imp. Arch. Stato ok - Archivio di Stato di Palermo

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13.06.2013 Views

mento degli affari. Ove sussista pericolo di dispersione e di danneggiamento il soprintendente all’Archivio centrale dello Stato e i direttori degli Archivi di Stato possono accogliere documenti di data più recente, prassi quest’ultima ampiamente seguita dall’Archivio centrale dello Stato fin dal 1960, data del suo trasferimento nell’attuale sede dell’EUR, e solo recentemente più diffusa anche negli altri Archivi di Stato. Ne consegue che, presso l’Archivio centrale dello Stato e gli altri Archivi di Stato è cospicua la documentazione di data posteriore al quarantennio. L’art. 21 della stessa legge stabiliva il principio fondamentale della libera consultabilità dei documenti conservati negli Archivi di Stato, prescindendo dalla loro data, salvo tre eccezioni che introducevano un limite di 50 anni dalla loro data per i documenti riservati per motivi di politica interna ed estera; di 70 anni per i documenti riservati relativi a situazioni puramente private di persone; di 70 anni dalla conclusione del procedimento per i documenti dei processi penali. Era prevista la possibilità di consultazione dei documenti riservati prima dello scadere di tali termini, su autorizzazione del Ministero dell’interno previo parere della Giunta superiore degli archivi, composta di archivisti, storici e funzionari amministrativi. Le richieste di autorizzazione venivano inviate alla Giunta con il parere del direttore dell’Archivio di Stato, che individuava le serie in cui potevano trovarsi documenti la cui riservatezza risultasse attuale al momento della richiesta di consultazione. L’art. 22 stabiliva che tali disposizioni, ove non fossero in contrasto con ordinamenti particolari, si estendevano agli archivi correnti e di deposito degli organi amministrativi e giudiziari dello Stato e agli archivi degli enti pubblici. Fin quando l’Amministrazione archivistica rimase alle dipendenze del Ministero dell’interno, la disciplina in tema di riservatezza, dettata dall’art. 21, ha trovato una applicazione particolarmente efficace e liberale. L’estensione della possibilità di accesso anche ai documenti ancora conservati presso gli archivi correnti degli organi centrali e periferici dello Stato e presso gli archivi degli pubblici, di cui all’art. 22, non ha trovato invece applicazione, se non nel caso di consentire, talvolta, a qualche ricercatore la possibilità di consultare per fini di ricerca storica documentazione ancora trattenuta dall’amministrazione attiva. Quando nel 1975 l’Amministrazione archivistica passò dal Ministero dell’interno al Ministero per i beni culturali e ambientali la competenza in materia di autorizzazioni per la consultazione anticipata dei documenti riservati rimase al Ministero dell’interno e fu attribuita esclusivamente al prefetto chiamato a dirigere l’Ispettorato generale per gli archivi, istituito presso quel dicastero. Il prefetto, però, non era più coadiuvato, come in precedenza, dall’attività consultiva di un organo tecnico-scientifico, quale era la Giunta superiore degli archivi. In base a una interpretazione estensiva delle norme, il Ministero dell’interno, con d.p.r. 30 dicembre 1975, n. 854, ha inserito un 8

proprio funzionario nelle Commissioni di sorveglianza, cui spetta tra l’altro la cura dei versamenti, per individuare nella fase del versamento i documenti riservati, esautorando progressivamente il ruolo degli archivisti nella procedura di autorizzazione. La valutazione della riservatezza eseguita in fase di versamento delle carte nei competenti Archivi di Stato e non più al momento in cui i documenti venivano richiesti in consultazione implica, evidentemente, una più ampia segnalazione di serie riservate. 3. - Il diritto all’accesso e la tutela dei dati personali negli archivi amministrativi. Come si è detto, l’art. 22 della legge del 1963 stabiliva dei criteri per la consultabilità dei documenti presso l’amministrazione attiva, ma le disposizioni di quell’articolo non sono state applicate e, pertanto, è prevalso un principio generale di riservatezza per la documentazione della Pubblica amministrazione, rientrando esclusivamente nella sua discrezionalità la possibilità o meno di consentire la consultazione dei documenti per fini amministrativi. Per questa ragione il diritto di accesso ai documenti amministrativi, riconosciuto a chi debba tutelare un interesse giuridicamente protetto disciplinato dalla legge 241/1990, costituisce un fatto nuovo e importante. Peraltro, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, leggi analoghe sono state approvate anche in altri Stati europei, per esempio in Francia e in Spagna. Il tema dell’accesso ai documenti della pubblica amministrazione era stato discusso nel Congresso internazionale straordinario degli archivi, tenuto a Washington nel 1976, subito dopo l’approvazione negli Stati Uniti del Freedom of Information Act. La legge 241/1990 ha per titolo “la trasparenza del procedimento amministrativo” e riflette, pertanto, l’avvio di un processo inteso a considerare la Pubblica amministrazione in un’ottica di servizio per la società. Disciplina, tra l’altro, all’art. 22 il diritto all’accesso ai documenti della Pubblica amministrazione, anteriormente dunque al loro versamento negli Archivi di Stato, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti. All’art. 24 vengono stabiliti i limiti all’accesso. Sono ovviamente esclusi i documenti coperti dal segreto di Stato – regolato da una legge del 1977 – mentre è data facoltà al Governo di emanare uno o più decreti intesi a disciplinare le modalità del diritto di accesso, la cui esclusione è possibile solo per salvaguardare: a) la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali, b) la politica monetaria e finanziaria, c) l’ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità, d) la riservatezza di terzi, persone, gruppi e imprese, garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per la tutela dei loro interessi. Rispetto ai limiti previsti all’art. 21 per i documenti conservati negli Archivi di Stato dalla legge sugli archivi del 1963, si rileva una formulazione 9

mento degli affari. Ove sussista pericolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>spersione e <strong>di</strong> danneggiamento<br />

il soprintendente all’<strong>Arch</strong>ivio centrale dello <strong>Stato</strong> e i <strong>di</strong>rettori degli <strong>Arch</strong>ivi<br />

<strong>di</strong> <strong>Stato</strong> possono accogliere documenti <strong>di</strong> data più recente, prassi quest’ultima<br />

ampiamente seguita dall’<strong>Arch</strong>ivio centrale dello <strong>Stato</strong> fin dal 1960, data<br />

del suo trasferimento nell’attuale sede dell’EUR, e solo recentemente più <strong>di</strong>ffusa<br />

anche negli altri <strong>Arch</strong>ivi <strong>di</strong> <strong>Stato</strong>. Ne consegue che, presso l’<strong>Arch</strong>ivio<br />

centrale dello <strong>Stato</strong> e gli altri <strong>Arch</strong>ivi <strong>di</strong> <strong>Stato</strong> è cospicua la documentazione<br />

<strong>di</strong> data posteriore al quarantennio.<br />

L’art. 21 della stessa legge stabiliva il principio fondamentale della libera<br />

consultabilità dei documenti conservati negli <strong>Arch</strong>ivi <strong>di</strong> <strong>Stato</strong>, prescindendo<br />

dalla loro data, salvo tre eccezioni che introducevano un limite <strong>di</strong> 50<br />

anni dalla loro data per i documenti riservati per motivi <strong>di</strong> politica interna ed<br />

estera; <strong>di</strong> 70 anni per i documenti riservati relativi a situazioni puramente private<br />

<strong>di</strong> persone; <strong>di</strong> 70 anni dalla conclusione del proce<strong>di</strong>mento per i documenti<br />

dei processi penali.<br />

Era prevista la possibilità <strong>di</strong> consultazione dei documenti riservati prima<br />

dello scadere <strong>di</strong> tali termini, su autorizzazione del Ministero dell’interno<br />

previo parere della Giunta superiore degli archivi, composta <strong>di</strong> archivisti, storici<br />

e funzionari amministrativi. Le richieste <strong>di</strong> autorizzazione venivano inviate<br />

alla Giunta con il parere del <strong>di</strong>rettore dell’<strong>Arch</strong>ivio <strong>di</strong> <strong>Stato</strong>, che in<strong>di</strong>viduava<br />

le serie in cui potevano trovarsi documenti la cui riservatezza<br />

risultasse attuale al momento della richiesta <strong>di</strong> consultazione.<br />

L’art. 22 stabiliva che tali <strong>di</strong>sposizioni, ove non fossero in contrasto con<br />

or<strong>di</strong>namenti particolari, si estendevano agli archivi correnti e <strong>di</strong> deposito<br />

degli organi amministrativi e giu<strong>di</strong>ziari dello <strong>Stato</strong> e agli archivi degli enti<br />

pubblici.<br />

Fin quando l’Amministrazione archivistica rimase alle <strong>di</strong>pendenze del<br />

Ministero dell’interno, la <strong>di</strong>sciplina in tema <strong>di</strong> riservatezza, dettata dall’art. 21,<br />

ha trovato una applicazione particolarmente efficace e liberale. L’estensione<br />

della possibilità <strong>di</strong> accesso anche ai documenti ancora conservati presso gli<br />

archivi correnti degli organi centrali e periferici dello <strong>Stato</strong> e presso gli archivi<br />

degli pubblici, <strong>di</strong> cui all’art. 22, non ha trovato invece applicazione, se<br />

non nel caso <strong>di</strong> consentire, talvolta, a qualche ricercatore la possibilità <strong>di</strong> consultare<br />

per fini <strong>di</strong> ricerca storica documentazione ancora trattenuta dall’amministrazione<br />

attiva.<br />

Quando nel 1975 l’Amministrazione archivistica passò dal Ministero dell’interno<br />

al Ministero per i beni culturali e ambientali la competenza in materia<br />

<strong>di</strong> autorizzazioni per la consultazione anticipata dei documenti riservati<br />

rimase al Ministero dell’interno e fu attribuita esclusivamente al prefetto<br />

chiamato a <strong>di</strong>rigere l’Ispettorato generale per gli archivi, istituito presso quel<br />

<strong>di</strong>castero. Il prefetto, però, non era più coa<strong>di</strong>uvato, come in precedenza, dall’attività<br />

consultiva <strong>di</strong> un organo tecnico-scientifico, quale era la Giunta superiore<br />

degli archivi. In base a una interpretazione estensiva delle norme, il<br />

Ministero dell’interno, con d.p.r. 30 <strong>di</strong>cembre 1975, n. 854, ha inserito un<br />

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