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Unità di ricerca<br />

di Milano<br />

All’aderenza evocativa, derivante dall’episteme classica, si aggiunge<br />

l’istanza romantica e ruskiniana del palinsesto, cioè dell’esibizione<br />

della rovina così com’è, con le sue stratificazioni che sono testimonianza<br />

della vicenda storica dell’edificio. Benché intrecciata con<br />

istanze del restauro scientifico e con le discipline archeologiche<br />

sempre più basate sulla logica stratigrafica, l’esibizione del palinsesto,<br />

rinunciando all’intervento di riunificazione dell’immagine<br />

originaria, di fatto resta ancora oggi nell’alveo che lo ha generato:<br />

un’idea, quella romantica, che si configura a tutti gli effetti come<br />

l’antirestauro.<br />

Questa visione, che presuppone un’antitesi di principio con la restituzione<br />

della figura originaria e, allo stesso tempo, l’aderenza alla<br />

verità del palinsesto, è stata per alcuni progettisti occasione di una<br />

completa rilettura testuale del manufatto antico. In questo senso la<br />

leggibilità del palinsesto, da esigenza ideologica diventa importante<br />

riflessione di progetto e il caso più straordinario resta il progetto di<br />

restauro museografico di Castelvecchio a Verona di Carlo Scarpa.<br />

L’esigenza di dare riparo alle rovine archeologiche e a parti delicate<br />

in esse contenute (in particolare i mosaici) è una delle istanze mai<br />

completamente represse neanche da una generazione di funzionari<br />

di stato (quella formatasi a cavallo degli anni sessanta e settanta) per<br />

lo più restii a qualsiasi intervento sull’archeologia. Esigenza che oggi<br />

ha messo in moto un volano che ha portato alla realizzazione di numerosi<br />

interventi anche sul territorio italiano. In chiave genealogica<br />

l’intervento di Franco Minissi a piazza Armerina (fig. 3) - oggi in<br />

parte demolito - e di Rafael Moneo a Merida in Spagna, costituiscono<br />

gli estremi di una prospettiva operativa che possiamo chiamare<br />

monumentalizzazione della protezione archeologica.<br />

Trasparente ed evocativa assieme, la soluzione realizzata da Minissi<br />

resta un caso emblematico di articolazione della dialettica tra continuità<br />

e discontinuità della forma-materiale nel suo rapporto con<br />

l’immagine originaria.<br />

Il Museo di Arte Romana a Merida si colloca all’estremo opposto.<br />

Una nuova architettura, una nuova forma, con un dispositivo evocativo<br />

astratto e massivo assieme, va a inglobare, coprendolo, una<br />

porzione di tessuto urbano antico, originando una nuova modalità<br />

di protezione del manufatto archeologico: quello di sovrapporvi un<br />

nuovo edificio. Questa modalità, benché non costituisca il primo<br />

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