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Fig. 1.<br />
Schema degli interventi<br />
possibili sui resti<br />
archeologici etichettati<br />
attraverso il grado<br />
di godimento e di<br />
comprensione prodotto<br />
nel pubblico. Lo schema<br />
procede da sinistra<br />
verso destra, a partire da<br />
tipologie d’intervento<br />
puramente conservative,<br />
fra le quali il rinterro,<br />
fino agli interventi<br />
più comunicativi,<br />
fra i quali i musei<br />
del sito o sul sito. Si<br />
presume un andamento<br />
caratterizzato da sempre<br />
migliori possibilità<br />
di comunicazione,<br />
garantite dalla qualità,<br />
dalla leggibilità o<br />
dalla consistenza dei<br />
resti, ma anche, nel<br />
contempo, consentito<br />
da sempre migliori<br />
valenze conservative,<br />
sia in dipendenza dello<br />
stato di conservazione,<br />
sia in dipendenza di<br />
una localizzazione<br />
conveniente dei resti.<br />
Sono state aggiunte<br />
curve di disturbo per<br />
evidenziare che lo<br />
schema è puramente<br />
tendenziale. Resta<br />
inteso che ciascuno<br />
dei quattro tipi di<br />
godimento dell’antico,<br />
dalla conservazione<br />
alla musealizzazione,<br />
procedono contenendo<br />
ciascuno anche i<br />
precedenti. Le repliche<br />
sono individuate<br />
come una forma di<br />
musealizzazione<br />
avanzata, adottata in<br />
chiave sostitutiva quando<br />
la fragilità del bene non<br />
consente una sua visione<br />
diretta da parte del<br />
pubblico.<br />
come e quando la museografia, con le sue competenze consolidate,<br />
anche e soprattutto in sede di elaborazione teorica, possa mettersi<br />
al servizio di interventi d’ogni genere, non sempre «museali», ma,<br />
molto spesso, altrettanto utili alla memoria, anche se più ridotti o,<br />
seppur non ridotti, lontani dai più autentici presupposti della vera<br />
musealizzazione. Lo stesso può dirsi al riguardo degli interventi materiali,<br />
con un uso spesso improprio e quasi sempre privo di consapevolezza<br />
sulle reali conseguenze, figurative, conservative e gestionali,<br />
dei termini copertura, tettoia, chiusura, museo sulle rovine, museo<br />
del sito, e altri simili.<br />
L’esigenza di compiere le dovute distinzioni, fissando dei confini,<br />
tanto teorici quanto pratici, all’uso di una terminologia che non è<br />
solo mero lessico, ma anche struttura concettuale e progettuale, ci ha<br />
condotti dapprima all’elaborazione di uno schema teorico degli interventi,<br />
poi a chiederci da dove cominciare per esplorarlo, convinti<br />
che tutto questo, in un modo o nell’altro, ci riguardi da vicino. Poiché<br />
l’ambiente urbano, tranne il caso di rovine ampiamente consolidate<br />
nella loro immagine monumentale, è interessato a emergenze<br />
talvolta estremamente lacerate o insignificanti, ci è sembrato utile<br />
iniziare dal lato sinistro dello schema citato (fig. 1), il quale, sia detto<br />
per inciso, ha come suo gradiente il tema della conservazione, layout<br />
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