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imp. Arch. Stato ok - Archivio di Stato di Palermo

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UN VICERÈ E IL SUO NOTAIO:<br />

ETTORE PIGNATELLI E GIOVANNI DE MARCHISIO<br />

Questo breve saggio ha un origine casuale. Già qualche anno fa, cercando<br />

un documento sul mastro portulano Cipriano Spinola, mi trovai a leggere<br />

i documenti del notaio De Marchisio. La grande quantità <strong>di</strong> atti nei quali<br />

era parte il vicerè <strong>di</strong> Sicilia, Ettore Pignatelli, e che in alcuni casi erano la maggioranza<br />

dell’intero volume, non poteva passare inosservata e non esercitare<br />

un forte richiamo all’approfon<strong>di</strong>mento.<br />

Giovanni De Marchisio fu notaio in <strong>Palermo</strong> dal 1508 al 1563. Una lunga<br />

attività professionale documentata in registri, minute e bastardelli conservati<br />

nel fondo “Notai defunti” dell’<strong>Arch</strong>ivio <strong>di</strong> <strong>Stato</strong> <strong>di</strong> <strong>Palermo</strong>. Altri notai<br />

con lo stesso cognome, Andrea, Giuseppe e Lorenzo, forse furono suoi<br />

parenti anche se non imme<strong>di</strong>ati successori nello stu<strong>di</strong>o notarile, e questo, perché<br />

l’attività del più arretrato fra loro inizia solo nel 1590 a quasi trent’anni<br />

dagli ultimi atti rogati da Giovanni De Marchisio.<br />

Il nostro notaio, però, certamente aveva un figlio: si chiamava Giovanni<br />

Vincenzo e <strong>di</strong> una sua lettera è rimasta traccia tra gli atti rogati dal padre.<br />

Nelle minute 3806, verso la fine, le due parti <strong>di</strong> una lettera tagliata in mezzo<br />

furono usate, dove non erano scritte, come ultime carte <strong>di</strong> due atti riguardanti<br />

il trappeto <strong>di</strong> Francesco Bologna a Capaci.<br />

La lettera è del 1530, ma fu usata, appunto, come secondo foglio nella<br />

legatura del volume delle minute degli anni 1517-22. È una lettera affettuosa<br />

e rispettosa della quale vogliamo evidenziare alcune frasi, utili per formulare<br />

ipotesi sulle origini e sull’attività <strong>di</strong> Giovanni De Marchisio. Il giovane<br />

scrive al padre, che è a <strong>Palermo</strong>, da Messina e lo rassicura che “qua tutti <strong>di</strong> casa<br />

stanno bene”. D’altra parte apre la sua lettera augurandosi che non solo il<br />

padre ma “tutti <strong>di</strong> casa” stiano bene. Sembrerebbe, quin<strong>di</strong>, che il notaio abbia<br />

consolidata attività non solo a <strong>Palermo</strong> ma anche a Messina, città della<br />

quale potrebbe essere originario visto che lì vive suo figlio, un giovane non ancora<br />

autonomo che chiede al padre <strong>di</strong> mandargli dei sol<strong>di</strong>. Il ragazzo, inoltre,<br />

informa il padre su fatti accaduti a Messina e che, in qualche modo, possano<br />

interessarlo <strong>di</strong>rettamente come la morte <strong>di</strong> un certo notaio Sala<strong>di</strong>no e<br />

la mancata decisione da parte del “Signuri” sulla sua sostituzione. Forse egli<br />

lavorava come praticante presso lo stu<strong>di</strong>o del notaio Sala<strong>di</strong>no perché scrive<br />

che le carte del notaio morto sono ancora tutte nella casa dello stesso ed egli<br />

con un certo Sitayolo “fa li apochi” cioè le ricevute da consegnare ai clienti<br />

che vengono a saldare presso il notaio cre<strong>di</strong>ti derivanti da obbligazioni sti-<br />

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