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Fig. 6.<br />
Vista dei percorsi del<br />
Frigidarium e dell’asse<br />
dell’acqua (capogruppo<br />
R. Ottaviani).<br />
Percorsi del Frigidarium e dell’Asse dell’acqua<br />
roMolo ottaviani<br />
Quando ci si trova a progettare i percorsi museali all’interno di<br />
un’area archeologica, in quanto questa è uno spazio antropizzato,<br />
ci si pone inequivocabilmente di fronte allo spazio come luogo in<br />
relazione con il corpo e all’esperienza che l’uomo più in generale è<br />
in grado di sperimentare riguardo a uno spazio e alla concettualizzazione<br />
dello stesso che riesce a produrre.<br />
Quello che sappiamo dagli archeologi è che quel determinato luogo<br />
è stato costruito e vissuto da uomini, attraversati da pulsioni,<br />
organizzati in società e con valori, linguaggi e usi codificati. Al di<br />
là della maggiore o minore ricchezza degli strumenti a disposizione<br />
per decifrare le culture del passato, il visitatore che vi entra è attratto<br />
dall’idea di capire qualcosa in più di se stesso attraverso i lacerti della<br />
storia di quelli che considera dei suoi antenati.<br />
Quello che il visitatore cerca e trova in un’area archeologica è la possibilità<br />
di creare nel momento della visita un ponte tra l’esperienza<br />
del suo antenato e la sua, attraverso il luogo-reperto, frammento di<br />
un mondo passato animato da una vita passata, come l’impronta di<br />
un gesto che resta impressa nel terreno. L’esperienza quindi è lo strumento,<br />
il medium: la possibilità di sperimentare, di calzare quell’impronta<br />
come si indossa un abito. I percorsi museali sono dunque<br />
una strumentazione di orientamento funzionale all’evento percettivoesperienziale,<br />
costituito dalla visita, e dalla sua praticabilità.<br />
Ai percorsi e alla loro materialità tecnica di pedane, ponti, superfici<br />
materiche o alla loro immaterialità geometrica di traiettorie è affidata<br />
la missione di ricomporre l’unità perduta del tutto, di colmare la<br />
lacuna che rende il frammento illeggibile e di permettere una praticabilità<br />
fluida del luogo capace di tradurre per approssimazione il<br />
gesto, facendo avvicinare quanto più possibile l’esperienza del visitatore<br />
a quella dell’uomo del passato, nel tentativo di coprire per<br />
interpolazione una distanza culturale incolmabile.<br />
«Ma ogni volta che si scrive [dice Gilles Deleuze riguardo alla filosofia],<br />
si fa parlare qualcun altro. E anzitutto si fa parlare una<br />
certa forma. Nel mondo classico, per esempio, ciò che parla sono<br />
degli individui. Il mondo classico è interamente fondato sulla forma<br />
dell’individualità; l’individuo vi appare coestensivo all’essere (lo si<br />
vede bene nella posizione di Dio come essere sovranamente individuato).<br />
Nel mondo romantico sono dei personaggi che parlano,<br />
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