Corbellini Antonio, 1734, pianta <strong>di</strong> rilievo.<br />

12 Sezione longitu<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> rilievo.<br />

I Magistri Comacini maestri <strong>di</strong> <strong>sapere</strong>


Ivana Passamani, Matteo Pontoglio, Sara Varisco<br />

liniana elegante e sinuosa, modulata delicatamente nelle linee e nei volumi che articolano<br />

organismi <strong>di</strong> prevalente pianta longitu<strong>di</strong>nale con coperture a vela. Numerosi<br />

sono i cantieri aperti da questa famiglia <strong>di</strong> architetti e tagliapietre, sebbene le opere<br />

più rappresentative siano la chiesa <strong>di</strong> Azzano Mella (1734), per sintesi stilistica, e la<br />

parrocchiale <strong>di</strong> Coccaglio (1718) poiché vi lavorò l’intero clan comacino. <strong>La</strong> chiesa<br />

de<strong>di</strong>cata ai Santi Pietro e Paolo <strong>di</strong> Azzano si fa simbolico esemplare del linguaggio<br />

corbelliniano: la severa geometria <strong>di</strong> facciata si <strong>di</strong>scosta stilisticamente dall’interno in<br />

cui plastici giochi chiaroscurali sono resi dall’alternanza <strong>di</strong> massicci setti murari con<br />

colonne <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne gigante. <strong>La</strong> pianta longitu<strong>di</strong>nale ripartita in due campate, chiuse<br />

superiormente da cupole ribassate e finemente decorate ad affresco, <strong>di</strong>chiara la firma<br />

del progettista nei brevi raccor<strong>di</strong> angolari che ne ingentiliscono l’impianto rettangolare.<br />

<strong>La</strong> navata si sviluppa in due calotte semisferiche riprese<br />

dalla medesima calotta nel vano presbiteriale. Un<br />

ampio cornicione aggettante crea lo spazio per le cappelle<br />

laterali inquadrate da colonne costruite in mattoni e ricoperte<br />

da una scagliola. <strong>La</strong> facciata esternamente si sviluppa<br />

su due livelli ripartiti da coppie <strong>di</strong> lesene doriche,<br />

nel registro inferiore, e ioniche, in quello superiore. L’assialità<br />

compositiva, accentuata dall’allineamento verticale<br />

del portale con l’apertura finestrata, termina con un timpano<br />

a sesto ribassato.<br />

Il settecento bresciano comprende altre maestranze <strong>di</strong><br />

spicco <strong>di</strong> derivazione comacina quale la famiglia dei Turbini<br />

Marco Antonio e Gaspare, ricordati per le magnifiche<br />

fabbriche <strong>di</strong> architettura civile. Marco Antonio Turbini<br />

nato a Lugano nel 1675 si stabilisce a Brescia nel<br />

1735. Architetto e capomastro lavora a Villa Lechi a<br />

Montirone (1739) <strong>di</strong>mostrando grande interesse per il<br />

tema della <strong>di</strong>mora nobiliare come testimoniano gli interventi<br />

a Villa Merli già Suar<strong>di</strong> al <strong>La</strong>birinto (1744), Palazzo<br />

Suar<strong>di</strong> ora Bruni Conter (1725), Villa Lechi già<br />

13 Documento d'archivio dello<br />

schema compositivo <strong>di</strong> prospetto.<br />

727<br />

2


728<br />

14-15 Vista fotografica <strong>di</strong> facciata ripresa dall'asse viario principale; Portale d'ingresso via Trieste.<br />

16 Palazzo Suar<strong>di</strong> ora Bruni Conter, Brescia, Turbino Antonio, 1725, pianta <strong>di</strong> rilievo.<br />

I Magistri Comacini maestri <strong>di</strong> <strong>sapere</strong>


Ivana Passamani, Matteo Pontoglio, Sara Varisco<br />

Maffei (1754) e Palazzo Porro Schiffinati già Ghizzola a Coccaglio (1720), Villa Gerar<strong>di</strong><br />

a Lonato (1750) e Villa Mancini già Me<strong>di</strong>ci a Calvisano (1720). Palazzo Bruni<br />

Conter in via Trieste a Brescia presenta un tipico impianto a corte assialmente or<strong>di</strong>nato<br />

da un percorso ricco <strong>di</strong> teatralità barocca. Il fronte citta<strong>di</strong>no è caratterizzato dal<br />

monumentale portale: scan<strong>di</strong>to da massicce bugne <strong>di</strong>sposte in ritmica alternanza esso<br />

si corona <strong>di</strong> pilastri con forma ad obelisco posti a sostegno delle terminazioni a voluta<br />

dell’ampia cimasa barocca. Dall’androne con copertura unghiata si accede al portico<br />

con colonnato tuscanico dal quale è possibile ammirare il giar<strong>di</strong>no attraverso la<br />

cancellata <strong>di</strong> pilastrature bugnate.<br />

Con il padre Antonio il figlio Gaspare, nato a Brescia nel 1728, avvia nuovi numerosi<br />

cantieri destinati a cambiare il linguaggio dell’architettura civile barocca. Una<br />

nuova libertà formale insiste su una rinnovata organizzazione degli spazi aperti: le ali<br />

laterali dei palazzi si chiudono a corte enfatizzando la teatralità formale degli assi prospettici<br />

rievocati all’interno dei locali da viste illusorie negli affreschi a trompe l’oeil.<br />

729<br />

17 Vista dell'asse prospettico dal<br />

giar<strong>di</strong>no interno.<br />

17

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