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Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia

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igogliose, forse avvantaggiate da mutate<br />

condizioni climatiche, certe piante definite<br />

specie ruderali (ortiche, bardane,<br />

ecc), creando quelle condizioni che gli<br />

esperti definiscono “banalizzazione <strong>del</strong><br />

territorio”: poche specie che crescono a<br />

dismisura a scapito <strong>del</strong>la normale diversità<br />

biologica.<br />

Nel corso di questi anni, ho spesso elencato<br />

quali sono stati i disastri compiuti<br />

dai cinghiali; tuttavia anche se questo è<br />

stato e rimane un gravissimo problema,<br />

sarebbe disonesto addossare a questo<br />

animale tutte le colpe. Infatti la trasformazione<br />

<strong>del</strong> territorio con l’avvento <strong>del</strong>l’era<br />

industriale, lo spopolamento sempre più<br />

evidente di vaste zone, la conseguente<br />

mancanza di animali al pascolo, il mancato<br />

sfalcio <strong>del</strong>l’erba e la mancanza di pulizia<br />

nei boschi sono le cause che, al pari <strong>del</strong><br />

cinghiale se non di più, contribuiscono a<br />

portare all’estinzione tantissime specie e<br />

non solo di <strong>orchidee</strong>.<br />

Questi problemi erano a me ben noti già<br />

verso la metà degli anni Ottanta, quando,<br />

con dei piccoli esperimenti, mi accorsi che<br />

bastava tagliare arbusti ed erba da una<br />

determinata area per veder rispuntare<br />

rigogliose, nel giro di pochi d’anni, specie<br />

che altrimenti sarebbero rimaste soffocate.<br />

Forte di queste convinzioni, mi attivai<br />

per dimostrare all’opinione pubblica che i<br />

problemi di rarefazione non dipendevano<br />

dalla raccolta, come allora si pensava o<br />

come probabilmente qualcuno pensa<br />

ancora, ma dai problemi sopra elencati.<br />

Porto due esempi.<br />

Dopo aver individuato una zona altamente<br />

a rischio, ma con una presenza ancora<br />

straordinaria di biodiversità, situata a<br />

Nord dei Groppi di Lavezzera (Ferriere),<br />

ho raccolto il consenso dei proprietari<br />

(non è stato facile perché sono numerosi,<br />

nonostante l’area sia estenda per poche<br />

migliaia di metri quadrati) per mantenere<br />

la zona sgombra da erbe ed arbusti infestanti.<br />

Già il primo anno di intervento<br />

si sono notati i primi risultati: le specie<br />

sono ritornate ad assumere la loro forma<br />

abituale, mentre prima risultavano alterate<br />

nelle loro caratteristiche abituali a causa<br />

<strong>del</strong>l’enorme accumulo di erba. Il secondo<br />

e terzo anno si è notato un sensibile aumento<br />

di esemplari a fiore.<br />

In una stazione dove vivevano in condizioni<br />

estreme non più di 10 esemplari a<br />

fiore di Himantoglossum adriaticum, ci si era<br />

accorti che sotto alle macchie di ginestre<br />

e sterpaglie varie vi erano numerose foglie<br />

molto allungate e di colore innaturale,<br />

sintomo di mancanza di luce. Dopo un intervento<br />

di pulizia, mirato all’asportazione<br />

dei rovi e di alcune macchie di ginestre,<br />

oggi si può notare la magnifica fioritura<br />

di oltre 150 esemplari.<br />

Dopo aver fatto il quadro <strong>del</strong>la situazione,<br />

positivo da una parte ma estremamente<br />

drammatico dall’altra, occorre<br />

urgentemente pensare al da farsi. Molte<br />

volte, nell’affrontare i problemi, si rimane<br />

arroccati dietro una mentalità ormai<br />

superata, favorita però da carenze legislative.<br />

In questo caso sarebbe auspicabile<br />

un’incentivazione <strong>del</strong> pascolo che oltre<br />

ad essere redditizio, concorrerebbe a<br />

mantenere inalterato l’ambiente. Sarebbe<br />

senz’altro importante l’opera di gruppi di<br />

volontari che, con modesti e mirati sacrifici,<br />

darebbero un contributo notevole<br />

soprattutto nel mantenere pulite le zone<br />

di maggior interesse.<br />

Questa modesta esposizione <strong>del</strong>la situazione<br />

provinciale non ha certamente la<br />

pretesa di offrire spiegazioni definitive a<br />

tutti i problemi; probabilmente esistono<br />

altri sistemi per rallentare la rarefazione.<br />

Quello che più conta, però, è agire e agire<br />

subito, qui da noi come in tante altre parti.<br />

In caso contrario, all’uomo tecnologico<br />

non rimarrà che prendere atto, anno dopo<br />

anno, di questa o di quella sparizione.<br />

Così diventeremo ogni giorno sempre<br />

più poveri, poveri di quello straordinario<br />

patrimonio genetico datoci in prestito da<br />

madre natura, prestito che noi non saremo<br />

riusciti a tramandare ai nostri figli.<br />

In conclusione, se si vorrà salvare una<br />

testimonianza floristica e tramandarla<br />

alle future generazioni, si dovranno individuare<br />

le aree più interessanti (questo è<br />

già possibile grazie ai censimenti floristici<br />

fatti nel decennio scorso) e provvedere,<br />

senza indugi, a tagliarvi annualmente<br />

l’erba e a contenere l’avanzata di arbusti<br />

(tutto ciò, naturalmente, andrà fatto nel<br />

periodo di riposo di queste piante: fine<br />

agosto, settembre). Inoltre, si dovrà<br />

affrontare la questione cinghiale: non<br />

risolvere questo problema, renderebbe<br />

vana qualsiasi altra azione. Dopo quanto<br />

sopra esposto, mi sembra chiaro che non<br />

vi è più tempo da perdere: la sparizione<br />

certa di O. laxiflora, O. anthropophora e<br />

forse di P. albida, sono un segno tangibile<br />

<strong>del</strong>le nostre inadempienze.<br />

I G E N E R I<br />

P R E S E N T I<br />

N E L L A<br />

P R O V I N C I A<br />

28 29<br />

D I<br />

P I A C E N Z A

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