imp. Arch. Stato ok - Archivio di Stato di Palermo
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il notaio De Marchisio scrive l’accordo fra Ettore Pignatelli e l’arcivescovo<br />
<strong>di</strong> Monreale in relazione ad un problema sorto in vista dell’ultimo “generale<br />
colloquium”. Avendo, infatti, il vicerè convocato i tre bracci del regno “spirituale,<br />
militare et demaniale” per la determinazione e la sud<strong>di</strong>visione del regio<br />
donativo, il braccio ecclesiastico ha manifestato l’intenzione <strong>di</strong> non pagare<br />
il donativo spettante se non dopo l’arrivo da parte del papa della formale<br />
licenza al pagamento e ciò per non incorrere nel rischio <strong>di</strong> una censura ecclesiastica<br />
come previsto dalla Costituzione Lateranense <strong>di</strong> Leone X. Tuttavia,<br />
poiché il tempo del “colloquio” è prossimo e il papa è troppo lontano per<br />
chiedere e ottenere la licenza entro pochi giorni, e poiché <strong>di</strong>fferire il<br />
Parlamento creerebbe scandalo e danno al re, il car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Monreale Enrico<br />
de Cardona a nome suo e <strong>di</strong> tutto il braccio ecclesiastico <strong>di</strong>chiara che, per<br />
evitare tanto lo scandalo del rinvio quanto la censura del papa, ogni volta che<br />
il braccio ecclesiastico sembrerà offrire il donativo e sembrerà approvarlo, in<br />
realtà tale approvazione sarà valida solo dopo l’arrivo del breve apostolico <strong>di</strong><br />
licenza. Il vicerè, sod<strong>di</strong>sfatto dell’accordo, si <strong>imp</strong>egna soltanto a non riscuotere<br />
il donativo ecclesiastico prima dell’arrivo, da Roma, della licenza.<br />
Testimoni <strong>di</strong> tutto rilievo per un atto così delicato: il tesoriere Francesco<br />
Bologna e il conservatore del real patrimonio Andrea Lombar<strong>di</strong> 31 . Con il 1531<br />
si concretizza con gli atti rogati da De Marchisio la politica familiare dei matrimoni<br />
<strong>imp</strong>ortanti per i giovani nipoti del vicerè. Le decisioni che riguardano<br />
il patrimonio e i suoi ere<strong>di</strong> sono ormai prese e ogni altra che riguar<strong>di</strong> la<br />
sua famiglia non può prescindere da quelle ere<strong>di</strong>tarie. In questa ottica e per<br />
evitare successive riven<strong>di</strong>cazioni o liti, chiede al notaio <strong>di</strong> trascrivere ai suoi<br />
atti i due contratti <strong>di</strong> matrimonio e i relativi accor<strong>di</strong> dotali delle due sue figlie,<br />
Isabella e Costanza. Isabella,che nel 1531 è già morta, aveva sposato nel<br />
1515, a Napoli, il conte Francesco de Capua; la sorella Costanza, nel 1507,<br />
aveva sposato Giacomo Maria Gaetano conte <strong>di</strong> Morcone 32 . Qualche mese<br />
dopo il notaio ratifica l’atto con il quale Francesco de Capua, genero del vicerè<br />
e vedovo <strong>di</strong> Isabella Pignatelli, restituisce al suocero parte della dote <strong>di</strong><br />
sua moglie. La restituzione avviene a Napoli nelle mani del procuratore,<br />
Federico Lombardo. 500 ducati, 2 tarì e 9 grani spesi dal marito per “funeribus<br />
et cultre bruccati funeribus et exequis” vengono calcolati come restituiti<br />
in conto dote. Una donna è la sua dote e tutto ciò che le servirà sarà da<br />
quella prelevato anche le spese per il proprio funerale. Dal 20 ottobre al 18<br />
novembre 1531, poco meno <strong>di</strong> un mese, una serie serrata <strong>di</strong> atti conclude gli<br />
accor<strong>di</strong> tra le parti per il matrimonio del giovane nipote Ettore, che è ormai<br />
orfano <strong>di</strong> padre, essendo Camillo Pignatelli morto in combattimento mentre<br />
<strong>di</strong>fendeva la Puglia contro la Francia e andava da Andria a Barletta. La sposa<br />
sarà Diana de Cardona. Il primo a firmare un <strong>imp</strong>egno scritto è Artale de<br />
Cardona, marchese <strong>di</strong> Padula e conte <strong>di</strong> Golisano, che a soli 15 anni e in pre-<br />
31 Ibid., 14 marzo 1528, c. 360r.<br />
32 Notaio G. De Marchisio, appen<strong>di</strong>ce 36, docc. del 17 aprile e del 20 giugno 1531.<br />
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