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Unità di ricerca<br />

di Milano<br />

Fig. 1.<br />

Francesco Piranesi,<br />

«Rovine d’una Galleria<br />

di Statue nella Villa<br />

Adriana a Tivoli», 1770<br />

(da Raccolta de’ tempj<br />

antichi opera di Francesco<br />

Piranesi architetto, Roma<br />

1780).<br />

Fig. 2.<br />

«Il bombardamento<br />

del Partenone del<br />

26 settembre 1687»,<br />

incisione di G. M.<br />

Verneda, in F. Fanelli,<br />

Atina Attica, 1707.<br />

ture molteplici sottratte ai paradigmi tradizionali del nazionalismo<br />

culturale?<br />

L’archeologia esposta può e deve non solo farci conoscere il passato<br />

come insieme di fatti non univocamente dati ma complessi da interpretare,<br />

ma anche aiutarci a comprendere come esso agisce nei<br />

differenti processi di identità e di appartenenza degli individui oggi,<br />

perché «il passato è considerato e compreso in maniera differente<br />

da diversi popoli, gruppi o comunità, e il modo in cui il passato è<br />

inteso avvalora o meno il significato di un luogo» (Smith, 2006, p.<br />

80). L’archeologia è perciò sempre contemporanea, perché percepita<br />

e vissuta nella sua realtà attuale, e pone questioni che riguardano il<br />

nostro tempo e il modo in cui noi guardiamo al passato. È questa<br />

una questione particolarmente rilevante nel campo dell’archeologia<br />

classica, con tutti i problemi legati all’interpretazione dei dati storici,<br />

ma anche nel campo della cosiddetta «archeologia del presente», vista<br />

la difficoltà di concordare sulle narrazioni di un recente passato,<br />

la cui rappresentazione si scontra con differenti visioni delle vicende<br />

che appartengono alla creazione e all’uso di manufatti del Secolo<br />

Breve. Quel Novecento in cui l’idea di passato ha subito la scossa<br />

più tremenda, soggetta ai colpi di una «Storia naturale della distruzione»<br />

(Sebald, 2001) che ha smantellato concettualmente e fisicamente<br />

i retaggi di una vicenda umana progressiva e positivamente<br />

orientata. Proprio il concetto di dissonant heritage proposto da Gregory<br />

Ashworth e John Tunbridge (1995), pone l’attenzione ai patrimoni<br />

difficili che problematizzano le operazioni di interpretazione,<br />

ricostruzione e rappresentazione del passato recente, in alternativa a<br />

come tradizionalmente il patrimonio è stato quasi inevitabilmente<br />

associato a letture armoniose e consensuali di un passato considerato<br />

incontrovertibile e unificante, quando «la fondazione delle ideologie<br />

e delle nazioni era scritta sulla carta e incisa nella pietra» (Molyneaux,<br />

1994, p. 1).<br />

Una compiuta ed efficace museografia delle aree archeologiche (a<br />

qualsiasi epoca esse appartengano) necessita di messe a punto di riflessioni<br />

teoriche, di metodo e di tecniche progettualmente verificate.<br />

Dalla pubblicazione della cosiddetta Carta di Losanna nel 1990 si<br />

è affermato il principio che la gestione di questi siti non può essere<br />

solo appannaggio degli archeologi e che, nell’ipotesi di una fruizione<br />

pubblica, è necessario un apporto multidisciplinare, per cui l’archeologia<br />

si confronta - non sempre senza difficoltà - con altre discipline<br />

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