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Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia

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PREMESSA<br />

Questa seconda edizione <strong>del</strong> mio libro (la<br />

prima edizione uscì nel 1989) è il frutto<br />

di una ricerca (inizialmente inserita nel<br />

censimento <strong>del</strong>la flora spontanea protetta<br />

<strong>del</strong>l’Emilia Romagna) da me intrapresa<br />

circa 20 anni fa e si propone gli stessi<br />

scopi <strong>del</strong>la prima, cioè fornire un contributo<br />

alla conoscenza <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />

<strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Piacentino, ma soprattutto<br />

far conoscere il grave stato di degrado<br />

degli ambienti in cui queste piante vivono.<br />

Essa, inoltre, deriva dalla consultazione<br />

<strong>del</strong>le maggiori pubblicazioni specifiche<br />

italiane ed europee, da cui ho appreso<br />

numerosissime informazioni sulla vita<br />

misteriosa di queste piante. Una sintesi<br />

sull’ecologia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> viene fornita<br />

nella parte iniziale. Tuttavia si rimanda<br />

alla bibliografia finale chi intendesse<br />

approfondire tale argomento.<br />

Nel corso di questi ultimi anni ho raccolto<br />

numerosi dati. Al fine di avere il quadro<br />

<strong>del</strong>la situazione provinciale e per dare<br />

a questi dati una sistemazione di facile<br />

consultazione, essi sono stati inseriti nel<br />

reticolo <strong>del</strong>la cartografia floristica <strong>del</strong>l’Europa<br />

Centrale. Tale sistema è stato tratto<br />

da “Materiali per una cartografia floristica<br />

<strong>del</strong>l’Emilia Romagna” di A. Alessandrini e<br />

C. Ferrari. L’intervallo <strong>del</strong>la reticolazione<br />

è di 6’ di latitudine e di 10’ di longitudine.<br />

Questo modulo cartografico viene<br />

denominato area di base ed è identificato<br />

da due numeri relativi alla riga e da due<br />

numeri relativi alla colonna.<br />

Ogni area di base è suddivisa a sua volta<br />

in quattro quadranti (1.2.3.4) di 3’ di<br />

latitudine per 5’ di longitudine. I dati<br />

sono stati inseriti nel reticolo, usando<br />

tre simboli:<br />

un bollino nero per evidenziare le<br />

situazioni normali;<br />

un cerchietto rosso per evidenziare<br />

le situazioni dove<br />

la rarefazione ha assunto dimensioni<br />

preoccupanti;<br />

una croce rossa per evidenziare<br />

quelle specie che<br />

non vengono più ritrovate da diversi<br />

anni.<br />

Per la rappresentazione <strong>del</strong> territorio<br />

provinciale, è stata utilizzata l’ombreggiatura<br />

orografica elaborata dal Servizio<br />

Programmazione territoriale – urbanistica<br />

<strong>del</strong>l’Amministrazione provinciale<br />

di Piacenza.<br />

Per poter ottenere questo quadro ho<br />

eseguito numerosissimi controlli in vari<br />

periodi <strong>del</strong>le stagioni. È bene comunque<br />

precisare che questi dati non possono<br />

considerarsi definitivi, ma saranno sicuramente<br />

soggetti ad integrazioni nei<br />

prossimi anni.<br />

D’altronde, in una situazione complessa<br />

e variabile come l’ambiente di collina<br />

e di montagna, sarebbe pura utopia<br />

pensare di aver visto e controllato tutto.<br />

La nomenclatura si rifà a: “Orchidacee<br />

d’Italia” (Grünanger, 2001), salvo alcune<br />

varianti di cui mi sono servito per cercare<br />

di identificare meglio la situazione<br />

provinciale: di ciò ho dato spiegazioni<br />

all’interno <strong>del</strong>le Note relative alle varie<br />

specie. La descrizione di queste ultime è<br />

stata corredata il più possibile da misure,<br />

le quali non devono essere ritenute assolute,<br />

ma possono variare sensibilmente da<br />

un autore all’altro. A volte sono il frutto<br />

di medie, su cui può influire il luogo o<br />

l’andamento stagionale. La scheda è stata<br />

quasi sempre completata da una Nota<br />

e da uno Status; nella prima fornisco<br />

notizie tecnico-scientifiche di carattere<br />

generale o miei punti di vista sulla pianta<br />

descritta; nel secondo fornisco notizie<br />

sulla salute <strong>del</strong>la specie, inerenti al territorio<br />

provinciale.<br />

E stato escluso l’uso dei nomi volgari per<br />

diverse ragioni. Quasi sempre questi nomi<br />

non trovano riscontro nei dialetti locali e<br />

il più <strong>del</strong>le volte sono traduzioni fantasiose<br />

dal latino all’italiano. Altro motivo di<br />

questa scelta è stato quello di non creare<br />

confusione in coloro che si avvicinano per<br />

la prima volta al mondo <strong>del</strong>la botanica.<br />

Ho invece riportato, quando esistente,<br />

almeno un sinonimo.<br />

Per quanto riguarda le notizie riportate<br />

nelle schede (escluse quelle di carattere<br />

generale), esse sono tutte dedotte da osservazioni<br />

fatte sul territorio <strong>piacentino</strong>.<br />

LE ORCHIDEE<br />

Parlando di <strong>orchidee</strong>, subito balza alla<br />

mente l’immagine di grandi e vistosi fiori<br />

che con le loro molteplici forme e con i<br />

loro vividi colori sono sempre presenti<br />

nelle grandi occasioni. Queste specie<br />

vengono attualmente coltivate industrialmente<br />

nelle serre. Allo stato spontaneo<br />

vivono nelle foreste tropicali. Essendo il<br />

suolo di tali foreste immerso nelle tenebre<br />

eterne a causa <strong>del</strong>la vegetazione molto<br />

fitta, queste <strong>orchidee</strong> (epifite) si sono<br />

adattate a vivere sulle chiome degli alberi<br />

o nelle forcelle dei rami.<br />

Più modeste nella forma, ma non meno<br />

belle ed interessanti sono le <strong>orchidee</strong><br />

nostrane. Si tratta di piante terricole<br />

(geofite), che solo in alcuni casi superano<br />

i 50 cm di altezza. Nella maggioranza dei<br />

casi i loro fiori sono piccoli e bisogna<br />

osservarli da vicino per apprezzare tutta<br />

la loro bellezza.<br />

Si possono trovare un po’ dappertutto,<br />

purché non siano troppo pressanti le<br />

attività umane. I loro ambienti di elezione<br />

restano comunque i luoghi aridi e soleggiati,<br />

poveri di sostanza organica, su<br />

terreno prevalentemente calcareo.<br />

Fin dai tempi antichi queste piante hanno<br />

affascinato l’uomo, tanto da attribuirgli<br />

poteri magici e medicinali.<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> sembra siano apparse sulla<br />

terra verso la fine <strong>del</strong>l’era terziaria, nel<br />

Pliocene Superiore. In quei tempi anche<br />

l’uomo muoveva i suoi primi passi verso<br />

l’evoluzione.<br />

Sono quindi piante molto giovani; l’enorme<br />

variabilità presente nella famiglia andrebbe<br />

pertanto messa in relazione ad un<br />

fenomeno evolutivo ancora in atto.<br />

La famiglia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> annovera approssimativamente<br />

25.000 specie, divise<br />

in circa 700 generi. Si parla inoltre di<br />

moltissime specie ancora da classificare.<br />

Fra le piante con fiori (fanerogame spermatofite)<br />

è la seconda famiglia in ordine<br />

di grandezza dopo le composite.<br />

A seguito di forti cambiamenti di clima,<br />

all’inizio <strong>del</strong>l’era glaciale, furono costrette<br />

ad arretrare verso zone più calde. <strong>Le</strong><br />

condizioni climatiche diverse, ristabilitesi<br />

nei periodi successivi alle glaciazioni,<br />

permisero soltanto a poche specie di<br />

riconquistare il terreno perduto. Pertanto<br />

la grande maggioranza di queste piante<br />

vive nelle zone caldo-umide <strong>del</strong>la terra,<br />

pur essendo presenti in tutte le parti <strong>del</strong><br />

globo, escluse le zone più fredde.<br />

Morfologia<br />

L’apparato radicale<br />

Tutte le <strong>orchidee</strong> europee sono terrestri,<br />

vengono perciò comunemente chiamate<br />

“terricole” o “geofite”, al contrario <strong>del</strong>le<br />

specie esotiche che sono “epifite” vivono<br />

cioè nelle biforcazione degli alberi (le<br />

radici di queste piante hanno la primaria<br />

capacità di captare l’umidità <strong>del</strong>l’aria oltre<br />

che di assorbire le sostanze nutritizie accumulate<br />

in queste biforcazioni). Tuttavia<br />

non mancano le eccezioni: una di queste<br />

è rappresentata dai generi che appartengono<br />

alla tribù <strong>del</strong>le Lipariane (Liparis,<br />

Malaxis, Hammarbya), le quali vivono in<br />

luoghi solitamente umidi, fra cuscini di<br />

muschi, sfagni o aghi di abete; il loro apparato<br />

radicale è formato da pseudobulbi.<br />

Queste piante possono essere considerate<br />

epifite. Altra eccezione è rappresentata<br />

da Goodyera repens, specie considerata<br />

emicriptofita: infatti le sue gemme foliari,<br />

che si diramano dagli stoloni radicali, sono<br />

visibili tutto l’anno.<br />

<strong>Le</strong> radici <strong>del</strong>le specie terrestri svolgono<br />

principalmente due azioni fondamentali<br />

al fine di assicurare la sopravvivenza per<br />

via vegetativa <strong>del</strong>le specie. La prima è<br />

quella di ancorare saldamente la pianta al<br />

terreno opponendosi all’azione meccanica<br />

degli agenti atmosferici. La seconda ha<br />

certamente più importanza nell’ecologia<br />

di queste piante: è quella di permettere<br />

l’accumulo di notevoli quantità di sostanze<br />

di riserva.<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong>, per loro natura, sono da<br />

considerare piante pioniere perchè vivono<br />

per lo più in terreni dove le condizioni di<br />

vita ideali sono ristrette a brevi periodi<br />

<strong>del</strong>l’anno. L’apparato radicale, pertanto, è<br />

strutturato in modo da poter accumulare<br />

nel più breve tempo possibile sostanze<br />

provenienti dalla costante elaborazione,<br />

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