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Fig. 3. Vista del margine<br />

da via Antoniniana<br />

(capogruppo P. V.<br />

Dell’Aira).<br />

collocarsi, criticamente, in bilico tra architettura e paesaggio, tra<br />

urbanistica e ingegneria degli attraversamenti, tra storia dei luoghi e<br />

istanze di una loro moderna funzionalità... e delicata per il suo dover<br />

continuamente muovere tra gli opposti e contrastanti termini di:<br />

- separazione e fusione rispetto alla città;<br />

- tutela e continuum contestuale;<br />

- sacralità del sito e necessità d’integrazione massima con gli altri usi<br />

e consumi urbani.<br />

Il tema è carico di implicazioni, sia operativo-procedurali sia teorico-concettuali,<br />

come si è dimostrato essere in importanti sfide contemporanee:<br />

dai capisaldi di D. Pikionis ad Atene e di F. Minissi<br />

e P. Porcinai a Selinunte ai più recenti Chemin du Pont du Gard a<br />

Remulins en Provence di J. P. Fiche, e Passeggiata del Parco Archeologico<br />

di Cesarea (Israele) di S. Aronson, ai nuovissimi studi del<br />

Laboratorio Tivoli per il Parco Lineare di Accesso a Villa Adriana di<br />

L. Paglialunga.<br />

Ed è, al riguardo delle Terme Antoniniane, un tema di estrema<br />

urgenza e impellenza.<br />

A Caracalla, infatti, da circa due secoli questa sequenza di spazi<br />

attende ancora la consacrazione di un’attenzione e di un intervento<br />

specifico.<br />

Prende il via infatti nei primi anni dell’Ottocento la vicenda dei<br />

rapporti da costruirsi tra Terme e Città. Inizialmente il suo destino<br />

è tracciato dal Musée en plein air del Projet du Capitol, di cui le Terme<br />

costituivano il confine orientale; un salto temporale ci porta quindi<br />

all’inizio del Novecento, al progetto di Passeggiata Archeologica<br />

come «paesaggio di storie» (è il concept del ministro G. Baccelli e di<br />

G. Boni), ossia un «sistema paesaggistico di rovine» come «galleggiamento»<br />

nel verde di architetture e reperti, secondo il modello di<br />

Villa Adriana.<br />

Ispirata al pittoresco, la visione di Boni e Baccelli si faceva portatrice<br />

di una nozione di città aperta, viva, da fruire dinamicamente,<br />

resa armonica attraverso la piantagione della Flora dei Monumenti,<br />

come dal titolo del suo Trattato sulle Specie vegetali compatibili con le<br />

Archeologie. Purtroppo, questa illuminata configurazione era destinata<br />

a scontrarsi duramente con le ipotesi formulate da C. Ricci e<br />

A. Muñoz durante il ventennio fascista, a confliggere con le speculazioni<br />

ideologiche del regime che portarono, in conclusione, a<br />

rigidezze di disegno, a retorici geometrismi fatti di rettifili e pendants,<br />

di «ingegnerie stradali» e di aggressioni al verde...<br />

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