Lezione X - I maestri comacini, lo stile romanico - Francesco Ridolfi
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I <strong>maestri</strong> <strong>comacini</strong>, <strong>lo</strong> <strong>stile</strong> <strong>romanico</strong><br />
Le popolazioni della “Romània”, ovvero dell’Europa romanizzata (termine usato<br />
nell’alto Medioevo in contrapposizione a “barbaries”), sentivano di avere una<br />
cultura comune, lingua, lettere, pensiero, arte (la denominazione si perse con il<br />
formarsi delle distinte individualità nazionali). L’idea di Roma costituì il<br />
fondamento dell’idea di un’unità europea già con Pipino e Car<strong>lo</strong>magno.<br />
Dal seco<strong>lo</strong> VII al X si ha in Occidente una sorta di “bilinguismo figurativo”,<br />
paralle<strong>lo</strong> a quel<strong>lo</strong> “verbale”: da un lato linguaggi figurativi di tipo aristocratico e di<br />
retroterra sociale aulico (bizantino, carolingio, ottoniano), diretta continuazione o<br />
reviviscenza umanistica dell’arte classica, dall’altro umili linguaggi di impronta<br />
popolare (arte protoromanica o preromanica) che continuava la tradizione<br />
dell’arte popolare e provinciale romana.<br />
Nei secoli V e VI Ravenna si arricchisce di notevoli monumenti (vedi lez. n.3),<br />
dovuti forse a <strong>maestri</strong> e maestranze già operanti a Milano, come per <strong>lo</strong>ro parte<br />
mostrano anche le strette affinità con i mosaici del sacel<strong>lo</strong> di S. Vittore (nella<br />
campitura e nella profilatura delle zone cromatiche). Nel corso del VI seco<strong>lo</strong> la<br />
città degli esarchi divenne il centro artistico maggiore in Italia; durante il regno di<br />
Teodorico particolare importanza ebbero la conservazione e il restauro dei<br />
monumenti dell’antichità romana ancora esistenti. Probabilmente dopo il 712 e<br />
prima della caduta dell’esarcato (752) viene innalzato a Ravenna l’edificio della<br />
segreteria degli esarchi (il cosiddetto palazzo di Teodorico) che può ben<br />
rappresentare l’anel<strong>lo</strong> di congiunzione tra <strong>lo</strong> <strong>stile</strong> bizantino-ravennate e il<br />
<strong>romanico</strong>, con il suo avancorpo aperto a <strong>lo</strong>ggiato fortemente aggettante con la<br />
decorazione ad archi su co<strong>lo</strong>nne che fa presentire il <strong>lo</strong>ggiato <strong>lo</strong>mbardo; il<br />
nicchione superiore presenta motivi prettamente romani come le co<strong>lo</strong>nnine<br />
incassate nel<strong>lo</strong> spigo<strong>lo</strong> del muro.<br />
Occorre a questo punto premettere che <strong>lo</strong> <strong>stile</strong> <strong>romanico</strong> si sviluppò nelle regioni<br />
più romanizzate dell’Occidente dalla fine del X seco<strong>lo</strong> al XII ; è chiamato così per<br />
indicare sia il contemporaneo affermarsi delle lingue romanze, sia il richiamo di<br />
alcune tradizioni romane,frutto dell’evoluzione delle tecniche carolingie nel<strong>lo</strong><br />
spirito di rinascita del periodo ottoniano. La concezione strutturale delle<br />
costruzioni romaniche era più matura, caratterizzata da copertura a volta e da<br />
ricche decorazioni plastiche esterne, ma essenzialmente essa non era differente<br />
da quella dell’architettura carolingia. Ci fu la diffusione della pietra di cava nel<br />
seco<strong>lo</strong> XI, in contrasto con l’uso preponderante della pietra non lavorata e dei<br />
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materiali di spoglio impiegati in età carolingia. Le costruzioni in conci di pietra del<br />
tardo Romanico riflettono l’evoluzione dell’opera degli scalpellini. Il recupero delle<br />
conoscenze geometriche basate sulla “Geometria” di Boezio, a sua volta fondate<br />
su Vitruvio, permise di tornare all’uso della riga e del compasso, facilitando il<br />
rilievo degli edifici sul tavo<strong>lo</strong> da disegno e la realizzazione di angoli retti, superfici<br />
piane e linee diritte.<br />
Il Romanico ebbe come sfondo sociale la decadenza del feudalesimo e il rifiorire<br />
di una civiltà urbana, portata da una società più variamente e mobilmente<br />
articolata sia nei Comuni italiani che nei borghi francesi sviluppatisi intorno ai<br />
monasteri, in relazione alla <strong>lo</strong>ro nuova attività commerciale. Gli architetti e gli<br />
scultori romanici avevano sotto gli occhi i resti del patrimonio monumentale<br />
diffuso in gran parte d’Europa dai costruttori romani (templi, anfiteatri, teatri,<br />
terme, mirabili modelli dell’arte di murare con le pietre e con i mattoni, di rivestire<br />
le superfici di mosaici o di gettare volte e cupole quasi indistruttibili su grandi<br />
spazi); poche erano le città che non avevano avuto statue, rilievi, motivi<br />
architettonici o figurati. Non è un caso quindi che i paesi d’Europa più<br />
profondamente romanizzati, l’Italia, la Provenza, la Borgogna, l’Aquitania, la<br />
Cata<strong>lo</strong>gna, la Renania siano stati ben presto le terre d’elezione dell’arte<br />
romanica. In architettura l’impiego dei pilastri compositi, dei contrafforti, delle<br />
volte a costo<strong>lo</strong>ni caratterizza le costruzioni di questo <strong>stile</strong> che riprende tali<br />
elementi, alcuni già presenti in antico e nell’Oriente cristiano, altri impiegati<br />
nell’alto Medioevo in costruzioni di non grandi dimensioni, in un insieme<br />
strutturale nuovo, in cui i problemi statici diventano motivo di esperienze<br />
estetiche nuovissime; il va<strong>lo</strong>re che assume la spessa muratura e <strong>lo</strong> sforzo del<br />
costruire in dimensioni grandiose divengono quindi tratti salienti dell’architettura<br />
romanica, così come il forte senso plastico della materia compatta, la complessa<br />
articolazione delle masse e degli spazi, l’animazione delle superfici per mezzo di<br />
elementi architettonici e strutturali, nonché per mezzo di rilievi scultorei applicati<br />
a capitelli, architravi, finestre e portali: è cioè la drammatizzazione del discorso<br />
architettonico, disciplinato da un senso di organicità. Gli esterni rivelano con<br />
nettezza la forma plastico-stereometrica degli interni; le facciate con pilastri a<br />
salienti di forte sporgenza indicano l’ampiezza, il numero, l’altezza e la connessa<br />
distinzione delle navate e la forma dei vani interni. Tutto questo presuppone un<br />
possesso di consapevolezza non so<strong>lo</strong> artistica, ma intellettuale e tecnica, di<br />
fantasia plastica e compositiva, sapienza di calco<strong>lo</strong> e di realizzazione di organismi<br />
compatti di inscindibile unità. L’insieme è esteticamente nuovo: esso ripete la<br />
grave potenza spaziale delle fabbriche tardo-romane ma assegnando alle singole<br />
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strutture un’attiva funzione che crea masse contrapposte e tormentate,<br />
animazione che l’architettura di tradizione popolare aveva perseguito per secoli.<br />
Tra le costruzioni che si possono considerare come un anel<strong>lo</strong> di congiunzione tra<br />
il ravennate e il <strong>romanico</strong> è la chiesa di S. Pietro in Tuscania, opera dei <strong>maestri</strong><br />
<strong>comacini</strong> (vedi avanti), dalle caratteristiche innovazioni architettoniche (la<br />
pressione esercitata dall’arco trionfale si scarica su due pilastri quadrati a cui<br />
sono addossate semico<strong>lo</strong>nne, embrione del pilastro cruciforme che sarà una delle<br />
membrature tipiche dell’architettura romanica, destinata a ulteriori sviluppi nel<br />
gotico); il fregio di archetti ciechi che coronano la sommità della facciata è tipica<br />
elaborazione <strong>lo</strong>mbarda di motivi ravennati.<br />
La chiesa di S. Sofia nel convento femminile benedettino di Benevento, eretta nel<br />
seco<strong>lo</strong> VIII, è a pianta centrale con perimetro ottagonale; nell’interno girano due<br />
cerchi di co<strong>lo</strong>nne, il primo dodecagonale, il più interno esagonale, sulle cui<br />
co<strong>lo</strong>nne si eleva la cupola emisferica, sostenuta da un alto tamburo. La<br />
composizione della successione dei poligoni, in pianta, e dei poliedri, in alzato, fu<br />
realizzata dagli architetti per girare direttamente sulle folte co<strong>lo</strong>nne una quantità<br />
che sembra innumerevole di volte di ogni tipo, quadre, trapezoidali, triangolari,<br />
romboidali, con un fugato continuo e insieme sempre nuovamente variato di<br />
visuali collegate in un movimento inesauribile. Anche per la sapienza costruttiva<br />
quest’architettura che muove da esperienze anteriori (S. Maria alle pertiche di<br />
Pavia, sec. VII) e le rinnova con un’invenzione libera e genuina che resta isolata, è<br />
un capolavoro che attesta, unitamente al tempietto di Cividale, la presenza di<br />
elaborazioni nuove che per la <strong>lo</strong>ro molteplicità dissipano le vecchie ipotesi di<br />
decadenza o di cessazione della civiltà che anzi si dimostra vitalissima.<br />
Nella basilica di S. Eustorgio a Milano, ricostruita alla fine del IX seco<strong>lo</strong> sull’antica<br />
chiesa paleocristiana, i <strong>maestri</strong> <strong>comacini</strong> adottarono il sistema di controbilanciare<br />
la spinta della navata maggiore con numerose arcate traverse nelle navate minori,<br />
impostando queste arcate, da una parte, nei muri perimetrali della basilica,<br />
dall’altra, sui pilastri della navata maggiore; ogni pilastro reggeva quattro arcate a<br />
croce; quattro piedritti in esso inseriti ne trasformavano la pianta rettangolare in<br />
pianta cruciforme.<br />
L’attività dei <strong>maestri</strong> <strong>comacini</strong> dal VII al X seco<strong>lo</strong> fu determinante per <strong>lo</strong> sviluppo<br />
dell’architettura romanica in tutta Europa. L’origine della denominazione che<br />
ricorre per la prima volta nell’editto di Rotari (643) è stata collegata alla<br />
provenienza delle maestranze da Como e dal suo territorio, o al fatto che esse<br />
lavoravano ”cum machinis”, cioè con l’impiego di impalcature. E’ probabile che la<br />
tecnica di tali costruttori appartenesse inizialmente ad artigiani comaschi e della<br />
zona tra il Lario, il Ceresio e il Verbano, aventi praticamente l’appalto delle<br />
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costruzioni pubbliche e private nei territori di giurisdizione <strong>lo</strong>ngobarda nei secoli<br />
VII e VIII, e che la denominazione, in origine geografica, passasse in seguito a<br />
indicare il mestiere anche quando chi <strong>lo</strong> praticava non era originario di Como.<br />
Fenomeno iniziale e diffuso di tali maestranze fu l’emigrazione sistematica,<br />
collegiale o isolata, verso la Borgogna, la Svizzera e la valle del Reno. Lo <strong>stile</strong> con<br />
<strong>lo</strong>ro affermatosi si può definire proto<strong>romanico</strong> <strong>lo</strong>mbardo con un sistema<br />
omogeneo e con soluzioni estetiche e costruttive che furono il sedimento di<br />
fenomeni ulteriormente svoltisi in Europa.<br />
I <strong>comacini</strong> non erano <strong>lo</strong>ngobardi, come ipotizzato da studiosi stranieri; la<br />
condizione civile degli architetti fu data dai sovrani <strong>lo</strong>ngobardi ai cittadini “romani<br />
<strong>lo</strong>ngobardizzati”, già in possesso, essi soltanto, per eredità storica, delle tecniche<br />
costruttive romane (i Longobardi come altri popoli migratori erano esperti so<strong>lo</strong><br />
nella tecnica del legno e di <strong>lo</strong>ro nulla risulta di attività e prassi costruttiva<br />
anteriormente al<strong>lo</strong> stanziamento in Italia ).<br />
Il fenomeno dei “magistri <strong>comacini</strong>” attesta la continuità dei “collegia” romani,<br />
maestranze organizzate di costruttori; intorno all’”architecton”, responsabile o<br />
delegato ai lavori edilizi, e al “mecanicon”, quel<strong>lo</strong> che oggi si chiamerebbe<br />
progettista o architetto, stavano i famuli (aiuti e collaboratori) o magistri, operai<br />
uniti in cantieri, comprendenti oltre a muratori(fabri murarii), lapicidi o<br />
tagliapietre, stuccatori(magistri caementarii) e formatori di mattoni, anche<br />
“carpentarii”, “lignarii”, manovali, fonditori di campane, pittori a fresco, mosaicisti,<br />
vetrai, scultori, carrettieri.<br />
Si ricordi la testimonianza del cistercense Ottone di Frisinga che esprimeva la<br />
propria meraviglia nel vedere accedere in Italia ad alte cariche e responsabilità<br />
degli “operai” occupati in arti meccaniche, ed altrove invece esclusi dagli studi e<br />
dalle occupazioni superiori. Ciò testimonia che già nel seco<strong>lo</strong> XI la condizione<br />
dell’architetto, possessore di una scienza e di una capacità costruttiva singolari,<br />
trovi nella vita sociale una situazione civile privilegiata che certo discende dalla<br />
tradizione antica e dal primo riconoscimento ai <strong>maestri</strong> <strong>comacini</strong>.<br />
Per eseguire le grandi costruzioni questi dichiaravano come <strong>lo</strong>ro strumento<br />
peculiare l’impalcatura-guida, la macchina, quasi a simbo<strong>lo</strong> dell’arte del costruire,<br />
si giovavano dei prontuari di esemplari didattici che ereditavano tradizioni<br />
antiche. Per quanto riguarda il calco<strong>lo</strong> delle strutture di eccezionali dimensioni,<br />
esso fu di natura geometrica, basata sull’esperienza tradizionale derivata<br />
dall’antichità romana, secondo la quale all’equilibrio lineare corrispondeva<br />
l’equilibrio statico e meccanico.<br />
L’attività di questi costruttori e lapicidi ebbe un ruo<strong>lo</strong> assai importante nel<br />
rinnovamento dell’architettura e della scultura in direzione del<strong>lo</strong> <strong>stile</strong> <strong>romanico</strong>;<br />
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abilissimi nel taglio delle pietre e dei laterizi, essi applicarono i sistemi costruttivi<br />
basati essenzialmente su solide nozioni di tecnica pratica, usarono l’”opus<br />
romanense” o di mattoni e l’”opus gallicum”, interpretato come lavoro “de calice et<br />
petra”. Le costruzioni più importanti erano fatte di conci tagliati con il martel<strong>lo</strong> e<br />
sommariamente sgrossati, di forma piatta, ana<strong>lo</strong>ga al mattone. Le planimetrie<br />
degli edifici religiosi si rifanno ai tipi fondamentali dell’architettura paleocristiana<br />
a pianta <strong>lo</strong>ngitudinale e centrale che essi interpretano con accenti di concretezza<br />
nuova; nasce così un’architettura solida e corposa, dove appaiono elementi<br />
strutturali e decorativi che saranno sviluppati nell’architettura romanica.<br />
I <strong>maestri</strong> <strong>comacini</strong> valicarono le Alpi, come attestano numerosi documenti, e<br />
diffusero la <strong>lo</strong>ro tecnica in varie parti d’Europa; essi furono attivi, oltre che nelle<br />
regioni già citate, in molte altre zone della Francia e della Germania, in Spagna,<br />
Austria, Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia, Boemia, Po<strong>lo</strong>nia, Ungheria, Russia e<br />
Dalmazia. La <strong>lo</strong>ro attività si affermò rapidamente nei centri più popo<strong>lo</strong>si lungo le<br />
vie di grande comunicazione. In seguito il nome di <strong>comacini</strong> fu sostituito da<br />
quel<strong>lo</strong> più generale di <strong>lo</strong>mbardi; <strong>lo</strong>mbardo diventò in Europa sinonimo di maestro<br />
muratore o costruttore. Essendo le numerose maestranze organizzate per la<br />
completa costruzione degli edifici, non soltanto per l’architettura ma anche per la<br />
decorazione plastica, troveremo sculture architettoniche strettamente <strong>lo</strong>mbarde in<br />
molte parti d’Europa. Già dall’VIII seco<strong>lo</strong> si era affermata nella regione dei laghi<br />
una nuova scultura a rilievo con proprio repertorio in cui elementi schiettamente<br />
classici si fondono con altri di importazione orientale e barbarica e con<br />
rielaborazioni di motivi antichi, come l’ornato a intreccio: quest’ultimo elemento è<br />
quel<strong>lo</strong> che impronterà sempre di più inconfondibile carattere la scultura<br />
decorativa, applicata a cibori, plutei, capitelli, pilastri, pozzi, chiostri, ecc. Tra i<br />
motivi orientali che la scultura romana aveva assimilato erano compresi animali,<br />
motivi f<strong>lo</strong>reali, tradizioni mito<strong>lo</strong>giche, eroi favo<strong>lo</strong>si, esseri fantastici, ecc.<br />
Tra i nuovi tipi di decorazione architettonica ricordiamo quel<strong>lo</strong> costituito dalle<br />
lesene piatte, dette <strong>lo</strong>mbarde, apparse verso il 950, sottili contrafforti lungo la<br />
facciata, riuniti alla sommità da arcatelle a festone, a volte simili a nicchie;<br />
caratteristiche sono anche le decorazioni a fregi dentellati.<br />
Eccezionale innovazione fu il complesso delle absidi e del presbiterio della<br />
basilica di S. Ambrogio a Milano (VIII-IX sec.), che saranno uniti alla nuova<br />
costruzione del seco<strong>lo</strong> XI. L’abside presenta un alto basamento in pietra e in<br />
laterizi, con ampi finestroni di tipo ancora tardo-romano; tra le lesene spaziate<br />
vengono cavate nicchie a fornice e a doppia ghiera nel coronamento, con la<br />
campata dell’anticoro voltata a botte. Le opere discendenti dal S. Ambrogio<br />
(abside e presbiterio) marcano un linguaggio stilistico originalissimo che, come ha<br />
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detto Puig de Cadafalch, ha espansione in Cata<strong>lo</strong>gna, in Francia meridionale e in<br />
Renania. Verso il Mille il modo di articolare anche la facciata a grandi arcature<br />
cieche si diffonde all’estero; intorno al 1025 l’uso degli archetti si estende al<br />
corpo della chiesa e molti esempi sono nelle tre zone suddette.<br />
La copertura della basilica ambrosiana è dapprima a capriate, in seguito con volte<br />
a botte di grandiosità romana; quelle della navata centrale poggiano su pilastri a<br />
fascio al posto delle co<strong>lo</strong>nne, eccezionale innovazione che il complesso<br />
rappresenta in questo periodo, sia per l’originalità formale che per l’unicità delle<br />
dimensioni che tra l’altro dimostra la perizia consumata dei costruttori.<br />
Ricordiamo anche che il tiburio, un tetto a protezione della cupola ottagonale che<br />
non mostra all’esterno la curvatura dell’estradosso della volta, comparso in<br />
Lombardia alla fine del seco<strong>lo</strong> X, appare già diffuso oltralpe all’inizio del<br />
successivo.<br />
Nella seconda metà del seco<strong>lo</strong> XI si afferma in pieno <strong>lo</strong> <strong>stile</strong> <strong>romanico</strong> con<br />
grandiose costruzioni. L’insegnamento dei <strong>maestri</strong> <strong>comacini</strong>, intenti al problema<br />
della costruzione di ampie coperture, si estese in Francia attraverso la Borgogna e<br />
le valli del Rodano e della Loira; Cluny ebbe una parte importante nella sua<br />
diffusione. Guglielmo da Volpiano, nato a Isola di S. Giulio nel 962, abate di S.<br />
Benigno a Digione, vi intraprese nel 1002 la costruzione della chiesa abbaziale, un<br />
edificio coperto da volta a botte che in quell’epoca ebbe un’immensa risonanza<br />
(ne esiste ancora la “rotonda” di tipo romano). L’abate che così introdusse <strong>lo</strong> <strong>stile</strong><br />
<strong>romanico</strong>-<strong>lo</strong>mbardo in Francia chiamò per la costruzione della cattedrale di S.<br />
Benigno (1002-1018) muratori e scultori <strong>lo</strong>mbardi; essa è il primo esempio in<br />
Europa di chiesa a croce latina con copertura a volta, coro con cappelle a<br />
profondità decrescente, transetto a cinque navate e, all’estremità del coro, tre<br />
piani a doppio peribo<strong>lo</strong>, di cui oggi rimane so<strong>lo</strong> il pianterreno. A Guglielmo da<br />
Volpiano è attribuito inoltre il progetto della chiesa di Bernay a tre navate con<br />
triplice abside, quel<strong>lo</strong> della chiesa di Cerisy-la-Forêt e di altre chiese e conventi<br />
normanni. Guglielmo da Volpiano cumulò le funzioni di amministratore e di<br />
architetto: ”…reverendus abbas magistros conducendo et ipsum opus dictando,<br />
insudantes dignum divino cultui templus construxerunt”.<br />
Da qui il tipo di chiesa a tre navate e tre absidi si propagò in Inghilterra con<br />
particolare vitalità; l’abate Lanfranco, nato a Pavia nel 1003, dopo aver dato inizio<br />
alla costruzione della cattedrale di S. Stefano a Caen di cui era vescovo, fu<br />
chiamato in Inghilterra alla sede arcivescovile di Kent che tenne dal ’71 alla morte<br />
(’89); qui restaurò la cattedrale.<br />
Il monaco cluniacense R.Glaber scrisse: ”…verso il terzo anno dopo il Mille,<br />
soprattutto in Italia e in Francia, si cominciarono a costruire le basiliche…”; dopo<br />
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l’accumularsi dei disastri provocati dalle invasioni dei Normanni e degli Ungheresi<br />
l’Europa occidentale è attraversata da un grande fervore religioso, con la riforma<br />
degli Ordini monastici, con i grandi centri di pellegrinaggio, con la costruzione di<br />
importanti abbazie e conventi.<br />
Nel seco<strong>lo</strong> XI a Milano in S. Ambrogio, definita chiesa madre e regina<br />
dell’architettura romanica, prototipo del nuovo <strong>stile</strong>, viene adottato l’uso di volte a<br />
crociera rialzata per l’intera copertura di ambienti; di grande spessore e con forte<br />
curvatura esse poggiano sui muri d’ambito stando, come tipo, tra la crociera<br />
romana e la volta sferica bizantina, formate cioè dall’intersezione di due volte a<br />
botte, ma via via smussate e sopraelevate in modo da assumere un aspetto<br />
cupoliforme. La realizzazione delle crociere fu resa possibile con i costo<strong>lo</strong>ni, la<br />
novità più importante elaborata dai costruttori <strong>lo</strong>mbardi; a Milano sorsero<br />
dapprima le volte a crociera semplice, non costo<strong>lo</strong>nate, cui seguirono le volte a<br />
crociera con costo<strong>lo</strong>ni a sezione quadrata (come in S. Ambrogio). Questi, derivati<br />
dalle nervature in laterizi nascoste nell’interno delle volte a botte del tardo<br />
periodo romano (terme di Caracalla e di Diocleziano, basilica di Massenzio),<br />
permisero di costruire volte a crociera di notevoli dimensioni la cui spinta<br />
poderosa venne contenuta dai contrafforti che furono irrobustiti; alla scuola<br />
<strong>lo</strong>mbarda spetta il merito di avere ricreato i costo<strong>lo</strong>ni in un organico sistema,<br />
aprendo la via ai <strong>maestri</strong> del gotico francese. Con le volte a crociera si ha<br />
l’introduzione di una nuova spazialità per la successione connessa di ambienti<br />
quadrati.<br />
Questa grande innovazione architettonica si ritrova lungo tutte le vie percorse dai<br />
<strong>lo</strong>mbardi che la introdussero in Provenza, nel portico della chiesa superiore di S.<br />
Victor a Marsiglia (XI sec.), nella cripta di S. Gilles du Gard (XII sec.); nel Delfinato,<br />
nella chiesa di Notre Dame d’Embrun, in S. André – le Bas a Vienne (XII sec.); nei<br />
campanili di Moissac e Sisteron. In Borgogna già all’inizio del seco<strong>lo</strong> XI, oltre che<br />
nella cattedrale di Digione, sono vive le presenze <strong>lo</strong>mbarde, come attesta la<br />
decorazione a lesene nella chiesa di S. Vorles a Chatil<strong>lo</strong>n sur Seine, in S. Philibert<br />
de Tournus, nel campanile di S. Martin a Chapaize; in Linguadoca la troviamo nel<br />
campanile dell’abbazia di S. Michel de Cuxa e nella cattedrale di S. Eulalia ad Elne<br />
(qui anche con arcatelle, XI sec.); nella chiesa di Gigny in Franca Contea, in quelle<br />
di Bourg S. Andreol e di Cruas in Alta Loira; in Alsazia, nella facciata della chiesa<br />
di Guebwiller, nella cappella di Ottmarsheim e nel coro della chiesa abbaziale di<br />
Murbach; in Savoia, nella chiesa di S. Martin d’Aime, anche con le arcatelle<br />
nell’abside. A Lione la cattedrale di S. Jean ha il tiburio e la arcatelle all’esterno<br />
dell’abside; quest’ultimo motivo si trova anche nelle regioni nord-occidentali,<br />
nella chiesa abbaziale di Maillezais (XI sec.) nel Poitou e nella cattedrale di S.<br />
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Stefano a Caen (XI sec.) in Normandia. Caratteri <strong>lo</strong>mbardi sono inoltre nella chiesa<br />
di Quarante, nella chiesa abbaziale di Arles sur Tech (con il portale architravato<br />
dell’XI sec.); Notre Dame d’Embrun ha un portico laterale con co<strong>lo</strong>nne poggianti<br />
su leoni, tipiche dell’Italia del nord, così come la chiesa di S. Bernard a Romans<br />
che ha il portale del XII seco<strong>lo</strong> con statue di apostoli e leoni.<br />
Concludiamo la parte riguardante la Francia, dicendo che i più antichi esempi di<br />
decorazione scultorea sugli edifici si trovano in Borgogna , oltre che in Lombardia,<br />
ossia nella regione francese che con la Linguadoca più ha subito l’influenza della<br />
penetrazione romana.<br />
Innumerevoli sono le chiese di <strong>stile</strong> <strong>lo</strong>mbardo in Cata<strong>lo</strong>gna; ricordiamo<br />
innanzitutto la cattedrale di Seo de Urgel, costruita nel XII seco<strong>lo</strong> da Raimondo<br />
Lombardo, architetto di Como; l’imponente edificio è a tre navate con transetto e<br />
cinque absidi di cui la centrale con galleria esterna; la volta è a botte nella navata<br />
centrale e nel transetto, a crociera nelle navate laterali. Il motivo <strong>lo</strong>mbardo degli<br />
archetti sulle absidi si ritrova nelle chiese di S. Maria di Amer, di S. Pedro de<br />
Burgal, di S. Cecilia de Montserrat, quest’ultima con volta a botte, tutte del X<br />
seco<strong>lo</strong>. A S. Vicente de Cardona (XI sec.) una cupola su pennacchi si eleva sulla<br />
crociera del transetto. Il monastero più celebre della Cata<strong>lo</strong>gna è a Ripoll (Gerona)<br />
il cui portale è di Ruggero Lombardo (XI sec.). La chiesa di S. Maria è stata<br />
ricostruita nel 1032 dal conte Oliva Cabreta, vescovo di Vich, il principale<br />
propagatore dell’arte <strong>lo</strong>mbarda in Cata<strong>lo</strong>gna, che fece edificare molte chiese; il<br />
largo transetto, sul quale si aprono sette absidi, e le doppie navate laterali<br />
ricordano l’antico S. Pietro in Vaticano. La denominazione di <strong>stile</strong> <strong>lo</strong>mbardo-<br />
catalano è stata adottata per le chiese di S. Stefano a Bañolas, di S. Maria di Besalù<br />
e di L’Ecluse, tutte del X seco<strong>lo</strong>, così come per le chiese di S. Maria e di S.<br />
Clemente a Tahull (XI sec.). Ricordiamo anche che a Siviglia lavorò nel XII seco<strong>lo</strong><br />
Pietro Cozzi, autore di un campanile e dell’acquedotto.<br />
In Germania <strong>lo</strong> <strong>stile</strong> <strong>lo</strong>mbardo già nel seco<strong>lo</strong> VIII influenza la chiesa di S. Maria a<br />
Feste Marienburg in Franconia, e nel X le chiese di Wimpfen, S. Pantaleone a<br />
Co<strong>lo</strong>nia, S. Ciriaco a Genrode; nel seco<strong>lo</strong> XI è presente in S. Maria in Kapitol a<br />
Co<strong>lo</strong>nia, nell’immensa torre del monastero di Mittelzell nell’isola di Reichenau;<br />
motivi del primo S. Ambrogio di Milano (abside e presbiterio) si ritrovano nella<br />
chiesa di Herzfeld.<br />
Verso il 1100 maestranze comasche collaborarono alla ricostruzione del duomo di<br />
Spira, trasformando il precedente edificio ottoniano; l’esterno presenta <strong>lo</strong>ggette<br />
pensili di tipo <strong>lo</strong>mbardo; l’incorniciatura delle finestre nel braccio sud del<br />
transetto, a ricchi motivi ornamentali, non ha precedenti nell’architettura<br />
ottoniana; è evidente nei singoli motivi di tralci a spirale, di foglie, e nella forma<br />
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stiacciata dei rilievi, il legame con il S. Abbondio di Como. D’altra parte<br />
l’ornamentazione dei capitelli del duomo va sicuramente messa in rapporto con il<br />
pulpito di S. Giulio d’Orta, così come un capitel<strong>lo</strong> con figure di centauri del duomo<br />
di Magonza. Legate al<strong>lo</strong> stesso ambiente sono le decorazioni scultoree della parte<br />
orientale della chiesa dell’abbazia di Maria Laach (1100) e di Ilbenstadt (secondo<br />
quarto del seco<strong>lo</strong> XII). In <strong>stile</strong> <strong>lo</strong>mbardo sono anche le chiese dei SS. Apostoli, di S.<br />
Martino e di S. Gereone a Co<strong>lo</strong>nia, trasformazione di edifici ottoniani. La chiesa di<br />
S. Magno a Ratisbona fu costruita da un maestro di Como nel XII seco<strong>lo</strong>, come<br />
pure la cappella di Ognissanti nella cattedrale. Nel nord della Germania troviamo<br />
nel duomo di Havelberg (Brandeburgo) l’uso del cotto che presuppone maestranze<br />
<strong>lo</strong>mbarde; lavori scultorei tipici del <strong>lo</strong>ro <strong>stile</strong> sono nella cappella di S. Barto<strong>lo</strong>meo<br />
a Padeborn in Westfalia.<br />
Verso la fine del XII seco<strong>lo</strong> una nuova ondata di motivi comaschi raggiunge la<br />
regione del medio Reno, come dimostra la decorazione delle parti orientali del<br />
duomo di Worms, dove le figure di animali decoranti la finestra del coro, le teste e<br />
le figure nel<strong>lo</strong> zocco<strong>lo</strong> della stessa, un rilievo con la figura di Daniele nell’interno<br />
dell’edificio, si riallacciano iconograficamente al S. Fedele di Como. Sono del pari<br />
da assegnare alla corrente comasca i portali di Remagen e di Grossenlinden,<br />
caratterizzati da rilievi piatti disposti in senso tangenziale sull’arco del portale<br />
privo di timpani e di architrave. Nella regione alsaziana (Maursmunster) troviamo<br />
la caratteristica decorazione a viticci; la chiesa di Rosheim presenta gusto<br />
<strong>lo</strong>mbardo nei rilievi dell’abside e nelle figure di animali all’esterno; decorazioni di<br />
portali, non figurate (seconda metà del XII seco<strong>lo</strong>), si trovano a Lautenbach. In<br />
Svevia nel XIII seco<strong>lo</strong> notiamo sculture ornamentali a rilievo piatto nelle<br />
incorniciature delle finestre, centinate; ricordiamo S. Gal<strong>lo</strong> di Brenz, la<br />
Joanneskirche di Schwäbisch-Gmünd, Faurndau e la Walderichs-Kapelle a<br />
Murrhardt. In Baviera abbiamo molteplici esempi di contatti con i <strong>lo</strong>mbardi; il più<br />
importante al riguardo è la porta degli Scozzesi di S. Jakob a Ratisbona, dove i<br />
singoli motivi (co<strong>lo</strong>nne ricoperte di tralci ornamentali a intreccio, figure umane e<br />
animali) dipendono direttamente dalla corrente comasca. Una lunga serie di<br />
sculture di portali bavaresi, contraddistinti da una tecnica di scalpellatura molto<br />
profonda, rivela l’applicazione del repertorio di forme tipiche di quelle maestranze<br />
da parte di scalpellini <strong>lo</strong>cali (portali di questo genere si trovano a Moosburg,<br />
Altenstadt, Straubing, Windberg, Paring, sec. XIII). La Sassonia è il più importante<br />
tra i territori di lingua tedesca che hanno subito influenza della scultura<br />
architettonica dell’Italia settentrionale, prescindendo dal duomo di Spira. I motivi<br />
compaiono per la prima volta verso il 1100 nella chiesa collegiata di Quedlinburg;<br />
si tratta di tralci ondulati con foglie e grappoli direttamente legati alla<br />
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decorazione del S. Abbondio di Como, impiegati esclusivamente nell’interno della<br />
chiesa; sempre da S. Abbondio deriva la scultura dei capitelli e delle imposte.<br />
Altre influenze si notano nella chiesa di Konigslutter ma in questo caso i contatti<br />
sono con Ferrara, Modena e Verona (1135); nell’abside appare una ricca<br />
decorazione figurata. Anche a Brunswick, Goslar, Hildesheim, Wunstdorf,<br />
Landsberg, Hecklingen vengono applicati tali motivi. Diciamo che i centri di<br />
maggiore importanza, come Spira, Quedlinburg e Königslutter, debbono questa<br />
penetrazione di elementi italiani all’iniziativa della casa imperiale di Sassonia in<br />
veste di committente.<br />
In altre zone della Germania arrivano influssi della scultura architettonica diversa<br />
da quella <strong>lo</strong>mbarda; il portale di Andlau in Alsazia ricorda nella struttura degli<br />
stipiti opere dell’Emilia (Nonantola); evidenti echi dell’arte dell’alta Italia, anche in<br />
questo caso probabilmente emiliana, si riscontrano nei portali di Petershausen (XII<br />
sec.) e di Sigolsheim. Ad una successiva fase di sviluppo appartengono quel<strong>lo</strong> di<br />
S.Ursanne e le sculture della cattedrale di Friburgo in Brisgovia dove appare già<br />
manifesta l’influenza dell’Antelami.<br />
In territorio svizzero tracce dell’attività dei <strong>maestri</strong> <strong>lo</strong>mbardi si ritrovano nelle torri<br />
del duomo di Basilea (X sec.), dal tipico trattamento delle pareti a grandi arcature<br />
cieche, nel Grossmünster di Zurigo (XII sec.), nel S. Arbogasto di Oberwinterthur,<br />
nelle basiliche di Amsoldigen, Einsiedeln, Muri, Schonenwerd, S. Imier, S. Pierre de<br />
Clages, S. Sulpice, Spietz, Zurzach, ecc.<br />
In Belgio, nella regione di Liegi, attraverso la Renania, giungono influssi <strong>lo</strong>mbardi;<br />
gli edifici sono monumentali, la struttura muraria è a conci regolari, come si vede<br />
nella chiesa di S. Pierre a S.Trond. In Olanda elementi dell’architettura <strong>lo</strong>mbarda si<br />
ritrovano in S. Servais a Maastricht e nell’ex-chiesa di S. Maria ad Utrecht (XII<br />
sec.). In Austria sculture di tipo <strong>lo</strong>mbardo sono nell’abside della chiesa di<br />
Schöngabern, nella porta dei Giganti della cattedrale di S.Stefano a Vienna (XIII<br />
sec.), nel portale e nel chiostro del convento di Millstatt, nel portale della chiesa<br />
dei francescani a Nonnberg, nel duomo di Gurk, nei portali della chiesa dei<br />
francescani, di quella di S. Pietro e nel timpano del museo carolino a Salisburgo<br />
(XIII sec.).Sappiamo che un Wenciletti de Italia, cementarius (muratore), nel 1185<br />
prese parte alla ricostruzione del convento di Admont, e Ruggero de Ripa nel<br />
1292 diresse la ricostruzione del duomo di Kremsmünster.<br />
In Inghilterra la cattedrale di Canterbury fu fondata da Lanfranco di Pavia (XI sec.).<br />
I tre portali della cattedrale di Ely e fonti battesimali di varie chiese denotano la<br />
presenza di <strong>maestri</strong> <strong>lo</strong>mbardi; del tipo dell’Italia settentrionale sono le cariatidi<br />
della cattedrale di Durham, nella sala del capito<strong>lo</strong>.<br />
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In Danimarca verso la fine del seco<strong>lo</strong> XI i <strong>maestri</strong> <strong>lo</strong>mbardi diffusero l’uso del<br />
mattone, materiale prezioso in quelle zone, data la povertà di cave di pietra;<br />
probabilmente costruirono la chiesa di S. Benedetto a Ringsted (XII-XIII sec.); i<br />
fonti battesimali di Munkbrarup e Tandrup e il portale della chiesa di Oster-Starup<br />
rivelano la stessa origine.<br />
In Svezia <strong>maestri</strong> <strong>lo</strong>mbardi operarono a Delby nella chiesa antica (XII sec.), giacchè<br />
prevalgono forme plastiche decorative di quella scuola (capitelli, modanature,<br />
portali). Ricordiamo che l’architetto <strong>lo</strong>mbardo Donatus costruì il duomo di Lund<br />
dal 1110 al 1145; di tipo veronese sono invece sia il portale della cattedrale di<br />
Ribe, sia le lastre funerarie della cattedrale di Ingelstorp.<br />
Le maestranze comacine erano già sparse nell’Europa occidentale e centrale<br />
quando re Stefano d’Ungheria (997-1038) si rivolse a <strong>lo</strong>ro per dare forme<br />
monumentali all’architettura del proprio paese. La chiesa palatina di<br />
Székesfehérvar e quelle di Pécs e di Esztergom, costruite tra il 1030 e il 1060, e la<br />
basilica di Zalavar (XII sec.) nella struttura e nelle torri hanno già in questo<br />
periodo caratteri di stretta relazione <strong>lo</strong>mbarda; anche la presenza e l’attività dei<br />
monaci (in Ungheria dal 999) favorì una larga esecuzione di edifici. Sappiamo<br />
anche che la chiesa di Karosa fu costruita da Ratoldo, cavaliere casertano che<br />
andò in Ungheria al seguito della regina Busilla, figlia di Ruggero di Sicilia, per<br />
innalzare una chiesa in memoria della figlia della stessa; Ratoldo portò con sé<br />
operai italiani stabilitisi poi in <strong>lo</strong>calità vicine che da <strong>lo</strong>ro (Olazzi, italiani) presero il<br />
nome di Olaszi-linska. L’opera di scultori e lapicidi <strong>lo</strong>mbardi è attestata nel XII<br />
seco<strong>lo</strong> nei portali di Lébeny, di Hòrpacs, di Gyulafehervar, nella cripta, nel ciborio<br />
e nel portale di Pècs (XII-XIII sec.), nel portale dell’abbazia di Jàck (XIII sec.), la cui<br />
abside è decorata con arcate cieche e leoni, in quel<strong>lo</strong> con co<strong>lo</strong>nne e leoni di<br />
Esztergom (1200-1209). Motivi architettonici e decorativi a intreccio e a tralci<br />
furono introdotti in Ungheria anche attraverso la Dalmazia, al<strong>lo</strong>ra sotto i<br />
Veneziani. Nel seco<strong>lo</strong> XIII è ricordato Martino da Rovigo, lapicida; nella chiesa di<br />
Ka<strong>lo</strong>csa vi è la sua lapide sepolcrale.<br />
In Dalmazia il deambulatorio della chiesa di Arbe è ispirato al S. Stefano di<br />
Verona; motivi <strong>lo</strong>mbardi sono presenti nell’abside di S. Crisogono e nella facciata<br />
della cattedrale di Zara, nelle torri campanarie del duomo di Spalato.<br />
In Boemia e S<strong>lo</strong>vacchia li ritroviamo nei rilievi della chiesa di Oldris, nel portale di<br />
S. Jacopo presso Kutnà Hora, in quel<strong>lo</strong> della chiesa di Zabor, di S. Martino a<br />
Spisskà Kapitula, nei capitelli della chiesa di S. Maria a Bina (XII-XIII sec.), in S.<br />
Giovanni a Praga.<br />
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Opere di <strong>maestri</strong> <strong>lo</strong>mbardi sono anche in Po<strong>lo</strong>nia; ricordiamo il portale della<br />
chiesa di Czerwinsk (XII sec.), quel<strong>lo</strong> della chiesa di Tum (XII sec.), le co<strong>lo</strong>nne della<br />
chiesa dei Premonstratensi a Strzelmo (XII sec.).<br />
Il professore ha concluso la lezione, parlando della scultura e della pittura in<br />
periodo <strong>romanico</strong>, in particolare dell’importanza e degli influssi di artisti italiani.<br />
La caratteristica della prima è la solidità plastica, oltre la già citata relazione<br />
strettamente armonica con l’architettura; ebbero notevole importanza le scuole<br />
<strong>lo</strong>mbarda ed emiliana, insieme con quelle borgognona, provenzale ed aquitanica.<br />
Il ritorno ai modelli classici ebbe forte sviluppo in Italia e in Francia a partire dal<br />
seco<strong>lo</strong> XI, nel periodo detto della seconda rinascita dopo quel<strong>lo</strong> carolingio. Gli<br />
artisti apprezzavano e cercavano di emulare la raffinatezza di un ornamento, la<br />
naturalezza di una scena di genere, il movimento aggraziato di una figura, il<br />
realismo di un gesto e di un volto, colti in un mosaico o affresco pagano o<br />
paleocristiano o in una statua antica. L’influsso di queste opere fu essenziale per<br />
la formazione di quel vigoroso <strong>stile</strong> provenzale di S. Gilles du Gard e di S.<br />
Trophime ad Arles che segnano il massimo punto di accostamento della plastica<br />
romanica francese all’antico, così come quel<strong>lo</strong> della regione to<strong>lo</strong>sana, pur essa<br />
impregnata di romanità (sec. XIII); il vocabolario classico fu recepito soprattutto<br />
per l’ornamentazione delle facciate e dei portali delle chiese. Nel nord della<br />
Francia l’assimilazione del linguaggio della scultura antica avvenne più tardi anche<br />
se con tutto il vigore dei <strong>maestri</strong> di Reims.<br />
Il personaggio chiave per la genesi della scultura romanica non so<strong>lo</strong> italiana fu<br />
Wiligelmo il quale verso la fine del seco<strong>lo</strong> XI lavorò nel duomo di Modena, il vero<br />
iniziatore di un nuovo linguaggio scultoreo, sensibile al recupero di elementi<br />
stilistici e iconografici antichi, dal<strong>lo</strong> <strong>stile</strong> robusto ed essenziale. Su Nicolaus, attivo<br />
nella prima metà del XII seco<strong>lo</strong> a Ferrara, a Verona e in Piemonte, si discute ancora<br />
se fosse stato influenzato dalla scultura to<strong>lo</strong>sana oppure se si sia verificato il<br />
fenomeno inverso. L’anonimo “maestro delle metope” (nel duomo di Modena)<br />
eseguì raffigurazioni di mostri e personaggi contorti, rappresentati con un senso<br />
eccezionale della classicità, veramente unici nell’arte di questo periodo.<br />
Nel 1202 si ha il primo esempio di statue autonome racchiuse entro nicchie, dopo<br />
l’antichità, opera del grande Benedetto Antelami che eseguì le figure di David ed<br />
Ezechiele sulla facciata del duomo di Fidenza.<br />
Una ripresa del classicismo si avverte, oltre che nella scultura romanica italiana e<br />
francese, nell’altare aureo di Basilea (XI sec.), nel fonte battesimale bronzeo di S.<br />
Barto<strong>lo</strong>meo a Liegi, nelle porte bronzee della cattedrale di Gnesen, nella testa<br />
bronzea di Federico Barbarossa (XII sec.), nella parte frontale della chiesa del<br />
castel<strong>lo</strong> di Wechselburg, nelle sculture del duomo di Bamberga, nel cavaliere della<br />
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cattedrale di Strasburgo (Federico Barbarossa), nel cavaliere di Bamberga (Corrado<br />
III) e di Magdeburgo.<br />
Per quanto riguarda gli influssi all’estero della pittura romanica italiana, ana<strong>lo</strong>gie<br />
con l’arte benedettina di Montecassino del seco<strong>lo</strong> XI (la produzione sviluppatasi al<br />
tempo dell’abate Desiderio che chiamò artisti da Bisanzio, contraddistinta da<br />
caratteri romani e bizantini in comune) si trovano in molte parti d’Europa, sia<br />
direttamente che per il tramite della scuola cluniacense (nell’ambito dei monasteri<br />
della regola); le notiamo negli affreschi di S. Savin sur Gartempe e nell’abbazia di<br />
Reichenau, in varie absidi di chiese spagnole (S. Pedro de Burgal, S. Maria de<br />
Esterri de Cardos, S. Maria de Esterri de Aneu, S. Eulalia de Estahon in Cata<strong>lo</strong>gna);<br />
forse opera di un maestro cassinese sono gli affreschi di S. Querce de Pedret,<br />
presso Barcel<strong>lo</strong>na (sec. XI-XII).<br />
Caratteri nettamente romani sono presenti in molti affreschi di chiese in<br />
Borgogna, in Alvernia, nel grande cic<strong>lo</strong> di Berzé-la –Ville, a S. Julien-de- Brioude,<br />
a S. Philibert de Tournus, nella cattedrale di Le Puy (inizi sec. XII).<br />
In Inghilterra, nell’abside della cripta della cattedrale di Canterbury, la referenza è<br />
ancora alla pittura romana.<br />
In Austria dipinti di mano veneziana (bizantineggiante) e aquileiese (di <strong>stile</strong><br />
ravennate prima ancora che bizantino) si trovano nella chiesa di Nonnberg presso<br />
Salisburgo (sec. XII), nella chiesa di K<strong>lo</strong>sterneuburg, in quella di S. Giovanni a<br />
Pürgg (XIII sec.), mentre di scuola romana sono quelli della volta e dell’abside di S.<br />
Nicola a Matrei (sec. XIII).<br />
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