Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia
Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia
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PROTEZIONE E CAUSE DI RAREFAZIONE<br />
Con l’avvento <strong>del</strong>l’era moderna ed<br />
industrializzata e con il conseguente<br />
fenomeno <strong>del</strong>l’inquinamento e degrado<br />
ambientale si è andata formando in un<br />
parte sempre più vasta <strong>del</strong>la popolazione<br />
mondiale, una mentalità di protezione<br />
<strong>del</strong>la natura in generale e in special modo<br />
di parte di essa.<br />
Questa mentalità è stata recepita da alcuni<br />
governi che hanno legiferato in merito.<br />
Purtroppo sono ancora pochi gli Stati<br />
che si sono dati queste misure di protezione.<br />
Per quanto riguarda l’Europa, nella<br />
protezione <strong>del</strong>la flora e <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> in<br />
particolar modo vi è un enorme ritardo<br />
nella legislazione nazionale dei paesi <strong>del</strong><br />
sud rispetto a quelli <strong>del</strong> nord.<br />
Negli stati <strong>del</strong> nord la protezione è totale<br />
o parziale a seconda <strong>del</strong>le specie. Nei<br />
paesi <strong>del</strong>l’area mediterranea non vi sono<br />
ancora leggi specifiche in merito. La mancanza<br />
è tanto più grave se si pensa che<br />
per alcune specie gli esperti prevedono<br />
non più di 10 o 20 anni di vita. In certi<br />
Stati <strong>del</strong> Medio Oriente i tuberi <strong>del</strong>le<br />
<strong>orchidee</strong> vengono essiccati al sole e se<br />
ne trae una farina chiamata “salep” che<br />
serve per aromatizzare ed addensare il<br />
latte. Questi fatti sembrano, per fortuna,<br />
in regresso; tuttavia hanno portato molte<br />
specie sull’orlo <strong>del</strong>l’estinzione. In Italia la<br />
tutela in materia floristica è demandata<br />
alle Regioni.<br />
La situazione italiana rispecchia a tutt’oggi<br />
l’andamento appena descritto. Diverse<br />
Regioni e alcune Province, in modo autonomo,<br />
da più di un ventennio hanno<br />
affrontato il problema, anche se in modo<br />
difforme da regione a regione. Questo,<br />
tutto sommato, può essere un fatto positivo<br />
perché, nel formulare le proposte<br />
di legge, si sarà certamente tenuto conto<br />
<strong>del</strong>le varie situazioni locali, cosa che non<br />
sarebbe stata possibile con una legge a<br />
livello nazionale. Alcune Regioni <strong>del</strong> sud<br />
non hanno ancora provveduto ad emanare<br />
leggi di protezione, forse perchè in<br />
quei luoghi l’agricoltura intensiva è meno<br />
praticata che nel nord Italia e i centri industrializzati,<br />
con i conseguenti fenomeni<br />
di inquinamento, sono meno presenti; ma<br />
soprattutto perchè al sud la pastorizia è<br />
ancora un’attività sufficientemente diffusa.<br />
Sembra infatti paradossale, ma proprio là<br />
dove è presente il pascolo, vi è la maggior<br />
presenza di orchidacee, proprio perchè<br />
il manto erboso viene mantenuto rasato<br />
e le piante arbustive sono contenute in<br />
spazi limitati. <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> non vengono<br />
mangiate dagli animali al pascolo. Un<br />
certo danno può derivare dal calpestio,<br />
laddove il carico di animali è eccessivo;<br />
tuttavia il calpestio non provoca quasi mai<br />
la morte <strong>del</strong>le piante e, comunque, questo<br />
fatto ha scarsissima incidenza agli effetti<br />
<strong>del</strong>la rarefazione.<br />
Per quanto riguarda la nostra Regione, nel<br />
1977 è stata emanata una legge (L.R. n. 2<br />
<strong>del</strong> 24-1-1977) che tutela integralmente<br />
tutta la famiglia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>.<br />
Un’altra causa, oltre a quelle già citate,<br />
<strong>del</strong>la sparizione e <strong>del</strong>la rarefazione di<br />
molte specie è senz’altro l’abbandono<br />
da parte <strong>del</strong>l’uomo di certe attività agropastorali<br />
che per centinaia e centinaia di<br />
anni avevano mantenuto in uno stato di<br />
semi-naturalità la montagna e vaste zone<br />
<strong>del</strong>la collina.<br />
La pulizia dei boschi, il taglio annuale<br />
dei prati, lo sfruttamento dei canneti, la<br />
transumanza, il pascolo estensivo sono<br />
tutte attività a cui è legata la vita <strong>del</strong>le<br />
<strong>orchidee</strong>: in un bosco troppo fitto non<br />
possono vivere perchè non vi penetra<br />
luce sufficiente; un prato abbandonato si<br />
trasforma in breve tempo in un ammasso<br />
di sterpaglie dove le <strong>orchidee</strong> vengono<br />
soffocate.<br />
<strong>Le</strong> specie più gravemente minacciate sono<br />
quelle che hanno come loro biotopo<br />
naturale le zone umide (torbiere); questi<br />
luoghi sono stati quasi totalmente distrutti<br />
ad opera <strong>del</strong>l’uomo con prosciugamenti<br />
per far posto all’agricoltura o con la deviazione<br />
<strong>del</strong>l’acqua <strong>del</strong>le sorgenti per immetterla<br />
negli acquedotti. In questo modo, ad<br />
esempio, è stata completamente distrutta<br />
negli ultimi 40-50 anni la popolazione<br />
orchidacea presente in Val Padana.<br />
L’era motorizzata ha portato con sè<br />
la moda <strong>del</strong>la gita in campagna, <strong>del</strong>la<br />
riscoperta <strong>del</strong>la natura. Purtroppo, per<br />
molti di questi “naturalisti estemporanei”<br />
che si riversano ogni fine settimana sulle<br />
colline e in montagna, natura significa<br />
abbandonare i propri rifiuti e fare dei bei<br />
mazzi di fiori, fra cui molte <strong>orchidee</strong>, da<br />
portarsi a casa.<br />
Situazione nel Piacentino ed eventuali<br />
forme di prevenzione<br />
Prendendo in esame i dati di questa ricerca<br />
e confrontandoli con la situazione<br />
esistente in altre parti d’Italia (per esempio<br />
in vaste zone <strong>del</strong>la Liguria), ci si rende<br />
conto che a tutt’oggi la situazione <strong>del</strong>la<br />
popolazione orchidacea <strong>del</strong> Piacentino,<br />
tutto sommato, può definirsi soddisfacente.<br />
Sull’Appennino, attorno ai 1000<br />
m, si trovano specie rarissime, tipicamente<br />
alpine, come Dactylorhiza traunsteineri,<br />
D. majalis e Nigritella rhellicani. Nelle<br />
vallate dove si incanalano correnti di aria<br />
calda provenienti dal vicino mar Ligure, si<br />
trovano specie tipicamente mediterranee<br />
come, ad esempio, Orchis papilionacea<br />
e O. anthropophorum. Tuttavia, se c’è<br />
da essere soddisfatti per il numero di<br />
specie trovate, qualche preoccupazione<br />
sorge analizzando i dati caso per caso.<br />
Si può notare che parecchie di queste<br />
specie sono presenti in poche o in uniche<br />
stazioni e, in alcuni casi, con pochissimi<br />
esemplari.<br />
Benchè la situazione attuale, come si è<br />
detto, sia abbastanza buona, si notano<br />
segnali molto preoccupanti di un costante<br />
e repentino regresso. In numerose<br />
stazioni con popolazioni ancora in buono<br />
stato, si può notare come alcune specie,<br />
soprattutto le più basse, abbiano difficoltà<br />
a sbucare in mezzo all’alto strato di graminacee<br />
secche e appressate al terreno dalle<br />
nevicate. In molti casi le infiorescenze<br />
rimangono aggrovigliate e pertanto non<br />
riescono a portare a maturazione i semi.<br />
Si può quindi affermare che anche nel Piacentino<br />
le <strong>orchidee</strong> abbiano ormai perso<br />
quasi completamente i loro amici naturali<br />
e il fenomeno regressivo stia diventando,<br />
pertanto, irreversibile.<br />
La pastorizia è un’attività quasi ovunque<br />
abbandonata e ristretta solo a poche zone<br />
<strong>del</strong>l’Appennino. L’abbandono da parte<br />
<strong>del</strong>l’uomo di vaste zone <strong>del</strong>la montagna<br />
appenninica, fenomeno cominciato già<br />
prima <strong>del</strong>la seconda guerra mondiale e<br />
proseguito sino ai giorni nostri, è ancora<br />
in atto. Pertanto in queste zone non<br />
vengono più eseguite le attività atte a<br />
contenere l’avanzata <strong>del</strong>le sterpaglie. Un<br />
altro fatto negativo è stata l’introduzione,<br />
o comunque la proliferazione in vaste zone<br />
<strong>del</strong> nostro territorio, <strong>del</strong> cinghiale. Questo<br />
animale, nel tentativo di procurarsi il<br />
cibo, stravolge con la sua proboscide la<br />
cotica erbosa <strong>del</strong>le praterie di montagna,<br />
sradicando conseguentemente tutti i bulbi<br />
che vi si trovano. In particolare, si è notato<br />
che i tuberi di alcune specie (Dactylorhiza<br />
sambucina, Traunsteinera globosa) vengono<br />
costantemente mangiati.<br />
A 14 anni di distanza dalla mia precedente<br />
pubblicazione sulle <strong>orchidee</strong>, sono in<br />
grado di fare dei raffronti e di trarre <strong>del</strong>le<br />
conclusioni.<br />
Rispetto al 1989, novità, riguardanti le<br />
<strong>orchidee</strong>, ce ne sono state: per esempio,<br />
alcune specie hanno cambiato nome:<br />
Nigritella non si chiama più Nigra, ma<br />
Rhellicani; Dactylorhiza latifolia è ritornata<br />
a chiamarsi Sambucina; il genere Aceras è<br />
sparito, perché l’unica specie <strong>del</strong> genere,<br />
A. anthropophorum è stata reinserita nel<br />
genere Orchis; è stata descritta una nuova<br />
specie per la scienza, Epipactis placentina.<br />
Ho segnalato il ritrovamento in provincia<br />
di dieci nuove specie, tra le quali spiccano<br />
Epipactis gracilis, Epipactis viridiflora,<br />
Himantoglossum hircinum, che con la presenza<br />
sul nostro territorio segnano il loro<br />
limite settentrionale.<br />
Accanto a queste poche buone notizie,<br />
ce ne sono tante altre tutte, purtroppo,<br />
negative. Da anni non trovo più Orchis<br />
laxiflora, O. anthropophora, Pseudoorchis<br />
albida. Inoltre O. papilionacea era presente,<br />
nel 2001, con un solo esemplare.<br />
Nigritella rhellicani ha visto ridurre la sua<br />
presenza a poche decine di esemplari.<br />
Dactylorhiza sambucina e O. morio, specie<br />
che solo 14-15 anni fa erano ancora presenti<br />
in modo decisamente abbondante,<br />
oggi sono a rischio estinzione, a causa<br />
di una sempre più massiccia presenza<br />
<strong>del</strong> cinghiale. Quest’ultimo, che fino a<br />
pochi anni fa si cibava soltanto di bulbi<br />
di una certa consistenza (<strong>orchidee</strong>, lilium,<br />
ornitogalum), non trovando di meglio da<br />
mangiare, è tornato di nuovo a scavare<br />
negli stessi luoghi, non per mangiare<br />
<strong>orchidee</strong> (non ce ne sono più), ma per<br />
cibarsi di quello che è rimasto: bulbi di<br />
Tulipa sylvestris subsp. australis, crocus<br />
sp., lasciando, dopo queste ultime scorribande,<br />
un manto erboso che non riesce<br />
più a ricostituirsi. Al suo posto, crescono<br />
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