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Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia

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INQUADRAMENTO GEOLOGICO<br />

<strong>Le</strong> rocce <strong>del</strong> <strong>piacentino</strong> possono essere<br />

suddivise, in base alla loro area di origine,<br />

in tre grandi “insiemi” geologici:<br />

il “Substrato Alloctono”, i “Depositi<br />

Neoautoctoni” e la “Copertura Autoctona”.<br />

Il SUBSTRATO ALLOCTONO, che comprende<br />

le “Unità Liguri” e le “Successioni<br />

Epiliguri”, è prevalentemente formato:<br />

- da rocce magmatiche, più o meno<br />

alterate da processi chimico-fisici<br />

e qui riferibili a serpentiniti (bran<strong>del</strong>li<br />

<strong>del</strong> “mantello” semifuso su cui<br />

galleggia la crosta terrestre), gabbri<br />

(derivanti dalla lenta solidificazione<br />

di lave all’interno <strong>del</strong>la crosta terrestre)<br />

e basalti (prodotti dalla rapida<br />

solidificazione di lave in ambienti<br />

subacquei);<br />

- da rocce sedimentarie,e per lo più costituite<br />

da estese formazioni argillose<br />

e da “flysch” (ritmiche alternanze<br />

di arenarie, calcari e marne derivanti<br />

dall’accumulo di materiali mobilitati<br />

da eventi franosi sottomarini).<br />

Nell’arco degli ultimi 140 milioni di<br />

anni queste rocce, che si formarono<br />

nell’antico oceano Tetide ubicato<br />

in corrispondenza <strong>del</strong>l’attuale<br />

area Tirrenica, sono state traslate<br />

e sollevate sino alla posizione attuale<br />

(da cui il termine “alloctone”)<br />

dalle forze compressive che hanno<br />

portato alla formazione (orogenesi)<br />

<strong>del</strong>l’appennino.<br />

Mentre nelle aree di crinale ai<br />

confini con il Parmense e la Liguria<br />

predominano le rocce magmatiche<br />

(note come ofioliti, dal greco<br />

ofio=serpente e litos=pietra, per il<br />

loro colore verde-scuro screziato di<br />

chiaro che ricorda la pelle di alcuni<br />

serpenti), nelle zone comprese tra<br />

il crinale ed il margine appenninico<br />

abbondano i flysch ed i grandi<br />

complessi argillosi alloctoni, da cui<br />

emergono per maggior resistenza<br />

all’erosione le ofioliti di Monte Tre<br />

Abati, M. S.Agostino, M. Capra, M.<br />

Pradegna, Pietra Parcellara, Pietra<br />

Perduca, Castello di Gropparello<br />

di Gianluca Raineri, Riserva Naturale Geologica <strong>del</strong> Piacenziano<br />

ed altre ancora; queste ultime, a<br />

differenza dei complessi di crinale,<br />

sono “sradicate” dal loro substrato<br />

originario ed inglobate nei complessi<br />

argillosi alloctoni.<br />

I DEPOSITI NEOAUTOCTONI sono in<br />

genere costituiti da potenti successioni<br />

di argille, limi e sabbie accumulatisi sui<br />

fondali <strong>del</strong>l’ampio golfo marino che,<br />

tra circa 5,3 e 1,2 milioni di anni fa,<br />

dall’Adriatico si estendeva verso Ovest<br />

occupando l’attuale pianura padana.<br />

La scarsa traslazione subita da questi<br />

sedimenti rispetto al luogo d’origine<br />

è sintetizzata nell’appellativo “neoautoctoni”;<br />

fanno parte di essi i depositi<br />

fossiliferi affioranti sul margine appenninico<br />

compreso tra la valle <strong>del</strong> Vezzeno<br />

e la valle <strong>del</strong>l’Ongina, le cui peculiarità<br />

geo-paleontologiche ben documentano<br />

l’evoluzione ambientale di questo settore<br />

<strong>del</strong> territorio <strong>piacentino</strong> tra 5,3 e 1,4<br />

milioni di anni fa (Pliocene – Pleistocene<br />

inferiore).<br />

La zona compresa tra Castell’Arquato<br />

e Lugagnano V. Arda in particolare è<br />

sede <strong>del</strong>lo stratotipo storico <strong>del</strong> Piacenziano,<br />

quel periodo di storia <strong>del</strong>la<br />

Terra compreso tra 3,6 e 2,6 milioni di<br />

anni fa, e costituisce da oltre due secoli<br />

un punto di riferimento fondamentale<br />

per coloro che studiano il Pliocene <strong>del</strong><br />

Mediterraneo e le variazioni climatiche<br />

che hanno accompagnato il progressivo<br />

raffreddamento <strong>del</strong> nostro emisfero;<br />

non a caso quindi questa porzione <strong>del</strong><br />

territorio <strong>piacentino</strong>, definibile a pieno<br />

titolo come “culla <strong>del</strong> Pliocene”, è oggi<br />

sede <strong>del</strong>la Riserva Naturale Geologica<br />

<strong>del</strong> Piacenziano.<br />

La COPERTURA AUTOCTONA, è principalmente<br />

costituita da ghiaie, sabbie<br />

e fanghi di origine alluvionale, fluviale o<br />

lacustre, accumulatisi nello stesso luogo<br />

(“autoctoni”) in cui oggi si rinvengono ed<br />

organizzati in successioni sedimentarie,<br />

o meglio in Sequenze Deposizionali, note<br />

come Sintemi.<br />

Questi ultimi sono tra loro suddivisi da<br />

evidenti discordanze riferibili a cicliche<br />

fasi di avanzamento (trasgressione) o<br />

arretramento (regressione) <strong>del</strong> mare<br />

rispetto alle terre emerse, riconducibili<br />

a sollevamenti <strong>del</strong>la catena appenninica<br />

e/o ad approfondimenti <strong>del</strong> bacino<br />

padano e/o alle marcate variazioni<br />

<strong>del</strong> livello di base <strong>del</strong> mare che hanno<br />

accompagnato le fasi glaciali (aumento<br />

dei ghiacci sulle terre emerse<br />

abbassamento <strong>del</strong> livello <strong>del</strong> mare<br />

incremento <strong>del</strong>le terre emerse) ed<br />

interglaciali (scioglimento dei ghiacci<br />

innalzamento <strong>del</strong> livello <strong>del</strong> mare<br />

riduzione <strong>del</strong>le terre emerse) <strong>del</strong><br />

Pleistocene medio-superiore (tra circa<br />

800.000 e 10.000 anni fa).<br />

L’accumulo di questi depositi, i più<br />

recenti in ordine di tempo, ha contribuito<br />

in modo determinante al definitivo<br />

colmamento <strong>del</strong> golfo marino padano<br />

ed alla formazione <strong>del</strong>l’attuale Pianura<br />

Padana.<br />

<strong>Le</strong> rocce di questi tre grandi raggruppamenti<br />

possono a loro volta essere<br />

suddivise in unità di rango inferiore in<br />

funzione <strong>del</strong>la loro genesi, composizione<br />

mineralogica, età, ecc. Assegnando ad<br />

ogni insieme roccioso un colore e riportando<br />

su base topografica la relativa<br />

estensione territoriale si ottiene uno<br />

strumento di fondamentale importanza<br />

per la gestione e la programmazione<br />

territoriale: la “Carta Geologica”.<br />

La Carta Geologica qui proposta ben evidenzia la distribuzione provinciale dei tre<br />

grandi insiemi rocciosi menzionati: il substrato alloctono si estende dalle cime più<br />

alte <strong>del</strong>l’appennino sino ai contrafforti collinari dove affiorano i soprastanti depositi<br />

neoautoctoni che a loro volta sono ricoperti, da qui sino al fiume Po, dai sedimenti<br />

<strong>del</strong>la copertura autoctona.<br />

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