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Fig. 3.<br />
Veduta di Dresda dopo<br />
il bombardamento del<br />
febbraio del 1945.<br />
Fig. 4.<br />
Veduta delle rovine<br />
dell’ex Filatoio Maggi<br />
nella Valle dell’Olona,<br />
Lombardia.<br />
quali l’etnografia, l’antropologia, la storia sociale e i cultural studies,<br />
il restauro, la museologia e la museografia.<br />
Le rovine sono l’espressione materiale su cui applicare l’indagine<br />
(figg. 1-3).<br />
Esse implicano «riflessioni sulla storia: sulla natura degli eventi, i<br />
significati che il passato ha per il presente, la natura della storia stessa<br />
quale eterno ciclo, quale progresso, apocalisse o processo di feroce<br />
dialettica. [...] La rovina è una rovina proprio perché appare aver<br />
perso la sua funzione o il suo significato nel presente, mentre conserva<br />
un suggestivo, ancorché instabile, potenziale semantico. La<br />
rovina frantuma confini concettuali in vari modi. Come categoria<br />
estetica e concettuale è particolarmente difficile da definire: dove inizia<br />
e dove finisce? Un edificio ben conservato ma vuoto è già rovina,<br />
dal momento che ha perso la sua funzionalità? Dall’altra parte, le<br />
macerie sono ancora da considerarsi rovina? Più in generale: la rovina<br />
è un oggetto o un processo?» (Hell, Schonle, 2010, pp. 1, 5-6).<br />
In questo senso le rovine dell’epoca moderna e contemporanea,<br />
esprimono la stessa valenza di quelle più antiche (fig. 4). La possibilità<br />
di estendere il concetto di archeologia ai remains dell’epoca<br />
moderna è legata alla necessità di considerare i patrimoni dismessi,<br />
industriali, infrastrutturali, militari degli ultimi due secoli (cioè<br />
dell’età dell’industrializzazione, della scienza e della tecnologia)<br />
altrettante testimonianze di forme sociali disperse, ancorché temporalmente<br />
vicine al nostro presente. Anche se non pochi manufatti<br />
o complessi di questa archeologia della modernità sono probabilmente<br />
privi di quei valori architettonici o artistici che normalmente<br />
associamo all’archeologia classica, essi sono da considerarsi documenti<br />
di grande importanza e significato nella interpretazione e nella<br />
rappresentazione di un determinato passato (d’altro canto è lecito<br />
chiedersi: perché un magazzino d’epoca romana deve avere più valore<br />
estetico di un magazzino ottocentesco? O un muro difensivo<br />
medievale essere considerato più importante della Linea Cadorna<br />
costruita in Lombardia durante la Prima guerra mondiale?).<br />
Il progetto (museale) delle rovine è sempre e comunque ontologico,<br />
è sociale e politico oltre che culturale, sonda significati, interpreta e<br />
crea discorsi e narrazioni, anche in presenza di aspetti di ardua definizione<br />
per le discipline museologiche e museografiche, come accade<br />
per i siti più antichi dove prevalgono condizioni di vacuità, se non<br />
di inintelligibilità, di ciò che si presenta ai nostri occhi, di dialettica<br />
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