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Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia

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Luciano Bongiorni<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />

<strong>spontanee</strong><br />

<strong>del</strong> Piacentino


Ringrazio il prof. Paolo Grünanger per i preziosi consigli e il<br />

determinante supporto bibliografico. Ringrazio Romina Bongiorni<br />

e Sandra Pareti per la battitura <strong>del</strong> testo.<br />

Ringrazio infine Adalgisa Torselli, Elena Schiavi e Fausta Casadei<br />

<strong>del</strong>la Provincia di Piacenza per il sostegno nella pubblicazione<br />

<strong>del</strong>l’opera.<br />

Testo e fotografie di Luciano Bongiorni<br />

Disegni di Loredana Bongiorni<br />

Grafica e impaginazione: Luca Gilli<br />

Coordinamento redazionale: Lisa Berté<br />

Planorbis editore<br />

ISBN 88-901385-2-1<br />

Studio<br />

Luciano B.<br />

LA PROVINCIA DI PIACENZA 7<br />

INQUADRAMENTO GEOLOGICO 8<br />

IL CLIMA DELLA PROVINCIA DI PIACENZA 10<br />

FLORA E VEGETAZIONE DEL PIACENTINO 12<br />

PREMESSA 16<br />

LE ORCHIDEE 17<br />

L’apparto radicale 17<br />

Il fusto 18<br />

<strong>Le</strong> foglie e le brattee 19<br />

Il fiore 19<br />

La resupinazione 20<br />

<strong>Le</strong> variazioni di colore 21<br />

<strong>Le</strong> anomalie di forma 21<br />

Gli organi riproduttivi 22<br />

L’impollinazione 23<br />

L’autoimpollinazione 23<br />

La germinazione 25<br />

Il ciclo vitale 25<br />

PROTEZIONE E CAUSE DI RAREFAZIONE 26<br />

Situazione nel <strong>piacentino</strong><br />

ed eventuali forme di prevenzione 27<br />

I GENERI PRESENTI NELLA<br />

PROVINCIA DI PIACENZA 29<br />

SISTEMA PER DETERMINARE I GENERI<br />

PRESENTI NEL PIACENTINO 39<br />

LE SCHEDE DELLE SPECIE 41<br />

Epipactis atrorubens 42<br />

E. distans 44<br />

E. gracilis 46<br />

E. helleborine 48<br />

E. leptochila 50<br />

E. microphylla 52<br />

E. muelleri 54<br />

E. palustris 56<br />

E. placentina 58<br />

E. viridiflora 60<br />

Cephalanthera damasonium 62<br />

C. longifolia 64<br />

C. rubra 66<br />

Limodorum abortivum 68<br />

Neottia nidus-avis 70<br />

Epipogium aphyllum 72<br />

Corallorhiza trifida 74<br />

Listeria cordata 76<br />

L. ovata 78<br />

Spiranthes spiralis 80<br />

Goodyera repens 82<br />

Platanthera bifolia 84<br />

P. chlorantha 86<br />

Gymnadenia conopsea 88<br />

G. odoratissima 90<br />

Pseudorchis albida 92<br />

Nigritella rhellicani 94<br />

INDICE<br />

Coeloglossum viride 96<br />

Dactylorhiza incarnata 98<br />

D. lapponica 100<br />

D. maculata 102<br />

D. majalis 104<br />

D. sambucina 106<br />

Traunsteinera globosa 108<br />

Orchis anthropophora 110<br />

O. coriophora subsp. fragrans 112<br />

O. laxiflora 114<br />

O. mascula 116<br />

O. militaris 118<br />

O. morio 120<br />

O. pallens 122<br />

O. papilionacea 124<br />

O. provincialis 126<br />

O. purpurea 128<br />

O. simia 130<br />

O. tridentata 132<br />

O. ustulata 134<br />

Himantoglossum adriaticum 136<br />

H. hircinum 138<br />

Anacamptis pyramidalis 140<br />

Serapias neglecta 142<br />

S. vomeracea 144<br />

Ophrys apifera 146<br />

O. benacensis 148<br />

O. fuciflora 150<br />

O. fuciflora subsp. elatior 152<br />

O. fusca 154<br />

O. insectifera 156<br />

O. sphegodes 158<br />

IBRIDAZIONE 160<br />

GLOSSARIO 162<br />

BIBLIOGRAFIA 163


Ad un anno dall’uscita <strong>del</strong> volume “<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Piacentino” di Luciano<br />

Bongiorni, che tanto interesse ha suscitato tra botanici, appassionati e semplici<br />

cittadini, è con soddisfazione che mi accingo a presentare questa nuova edizione<br />

<strong>del</strong> volume, stampata in un nuovo formato, più pratico, maggiormente adatto ad un<br />

uso di campagna. D’altronde, ritengo che la funzione che più si addica ad un libro di<br />

botanica sia quella di accompagnare e guidare l’appassionato o il ricercatore nelle<br />

sue escursioni nell’ambiente naturale.<br />

Per quanto riguarda i contenuti, questa nuova edizione riporta fe<strong>del</strong>mente i testi e<br />

le immagini <strong>del</strong>la precedente che, mi preme ricordarlo, vide la stampa per iniziativa<br />

di colei che mi ha preceduto all’Assessorato Ambiente <strong>del</strong>la Provincia di Piacenza: la<br />

professoressa Adriana Bertoni. E proprio dalla presentazione che scrisse allora Adriana,<br />

ho tratto alcune considerazioni che non posso non fare mie:<br />

“… Fiori dalle forme molteplici e dai colori sgargianti, che ci affascinano per la bellezza<br />

e la rarità, suscitano grande interesse per il valore scientifico e naturalistico.<br />

Tutelati dalla legislazione comunitaria e regionale, sono minacciati dalle trasformazioni<br />

ambientali in atto (su tutto, la distruzione <strong>del</strong>le aree umide); dall’abbandono<br />

<strong>del</strong>le pratiche agricole e pastorali tradizionali (ad esempio il mancato sfalcio <strong>del</strong>le<br />

praterie montane); dall’incursione di alcuni animali selvatici (i cinghiali ne mangiano<br />

i tuberi).<br />

… <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> selvatiche costituiscono una parte di questo patrimonio naturale di<br />

cui la provincia di Piacenza è ancora ricca. Agli amministratori in primis il compito e la<br />

responsabilità di salvaguardarlo e valorizzarlo con la collaborazione e la cura di quanti<br />

ancora abitano, frequentano e amano questi ambienti così <strong>del</strong>icati e così importanti<br />

per il mantenimento <strong>del</strong>la biodiversità. Che, non scordiamolo, è l’assicurazione che<br />

abbiamo sulla vita e sul futuro.”<br />

Un sentito ringraziamento va naturalmente all’autore <strong>del</strong> libro, il signor Luciano<br />

Bongiorni, esperto “orchidofilo”, che tanta passione e tanto tempo <strong>del</strong>la sua vita<br />

dedica allo studio ed alla protezione <strong>del</strong>la flora piacentina. Un ringraziamento anche<br />

ai dipendenti <strong>del</strong> Servizio Ambiente <strong>del</strong>la Provincia di Piacenza che hanno collaborato<br />

a questa nuova edizione.<br />

L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE<br />

DELLA PROVINCIA DI PIACENZA<br />

Gianluigi Ziliani<br />

4 5


LA PROVINCIA DI PIACENZA<br />

La provincia di Piacenza è collocata nel<br />

settore più occidentale <strong>del</strong>la regione<br />

Emilia-Romagna con la quale ha in<br />

comune anche i confini ad eccezione di<br />

quello orientale. Il confine settentrionale<br />

è <strong>del</strong>imitato dalle anse <strong>del</strong> Fiume Po che<br />

la separano dalla Lombardia e quindi<br />

dalle province di Pavia, Lodi, Cremona<br />

(procedendo da ovest verso est). La<br />

provincia di Pavia <strong>del</strong>imita poi tutto il<br />

confine occidentale fino a raggiungere<br />

il settore montano ove solo un piccolo<br />

lembo confina con il Piemonte (provincia<br />

di Alessandria). A sud troviamo la Liguria<br />

con la provincia di Genova che le contrappone<br />

la dorsale appenninica che si<br />

affaccia sul mare Tirreno; ad est, invece,<br />

troviamo la provincia di Parma.<br />

Il territorio provinciale si estende su<br />

circa 2.590 Kmq di superficie suddivisi<br />

in tre settori: pianura (27,3%), collina<br />

(36,7%), montagna (36%). Il settore<br />

pianeggiante è il meno rappresentato<br />

e termina approssimativamente sui 100<br />

metri di quota, mentre i rilievi interessano<br />

la maggior parte <strong>del</strong> territorio (73%).<br />

Nella zona di transizione tra l’alta e la<br />

bassa pianura sono presenti fenomeni di<br />

risorgenza che in provincia interessano<br />

soprattutto i comuni di Fiorenzuola<br />

d’Arda, Pontenure e Castelsangiovanni.<br />

Evidenti terrazzi fluviali, lembi <strong>del</strong>l’antica<br />

pianura, emergono dall’attuale area<br />

pianeggiante costituendo una fascia<br />

altocollinare-pedemontana. La collina<br />

inizia intorno ai 100 metri sul livello <strong>del</strong><br />

mare e si spinge fino a circa 600-800<br />

metri, dove inizia il settore montano. <strong>Le</strong><br />

vette più alte si trovano nell’alta Val Nure<br />

(M. Ragola 1.771 m, M. Nero 1.753 m,<br />

M. Bue 1.777 m) e nell’alta Val <strong>Trebbia</strong><br />

(M. Alfeo 1.650 m, M. <strong>Le</strong>sima 1.724 m,<br />

M. Carmo 1.640 m). <strong>Le</strong> quote più alte<br />

<strong>del</strong>la Val Nure sono state interessate da<br />

imponenti fenomeni glaciali che hanno<br />

caratterizzato gran parte di questi territori<br />

con la presenza di circhi glaciali,<br />

laghetti e morene. La presenza di laghi<br />

naturali infatti è concentrata principalmente<br />

in questa valle: Lago Nero, Lago<br />

Bino, Lago Moo.<br />

La provincia presenta quattro corsi d’ac-<br />

di Lisa Berté, naturalista<br />

qua principali che procedendo da ovest<br />

verso est sono: il Torrente Tidone, il Fiume<br />

<strong>Trebbia</strong>, il Torrente Nure e il Torrente<br />

Arda. Il Tidone nasce lungo le pendici <strong>del</strong><br />

Monte Penice (1.460 m) e sfocia nel Po<br />

presso Rottofreno. Lungo il suo corso<br />

riceve le acque dei torrenti Tidoncello<br />

e Luretta. Il Fiume <strong>Trebbia</strong> nasce dal M.<br />

Prelà, in provincia di Genova e dopo<br />

circa 114 km sfocia nel Po vicino alla città<br />

di Piacenza. Suoi principali affluenti sono<br />

i torrenti Brugneto, Pesca e Cassingheno<br />

in provincia di Genova; l’Avagnone in<br />

territorio pavese; l’Aveto e il Boreca in<br />

territorio <strong>piacentino</strong>. Il Torrente Nure<br />

nasce alle pendici <strong>del</strong> M. Ragola (1.771<br />

m) e <strong>del</strong> M. Nero (1.753 m) e dopo<br />

circa 60 km sfocia nel Po nei pressi di<br />

Roncaglia. Riceve le acque dei torrenti<br />

Lavaiana, Lardana e Grondana. L’Arda<br />

invece nasce di Monti Lama (1.335 m) e<br />

Menegosa (1.356 m) e prima di gettarsi<br />

nel Po nei pressi di Villanova si unisce al<br />

torrente Ongina.<br />

Il Tidone e l’Arda sono caratterizzati<br />

dalla presenza di due invasi artificiali:<br />

rispettivamente il lago di Trebecco e il<br />

lago di Mignano.<br />

6 7


INQUADRAMENTO GEOLOGICO<br />

<strong>Le</strong> rocce <strong>del</strong> <strong>piacentino</strong> possono essere<br />

suddivise, in base alla loro area di origine,<br />

in tre grandi “insiemi” geologici:<br />

il “Substrato Alloctono”, i “Depositi<br />

Neoautoctoni” e la “Copertura Autoctona”.<br />

Il SUBSTRATO ALLOCTONO, che comprende<br />

le “Unità Liguri” e le “Successioni<br />

Epiliguri”, è prevalentemente formato:<br />

- da rocce magmatiche, più o meno<br />

alterate da processi chimico-fisici<br />

e qui riferibili a serpentiniti (bran<strong>del</strong>li<br />

<strong>del</strong> “mantello” semifuso su cui<br />

galleggia la crosta terrestre), gabbri<br />

(derivanti dalla lenta solidificazione<br />

di lave all’interno <strong>del</strong>la crosta terrestre)<br />

e basalti (prodotti dalla rapida<br />

solidificazione di lave in ambienti<br />

subacquei);<br />

- da rocce sedimentarie,e per lo più costituite<br />

da estese formazioni argillose<br />

e da “flysch” (ritmiche alternanze<br />

di arenarie, calcari e marne derivanti<br />

dall’accumulo di materiali mobilitati<br />

da eventi franosi sottomarini).<br />

Nell’arco degli ultimi 140 milioni di<br />

anni queste rocce, che si formarono<br />

nell’antico oceano Tetide ubicato<br />

in corrispondenza <strong>del</strong>l’attuale<br />

area Tirrenica, sono state traslate<br />

e sollevate sino alla posizione attuale<br />

(da cui il termine “alloctone”)<br />

dalle forze compressive che hanno<br />

portato alla formazione (orogenesi)<br />

<strong>del</strong>l’appennino.<br />

Mentre nelle aree di crinale ai<br />

confini con il Parmense e la Liguria<br />

predominano le rocce magmatiche<br />

(note come ofioliti, dal greco<br />

ofio=serpente e litos=pietra, per il<br />

loro colore verde-scuro screziato di<br />

chiaro che ricorda la pelle di alcuni<br />

serpenti), nelle zone comprese tra<br />

il crinale ed il margine appenninico<br />

abbondano i flysch ed i grandi<br />

complessi argillosi alloctoni, da cui<br />

emergono per maggior resistenza<br />

all’erosione le ofioliti di Monte Tre<br />

Abati, M. S.Agostino, M. Capra, M.<br />

Pradegna, Pietra Parcellara, Pietra<br />

Perduca, Castello di Gropparello<br />

di Gianluca Raineri, Riserva Naturale Geologica <strong>del</strong> Piacenziano<br />

ed altre ancora; queste ultime, a<br />

differenza dei complessi di crinale,<br />

sono “sradicate” dal loro substrato<br />

originario ed inglobate nei complessi<br />

argillosi alloctoni.<br />

I DEPOSITI NEOAUTOCTONI sono in<br />

genere costituiti da potenti successioni<br />

di argille, limi e sabbie accumulatisi sui<br />

fondali <strong>del</strong>l’ampio golfo marino che,<br />

tra circa 5,3 e 1,2 milioni di anni fa,<br />

dall’Adriatico si estendeva verso Ovest<br />

occupando l’attuale pianura padana.<br />

La scarsa traslazione subita da questi<br />

sedimenti rispetto al luogo d’origine<br />

è sintetizzata nell’appellativo “neoautoctoni”;<br />

fanno parte di essi i depositi<br />

fossiliferi affioranti sul margine appenninico<br />

compreso tra la valle <strong>del</strong> Vezzeno<br />

e la valle <strong>del</strong>l’Ongina, le cui peculiarità<br />

geo-paleontologiche ben documentano<br />

l’evoluzione ambientale di questo settore<br />

<strong>del</strong> territorio <strong>piacentino</strong> tra 5,3 e 1,4<br />

milioni di anni fa (Pliocene – Pleistocene<br />

inferiore).<br />

La zona compresa tra Castell’Arquato<br />

e Lugagnano V. Arda in particolare è<br />

sede <strong>del</strong>lo stratotipo storico <strong>del</strong> Piacenziano,<br />

quel periodo di storia <strong>del</strong>la<br />

Terra compreso tra 3,6 e 2,6 milioni di<br />

anni fa, e costituisce da oltre due secoli<br />

un punto di riferimento fondamentale<br />

per coloro che studiano il Pliocene <strong>del</strong><br />

Mediterraneo e le variazioni climatiche<br />

che hanno accompagnato il progressivo<br />

raffreddamento <strong>del</strong> nostro emisfero;<br />

non a caso quindi questa porzione <strong>del</strong><br />

territorio <strong>piacentino</strong>, definibile a pieno<br />

titolo come “culla <strong>del</strong> Pliocene”, è oggi<br />

sede <strong>del</strong>la Riserva Naturale Geologica<br />

<strong>del</strong> Piacenziano.<br />

La COPERTURA AUTOCTONA, è principalmente<br />

costituita da ghiaie, sabbie<br />

e fanghi di origine alluvionale, fluviale o<br />

lacustre, accumulatisi nello stesso luogo<br />

(“autoctoni”) in cui oggi si rinvengono ed<br />

organizzati in successioni sedimentarie,<br />

o meglio in Sequenze Deposizionali, note<br />

come Sintemi.<br />

Questi ultimi sono tra loro suddivisi da<br />

evidenti discordanze riferibili a cicliche<br />

fasi di avanzamento (trasgressione) o<br />

arretramento (regressione) <strong>del</strong> mare<br />

rispetto alle terre emerse, riconducibili<br />

a sollevamenti <strong>del</strong>la catena appenninica<br />

e/o ad approfondimenti <strong>del</strong> bacino<br />

padano e/o alle marcate variazioni<br />

<strong>del</strong> livello di base <strong>del</strong> mare che hanno<br />

accompagnato le fasi glaciali (aumento<br />

dei ghiacci sulle terre emerse<br />

abbassamento <strong>del</strong> livello <strong>del</strong> mare<br />

incremento <strong>del</strong>le terre emerse) ed<br />

interglaciali (scioglimento dei ghiacci<br />

innalzamento <strong>del</strong> livello <strong>del</strong> mare<br />

riduzione <strong>del</strong>le terre emerse) <strong>del</strong><br />

Pleistocene medio-superiore (tra circa<br />

800.000 e 10.000 anni fa).<br />

L’accumulo di questi depositi, i più<br />

recenti in ordine di tempo, ha contribuito<br />

in modo determinante al definitivo<br />

colmamento <strong>del</strong> golfo marino padano<br />

ed alla formazione <strong>del</strong>l’attuale Pianura<br />

Padana.<br />

<strong>Le</strong> rocce di questi tre grandi raggruppamenti<br />

possono a loro volta essere<br />

suddivise in unità di rango inferiore in<br />

funzione <strong>del</strong>la loro genesi, composizione<br />

mineralogica, età, ecc. Assegnando ad<br />

ogni insieme roccioso un colore e riportando<br />

su base topografica la relativa<br />

estensione territoriale si ottiene uno<br />

strumento di fondamentale importanza<br />

per la gestione e la programmazione<br />

territoriale: la “Carta Geologica”.<br />

La Carta Geologica qui proposta ben evidenzia la distribuzione provinciale dei tre<br />

grandi insiemi rocciosi menzionati: il substrato alloctono si estende dalle cime più<br />

alte <strong>del</strong>l’appennino sino ai contrafforti collinari dove affiorano i soprastanti depositi<br />

neoautoctoni che a loro volta sono ricoperti, da qui sino al fiume Po, dai sedimenti<br />

<strong>del</strong>la copertura autoctona.<br />

8 9


IL CLIMA DELLA PROVINCIA DI PIACENZA<br />

Il clima <strong>del</strong> territorio <strong>piacentino</strong> può essere<br />

descritto come un clima temperato o di<br />

tipo “C” secondo Köppen (temperatura<br />

media <strong>del</strong> mese più freddo compresa<br />

tra -3°C e +18°C); più in particolare<br />

il territorio di pianura e collina risulta<br />

caratterizzato da un clima temperato subcontinentale<br />

(temperatura media annua<br />

compresa tra 10°C e 14,4°C, temperatura<br />

media <strong>del</strong> mese più freddo compresa tra<br />

-1°C e +3,9°C, da uno a tre mesi con<br />

temperatura media >20°C, escursione<br />

annua superiore a 19°C), mentre il territorio<br />

di montagna è caratterizzato da<br />

un clima temperato fresco (temperatura<br />

media annua compresa tra 6°C e 10°C,<br />

temperatura media <strong>del</strong> mese più freddo<br />

compresa tra 0°C e +3°C, media mese<br />

più caldo tra 15 e 20°C, escursione annua<br />

tra 18 e 20°C). Con riferimento alla<br />

serie di osservazioni dal 1958 al 1983<br />

pubblicata da Istat, la temperatura media<br />

annuale è di 12.2°C a Piacenza, scende<br />

a 11.5-12°C nelle località di media collina<br />

e di fondovalle (Bettola, Bobbio) e<br />

scende a 8.5°C nelle stazioni più elevate<br />

di fondovalle (Losso, comune di Ottone,<br />

416 m). Il mese più freddo è Gennaio, che<br />

fa registrare una media mensile di 0.8°C<br />

a Piacenza e di –1.1°C a Losso; il mese<br />

più caldo è Luglio, con una temperatura<br />

media di 22.9°C a Piacenza e di 18.1°C<br />

a Losso.<br />

I fattori geografici che contribuiscono<br />

maggiormente a determinare le caratteristiche<br />

termiche <strong>del</strong> clima <strong>del</strong> territorio<br />

<strong>piacentino</strong> sono essenzialmente due:<br />

la sua collocazione nel cuore <strong>del</strong>la Val<br />

Padana occidentale (lontano dalle masse<br />

d’acqua mediterranee) che determina<br />

soprattutto il carattere di continentalità<br />

(elevate escursioni termiche giornaliere e<br />

annuali); e la presenza <strong>del</strong> rilievo appenninico<br />

il quale, come confine meridionale<br />

<strong>del</strong>la Val Padana, contribuisce a fornire<br />

alla collina le caratteristiche climatiche di<br />

“versante”, mentre come spartiacque con<br />

il versante ligure fa giungere alla fascia più<br />

alta <strong>del</strong>la montagna piacentina l’influenza<br />

<strong>del</strong> clima sublitoraneo e temperato caldo<br />

<strong>del</strong>la Liguria.<br />

<strong>Le</strong> conseguenze climatiche di questi<br />

di Paolo <strong>Le</strong>ga, Servizio Programmazione Territoriale e Urbanistica<br />

Amministrazione Provinciale di Piacenza<br />

fattori geografici, assieme alla configurazione<br />

orografica più generale <strong>del</strong>la Valle<br />

Padana, sono estremamente rilevanti<br />

per il territorio <strong>piacentino</strong>: il carattere di<br />

continentalità è infatti accentuato nella<br />

fascia di pianura (a Piacenza si registra<br />

un’escursione annua media di 22.1°C e<br />

un’escursione giornaliera media in Luglio<br />

di 13.0°C), ma si riduce con la diminuzione<br />

<strong>del</strong>la latitudine e con l’avvicinamento<br />

al crinale ligure (a Losso escursione annua<br />

media di 19.2°C e giornaliera in Luglio di<br />

11.6°C); le valli piacentine più prossime<br />

alla regione ligure godono pertanto di<br />

un clima decisamente più temperato e<br />

meno continentale. Si può inoltre ben<br />

osservare che la fascia di media collina,<br />

indicativamente compresa tra i 150 e i<br />

400 m di altitudine, collocata al di sopra<br />

<strong>del</strong>la sommità media <strong>del</strong>le inversioni<br />

termiche <strong>del</strong>la Valle Padana, gode di un<br />

regime termico più temperato e mite sia<br />

di quello <strong>del</strong>la pianura che di quello <strong>del</strong>la<br />

montagna. In questa fascia infatti si hanno<br />

escursioni termiche annuali più ridotte<br />

(19.3°C a Castellana di Gropparello, con<br />

temperature invernali più elevate rispetto<br />

alla pianura, e temperature estive più<br />

basse) e più basse escursioni giornaliere<br />

medie (9.4°C in Luglio).<br />

Sotto il profilo pluviometrico, il clima <strong>del</strong><br />

territorio <strong>piacentino</strong> è caratterizzato dal<br />

tipico regime sublitoraneo appenninico o<br />

padano, che presenta due valori massimi<br />

<strong>del</strong>le precipitazioni mensili in primavera<br />

e in autunno, e due minimi in inverno e<br />

in estate: di questi, il massimo autunnale<br />

e il minimo estivo sono più accentuati<br />

degli altri due. L’altezza totale annua <strong>del</strong>le<br />

precipitazioni è pari a circa 850-900<br />

mm nella fascia <strong>del</strong>la pianura piacentina<br />

distribuiti su 80-85 giorni piovosi, mentre<br />

sale a 1000-1500 mm nella fascia <strong>del</strong>la<br />

media collina su circa 100 giorni piovosi,<br />

subendo un incremento mediamente<br />

proporzionale all’aumento di altitudine;<br />

a partire da questa fascia (intorno ai<br />

400-600 m di quota), l’altezza <strong>del</strong>le<br />

precipitazioni subisce, a parità di quota,<br />

un incremento inverso alla latitudine,<br />

in quanto fortemente influenzata dai<br />

sistemi frontali che traggono origine<br />

dalle depressioni che si vanno formando<br />

con elevata frequenza sul Mar Ligure e<br />

sull’alto Tirreno. Con riferimento al periodo<br />

1958-1983, Luglio è il mese meno<br />

piovoso <strong>del</strong>l’anno, con 45 mm a Piacenza<br />

distribuiti su 4.5 giorni piovosi, e 67 mm<br />

a Losso su 6.3 giorni piovosi; per contro,<br />

Ottobre risulta il mese più piovoso con<br />

107 mm su 7.8 giorni piovosi a Piacenza,<br />

e 187 mm su 9 giorni piovosi a Losso, seguito<br />

però a brevissima distanza dal mese<br />

di Novembre. Negli ultimi due decenni<br />

tuttavia il regime pluviometrico sembra<br />

essersi progressivamente modificato, a<br />

favore di una riduzione <strong>del</strong>le precipitazioni<br />

invernali (in particolare Febbraio) e di un<br />

aumento di quelle autunnali (in particolare<br />

Ottobre).<br />

<strong>Le</strong> intensità giornaliere medie di precipitazione<br />

vanno da valori minimi di 8-15<br />

mm/g in pianura, fino a 25 mm/g e oltre<br />

nelle zone più interne <strong>del</strong>la fascia di montagna;<br />

i valori massimi assoluti di pioggia<br />

giornaliera vanno invece dai 100-120<br />

mm/g registrati in pianura tra Agosto e<br />

Settembre, ai 100-170 mm/g <strong>del</strong>la media<br />

collina registrati in Agosto (temporali<br />

convettivi estivi), fino ai 150-220 mm/g<br />

registrati in montagna tra Settembre e<br />

Novembre (prodotti dai fronti freddi<br />

autunnali in transito da Ovest).<br />

Il bilancio idrico teorico annuale (precipitazioni<br />

meno evapotraspirazione<br />

potenziale) si chiude con un debole surplus<br />

nella fascia di pianura (30-60 mm),<br />

mentre raggiunge un saldo positivo di<br />

700-1000 mm nella fascia di montagna<br />

(Losso); in pianura il primo mese in cui il<br />

saldo <strong>del</strong> bilancio teorico risulta negativo<br />

è Aprile, mentre in montagna è Maggio;<br />

viceversa, dopo i mesi estivi in cui il<br />

bilancio mensile risulta costantemente<br />

deficitario, il primo mese in cui ritorna<br />

eccedentario è Settembre in montagna<br />

e Ottobre in pianura.<br />

10 11


FLORA E VEGETAZIONE DEL PIACENTINO<br />

Il patrimonio floristico <strong>del</strong>la provincia<br />

di Piacenza conta circa 1600 specie<br />

censite, comprese felci ed equiseti, con<br />

una spiccata diversificazione nelle diverse<br />

fasce altitudinali, da ricondurre sia alle<br />

variazioni dei parametri climatici, sia alla<br />

diversa incidenza <strong>del</strong>l’azione <strong>del</strong>l’uomo sul<br />

paesaggio e sugli ecosistemi naturali.<br />

L’attuale assetto vegetazionale e floristico<br />

<strong>del</strong> nostro territorio va fatto risalire alla<br />

fine <strong>del</strong>l’ultimo periodo glaciale, circa<br />

10.000 anni fa. Gli sconvolgimenti<br />

climatici <strong>del</strong> Quaternario, noti come glaciazioni,<br />

hanno letteralmente spazzato<br />

via dal continente europeo la flora <strong>del</strong><br />

Terziario, lasciando solo poche ma significative<br />

testimonianze: fra queste specie<br />

relitte ricordiamo, per il nostro territorio,<br />

l’Agrifoglio (Ilex aquifolium), la Felcetta<br />

lanosa (Notholaena marantae), esclusiva<br />

<strong>del</strong>le ofioliti, e il raro Astragalus sirinicus,<br />

piccolo arbusto spinoso presente, con<br />

un piccolo popolamento, sulla cima di<br />

Monte <strong>Le</strong>sima.<br />

Con l’aumento <strong>del</strong>la temperatura ed il ritiro<br />

dei ghiacciai, presenti anche sul nostro<br />

Appennino, diverse piante dei climi freddi<br />

(alpine ed artico-alpine) hanno trovato<br />

degli ambienti rifugio in poche stazioni<br />

in prossimità dei crinali più alti: è il caso<br />

ad esempio <strong>del</strong> Pino uncinato di Monte<br />

Nero, stretto parente <strong>del</strong> Pino mugo <strong>del</strong>le<br />

Alpi, che è riuscito a sopravvivere sino ai<br />

nostri giorni colonizzando i ghiaioni più<br />

scoscesi ed esposti.<br />

Durante il postglaciale, l’alternarsi di<br />

periodi più freddi e più caldi ha portato<br />

alla graduale sostituzione <strong>del</strong>la vegetazione<br />

microterma con quella attuale; in<br />

particolare un numeroso contingente di<br />

specie mediterranee è penetrato in diverse<br />

ondate, corrispondenti alle fasi più calde,<br />

nel nostro territorio e ne caratterizza<br />

tuttora la flora (circa il 14% <strong>del</strong>le specie),<br />

soprattutto nella fascia collinare. Fra le<br />

più tipiche specie stenomediterranee<br />

ricordiamo il Timo (Thymus vulgaris) e la<br />

Valeriana rossa (Centranthus ruber), diffusi<br />

sui versanti rocciosi <strong>del</strong>la Val <strong>Trebbia</strong>.<br />

Sull’Appennino uno degli aspetti più significativi<br />

è dato dalla relativamente recente<br />

(circa 400 anni fa) espansione <strong>del</strong> Faggio,<br />

di Enrico Romani, Museo Civico di Storia Naturale di Piacenza<br />

che oggi domina il paesaggio forestale fra<br />

i 1000 ed i 1700 m.<br />

Ma è stata soprattutto l’azione <strong>del</strong>l’uomo<br />

a caratterizzare il nostro attuale paesaggio<br />

vegetale, sia direttamente, con la<br />

messa a coltura dei suoli e le bonifiche,<br />

sia indirettamente, con l’introduzione,<br />

spesso involontaria, di specie esotiche.<br />

L’impronta <strong>del</strong>l’attività umana è massima<br />

nella pianura: già a partire dalla<br />

colonizzazione romana ha preso avvio la<br />

lenta ma inesorabile opera di distruzione<br />

<strong>del</strong>la foresta primigenia, dominata dalla<br />

Farnia (Quercus robur), che ricopriva l’intera<br />

pianura dal Piemonte all’Adriatico. Ad<br />

epoche ancor più remote va fatta risalire<br />

l’introduzione, dalle steppe <strong>del</strong> vicino<br />

oriente, <strong>del</strong>le colture di cereali (grano,<br />

orzo, segale): ad esse si accompagnava<br />

una ricca flora commensale (archeofite),<br />

in cui spiccavano Papaveri e Fiordalisi,<br />

oggi in buona parte relegata alla fascia<br />

collinare e <strong>del</strong>la bassa montagna a causa<br />

<strong>del</strong> massiccio uso di diserbanti.<br />

Attualmente sono pochi gli ambienti di<br />

pianura caratterizzati da un buon grado<br />

di naturalità, per lo più circoscritti agli<br />

alvei dei torrenti e alle poche aree golenali<br />

<strong>del</strong> Po non ancora alterate da opere di<br />

bonifica e regimazione. Fra i più interessanti<br />

ricordiamo gli ambienti dei conoidi<br />

dei nostri corsi d’acqua appenninici, e<br />

in particolare le ampie fasce di greto<br />

stabilizzato, su cui si insediano popolamenti<br />

xerici di erbe e piccoli arbusti,<br />

spesso provenienti dai versanti collinari e<br />

montani: riescono così a penetrare nella<br />

pianura piante diffuse a quote maggiori,<br />

come la Santoreggia (Satureja montana),<br />

l’Issopo (Hyssopus officinalis), l’Eliantemo<br />

(Helianthemum nummularium), il Salice<br />

ripaiolo (Salix eleagnos) e alcune <strong>orchidee</strong><br />

selvatiche.<br />

<strong>Le</strong> incisioni dei conoidi separano le propaggini<br />

collinari, i pianalti terrazzati,<br />

che si protendono sulla pianura e che<br />

in alcuni casi (La Bastardina, Bosco di<br />

Croara, Bosco Verani) ospitano estese<br />

coperture forestali, costituite da querceti<br />

più o meno termofili provvisti di un ricco<br />

ed interessante corteggio floristico.<br />

Il paesaggio collinare, ancora pesante-<br />

mente segnato dall’impronta antropica, si<br />

presenta come un complesso mosaico di<br />

ambienti artificiali (diffusi sono i vigneti,<br />

ma anche colture di cereali e foraggere) e<br />

naturali (boschetti, siepi, praterie postcolturali,<br />

alvei di torrenti, pendii scoscesi,<br />

zone franose); la diversificazione ambientale<br />

viene ulteriormente accentuata dalla<br />

presenza diffusa di incolti, aree marginali<br />

e fasce di transizione (ecotoni). La flora<br />

ne risulta arricchita rispetto alla pianura, e<br />

più termofila, almeno alle basse quote, soprattutto<br />

per l’incidenza di un significativo<br />

contingente di specie mediterranee.<br />

In alcune vallate (Val d’Arda, Valle Ongina)<br />

i versanti sono spesso contraddistinti da<br />

estese formazioni calanchive: qui l’instabilità<br />

e l’ostilità <strong>del</strong> substrato hanno<br />

impedito non solo la sua messa a coltura,<br />

ma anche l’affermarsi <strong>del</strong>la copertura<br />

vegetale naturale. L’ambiente presenta<br />

però aspetti di estremo interesse, sia per<br />

la presenza di specie caratteristiche, come<br />

la Scorzonera <strong>del</strong>le argille (Podospermum<br />

canum), sia per la diffusione, sui suoli<br />

un po’ più stabilizzati e meno acclivi, di<br />

lembi più o meno estesi di pratelli xerici<br />

ricchi di specie termofile e in cui crescono<br />

numerose <strong>orchidee</strong>. <strong>Le</strong> creste calanchive<br />

e le testate dei canaloni sono colonizzati<br />

dalla Ginestra (Spartium junceum), che<br />

con le sue vistose fioriture caratterizza il<br />

paesaggio primaverile di queste vallate.<br />

Salendo di quota i coltivi si fanno sempre<br />

più radi, lasciando sempre più spazio<br />

alla copertura forestale, qui rappresentata<br />

dal bosco misto caducifoglio, in<br />

cui predominano diversi tipi di Querce<br />

(Quercus pubescens e Q. cerris), il Carpino<br />

nero (Ostrya carpinifolia), l’Orniello<br />

(Fraxinus ornus), il Ciavar<strong>del</strong>lo (Sorbus<br />

torminalis) e l’Acero opalo (Acer opulifolium).<br />

Il querceto misto si presenta con<br />

diverse varianti, che dipendono dalla<br />

tipologia <strong>del</strong> substrato e dalle condizioni<br />

climatiche stazionali, ma tutte hanno in<br />

comune la modalità di sfruttamento da<br />

parte <strong>del</strong>l’uomo: la ceduazione. Questa<br />

forma di governo consente un utilizzo<br />

più intensivo <strong>del</strong> bosco, soprattutto per<br />

la produzione di legna da ardere, ma se i<br />

tagli sono troppo ravvicinati può portare<br />

ad un loro degrado, e comunque tende<br />

a favorire l’espansione di quelle essenze<br />

forestali, come il Carpino nero, in grado di<br />

ricacciare più vigorosamente, a discapito<br />

<strong>del</strong>le Querce e di altri alberi.<br />

Nel querceto troviamo un ricco corteggio<br />

floristico, con numerosi arbusti e piante<br />

erbacee; fra queste ultime ricordiamo<br />

le geofite, provviste di organi di riserva<br />

sotterranei e in grado di fiorire molto<br />

precocemente, prima che la volta <strong>del</strong>le<br />

chiome si chiuda; fra le più significative<br />

ricordiamo: le Anemoni (Anemone<br />

nemorosa e A. trifolia), il Dente di cane<br />

(Erythronium dens-canis), il Bucaneve<br />

(Galanthus nivalis), la Scilla (Scilla bifolia)<br />

e l’Erba trinità (Hepatica nobilis). Alcune<br />

specie consentono poi di caratterizzare<br />

meglio la tipologia <strong>del</strong> querceto: così la<br />

Felce aquilina (Pteridium aquilinum) e il<br />

Brugo (Calluna vulgaris) indicano un substrato<br />

acido, mentre il Pungitopo (Ruscus<br />

aculeatus), specie termofila, è limitato ai<br />

boschi collinari.<br />

Già dalla bassa collina e fino alla fascia<br />

montana sono molto diffusi i castagneti.<br />

Nonostante il Castagno (Castanea sativa)<br />

accompagni da sempre la storia <strong>del</strong>le<br />

nostre popolazioni montane, e per diversi<br />

secoli abbia costituito una risorsa preziosa<br />

per il loro sostentamento, occorre<br />

ricordare come la diffusione di questa<br />

pianta sia avvenuta ad opera <strong>del</strong>l’uomo,<br />

che già al tempo dei Romani la reintrodusse<br />

un po’ ovunque lungo tutta la penisola.<br />

Il Castagno è infatti una di quelle specie<br />

che vennero spazzate via dall’Europa nel<br />

corso <strong>del</strong>l’ultima glaciazione, e sopravvisse<br />

solo in alcune stazioni rifugio nei<br />

Balcani e forse nell’Italia meridionale. La<br />

coltura <strong>del</strong> Castagno ha subito da noi un<br />

drastico regresso, sia per lo spopolamento<br />

<strong>del</strong>le zone montane, sia per l’attacco<br />

di parassiti fungini. I castagneti da frutto<br />

sono divenuti piuttosto rari (ricordiamo<br />

quello di Castagnola, in Val d’Aveto) e<br />

sono stati sostituiti anch’essi dal ceduo.<br />

Dal punto di vista floristico e vegetazionale,<br />

il Castagno si sovrappone alla fascia<br />

dei querceti, fino a penetrare in quella<br />

<strong>del</strong>le faggete, prediligendo suoli profondi<br />

e sciolti, e mal tollerando quelli calcarei,<br />

argillosi e troppo umidi.<br />

Fra le zone di particolare interesse naturalistico<br />

spicca, nella fascia dei querceti,<br />

l’area di Rocca d’Olgisio, in Val Tidone:<br />

si tratta di una vera e propria “isola termofila”,<br />

caratterizzata da una orografia<br />

tormentata, in cui i boschi termofili di<br />

Roverella, Cerro e Castagno si alternano<br />

a dirupi rocciosi, forre, cespuglieti e coltivi,<br />

e in cui l’insediamento umano, molto<br />

antico, ha lasciato traccia anche nella<br />

flora, per la presenza di specie sfuggite<br />

12 13


alla coltivazione e completamente naturalizzate:<br />

fra queste ricordiamo il Fico<br />

d’India nano (Opuntia compressa), diversi<br />

Narcisi e lo Zafferanastro giallo (Sterbergia<br />

lutea); significativa è anche la presenza di<br />

specie molto rare come l’Asplenio maggiore<br />

(Asplenium onopteris), la Speronella<br />

lacerata (Delphinium fissum) e la Ballerina<br />

(Aceras antropophorum), orchidacea a<br />

distribuzione stenomediterranea.<br />

Uno degli elementi caratterizzanti il paesaggio<br />

collinare e montano <strong>del</strong>la nostra<br />

provincia è dato dalla diffusione degli<br />

affioramenti ofiolitici; queste rocce costituiscono<br />

un substrato particolarmente<br />

selettivo per le piante, sia per la composizione<br />

chimica che per le condizioni fisiche<br />

che vi si riscontrano (forte irraggiamento<br />

solare, accentuate escursioni termiche,<br />

carenza d’acqua, ecc.). La loro superficie<br />

è colonizzata da estesi popolamenti di<br />

licheni epilitici; essi contribuiscono alla<br />

formazione di quel minimo di terra fine<br />

che consente la crescita di poche piante<br />

specializzate; alcune sono esclusive di<br />

questo substrato, come la Felcetta lanosa<br />

(Notholaena marantae), l’Asplenio <strong>del</strong> serpentino<br />

(Asplenium cuneifolium) e l’Alisso<br />

di Bertoloni (Alyssum bertolonii); altre, pur<br />

non essendo esclusive, si presentano da<br />

noi solo su queste rocce: il Lino a campanelle<br />

(Linum campanulatum, in regione<br />

presente solo nella nostra provincia),<br />

l’Euforbia spinosa (Euphorbia spinosa<br />

ssp. ligustica), la Costolina appenninica<br />

(Robertia taraxacoides), la Linajola dei<br />

serpentini (Linaria supina) e, in alta Val<br />

Nure (uniche stazioni regionali) la Reseda<br />

pigmea (Sesamoides pygmaea).<br />

Dall’alta collina e fino a ridosso <strong>del</strong> crinale<br />

appenninico sono abbastanza frequenti i<br />

boschi di conifere, aghifoglie sempreverdi<br />

che spiccano con il loro verde cupo<br />

nel brullo paesaggio invernale; sono tutti<br />

impianti artificiali che hanno sostituito<br />

la copertura forestale naturale. <strong>Le</strong> principali<br />

specie utilizzate sono il Pino nero<br />

(Pinus nigra), soprattutto sui substrati<br />

rocciosi, l’Abete bianco (Abies alba) e<br />

l’Abete rosso (Picea excelsa), tutte specie<br />

estranee alla nostra flora, ad eccezione<br />

<strong>del</strong>l’Abete bianco, presente con una piccola<br />

popolazione autoctona sul Monte<br />

Nero; l’utilizzo di queste piante fuori dal<br />

loro areale è ormai stato abbandonato<br />

grazie ai nuovi indirizzi <strong>del</strong>la selvicoltura.<br />

La massiccia intrusione <strong>del</strong>le conifere nei<br />

nostri ambienti forestali ha comportato<br />

diversi effetti negativi (sostituzione <strong>del</strong>la<br />

vegetazione autoctona, maggior suscettibilità<br />

agli incendi, diffusione di parassiti<br />

come la Processionaria, alterazione <strong>del</strong>le<br />

caratteristiche <strong>del</strong>l’humus forestale), ma<br />

anche l’introduzione di alcune specie<br />

nuove, strettamente legate ai boschi di<br />

conifere e probabilmente giunte da noi<br />

con il materiale vivaistico; fra queste<br />

ricordiamo due rare <strong>orchidee</strong>: la Godiera<br />

(Goodiera repens) e la Listera minore (Listera<br />

cordata), quest’ultima recentemente<br />

scoperta in Val Nure.<br />

Sopra i 900-1000 m d’altitudine e fino<br />

alle quote maggiori, la copertura forestale<br />

è dominata dal Faggio. Questa pianta ha<br />

esigenze particolari in fatto di clima (predilige<br />

un ambiente fresco e con precipitazioni<br />

ben distribuite nell’arco <strong>del</strong>l’anno, ed è<br />

molto sensibile alle gelate primaverili), ma<br />

si adatta bene ai diversi substrati; si presenta<br />

con diverse varianti, che si differenziano<br />

soprattutto per il corteggio floristico. Alle<br />

quote inferiori abbondanti sono le specie<br />

provenienti dalla fascia dei querceti, sia<br />

legnose (Carpino nero, Acero campestre,<br />

Orniello, Corniolo) che erbacee (Primula,<br />

Erba trinità, Anemoni, Ellebori); nel suo<br />

aspetto più tipico, sopra i 1200-1300 m<br />

(fascia subatlantica) troviamo specie più<br />

spiccatamente montane, come il Sorbo<br />

degli uccellatori (Sorbus aucuparia) e<br />

l’Acero montano (Acer pseudoplatanus),<br />

ed una flora ebacea caratteristica; fra le<br />

specie più significative ricordiamo il Sigillo<br />

di Salomone (Polygonatum verticillatum), la<br />

piccola Moscatella (Adoxa moschatellina),<br />

la Dentaria (Cardamine heptaphylla), la<br />

Mercorella (Mercurialis perennis), l’Orchide<br />

macchiata (Dactylorhiza maculata), la<br />

Veronica (Veronica urticifolia), la Lattuga<br />

montana (Prenanthes purpurea), la Coralloriza<br />

(Corallorhiza trifida), la Felce maschio<br />

(Dryopteris filix-mas) e la Felce femmina<br />

(Athyrium filix-foemina); solo in un paio di<br />

stazioni è presente il rarissimo Epipogium<br />

aphyllum, orchidea saprofita dalla fioritura<br />

incostante. Sui suoli acidificati ed impoveriti<br />

è spesso molto abbondante il Mirtillo<br />

(Vaccinium myrtillus).<br />

Nelle radure e nelle superfici di recente<br />

ceduazione si sviluppa una rigogliosa<br />

vegetazione, ad indicare la presenza di un<br />

terreno ricco di nutrienti: qui spiccano le<br />

fioriture estive <strong>del</strong> Garofanino maggiore<br />

(Epilobium angustifolium), <strong>del</strong> Botton d’oro<br />

(Trollius europaeus), <strong>del</strong> Giglio martagone<br />

(Lilium martagon), le rosse bacche <strong>del</strong> Lam-<br />

pone (Rubus idaeus) ed isolati alberelli di<br />

Sambuco rosso (Sambucus racemosa).<br />

Lungo le forre dei versanti più acclivi<br />

<strong>del</strong>la Val Boreca, la vegetazione dei boschi<br />

mesofili arriva fino a lambire il greto <strong>del</strong><br />

torrente; questi ambienti freschi e umidi,<br />

quasi perennemente in ombra, sono il<br />

luogo elettivo per alcune rare felci, come<br />

il Capelvenere (Adiantum capillus-veneris),<br />

la Lingua cervina (Phyllitis scolopendrium)<br />

e l’Asplenio <strong>del</strong>le fonti (Asplenium fontanum).<br />

Nella fascia montana vasti settori di<br />

territorio, per lo più lungo i crinali, nelle<br />

aree meno acclivi e meglio esposte, sono<br />

stati disboscati fin da tempi remoti per<br />

fare spazio a praterie da destinare al<br />

pascolo. Questi prati, tutti originatisi<br />

grazie all’azione <strong>del</strong>l’uomo e per questo<br />

chiamate “praterie secondarie”, sono<br />

caratterizzati da un cotico erboso dominato<br />

da graminacee perenni (Festuca,<br />

Poa, Brachypodium, Phleum, Anthoxanthum,<br />

Dactylis, Cynosurus, ecc.) ed ospitano una<br />

flora molto ricca e dalle vistose fioriture;<br />

esse iniziano quando il manto nevoso<br />

non è ancora <strong>del</strong> tutto scomparso, con<br />

lo schiudersi <strong>del</strong>le corolle dei Crochi<br />

(Crocus spp.) e <strong>del</strong>le Genziane (Gentiana<br />

kochiana), per raggiungere il loro culmine<br />

con l’estate: fra le specie più significative<br />

e vistose ricordiamo numerose <strong>orchidee</strong><br />

(soprattutto Dactylorhiza sambucina, Orchis<br />

mascula, Traunsteinera globosa), diversi<br />

Trifogli, Garofani selvatici, Ranuncoli e<br />

Potentille, le Poligale (Polygala nicaeensis<br />

e P. vulgaris), l’Eliantemo (Helianthemo<br />

nummularium), alcune Viole (Viola tricolor<br />

e V. calcarata), la Vulneraria (Anthyllis vulneraria),<br />

la Pelosella (Hieracium pilosella),<br />

il Tulipano montano (Tulipa australis) e,<br />

circoscritta alla Val <strong>Trebbia</strong>, la Primula<br />

odorosa (Primula veris).<br />

Nei pascoli alle quote maggiori troviamo<br />

una flora particolarmente interessante, soprattutto<br />

dal punto di vista fitogeografico:<br />

sui crinali <strong>del</strong>la Val Boreca fioriscono la<br />

Nigritella (Nigritella rhellicani) e l’Orchide<br />

candida (Pseudorchis albida), la Genziana<br />

maggiore (Gentiana lutea), l’Arnica (Arnica<br />

montana); in alta Val Nure è possibile osservare<br />

il Garofano a pennacchio (Dianthus<br />

superbus), il Lino celeste (Linum alpinum),<br />

la Pulsatilla alpina e la rarissima Crotonella<br />

alpina (Lychnis alpina).<br />

Abbastanza diffusi sul nostro Appennino<br />

sono anche gli ambienti umidi; la loro tipologia<br />

è molto varia: si va dai veri e propri<br />

laghetti, come Lago Bino (ove è presente<br />

una abbondante popolazione di Nannufaro<br />

– Nuphar lutea) o Lago Nero, fino ad<br />

arrivare, passando attraverso i vari stati di<br />

interrimento (Lago Moo, Lago di Averaldi),<br />

ai prati umidi e più o meno torbosi (come<br />

Pramollo, in alta Val Nure). Flora e vegetazione<br />

si diversificano in relazione ai diversi<br />

stadi evolutivi di questi ecosistemi; poco<br />

comuni e frammentarie sono le torbiere<br />

vere e proprie, che ospitano specie molto<br />

rare, come la Drosera rotundifolia e la Viola<br />

palustris; più comuni sono i prati umidi<br />

e gli stagni con acque basse, con i loro<br />

densi popolamenti di Ciperacee (Carex,<br />

Eleocharis, Scirpus, Eriophorum, ecc.) che<br />

possono sfumare da una parte in canneti<br />

a Phragmites, dall’altra in specchi d’acqua<br />

con densi popolamenti a Trifoglio fibrino<br />

(Menyanthes trifoliata). Fra le specie più<br />

tipiche di questi ambienti ricordiamo<br />

alcune Orchidacee, come Dactylorhiza<br />

incarnata ed Epipactis palustris, la Genziana<br />

mettimborsa (Gentiana pneumonanthe),<br />

l’Angelica (Angelica sylvestris), la Salvastrella<br />

(Sanguisorba officinalis), la Saxifragacea<br />

Parnassia palustris, il Giuncastrello<br />

(Triglochin palustre) ed il rarissimo Salix<br />

rosmarinifolia, presente al Lago di Averaldi<br />

con l’unica stazione regionale.<br />

<strong>Le</strong> quote maggiori dei nostri monti superano<br />

raramente la quota di 1700 m<br />

(M. <strong>Le</strong>sima, M. Nero, M. Bue, M. Ragola),<br />

corrispondente al limite superiore di<br />

diffusione <strong>del</strong>la faggeta: la fascia culminale,<br />

quella oltre il “limite degli alberi”,<br />

viene così ad essere nella nostra provincia<br />

estremamente ridotta (pochi ettari) e<br />

frammentata. Il suo aspetto vegetazionale<br />

più tipico, quello dei Vaccinieti a Vaccinium<br />

gaultherioides e Hypericum richeri, è però<br />

relativamente diffuso e si spinge anche<br />

a quote più basse, presentandosi come<br />

fase evolutiva <strong>del</strong>le praterie secondarie.<br />

Due <strong>del</strong>le nostre cime più alte, M. Nero e<br />

M. Ragola, consistono in imponenti massicci<br />

ofiolitici, dove hanno trovato rifugio<br />

diversi relitti graciali, oltre alla flora tipica<br />

degli ambienti rocciosi e <strong>del</strong>le praterie<br />

d’altitudine, come il Pino uncinato, il<br />

Ginepro nano, il Bupleuro ranuncoloide<br />

(Bupleurum ranunculoides) e la Ginestra<br />

stellata (Genista radiata). Questi lembi<br />

di vegetazione culminale sono talmente<br />

circoscritti e così interessanti dal punto<br />

di vista fitogeografico, da meritare<br />

senz’altro il massimo <strong>del</strong>l’attenzione e<br />

<strong>del</strong>la salvaguardia.<br />

14 15


PREMESSA<br />

Questa seconda edizione <strong>del</strong> mio libro (la<br />

prima edizione uscì nel 1989) è il frutto<br />

di una ricerca (inizialmente inserita nel<br />

censimento <strong>del</strong>la flora spontanea protetta<br />

<strong>del</strong>l’Emilia Romagna) da me intrapresa<br />

circa 20 anni fa e si propone gli stessi<br />

scopi <strong>del</strong>la prima, cioè fornire un contributo<br />

alla conoscenza <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />

<strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Piacentino, ma soprattutto<br />

far conoscere il grave stato di degrado<br />

degli ambienti in cui queste piante vivono.<br />

Essa, inoltre, deriva dalla consultazione<br />

<strong>del</strong>le maggiori pubblicazioni specifiche<br />

italiane ed europee, da cui ho appreso<br />

numerosissime informazioni sulla vita<br />

misteriosa di queste piante. Una sintesi<br />

sull’ecologia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> viene fornita<br />

nella parte iniziale. Tuttavia si rimanda<br />

alla bibliografia finale chi intendesse<br />

approfondire tale argomento.<br />

Nel corso di questi ultimi anni ho raccolto<br />

numerosi dati. Al fine di avere il quadro<br />

<strong>del</strong>la situazione provinciale e per dare<br />

a questi dati una sistemazione di facile<br />

consultazione, essi sono stati inseriti nel<br />

reticolo <strong>del</strong>la cartografia floristica <strong>del</strong>l’Europa<br />

Centrale. Tale sistema è stato tratto<br />

da “Materiali per una cartografia floristica<br />

<strong>del</strong>l’Emilia Romagna” di A. Alessandrini e<br />

C. Ferrari. L’intervallo <strong>del</strong>la reticolazione<br />

è di 6’ di latitudine e di 10’ di longitudine.<br />

Questo modulo cartografico viene<br />

denominato area di base ed è identificato<br />

da due numeri relativi alla riga e da due<br />

numeri relativi alla colonna.<br />

Ogni area di base è suddivisa a sua volta<br />

in quattro quadranti (1.2.3.4) di 3’ di<br />

latitudine per 5’ di longitudine. I dati<br />

sono stati inseriti nel reticolo, usando<br />

tre simboli:<br />

un bollino nero per evidenziare le<br />

situazioni normali;<br />

un cerchietto rosso per evidenziare<br />

le situazioni dove<br />

la rarefazione ha assunto dimensioni<br />

preoccupanti;<br />

una croce rossa per evidenziare<br />

quelle specie che<br />

non vengono più ritrovate da diversi<br />

anni.<br />

Per la rappresentazione <strong>del</strong> territorio<br />

provinciale, è stata utilizzata l’ombreggiatura<br />

orografica elaborata dal Servizio<br />

Programmazione territoriale – urbanistica<br />

<strong>del</strong>l’Amministrazione provinciale<br />

di Piacenza.<br />

Per poter ottenere questo quadro ho<br />

eseguito numerosissimi controlli in vari<br />

periodi <strong>del</strong>le stagioni. È bene comunque<br />

precisare che questi dati non possono<br />

considerarsi definitivi, ma saranno sicuramente<br />

soggetti ad integrazioni nei<br />

prossimi anni.<br />

D’altronde, in una situazione complessa<br />

e variabile come l’ambiente di collina<br />

e di montagna, sarebbe pura utopia<br />

pensare di aver visto e controllato tutto.<br />

La nomenclatura si rifà a: “Orchidacee<br />

d’Italia” (Grünanger, 2001), salvo alcune<br />

varianti di cui mi sono servito per cercare<br />

di identificare meglio la situazione<br />

provinciale: di ciò ho dato spiegazioni<br />

all’interno <strong>del</strong>le Note relative alle varie<br />

specie. La descrizione di queste ultime è<br />

stata corredata il più possibile da misure,<br />

le quali non devono essere ritenute assolute,<br />

ma possono variare sensibilmente da<br />

un autore all’altro. A volte sono il frutto<br />

di medie, su cui può influire il luogo o<br />

l’andamento stagionale. La scheda è stata<br />

quasi sempre completata da una Nota<br />

e da uno Status; nella prima fornisco<br />

notizie tecnico-scientifiche di carattere<br />

generale o miei punti di vista sulla pianta<br />

descritta; nel secondo fornisco notizie<br />

sulla salute <strong>del</strong>la specie, inerenti al territorio<br />

provinciale.<br />

E stato escluso l’uso dei nomi volgari per<br />

diverse ragioni. Quasi sempre questi nomi<br />

non trovano riscontro nei dialetti locali e<br />

il più <strong>del</strong>le volte sono traduzioni fantasiose<br />

dal latino all’italiano. Altro motivo di<br />

questa scelta è stato quello di non creare<br />

confusione in coloro che si avvicinano per<br />

la prima volta al mondo <strong>del</strong>la botanica.<br />

Ho invece riportato, quando esistente,<br />

almeno un sinonimo.<br />

Per quanto riguarda le notizie riportate<br />

nelle schede (escluse quelle di carattere<br />

generale), esse sono tutte dedotte da osservazioni<br />

fatte sul territorio <strong>piacentino</strong>.<br />

LE ORCHIDEE<br />

Parlando di <strong>orchidee</strong>, subito balza alla<br />

mente l’immagine di grandi e vistosi fiori<br />

che con le loro molteplici forme e con i<br />

loro vividi colori sono sempre presenti<br />

nelle grandi occasioni. Queste specie<br />

vengono attualmente coltivate industrialmente<br />

nelle serre. Allo stato spontaneo<br />

vivono nelle foreste tropicali. Essendo il<br />

suolo di tali foreste immerso nelle tenebre<br />

eterne a causa <strong>del</strong>la vegetazione molto<br />

fitta, queste <strong>orchidee</strong> (epifite) si sono<br />

adattate a vivere sulle chiome degli alberi<br />

o nelle forcelle dei rami.<br />

Più modeste nella forma, ma non meno<br />

belle ed interessanti sono le <strong>orchidee</strong><br />

nostrane. Si tratta di piante terricole<br />

(geofite), che solo in alcuni casi superano<br />

i 50 cm di altezza. Nella maggioranza dei<br />

casi i loro fiori sono piccoli e bisogna<br />

osservarli da vicino per apprezzare tutta<br />

la loro bellezza.<br />

Si possono trovare un po’ dappertutto,<br />

purché non siano troppo pressanti le<br />

attività umane. I loro ambienti di elezione<br />

restano comunque i luoghi aridi e soleggiati,<br />

poveri di sostanza organica, su<br />

terreno prevalentemente calcareo.<br />

Fin dai tempi antichi queste piante hanno<br />

affascinato l’uomo, tanto da attribuirgli<br />

poteri magici e medicinali.<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> sembra siano apparse sulla<br />

terra verso la fine <strong>del</strong>l’era terziaria, nel<br />

Pliocene Superiore. In quei tempi anche<br />

l’uomo muoveva i suoi primi passi verso<br />

l’evoluzione.<br />

Sono quindi piante molto giovani; l’enorme<br />

variabilità presente nella famiglia andrebbe<br />

pertanto messa in relazione ad un<br />

fenomeno evolutivo ancora in atto.<br />

La famiglia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> annovera approssimativamente<br />

25.000 specie, divise<br />

in circa 700 generi. Si parla inoltre di<br />

moltissime specie ancora da classificare.<br />

Fra le piante con fiori (fanerogame spermatofite)<br />

è la seconda famiglia in ordine<br />

di grandezza dopo le composite.<br />

A seguito di forti cambiamenti di clima,<br />

all’inizio <strong>del</strong>l’era glaciale, furono costrette<br />

ad arretrare verso zone più calde. <strong>Le</strong><br />

condizioni climatiche diverse, ristabilitesi<br />

nei periodi successivi alle glaciazioni,<br />

permisero soltanto a poche specie di<br />

riconquistare il terreno perduto. Pertanto<br />

la grande maggioranza di queste piante<br />

vive nelle zone caldo-umide <strong>del</strong>la terra,<br />

pur essendo presenti in tutte le parti <strong>del</strong><br />

globo, escluse le zone più fredde.<br />

Morfologia<br />

L’apparato radicale<br />

Tutte le <strong>orchidee</strong> europee sono terrestri,<br />

vengono perciò comunemente chiamate<br />

“terricole” o “geofite”, al contrario <strong>del</strong>le<br />

specie esotiche che sono “epifite” vivono<br />

cioè nelle biforcazione degli alberi (le<br />

radici di queste piante hanno la primaria<br />

capacità di captare l’umidità <strong>del</strong>l’aria oltre<br />

che di assorbire le sostanze nutritizie accumulate<br />

in queste biforcazioni). Tuttavia<br />

non mancano le eccezioni: una di queste<br />

è rappresentata dai generi che appartengono<br />

alla tribù <strong>del</strong>le Lipariane (Liparis,<br />

Malaxis, Hammarbya), le quali vivono in<br />

luoghi solitamente umidi, fra cuscini di<br />

muschi, sfagni o aghi di abete; il loro apparato<br />

radicale è formato da pseudobulbi.<br />

Queste piante possono essere considerate<br />

epifite. Altra eccezione è rappresentata<br />

da Goodyera repens, specie considerata<br />

emicriptofita: infatti le sue gemme foliari,<br />

che si diramano dagli stoloni radicali, sono<br />

visibili tutto l’anno.<br />

<strong>Le</strong> radici <strong>del</strong>le specie terrestri svolgono<br />

principalmente due azioni fondamentali<br />

al fine di assicurare la sopravvivenza per<br />

via vegetativa <strong>del</strong>le specie. La prima è<br />

quella di ancorare saldamente la pianta al<br />

terreno opponendosi all’azione meccanica<br />

degli agenti atmosferici. La seconda ha<br />

certamente più importanza nell’ecologia<br />

di queste piante: è quella di permettere<br />

l’accumulo di notevoli quantità di sostanze<br />

di riserva.<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong>, per loro natura, sono da<br />

considerare piante pioniere perchè vivono<br />

per lo più in terreni dove le condizioni di<br />

vita ideali sono ristrette a brevi periodi<br />

<strong>del</strong>l’anno. L’apparato radicale, pertanto, è<br />

strutturato in modo da poter accumulare<br />

nel più breve tempo possibile sostanze<br />

provenienti dalla costante elaborazione,<br />

16 17


Particolare <strong>del</strong>la radice di Neottia nidus-avis<br />

nelle foglie, di materiali organici, durante<br />

il periodo vegetativo.<br />

Se prendiamo, ad esempio, l’apparato<br />

radicale di una Orchis o di una Ophrys a<br />

fine fioritura, si noterà che è formato da<br />

due tuberi. Uno scuro e raggrinzito, che<br />

ha dato origine alla pianta <strong>del</strong>l’annata.<br />

L’altro, chiaro e turgido, darà vita ad una<br />

nuova pianta, l’anno successivo. All’inizio<br />

<strong>del</strong>l’autunno, epoca in cui molte <strong>orchidee</strong><br />

emettono i primi abbozzi, con un attento<br />

esame si potrà notare in questi la struttura<br />

<strong>del</strong>le foglie, <strong>del</strong> fusto e dei fiori già formati.<br />

A questo punto si può certamente<br />

affermare che gran parte <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong> avviene sottoterra. <strong>Le</strong> capacità<br />

<strong>del</strong>le radici non finiscono qui. Quando<br />

le condizioni ambientali sono sfavorevoli,<br />

possono sopravvivere per anni e anni senza<br />

o quasi tradire la loro presenza. Quando<br />

le condizioni di normalità vengono ristabilite<br />

(es. il bosco viene tagliato e i raggi<br />

<strong>del</strong> sole tornano a risplendervi), ecco che<br />

il ciclo normale riprende e si hanno abbondanti<br />

fioriture. Questi fenomeni sono<br />

dovuti alla scarsa quantità di sostanze di<br />

riserva accumulate. Si manifestano tutte le<br />

volte che qualche agente esterno agisce<br />

negativamente sul loro ciclo vitale.<br />

<strong>Le</strong> forme sono più o meno rotondeggianti<br />

nei generi Orchis, Ophrys, Himantoglossum,<br />

Serapias, Anacamptis, Platanthera e<br />

Traunsteinera; digitati o suddivisi in due<br />

Particolare <strong>del</strong>la radice di Dactylorhiza maculata<br />

Particolare <strong>del</strong>la radice di Corallorhiza trifida<br />

o quattro parti nei generi Dactylorhiza,<br />

Gymnadenia, Nigritella e Coeloglossum.<br />

Sono fusiformi nei generi Spiranthes e<br />

Pseudorchis. Nei generi Epipactis, Listera,<br />

Cephalanthera e Limodorum, le radici sono<br />

dei rizomi disposti orizzontalmente nel<br />

terreno con numerose radici carnose. Il<br />

rizoma in Corallorhiza e Epipogium è a<br />

forma di corallo.<br />

La forma certamente più curiosa è data<br />

dall’apparato radicale <strong>del</strong> genere Neottia.<br />

Esso infatti è costituito da numerose radici<br />

carnose fittamente intrecciate.<br />

Nell’antichità i tuberi di queste piante venivano<br />

mangiati e gli si attribuivano poteri<br />

magici. La presenza dei tuberi ovaliformi<br />

<strong>del</strong>le specie <strong>del</strong> genere Orchis ha suggerito<br />

originariamente il nome Orchis (dal greco<br />

= testicolo), da cui deriva anche il nome<br />

<strong>del</strong>l’intera famiglia.<br />

Il fusto<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> sono piante erbacee perenni,<br />

pertanto il loro fusto alla fine di ogni ciclo<br />

vegetativo si dissecca e muore.<br />

In alcuni casi bastano meno di due mesi<br />

perché tale ciclo inizi, si sviluppi, si completi<br />

e sparisca senza lasciare tracce in superficie.<br />

Non è comunque raro osservare fusti<br />

rinsecchiti di annate precedenti accanto a<br />

nuovi individui in piena fioritura.<br />

Il fusto non è ramificato e si presenta<br />

costantemente eretto, cilindrico o angoloso.<br />

L’altezza è molto variabile, va dai 5<br />

ai 20 cm nelle specie alpine, dai 30-40<br />

ai 60-70 nelle altre specie. In alcuni casi,<br />

abbastanza rari, può superare il metro.<br />

Questo è il caso di Epipactis helleborine<br />

e di Gymnadenia conopsea var. densi flora.<br />

Il colore è generalmente verde o leggermente<br />

arrossato tranne che nelle specie<br />

mico-saprofite; in questo caso il colore è<br />

giallastro o bruno-violaceo. A volte è cavo,<br />

come ad esempio in Dactylorhiza majalis.<br />

<strong>Le</strong> foglie e le brattee<br />

Nelle <strong>orchidee</strong>, come in tutte le piante<br />

verdi, le foglie adempiono alla fondamentale<br />

funzione <strong>del</strong>la sintesi clorofilliana che<br />

consente, mediante l’energia <strong>del</strong>la luce<br />

solare, la trasformazione di sostanze semplici,<br />

quali l’acqua e l’anidride carbonica,<br />

in sostanze organiche complesse utili allo<br />

sviluppo <strong>del</strong> ciclo vitale. Pur mantenendosi<br />

nelle caratteristiche generali <strong>del</strong>le monocotiledoni<br />

a cui appartengono, le foglie<br />

<strong>del</strong>le orchidacee hanno una morfologia<br />

piuttosto variabile. La forma è sottile ed allungata<br />

nelle specie alpine, ovale e lanceolata<br />

nelle altre specie. Sono sempre intere<br />

e glabre e, a seconda <strong>del</strong>la posizione che<br />

occupano sul fusto, si distinguono in basali<br />

o caulinari. <strong>Le</strong> prime sono generalmente<br />

più grandi, le seconde sono più piccole e<br />

decrescono in grandezza dal basso verso<br />

l’alto. Il colore varia, dal verde più o meno<br />

scuro, al verde glauco <strong>del</strong>le Ophrys, al verde<br />

con macchie nerastre o bruno-violacee<br />

(es. Dactylorhiza maculata, Dactylorhiza<br />

majalis e Orchis provincialis).<br />

Fanno eccezione le foglie <strong>del</strong>le specie<br />

micotrofiche le quali sono ridotte a scaglie<br />

o guaine di colore violaceo o giallicce o<br />

grigiastre. Se si osserva con una certa<br />

attenzione una pianta di orchidea in fiore,<br />

si può notare che, in corrispondenza <strong>del</strong>l’ascella<br />

<strong>del</strong> peduncolo fiorale, vi è sempre<br />

una specie di fogliolina, a volte più lunga<br />

<strong>del</strong>lo stesso fiore, a volte ridotta a piccola<br />

scaglia: si chiama brattea. Questo organo,<br />

apparentemente insignificante, ha una<br />

funzione esclusivamente protettiva nei<br />

confronti <strong>del</strong> fiore, soprattutto quando<br />

questi è in boccio.<br />

La sua forma rapportata a quella dei fiori<br />

e degli ovari costitui-sce un importante<br />

elemento diagnostico al fine di determinare<br />

la specie.<br />

18 19<br />

e<br />

b<br />

h<br />

Apparato radicale di: a-Epipogium aphyllum,<br />

b-Orchis ustulata, c-Dactyloriza maculata,<br />

d-Goodyera repens, e-Oprhys fuciflora,<br />

f-Corallorhiza trifida, g-Epipactis helleborine,<br />

h-Spirantes spiralis.<br />

a<br />

d<br />

f<br />

g<br />

c<br />

Il fiore<br />

I fiori <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> sono ermafroditi, cioè<br />

sono formati da organi che producono<br />

polline e organi che producono cellule uovo.<br />

La struttura è di forma esclusiva, non ha<br />

riscontri infatti in altre famiglie <strong>del</strong> Regno<br />

Vegetale. L’involucro florale o perigonio<br />

è costituito da sei pezzi disposti su due<br />

piani di inserzione, in gruppi di tre. Tali<br />

elementi vengono chiamati tepali; esterni<br />

o interni a seconda <strong>del</strong>la posizione che<br />

occupano. Per semplicità alcuni autori usano<br />

chiamare sepali i tepali esterni e petali<br />

quelli interni. Il tepalo mediano interno è<br />

sempre diverso e rappresenta la parte più<br />

vistosa e più grande <strong>del</strong>l’intero fiore. Esso<br />

si chiama labello e può essere intero o più<br />

o meno lobato, come ad esempio nei generi<br />

Dactylorhiza, Orchis, Anacamptis, ecc.<br />

Può avere <strong>del</strong>le gibbosità e raffigurare le


sembianze di un insetto (es. nelle Ophrys)<br />

oppure ricordare la forma di un corpo<br />

umano (Aceras anthropophorum) o avere<br />

una forma allungata anche di diversi cm<br />

(Himantoglossum).<br />

La colorazione è quasi sempre diversa dagli<br />

altri tepali e può portare <strong>del</strong>le macchie o<br />

disegni più o meno complicati. Tali disegni<br />

concorrono ad accrescere la vistosità <strong>del</strong><br />

fiore ed una conseguente più facile individuazione<br />

da parte degli insetti impollinatori.<br />

Il labello infine è di primaria importanza<br />

per la identificazione <strong>del</strong>la specie.<br />

a<br />

c<br />

e<br />

b<br />

d<br />

Forme <strong>del</strong>le foglie: a-lineare, b-oblunga,<br />

c-lanceolata, d-ellittica, e-ovata,<br />

f-obovata.<br />

f<br />

6<br />

2<br />

9<br />

8<br />

Epipactis<br />

1-Sepalo mediano; 2-Sepalo laterale;<br />

3-Petalo; 4-Antera; 5-Rostello; 6-Stimma;<br />

7-Ipochilo; 8-Epichilo; 9-Pollinio.<br />

8<br />

4<br />

3<br />

6<br />

10<br />

9<br />

1<br />

Orchis<br />

1-Brattea; 2-Ovario; 3-Sperone; 4-Fauce<br />

<strong>del</strong>lo sperone; 5-Sepalo mediano; 6-Sepalo<br />

laterale; 7-Petalo; 8-Lobo laterale <strong>del</strong> labello;<br />

9-Lobo centrale <strong>del</strong> labello; 10-Ginostemio.<br />

La resupinazione<br />

Quando il fiore è in boccio, esso è parallelo<br />

al fusto e orientato verso l’alto, ma appena<br />

l’infiorescenza comincia ad allungarsi, il peduncolo<br />

o l’ovario si orientano in modo più<br />

o meno obliquo e nel contempo subiscono<br />

una torsione di 180° da sinistra verso<br />

destra, portando il fiore nella posizione<br />

che ci è più familiare, ossia con il labello<br />

girato verso il basso.<br />

Tale fenomeno si chiama resupinazione;<br />

tuttavia non avviene in tutte le specie. In<br />

Nigritella nigra e in Epipogium aphyllum,<br />

per esempio, il labello rimane girato verso<br />

l’alto. In Malaxis monophyllos, orchidea<br />

presente sulle Alpi, la rotazione è di 360°.<br />

Dei meccanismi che fanno scattare questa<br />

torsione non si sa ancora niente di preci-<br />

5<br />

7<br />

3<br />

1<br />

3<br />

4<br />

5<br />

2<br />

7<br />

2<br />

6<br />

9<br />

10<br />

Ophrys<br />

1-Sepalo mediano; 2-Sepalo laterale;<br />

3-Petalo; 4-Connettivo; 5-Becco; 6-Base<br />

<strong>del</strong> labello; 7-Disegno; 8-Lobo laterale <strong>del</strong><br />

labello; 9-Lobo centrale <strong>del</strong> labello;<br />

10-Appendice; 11-Stimma<br />

Serapias<br />

1-Casco perigoniale; 2-Ipochilo; 3-Epichilo;<br />

4-Pelosità <strong>del</strong> labello; 5-Brattea; 6-Ovario<br />

so, tuttavia è abbastanza evidente che la<br />

posizione assunta dal labello è certamente<br />

più comoda per gli insetti impollinatori e<br />

facilita le operazioni di tale funzione.<br />

Si può dire che funziona come sorta di<br />

pista d’atterraggio. Va comunque ricordato<br />

che anche nelle specie in cui non avviene la<br />

torsione (es. Nigritella) le visite degli insetti<br />

sono altrettanto abbondanti.<br />

<strong>Le</strong> variazioni di colore<br />

Se si osserva, ad esempio, una popolazione<br />

di Orchis morio o di Orchis purpurea, si<br />

potrà notare una sensibile variazione di<br />

colore tra i vari esemplari. Queste diverse<br />

intensità cromatiche sono dovute alla<br />

diversa concentrazione di pigmenti (antociani)<br />

e possono variare a causa di fattori<br />

esterni, quali l’intensità di luce o il tipo<br />

di substrato o anche per cause interne,<br />

di origine genetica; possono interessare<br />

solo parte <strong>del</strong> fiore (es. il labello) oppure<br />

tutto il perianzio.<br />

Si possono trovare esemplari completamente<br />

decolorati, bianchi o con qualche<br />

venatura giallastra o verdastra, dovuta alla<br />

presenza <strong>del</strong>la clorofilla. Anche le logge<br />

polliniche sono depigmentate e lasciano<br />

trasparire il colore dei pollinii.<br />

Questo caso di albinismo prende il nome<br />

di Apocromia e può interessare anche<br />

le foglie: ad esempio possono sparire le<br />

macule fogliari in Dactylorhiza fuchsii.<br />

Si possono trovare inoltre esemplari con<br />

colorazioni più intense di quella tipica<br />

<strong>del</strong>la specie: in questo caso il fenomeno<br />

è chiamato ipercromia. Un tempo queste<br />

forme, soprattutto quelle apocrome,<br />

venivano descritte come vere e proprie<br />

sottospecie o varietà e ricevevano nomi<br />

latini quali: alba, albiflora, nivea, viridis o<br />

virescens. Attualmente i ricercatori tendono<br />

ad attribuire scarsa importanza sistematica<br />

a tali fenomeni.<br />

<strong>Le</strong> anomalie di forma<br />

Altri fenomeni più rari, ma molto interessanti,<br />

sono le anomalie di forma: si trovano<br />

infatti individui in possesso di anomalie<br />

genetiche in grado di originare individui<br />

mostruosi detti lusus. Tali alterazioni si<br />

possono manifestare su alcune o su tutte<br />

le parti <strong>del</strong> fiore. Ad esempio, ogni parte<br />

<strong>del</strong> fiore può essere mancante o molti-<br />

Variazioni di colore: a-Epipactis muelleri depigmentata,<br />

b-Dactylorhiza maculata con colorazione<br />

più intensa rispetto alla forma tipica.<br />

a b<br />

20 21<br />

2<br />

8<br />

4<br />

3<br />

11<br />

2<br />

3<br />

1<br />

4<br />

6<br />

1<br />

5<br />

2<br />

8<br />

7<br />

5


a<br />

b<br />

c<br />

d<br />

plicata, saldata con altre o deformata. <strong>Le</strong><br />

cause di tali fenomeni sono da ricercarsi<br />

in fattori genetici interni, oppure sono<br />

originati da elementi esterni, quali una<br />

gelata tardiva, una malattia o danni provocati<br />

dall’inquinamento. Attualmente questi<br />

fenomeni vengono studiati attentamente<br />

dagli esperti perchè possono fornire importanti<br />

dati sulle tappe evolutive <strong>del</strong>le<br />

specie.<br />

Gli organi riproduttivi<br />

Come tutti i fiori <strong>del</strong>le angiosperme, anche<br />

quelli <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> contengono gli<br />

organi riproduttivi maschili (androceo) e<br />

femminili (gineceo).<br />

Tali organi sono fusi assieme (caratteristica<br />

unica <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>), assumono una posizione<br />

colonnare centrale rispetto all’asse<br />

fiorale e sono collocati sopra il labello. Tale<br />

insieme è chiamato ginostemio (o ginostegio<br />

o ginandro). Quasi tutte le <strong>orchidee</strong><br />

italiane appartengono alla sottofamiglia<br />

<strong>del</strong>le Monandre, quelle specie cioè che a<br />

seguito <strong>del</strong>l’evoluzione si sono ridotte ad<br />

avere un solo stame fertile. L’unica orchidea<br />

italiana ad avere due stami fertili è la<br />

ben nota Cypripedium calceolus o Scarpetta<br />

di Venere e appartiene alla sottofamiglia<br />

<strong>del</strong>le Diandre.<br />

I grani di polline anziché pulverulenti sono<br />

agglutinati (salvo alcuni casi) e formano<br />

due piccole masse dette pollinii. Tali organi<br />

sono posti nelle logge <strong>del</strong>l’antera e sono<br />

collegati ad una ghiandola vischiosa detta<br />

viscidio o retinacolo, tramite due piccoli<br />

filamenti chiamati caudicole.<br />

Il viscidio ha lo scopo di fare aderire i<br />

pollinii al capo degli insetti, quando questi<br />

si posano sul fiore per succhiare il nettare.<br />

Il rostello, presente in quasi tutte le <strong>orchidee</strong>,<br />

ha il compito di impedire che i pollinii<br />

vengano a contatto con lo stimma evitando<br />

in questo modo l’autoimpollinazione.<br />

In certe specie autogame, il rostello è assente<br />

o rudimentale (es. in alcune specie<br />

di Epipactis). Lo stimma è una specie di<br />

fossetta posta alla base <strong>del</strong> ginostemio.<br />

L’ovario è intero, posto cioè alla base degli<br />

organi fiorali e può essere scambiato per<br />

un peduncolo; è monoculare, gli ovuli<br />

sono numerosissimi e sono fissi su tre<br />

placente; reca all’esterno da 3 a 6 costole<br />

longitudinali e per mezzo <strong>del</strong>la spaccatura<br />

di queste costole si ha la fuoriuscita dei<br />

semi maturi.<br />

Anomalie di forma in: a-Serapias vomeracea, b-<br />

Ophrys benacensis, c-Nigritella rhellicani, d-Himantoglossum<br />

adriaticum, e-Oprhys fuciflora.<br />

L’impollinazione<br />

Come si è già accennato, l’impollinazione<br />

avviene nella stragrande maggioranza dei<br />

casi per via entomofila. Gli insetti interessati<br />

a questo sono lepidotteri, imenotteri<br />

e ditteri. Per attirare tali insetti le <strong>orchidee</strong>,<br />

nel corso dei millenni, evolvendosi, hanno<br />

messo a punto dei meccanismi altamente<br />

specializzati; infatti questo compito viene<br />

demandato, a seconda dei generi o <strong>del</strong>le<br />

specie, a uniche o a poche specie di in-<br />

22 23<br />

7<br />

8<br />

e<br />

9<br />

10<br />

11<br />

Ginostemio di Orchis<br />

1-Connettivo; 2-Antera; 3-Loggia <strong>del</strong>l’antera;<br />

4-Pollinio; 5-Piega <strong>del</strong> rostello; 6-Caudicola;<br />

7-Retinacolo; 8-Bursicula; 9-Rostello;<br />

10-Stimma; 11-Fauce <strong>del</strong>lo sperone.<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

6<br />

setti. Ad esempio nei generi Anacamptis,<br />

Gymnadenia, Platanthera, certe farfalle<br />

in possesso di una lunga proboscide<br />

(spiritromba) nel tentativo di succhiare il<br />

nettare che si trova in fondo al lungo sperone,<br />

fanno pressione con il capo contro i<br />

retinacoli; questi faranno aderire i pollinii<br />

al capo <strong>del</strong>l’insetto.<br />

Dopo aver terminato la sua azione predatrice,<br />

l’insetto volerà via con i pollinii<br />

attaccati rivolti verso l’alto. Pochi secondi<br />

dopo le caudicole perdono di rigidità e<br />

si piegano in avanti portando i pollinii in<br />

posizione orizzontale; in questo modo<br />

entreranno facilmente in contatto con lo<br />

stimma di un altro fiore <strong>del</strong>la stessa specie,<br />

quando l’insetto tenterà di succhiare<br />

il nettare. Il metodo di attirare gli insetti<br />

con la produzione di sostanze zuccherine<br />

(nettare) o con la colorazione più o meno<br />

vistosa o con lo stesso profumo <strong>del</strong> fiore<br />

è un fenomeno assai diffuso anche in altre<br />

specie <strong>del</strong> Regno Vegetale.<br />

Un metodo invece estremamente interessante<br />

è quello messo a punto dalle specie<br />

<strong>del</strong> genere Ophrys. Tali specie, non avendo<br />

nettare, attuano un vero e proprio inganno<br />

ai danni di certi insetti.<br />

Il labello assomiglia nella forma, nella colorazione<br />

ed anche nell’odore emesso dal<br />

fiore, all’addome <strong>del</strong>la femmina di certe<br />

specie di imenotteri.<br />

I maschi, attirati da questa falsa femmina,<br />

ma soprattutto dall’odore emesso, tentano<br />

di accoppiarsi. Durante questo falso<br />

accoppiamento (pseudo-copulazione),<br />

il capo <strong>del</strong>l’insetto viene a contatto con<br />

i pollinii e avrà così inizio il meccanismo<br />

<strong>del</strong> trasporto dei pollinii che permetterà<br />

l’impollinazione di un nuovo fiore.<br />

Il merito di aver chiarito il fenomeno <strong>del</strong>l’impollinazione<br />

incrociata <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>,<br />

va al grande naturalista inglese C. Darwin<br />

(1800-1882) padre <strong>del</strong>l’evoluzionismo.<br />

L’autoimpollinazione<br />

In certe specie di Epipactis (es. E. muelleri),<br />

l’impollinazione avviene con il polline<br />

prodotto dallo stesso fiore (autoimpollinazione).<br />

Queste specie sono caratterizzate<br />

dalla mancanza o dalla riduzione <strong>del</strong><br />

rostello; i pollinii inoltre, anzichè essere<br />

compatti, sono pulverulenti: in tal modo<br />

possono cadere sullo stimma.<br />

Altra specie dove può avvenire l’autoimpollinazione<br />

è Ophrys apifera; quando i


fiori sono aperti, se non vengono visitati<br />

dagli insetti in un tempo piuttosto breve,<br />

le caudicole, essendo molto sottili, si<br />

seccano e si ripiegano, facendo uscire i<br />

pollinii dalle loro logge; a seguito di questo<br />

ripiegamento i pollinii andranno a toccare<br />

lo stimma.<br />

Osservare questo fenomeno da noi non<br />

è molto comune: infatti questa specie<br />

viene spesso visitata dagli insetti. Sembra<br />

tuttavia che tale fenomeno sia l’unico a<br />

garantire l’impollinazione degli individui<br />

presenti a nord <strong>del</strong>le Alpi, dove mancano<br />

gli insetti pronubi.<br />

In Neottia nidus-avis l’impollinzione entomofila<br />

può avvenire soltanto nei primi<br />

giorni <strong>del</strong>l’apertura <strong>del</strong> fiore, dopo di che<br />

la ghiandola vischiosa perde la sua capacità<br />

adesiva. A questo punto i pollinii si<br />

ripiegano fino a toccare lo stimma.<br />

Sempre in Neottia nidus-avis e in Epipogium<br />

aphyllum, specie micotrofiche, l’autoimpollinazione<br />

può avvenire in condizioni<br />

estreme. Queste <strong>orchidee</strong>, in presenza di<br />

condizioni avverse, possono svolgere il<br />

loro ciclo vitale completamente sotto terra<br />

e conseguentemente fiorire, autoimpollinarsi<br />

e fruttificare.<br />

Infine, in certe specie di Epipactis, Cephalanthera,<br />

Limodorum, la fecondazione può<br />

avvenire quando i fiori sono ancora chiusi;<br />

in questo caso si ha il fenomeno <strong>del</strong>la<br />

cleistogamia. Una volta avvenuta la fecon-<br />

a-Fiore di Gymnadenia conopsea con insetto<br />

impollinatore, b-fiore di Ophrys insectifera<br />

con insetto impollinatore, c-fiore di Orchis<br />

coriophora con insetto impollinatore, d-fiore<br />

di Epipactis con insetto impollinatore.<br />

a b<br />

Impollinazione: a-Insetto impollinatore su Orchis coriophora fragrans, b-Farfalla su Nigritella<br />

rhellicani.<br />

dazione, i tepali possono seccare senza<br />

essersi aperti. Trovare infatti esemplari di<br />

queste specie con i fiori completamente<br />

aperti è un evento assai raro.<br />

d<br />

c<br />

a<br />

b<br />

La germinazione<br />

A seguito <strong>del</strong>la fecondazione si ha una<br />

notevole produzione di semi. Darwin in<br />

un ovario maturo di Dactylorhiza maculata<br />

contò 6.200 semi. Se germinassero tutti i<br />

semi di una D. maculata (sempre secondo<br />

Darwin), basterebbero solo quattro generazioni<br />

per coprire tutte le terre emerse.<br />

Ma un così alto numero di semi compensa,<br />

in parte, le difficoltà di germinazione. Essi<br />

infatti sono piccolissimi e leggerissimi:<br />

facilmente trasportati dal vento, non<br />

contengono o quasi sostanze di riserva.<br />

Pertanto, per poter germinare, hanno bisogno<br />

di un apporto di sostanze nutritizie<br />

che provenga dall’esterno: questo apporto<br />

avviene grazie alla simbiosi con minuscoli<br />

funghi endoparassiti, appartenenti per lo<br />

più al genere Rhizoctonia.<br />

Dall’incontro tra seme e fungo si apre una<br />

fase nella quale i due contendenti cercano<br />

di avere il sopravvento. Se il seme riesce<br />

a fagocitare completamente il fungo,<br />

morirà per mancanza di nutrimento; vi<br />

sarà comunque la morte <strong>del</strong> seme, anche<br />

se è il fungo ad avere il sopravvento. Un<br />

certo equilibrio si ha soltanto se il seme,<br />

per mezzo <strong>del</strong> fungicida che contiene,<br />

riesce a limitare la presenza <strong>del</strong> fungo a<br />

sue certe parti. In questa fase ha inizio<br />

la germinazione e si origina un rapporto<br />

che avvantaggia entrambi i contendenti.<br />

Inizia così per questa compagnia un lungo<br />

e difficile periodo verso la formazione di<br />

una nuova pianta: per certe specie infatti<br />

occorrono 6-7 o persino 15 anni prima<br />

che la nuova pianta sia in grado di portare<br />

a fioritura i primi fiori. Rimangono a tutt’oggi<br />

numerosi lati oscuri sul fenomeno<br />

<strong>del</strong>la simbiosi, tuttavia sembra che per le<br />

<strong>orchidee</strong> a foglie verdi tale simbiosi duri<br />

per il periodo necessario alla formazione<br />

di un piccolo tubercolo e alla conseguente<br />

formazione di foglie. Una volta in grado<br />

di fotosintetizzare, la pianta è in grado di<br />

svilupparsi da sola.<br />

Nelle specie micotrofiche (Limodorum<br />

abortivum, Neottia nidus-avis, Epipogium<br />

aphyllum, Corallorhiza trifida) non avviene<br />

la fotosintesi, pertanto si serviranno per<br />

tutta la loro vita <strong>del</strong>l’apporto nutritizio<br />

dato da questi funghi.<br />

La scoperta di questo particolare sistema<br />

di germinazione si è avuta soltanto<br />

all’inizio di questo secolo, per merito <strong>del</strong><br />

botanico francese Noël Bernard, il quale,<br />

osservando al microscopio dei semi di<br />

Neottia in fase di germinazione raccolti<br />

accanto alla pianta madre, scoprì che<br />

questi erano inframmezzati da minuscoli<br />

filamenti fungini.<br />

A seguito di questa scoperta, la scienza<br />

moderna ha messo a punto dei sistemi di<br />

germinazione artificiale che trovano largo<br />

impiego industriale nella produzione di<br />

piante ornamentali. Tali tecniche vengono<br />

per lo più applicate alle specie esotiche,<br />

le quali, essendo più vistose, sono più<br />

appetite dal mercato.<br />

Oltre alla propagazione per mezzo dei<br />

semi esse hanno messo a punto sistemi<br />

vegetativi per consentire la propagazione<br />

<strong>del</strong>la specie (fenomeno comune anche a<br />

molte altre specie <strong>del</strong> Regno Vegetale).<br />

Alcune producono due tuberi anzichè uno,<br />

come per esempio nel genere Serapias. In<br />

Goodyera repens si ha l’emissione di stoloni<br />

radicanti. Altre specie (es. Epipactis) si<br />

moltiplicano producendo germogli per<br />

mezzo dei rizoma.<br />

24 25<br />

7<br />

8<br />

Il ciclo vitale<br />

1) Apertura <strong>del</strong>le capsule a maturazione;<br />

2) Dispersione dei minutissimi semi; 3)<br />

Semi fortemente ingranditi; 4) I semi<br />

giunti nel terreno ricevono l’apporto nutrizionale<br />

dal fungo micorizzico, fino alla<br />

formazione <strong>del</strong>le prime foglie verdi; 5-6)<br />

Prima che abbia luogo la fioritura la nuova<br />

pianta si rafforza per alcuni anni, secondo<br />

il ciclo annuale; 7) Fioritura; 8) Insetto<br />

impollinatore.<br />

1<br />

6<br />

2<br />

4<br />

Ciclo vitale<br />

3<br />

5


PROTEZIONE E CAUSE DI RAREFAZIONE<br />

Con l’avvento <strong>del</strong>l’era moderna ed<br />

industrializzata e con il conseguente<br />

fenomeno <strong>del</strong>l’inquinamento e degrado<br />

ambientale si è andata formando in un<br />

parte sempre più vasta <strong>del</strong>la popolazione<br />

mondiale, una mentalità di protezione<br />

<strong>del</strong>la natura in generale e in special modo<br />

di parte di essa.<br />

Questa mentalità è stata recepita da alcuni<br />

governi che hanno legiferato in merito.<br />

Purtroppo sono ancora pochi gli Stati<br />

che si sono dati queste misure di protezione.<br />

Per quanto riguarda l’Europa, nella<br />

protezione <strong>del</strong>la flora e <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> in<br />

particolar modo vi è un enorme ritardo<br />

nella legislazione nazionale dei paesi <strong>del</strong><br />

sud rispetto a quelli <strong>del</strong> nord.<br />

Negli stati <strong>del</strong> nord la protezione è totale<br />

o parziale a seconda <strong>del</strong>le specie. Nei<br />

paesi <strong>del</strong>l’area mediterranea non vi sono<br />

ancora leggi specifiche in merito. La mancanza<br />

è tanto più grave se si pensa che<br />

per alcune specie gli esperti prevedono<br />

non più di 10 o 20 anni di vita. In certi<br />

Stati <strong>del</strong> Medio Oriente i tuberi <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong> vengono essiccati al sole e se<br />

ne trae una farina chiamata “salep” che<br />

serve per aromatizzare ed addensare il<br />

latte. Questi fatti sembrano, per fortuna,<br />

in regresso; tuttavia hanno portato molte<br />

specie sull’orlo <strong>del</strong>l’estinzione. In Italia la<br />

tutela in materia floristica è demandata<br />

alle Regioni.<br />

La situazione italiana rispecchia a tutt’oggi<br />

l’andamento appena descritto. Diverse<br />

Regioni e alcune Province, in modo autonomo,<br />

da più di un ventennio hanno<br />

affrontato il problema, anche se in modo<br />

difforme da regione a regione. Questo,<br />

tutto sommato, può essere un fatto positivo<br />

perché, nel formulare le proposte<br />

di legge, si sarà certamente tenuto conto<br />

<strong>del</strong>le varie situazioni locali, cosa che non<br />

sarebbe stata possibile con una legge a<br />

livello nazionale. Alcune Regioni <strong>del</strong> sud<br />

non hanno ancora provveduto ad emanare<br />

leggi di protezione, forse perchè in<br />

quei luoghi l’agricoltura intensiva è meno<br />

praticata che nel nord Italia e i centri industrializzati,<br />

con i conseguenti fenomeni<br />

di inquinamento, sono meno presenti; ma<br />

soprattutto perchè al sud la pastorizia è<br />

ancora un’attività sufficientemente diffusa.<br />

Sembra infatti paradossale, ma proprio là<br />

dove è presente il pascolo, vi è la maggior<br />

presenza di orchidacee, proprio perchè<br />

il manto erboso viene mantenuto rasato<br />

e le piante arbustive sono contenute in<br />

spazi limitati. <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> non vengono<br />

mangiate dagli animali al pascolo. Un<br />

certo danno può derivare dal calpestio,<br />

laddove il carico di animali è eccessivo;<br />

tuttavia il calpestio non provoca quasi mai<br />

la morte <strong>del</strong>le piante e, comunque, questo<br />

fatto ha scarsissima incidenza agli effetti<br />

<strong>del</strong>la rarefazione.<br />

Per quanto riguarda la nostra Regione, nel<br />

1977 è stata emanata una legge (L.R. n. 2<br />

<strong>del</strong> 24-1-1977) che tutela integralmente<br />

tutta la famiglia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>.<br />

Un’altra causa, oltre a quelle già citate,<br />

<strong>del</strong>la sparizione e <strong>del</strong>la rarefazione di<br />

molte specie è senz’altro l’abbandono<br />

da parte <strong>del</strong>l’uomo di certe attività agropastorali<br />

che per centinaia e centinaia di<br />

anni avevano mantenuto in uno stato di<br />

semi-naturalità la montagna e vaste zone<br />

<strong>del</strong>la collina.<br />

La pulizia dei boschi, il taglio annuale<br />

dei prati, lo sfruttamento dei canneti, la<br />

transumanza, il pascolo estensivo sono<br />

tutte attività a cui è legata la vita <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong>: in un bosco troppo fitto non<br />

possono vivere perchè non vi penetra<br />

luce sufficiente; un prato abbandonato si<br />

trasforma in breve tempo in un ammasso<br />

di sterpaglie dove le <strong>orchidee</strong> vengono<br />

soffocate.<br />

<strong>Le</strong> specie più gravemente minacciate sono<br />

quelle che hanno come loro biotopo<br />

naturale le zone umide (torbiere); questi<br />

luoghi sono stati quasi totalmente distrutti<br />

ad opera <strong>del</strong>l’uomo con prosciugamenti<br />

per far posto all’agricoltura o con la deviazione<br />

<strong>del</strong>l’acqua <strong>del</strong>le sorgenti per immetterla<br />

negli acquedotti. In questo modo, ad<br />

esempio, è stata completamente distrutta<br />

negli ultimi 40-50 anni la popolazione<br />

orchidacea presente in Val Padana.<br />

L’era motorizzata ha portato con sè<br />

la moda <strong>del</strong>la gita in campagna, <strong>del</strong>la<br />

riscoperta <strong>del</strong>la natura. Purtroppo, per<br />

molti di questi “naturalisti estemporanei”<br />

che si riversano ogni fine settimana sulle<br />

colline e in montagna, natura significa<br />

abbandonare i propri rifiuti e fare dei bei<br />

mazzi di fiori, fra cui molte <strong>orchidee</strong>, da<br />

portarsi a casa.<br />

Situazione nel Piacentino ed eventuali<br />

forme di prevenzione<br />

Prendendo in esame i dati di questa ricerca<br />

e confrontandoli con la situazione<br />

esistente in altre parti d’Italia (per esempio<br />

in vaste zone <strong>del</strong>la Liguria), ci si rende<br />

conto che a tutt’oggi la situazione <strong>del</strong>la<br />

popolazione orchidacea <strong>del</strong> Piacentino,<br />

tutto sommato, può definirsi soddisfacente.<br />

Sull’Appennino, attorno ai 1000<br />

m, si trovano specie rarissime, tipicamente<br />

alpine, come Dactylorhiza traunsteineri,<br />

D. majalis e Nigritella rhellicani. Nelle<br />

vallate dove si incanalano correnti di aria<br />

calda provenienti dal vicino mar Ligure, si<br />

trovano specie tipicamente mediterranee<br />

come, ad esempio, Orchis papilionacea<br />

e O. anthropophorum. Tuttavia, se c’è<br />

da essere soddisfatti per il numero di<br />

specie trovate, qualche preoccupazione<br />

sorge analizzando i dati caso per caso.<br />

Si può notare che parecchie di queste<br />

specie sono presenti in poche o in uniche<br />

stazioni e, in alcuni casi, con pochissimi<br />

esemplari.<br />

Benchè la situazione attuale, come si è<br />

detto, sia abbastanza buona, si notano<br />

segnali molto preoccupanti di un costante<br />

e repentino regresso. In numerose<br />

stazioni con popolazioni ancora in buono<br />

stato, si può notare come alcune specie,<br />

soprattutto le più basse, abbiano difficoltà<br />

a sbucare in mezzo all’alto strato di graminacee<br />

secche e appressate al terreno dalle<br />

nevicate. In molti casi le infiorescenze<br />

rimangono aggrovigliate e pertanto non<br />

riescono a portare a maturazione i semi.<br />

Si può quindi affermare che anche nel Piacentino<br />

le <strong>orchidee</strong> abbiano ormai perso<br />

quasi completamente i loro amici naturali<br />

e il fenomeno regressivo stia diventando,<br />

pertanto, irreversibile.<br />

La pastorizia è un’attività quasi ovunque<br />

abbandonata e ristretta solo a poche zone<br />

<strong>del</strong>l’Appennino. L’abbandono da parte<br />

<strong>del</strong>l’uomo di vaste zone <strong>del</strong>la montagna<br />

appenninica, fenomeno cominciato già<br />

prima <strong>del</strong>la seconda guerra mondiale e<br />

proseguito sino ai giorni nostri, è ancora<br />

in atto. Pertanto in queste zone non<br />

vengono più eseguite le attività atte a<br />

contenere l’avanzata <strong>del</strong>le sterpaglie. Un<br />

altro fatto negativo è stata l’introduzione,<br />

o comunque la proliferazione in vaste zone<br />

<strong>del</strong> nostro territorio, <strong>del</strong> cinghiale. Questo<br />

animale, nel tentativo di procurarsi il<br />

cibo, stravolge con la sua proboscide la<br />

cotica erbosa <strong>del</strong>le praterie di montagna,<br />

sradicando conseguentemente tutti i bulbi<br />

che vi si trovano. In particolare, si è notato<br />

che i tuberi di alcune specie (Dactylorhiza<br />

sambucina, Traunsteinera globosa) vengono<br />

costantemente mangiati.<br />

A 14 anni di distanza dalla mia precedente<br />

pubblicazione sulle <strong>orchidee</strong>, sono in<br />

grado di fare dei raffronti e di trarre <strong>del</strong>le<br />

conclusioni.<br />

Rispetto al 1989, novità, riguardanti le<br />

<strong>orchidee</strong>, ce ne sono state: per esempio,<br />

alcune specie hanno cambiato nome:<br />

Nigritella non si chiama più Nigra, ma<br />

Rhellicani; Dactylorhiza latifolia è ritornata<br />

a chiamarsi Sambucina; il genere Aceras è<br />

sparito, perché l’unica specie <strong>del</strong> genere,<br />

A. anthropophorum è stata reinserita nel<br />

genere Orchis; è stata descritta una nuova<br />

specie per la scienza, Epipactis placentina.<br />

Ho segnalato il ritrovamento in provincia<br />

di dieci nuove specie, tra le quali spiccano<br />

Epipactis gracilis, Epipactis viridiflora,<br />

Himantoglossum hircinum, che con la presenza<br />

sul nostro territorio segnano il loro<br />

limite settentrionale.<br />

Accanto a queste poche buone notizie,<br />

ce ne sono tante altre tutte, purtroppo,<br />

negative. Da anni non trovo più Orchis<br />

laxiflora, O. anthropophora, Pseudoorchis<br />

albida. Inoltre O. papilionacea era presente,<br />

nel 2001, con un solo esemplare.<br />

Nigritella rhellicani ha visto ridurre la sua<br />

presenza a poche decine di esemplari.<br />

Dactylorhiza sambucina e O. morio, specie<br />

che solo 14-15 anni fa erano ancora presenti<br />

in modo decisamente abbondante,<br />

oggi sono a rischio estinzione, a causa<br />

di una sempre più massiccia presenza<br />

<strong>del</strong> cinghiale. Quest’ultimo, che fino a<br />

pochi anni fa si cibava soltanto di bulbi<br />

di una certa consistenza (<strong>orchidee</strong>, lilium,<br />

ornitogalum), non trovando di meglio da<br />

mangiare, è tornato di nuovo a scavare<br />

negli stessi luoghi, non per mangiare<br />

<strong>orchidee</strong> (non ce ne sono più), ma per<br />

cibarsi di quello che è rimasto: bulbi di<br />

Tulipa sylvestris subsp. australis, crocus<br />

sp., lasciando, dopo queste ultime scorribande,<br />

un manto erboso che non riesce<br />

più a ricostituirsi. Al suo posto, crescono<br />

26 27


igogliose, forse avvantaggiate da mutate<br />

condizioni climatiche, certe piante definite<br />

specie ruderali (ortiche, bardane,<br />

ecc), creando quelle condizioni che gli<br />

esperti definiscono “banalizzazione <strong>del</strong><br />

territorio”: poche specie che crescono a<br />

dismisura a scapito <strong>del</strong>la normale diversità<br />

biologica.<br />

Nel corso di questi anni, ho spesso elencato<br />

quali sono stati i disastri compiuti<br />

dai cinghiali; tuttavia anche se questo è<br />

stato e rimane un gravissimo problema,<br />

sarebbe disonesto addossare a questo<br />

animale tutte le colpe. Infatti la trasformazione<br />

<strong>del</strong> territorio con l’avvento <strong>del</strong>l’era<br />

industriale, lo spopolamento sempre più<br />

evidente di vaste zone, la conseguente<br />

mancanza di animali al pascolo, il mancato<br />

sfalcio <strong>del</strong>l’erba e la mancanza di pulizia<br />

nei boschi sono le cause che, al pari <strong>del</strong><br />

cinghiale se non di più, contribuiscono a<br />

portare all’estinzione tantissime specie e<br />

non solo di <strong>orchidee</strong>.<br />

Questi problemi erano a me ben noti già<br />

verso la metà degli anni Ottanta, quando,<br />

con dei piccoli esperimenti, mi accorsi che<br />

bastava tagliare arbusti ed erba da una<br />

determinata area per veder rispuntare<br />

rigogliose, nel giro di pochi d’anni, specie<br />

che altrimenti sarebbero rimaste soffocate.<br />

Forte di queste convinzioni, mi attivai<br />

per dimostrare all’opinione pubblica che i<br />

problemi di rarefazione non dipendevano<br />

dalla raccolta, come allora si pensava o<br />

come probabilmente qualcuno pensa<br />

ancora, ma dai problemi sopra elencati.<br />

Porto due esempi.<br />

Dopo aver individuato una zona altamente<br />

a rischio, ma con una presenza ancora<br />

straordinaria di biodiversità, situata a<br />

Nord dei Groppi di Lavezzera (Ferriere),<br />

ho raccolto il consenso dei proprietari<br />

(non è stato facile perché sono numerosi,<br />

nonostante l’area sia estenda per poche<br />

migliaia di metri quadrati) per mantenere<br />

la zona sgombra da erbe ed arbusti infestanti.<br />

Già il primo anno di intervento<br />

si sono notati i primi risultati: le specie<br />

sono ritornate ad assumere la loro forma<br />

abituale, mentre prima risultavano alterate<br />

nelle loro caratteristiche abituali a causa<br />

<strong>del</strong>l’enorme accumulo di erba. Il secondo<br />

e terzo anno si è notato un sensibile aumento<br />

di esemplari a fiore.<br />

In una stazione dove vivevano in condizioni<br />

estreme non più di 10 esemplari a<br />

fiore di Himantoglossum adriaticum, ci si era<br />

accorti che sotto alle macchie di ginestre<br />

e sterpaglie varie vi erano numerose foglie<br />

molto allungate e di colore innaturale,<br />

sintomo di mancanza di luce. Dopo un intervento<br />

di pulizia, mirato all’asportazione<br />

dei rovi e di alcune macchie di ginestre,<br />

oggi si può notare la magnifica fioritura<br />

di oltre 150 esemplari.<br />

Dopo aver fatto il quadro <strong>del</strong>la situazione,<br />

positivo da una parte ma estremamente<br />

drammatico dall’altra, occorre<br />

urgentemente pensare al da farsi. Molte<br />

volte, nell’affrontare i problemi, si rimane<br />

arroccati dietro una mentalità ormai<br />

superata, favorita però da carenze legislative.<br />

In questo caso sarebbe auspicabile<br />

un’incentivazione <strong>del</strong> pascolo che oltre<br />

ad essere redditizio, concorrerebbe a<br />

mantenere inalterato l’ambiente. Sarebbe<br />

senz’altro importante l’opera di gruppi di<br />

volontari che, con modesti e mirati sacrifici,<br />

darebbero un contributo notevole<br />

soprattutto nel mantenere pulite le zone<br />

di maggior interesse.<br />

Questa modesta esposizione <strong>del</strong>la situazione<br />

provinciale non ha certamente la<br />

pretesa di offrire spiegazioni definitive a<br />

tutti i problemi; probabilmente esistono<br />

altri sistemi per rallentare la rarefazione.<br />

Quello che più conta, però, è agire e agire<br />

subito, qui da noi come in tante altre parti.<br />

In caso contrario, all’uomo tecnologico<br />

non rimarrà che prendere atto, anno dopo<br />

anno, di questa o di quella sparizione.<br />

Così diventeremo ogni giorno sempre<br />

più poveri, poveri di quello straordinario<br />

patrimonio genetico datoci in prestito da<br />

madre natura, prestito che noi non saremo<br />

riusciti a tramandare ai nostri figli.<br />

In conclusione, se si vorrà salvare una<br />

testimonianza floristica e tramandarla<br />

alle future generazioni, si dovranno individuare<br />

le aree più interessanti (questo è<br />

già possibile grazie ai censimenti floristici<br />

fatti nel decennio scorso) e provvedere,<br />

senza indugi, a tagliarvi annualmente<br />

l’erba e a contenere l’avanzata di arbusti<br />

(tutto ciò, naturalmente, andrà fatto nel<br />

periodo di riposo di queste piante: fine<br />

agosto, settembre). Inoltre, si dovrà<br />

affrontare la questione cinghiale: non<br />

risolvere questo problema, renderebbe<br />

vana qualsiasi altra azione. Dopo quanto<br />

sopra esposto, mi sembra chiaro che non<br />

vi è più tempo da perdere: la sparizione<br />

certa di O. laxiflora, O. anthropophora e<br />

forse di P. albida, sono un segno tangibile<br />

<strong>del</strong>le nostre inadempienze.<br />

I G E N E R I<br />

P R E S E N T I<br />

N E L L A<br />

P R O V I N C I A<br />

28 29<br />

D I<br />

P I A C E N Z A


EPIPACTIS ZINN 1757<br />

Il nome generico Epipactis è di origine incerta. Secondo alcuni autori Epipactis era il<br />

nome che i greci davano ad una specie di elleboro. Da ciò è stato tratto il nome di un<br />

nuovo genere di <strong>orchidee</strong> chiamato Helleborine per la somiglianza <strong>del</strong>le foglie con quelle<br />

<strong>del</strong>l’elleboro bianco o veratro. Genere essenzialmente euroasiatico, ma con alcune<br />

presenze in Africa e in America. Secondo gli esperti il genere sarebbe arretrato, nel<br />

corso <strong>del</strong>l’ultima glaciazione, pressappoco al di sotto <strong>del</strong>la linea <strong>del</strong> 40° parallelo. Con<br />

l’arretramento dei ghiacci cominciato circa 12 o 13 mila anni fa, la faggeta con le sue<br />

consociazioni vegetali comincia una lenta risalita verso nord: fra queste specie vi sono<br />

anche le Epipactis, che riconquistano praticamente quasi tutta l’Europa. Attualmente<br />

questo genere viene ritenuto in piena evoluzione; ciò giustifica la grande variabilità<br />

presente. Il genere si suddivide in 2 sezioni; la prima sezione (Arthochilium Irmisch) si<br />

contraddistingue per la forma <strong>del</strong> labello articolato in 2 parti: ipochilo con lobi laterali;<br />

epichilo mobile. Appartengono a questa sezione 2 sole specie di cui una sola è<br />

presente in Italia (E. palustris (L.) Crants.). La seconda sezione (Euepipactis Irmisch) si<br />

contraddistingue per avere l’ipochilo a forma di coppa senza lobi laterali e l’epichilo non<br />

articolato, ma ben fissato all’ipochilo, e vi appartengono tutte le altre specie. Queste<br />

specie vengono definite autogame o allogame a secondo <strong>del</strong> tipo di impollinazione che<br />

attuano: le prime si contraddistinguono per la mancanza di un rostello efficace, privo<br />

cioè di quell’elemento utile per far aderire il polline al capo <strong>del</strong>l’insetto vettore (viscidio) e<br />

pertanto il polline sarà disgregato, polverulento e cadrà liberamente sulla parte femminile<br />

<strong>del</strong> fiore (stimma), dando vita all’autoimpollinazione, come avviene per esempio in E.<br />

muelleri; le seconde si contraddistinguono per avere un rostello efficace. In queste ultime<br />

l’impollinazione avviene per allogamia: il polline viene trasportato da un fiore all’altro da<br />

insetti, come avviene solitamente in E. helleborine. Avviene non di rado che anche in specie<br />

attrezzate perfettamente per l’impollinazione incrociata, in condizioni estreme, il polline<br />

si disgreghi e cada sullo stimma; questo evento può avvenire ancora quando il fiore è<br />

in boccio (cleistogamia). La valutazione errata di questi fenomeni ha portato nel corso<br />

di questi anni a segnalazioni di specie poi rivelatesi errate. Credo che al fine di una più<br />

attenta determinazione sia necessario tenere maggiormente in considerazione la forma<br />

<strong>del</strong> ginostemio anzichè il modo in cui esso funziona. Queste forme di impollinazione<br />

e la scarsa specializzazione dei fiori, visitati da innumerevoli specie di insetti, portano a<br />

un’altissima produzione di semi. Il genere si caratterizza per avere la parte ipogea a forma<br />

di rizoma verticale o orizzontale con numerose radichette secondarie; brattee fogliacee ±<br />

allungate; ovari peduncolati; fiori ± penduli; sepali generalmente verdi un po’ più lunghi<br />

dei petali; labello diviso in 2 parti, ipochilo emisferico solitamente nettarifero, epichilo<br />

a forma generalmente cordata terminante con punta dritta o ribattuta. Questo genere<br />

ha attirato su di sé, negli ultimi 20 anni, l’attenzione di molti studiosi al punto che le 9<br />

specie riportate nella “Flora europea” (Moore, 1980) sono diventate oggi più di 65 tra<br />

specie e sottospecie, di cui circa una quindicina sono segnalate per l’Italia. Numero per<br />

altro destinato ad aumentare visto alcuni lavori in avanzata fase di studio. In provincia<br />

di Piacenza sono presenti 10 entità.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Fiori rosso violacei, foglie distiche .................................................................. E. atrorubens<br />

Fusto robusto, foglie piccole, eretti abbraccianti il fusto .......................... E. distans<br />

Foglie da 2 a 5, piccole inserite nella parte alta <strong>del</strong> fusto,<br />

ovario fusiforme con pedicello arquato ............................................... E. gracilis<br />

Pianta allogama, fiori aperti, foglie piane ovale-rotondeggianti ............. E. helleborine<br />

Fiori allogami, foglie verde chiaro, epichilo generalmente<br />

piegato all’indietro .................................................................................... E. leptochila<br />

Pianta per lo più esile, foglie disposte a spirale non più<br />

lunghe di 3 cm, labello biancastro ........................................................ E. microphilla<br />

Fiori verde-giallicci, foglie coriacee con margine ondulato,<br />

ipochilo rosso o marroncino all’interno ............................................... E. muelleri<br />

Ipochilo munito di 2 lobi laterali, epichilo mobile ....................................... E. palustris<br />

Fiori rosei o rosso magenta, epichilo a forma triangolare piano<br />

o con bordi rialzati .................................................................................... E. placentina<br />

Foglie piccole sfumate di viola soprattutto nella pagina inferiore ........... E. viridiflora<br />

CEPHALANTHERA L.C.M. RICHARD 1817<br />

Il nome generico Cephalanthera è di origine greca e sembra sia stato ispirato dalla<br />

forma globosa <strong>del</strong>l’antera. Si tratta di uno dei generi più primitivi. E’ piuttosto affine<br />

al genere Epipactis per alcuni caratteri: la struttura <strong>del</strong>l’apparato radicale formato da<br />

un rizoma ± robusto; la forma <strong>del</strong> labello diviso in 2 parti (ipochilo-epichilo); l’impollinazione<br />

che può avvenire sia per via allogama che autogama. Differisce dal genere<br />

Epipactis per l’ovario subcilindrico non peduncolato e per la colonna più allungata.<br />

Genere principalmente euro-asiatico, comprende 15 specie. In Italia sono presenti 3<br />

specie, tutte presenti anche in provincia di Piacenza:<br />

C. damasonium (Miller) Druce<br />

C. longifolia (L.) Fritsch<br />

C. rubra (L.) L.C.M. Richard<br />

Nota<br />

I fiori di queste specie restano generalmente socchiusi o comunque raramente aperti.<br />

Tali fiori sono perfettamente attrezzati per la fecondazione incrociata, tuttavia solo<br />

raramente vengono visitati da insetti pronubi. Spesso il polline cade sullo stimma<br />

quando il fiore è ancora in boccio, prima che gli insetti impollinatori possano accedervi.<br />

Pertanto vanno ritenute specie tendenzialmente autogame. Certi autori ritengono<br />

trattarsi di specie avviate per evoluzione verso la cleistogamia.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Fiore bianco-giallastro, infiorescenza pauciflora, foglie ovali............ C. damasonium<br />

Fiore bianco puro, foglie strette e rigide, brattee molto corte......... C. longifolia<br />

Fiori rosa, ovario pubescente, epichilo appuntito .............................. C. rubra<br />

Epipactis placentina<br />

Bongiorni & Grünanger 1993<br />

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LIMODORUM BOEHMER 1760<br />

Per quanto riguarda la derivazione <strong>del</strong> nome vi sono opinioni e pareri contrastanti.<br />

Limodorum deriverebbe dal nome greco leimodoron che significa dono <strong>del</strong> prato. Questo<br />

genere comprende tre sole specie: L. abortivum (L.) Swarts; L. trabutianum Battandier;<br />

L. brulloi Bartolo & Pulvirenti. In provincia è presente solo L. abortivum. Si tratta di<br />

una specie micotrofica. Per sviluppare il ciclo vitale la pianta vive in simbiosi con un<br />

fungo endotrofico. La clorofilla è ridotta al minimo. Non sono ancora chiari i rapporti<br />

troficonutrizionali che intercorrono tra questa specie e le specie arboree. L’apparato<br />

radicale è formato da un breve rizoma con numerose radici carnose.<br />

NEOTTIA GUETTARD 1750<br />

Il genere Neottia è formato da un numero esiguo di specie (8). L’unica conosciuta in<br />

Europa e in Italia è N. nidus-avis (L.) L.C.M. Richard. Il nome Neottia viene dal greco<br />

e significa “nido”; esso trova riscontro nella forma <strong>del</strong>le radici: queste infatti sono<br />

intrecciate a forma di “nido”. Si tratta di specie micotrofica, si nutre per via eterotrofa,<br />

consumando sostanze organiche presenti nel terreno e traendo inoltre alimento da<br />

un fungo (Rhizomorpha neottiae). Tale fungo è presente vicino a radici marcescenti.<br />

La pianta è in grado di diffondersi per via vegetativa.<br />

EPIPOGIUM GMELIN EX BORCKHAUSEN 1792<br />

Il nome generico Epipogium deriva dalle parole greche epi, sopra e pogon, barba e<br />

fa riferimento alla posizione <strong>del</strong> labello che, non essendo resupinato, si trova girato<br />

in alto. Infatti dai botanici antichi il labello veniva chiamato barba. Al genere sono<br />

assegnate due sole specie di cui una sola è presente in Europa: E. aphyllum Swartz. Si<br />

tratta di una specie micotrofica. La parte sotterranea è formata da un rizoma coralliforme<br />

munito di stoIoni filiformi, per mezzo dei quali avviene la propagazione per via<br />

vegetativa. All’apice di questi si formano dei bulbilli che staccandosi daranno vita ad<br />

un nuovo rizoma. Prima che da questo nuovo rizoma possa scaturire un fusto fiorifero<br />

dovrà passare molto tempo, circa 10 anni. La specie è in grado di svolgere il suo ciclo<br />

vitale completamente sottoterra. Intere popolazioni possono sparire completamente<br />

e ricomparire dopo parecchi anni. Questi fenomeni sono probabilmente da attribuire<br />

a fattori climatici.<br />

CORALLORHIZA CHATELAIN 1760<br />

Il nome generico Corallorhiza significa “radice a forma di corallo”. Questo infatti è<br />

l’aspetto <strong>del</strong> suo rizoma. Fanno parte di questo genere circa 12 specie diffuse in Europa,<br />

in Asia tropicale e nell’America <strong>del</strong> Nord. Una sola specie è presente in Europa: C.<br />

trifida Chatel. Per la sua struttura assai gracile, è specie che passa sovente inosservata.<br />

Diventa più visibile a fine fioritura quando gli ovari (verdi) si ingrossano creando più<br />

contrasto con l’ambiente circostante. È specie micotrofica.<br />

LISTERA R. BROWN 1813<br />

Il nome Listera è stato usato per la prima volta dal botanico Brown nel 1813 per ricordare<br />

M. Lister, naturalista inglese che visse nel XVII secolo. Esistono sulla terra circa<br />

25 specie distribuite prevalentemente nelle regioni temperate <strong>del</strong>l’Asia e <strong>del</strong>l’America<br />

settentrionale. <strong>Le</strong> uniche due specie europee, L. ovata (L.) R.BR. e L. cordata (L.) R.BR.<br />

sono presenti anche in Italia. Entrambe sono presenti in provincia. Queste due specie<br />

si caratterizzano per la presenza di sole 2 foglie opposte, fiori privi di sperone, labello<br />

notevolmente più lungo <strong>del</strong>le altre parti fiorali, colonna breve, rostello presente, viscidii<br />

e borsicole assenti. La parte sotterranea di questa specie è costituita da un rizoma<br />

disposto orizzontalmente nel terreno con numerose radici filiformi.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Pianta piccola, gracile, con 2 foglie piccole, opposte, cordate .... L. cordata<br />

Pianta robusta con 2 grandi foglie opposte, ovali con apice<br />

ottuso ............................................................................................... L. ovata<br />

SPIRANTHES L.C.M. RICHARD 1817<br />

Spiranthes deriva dalle parole greche speira, spira e anthos, fiore. Tale genere è stato<br />

istituito nel 1818 dal botanico Richard. Questa denominazione è indubbiamente molto<br />

appropriata, in quanto fa riferimento ad uno dei rari esempi che la natura ci offre di<br />

infiorescenza spiralata. Sono circa 80 le specie diffuse sulla terra. Principalmente<br />

in America <strong>del</strong> Nord, Australia, Nuova Zelanda. Alla flora europea appartengono<br />

le seguenti 3 specie: S. spiralis (L.) Chevall, S. aestivalis (Poiret) L.C.M. Richard, S.<br />

romanzoffiana Cham. Una quarta specie S. sinensis (Pers.) Ames è probabilmente presente<br />

in Russia nella zona degli Urali centrali. Fanno parte <strong>del</strong>la flora italiana soltanto<br />

le prime due specie citate, di cui solo <strong>del</strong>la prima attualmente è accertata la presenza<br />

in provincia.<br />

GOODYERA R. BROWN 1813<br />

Il nome generico è in onore <strong>del</strong> botanico inglese J. Goodyer vissuto nel XVII secolo. A<br />

questo genere appartengono circa 80 specie localizzate in America <strong>del</strong> Nord e Centrale,<br />

in Australia Settentrionale e in Asia. L’unica specie europea è G. repens (L.) R.Br. Fino a<br />

pochi anni fa si pensava che questa orchidea fosse presente solo nelle regioni <strong>del</strong>l’arco<br />

alpino. La presenza sul nostro Appennino è dovuta all’opera <strong>del</strong>l’uomo. Attualmente<br />

infatti la si trova in quasi tutti gli impianti forestali di conifere che abbiano raggiunto<br />

un certo numero di anni e dove sia presente un soffice strato di aghi marcescenti.<br />

Si propaga molto facilmente per via vegetativa. L’apparato radicale è formato da un<br />

rizoma superficiale provvisto di stoloni che producono <strong>del</strong>le rosette di foglie; da queste<br />

solo al secondo anno si svilupperà uno stelo fiorifero. Con questo rapido sistema<br />

di propagazione si possono formare vaste colonie di individui. Ma come è veloce la<br />

colonizzazione, altrettanto veloce è la sua sparizione: tra le cause c’è l’avanzamento<br />

<strong>del</strong>lo strato arbustivo, formato prevalentemente da rovi, rosa canina, prunus, ecc., ma<br />

soprattutto dal brachipodium, una graminacea che invade velocemente i sottoboschi<br />

radi e luminosi, dove di solito G. repens vive.<br />

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PLATANTHERA L.C.M. RICHARD 1817<br />

Platanthera deriva da due termini greci: platys, piatto e anthera, antera: questa si<br />

presenta a due logge parallele nella P. bifolia, divaricate in basso nella P. chlorantha.<br />

Linneo comprendeva questo genere in Orchis, in quanto queste specie sono provviste di<br />

sperone. Solo più tardi Richard, dopo aver evidenziato alcune differenze strutturali nei<br />

fiori, separò i due generi. Appartengono a questo genere circa un centinaio di specie<br />

distribuite in tutte le zone temperate <strong>del</strong>l’emisfero settentrionale e <strong>del</strong>l’America meridionale.<br />

In Italia le due specie presenti sono P. bifolia (L.) L.C.M. Richard e P. chlorantha<br />

(Custer) Reichenb. L’apparato radicale è formato da tuberi ovali o fusiformi.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Logge <strong>del</strong>l’antera parallele e ravvicinate ....................................... P. bifolia<br />

Logge <strong>del</strong>l’antera distanziate, convergenti verso l’alto ............. P. chlorantha<br />

GYMNADENIA R. BROWN 1813<br />

Il nome di questo genere (battezzato dal botanico scozzese Robert Brown) prende<br />

origine dalle parole greche gymnos e aden e significa “ghiandola nuda”. I fiori <strong>del</strong>le specie<br />

appartenenti a questo genere hanno infatti i retinacoli che sono privi di borsicole.<br />

Sono circa l0 le specie di Gymnadenia distribuite nell’Asia temperata e in Europa. In<br />

Europa e in Italia due sono le specie presenti: G. conopsea (L.) R.Br. e G. odoratissima<br />

(L.) L.C.M. Richard. Entrambe le specie sono presenti in provincia. Certi autori antichi<br />

e moderni inseriscono in questo genere anche Nigritella e Pseudorchis. Va ricordato<br />

comunque che le differenze strutturali fra queste specie sono notevoli. L’apparato<br />

radicale è formato da due tuberi palmati, con apici allungati.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Sperone lungo da 12 a 22 mm, arcuato, molto più lungo<br />

<strong>del</strong>l’ovario, lobi <strong>del</strong> labello pressappoco uguali ................... G. conopsea<br />

Sperone lungo da 3 a 6 mm, più corto o raramente lungo<br />

quanto l’ovario, lobo mediano <strong>del</strong> labello nettamente più<br />

lungo dei laterali ......................................................................... G. odoratissima<br />

PSEUDORCHIS SEGUIER 1754<br />

<strong>Le</strong> specie appartenenti a questo genere presenti in Europa sono due: P. albida (L.) A. et<br />

D. Love e P. frivaldii (Hampe ex Griseb). Appartiene alla flora italiana soltanto la prima.<br />

Il nome Pseudorchis è di origine greca: pseudos, falso e orchis, probabilmente per la<br />

somiglianza con le specie <strong>del</strong> genere Orchis. Di più facile interpretazione è il sinonimo<br />

<strong>Le</strong>uchorchis: leuchos significa bianco e fa riferimento al colore dei fiori che variano dal<br />

bianco al bianco-gialliccio. L’apparato radicale è formato da più tuberi fusiformi.<br />

NIGRITELLA L.C.M. RICHARD 1817<br />

Il nome Nigritella deriva dal latino niger, nero e fa riferimento al colore bruno scuro,<br />

quasi nero dei fiori. Alcuni autori (come si è già riferito nella trattazione <strong>del</strong> genere<br />

Gymnadenia) riuniscono Nigritella sotto il genere Gymnadenia; va ricordato, però, che<br />

se i due generi possiedono alcuni caratteri in comune (tuberi palmati, foglie strettamente<br />

lineari), differiscono in modo netto in altri, quali la forma <strong>del</strong>l’ovario, i fiori non<br />

resupinati e la struttura complessiva <strong>del</strong>la pianta. La vicinanza tra questi due generi è<br />

confermata anche dalla facilità con cui avvengono le ibridazioni. In provincia il genere<br />

è rappresentato da un’unica specie: N. rhellicani.<br />

COELOGLOSSUM HARTMAN 1820<br />

Appartengono a questo genere tre diverse specie. L’unica presente in Europa è il C.<br />

viride (L.) Hartman. Il nome scientifico deriva dal greco koilos, vuoto e glossa, lingua, e fa<br />

riferimento alla forma <strong>del</strong>lo sperone che è rigonfio, sacciforme. Nei luoghi dove questa<br />

orchidea vive, forma spesso <strong>del</strong>le ricche colonie che passano sovente inosservate a<br />

causa <strong>del</strong>la bassa statura <strong>del</strong>la pianta e <strong>del</strong> colore dei fiori che riesce a mimetizzarsi<br />

con l’ambiente circostante. L’apparato radicale è formato da due tuberi palmati con<br />

alcune radici secondarie. Recenti studi effettuati con marcatori molecolari (Pridgeon<br />

et al., 1997) hanno evidenziato una stupefacente vicinanza tra i generi Coeloglossum<br />

e Dactylorhiza.<br />

DACTYLORHIZA NECKER EX NEVSKI 1937<br />

In un primo tempo a questo nuovo genere fu imposto il nome Dactylorchis. In seguito è<br />

stato preferito il termine Dactylorhiza, scelta etimologica sicuramente più appropriata.<br />

Tale nome prende forma dalle parole greche dactylos, dito e rhiza, radice, con riferimento<br />

alla forma digitiforme <strong>del</strong>l’apparato radicale. Il primo ad usare questo termine<br />

fu N.J.V.Necker nel 1970. Si tratta di un genere istituito di recente e riunisce specie<br />

un tempo ricomprese in Orchis. Ad operare questa separazione è stato il botanico P.<br />

Vermeulen ed è fondata su importanti caratteri morfologici:<br />

1) Tuberi allungati, incisi o digitati.<br />

2) Brattee generalmente più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, non membranacee.<br />

3) Infiorescenza, prima <strong>del</strong>la fioritura, non avvolta da una guaina.<br />

Se è abbastanza facile distinguere le specie che appartengono ai due generi citati,<br />

più problematica diventa la classificazione <strong>del</strong>le specie che appartengono al genere<br />

Dactylorhiza, soprattutto quelle che vivono in ambiente paludoso. Va fatto notare<br />

che, fino ad ora, i più famosi studiosi in materia non sono riusciti a dare esaurienti<br />

spiegazioni. Il motivo di questa confusione deriva dal fatto che tali specie sono in<br />

possesso di una variabilità sconcertante e in più si ibridano facilmente fra di loro; tali<br />

ibridi oltre a presentare caratteristiche intermedie tra i due genitori, sono in grado<br />

a loro volta di ibridarsi con altre specie, o con altri ibridi di diversa provenienza.<br />

Pertanto ci si trova di fronte a numerosi esemplari o ad intere popolazioni ai quali<br />

tentare di dare un nome diventa difficile se non addirittura impossibile. Nonostante<br />

queste problematiche, in questi anni sono state fatte in provincia alcune scoperte,<br />

nuove nella catena appenninica.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Pianta robusta, labello stretto, allungato .................................................... D. incarnata<br />

Fiori di colore porpora ± scuro, biancastri alla fauce <strong>del</strong>lo sperone .... D. lapponica<br />

Pianta slanciata, foglie maculate, fiori con labello trilobo, con lobi<br />

profondamente incisi ....................................................... D. maculata subsp fuchsii<br />

Pianta slanciata, fusto cavo ............................................................................ D. majalis<br />

Pianta con fiori aventi due tipi di colorazione: giallo, rosso ................... D. sambucina<br />

TRAUNSTEINERA REICHENBACH 1842<br />

Questo genere prende il nome dal farmacista-botanico austriaco Joseph Traunsteiner<br />

(1798-1850). A questo genere appartengono due sole specie: T. sphaerica (M.- Bieb.)<br />

Schlechter, specie tipica <strong>del</strong> Caucaso e <strong>del</strong>l’Anatolia; T. globosa (L.) Reichenbach. In Italia<br />

è presente la sola T. globosa. Un tempo questa specie veniva inserita nel genere Orchis<br />

col nome di O. globosa. La separazione di tale genere si fonda su alcune caratteristiche<br />

morfologiche evidenziabili nella forma globosa <strong>del</strong>l’infiorescenza e per la disposizione<br />

<strong>del</strong>le foglie, per la forma rudimentale <strong>del</strong>la borsicula. L’apparato radicale è formato da<br />

due tuberi interi, oblunghi, con alcune radichette uscenti alla base <strong>del</strong> fusto.<br />

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ORCHIS LINNEO 1753<br />

Il termine Orchis, già usato dagli antichi greci, fa riferimento alla somiglianza dei tuberi<br />

radicali con i testicoli umani. Dall’antichità sono giunte fino a noi numerose leggende,<br />

alcune <strong>del</strong>le quali attribuivano a questi tuberi favolosi poteri afrodisiaci. La scienza<br />

moderna ha cancellato queste illusioni. Infatti, dato l’alto contenuto di mucillagine,<br />

l’unico uso a cui possono essere destinati è contro le infiammazioni <strong>del</strong>l’apparato<br />

digerente. Genere essenzialmente euromediterraneo, comprendente una sessantina<br />

di specie. In Italia sono segnalate 23 entità (P. Grünanger 2001). Un tempo questo<br />

genere era ben più ricco; successivamente è stato smembrato, con l’istituzione di<br />

numerosi generi minori, tra i quali Aceras, Anacamptis, Barlia, Comperia, Dactylorhiza,<br />

Neotinea, Traunsteinera. Recentemente è stato proposto (Bateman et al., 1997) una<br />

revisione tassonomica che prevede la scissione <strong>del</strong> vecchio genere Orchis in tre generi<br />

monofiletici; tale proposta è conseguente a risultati di analisi su materiale genetico. Pur<br />

ritenendo interessante questa proposta, gli esperti la giudicano un po’ troppo radicale;<br />

pertanto necessita di ulteriori conferme, meglio se provenienti da metodologie diverse.<br />

In attesa di tali conferme, mi sono attenuto ai vecchi parametri. Sempre seguendo tale<br />

metodo, ho inserito in questo genere O. anthropophora (ex Aceras anthropophorum),<br />

come ormai universalmente accettato. L’unica specie italiana di Orchis a possedere<br />

nettare è O. coriophora, la quale viene frequentemente visitata da insetti, per lo più<br />

apidi. <strong>Le</strong> altre specie, che ne sono sprovviste, sembra adottino una sorta di “mimetismo<br />

fiorale”; inoltre alcune sembrano beneficiare di un’attrazione olfattiva. Tutte le specie<br />

<strong>del</strong> genere Orchis possiedono alcuni caratteri distintivi comuni:<br />

- apparato radicale formato da due tubercoli ovoidi, rotondi o elissoidali;<br />

- foglie caulinari, le inferiori spesso riunite in rosetta, le superiori inguainano strettamente<br />

l’infiorescenza prima <strong>del</strong>l’antesi;<br />

- brattee membranacee, lunghe ± quanto l’ovario, o molto più corte;<br />

- fiori, policromi con predominanza <strong>del</strong>le tonalità porpora, quasi sempre muniti di sperone;<br />

- ginostemio corto e retto;<br />

- antera, munita lateralmente di due auricole;<br />

- ovario sessile, glabro. Per mezzo <strong>del</strong>la sua torsione si ha una rotazione dei fiori di 180°.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Labello privo di sperone .......................................................... O. anthropophora<br />

Foglie sottili, allungate, fiori gradevolmente<br />

profumati ................................................................................ O. coriophora subsp fragrans<br />

Labello con parte centrale bianca, più largo che lungo O. laxiflora<br />

Foglie verdi per lo più macchiate o spruzzate di<br />

nerastro o viola molto scuro .............................................. O. mascula<br />

Lobuli <strong>del</strong> lobo centrale più larghi dei lobi laterali ............ O. militaris<br />

Labello rosso-violaceo, avente la parte centrale<br />

più chiara, cosparso da una macchiettatura<br />

irregolarmente più marcata ............................................... O. morio<br />

Labello giallo, più o meno carico, senza macchie .............. O. pallens<br />

Sperone sottile e lungo, quasi quanto l’ovario .................. O. papilionacea<br />

Foglie maculate, fiori giallo-pallidi, con<br />

macchiette rosse al centro .................................................. O. provincialis<br />

Pianta robusta, labello trilobo, con lobo centrale a<br />

sua volta bilobo, con un piccolo dente centrale .......... O. purpurea<br />

Pianta con fioritura che inizia dall’alto ................................. O. simia<br />

Pianta con infiorescenza semisferica .................................... O. tridentata<br />

Pianta tozza con sepali porpora nerastri esternamente .. O. ustulata<br />

HIMANTOGLOSSUM W.D.J. KOCH 1837<br />

La parola Himantoglossum è di origine greca ed è formata dalle voci himas, himantos che<br />

significa “cinghia, correggia” e glossa, “lingua”. Riassumendo, dunque, lingua a forma<br />

di cinghia; fa naturalmente riferimento alla forma molto allungata, nastriforme <strong>del</strong><br />

labello <strong>del</strong>le specie appartenenti a questo genere. L’apparato radicale è composto da<br />

due grossi tuberi ovoidi, con alcune radichette secondarie. Sono 5 le specie presenti<br />

in Europa di cui 2 sono presenti in Italia; H. adriaticum H. Baumann; H. hircinum (L.)<br />

Sprengel. Entrambe queste specie sono presenti in provincia.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Infiorescenza ± lassa; labello con lobo mediano profondamente<br />

bifido largo mediamente da 2 a 2.5 mm .......................................... H. adriaticum<br />

Infiorescenza molto densa; labello con lobo mediano allargato<br />

in punta brevemente bifido, largo da 2 a 3.5 mm .......................... H. hircinum<br />

ANACAMPTIS L.C.M. RICHARD 1817<br />

Il nome deriva dalla parola greca anacamptein, e significa “ripiegare”: sarebbe da attribuire<br />

alla posizione divergente dei sepali. Questo genere veniva incluso dai botanici<br />

<strong>del</strong> passato nel vasto genere Orchis. La separazione è avvenuta sulla base di alcuni dati<br />

morfologici poco appariscenti, ma comunque validi: il labello con lobi poco pronunciati,<br />

alla cui base vi sono due lamelle verticali, più o meno parallele e lo sperone molto lungo,<br />

circa il doppio <strong>del</strong>l’ovario. Si tratta di un genere monospecifico, essendo costituito<br />

dalla sola specie A. pyramidalis (L.) L.C.M. Richard. L’apparato radicale è costituito<br />

da due tuberi ovoidi con alcune radichette secondarie. I fiori di questa specie sono<br />

perfettamente adattati all’impollinazione da parte di alcune specie di farfalle, diurne<br />

o notturne, le quali sono facilitate nell’introdurre la loro spiritromba nello sperone,<br />

da due lamelle convergenti poste simmetricamente alla base <strong>del</strong> labello.<br />

SERAPIAS LINNEO 1753<br />

L’origine <strong>del</strong>la denominazione Serapias viene da Serapis (Serapide) divinità <strong>del</strong>l’antico<br />

Egitto. Secondo altre fonti, tale nome deriverebbe da Serafius, medico arabo <strong>del</strong>l’antichità,<br />

uno dei padri <strong>del</strong>la botanica.<br />

La descrizione di questo genere è stata fatta da Linneo nel 1753. Vi appartiene<br />

una decina di specie, sette <strong>del</strong>le quali fanno parte <strong>del</strong>la flora italiana. Il suo areale è<br />

esclusivamente limitato alla regione mediterranea. L’apparato radicale è formato da<br />

due piccoli tuberi ovoidi. Per l’Italia vengono riportate ben 7 specie e 4 sottospecie<br />

(Grünanger, 2001). In provincia la presenza è limitata a sole 2 specie: S. vomeracea<br />

(N. L. Burman) Briquet e S. neglecta De notaris 1858.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Pianta robusta, labello con callosità basali parallele ................................ S. neglecta<br />

Pianta slanciata, fiore grande, epichilo stretto piegato a vomere .......... S. vomeracea<br />

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OPHRYS LINNEO 1753<br />

Il genere Ophrys, introdotto da Linneo, ha una denominazione di origine greca e<br />

significa “sopracciglio”. Tale significato non trova riscontri precisi nelle caratteristiche<br />

strutturali <strong>del</strong> fiore o <strong>del</strong>la pianta, pertanto ha dato origine, da parte di vari autori,<br />

a interpretazioni diverse. Secondo alcuni si ricollega all’uso che gli antichi facevano<br />

di queste piante per ottenere una tintura per sopracciglia. Secondo altri, più verosimilmente,<br />

farebbe riferimento al labello peloso e cigliato di alcune specie. Trattasi di<br />

genere monofiletico, cioè tante specie che si sono sviluppate da un’unica forma antica.<br />

Nettamente distante da altri generi, tant’è che non sono mai stati descritti ibridi intergenerici;<br />

tuttavia il fenomeno <strong>del</strong>l’ibridazione è assai diffuso tra le varie specie. Questa<br />

facilità di ibridarsi porta a processi di introgressione, che favoriscono un alto livello di<br />

variabilità all’interno <strong>del</strong>le specie medesime. L’intensificarsi <strong>del</strong>la ricerca sul campo, da<br />

un lato, e la tendenza a riconoscere il rango di specie a popolamenti con differenze<br />

minime, dall’altro, ha portato nell’ultimo ventennio ad un enorme aumento di entità<br />

descritte. Si è passati da circa 20/25 tra specie e sottospecie agli inizi degli anni ’80,<br />

alle circa 80 entità attuali. <strong>Le</strong> specie di Ophrys rimangono molto simili tra loro nell’apparato<br />

radicale, formato da tuberi indivisi, globosi e oblunghi, talvolta brevemente<br />

peduncolati, nella parte vegetativa e nella forma dei sepali e dei petali. Esistono invece<br />

enormi differenze nel labello: questo infatti assume le forme più strane a seconda <strong>del</strong>le<br />

specie. Si tratta di <strong>orchidee</strong> che non hanno nettare; pertanto, per attirare l’attenzione<br />

degli insetti, hanno escogitato, evolvendosi nei millenni, dei meccanismi sorprendenti.<br />

Il labello imita nella forma e pelosità l’addome <strong>del</strong>le femmine di certi bombi, calabroni,<br />

api, vespe. Nel contempo vi è un’emissione di sostanze volatili (feromoni) di richiamo<br />

sessuale, così il maschio viene tratto in inganno e tenta un vero e proprio accoppiamento<br />

(pseudo-copulazione). In questo modo il capo <strong>del</strong>l’insetto viene a contatto<br />

con le masse polliniche che vi si attaccano e verranno cedute al fiore successivo. A<br />

seconda <strong>del</strong>le specie, l’insetto può posizionarsi sul labello in due modi:<br />

1. col capo rivolto verso il ginostemio, così i pollinii andranno ad aderire al capo<br />

<strong>del</strong>l’insetto, come succede ad esempio in O. fuciflora,<br />

2. l’insetto si posiziona con l’addome rivolto verso il ginostemio, così i pollinii aderiranno<br />

alla parte terminale <strong>del</strong>l’addome, come succede di solito in O. fusca.<br />

Questo laborioso sistema risulta alquanto complicato: di solito, infatti, si ha una<br />

fruttificazione piuttosto bassa. <strong>Le</strong> tecniche affascinanti messe in atto per la fecondazione<br />

incrociata sono, in linea di massima, note da diversi decenni; tuttavia ci si trova<br />

di fronte a piante in possesso di uno straordinario polimorfismo. Non è raro infatti<br />

trovare fiori di una stessa pianta con caratteristiche diverse tra di loro. Parimenti non<br />

è raro trovare vere e proprie stazioni con numerosi individui (è il caso di O. fuciflora)<br />

con caratteristiche completamente diverse da altre stazioni dislocate a poca distanza<br />

tra di loro. La provincia di Piacenza, pur avendo una posizione geografica piuttosto<br />

a nord, ospita sul suo territorio una discreta diffusione di queste entità, risentendo<br />

infatti <strong>del</strong>l’azione mitigante <strong>del</strong>le correnti d’aria calda provenienti dal vicino Mar Ligure.<br />

Non a caso la valle dove la presenza è più massiccia è la Val <strong>Trebbia</strong>.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Apice <strong>del</strong>la colonna a forma di S, labello con apicolo rivolto in basso... O. apifera<br />

Labello piano o piegato a sella, con macchia centrale lucida ................... O. benacensis<br />

Sepali bianchi o rosa, con apicolo ± convesso, disegno<br />

generalmente a forma di H ........................................................................... O. fuciflora<br />

Pianta slanciata, fiori piccoli, labello con colorazioni marcate,<br />

fioritura tardiva ................................................................................ O. fuciflora subs. elatior<br />

Labello trilobo, senza appendice, con macchia blu-grigiastro ................. O. fusca<br />

Petali molto stretti, filiformi; labello allungato, trilobo, con lobo<br />

mediano inciso, con macchia centrale bluastra o grigiastra ................. O. insectifera<br />

Gibbosità basali <strong>del</strong> labello assenti o poco pronunciate ........................... O. sphegodes<br />

SISTEMA PER DETERMINARE I GENERI DEL PIACENTINO<br />

38 39


40 41<br />

L E<br />

S C H E D E<br />

D E L L E<br />

S P E C I E


EPIPACTIS ATRORUBENS (G.F.HOFFMANN ex<br />

BERNHARDI) BESSER 1809<br />

Serapias latifolia var. atrorubens Hoffm.<br />

Atrorubens deriva dal latino e signifi ca “scuro e<br />

rosseggiante”, con evidente riferimento al colore<br />

di questa splendida orchidea.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 60 (80) cm. Fusto generalmente<br />

sinuoso, di colore variabile<br />

a seconda <strong>del</strong>le stazioni: verde<br />

violaceo o rossastro, lievemente<br />

pubescente.<br />

Fioritura<br />

Da Luglio ad Agosto<br />

Foglie<br />

Da 5 a 11 lunghe da 4 a 11 cm, larghe da 1 a 5 cm, alterne, distiche,<br />

carenate, con bordo ondulato, ripiegate a doccia. Forma varia a seconda<br />

<strong>del</strong>l’altezza: quasi rotonde le prime, poi via via sempre più lanceolate fi no<br />

a diventare bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Da l0 a 25 cm. Lassa, con 9 o 50 (60) fi ori penduli disposti unilateralmente<br />

profumati di vaniglia. Brattee: le inferiori più lunghe dei fi ori, le superiori<br />

lunghe quanto o più <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Allogami, da pendenti a suborizzontali, campanulati, di colore rosso porpora<br />

o rosso violaceo; sepali e petali lunghi da 6 a 10 mm, larghi da 2.5 a<br />

4.5 mm; labello più corto dei sepali; ipochilo lungo da 4 a 6 mm, a forma<br />

incavata contenente nettare, brunastro; epichilo a forma cordata, lungo<br />

da 3 a 4 mm, largo 4.5 mm, con bordo cordato e punta ribattuta, munito<br />

di 2 vistose increspature alla base; ginostemio biancastro, corto e tozzo;<br />

antera gialla; polline giallo in masse compatte; rostello con viscidio effi cace;<br />

clinandrio sviluppato; stimma a forma quadrangolare; ovario brunastro o<br />

verde-grigiastro, pubescente, piriforme con pedicello arquato lungo da 3<br />

a 5 mm. 2n=40<br />

Status<br />

In considerazione degli ambienti<br />

assai inospitali dove<br />

questa pianta vive, la competizione<br />

con altre essenze,<br />

sia erbacee che arbustive, è<br />

piuttosto scarsa, pertanto la<br />

specie mantiene la sua presenza<br />

con una certa facilità.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: è presente<br />

in tutto il territorio escluso la Puglia e<br />

le isole maggiori. In provincia: dai 150<br />

ai 1500 m.s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su suolo calcareo, in stazioni soleggiate,<br />

pietrose, aride, ma anche in ambienti<br />

più chiusi (es. boschi di conifere o<br />

faggete rade).<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è distribuita sul territorio in<br />

modo abbastanza omogeneo. E’ specie<br />

legata all’ambiente luminoso e asciutto.<br />

Tuttavia nel territorio <strong>del</strong> Comune di Coli<br />

era presente in una stazione ombrosa e<br />

molto umida, frammista a Gymnadenia<br />

conopsea e alle congeneri E. helleborine<br />

e E. muelleri. Nel corso di osservazioni<br />

fatte in questa stazione negli ultimi anni<br />

si è infi ne scoperto che, a seguito di un<br />

movimento franoso, era cambiato il corso<br />

di una sorgente. Il fenomeno spiega la<br />

presenza <strong>del</strong>la specie in questi luoghi.<br />

Da alcuni anni, tuttavia, la stazione è<br />

scomparsa.<br />

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EPIPACTIS DISTANS ARVET-TOUVET 1872<br />

Epipactis helleborine subsp. orbicolaris (K. Richt.) E. Klein<br />

Il nome specifi co va messo in relazione<br />

alla distanza che intercorre tra una<br />

foglia e l’altra.<br />

Pianta<br />

Da 5 a 60 cm, fusto molto robusto,<br />

frequentemente riunito in<br />

gruppi, verde pallido, leggermente<br />

peloso verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da metà Giugno a metà Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 6 generalmente più corte degli internodi, lunghe da 4 a 6.5 cm,<br />

larghe da 2.5 a 4 cm, per lo più distiche da ovali a ovale-lanceolate, verde<br />

chiaro, con una parte più chiara vicino all’altezza <strong>del</strong>l’inserzione con il fusto,<br />

erette-patenti di solito concave con bordo ondulato.<br />

Infiorescenza<br />

Da lassa a fortemente densa, con 10-50 (70) fi ori distribuiti unilateralmente.<br />

Brattee più lunghe dei fi ori in basso, lunghe uguali in alto.<br />

Fiori<br />

Allogami o facoltativamente autogami, verdi e biancastri o giallastri, con una<br />

leggera velatura rosea riguardante i petali, aperti da orizzontali a pendenti;<br />

sepali lunghi da 10 a 14 mm, larghi da 5 a 8 mm, carenati; petali subeguali,<br />

lunghi da 8 a 10 mm, larghi da 5 a 6.5 mm; ipochilo concavo nettarifero<br />

biancastro esternamente, marroncino lucente internamente; epichilo lungo<br />

da 4 a 4.5 mm, largo da 4 a 4.6 mm, alla base sono presenti 2 protuberanze<br />

verrucose poco sviluppate, biancastre, brunastre o soffuse di rosa e una<br />

cresta centrale più marcatamente colorata; ginostemio biancastro; glandula<br />

rostellare poco sviluppata, tuttavia mantiene a lungo la sua effi cacia; polline<br />

assai friabile a volte si disgrega già nel bocciolo; clinandrio incavato e largo;<br />

ovario con costolature marcate, munito di pedicello arcuato violetto alla<br />

base. 2n=40<br />

Status<br />

la condizione essenziale per<br />

la sopravvivenza di questa<br />

pianta è che venga mantenuto<br />

inalterato il suo ambiente<br />

vitale. Purtroppo gli esemplari<br />

presenti in provincia vivono<br />

per lo più in ambienti ormai<br />

fortemente compromessi.<br />

Diffusione<br />

Endemica alpica. In Italia è presente<br />

sporadica lungo la catena alpina, dalla<br />

Valle d’Aosta alla Carnia, sicuramente<br />

nell’Oltrepo’ pavese. In provincia almeno<br />

5 stazioni tra i 1000 e i 1200 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Scarpate aride e assolate, spesso anche<br />

in pinete, rade, artificiali, sempre in<br />

piena luce, su suoli calcarei o debolmente<br />

acidi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Nel corso di questi anni attorno a questa<br />

entità è andata sviluppandosi una certa confusione:<br />

questo a mio avviso avviene quando si<br />

osserva la pianta in un ambiente alterato e non<br />

più tipico per la specie. Un caso esemplare è<br />

quello di un bosco impiantato artifi cialmente:<br />

se prima <strong>del</strong>l’impianto questo luogo, arido<br />

e assolato, era ideale per la specie, con il<br />

progredire <strong>del</strong> bosco sopraggiungono ombra,<br />

maggiore umidità e più sostanze nutritive nel<br />

terreno. Si comincerà allora a notare una lenta<br />

ma decisa trasformazione <strong>del</strong>la forma e <strong>del</strong><br />

portamento <strong>del</strong>le foglie, tanto da confonderle<br />

con quelle di E. helleborine, mentre le caratteristiche<br />

dei fi ori rimangono pressoché inalterate.<br />

Questi sono processi lenti e richiedono <strong>del</strong><br />

tempo; ma se si avrà la pazienza di osservare<br />

quest’evento per almeno una decina di anni,<br />

meglio ancora se per più tempo, si noterà che<br />

le piante, dopo essersi trasformate, tendono<br />

lentamente a sparire fi no all’estinzione completa<br />

da quella stazione. Ho avuto modo di<br />

notare questi fenomeni in fase ± avanzata sia<br />

nel <strong>piacentino</strong> che in Val Brenta (Trentino)<br />

e in Francia, nelle vicinanze di Aussois (valle<br />

<strong>del</strong>l’Arc, dipartimento <strong>del</strong>le Hautes-Alpes). In<br />

condizioni normali E. distans ha caratteristiche<br />

tali che non può essere confusa in alcun<br />

modo con altre specie né tanto meno con E.<br />

helleborine. Questa diversità viene accentuata<br />

quando i fi ori ormai appassiti lasciano il posto<br />

agli ovari rigonfi di semi: questi sono talmente<br />

grossi da assomigliare, per dimensioni, più a<br />

quelli di E. atrorubens o a quelli di E. microphilla<br />

che non a quelli di E. helleborine.<br />

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EPIPACTIS GRACILIS B. BAUMAN & H. BAUMAN 1988<br />

Epipactis persica subsp. gracilis (B. & H. Bauman) W. Rossi<br />

Gracilis fa riferimento alla taglia solitamente<br />

esile <strong>del</strong>la pianta.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 45 (60) cm, fusto piuttosto<br />

esile, verde chiaro, glabro alla<br />

base. <strong>Le</strong>ggermente pubescente<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Luglio<br />

Foglie<br />

Ridotte a guaine le 2 o 3 basali; da 2 a 4 caulinari raccolte nella parte<br />

superiore <strong>del</strong> fusto, lunghe da 2 a 4.5 cm, larghe da 0.8 a 3 cm, ovatoellittiche<br />

le inferiori, lanceolate, falciformi le superiori, con bordo munito di<br />

una denticolatura irregolare vista alla lente.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con fi ori posti unilateralmente lungo il fusto, in numero variabile da<br />

3 a 15. Brattee lunghe ± quanto l’ovario.<br />

Fiori<br />

Autogami, di colore verde pallido o verdastri, o con leggerissime sfumature<br />

rosa che interessano i petali e l’epichilo, generalmente campanulati, pendenti<br />

o suborizzontali; sepali lunghi da 8 a 10 mm, larghi da 3 a 4.5 mm,<br />

ovali e lanceolati; sepali lievemente carenati con una nervatura centrale<br />

più marcatamente verdastra; petali pressappoco uguali ai sepali, con apice<br />

leggermente più rifl esso; labello lungo da 7 a 8 mm; ipochilo a forma di<br />

coppa contenente nettare; epichilo a forma cordata munito alla base di 2<br />

gibbosità piuttosto evidenti divise da un solco centrale; antera giallo-pallida<br />

stretta; clinandrio presente; stimma biancastro; viscidio ineffi cace; polline<br />

polverulento; ovario fusiforme, glabro, munito di pedicello corto.<br />

Status<br />

La specie condivide la stessa nicchia ecologica di E. viridifl ora.<br />

<strong>Le</strong> problematiche riguardanti il futuro sono simili.<br />

Diffusione<br />

Subendemica. In Italia la reale presenza è<br />

ancora in fase di determinazione, tuttavia<br />

è segnalata in quasi tutta la penisola<br />

dall’Emilia in giù. In provincia la sua presenza<br />

è accertata solo in Val d’Arda.<br />

Ambiente<br />

Faggete su substrato preferibilmente<br />

calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è rarissima: è stata trovata<br />

nel 1989 sul versante nord <strong>del</strong> monte<br />

Menegosa, nel quadrante 1324-1. In<br />

questi anni la presenza è stata accertata<br />

lungo la dorsale nord che va dal Groppo<br />

di Gora, nel quadrante 1324-1, al monte<br />

Penna, nel quadrante 1223-4, passando<br />

per il monte Santa Franca, nel quadrante<br />

1223-4, dove si conta il maggior numero<br />

di esemplari. In quest’area raggiunge il<br />

limite settentrionale <strong>del</strong> suo areale.<br />

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EPIPACTIS HELLEBORINE (L.) CRANTZ 1769<br />

Serapias helleborine var. latifolia L.<br />

Helleborine deriva dalla somiglianza <strong>del</strong>le<br />

sue foglie con quelle <strong>del</strong> verato o elleboro.<br />

Il binomio latifolia fa ovviamente<br />

riferimento alla forma piuttosto ampia<br />

<strong>del</strong>le foglie.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 80 cm. Fusto eretto, verdognolo,<br />

spesso rosato alla base.<br />

Foglie<br />

Status<br />

Fioritura<br />

Da metà Giugno ai primi di Settembre.<br />

Da 3 a 10, caulinari, spiralate, più lunghe degli internodi, attaccate orizzontalmente<br />

al fusto, molli, da ovato-lanceolate a lanceolate. <strong>Le</strong> mediane<br />

lunghe da 6 a 16 cm, larghe da 4 a 10 cm con bordo fi nemente denticolato,<br />

di colore verde scuro; le superiori da 1 a 4, strettamente lanceolate poi<br />

bratteiformi per lo più pendenti.<br />

Infiorescenza<br />

Rada o compatta, lunga fi no a 40 cm, con più di 50 fi ori. Brattee verdi,<br />

lanceolate; le inferiori lunghe fi no a 6 cm, gradualmente decrescenti verso<br />

l’alto.<br />

Fiori<br />

Allogami, orizzontali o leggermente penduli, aperti, verdastri o rosati o più<br />

intensamente brunastri o violetti. Sepali lunghi da 9 a 15 mm, larghi da 5<br />

a 9 mm, ovati, ristretti all’apice, generalmente verdastri, soffusi di rosa internamente;<br />

petali pressappoco uguali e più colorati dei sepali. Labello più<br />

corto <strong>del</strong>le altre divisioni fi orali. Ipochilo concavo, scuro, nettarifero. Epichilo<br />

lungo da 3 a 5 mm, largo da 4 a 6 mm, di forma cordata, da bianco-verdastro<br />

a viola intenso, con apice ribattuto, la base munita di 2 protuberanze<br />

± marcate separate da un solco longitudinale; antera giallastra; clinandrio<br />

sviluppato; rostello con viscidio effi cace; polline in masse compatte; ovario<br />

verde, piriforme, munito di una pelosità corta e densa; pedicello corto e<br />

peloso, sovente tinto di violetto. 2n=38,40<br />

Status<br />

La specie occupa una notevole<br />

varietà di ambienti: forse<br />

anche per questo, sembra<br />

risentire in misura minore<br />

<strong>del</strong>l’enorme trasformazione<br />

ambientale in atto.<br />

Diffusione<br />

Paleo-temperata. In Italia: in tutto il<br />

territorio, rara nella Pianura Padana. In<br />

provincia: dai boschi <strong>del</strong>la pianura al<br />

limite superiore <strong>del</strong>le faggete.<br />

Ambiente<br />

Boschi di latifoglie e di aghifoglie, macchie<br />

e radure, su terreni freschi, ricchi<br />

di sostanze nutritive, o aridi, poveri,<br />

assolati, da moderatamente acidi a debolmente<br />

basici.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Il giorno 11-7-85, in località Monte Pillerone sono<br />

stati osservati due esemplari probabilmente generati<br />

dallo stesso rizoma, alti un metro e 22 cm. Tali<br />

esemplari sono ritornati a fi orire anche nelle annate<br />

successive ma con altezze leggermente inferiori. E.<br />

helleborine è nota per essere una specie dotata di<br />

notevole polimorfi smo: questo carattere a volte per<br />

la scarsa conoscenza ma spesso per la voglia di<br />

trarre conclusioni affrettate ha generato in passato<br />

e continua a generare, non poca confusione. In<br />

particolare vorrei soffermarmi sulla presenza reale o<br />

presunta di E. h. subsp tremolsi in Italia. Nelle stagioni<br />

1995-96 assieme al prof. P. Grünanger segnalammo<br />

la presenza di quest’entità per alcune località <strong>del</strong><br />

territorio <strong>piacentino</strong>. Per la verità senza troppo<br />

entrare nel merito <strong>del</strong>la questione, “fotografammo”<br />

la situazione non solo nel <strong>piacentino</strong> ma anche lungo<br />

tutta la dorsale appenninica. La nostra segnalazione<br />

arrivava dopo che l’entità era già stata segnalata in<br />

altre località italiane: H. Daiss, C. Delprete, H. Tichy<br />

(1989-90) e A. Scrugli (1990) per l’Inglesiente<br />

(Sardegna sud-occidentale); alcune segnalazioni in<br />

Liguria senza l’indicazione <strong>del</strong>la località (P. Liverani<br />

1991); ancora segnalazioni per la Sardegna centroorientale<br />

(C. Giotta & M. Picitto 1993). Nel corso di<br />

questi anni osservazioni più attente, ma soprattutto<br />

condotte sul lungo periodo e a più vasto raggio lungo<br />

la dorsale nord-appenninica e in parte in Toscana,<br />

hanno rafforzato l’idea che almeno in questi luoghi<br />

E. h. subsp tremolsi di fatto non esiste. Si può notare<br />

che esemplari con le forme tipiche di questa entità<br />

(cioè foglie semi erette molto coriacee, ondulate e<br />

abbraccianti il fusto), se messi in ombra dalla crescita<br />

di piante o arbusti, modifi cano anno dopo anno<br />

la forma <strong>del</strong>le foglie che tende a rilassarsi fi no a<br />

diventare piana e, nel contempo, anche più morbida<br />

e fl essuosa, assumendo la tipicità di E. helleborine.<br />

D’altra parte un confi ne netto tra queste 2 entità non<br />

è mai stato rilevato. Dai colloqui avuti con M. Picitto,<br />

posso concludere che la stessa situazione sia, con<br />

tutta probabilità, presente anche in Sardegna.<br />

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EPIPACTIS LEPTOCHILA subsp. NEGLECTA<br />

H. KÜMPEL 1982<br />

Epipactis neglecta (H. Kümpel) H. Kümpel<br />

Pianta Fioritura<br />

Verde chiaro, singola o prevalen- Metà Luglio, metà Agosto<br />

temente cespitosa, con cespi che<br />

possono superare i 10 steli. Fusto<br />

robusto, fi nemente pubescente verso<br />

l’alto, peluria che conferisce al<br />

fusto, all’altezza <strong>del</strong>l’infi orescenza,<br />

una colorazione ± biancastra. Alto<br />

tra i 20/60 cm.<br />

Foglie<br />

Da 3 - 4 a 5-6, verdi-giallastre da giovani, tendenzialmente più scure, man<br />

mano che la pianta invecchia. Poste a 8/10 cm dal suolo; irregolarmente<br />

spiralate; ovali e piane le prime, presentano un’attaccatura biancastra lunga<br />

anche 8/10 mm (caratteristica questa presente anche in altre specie <strong>del</strong><br />

genere); ovale-lanceolate, leggermente ricurve verso il basso le mediane;<br />

lanceolate, bratteiformi, pendenti le superiori.<br />

Infiorescenza<br />

± lassa, alta da 10 a 25 cm, con 8/10 o 20/25 fi ori, posti unilateralmente,<br />

tuttavia quando la luce è particolarmente carente, tendono a girarsi verso<br />

il lato più illuminato. Brattee lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 0.8 a 2.5 cm<br />

le prime, lanceolate-pendenti; decrescenti verso l’alto, ma mai più corte<br />

<strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Sempre allogami, ± penduli, quasi sempre ben aperti, verde chiaro esternamente,<br />

da verde-biancastro a giallastro internamente; sepali lanceolati,<br />

acuminati, carenati, glabri, lunghi da 15 a19 mm, larghi 6.5 mm; petali lanceolati,<br />

con punte che tendono a voltarsi leggermente verso l’esterno, lunghi<br />

da 10.5 a 11.5 mm, larghi da 5.8 a 6.5 mm; ipochilo con coppa nettarifera,<br />

internamente marroncino o rossastro, lungo 5.5 mm, largo 5.5 mm; epichilo<br />

con una gibbosità piuttosto marcata nella parte centrale a forma cordata,<br />

divisa in due alla base; lungo da 5.2 a 6 mm, largo da 4.8 a 5.2 mm. Dopo<br />

che il fi ore si è completamente aperto, l’epichilo può subire (quasi sempre)<br />

un ripiegamento all’indietro, fi no a toccare la coppetta <strong>del</strong>l’ipochilo. Questo<br />

ripiegamento può avvenire in modo ± irregolare. La strozzatura tra ipochilo ed<br />

epichilo è piuttosto regolare, parallela, larga un po’ più di 1 mm. Antera non<br />

peduncolata, larga, giallastra; clinandrio ben sviluppato; polline in masse ben<br />

agglutinate; rostello munito di viscidio effi cace (sempre); ovario fusiforme,<br />

munito di pedicello arcuato, verde anche alla base.<br />

Diffusione<br />

Areale in fase di determinazione. In Italia<br />

è stata fi nora trovata in provincia di Brescia,<br />

in Trentino, in provincia di Pistoia. In<br />

provincia è presente in tre stazioni.<br />

Ambiente<br />

Faggeta ± umida.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La storia nomenclaturale di questa entità<br />

è piuttosto complessa. Essa infatti è stata<br />

defi nita in vari modi: E. leptochila (Godfery)<br />

Godfery, E. l. subsp neglecta H. Kümpel,<br />

E. neglecta (H. Kümpel) H. Kümpel, E.<br />

l. var. neglecta (H. Kümpel) A. Gevaudan,<br />

E. futakii Mered’a fi l. & Potucek. Nell’esposizione<br />

di questa specie ho scelto,<br />

provvisoriamente, l’epiteto che va per la<br />

maggiore, anche se penso che nessuna di<br />

queste defi nizioni sia soddisfacente per i<br />

popolamenti che osservo ormai dal 1987.<br />

Stazioni con caratteristiche simili ai ritrovamenti<br />

piacentini sono state segnalate<br />

in varie parti <strong>del</strong> Nord Italia: nell’Appennino<br />

pistoiese al confi ne con la provincia<br />

di Modena, nelle Prealpi bresciane e in<br />

Trentino. Confrontando direttamente<br />

i nostri esemplari con quelli <strong>del</strong> locus<br />

classicus in Turingia, si può notare che,<br />

tra i popolamenti di E. leptochila subsp.<br />

neglecta tedeschi (anche nelle forme più<br />

variabili), vi è sempre un netto legame con<br />

E. leptochila, legami che non esistono tra<br />

i nostri esemplari e la stessa E. leptochila.<br />

Personalmente penso che i presupposti<br />

per dare una collocazione più esatta ai<br />

popolamenti italiani vadano ricercati più<br />

nella complessità di E. helleborine che non<br />

altrove. Da diversi anni sto lavorando in<br />

questo senso; sui risultati rimando ad un<br />

intervento più diretto prossimamente.<br />

50 51


EPIPACTIS MICROPHYLLA (EHRHART) SWARTZ 1800<br />

Serapias microphilla Ehrh.<br />

L’aggettivo microphylla si riferisce alle<br />

foglie, che sono brevissime.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 (55) cm. Fusto tomentoso<br />

verso l’alto, grigiastro in alto,<br />

violaceo in basso.<br />

Fioritura<br />

Da metà Maggio a metà Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 10, lunghe da 2 a 2.5 cm, larghe da 0.5 a 2 cm, piccole, lanceolate,<br />

piane, lievemente carenate, più brevi degli internodi, disposte a spirale, di<br />

colore verde-grigiastro, di lunghezza decrescente verso l’alto.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga da 5 a 25 cm, rada, allungata, con pochi fi ori; brattee pubescenti,<br />

grigiastre, in basso più lunghe degli ovari, in alto più corte.<br />

Fiori<br />

Piccoli, profumati, campanulati o suborizzontali o penduli, bianco-verdastri,<br />

talvolta sfumati di rosa internamente, verde-grigiastro esternamente;<br />

sepali e petali lunghi da 6 a 9 cm, larghi da 3 a 5.5 mm, ovale-lanceolati,<br />

carenati, pubescenti all’esterno; ipochilo con coppa nettarifera, verde-ulivo;<br />

epichilo lungo e largo da 3 a 5 mm, a forma cordata con margine ondulato<br />

o crenulato, munito alla base di 2 increspature laterali e di una centrale più<br />

allungata; ginostemio biancastro; antera giallo-verdastra; rostello con viscidio<br />

già ben sviluppato prima <strong>del</strong>l’antesi, ma perde effi cacia rapidamente; polline<br />

prima in masse ben agglutinate, poi polverulento; clinandrio presente; ovario<br />

piriforme munito di un corto pedicello.<br />

Status<br />

Data l’esiguità dei popolamenti diventa diffi cile valutare i livelli di rischio,<br />

tuttavia si possono fare <strong>del</strong>le ragionevoli ipotesi: non dovrebbe avere particolari<br />

problemi nei boschi di alta quota (castagneti-faggete), mentre il<br />

progressivo avanzare dei cespugli nei boschi caldi a bassa quota, alla lunga,<br />

potrebbe essergli fatale.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia è presente<br />

in tutte le regioni. In provincia dai boschi<br />

caldi dalla media collina al limite superiore<br />

<strong>del</strong>la faggeta.<br />

Ambiente<br />

Boschi radi, scarpate sassose su terreno<br />

calcareo, anche in faggeta ombrosa.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

In questi ultimi anni è andata <strong>del</strong>ineandosi<br />

la sua reale consistenza sul territorio.<br />

Pur essendo una specie rarissima (i suoi<br />

popolamenti sono quasi sempre ristretti a<br />

pochi o unici esemplari) la si può trovare<br />

in una serie infi nita di ambienti. Il periodo<br />

di fi oritura inoltre rappresenta indubbiamente<br />

un record per quanto riguarda<br />

le <strong>orchidee</strong> presenti in provincia: inizia<br />

infatti nella prima decade di maggio nei<br />

boschetti caldi <strong>del</strong>l’alta Val Dorba, quadrante<br />

1122-2 in comune di Travo (dato<br />

rilevato il 10/05/2001) e fi nisce dopo la<br />

metà di agosto nelle faggete <strong>del</strong>l’alta Val<br />

Nure, in prossimità <strong>del</strong> monte Zovallo nel<br />

quadrante 1423-1 in comune di Ferriere<br />

(dato rilevato il 18/08/2000).<br />

52 53


EPIPACTIS MUELLERI GODFERY 1921<br />

Epipactis viridifl ora (Rchb.) sensu Müller<br />

Prende il nome dal botanico tedesco<br />

H. Müller (1829-1883).<br />

Pianta<br />

<strong>Le</strong> caratteristiche generali <strong>del</strong>la<br />

pianta differiscono da quelle di<br />

Epipactis helleborine, dall’habitus<br />

generalmente più gracile, anche se<br />

non vanno dimenticati esemplari di<br />

ragguardevoli dimensioni (60-70<br />

cm Monte Nero, 14-8-1987).<br />

Fioritura<br />

Da metà Giugno a metà Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 10, lunghe da 4.5 a 12 cm, larghe da 1.5 a 4 cm, distiche, ovale-lanceolate<br />

o strettamente lanceolate, piane o carenate, con margine<br />

generalmente ondulato, di colore generalmente verde chiaro con nervature<br />

evidenti ± coriacee a seconda se sono ± esposte alla luce, da 1 a 3 foglie<br />

superiori bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga da 5 a 30 cm, generalmente rada, composta da 4 o 5 a 40 fi ori,<br />

orientati per lo più su un solo lato <strong>del</strong> fusto. Brattee più lunghe dei fi ori<br />

nella parte bassa, un po’ meno nella parte alta.<br />

Fiori<br />

Lunghi da 8 a 12 mm, larghi da 3.5 a 5 mm, ovale-lanceolati, leggermente<br />

carenati; petali ± uguali ai sepali, ovale-acuminati, biancastri o raramente<br />

rosei; giuntura tra ipochilo ed epichilo larga; ipochilo incavato contenente<br />

sostanze zuccherine, brunastro o rossastro internamente; epichilo lungo<br />

da 4 a 5 mm, largo da 3 a 4 mm, cordato, ottuso con punta dritta in avanti<br />

o leggermente piegata all’indietro, sono presenti 2 piccole protuberanze<br />

basali divise da un solco centrale; antera giallastra, sormontante lo stimma;<br />

clinandrio assente; viscidio assente o presente in forma rudimentale nel<br />

bocciolo; masse polliniche appoggiate direttamente sopra lo stimma; ovario<br />

verde, peduncolato, piriforme, ± glabro. 2n=38,40<br />

Status<br />

<strong>Le</strong> problematiche di rare-fazione di questa pianta sono legate all’infoltirsi<br />

degli ambienti dove vive.<br />

Diffusione<br />

L’areale è da ritenersi europeo-centroccidentale,<br />

anche se i suoi effettivi confi ni sono ancora imprecisati,<br />

essendo stata confusa con la congenere<br />

E. helleborine (di cui, da molti autori, è considerata<br />

sottospecie). In Italia la prima segnalazione è dovuta<br />

a L. Poldini (1981) per l’Italia nord-orientale.<br />

In provincia è stata trovata per la prima volta<br />

nel corso <strong>del</strong>le mie ricerche, nel 1983, nel quadrante<br />

1023-3 nella località Poggio Balestrino.<br />

Ambiente<br />

Boscaglie termofi le, pinete, faggete, spesso sui<br />

bordi stradali.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Contrariamente a quanto succede in<br />

altre specie, la fi oritura di E. muelleri è<br />

velocissima: questo fatto va messo in<br />

relazione al fenomeno <strong>del</strong>l’autogamia in<br />

cui il polline maturo (polverulento) cade<br />

sullo stimma. Così il fi ore ha adempiuto<br />

al suo compito senza dover attendere<br />

l’insetto impollinatore: perciò in breve<br />

tempo avvizzisce. Inoltre all’interno di<br />

questa specie non è raro osservare fenomeni<br />

di cleistogamia: ciò signifi ca che<br />

il fi ore in particolari condizioni riesce ad<br />

autoimpollinarsi senza doversi aprire.<br />

Questa caratteristica la si può riscontrare,<br />

sempre in condizioni estreme, in quasi<br />

tutte le specie <strong>del</strong> genere.<br />

Nelle annate successive al 1983 si è potuto<br />

notare un andamento irregolare nella<br />

fi oritura: pochi individui a fi ore nell’84<br />

e 85; addirittura nulla o quasi nell’86,<br />

per arrivare nell’87 e 88 ad una fi oritura<br />

abbondante. Fenomeno, questo, assai<br />

frequente nella famiglia <strong>del</strong>le orchidacee<br />

e da mettere in relazione all’andamento<br />

stagionale e alla conseguente capacità<br />

<strong>del</strong>la pianta di accumulare sostanze di<br />

riserva, utili quest’ultime a produrre la<br />

fi oritura <strong>del</strong>l’anno successivo.<br />

54 55


EPIPACTIS PALUSTRIS (L.) CRANTZ 1769<br />

Helleborine palustris (L.) Crantz<br />

L’aggettivo palustris indica chiaramente<br />

l’ambiente in cui questa specie vive. Un<br />

tempo era sicuramente presente anche in<br />

pianura; attualmente, essendo sparite per<br />

mano <strong>del</strong>l’uomo le zone umide planiziali,<br />

la si ritrova solo nelle torbiere e nei luoghi<br />

umidi di montagna.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 60 (96) cm. Fusto eretto,<br />

leggermente angoloso; colorazione<br />

verde con screziature rossastre.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Giugno ad Agosto.<br />

Foglie<br />

In numero variabile da 4 a 10, lunghe da 6 a 19 cm, larghe da 1 a 4.5 cm,<br />

abbraccianti, disposte a spirale; a forma oblungo-lanceolata o strettamente<br />

lanceolate, carenate con nervature evidenti nella parte inferiore, lanceolatoacute<br />

e più piccole nella parte superiore <strong>del</strong>lo scapo.<br />

Infiorescenza<br />

Generalmente lassa, alta da 5 a 22 cm, con 4-5 o oltre 20 fi ori penduli.<br />

Brattee inferiori più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, decrescenti verso l’alto.<br />

Fiori<br />

Allogami grandi da penduli a orizzontali, aperti a forma di due triangoli contrapposti;<br />

sepali lunghi da 9 a 13 mm, larghi da 3 a 5.5 mm, pelosi e brunoverdastri<br />

all’esterno, rosa ± carico con linee più marcate all’interno; petali lunghi<br />

da 9 a 13 mm, larghi da 3 a 5 mm, bianco-rosei, rossastri o brunastri alla base,<br />

glabri; labello lungo da 10 a 13.5 mm privo da sperone; ipochilo lungo da 5<br />

a 7 mm a forma di coppa contenente sostanze zuccherine, bianco striato di<br />

rosso o porpora, munito ai lati di 2 lobetti triangolari; epichilo lungo da 7.5 a<br />

8.5 mm, mobile, elastico, a forma rotondeggiante cordata, bianco, con bordo<br />

increspato, munito di 2 creste alla base gialle; ginostemio verde giallastro,<br />

stretto alla base; antera giallastra; clinandrio e viscidio ben sviluppati; stimma<br />

subovale; polline in masse ben agglutinato; ovario pubescente non ritorto, la<br />

resupinazione avviene mediante la torsione di 180° <strong>del</strong> peduncolo. 2n=40<br />

Status<br />

La pianta, oltre che per seme,<br />

si propaga anche attraverso<br />

gemme avventizie generate<br />

dal rizoma, dando così origine,<br />

quando vi sono le condizioni<br />

ottimali, a ricchissimi popolamenti.<br />

Nonostante ciò, E.<br />

palustris è la specie <strong>del</strong> genere<br />

che corre i maggiori rischi di<br />

estinzione, causati dall’alterazione<br />

o dalla distruzione <strong>del</strong><br />

suo ambiente vitale.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale. In Italia: in tutte le regioni.<br />

In provincia: dagli 800 ai 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Paludi, praterie umide, torbiere, su suolo<br />

preferibilmente calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Il giorno 19-7-87 nel quadrante 1322-2,<br />

all’interno di una vasta stazione, sono stati<br />

osservati diversi esemplari di notevoli<br />

dimensioni con altezza media tra gli 80<br />

e i 96 cm.<br />

L’insetto, nella fase di partenza, dopo essersi<br />

appoggiato per prendere il nettare,<br />

riceve una sorta di spinta dall’epichilo:<br />

ciò è dovuto all’elasticità che esiste nella<br />

strozzatura ipochilo-epichilo. A seguito<br />

di questa spinta l’insetto va a sbattere<br />

con il capo verso la parte alta <strong>del</strong> fi ore<br />

dove è posto il rostello con viscidio, il<br />

quale all’urto farà aderire i pollini al capo<br />

<strong>del</strong>l’insetto. In tal modo l’insetto, nel<br />

tentativo di prendere altro nettare da un<br />

altro fi ore, avrà modo di far aderire quei<br />

pollini posti in posizione favorevole allo<br />

stimma <strong>del</strong> nuovo fi ore, stimma che si<br />

trova opportunamente nella parte bassa<br />

<strong>del</strong>l’apparato riproduttivo.<br />

56 57


EPIPACTIS PLACENTINA<br />

BONGIORNI & GRÜNANGER 1993<br />

Dedicato alla flora <strong>del</strong>la Provincia di<br />

Piacenza<br />

Pianta<br />

Da (16) 20-40 (60) cm. Fusto per lo più<br />

solitario, robusto, eretto o leggermente<br />

fl essuoso all’altezza <strong>del</strong> secondo internodo;<br />

leggermente rosato nella parte bassa, verde<br />

nella parte media e alta; glabro in basso,<br />

pubescente in alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Giugno a Ottone Soprano a fi ne<br />

Luglio a Pertuso. Intermedie le altre stazioni.<br />

Foglie<br />

Da (3) 4 a 7 (8), sessili, amplessicauli, erette o semierette, lunghe da 1 a 2.7 cm,<br />

larghe da 1 a 2.2 cm le prime, ovato-lanceolato con margine leggermente ondulato,<br />

lunghe da 5.2 a 6.3 cm, larghe da 3.2 a 3 cm, le seconde. Lanceolate fi no<br />

a diventare bratteiformi, lunghe da 5.5 a 3.1 cm, larghe da 2.5 a 1 cm le terze.<br />

Infiorescenza<br />

Cilindrica, allungata, densa, multifl ora. Brattee lanceolato-allungate, più lunghe <strong>del</strong><br />

fi ore le prime, decrescenti verso l’alto, ma mai più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

<strong>Le</strong>ggermente profumati, medi, autogami, aperti o sovente socchiusi, penduli; sepali<br />

lunghi da 7 a 9 mm, larghi da 3 a 4 mm, ovato-lanceolati, verdastri con margini<br />

arrossati, nervature poco evidenti; petali lunghi da 6.5 a 9 mm, larghi da 3 a 4.5<br />

mm, rosa, tendenzialmente più carico verso l’apice, con nervature poco evidenti.<br />

Labello lungo da 6 a 8 mm, piccolo; ipochilo, lungo da 2.5 a 4.5 mm, largo da 3.4<br />

a 4.3 mm, semigloboso, saccato, contiene nettare; roseo esternamente, purpureo<br />

internamente. Epichilo lungo quanto largo (3 - 4 mm), a forma triangolare, apice<br />

mai defl esso, bordi leggermente revoluti, rosa ± intenso. Ginostemio biancastro,<br />

glandula rostellare assente o rudimentale, visibile solamente quando il fi ore è in<br />

boccio. Clinandrio assente; antera allungata; polline giallo, disgregato; stigma<br />

biancastro; ovario a forma di clava con breve pedicello arcuato e ritorto. 2n=38<br />

Status<br />

Nel corso di questi anni,<br />

in provincia, ho rilevato la<br />

presenza di altri tre piccoli<br />

popolamenti. Purtroppo la<br />

stazione di Pertuso (locus<br />

classicus) è in forte arretramento,<br />

dovuto all’avanzata<br />

di cespugli di erica (Erica<br />

carnea).<br />

Diffusione<br />

Areale in fase di definizione, trovata<br />

fi nora in Francia, Svizzera e Slovacchia.<br />

In Italia è presente in Liguria, in Emilia-<br />

Romagna, in Toscana, nelle Marche, nel<br />

Lazio e in Calabria. In provincia in sei piccole<br />

stazioni da 800 a 1200 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Per lo più in impianti di conifere artifi ciali<br />

maturi (Pinus nigra).<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Nel corso di osservazioni fatte in altre<br />

parti d’Italia si è notato che i popolamenti<br />

<strong>del</strong>l’Aspromonte e <strong>del</strong>le Serre<br />

presentano una colorazione atipica:<br />

bianco-rosata.<br />

58 59


EPIPACTIS VIRIDIFLORA HOFFMAN ex KROCKER<br />

Epipactis purpurata J. E. Smith<br />

Il termine viridifl ora fa riferimento al<br />

colore verde o presunto tale dei fi ori,<br />

più azzeccato mi sembra l’epiteto <strong>del</strong><br />

sinonimo purpurata.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 70 (100) cm, fusto robusto<br />

grigio-verdastro, soffuso di violetto,<br />

munito di una peluria grigiastra all’altezza<br />

<strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />

Fioritura<br />

Fine Luglio, inizio Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 12 lunghe da 4 a 10 cm, larghe da 1 a 3 cm, più lunghe degli internodi,<br />

disposte lungo il fusto, ± spiralate, rigide. Carenate, con bordo ondulato, di<br />

colore verde-brunastro, o soffuse di rosa-violaceo, più marcato da giovane;<br />

da 2 a 3 superiori strettamente lanceolate, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, lunga da 10 a 50 cm, con 5-10 o 50 (100) fi ori. Brattee più lunghe<br />

dei fi ori.<br />

Fiori<br />

<strong>Le</strong>ggermente profumati, allogami, ben aperti, da pendenti a suborizzontali,<br />

verdastri esternamente, verde-biancastro internamente, una leggera velatura<br />

rosa interessa i petali, una colorazione più marcata di rosa o violaceo<br />

interessa la parte centrale <strong>del</strong>l’epichilo; sepali lunghi da 9 a 13 mm, larghi<br />

da 4 a 6 mm, ovali-lanceolato, pelosi esternamente; petali ± uguali ai sepali;<br />

ipochilo a forma di coppa contenente nettare, bruno-violaceo internamente;<br />

epichilo lungo da 4 a 5 mm, largo da 4 a 5-6 mm, a forma cordata con bordi<br />

increspati e ondulati e punta piegata all’indietro, alla base sono presenti 2<br />

protuberanze piuttosto marcate e verrucose divise da una callosità centrale;<br />

ginostemio biancastro; antera giallastra; clinandrio sviluppato; rostello con<br />

viscidio funzionante; ovario fusiforme, verdastro con costolature più evidenti,<br />

con pedicello lungo da 2 a 2.5 mm, pubescente, violaceo. 2n=40<br />

Status<br />

Se si avviassero programmi seri di riconversione <strong>del</strong> bosco da ceduo ad<br />

alto fusto, la specie potrebbe aumentare notevolmente; in caso contrario<br />

bisognerà sperare che non vengano abbattute quelle centinaia di faggi che<br />

consentono vitalità a questa piccola stazione.<br />

Diffusione<br />

Subatlantica. In Italia oltre all’Emilia Romagna,<br />

è presente in Lombardia, Toscana,<br />

Marche, Abruzzo, Basilicata, Calabria<br />

e Puglia Garganica. In provincia una sola<br />

stazione di pochissimi esemplari.<br />

Ambiente<br />

Faggeta matura su suolo calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Lungamente data per possibile lungo la<br />

catena alpina, al contrario oggi si registra<br />

essere più presente lungo tutta la dorsale<br />

appenninica verso sud; ma è soprattutto<br />

nell’area <strong>del</strong> Pollino che si sono visti in<br />

questi anni popolamenti veramente abbondanti.<br />

Nell’unica stazione piacentina,<br />

quadrante 1223-4, a nord-est <strong>del</strong> monte<br />

Santa Franca osservo questa pianta da<br />

quando l’ho trovata per la prima volta<br />

nel 1994. Nelle annate migliori fi oriscono<br />

6-7 piante, 3-4 in quelle scarse. Un<br />

fatto curioso: ho notato che le piante<br />

non fi oriscono quasi mai per 2 annate<br />

di seguito, il fenomeno fa pensare che<br />

il numero degli esemplari sia maggiore e<br />

fa anche ragionevolmente ipotizzare che<br />

la pianta rimanga dormiente oppure che<br />

riesca a sviluppare qualche forma di ciclo<br />

vitale sottoterra. Ricerche in tal senso<br />

non ne ho mai fatte, per non rischiare di<br />

perdere anche uno solo di questi preziosi<br />

esemplari.<br />

60 61


CEPHALANTHERA DAMASONIUM (MILLER) DRUCE 1906<br />

Cephalanthera pallens (S.B. Jundzill) L.C.M. Rich.<br />

Il nome specifi co damasonium è parola<br />

latina e signifi ca “Alisma”, ad indicare la<br />

somiglianza <strong>del</strong>le foglie di questa specie<br />

con quelle di una pianta acquatica:<br />

l’Alisma plantago-aquatica.<br />

Pianta<br />

Fusto glabro, alto tra i 10 e i 60<br />

cm.<br />

Fioritura<br />

Da Maggio ai primi di Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 2 a 5 lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 1.5 a 3.5 cm, ovali, ellittiche, con<br />

apice acuto o anche lanceolate; quelle basali ridotte a guaine che abbracciano<br />

il fusto, quelle di maggiore dimensione poste nella parte centrale <strong>del</strong><br />

fusto e decrescenti di dimensione verso l’alto fi no a diventare bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa e povera (da 2 a 12 fi ori). Brattee: quelle più in basso sono <strong>del</strong> tutto<br />

simili a una foglia lunghe 5 cm; le superiori, lineare-lanceolate, decrescenti<br />

e più lunghe degli ovari.<br />

Fiori<br />

Lunghi da 11 a 20 mm, larghi da 5 a 9. Da bianco-avorio a bianco-giallastro,<br />

rivolti verso l’alto, quasi chiusi, raramente aperti. Sepali di forma oblungolanceolata<br />

e un po’ più lunghi dei petali. Labello lungo da 11 a 14 mm, non<br />

speronato, di colore giallo. Ipochilo carenato biancastro concavo; epichilo<br />

più largo che lungo, provvisto internamente di 3-5 creste parallele, gialloarancione,<br />

ondulato ai margini con apice rifl esso. Ovario glabro, resupinato.<br />

2n=36<br />

Status<br />

L’apparato radicale non rappresenta fonte di cibo per i cinghiali perciò non<br />

viene danneggiato. Tuttavia le radure dove questa pianta per lo più vive<br />

sono sempre più spesso infestate da rovi e da arbusti vari, con conseguente<br />

riduzione dei suoi spazi vitali.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: su tutto il<br />

territorio. In provincia: dai 200 ai 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su suolo preferibilmente calcareo, in<br />

boschi freschi, spesso ai margini <strong>del</strong><br />

bosco, nei prati abbandonati.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Mentre nel bosco la specie si trova quasi<br />

sempre con esemplari singoli e prevalentemente<br />

di modeste proporzioni, nelle<br />

radure e nei margini non è raro trovarla<br />

in gruppi di 3-5 fi no a l0 steli generati<br />

da un unico apparto radicale. È appunto<br />

in questo ambiente che si trovano anche<br />

gli esemplari più vigorosi e alti. In questa<br />

specie è molto frequente l’autoimpollinazione.<br />

Molti fi ori non si aprono mai.<br />

62 63


CEPHALANTHERA LONGIFOLIA (L.) K. FRITSCH 1888<br />

Cephalanthera ensifolia (Murr) L.C.M. Rich.<br />

Longifolia deriva dall’unione <strong>del</strong>le parole<br />

latine longa e folia che signifi ca appunto<br />

“lunga foglia”. Questo è il carattere che<br />

contribuisce maggiormente a distinguerla<br />

da C. damasonium.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 50 (60) cm. Fusto foglioso,<br />

leggermente fl essuoso.<br />

Fioritura<br />

Da Maggio a Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 12, lunghe fi no a 18 cm, larghe fi no 4 cm. Verde chiaro, distiche,<br />

strettamente lanceolate, o lineari-lanceolate, con nervature evidenti, più<br />

lunghe quelle basali, progressivamente più corte quelle superiori.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, da 5 a 20 o 30 fi ori. Brattee: le inferiori fogliacee, le altre molto<br />

piccole o squamiformi, più corte <strong>del</strong>l’ovario, ad eccezione di quella inferiore<br />

che è più lunga <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Profumati, bianchi, più o meno eretti, socchiusi, tendenti ad aprirsi nelle<br />

ore più calde <strong>del</strong> giorno. Sepali lunghi da 13 a 18 mm, larghi da 4 a 6 mm,<br />

lanceolato-acuti. Petali più corti ed ottusi conniventi con il sepalo mediano.<br />

Labello lungo da 8 a 10 mm; ipochilo biancastro, concavo con lobi laterali<br />

dritti attorno al ginostemio; epichilo più largo che lungo, cordato, concavo,<br />

con all’interno da 4 a 7 creste longitudinali, giallo-aranciate. Sperone non<br />

presente o appena abbozzato. Ovario glabro, resupinato. 2n=32<br />

Status<br />

La situazione ecologica di questa pianta è simile a quella di C. damasonium.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: in tutto il territorio,<br />

meno frequente all’estremo sud. In<br />

provincia: dai 120 ai 1400 m.<br />

Ambiente<br />

Vario: querceti, faggete, pinete, preferibilmente<br />

aperti e luminosi, su terreno<br />

calcareo o debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie prevalentemente entomofila,<br />

tuttavia in mancanza di insetti impollinatori<br />

la fecondazione avviene per<br />

autoimpollinazione.<br />

64 65


CEPHALANTHERA RUBRA (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />

Serapias rubra L.<br />

Il nome specifi co rubra è senz’altro appropriato<br />

per questa orchidea. In latino<br />

rubra signifi ca “rossa” e coglie l’aspetto<br />

più appariscente di questa specie.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm. Fusto peloso, glanduloso,<br />

di colore verde-violaceo,<br />

ondulato nella parte superiore.<br />

Fioritura<br />

Giugno<br />

Foglie<br />

Lunghe da 5 a 14 cm, larghe da 1 a 3.5 cm, da 3 a 8, lanceolate o linearelanceolate;<br />

quelle inferiori ridotte a guaine che abbracciano il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, composta da 3 a 15 fi ori. Brattee inferiori più lunghe dei fi ori, decrescenti<br />

verso l’alto.<br />

Fiori<br />

Grandi, da rosa a rosso porpora, abbastanza aperti. Sepali lunghi da 15 a<br />

25 mm, larghi da 6 a 8 mm, pubescenti, oblungo-lanceolati, patenti; sepalo<br />

mediano connivente con i petali; petali più corti, ad apice ritorto. Labello<br />

lungo da 15 a 23 mm; ipochilo concavo con i margini laterali rialzati attorno<br />

al ginostemio, bianco; epichilo cordato, acuto, concavo, bianco con margine<br />

rosato, ornato da 7 a 15 creste longitudinali giallastre; ovario subsessile<br />

lineare, pubescente. Sperone non presente.<br />

Status<br />

Questa entità sembra risentire meno, rispetto ad altre specie, dei problemi<br />

legati alla rarefazione.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: in tutte le regioni.<br />

In provincia: dalla prima collina a oltre i<br />

1000 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Boscaglie rade e soleggiate, querceti,<br />

frassineti, carpineti, meno frequente nei<br />

castagneti, su terreno preferibilmente<br />

calcareo; è presente anche nelle faggete<br />

aperte.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Il 12 Giugno 1985 nel quadrante 1123-<br />

1 ho trovato un esemplare di notevoli<br />

dimensioni: a fi ne fi oritura raggiungeva<br />

l’altezza di 74 cm, con infi orescenza di<br />

32 fi ori; è rifi orito anche nelle annate<br />

successive con dimensioni più o meno<br />

uguali.<br />

Alcuni ricercatori sostengono che di<br />

questa pianta non si osservano piantine<br />

nate da seme e comunque il fenomeno<br />

sarebbe rarissimo. Più facile sarebbe la<br />

riproduzione vegetativa: la pianta infatti<br />

emette gemme avventizie dalle radici. In<br />

alcune parti <strong>del</strong>la provincia si notano differenze<br />

anche notevoli sulla percentuale<br />

di ovari fecondati: probabilmente ciò è<br />

dovuto alla presenza o meno di insetti<br />

pronubi.<br />

66 67


LIMODORUM ABORTIVUM (L.) SWARTZ 1799<br />

Orchis abortiva L.<br />

Abortivum da abortus, aborto, probabilmente<br />

per le foglie ridotte a scaglie<br />

o comunque dall’impressione che dà di<br />

pianta non completa.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm. Fusto peloso, Da<br />

20 a 80 cm. Robusta e di colore<br />

vario: marroncino, violetto o verdeviolaceo.<br />

Allo stadio di germoglio la<br />

pianta assomiglia ad un turione di<br />

asparago., di colore verde-violaceo,<br />

ondulato nella parte superiore.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno<br />

Foglie<br />

Membranacee, avvolgenti il fusto e <strong>del</strong>lo stesso colore.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, composta generalmente da 4 a 20 fi ori. Brattee ovale-lanceolate,<br />

più lunghe <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Piuttosto grandi (circa 4 cm), viola porpora, con sfumature giallastre internamente.<br />

Sepali lanceolati, patenti, lunghi da 16 a 25 mm, larghi da 6 a 12<br />

mm, il sepalo mediano forma una sorta di nicchia sopra il ginostemio; petali<br />

più sottili e più piccoli. Labello biarticolato, lungo da 15 a 22 mm; ipochilo<br />

leggermente concavo lungo e largo da 5 a 7 mm, di colore rosa-violaceo;<br />

epichilo ovale o cordato, lungo da 11 a 15 mm, largo da 8 a 12 mm, con<br />

bordo revoluto e crenulato, di colore bianco con nervature e bordo violaceo.<br />

Sperone fi liforme, discendente e lungo quasi quanto l’ovario. Ovario<br />

non ritorto, ma attaccato al fusto per mezzo di un lungo peduncolo, alla cui<br />

torsione è legata la resupinazione <strong>del</strong> fi ore. 2n=56,64<br />

Status<br />

Questa specie sembra non risentire di particolari<br />

problemi.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: dai 150 ai 1000<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su suolo calcareo, quasi sempre nelle<br />

boscaglie asciutte e soleggiate, spesso<br />

assieme a Epipactis helleborine e a Cephalanthera<br />

rubra.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Pur essendo una pianta solitamente rara,<br />

in alcune occasioni mi è capitato di osservare<br />

stazioni con oltre 100 esemplari<br />

in pochi metri quadrati.<br />

68 69


NEOTTIA NIDUS-AVIS (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />

Ophrys nidus-avis L.<br />

La denominazione specifi ca nidus-avis<br />

che signifi ca “nido d’uccello” conferma il<br />

signifi cato <strong>del</strong> nome generico Neottia.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 cm. Fusto robusto, eretto,<br />

di colore bruno-giallastro.<br />

Fioritura<br />

Fine Aprile inizio Luglio.<br />

Foglie<br />

Assenti, sostituite da guaine che abbracciano il fusto. Brattee membranacee<br />

lesiformi, 2 o 3 cm le inferiori, molto più brevi le superiori.<br />

Infiorescenza<br />

Ha spiga densa, ad eccezione dei fi ori (2 o 3) più in basso a volte distanziati.<br />

Fiori<br />

Color miele, <strong>del</strong> quale emanano anche il profumo. Sepali e petali lunghi<br />

da 4 a 6 mm, ovali-ellittici, ottusi, riuniti a cappuccio sopra il ginostemio.<br />

Labello lungo da 9 a 12 mm, bilobato, lobi talvolta con margine fi nemente<br />

denticolato. Alla base <strong>del</strong> labello è presente una piccola cavità dove si trova<br />

il nettare. Ovario peduncolato. Sperone assente. 2n=36<br />

Status<br />

L’unico grave problema per<br />

questa pianta è rappresentato<br />

dal rapido diffondersi<br />

<strong>del</strong>l’edera (Edera elix) la quale<br />

tappezza completamente il<br />

terreno, rendendo impossibile<br />

la sopravvivenza di tutte<br />

le piante erbacee.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: in tutto il territorio.<br />

In provincia: dai 300 a 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Boschi di latifoglie e impianti di conifere;<br />

luoghi ombrosi e freschi su terreno<br />

calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

L’impollinazione entomofi la avviene in<br />

modo abbastanza complicato. Appena<br />

i fi ori sono dischiusi, il rostello emette<br />

al minimo contatto una piccola quantità<br />

di sostanza vischiosa, che si attacca ai<br />

pollini e al capo <strong>del</strong>l’insetto vettore. Nel<br />

giro di pochi giorni il rostello perde la<br />

capacità di emettere tale sostanza. Se<br />

nel frattempo il fi ore non è ancora stato<br />

impollinato, il polline pulverulento cade<br />

sullo stimma e si avrà così l’autoimpollinazione.<br />

In certi casi il ciclo vitale completo<br />

di questa pianta può avvenire completamente<br />

sotto terra.<br />

70 71


EPIPOGIUM APHYLLUM SWARTZ 1814<br />

Satyrium epipogium L.<br />

L’aggettivo aphyllum signifi ca “senza foglie”.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 25 cm. Fusto rigonfi o alla<br />

base, cavo, glabro, giallastro in basso,<br />

rosso violetto verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Fine Luglio, Agosto.<br />

Foglie<br />

Ridotte a piccole scaglie membranacee inguainanti il fusto e <strong>del</strong>lo stesso<br />

colore di quest’ultimo.<br />

Infiorescenza<br />

Povera, da 1 a 4 fi ori. Brattee ridotte a piccole membrane.<br />

Fiori<br />

Piuttosto grandi, lunghi da 10 a 15 mm, odoranti <strong>del</strong>icatamente di banana.<br />

Sepali e petali più o meno uguali, lineari e lanceolati, di colore giallastro.<br />

Labello lungo da 6 a 14 mm, rivolto verso l’alto trilobato, di colore biancorosato;<br />

lobo mediano di forma navicolare e provvisto internamente di alcune<br />

creste (4-6) papillose per lo più di colore rosso. Ginostemio lungo da 4 a<br />

7 mm. Sperone largo, sacciforme, di colore uguale al labello. Ovario ovale,<br />

peduncolato. 2n=68<br />

Status<br />

In altre parti d’Italia mi è capitato di vedere fi oriture abbondantissime,<br />

con cespi formati da decine di esemplari. Da noi, non si riesce a<br />

trovarne mai più di qualche esemplare singolo. Nell’annata 2000 ho<br />

trovato una nuova stazione sul versante nord <strong>del</strong> monte Carevolo:<br />

sempre pochissimi esemplari, sempre in faggeta, ma in questo caso il<br />

bosco è piuttosto asciutto. Dato l’ambiente in cui vive, questa pianta<br />

non sembra avere particolari problemi.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. In Italia: in poche località<br />

<strong>del</strong>le Alpi e degli Appennini; ovunque<br />

molto rara. In provincia: in tre sole località<br />

da 1300 a 1400 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Faggete ombrose, molto umide o anche<br />

asciutte.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è stata trovata per la prima<br />

volta in provincia il 3-8-1986. Nello<br />

stesso luogo non era più presente nel<br />

1987, ma comunque nello stesso anno è<br />

stata trovata a qualche Km di distanza,<br />

sempre nello stesso ambiente e sempre in<br />

pochi esemplari. Un paio di questi erano<br />

bianco-latte: sicuramente si tratta <strong>del</strong>la<br />

varietà lacteum Keller.<br />

72 73


CORALLORHIZA TRIFIDA CHATELAIN 1760<br />

Corallorhiza innata R.BR.<br />

L’aggettivo trifi da signifi ca “diviso in tre”.<br />

Si riferisce forse alla posizione assunta dalle<br />

parti fi orali durante la fi oritura: il sepalo<br />

mediano e i petali formano un gruppo di 3,<br />

rivolti più o meno verso l’alto, i sepali laterali<br />

e il petalo mediano (labello) formano un<br />

altro gruppo di 3 rivolto verso il basso.<br />

Pianta<br />

Da 8 a 25 (30) cm. Fusto eretto,<br />

glabro, di colore verde chiaro o<br />

giallastro.<br />

Fioritura<br />

Giugno, inizio Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 2 a 4, ridotte a scaglie membranacee, abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa e povera (da 2 a 10-15 fi ori). Brattee minuscole, più corte <strong>del</strong> peduncolo<br />

<strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Poco appariscenti, odoranti leggermente di muschio. Sepali lunghi circa<br />

4-6 mm; petali più stretti, verde-giallicci, spesso con apici leggermente<br />

arrossati. Labello bianco, appena trilobato, solcato da due callosità centrali<br />

con alcune macchie rosse alla base. Ovario peduncolato. Sperone non<br />

presente. 2n=42<br />

Status<br />

Si tratta di solito di una pianta piuttosto rara, si trovano quasi sempre pochi<br />

e isolati esemplari. In certe annate e in condizioni particolarmente favorevoli<br />

non è raro trovare decine e decine di esemplari in pochi metri quadrati<br />

e sovente riuniti in cespi. Date le sue esigenze ecologiche, questa pianta<br />

sembra non correre particolari pericoli.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale. In Italia: sulle Alpi e sugli<br />

Appennini fi no in Campania. In provincia:<br />

al di sopra dei 1200 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Faggete ombrose, su suolo neutro o<br />

debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie pratica esclusivamente l’autoimpollinazione:<br />

infatti all’osservazione<br />

si nota che il dispositivo che consente<br />

l’adesione <strong>del</strong>le masse polliniche al capo<br />

degli insetti è atrofi co.<br />

74 75


LISTERA CORDATA (L.) R. BROWN 1813<br />

Ophrys cordata L.<br />

Il nome cordata, a forma di cuore, in relazione<br />

alla forma <strong>del</strong>le foglie.<br />

Pianta<br />

Esile, alta da 5 a 20 cm, fusto fi ne,<br />

bruno-rossastro al di sopra <strong>del</strong>l’inserzione<br />

<strong>del</strong>le foglie, verde chiaro<br />

e glabro al di sotto, pubescente<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Giugno<br />

Foglie<br />

2 opposte, cordiformi o romboidali, con bordo ondulato, lunghe da 1 a 3 cm,<br />

inserite un po’ sotto la metà <strong>del</strong> fusto, verde lucente nella pagina superiore,<br />

verde grigiastro su quella inferiore. A volte è presente una terza fogliolina<br />

al di sopra <strong>del</strong>le 2 più grandi.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, generalmente composta da 5-6 a 15 piccoli fi ori. Brattee di forma<br />

triangolare lunghe circa 1 mm.<br />

Fiori<br />

Minuscoli, da verde chiaro a rosso-brunastro; sepali lunghi da 2 a 3 mm,<br />

larghi 1 mm, ovati, patenti; petali ellittici, lunghi circa quanto i sepali; labello<br />

senza sperone, nettarifero alla base, pendente, lungo circa il doppio dei<br />

sepali, trilobo, con lobi laterali piccoli e posti alla base, lobo centrale a sua<br />

volta diviso in 2 lobuli stretti, acuti, divergenti. 2n=36,38,40,42<br />

Status<br />

In conseguenza <strong>del</strong>l’esiguità <strong>del</strong> popolamento e <strong>del</strong> periodo troppo breve<br />

di osservazione, risulta diffi cile trarre conclusioni o fare previsioni sulle condizioni<br />

di questa entità. Tuttavia credo che l’enorme quantità di piantine di<br />

abete presenti alla lunga fi niranno per alterare in modo negativo l’equilibrio<br />

di questa piccola zona.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale. In Italia è presente al<br />

nord fi no alla Toscana, esclusa la Valle<br />

d’Aosta. In provincia una sola stazione<br />

in Val Nure.<br />

Ambiente<br />

Nel sottobosco di un’abetaia artifi ciale<br />

(Abies alba) frammista ad arbusti di<br />

mirtillo, su cuscini di muschio.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Ho trovato questa pianta verso la metà<br />

di giugno <strong>del</strong> 1999 sul versante nordest<br />

<strong>del</strong> monte Carevolo nel quadrante<br />

1322-4 (comune di Ferriere). La piccola<br />

stazione si trova al margine di un’abetaia<br />

artifi ciale piuttosto matura: il terreno<br />

umido risultava ricoperto di muschio,<br />

con presenza di cespugli di mirtillo e<br />

numerosissime plantule di abete bianco.<br />

Il popolamento contava al momento <strong>del</strong><br />

ritrovamento una decina di esemplari a<br />

fi ore e innumerevoli plantule che spuntavano<br />

qua e là dal muschio.<br />

76 77


LISTERA OVATA (L.) R. BROWN 1813<br />

Ophrys ovata L.<br />

La denominazione ovata fa riferimento alla<br />

forma ovale-rotondeggiante <strong>del</strong>le foglie.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 50(70) cm. Fusto fl essuoso,<br />

pubescente, verde-giallastro.<br />

Fioritura<br />

Da Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

Due, lunghe da 5 a 15 cm, larghe da 0.3 a 8 cm, opposte, inserite a circa<br />

un terzo <strong>del</strong> fusto, lucide nella pagina superiore, con evidenti nervature.<br />

Raramente presenti anche altre foglie notevolmente più piccole, inserite<br />

sempre al di sopra <strong>del</strong>le due principali.<br />

Infiorescenza<br />

Cilindrica, allungata, stretta, lunga da 6 a 36 cm, con numerosi piccoli fi ori.<br />

Brattee ridotte a scaglie lunghe da 3 a 5 mm.<br />

Fiori<br />

Verdognoli, piccoli. Sepali ovali, smussati, formanti insieme ai petali (più<br />

piccoli) una specie di cappuccio sopra al ginostemio giallo-verde. Labello<br />

profondamente bilobato, percorso longitudinalmente da una callosità più<br />

verde e lucida per la presenza di una sostanza vischiosa (nettare). Sperone<br />

mancante. Ovario globoso sorretto da un pedicello. Per mezzo <strong>del</strong>la torsione<br />

di questo organo si ha la resupinazione <strong>del</strong> fi ore. 2n=32,34,38,42<br />

Status<br />

Questa specie sembra, al momento, non avere grandi problemi: è presente<br />

in tutto il territorio con un discreto numero di esemplari. Il motivo di questa<br />

favorevole situazione risiede probabilmente nella varietà di ambienti in cui<br />

questa pianta si è adattata a vivere.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: in tutto il territorio.<br />

In provincia: dai greti stabilizzati<br />

dei fi umi fi no al limite <strong>del</strong>le praterie. Più<br />

frequente nelle zone intermedie.<br />

Ambiente<br />

Preferibilmente luoghi freschi e umidi,<br />

oppure, raramente, aridi. Terreno vario:<br />

da calcareo a debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Non è raro vedere ovari che già disperdono<br />

semi maturi e notare che, attaccati ad<br />

essi, il labello e le altre parti fi orali sono<br />

ancora ben distinguibili, pur essendo<br />

diventati un po’ marroncini.<br />

78 79


SPIRANTHES SPIRALIS (L.) CHEVALLIER 1827<br />

Spiranthes autunnalis Rich.<br />

Spiralis rafforza il signifi cato <strong>del</strong>la denominazione<br />

Spiranthes. Spesso viene usato il<br />

sinonimo S. autumnalis L.C.M. Richard che si<br />

riferisce al periodo di fi oritura che avviene a<br />

fi ne Estate inizio Autunno. La parte radicale<br />

è costituita da due tuberi affusolati; il più<br />

vecchio, che ha dato origine allo stelo fi orifero<br />

<strong>del</strong>l’annata, è più grinzoso.<br />

Pianta<br />

Da 8 a 30 cm. Fusto afi llo, coperto<br />

verso l’alto da peli glandulosi.<br />

Fioritura<br />

Da metà Settembre ai primi di<br />

Novembre.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 6, ovato-ellittiche, acute, glaucescenti, riunite in rosetta, appressate<br />

al terreno. <strong>Le</strong> foglie che si trovano vicino allo stelo fi orifero non appartengono<br />

a quest’ultimo, produrranno lo stelo fi orifero <strong>del</strong>l’anno successivo e<br />

seccheranno prima che si sia sviluppato un nuovo stelo fi orifero.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga, sottile, ricca di piccoli fi ori disposti a spirale. Brattee più lunghe<br />

<strong>del</strong>l’ovario, lanceolate, coperte di numerosi peli glandolosi.<br />

Fiori<br />

Con parti fi orali riunite a formare una specie di campanula, lunga da 0.5 a<br />

8 mm; bianchi o bianco-verdastri lievemente profumati di vaniglia. Sepali<br />

protesi in avanti, discosti all’apice. Petali lanceolato-ottusi. Labello scanalato,<br />

curvato verso il basso all’apice, con margine dentellato, sperone assente.<br />

Ovario pubescente. 2n=30<br />

Status<br />

S. spiralis è una specie molto rara soprattutto nei popolamenti <strong>del</strong>la Val<br />

<strong>Trebbia</strong> ridotti a pochissimi esemplari. Soffre notevolmente l’aumento di<br />

erbe infestanti.<br />

Il periodo di fi oritura può variare di molto a seconda che l’annata sia stata<br />

± piovosa.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutte le<br />

regioni. In provincia: rara nella fascia<br />

collinare dai 300 ai 450 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su terreno calcareo. Tende a situarsi<br />

in piccoli avvallamenti, dove, per un<br />

periodo più lungo <strong>del</strong>l’anno, il terreno<br />

rimane intriso di acqua.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

S. aestivalis, era presente sicuramente<br />

in provincia nel passato. Attualmente la<br />

sua presenza non è più stata accertata.<br />

Questa sparizione va messa in relazione<br />

alla totale distruzione <strong>del</strong> suo ambiente<br />

(i prati umidi di pianura).<br />

80 81


GOODYERA REPENS (L.) R. BROWN 1813<br />

Satyrium repens L.<br />

Repens dal latino repere, signifi ca “strisciare”<br />

proprio per la capacità <strong>del</strong> rizoma di emettere<br />

stoloni radicanti.<br />

Pianta<br />

Da l0 a 30 cm. Fusto ascendente,<br />

peloso specialmente nella parte<br />

alta.<br />

Fioritura<br />

Luglio.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 1 a 3.5 cm, larghe da 0.5 a 2 cm, a nervatura reticolata (unica fra<br />

tutte le <strong>orchidee</strong> europee), da 3 a 6 riunite in rosetta basale, ovate, acute, di<br />

colore verde scuro, con nervature più chiare; 2 o 3 piccole foglie caulinari,<br />

lineari-lanceolate, bratteiformi, avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Da 5 a l0 cm, composta da una ventina di fi ori orientati unilateralmente o<br />

a spirale. Brattee uguali o più lunghe <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Profumati, bianchi, piccoli, ricoperti esternamente di peli glandulosi. Sepali<br />

lunghi da 3 a 5 mm, concavi, conniventi, ovati, ottusi; petali oblunghi; sepalo<br />

mediano e petali conniventi a casco. Labello con la parte basale concava,<br />

contenente nettare e la parte anteriore ovato-triangolare, rivolto all’ingiù.<br />

Sperone mancante: ovario peloso. 2n=30(28-32)<br />

Status<br />

La specie è legata indissolubilmente allo strato marcescente di aghi di<br />

pino.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale. In Italia: Alpi e Appennino<br />

settentrionale e centrale. In provincia:<br />

attualmente in diverse stazioni tra i 1000<br />

e i1250 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Boschi di conifere (Pino nero, Pino<br />

silvestre).<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è stata segnalata per la prima<br />

volta nell’Appennino <strong>piacentino</strong><br />

da A. Alessandrini nel 1984.<br />

82 83


PLATANTHERA BIFOLIA (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />

Orchis bifolia L.<br />

Bifolia proviene dal latino e signifi ca<br />

“a due foglie” e si riferisce al fatto<br />

che nella maggioranza dei casi questa<br />

orchidea si presenta con due grandi<br />

foglie basali.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm. Fusto angoloso<br />

nella parte alta.<br />

Fioritura<br />

Da Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 5-6 a 20 cm, larghe da 2 a 6 cm; generalmente due (raramente<br />

tre o quattro), opposte, ovali, allungate, più strette verso la base, con margine<br />

ondulato; sul fusto alcune foglie bratteiformi, lanceolato-acute.<br />

Infiorescenza<br />

Spiga allungata, cilindrica, lassa, a volte densa. Brattee: le inferiori più lunghe<br />

<strong>del</strong>l’ovario, le superiori più corte.<br />

Fiori<br />

Profumati. Sepali laterali lunghi da 8 a 12 mm, larghi da 5 a 6 mm, biancastri;<br />

divergenti, lanceolati, con apice ottuso; il mediano più largo e un po’ più<br />

corto, piegato in avanti; petali bianco-verdastri o giallo-verdastri, stretti,<br />

lanceolati, conniventi. Labello lungo da 9 a 15 mm, largo da 2.4 a 4.2 mm,<br />

lineare, linguiforme, giallo-verdastro. Sperone claviforme, lungo da 20 a 30<br />

mm. Ovario contorto. 2n=42<br />

Status<br />

La specie mantiene ancora un discreto numero di esemplari, distribuita su<br />

una notevole varietà di ambienti, dai castagneti alle faggete, ai boschi misti,<br />

alle praterie più o meno umide, ma i luoghi che maggiormente predilige sono<br />

le frane ad argilla scagliosa, semi assestate o in movimento.<br />

Diffusione<br />

Paleotemperata. In Italia: in tutte le<br />

regioni, più raramente nelle isole. In<br />

provincia: dai primi boschi pedecollinari<br />

alle massime altitudini.<br />

Ambiente<br />

Vario, da boschi di aghifoglie e di latifoglie<br />

a praterie montane su suoli calcarei,<br />

o debolmente acidi, da poveri a ricchi di<br />

sostanze nutritizie.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Da taluni autori sono indicate alcune varietà<br />

di scarso valore sistematico. Comunque<br />

esemplari corrispondenti a queste<br />

varietà si trovano anche in provincia: var.<br />

carducciana Goiran, con foglie basali<br />

molto ampie e brattee fi no al doppio<br />

<strong>del</strong>l’ovario e var. trifoliata Thielens con<br />

tre foglie basali.<br />

84 85


PLATANTHERA CHLORANTHA (CUSTER)<br />

REICHENBACH 1828<br />

Orchis chlorantha Custer<br />

L’aggettivo chlorantha trae origine dalle parole<br />

greche Khloros, verde e anthos, fi ore. Infatti i fi ori<br />

di questa orchidea sono piuttosto verdi. Specie<br />

molto simile a P. bifolia: da questa si differenzia<br />

principalmente per alcune caratteristiche <strong>del</strong><br />

fi ore e per la struttura generale <strong>del</strong>la pianta, più<br />

robusta.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm. Fusto robusto<br />

e con angolature molto evidenti<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Giugno, Luglio.<br />

Foglie<br />

Due (raramente 3 o 4), lunghe da 6 a 21 cm, larghe da 1.5 a 8 cm, opposte<br />

alla base, grandi, ovali, ed allungate; lungo il fusto, alcune piccole foglie<br />

sessili, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa; spiga cilindrica lunga fi no a 25 cm. Brattee con numerose nervature<br />

lunghe quanto l’ovario.<br />

Fiori<br />

Biancastri o verdastri, più grandi che in P. bifolia e, a differenza di questa,<br />

inodori, con le logge <strong>del</strong>l’antera divergenti e lo sperone, lungo da 2 a 42<br />

mm, rivolto in alto e rigonfi o all’apice. 2n=42<br />

Status<br />

Specie meno abbondante di P. bifolia, tuttavia con quest’ultima condivide ±<br />

gli stessi ambienti; tende a sparire nei prati dove il manto erboso è troppo<br />

invadente.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. In Italia: in tutto il territorio.<br />

In provincia: dai 600 ai 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Boschi misti, pascoli, radure, su terreni<br />

calcarei, basici o acidi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Si segnalano alcune varietà che sicuramente<br />

fanno parte anche <strong>del</strong>la nostra<br />

fl ora: P. chlorantha var. lancifolia Reichenb.<br />

con foglie molto strette e lanceolate. P.<br />

chlorantha var. media Peitz. con fi ori bianchi<br />

tranne il labello che è verde.<br />

P. bifolia e P. chlorantha si ibridano facilmente,<br />

essendo molto vicine morfologicamente;<br />

tali ibridi sono quanto mai<br />

diffi cili da riconoscersi.<br />

86 87


GYMNADENIA CONOPSEA (L.) R. BROWN 1813<br />

Orchis conopsea L.<br />

Conopsea deriva dal greco konops =<br />

“zanzara”, forse per la rassomiglianza <strong>del</strong><br />

fi ore all’insetto.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 50 (100) cm. Fusto slanciato,<br />

sottile, sovente bruno-rossastro<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

<strong>Le</strong> inferiori (da 3 a 13), lunghe da 6 a 25 cm, larghe da 0.6 a 4 cm, lineari,<br />

lanceolate, carenate nella pagina inferiore; le superiori (da 2 a 5) bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Stretta, cilindrica, allungata, con numerosi fi ori. Brattee lanceolate, acute,<br />

subeguali all’ovario.<br />

Fiori<br />

Da rosa a rosa chiaro (raramente bianchi), odoranti intensamente. Sepali<br />

laterali, lunghi da 4 a 7 mm, orizzontali; il mediano riunito a casco insieme<br />

ai petali. Labello profondamente trilobo, più largo che lungo, lungo da 4 a<br />

6 mm; lobi generalmente uguali, con margini interi. Ginostemio corto; antera<br />

dritta a logge parallele, munite lateralmente da due piccole orecchiette; il<br />

rostello forma una piega dentro la loggia <strong>del</strong>l’antera; stimma con lobi laterali<br />

assai divaricati. Sperone fi liforme, riempito fi no a metà di nettare, arcuato<br />

verso il basso, lungo da una volta e mezza a due volte l’ovario. 2n=40<br />

Status<br />

E’ ancora una <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />

maggiormente presenti in<br />

provincia, grazie alla sua<br />

statura piuttosto alta che<br />

le permette di sopportare<br />

meglio la competizione con<br />

altre erbe. Nel corso <strong>del</strong>l’ultimo<br />

decennio ha risentito<br />

pesantemente <strong>del</strong>la presenza<br />

<strong>del</strong> cinghiale.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: Alpi, Prealpi,<br />

Appennino fi no in Campania e Basilicata.<br />

In provincia: dai 250 m fi no al<br />

limite <strong>del</strong>le praterie.<br />

Ambiente<br />

Praterie, radure, scarpate, su terreno<br />

piuttosto fresco.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Saltuariamente si trovano individui a fi ori<br />

bianchi, ascrivibili alla var. albifl ora Zapal.<br />

Di particolare interesse è la varietà densi<br />

fl ora (Wahlenb.) Lindleyo secondo alcuni<br />

autori subsp. densi fl ora (Wahlenb.) R.<br />

Richter. Questa varietà ha una fi oritura<br />

un po’ più tardiva rispetto a G. conopsea.<br />

Può raggiungere una statura notevole, ha<br />

un’infi orescenza molto lunga e appressata<br />

e vive in ambienti ricchi di acqua, su<br />

terreni calcarei.<br />

Il giorno 10-6-1985 nel quadrante 1122-<br />

2 in una zona franosa è stata trovata una<br />

stazione di G. conopsea var. densifl ora<br />

con circa un migliaio di individui molto<br />

robusti, alcuni dei quali superavano a fi ne<br />

fi oritura i 110 cm con una infi orescenza di<br />

40 cm circa. Anche nelle annate successive<br />

la fi oritura si è ripetuta con dimensioni<br />

pressappoco uguali.<br />

88 89


GYMNADENIA ODORATISSIMA (L.) L.C.M.<br />

RICHARD 1817<br />

Orchis odoratissima L.<br />

L’aggettivo specifi co odoratissima si<br />

addice certamente a questa orchidea,<br />

in quanto i suoi fi ori emanano un forte<br />

profumo di vaniglia.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 (50) cm. Il fusto in genere<br />

è più esile che in G. conopsea:<br />

cilindrico inferiormente, angoloso<br />

nella parte superiore. L’apparato radicale<br />

è pressoché uguale a quello<br />

<strong>del</strong>la specie affi ne.<br />

Fioritura<br />

Giugno, Luglio<br />

Foglie<br />

<strong>Le</strong> caulinari sono lineari o lineari-lanceolate, ripiegate a doccia, patenti<br />

o più larghe nella metà inferiore, larghe da 4 a 10 mm; le superiori sono<br />

bratteiformi, inguainanti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Cilindrica, alta da 2-3 a 10 cm, densa o paucifl ora. Brattee lanceolate, lunghe<br />

circa quanto l’ovario.<br />

Fiori<br />

Piccoli, da rosa ± carico a porpora, non sono rari gli esemplari albini; sepali<br />

laterali lunghi da 4 a 5 mm, oblunghi, arrotondati in punta, orizzontali o<br />

leggermente patenti. Il mediano forma un cappuccio insieme ai petali; labello<br />

leggermente trilobo (raramente intero), più largo che lungo, lobi laterali<br />

arrotondati, lobo centrale più largo, ottuso, più lungo dei laterali; sperone<br />

lungo da 5 a 7 mm, ovario ritorto. 2n=40<br />

Status<br />

Attualmente la specie sembra non correre grossi pericoli.<br />

Diffusione<br />

L’areale di questa specie è costituito da<br />

un’ampia superfi cie <strong>del</strong>l’Europa centrale;<br />

tuttavia esistono diverse stazioni localizzate<br />

al di fuori di questa area. In Italia è concentrata<br />

per lo più sulle Alpi, è inoltre presente<br />

sulle Apuane. In provincia è localizzata in<br />

due sole stazioni.<br />

Ambiente<br />

Lungo i margini dei torrenti, pascoli montani,<br />

radure dei boschi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie già segnalata per la vetta <strong>del</strong><br />

Monte <strong>Le</strong>sima (Pirola 1967), ma non<br />

più osservata. Nel 1989 ne ho trovato<br />

un’abbondante stazione situata in una<br />

zona franosa, ± assestata, nei pressi di un<br />

torrentello, affl uente di sinistra <strong>del</strong> Torrente<br />

Lardana (Val Nure), nel quadrante<br />

1323-2-4, vicino al paese di Fornelli (Pianazze),<br />

nel comune di Farini. Nel 1992<br />

Enrico Romani ne segnala una nuova<br />

stazione, situata sul crinale a Nord-Ovest<br />

di Mont’Osero, nel quadrante 1223-1, in<br />

comune di Bettola. Queste due stazioni<br />

a tutt’oggi devono essere considerate le<br />

uniche per la regione.<br />

90 91


PSEUDORCHIS ALBIDA (L.) A. &. D. LÖVE 1969<br />

<strong>Le</strong>ucorchis albida (L.) E. Meyer<br />

L’aggettivo albida proviene dal latino<br />

e signifi ca “biancastra”.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 20 cm. Fusto striato, fl essuoso,<br />

con alla base alcune guaine<br />

appuntite.<br />

Fioritura<br />

Giugno, Luglio.<br />

Foglie<br />

4 o 5, da oblungo a oblungo-lanceolate, lunghe da 3 a 8 cm, larghe da 1 a<br />

2.5 cm, decrescenti verso l’alto fi no a diventare bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, cilindrica, formata da numerosi piccoli fi ori. Brattee lanceolato-acuminate,<br />

lunghe uguali o un po’ più <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Facoltativamente autogami o cleistogami, bianchi o bianco-giallicci, rivolti<br />

all’ingiù, leggermente profumati. Sepali e petali lunghi da 2 a 3 mm, ovatooblunghi,<br />

riuniti a cappuccio. Labello lungo da 2.5 a 4 mm, largo da 2 a 3<br />

mm, trilobo; lobo mediano più lungo e più largo dei laterali. Sperone a sacco<br />

leggermente ricurvo, lungo circa la metà <strong>del</strong>l’ovario. 2n=40 (42)<br />

Status<br />

Da alcuni anni, questa pianta non viene più ritrovata nelle stazioni in cui<br />

precedentemente veniva segnalata. Affermare che sia ormai estinta è probabilmente<br />

azzardato; tuttavia un dato certo è che i suoi ambienti vitali si<br />

stanno alterando in modo preoccupante.<br />

Diffusione<br />

Artico-alpina. In Italia: Alpi, Appennino<br />

settentrionale, centrale e campano. In<br />

provincia: estremamente rara, al di sopra<br />

dei 1400 m.<br />

Ambiente<br />

Praterie di vetta su terreni debolmente<br />

acidi o decalcifi cati. La si trova spesso<br />

assieme a Nigritella nigra, Traunsteinera<br />

globosa e Gymnadenia conopsea.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

A causa <strong>del</strong>la diffi cile individuazione dei<br />

suoi caratteri morfologici, storicamente<br />

le sono stati attribuiti diversi sinonimi ed<br />

una diversa collocazione nell’ambito <strong>del</strong>la<br />

famiglia: Gymnadenia albida (L.) Rich.,<br />

Orchis albida (L.) Scop., Bicchia albida<br />

Parl., Satyrium albidum L. e come si è già<br />

accennato <strong>Le</strong>ucorchis albida.<br />

92 93


NIGRITELLA RHELLICANI TEPPNER & KLEIN 1990<br />

Nigritella nigra (L.) Rchb. F. P.P.<br />

Dedicato a Johannes Müller, detto<br />

Rhellicanus, naturalista svizzero<br />

Pianta<br />

Da 8 a 25 cm. Fusto rigoglioso e angoloso<br />

verso l’alto, con angolature<br />

a volte spruzzate di rosso.<br />

Fioritura<br />

Fine Giugno, Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 7 a 11, per lo più raggruppate<br />

alla base, molto strette, graminiformi;<br />

foglie caulinari sessili, bratteiformi,<br />

con bordi spesso arrossati.<br />

Infiorescenza<br />

Compatta, conica, allungata. Brattee lesiniformi, verdi, lavate di porpora sul<br />

bordo.<br />

Fiori<br />

Allogami, bruno-scuri, con gli apici <strong>del</strong>le divisioni fi orali quasi neri e odoranti<br />

di vaniglia. Sepali lunghi da 5 a 7.5 mm, lanceolati, acuti, <strong>del</strong>la stessa lunghezza<br />

dei petali; petali larghi circa la metà degli esterni. Labello cuoriforme.<br />

Sperone corto, sacciforme. Ovario non ritorto. 2n=40<br />

Bordo <strong>del</strong>la brattea<br />

visto al microscopio ottico<br />

Status<br />

A causa <strong>del</strong>l’abbandono dei pascoli<br />

questa specie, di piccole dimensioni,<br />

risente negativamente <strong>del</strong>la competizione<br />

con le erbe di maggiore statura;<br />

pertanto è in via di progressiva rarefazione.<br />

Questa situazione si è pericolosamente<br />

aggravata negli ultimi anni,<br />

tanto da ridurre la presenza di questa<br />

specie sul territorio <strong>piacentino</strong> a<br />

poche decine di esemplari. Migliore,<br />

anche se di poco, è la situazione nel<br />

confi nante territorio pavese, dove,<br />

vicino a Cima Colletta, vengono effettuati<br />

degli sfalci periodici.<br />

Diffusione<br />

Artico-alpina. In Italia: Alpi e Appennino<br />

genovese, pavese, alessandrino,<br />

<strong>piacentino</strong>.<br />

Ambiente<br />

Praterie di vetta dai 1400 m in su;<br />

terreni calcarei, ma anche in altri tipi<br />

di substrato.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Non essendo i fi ori resupinati, questi si<br />

presentano capovolti; trovandosi le masse<br />

polliniche nella parte bassa rispetto<br />

allo stimma, l’autoimpollinazione sembra<br />

non possa aver luogo. <strong>Le</strong> prime brattee<br />

osservate al microscopio, forniscono<br />

attraverso la denticolatura <strong>del</strong> bordo<br />

importanti elementi diagnostici. Riguardo<br />

all’eventuale presenza di N. corneliana<br />

(Beauverd) Gölz & Reinhard, di cui avevo<br />

menzionato il ritrovamento (1989) di<br />

alcuni esemplari nel quadrante 1322-2,<br />

nonostante accurate osservazioni negli<br />

anni successivi, tali esemplari non sono<br />

più stati trovati. La presenza di questa<br />

specie sul nostro Appennino rappresenta<br />

un fatto importante in quanto segna il suo<br />

limite meridionale.<br />

94 95


COELOGLOSSUM VIRIDE (L.) HARTMAN 1820<br />

Orchis viridis Crantz<br />

Viride proviene dal latino viridis, verde e<br />

si riferisce al colore dei fi ori; questi infatti<br />

dopo l’impollinazione inverdiscono e<br />

rimangono attaccati all’ovario per molto<br />

tempo.<br />

Pianta<br />

Da 5 a 25 cm. Fusto striato, foglioso<br />

fi no a 3/4.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 6, lunghe da 2 a 10 cm, larghe da 1 a 5 cm, disposte lungo il fusto,<br />

quelle basali ovali; lungo il fusto lanceolato-acute.<br />

Infiorescenza<br />

Piuttosto densa; con 5-20 fi ori. Brattee lineare-Ianceolate, decrescenti<br />

verso l’alto.<br />

Fiori<br />

Non profumati. Sepali, lunghi da 3.5 a 6.5 mm, larghi da 2 a 3 mm e petali,<br />

lunghi da 4 a 6.5 mm, verdi o verde-giallastri, conniventi a formare un cappuccio<br />

sopra il ginostemio. Labello rossastro, poi verde-giallastro, lungo da<br />

6 a 10 mm, largo da 4 a 5 mm, pendulo e retrofl esso fi no a toccare l’ovario,<br />

trilobato all’apice, con i lobi laterali più lunghi <strong>del</strong> mediano, munito alla base<br />

di una depressione con due fossette nettarifere. Sperone nettarifero breve e<br />

sacciforme, lungo da 2 a 3 mm. Ovario verde-giallastro. 2n=40<br />

Status<br />

Si tratta di una pianta prevalentemente esile, pertanto passa sovente inosservata.<br />

Tuttavia l’eccessivo accumulo di erba in decomposizione, ne sta<br />

provocando la sparizione.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale, Alpi e Prealpi, Appennini,<br />

fi no in Calabria; in provincia: al di sopra<br />

dei 1000 m.<br />

Ambiente<br />

Radure, praterie, su suoli sia acidi che<br />

basici, terreni freschi, umidi o asciutti.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

96 97


DACTYLORHIZA INCARNATA (L.) SOO’ 1962<br />

Orchis incarnata L.<br />

Incarnata è un nome certamente indovinato:<br />

i suoi fi ori infatti hanno una colorazione<br />

carnicina.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 80 cm. Fusto molto robusto,<br />

cavo internamente, angoloso<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Fine Maggio, inizio Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 7, lineare-Ianceolate, con apice a cappuccio, lunghe da 8 a 15 cm.<br />

L’ultima foglia raggiunge o supera l’infi orescenza.<br />

Infiorescenza<br />

Ovoide, poi cilindrica, densa, lunga da 5 a 20 cm. Brattee lanceolate-acute,<br />

spesso sfumate di bruno-rossastro, molto più lunghe dei fi ori.<br />

Fiori<br />

Rosei, a volte anche piuttosto rossi. Sepali laterali divergenti, obliqui, concavi,<br />

lunghi da 6 a 9 mm, larghi da 2.5 a 4 mm; il mediano, insieme ai petali, è<br />

piegato in avanti a formare un cappuccio sopra al ginostemio. Labello piccolo,<br />

di forma romboidale lungo da 5 a 9 mm, lievemente trilobato o terminante<br />

con una punta centrale pronunciata. Il disegno posto nella pagina superiore<br />

è formato da piccole linee più scure. Sperone robusto, generalmente rivolto<br />

all’ingiù lungo da 5 a 9 mm, leggermente più corto <strong>del</strong>l’ovario. 2n=40<br />

D. incarnata f. ochrantha<br />

Status<br />

Questa specie è una <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong> più tipiche <strong>del</strong>le<br />

torbiere. Attualmente è in<br />

forte arretramento, per l’eccessivo<br />

infoltimento di questi<br />

luoghi.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. In Italia: regioni <strong>del</strong><br />

nord e <strong>del</strong> centro. In provincia: dai 900<br />

ai 1500 m.<br />

Ambiente<br />

Limitato a luoghi paludosi o torbiere.<br />

In questi ambienti è presente in buon<br />

numero.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Gli esemplari bianco-giallastri che si trovano<br />

nell’ambito di questa specie e che<br />

sono stati attribuiti in un primo tempo a<br />

D. incarnata subsp ochroleuca (Boll.) P.F.<br />

Hunt & Summerhayes, sono sicuramente<br />

da assegnare a D. incarnata f. ochrantha<br />

Landwehr. Gli esemplari attribuiti a D. incarnata<br />

subsp hyphaematodes (Reichemb.<br />

Fil.) Soò da alcuni anni non sono più<br />

reperibili. Questo è un dato che si è già<br />

riscontrato in altri generi: quando una<br />

specie è in diffi coltà per motivi dovuti<br />

alla forte competizione con altre erbe,<br />

gli esemplari variabili o atipici tendono a<br />

sparire per primi.<br />

98 99


DACTYLORHIZA LAPPONICA (LAESTAD<br />

ex REICHENBACH FIL.) SOO’ 1962<br />

Orchis lapponica Laest. ex Rchb. F.<br />

Questa specie trae il nome dalla Lapponia,<br />

dove è stata descritta per la prima volta.<br />

Pianta<br />

Robusta, altezza media di circa<br />

15-25 cm (esemplari molto più alti<br />

presenti nelle stazioni sono sicuramente<br />

ibridi naturali). Fusto cavo<br />

internamente nella parte bassa,<br />

rossastro in alto.<br />

Fioritura<br />

Giugno, Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 2 a 5, lunghe da 4 a 10 cm, larghe da 0.5 a 2.5 cm, verde nella parte<br />

superiore, con macule nerastre presenti solo nella metà apicale, verdebiancastro<br />

nella parte inferiore, con le nervature più evidentemente scure,<br />

ovali, leggermente lanceolate, eretto-arcuate . <strong>Le</strong> macchie tendono a sparire<br />

quando la pianta invecchia.<br />

Infiorescenza<br />

Paucifl ora. Brattee rossastre; le inferiori più lunghe dei fi ori.<br />

Fiori<br />

Rosso-porporino, non molto grandi. Sepali laterali lunghi da 7 a 10 mm,<br />

larghi da 3 a 4 mm, eretti o patenti; il sepalo mediano e i petali, lunghi da<br />

5 a 8 mm, sono conniventi a formare un cappuccio sopra il ginostemio.<br />

Labello lungo da 5 a 9 mm, largo da 7 a 11 mm, obovale, defl esso, intero o<br />

appena dentellato nella parte apicale, chiaro alla base con disegno formato<br />

da alcune venature più vivacemente porporine. Sperone conico, parallelo o<br />

appena piegato verso il basso, lungo circa la metà <strong>del</strong>l’ovario. 2n=80<br />

Status<br />

La specie, presente fi no a qualche anno fa con un numero notevole di<br />

esemplari, sembra ora risentire pesantemente <strong>del</strong>la competizione con altre<br />

e più vigorose specie erbacee. Per salvaguardare questa ed altre specie che<br />

vivono in ambiente umido è assolutamente necessario effettuare sfalci nel<br />

periodo di riposo di queste piante (settembre-ottobre).<br />

Diffusione<br />

Artico-alpina. In Italia: in poche stazioni<br />

<strong>del</strong>la cerchia alpina. In provincia: le<br />

sette stazioni trovate fi no ad ora sono<br />

da ritenersi le uniche per la catena<br />

appenninica.<br />

Ambiente<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

100 101<br />

Torbiere.<br />

Note<br />

La scelta di cambiare nome a questa<br />

specie è dovuta al fatto che nel corso<br />

di questi anni si è scoperto che, tra gli<br />

esemplari piacentini in precedenza attribuiti<br />

a D. traunsteineri , vi è una maggiore<br />

vicinanza dal punto di vista morfologico<br />

con D. lapponica, piuttosto che con D.<br />

traunsteineri.


DACTYLORHIZA MACULATA subsp. FUCHSII<br />

(DRUCE) HYLANDER 1966<br />

Orchis maculata L.<br />

Maculata deriva dal latino macula e<br />

trae signifi cato dalla macchiettatura<br />

nerastra che di solito (salvo rare<br />

eccezioni) si trova sulle foglie.<br />

Fuchsii in onore <strong>del</strong> botanico<br />

<strong>Le</strong>onhart Fuchs (1501-1566).<br />

Pianta<br />

Da (l0) 20-50 (60) cm. Fusto<br />

eretto, non cavo internamente con<br />

costolature verso la sommità di<br />

colore verde o sovente brunastro.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Maggio ad Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 11; densamente maculate sulla pagina superiore, verde grigiastro con<br />

nervature più scure in quella inferiore; le basali ovale-lanceolate lunghe da<br />

4-5 a 20 cm, larghe da 2 a 5 cm; con apice ± ottuso; le cauline, allungate,<br />

bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Spiga conica a inizio fi oritura, poi cilindrica, con numerosi fi ori accostati.<br />

Brattee più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, sfumate, di colore bruno-rossastro.<br />

Fiori<br />

Generalmente rosa-violaceo. Sepali laterali lanceolati, divergenti, lunghi da 8<br />

a 11 mm; il centrale connivente con i petali, a formare un cappuccio sopra al<br />

ginostemio. Labello lungo da 6 a 10 mm, largo da 9 a 15 mm profondamente<br />

trilobo con lobo mediano più acuto e lungo dei laterali. I disegni sul labello<br />

hanno una colorazione più marcata rispetto a quella <strong>del</strong> fi ore. Sperone lungo<br />

da 6 a 10 mm più corto o lungo quanto l’ovario. 2n=40<br />

Status<br />

Anche questa specie, negli ultimi tempi, è stata decimata<br />

dal cinghiale.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. L’areale italiano non è<br />

ancora ben defi nito, tuttavia sembrerebbe<br />

limitato alle regioni <strong>del</strong> nord e <strong>del</strong><br />

centro. In provincia è presente, dai 350<br />

m fi no alle più alte cime.<br />

Ambiente<br />

È possibile trovarla in diversi ambienti,<br />

con terreno prevalentemente calcareo o<br />

debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Francamente devo dire che sul nome da<br />

attribuire a questa specie permangono<br />

non pochi dubbi. Lo scenario che va<br />

<strong>del</strong>ineandosi nell’ambito degli specialisti<br />

di Dactylorhiza è quello di raggruppare<br />

varie entità, segnalate per l’Italia, sotto<br />

un’unica specie: Dactylorhiza maculata. A<br />

mio avviso, tuttavia, vi sono forti perplessità<br />

che D. maculata in senso stretto sia<br />

presente sul territorio provinciale. I pochi<br />

esemplari esistenti in luoghi umidi, hanno<br />

caratteri poco stabili e c’è quindi il forte<br />

dubbio che si tratti di forme ibridogene.<br />

Da qui la scelta di questa forma nomenclaturale<br />

è quasi obbligata, in quanto la<br />

quasi totalità degli esemplari provinciali<br />

combaciano con la forma fuchsii.<br />

102 103


DACTYLORHIZA MAJALIS (REICHENB)<br />

P.F. HUNT & SUMMERHAYES 1965<br />

Orchis majalis Rchb.<br />

Etimologicamente majalis deriva dal latino<br />

e signifi ca “di maggio”. Fa presumibilmente<br />

riferimento al periodo di fi oritura, anche se<br />

per quel che riguarda il territorio<br />

<strong>piacentino</strong> questa avviene in Giugno.<br />

Pianta<br />

(15-20) 30-50 cm. Fusto fl essuoso,<br />

cavo, striato, di colore porpora<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 6, vistosamente macchiate di scuro nella pagina superiore, lunghe da<br />

3-4 a 16 cm, larghe da 1.5-2 a 4 cm; le prime in basso oblungo-lanceolate,<br />

leggermente carenate, da 1 a 3 foglie superiori, bratteiformi. L’ultima, a inizio<br />

fi oritura, raggiunge l’infi orescenza.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, multifl ora, cilindrica. Brattee più lunghe dei fi ori, decrescenti verso<br />

l’alto, di colore brunastro.<br />

Fiori<br />

Rosso-violacei, con macchioline e linee più scure sul labello. Sepali laterali<br />

eretti, ovale-lanceolato, lunghi da 7 a 12 mm, larghi da 3.5 a 5 mm; il mediano<br />

e i petali sono conniventi a forma di cappuccio, lunghi da 6 a 9 mm.<br />

Labello lungo da 7 a 10 mm, largo da 10 a 14 mm, trilobo, con lobi laterali<br />

arrotondati; il mediano, piccolo, con punta ottusa. Sperone conico, più corto<br />

<strong>del</strong>l’ovario, leggermente piegato verso il basso.<br />

Status<br />

La stazione nel quadrante 1322-2 situata a Nord dei Groppi di Lavezzera è<br />

stata soffocata dall’avanzata di arbusti e rovi. Sempre per gli stessi motivi,<br />

la stazione situata sul Monte Osero perde esemplari anno dopo anno.<br />

Diffusione<br />

Centro-europea. In Italia è presente nelle<br />

regioni <strong>del</strong>l’arco alpino. In provincia:<br />

una sola stazione sul versante Ovest,<br />

Sud-Ovest <strong>del</strong> Monte Osero.<br />

Ambiente<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

104 105<br />

Torbiere<br />

Note<br />

La specie è nuova per il Piacentino; la<br />

presenza è stata accertata nel mese<br />

di Giugno 1986. Attualmente questi<br />

ritrovamenti devono ritenersi gli unici<br />

<strong>del</strong>l’Appennino. Gli esemplari presenti<br />

sul M. Osero si discostano notevolmente<br />

da quelli presenti sulle Alpi: secondo il<br />

parere di alcuni esperti si tratterebbe di<br />

popolamenti di origine ibridogena.


DACTYLORHIZA SAMBUCINA (L.) SOO’ 1962<br />

Orchis sambucina L.<br />

Sambucina allude all’odore <strong>del</strong> sambuco,<br />

che secondo alcuni autori emanerebbero<br />

i suoi fi ori.<br />

Pianta<br />

Da l0 a 35 cm. Fusto vigoroso, cavo<br />

internamente, scanalato verso la<br />

sommità.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Verde-chiaro, distribuite lungo il fusto, distanziate, piegate a doccia o erette;<br />

le inferiori oblungo-obovate, con apice ottuso; le superiori lanceolate, con<br />

apice acuto.<br />

Infiorescenza<br />

Densa e ricca, da lunga e cilindrica a corta e ovata. Brattee più lunghe dei<br />

fiori, lanceolato-acute; verde-chiaro negli esemplari gialli, rossastre in quelli<br />

rossi.<br />

Fiori<br />

Giallo-chiari con alcune macchioline rosse sul labello oppure rosso-violacei,<br />

con la base <strong>del</strong> labello leggermente gialla. Tepali laterali esterni eretti;<br />

il mediano curvato in avanti, talvolta connivente a cappuccio con i tepali<br />

laterali interni. Labello debolmente trilobo ed intero, con margine ondulato<br />

e irregolarmente dentellato. Sperone grosso, rigonfi o, conico, rivoltato verso<br />

il basso, lungo uguale o più <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Status<br />

Si tratta certamente <strong>del</strong>l’orchidea più diffusa fra quelle che vivono in<br />

montagna; tuttavia in certe zone, soprattutto nella parte occidentale <strong>del</strong>la<br />

provincia, subisce <strong>del</strong>le vere e proprie decimazioni ad opera dei cinghiali,<br />

che si nutrono dei suoi tuberi.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutte le<br />

regioni tranne in Sardegna. In provincia:<br />

al di sopra degli 800 m. Esemplari isolati<br />

anche a quote molto più basse.<br />

Ambiente<br />

Praterie, boscaglie rade, su terreno<br />

calcareo o debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Il tubero di questa pianta contrariamente<br />

alle altre specie di Dactylorhiza, è poco<br />

diviso, e ha una conformazione assai vicina<br />

ai tuberi <strong>del</strong> genere Orchis. Questo<br />

fatto viene visto da qualche autore come<br />

una forma di passaggio tra i due generi.<br />

Di questa specie si trovano esemplari<br />

con colorazione completamente gialla e<br />

esemplari rossi; i due tipi convivono, con<br />

leggera prevalenza <strong>del</strong>l’uno o <strong>del</strong>l’altro<br />

tipo a seconda <strong>del</strong>le stazioni. Raramente<br />

si trovano individui con colorazione<br />

intermedia.<br />

106 107


TRAUNSTEINERA GLOBOSA (L.) REICHENBACH 1842<br />

Orchis globosa L.<br />

Il termine globosa fa riferimento alla<br />

forma sferica <strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 60 cm. Fusto glabro, slanciato,<br />

leggermente fl essuoso, con<br />

nervature prominenti nella parte<br />

superiore.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 6, verde-glauco, lunghe da 5 a 13 cm, larghe da 1 a 3.5 cm, tutte<br />

caulinari, distribuite nella metà inferiore <strong>del</strong> fusto, di forma lineare-lanceolata<br />

o oblungo-lanceolata, più o meno erette, man mano più corte verso l’alto,<br />

fi no a diventare bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Corta e densa, alta da 1.5 a 6 cm, larga da 1.5 a 5 cm, a inizio fi oritura<br />

conica, poi globoso-cilindrica. Brattee lunghe uguali o più <strong>del</strong>l’ovario, verdechiaro,<br />

bordate di porporino.<br />

Fiori<br />

Rosa-lilla. Sepali lunghi da 4 a 8 mm, orientati in avanti, poi patenti, larghi<br />

alla base, terminanti all’apice con punte spatolate; petali lunghi da 3 a 6.5<br />

mm, ravvicinati a casco, terminanti con punte ottuse e divaricate. Labello<br />

cuneiforme, lungo da 3 a 6 mm, trilobo, generalmente bianco-rosato o rosa<br />

carico, con punteggiatura porporina; lobi laterali di forma più o meno triangolare;<br />

il mediano più lungo e terminante con una punta acuminata. Sperone<br />

conico, più corto <strong>del</strong>l’ovario, rivolto verso il basso. Ovario sessile. 2n=42<br />

Status<br />

Anche questa specie, avendo un apparato radicale tuberoso, viene spesso<br />

mangiata dai cinghiali. Il segreto <strong>del</strong>la sua sopravvivenza sta nella sua rada<br />

ma omogenea distribuzione nell’ambiente; pertanto qualche esemplare si<br />

salva sempre.<br />

Diffusione<br />

Sud-Europa. In Italia: nelle regioni alpine<br />

e nell’Appennino tosco-emiliano<br />

e abruzzese. In provincia: sopra i 1000<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Praterie montane, in pieno sole, su<br />

terreno debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie condivide prevalentemente<br />

la stessa nicchia ecologica di Nigritella<br />

rhellicani, ma, contrariamente a questa,<br />

T. globosa riesce ancora a mantenere un<br />

discreto numero di esemplari. Probabilmente<br />

ciò è dovuto alla statura piuttosto<br />

alta <strong>del</strong>la pianta; anche le foglie sono posizionate<br />

ad una certa altezza dal suolo.<br />

Questo le consente di reggere meglio la<br />

competizione con altre erbe.<br />

108 109


ORCHIS ANTHROPOPHORA (L.) ALLIONI 1753<br />

Aceras anthropophorum (L.) W.T. Aiton<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 cm. Fusto diritto scanalato<br />

all’altezza <strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />

Apparato radicale formato da due<br />

bulbi ovoidi con alcune radichette<br />

secondarie.<br />

Fioritura<br />

Fine Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 10. <strong>Le</strong> inferiori in rosetta basale da lanceolate a sub-spatolate con<br />

apice acuto, erette o patenti, lunghe da 6 a 15 cm, larghe da 1 a 4 cm; le<br />

superiori avvolgenti strettamente il fusto, l’ultima bratteiforme.<br />

Infiorescenza<br />

Spiga lineare, densa, con molti fi ori. Brattee membranacee più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Verde-giallicci, orlati di bruno-porporino o violaceo, sepali e petali riuniti a<br />

casco, lunghi da 11 a 15 mm, larghi da 3 a 4 mm. Labello lungo da 12 a 20<br />

mm, trilobo, giallastro, con i bordi e i lobi arrossati; lobo mediano stretto<br />

ed allungato, diviso a sua volta in due lobi, a volte separati centralmente<br />

da un piccolo dente. Alla base <strong>del</strong> labello due callosità chiare formanti una<br />

fossetta contenente il nettare. Sperone assente. 2n=42<br />

Status<br />

Questa specie è stata rilevata per la prima volta nel 1987 in comune di<br />

Pianello (Rocca d’Olgisio), successivamente in comune di Bobbio e, poi,<br />

in comune di Travo, in tre piccolissimi popolamenti. In questi luoghi non la<br />

rivedo più da almeno 6 o 7 anni. Salvo ormai improbabili piacevoli sorprese,<br />

quest’entità deve ritenersi estinta nel territorio provinciale.<br />

Diffusione<br />

Steno-atlantico-mediterranea. In Italia:<br />

nelle regioni litoranee, rara al nord, assente<br />

nel Trentino. In provincia: in luoghi<br />

particolarmente soleggiati.<br />

Ambiente<br />

Praterie anche sassose, più o meno<br />

aride, su suoli calcarei.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è stata segnalata per la prima<br />

volta in Provincia nel corso di questa<br />

ricerca nel 1987 . Quest’entità è meglio<br />

conosciuta come Aceras anthropophorum:<br />

fi no a poco tempo fa, infatti, era l’unica<br />

specie che dava origine al genere Aceras.<br />

Recenti ricerche genetiche (W. Rossi et<br />

al., 1994; Pridgeon et al., 1997) hanno<br />

stabilito al di là di ogni dubbio che questa<br />

specie appartiene al genere Orchis.<br />

110 111


ORCHIS CORIOPHORA L. subsp. FRAGRANS<br />

(POLLINI) SUDRE 1890<br />

Orchis fragrans Pollini<br />

Etimologicamente il nome coriophora deriva dalle parole<br />

greche koris, cimice e phero, porto e signifi cherebbe<br />

portatrice di cimici; naturalmente con le cimici ha a che<br />

fare soltanto per quanto riguarda il profumo sgradevole<br />

che emanano i suoi fi ori. I fi ori <strong>del</strong>la sottospecie fragrans<br />

invece, emanano un intenso e gradevole profumo da cui<br />

trae origine il nome.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 25 (35) cm. Fusto foglioso,<br />

cilindrico, leggermente scanalato<br />

in alto.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 5, lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 0.4 a 1 cm le inferiori riunite in rosetta<br />

basale, lineare-lanceolate, carenate, da 2 a 3 le superiori fi nemente linearilanceolate,<br />

lunghe da 3 a 8 cm, bratteiformi, di colore verde-biancastro. <strong>Le</strong><br />

foglie basali, quando la pianta è in fi ore, sono quasi sempre già secche.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, multifl ora, ovoide a inizio fi oritura, poi cilindrica. Brattee lanceolate,<br />

più lunghe generalmente <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Verdognoli o purpurei. Piccoli, profumati. Sepali lunghi da 8 a 12 mm,<br />

petali lunghi da 6 a 9 mm, conniventi a formare un cappuccio allungato a<br />

forma di becco, di colore verdognolo purpureo. Labello trilobo, con lobo<br />

mediano lanceolato, più lungo e sottile dei laterali, ripiegato all’indietro,<br />

generalmente con colorazione più chiara centralmente, con punteggiature<br />

più marcatamente purpuree. Sperone conico, più corto <strong>del</strong>l’ovario, rivolto<br />

verso il basso. 2n=38<br />

Status<br />

Nella nostra provincia, questa pianta vive, salvo una piccola eccezione nel<br />

comune di Bettola, lungo i maggiori corsi d’acqua, sui greti stabilizzati. In<br />

questi luoghi, poco ospitali, vi è meno competizione, pertanto la specie<br />

mantiene, a grandi linee, la sua presenza. Tuttavia, alcuni anni fa, è stata<br />

distrutta quasi totalmente la stazione che rappresentava circa l’80% <strong>del</strong>la<br />

presenza provinciale. La distruzione è avvenuta a seguito <strong>del</strong>la costruzione<br />

di baracche per il ricovero di animali e <strong>del</strong> conseguente calpestio di questi.<br />

La stazione si trova nel comune di Gazzola, nel quadrante 1023-4, lungo il<br />

<strong>Trebbia</strong>, all’altezza di Rivalta.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: lungo il tratto pianeggiante<br />

dei maggiori corsi d’acqua.<br />

Ambiente<br />

Prati aridi e greti dei fi umi stabilizzati.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Diversi autori trattano quest’entità col<br />

nome specifi co perché ritengono poco<br />

evidenti o molto variabili le caratteristiche<br />

tra specie e sottospecie. Personalmente<br />

ritengo che trattare questa pianta col<br />

termine sottospecifi co rispecchi meglio<br />

la situazione provinciale. La pianta è<br />

infatti piuttosto slanciata, ha, rispetto<br />

alla specie, meno foglie e più strette,<br />

quasi graminiformi. I fiori hanno una<br />

colorazione, sì variabile, ma mai troppo<br />

marcata e, soprattutto, profumano in<br />

modo gradevole.<br />

112 113


ORCHIS LAXIFLORA LAMARCK 1779<br />

Orchis ensifolia Vill.<br />

Laxifl ora è di origine latina e fa riferimento<br />

all’infi orescenza a fi ori distanziati.<br />

Pianta<br />

Da 30 a 60 cm. Fusto eretto verso<br />

l’alto, angoloso e rosso scuro.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 6 a 14 cm, larghe da 1 a 2.5 cm; distribuite lungo tutto il fusto,<br />

da lineari a lineare-lanceolate, carenate, acute, con evidenti nervature nella<br />

pagina inferiore; le superiori avvolgenti lungamente il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga, cilindrica, molto lassa. Brattee membranacee, lanceolate, acute, porporine,<br />

più lunghe <strong>del</strong>l’ovario; più o meno uguali nella parte alta.<br />

Fiori<br />

Di colore porpora-violaceo, più o meno intenso, con una parte bianca al centro<br />

<strong>del</strong> labello. Sepali lunghi da 10 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm, ovali, ottusi,<br />

i laterali eretti, il mediano ricurvo in avanti e ± connivente a formare un casco<br />

con i petali che sono leggermente più corti: lunghi da 6 a 9 mm, larghi da 4<br />

a 5 mm; labello lungo da 9 a 12 mm, largo da 14 a 18, cuneiforme, trilobato,<br />

col lobo centrale più corto dei laterali, decisamente piegati all’indietro, con<br />

margine irregolarmente inciso. Sperone un pò più corto <strong>del</strong>l’ovario, rivolto<br />

verso l’alto, molto sottile, ottuso o dilatato all’apice. 2n=36,42<br />

Status<br />

La previsione pessimistica <strong>del</strong> 1989 si è purtroppo rilevata esatta: da diversi<br />

anni non trovo più questa specie nella stazione originaria. Alcuni anni fa una<br />

grossa frana ha distrutto l’unica radura umida dove questa pianta viveva.<br />

Pertanto O. laxifl ora va ritenuta estinta dalla provincia di Piacenza.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: una sola stazione,<br />

in Val <strong>Trebbia</strong>.<br />

Ambiente<br />

Margini di zone umide.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Nella stagione ’88 si è avuta la riconferma<br />

<strong>del</strong>la presenza sul territorio <strong>piacentino</strong><br />

di questa specie. In precedenza<br />

era stata segnalata nel secolo scorso<br />

(Bracciforti A. 1877).<br />

114 115


ORCHIS MASCULA (L.) LINNEO 1755<br />

L’aggettivo mascula deriva dal latino masculus,<br />

fa riferimento alle parti sotterranee e allo<br />

sperone.<br />

Pianta<br />

Di aspetto robusto, da 20 a 60<br />

(70) cm. Fusto con punteggiatura<br />

porporina, nella parte bassa; nella<br />

parte alta quasi sempre brunoarrossato.<br />

Fioritura<br />

Da Aprile a inizio Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 8, quasi tutte riunite a formare una rosetta basale, lunghe da 6 a<br />

21-23 cm, larghe da 1.5 a 4 cm di forma oblungo-lanceolate, verdi non<br />

maculate o verdi maculate da larghe o piccole chiazze viola o brunastro,<br />

eretto-patenti, con apice ottuso; da 2 a 4 foglie superiori lanceolate, piccole,<br />

guainanti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Con 6-7 o 60 (70) fi ori, piuttosto densa, di forma dapprima conica, poi<br />

cilindrico-allungata. Brattee membranacee, lanceolate, di colore violaceo; le<br />

inferiori lunghe come l’ovario, le superiori la metà.<br />

Fiori<br />

Di colore variante dal porpora chiaro al rosso-violetto, oppure rosa. Sepali<br />

laterali ovali lunghi da 7 a 15 mm, eretti e spesso con apici arrotondati o<br />

acuminati e a volte rivolti all’indietro; il centrale piegato in avanti con l’apice<br />

rivolto in alto connivente con i petali a formare un cappuccio sopra al ginostemio.<br />

Labello nettamente trilobo lungo da 8 a 15 mm, largo da 7 a 18 mm;<br />

lobi dentellati al margine; lobo mediano a sua volta bilobo. Parte centrale<br />

<strong>del</strong> labello più chiara, con alcune macchie porporine. Sperone orizzontale<br />

o piegato leggermente verso l’alto, talvolta a forma di clava all’apice, lungo<br />

quanto l’ovario. 2n=42<br />

Status<br />

La stazione di O. mascula segnalata a suo tempo<br />

alla Rocca d’Olgisio a fi oritura precoce, deve ritenersi<br />

estinta in quanto il bosco dove essa viveva è<br />

stato invaso dall’edera (Edera elix), cancellando ogni<br />

traccia di questa e di altre orchidacee. O. mascula,<br />

pur mantenendo ancora una certa presenza sul<br />

territorio, ha subito in questi ultimi anni una forte<br />

contrazione, dovuta all’avanzata di arbusti infestanti<br />

sui pascoli, ma soprattutto alla vorace presenza dei<br />

cinghiali.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutte le<br />

regioni. In provincia: dai 450 m s.l.m. fi no<br />

alle massime altitudini.<br />

Ambiente<br />

Molto vario: boschi radi o densi, praterie<br />

umide.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La variabilità <strong>del</strong>la specie è notevole. Nel<br />

Piacentino si trovano esemplari isolati o<br />

vere e proprie ricche stazioni, con sepali<br />

acutissimi e labello allungato, corrispondenti<br />

alla descrizione di Orchis mascula<br />

subsp. signifera (Est) Soò oppure O.<br />

ovalis F.W. Schmidt ex Mayer. Da diversi<br />

anni trovo piccole stazioni di piante molto<br />

interessanti: esse infatti sono di taglia<br />

medio-piccola ed anche i fi ori sono più<br />

piccoli e stretti, di colore uguale a quelli<br />

<strong>del</strong>la specie tipo.Tutto il resto <strong>del</strong>la pianta<br />

ha una colorazione rosso-violaceo scuro.<br />

Trovo queste piante in alta Val <strong>Trebbia</strong><br />

e più spesso in provincia di Genova, su<br />

terreno siliceo. I fi ori possono emanare<br />

un profumo, a volte gradevole a volte<br />

decisamente fetido; spesso sono inodore.<br />

O. mascula si ibrida piuttosto facilmente<br />

con O. pallens e O. provincialis.<br />

116 117


ORCHIS MILITARIS LINNEO 1753<br />

Orchis rivini Gouan<br />

Il termine militaris deriva dal latino e trae<br />

spunto dalla forma di elmo <strong>del</strong> casco<br />

tepalico.<br />

Pianta<br />

Robusta, alta da 20 a 50 (65) cm,<br />

fusto verde in basso, violaceo nella<br />

parte alta.<br />

Fioritura<br />

Da metà Aprile a inizio Maggio.<br />

Foglie<br />

Verde brillante, da 3 a 6 basali, lunghe da 6 a 18 cm, larghe da 1.5 a 5<br />

cm, oblungo-lanceolate, acute; da 1 a 4 caulinari, più piccole, inguainati il<br />

fusto, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga da 6-7 a 15-20 cm, a inizio fi oritura ovale poi cilindrica, densa o<br />

lassa con 10 o 40 fi ori. Brattee violacee e membranacee, lunghe da 1.5 a<br />

5 mm.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 9 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm; petali lunghi da 8 a 10<br />

mm, larghi circa 2 mm, conniventi a formare un casco, biancastri o grigiastri,<br />

con sfumature rosa esternamente, ed evidenti striature violacee all’interno;<br />

labello lungo da 11 a 15 mm, largo da 9 a 12 mm, con bordi porpora-violacei,<br />

biancastro centralmente, munito centralmente di numerosi ciuffi di<br />

peli porporini, pendente o proiettato in avanti, profondamente trilobo, con<br />

lobi laterali lineari lunghi circa 4 mm, arcuati in avanti; lobo centrale a sua<br />

volta diviso all’apice da due lobi divergenti, più corti, ma più larghi dei lobi<br />

laterali, separati da un piccolo dente centrale; sperone lungo da 6 a 7 mm,<br />

biancastro, cilindrico, ottuso, discendente; ovario ritorto. 2n=42<br />

Status<br />

I luoghi in cui ho trovato questa pianta sono stati invasi dalla ginestra:<br />

pertanto non è più reperibile da diversi anni.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. In Italia: dal Centro a<br />

tutto il Nord. In provincia: trovata in sole<br />

due località una quindicina di anni fa.<br />

Ambiente<br />

Scarpate per lo più infestate dalla Ginestra<br />

di Spagna (Spartium junceum), su<br />

terreno calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Trovata in due piccoli popolamenti nel<br />

1989: uno vicino a Bobbio nel quadrante<br />

1222-1, l’altro vicino a Confi ente, nel<br />

quadrante 1322-1.<br />

118 119


ORCHIS MORIO LINNEO 1753<br />

Orchis morio subsp. picta (Loisel.) K. Richt.<br />

Il nome morio è di dubbia derivazione:<br />

dal greco moros, che signifi ca “pazzo”, o<br />

dall’italiano morrione che signifi ca elmo<br />

o da altri termini che comunque sembra<br />

facciano tutti riferimento alla screziatura<br />

sgargiante <strong>del</strong> casco tepalico.<br />

Pianta<br />

Da 5 a 25 (40) cm. Fusto angoloso<br />

nella parte alta, spruzzato di<br />

violetto.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 10, riunite in rosetta basale, lunghe da 3 a 12 cm, larghe da 0.5 a<br />

1.5 cm, di forma lineare-lanceolate, ripiegate a doccia o qualcuna eretta;<br />

da 2 a 4 caulinari, lungamente abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Subcilindrica, da corta e lassa a corta e densa, con 5 o 25 fi ori. Brattee<br />

mediamente lunghe quanto l’ovario, con colorazione verdastra, violetto o<br />

porpora scuro.<br />

Fiori<br />

Dal rosso-violetto, al porpora chiaro, con nervature più scure longitudinali<br />

sui sepali laterali. Sepali e petali riuniti a formare un cappuccio; sepali lunghi<br />

da 7.5 a 10.5 mm, larghi da 3 a 5.5 mm, ovali-oblunghi; sepalo mediano e<br />

petali subeguali, lunghi da 6 a 8 mm. Labello più o meno profondamente<br />

trilobato, più largo che lungo; lobi laterali più grandi <strong>del</strong> centrale e spesso<br />

ripiegati all’indietro, con margini dentellati. Parte centrale <strong>del</strong> labello più<br />

chiara, punteggiata da piccole macchie violette. Sperone più corto <strong>del</strong>l’ovario,<br />

troncato all’apice, disposto orizzontalmente o leggermente rivolto<br />

verso l’alto. 2n=36<br />

Status<br />

Fino a pochi anni fa, questa specie, insieme a poche<br />

altre, deteneva il primato di orchidea più numerosa<br />

presente in provincia. Oggi, pur mantenendo la presenza<br />

in quasi tutte le stazioni segnalate nel 1989, è<br />

andata rarefacendosi a tal punto che, laddove erano<br />

presenti migliaia di esemplari, oggi a malapena se ne<br />

trova qualche esemplare qua e là. Il motivo di tutto<br />

questo è da attribuire, in parte, alle continue razzie<br />

da parte <strong>del</strong> cinghiale e in parte al restringimento<br />

degli ambienti di vita, dovuto all’avanzare di arbusti,<br />

rovi e graminacee varie.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: presente in tutto<br />

il territorio.<br />

Ambiente<br />

Praterie più o meno aride, soprattutto<br />

in zone franose.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Raramente si trovano individui a fi ori rosa<br />

o completamente bianchi.<br />

120 121


ORCHIS PALLENS LINNEO 1771<br />

Orchis sulphurea Sims<br />

L’aggettivo pallens signifi ca “pallido” e si<br />

riferisce ai fi ori che sono giallo pallidi.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 35 cm. Fusto robusto, cilindrico<br />

all’altezza <strong>del</strong>l’infi orescenza<br />

e leggermente angoloso.<br />

Fioritura<br />

Da Aprile a Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 6 a 13 cm, larghe da 1.5 a 5 cm, basali, in numero da 3 a 5,<br />

ampie, oblunghe od ovali, senza macchie; le superiori, una o raramente due,<br />

abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Da 5 a 15 cm densa, cilindrica. Brattee membranacee, lanceolate, lunghe<br />

circa quanto l’ovario.<br />

Fiori<br />

Piuttosto grandi, giallo-pallidi o giallo-sulfurei, emananti profumo di sambuco.<br />

Sepali esterni lunghi da 6.5 a 9 mm, larghi da 3 a 5 mm, ovali, ottusi,<br />

piegati all’indietro; il mediano esterno lungo da 5.5 a 7.5 mm e i petali<br />

conniventi a formare un cappuccio. Labello lungo da 8 a 11.5 mm, largo<br />

da 9 a 14 mm, debolmente trilobo, con margini solitamente interi ripiegati<br />

all’indietro. Sperone lungo da 7 a 14 mm, orizzontale o debolmente rivolto<br />

in alto, cilindrico o a forma di clava, lungo circa quanto l’ovario. 2n=40<br />

Status<br />

Nelle praterie montane convive con O. mascula e con D. sambucina e con<br />

queste divide anche la sorte: viene spesso mangiata dai cinghiali.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: sulle Alpi<br />

e Prealpi, sull’Appennino settentrionale<br />

e centrale e in Calabria nel gruppo <strong>del</strong><br />

Pollino. In provincia: sia in collina che<br />

in montagna, in stazioni quasi sempre<br />

formate da pochi esemplari.<br />

Ambiente<br />

Boschi radi, praterie montane, castagneti,<br />

su suolo calcareo o acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Questa entità è piuttosto rara, a quote<br />

basse si trova quasi esclusivamente nei<br />

castagneti.<br />

122 123


ORCHIS PAPILIONACEA LINNEO 1759<br />

Orchis rubra Jacq.<br />

L’aggettivo specifi co papilionacea è di<br />

origine latina e fa riferimento alla forma<br />

<strong>del</strong> labello che può vagamente ricordare<br />

la forma di ala di farfalla.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 30 cm. Fusto robusto,<br />

rigido, angoloso e rossastro nella<br />

parte superiore.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 9, riunite in rosetta basale, lunghe da 4 a 15 cm, larghe da 0.5 a 2<br />

cm, lineare-lanceolate; da 2 a 5 cauline guainanti, di grandezza decrescente<br />

verso l’alto; le ultime, bratteiformi e sfumate di porpora all’apice.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con pochi fi ori (3-10); brattee membranacee, oblungo-lanceolate, più<br />

lunghe <strong>del</strong>l’ovario, di colore porpora, con nervature rosse.<br />

Fiori<br />

Dal rosso brunastro al porpora. Sepali lunghi da 8 a 19 mm, larghi da 4 a 7<br />

mm, lineare-lanceolati, conniventi con i petali a formare un cappuccio semi<br />

aperto sopra il ginostemio; gli esterni più grandi degli interni, entrambi con<br />

striature di colore più intenso. Labello lungo da 9 a 24 mm, largo da 7 a<br />

18 mm, pendente, intero, allargato a ventaglio, ristretto alla base, concavo,<br />

con bordo dentellato, di colore rosa più o meno intenso; quasi sempre sono<br />

presenti venature più scure. Sperone conico più corto <strong>del</strong>l’ovario, orientato<br />

verso il basso, leggermente arcuato. 2n=32<br />

Status<br />

Dei 30-40 esemplari trovati nel 1988, a seguito <strong>del</strong> rimboschimento da<br />

parte, soprattutto, di cespugli infestanti, nella stagione 2002 ne sono rimasti<br />

solo un paio di esemplari.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: principalmente<br />

nell’area mediterranea. In provincia:<br />

una sola stazione in Val <strong>Trebbia</strong><br />

a quota 250 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su suolo calcareo. Praterie aride e ben<br />

soleggiate.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La presenza sul territorio <strong>piacentino</strong><br />

è stata accertata nel corso di questa<br />

ricerca, nel 1988, nel quadrante 1122-4,<br />

vicino a Mezzano Scotti.<br />

124 125


ORCHIS PROVINCIALIS BALBIS 1806<br />

Orchis cyrilli Ten.<br />

L’aggettivo specifi co provincialis deriva<br />

da Provenza, regione <strong>del</strong>la Francia<br />

sud-orientale.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 35 cm. Fusto gracile e<br />

flessuoso.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 5 a 15 cm, larghe da 1.5 a 2.6 cm; cosparse nella pagina superiore<br />

da grosse macchie bruno-violacee o nere, da 3 a 8 le inferiori, raccolte in<br />

rosetta basale, oblungo-lanceolate, patenti od erette, da 2 a 3 le superiori,<br />

piccole, aderenti al fusto, lanceolate.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con massimo 15-20 fi ori. Brattee membranacee, più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Di colore giallo o giallo pallido. Sepali laterali patenti, irregolarmente ovati,<br />

lunghi da 10 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm; il mediano lungo da 6 a 7.5 mm,<br />

solitamente piegato in avanti, connivente con i petali. Labello punteggiato<br />

centralmente da macchie rosso-chiaro, lungo da 9 a 14 mm, largo da 10 a<br />

18 mm, trilobato, con lobi laterali ripiegati all’indietro, margine dentellato<br />

irregolarmente. Sperone lungo, uguale o più <strong>del</strong>l’ovario, arcuato verso l’alto,<br />

spatolato o leggermente bifi do all’apice. 2n=42<br />

Status<br />

Il pascolamento saltuario di ovini, in queste stazioni,<br />

infl uisce favorevolmente su tutte le specie di <strong>orchidee</strong><br />

presenti e sull’ambiente circostante.<br />

Diffusione<br />

Steno-mediterranea. In Italia: in tutte le<br />

regioni. In provincia: presente in quasi<br />

tutte le valli, con pochi esemplari per<br />

stazione, dai 400 agli 800 m.<br />

Ambiente<br />

Pascoli e praterie. Tende a spostarsi in<br />

prossimità di piccoli canaletti o vallette,<br />

dove, per un certo periodo <strong>del</strong>l’anno<br />

c’è ristagno di acqua, su suolo preferibilmente<br />

calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie assai rara in provincia. Nell’annata<br />

2001, tuttavia, nel territorio <strong>del</strong> comune<br />

di Morfasso, nel quadrante 1224-3, da<br />

quota 400 a quota 450 m s.l.m., ho trovato<br />

3 stazioni con più di 100 esemplari<br />

in totale. Almeno una decina di questi<br />

avevano una colorazione rosso-violacea.<br />

Escludo si tratti di ibridi con O. mascula,<br />

peraltro presente nelle stazioni. Esemplari<br />

di questa forma sono già stati da<br />

me ritrovati sulla riviera ligure, presso<br />

Lavagna. Con ogni probabilità si tratta<br />

<strong>del</strong>la variante rubra, come viene riportato<br />

a pag. 228 <strong>del</strong> libro <strong>del</strong>la S.F.O. (Societè<br />

Française d’Orchidophilie <strong>del</strong> 1988),<br />

anche se gli esemplari che ho trovato<br />

in provincia e in Liguria sono molto più<br />

carichi di colore.<br />

126 127


ORCHIS PURPUREA HUDSON 1762<br />

Orchis fusca Jacq.<br />

Si tratta sicuramente di una <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> più<br />

comuni ed appariscenti <strong>del</strong>la fascia mediocollinare.<br />

Purpurea deriva dal latino purpurens<br />

e signifi ca ”color porpora”. La denominazione<br />

si riferisce al colore bruno-porpora dei tepali<br />

riuniti a cappuccio. La specie è conosciuta nel<br />

Piacentino col nome di Vacca Mora.<br />

Pianta<br />

Robusta, da 25 a 60 (80) cm.<br />

Fusto nudo, macchiato di porpora<br />

e scanalato verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Marzo a inizio Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 8, lunghe da 6 a 23 cm, larghe da 2 a 7 cm, verde brillante, quasi<br />

tutte in rosetta basale, ovali, erette o patenti, oblunghe o largamente lanceolate;<br />

le superiori, lanceolate, avvolgenti il fusto. Nelle annate con condizioni<br />

climatiche normali compaiono già all’inizio <strong>del</strong>l’autunno.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, dapprima conica, poi cilindrica, lunga da 5 a 25 cm, con 5-6 o 200<br />

fi ori. Brattee lunghe da 1 a 3 mm, squamiformi, violacee, molto più corte<br />

<strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Grandi. Sepali e petali lunghi da 8 a 13 mm, larghi da 5 a 7 mm, conniventi<br />

a formare un cappuccio di colore variabile, bruno porpora, per lo più, o<br />

verdastro con punteggiatura porporina. Labello lungo da 9 a 21 mm, largo<br />

da 10 a 22 mm, trilobo, di forma e di colore piuttosto variabile: per lo più<br />

rosa chiaro, con bordi più scuri e macchioline centrali formate da papille<br />

porporine; lobi laterali stretti e divergenti; il centrale più lungo e più largo,<br />

diviso a sua volta in due lobi, separati centralmente da un’appendice<br />

dentiforme. Sperone lungo circa la metà <strong>del</strong>l’ovario, curvato verso il basso,<br />

bilobato all’apice. 2n=42<br />

Status<br />

La specie, pur non essendo<br />

più così abbondante, mantiene<br />

ancora la sua presenza in<br />

tutte le stazioni dov’era stata<br />

segnalata.<br />

Diffusione<br />

Euro-Asiatica. In Italia: al nord e al<br />

centro, assente all’estremo sud. In<br />

provincia: dai primi boschi <strong>del</strong>la collina<br />

fi no ai 1000 m.<br />

Ambiente<br />

Vario: boschi radi, praterie, pascoli, su<br />

terreno prevalentemente calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie si ibrida piuttosto facilmente<br />

con O. simia.<br />

128 129


ORCHIS SIMIA LAMARCK 1779<br />

Orchis tephrosanthos Vill.<br />

Il suo labello rappresenta la forma di una scimmietta<br />

a penzoloni da cui trae origine il nome. È<br />

specie comune in provincia, dà origine localmente<br />

a stazioni con numerosissimi individui, convive<br />

spesso con Orchis purpurea con cui si ibrida<br />

abbastanza facilmente.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 (60) cm. Fusto eretto,<br />

cilindrico; arrossato e lievemente<br />

scanalato verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 7, lunghe da 6 a 20 cm, larghe da 1.5 a 5 cm. <strong>Le</strong> basali riunite in<br />

rosetta di colore verde-biancastro brillante, oblungo-lanceolate, leggermente<br />

canaliculate, erette o patenti; da 1 a 4 foglie caulinari, più piccole<br />

avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Incomincia a fi orire dall’alto; densa, a forma di cono rovesciato a inizio<br />

fi oritura, poi brevemente cilindrica. Brattee molto piccole, lunghe da 1 a 4<br />

mm, squamiformi, bianco-giallastre o sfumate di rosa.<br />

Fiori<br />

Bianco-rosei o grigio-lilla con sfumature o tratti roseo-purpurei. Sepali<br />

strettamente lanceolati, lunghi da 10.5 a 15 mm, larghi da 3 a 4 mm,<br />

riuniti assieme ai petali a forma di casco sopra il ginostemio. Petali linearilanceolati<br />

lunghi da 9 a 12 mm. Labello lungo da 10 a 20 mm, proteso in<br />

avanti a circa 45°, nettamente trilobo con lobi laterali lineari molto lunghi<br />

e divergenti, con l’apice arrotondato, incurvato verso l’alto; lobo mediano<br />

a sua volta trilobo, con lobulo centrale piccolissimo; lobuli laterali lunghi e<br />

sottili, ripiegati verso l’alto, bianco rosato nella parte centrale con numerose<br />

piccole papille porporine; lobi con apici arrossati. Sperone rosa e lungo circa<br />

la metà <strong>del</strong>l’ovario. 2n=42<br />

Status<br />

Pur essendo ancora presente in tutte le stazioni segnalate, la sua presenza<br />

sta lentamente ma inesorabilmente calando, anno dopo anno, in termini<br />

di esemplari; ma ciò che più preoccupa è che è sempre più diffi cile trovare<br />

esemplari vigorosi, alti anche 50-60 cm, come si trovavano 15 o 20 anni<br />

fa. Questo indica che la pianta sta ormai risentendo troppo la competizione<br />

con altre erbe più vigorose che non vengono ormai più falciate o brucate<br />

da animali al pascolo.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutte le<br />

regioni continentali. In provincia: nella<br />

fascia collinare.<br />

Ambiente<br />

Luoghi abbandonati, bordi dei boschi,<br />

su terreno calcareo, in pieno sole o<br />

mezz’ombra.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

130 131


ORCHIS TRIDENTATA SCOPOLI 1772<br />

Orchis commutata Tod.<br />

La denominazione tridentata fa riferimento<br />

alla posizione dei tepali esterni che sono<br />

ravvicinati in basso a formare un cappuccio<br />

e distaccati in alto a formare tre punte ben<br />

distanziate.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 30 (45) cm. Fusto eretto,<br />

più o meno robusto, scanalato<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Aprile a Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 11, lunghe da 3 a 10 cm, larghe da 1.5 a 3 cm, verde glaucescente,<br />

riunite in rosetta, da lineari e oblungo-lanceolate, leggermente canaliculate,<br />

patenti o erette; da 2 a 3 foglie lungamente abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Più o meno densa a inizio fi oritura e conico-emisferica, poi ovale-arrotondata.<br />

Brattee membranacee, lanceolate, uguali o più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Lunghi da 7 a 13 mm, larghi da 1.5 a 5 mm, di colore bianco-roseo con<br />

strie violette. Sepali ovato-lanceolati, saldati alla base, divergenti all’apice;<br />

petali più piccoli e completamente nascosti dagli esterni. Labello lungo da<br />

8 a 12 mm nettamente trilobo, piano, orientato obliquamente in avanti; lobi<br />

laterali dilatati all’apice, con bordi dentellati irregolarmente; lobo mediano<br />

bilobo, più lungo e più largo dei laterali, dentellato ai bordi. Sperone lungo<br />

quanto l’ovario o più corto, orientato verso il basso. 2n=42<br />

Status<br />

Specie in forte calo in termine di numero di esemplari nelle stazioni lungo i<br />

principali corsi d’acqua. I ritrovamenti più in quota erano già ridotti a pochi<br />

esemplari all’epoca dei primi ritrovamenti, verso la fi ne degli anni ‘80.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: maggiormente<br />

lungo il corso <strong>del</strong> medio <strong>Trebbia</strong>.<br />

Ambiente<br />

Prati piuttosto aridi, sassosi, su terreno<br />

calcareo.<br />

132 133<br />

Note<br />

G F M A M G L A S O N D


ORCHIS USTULATA LINNEO 1753<br />

Orchis parvifl ora Willd.<br />

Ustulata deriva dal latino ustulare,<br />

bruciacchiare e fa riferimento al colore<br />

porpora scuro dei fi ori ancora in boccio.<br />

Danno infatti la sensazione di essere<br />

bruciacchiati.<br />

Pianta<br />

Da l0 a 25-30 cm. Fusto rigido,<br />

lievemente scanalato verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Aprile a inizio Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 10, riunite in rosetta basale, da lanceolate ad oblungo-lanceolate,<br />

con apice acuto od ottuso, patenti o eretto-patenti, lunghe da 3 a 15 cm,<br />

larghe da 1 a 3 cm; da 2 a 3 caulinari, erette, abbraccianti il fusto; l’ultima<br />

foglia bratteiforme.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, conica e porpora-nerastra alla sommità a inizio fi oritura, poi cilindrica.<br />

Brattee ovato-lanceolate, lunghe circa quanto l’ovario, di colore porpora più<br />

o meno intenso.<br />

Fiori<br />

Piccoli, profumati, lunghi da 3.5 a 4.5 mm, larghi da 2 a 3.5 mm. Sepali<br />

lunghi da 4 a 8 mm, porpora-nerastri all’esterno, verdastri internamente,<br />

con nervature purpuree, ovato-ottusi, saldati alla base, liberi alle estremità,<br />

a formare un piccolo casco emisferico; petali lunghi da 3 a 3.5 mm, rosati.<br />

Labello piccolo, profondamente trilobo, con lobo mediano bilobo più lungo<br />

dei laterali, bianco con punteggiature purpuree. Sperone molto corto,<br />

conico-arcuato verso il basso. 2n=42<br />

Status<br />

Specie abbastanza rara, alcune stazioni sono scomparse a seguito <strong>del</strong>l’eccessivo<br />

inerbimento dei luoghi.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutta la<br />

penisola. In provincia: dai 300 ai 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Prati per lo più aridi e sassosi. Terreno<br />

preferibilmente calcareo o debolmente<br />

acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Orchis ustulata subsp aestivalis (Kümpel)<br />

Kümpel & Mrkuika.<br />

A proposito di questo nuovo taxa descritto<br />

nel 1990, rimane da accertare<br />

se le piccole differenze riportate, quali<br />

l’infi orescenza più allungata e appuntita<br />

a fi ne fi oritura o il periodo di fi oritura più<br />

tardivo, siano valide per una separazione<br />

o se invece si tratti di eco-variabilità dovute<br />

al fatto di vivere in luoghi più elevati.<br />

In attesa di ulteriori chiarimenti posso<br />

confermare che 2 stazioni con tali caratteristiche<br />

sono state trovate entrambe<br />

nel comune di Ferriere, rispettivamente<br />

nel quadrante 1423-1, vicino al paese di<br />

Pertuso nel 1988, e nel quadrante 1422-<br />

2, vicino al paese di Torrio nel 1994.<br />

134 135


HIMANTOGLOSSUM ADRIATICUM H. BAUMANN 1978<br />

Himantoglossum hircinum subsp. adriaticum (H. Baumann) H. Sund.<br />

Adriaticum fa riferimento all’areale <strong>del</strong>la<br />

specie, centrato nell’area Adriatica.<br />

Pianta<br />

Da 30 a 80 cm. Fusto robusto alla<br />

base, assottigliato e fl essuoso in<br />

alto, tinto più o meno intensamente<br />

di bruno-porpora nella metà superiore<br />

<strong>del</strong> fusto.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 8 a 16 cm, larghe da 1.5 a 3.5 cm. <strong>Le</strong> inferiori, da ovale-lanceolate<br />

a oblungo-lanceolate; le superiori, distribuite lungo il fusto, strette,<br />

abbraccianti, acute, od acuminate; l’ultima, bratteiforme. Foglie tendenti a<br />

seccare alla fi oritura.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con molti fi ori. Brattee: lineare-lanceolate, rosate o porporine, più<br />

lunghe <strong>del</strong>l’ovario in basso, più corte in alto.<br />

Fiori<br />

Lievemente profumati; sepali e petali lunghi da 7 a 9 mm, larghi da 4 a 6 mm,<br />

ovali, ottusi all’apice, conniventi o saldati tra di loro a formare un cappuccio<br />

emisferico bianco-verdastro, soffuso di porpora sopra il ginostemio. Labello<br />

di colore bruno-rossastro, biancastro alla base, con macchiettature porporine,<br />

trilobo con lobo mediano lungo fi no a 6-7 cm; piano o leggermente<br />

spiralato, più o meno bifi do all’apice; lobi laterali più stretti, lunghi da 11 a<br />

26 mm, ondulati, leggermente divergenti. Sperone conico, lungo da 2.5 a<br />

3.5 mm. 2n=36<br />

Status<br />

Negli ambienti dove questa specie vive non esiste<br />

più alcuna cura da parte <strong>del</strong>l’uomo: è scomparsa<br />

anche la pratica <strong>del</strong> pascolo. Pertanto arbusti<br />

infestanti di ogni genere possono avanzare incontrastati,<br />

mettendo a dura prova l’esistenza di questa<br />

e di tante altre specie pregiate.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia nella fascia<br />

nord-orientale e centrale. In provincia<br />

dai 150 ai 1200 m s.l.m..<br />

Ambiente<br />

Scarpate, coltivi abbandonati, per lo più<br />

aridi, su suolo calcareo in piena luce.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

<strong>Le</strong> segnalazioni di H. hircinum nel secolo<br />

scorso (Bracciforti) sono probabilmente<br />

da attribuire a questa entità descritta<br />

dal tedesco H. Baumann solo di recente<br />

(1978). La sua presenza in provincia è<br />

stata accertata nel 1983. <strong>Le</strong> stazioni ad<br />

altimetria più elevata sono sempre formate<br />

da pochi o unici esemplari isolati.<br />

136 137


HIMANTOGLOSSUM HIRCINUM (L.) SPRENGEL 1826<br />

Satyrium hircinum L.<br />

L’aggettivo hircinum in latino signifi ca “di<br />

capra” e fa senz’altro riferimento all’odore<br />

sgradevole che emanano i suoi fi ori.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 90 cm; fusto robusto,<br />

eretto, verdastro, a volte soffuso<br />

di rosso-brunastro.<br />

Fioritura<br />

Giugno.<br />

Foglie<br />

Sbocciano già in autunno ripartite lungo il fusto, decrescenti e abbraccianti<br />

il fusto verso l’alto, da 4 a 6 riunite in rosetta basale, ellittico-lanceolate,<br />

lunghe da 6 a 16 cm, larghe da 3 a 5 cm.<br />

Infiorescenza<br />

Cilindrica, densa, multifl ora, con 40-90 (120) fi ori. Brattee: le inferiori,<br />

nettamente più lunghe dei fi ori, decrescono verso l’alto fi no a diventare<br />

lunghe quanto i fi ori.<br />

Fiori<br />

Di solito odorano in modo sgradevole. Sepali laterali ovali, larghi da 4.5<br />

a 6.5 mm; il mediano lungo da 7 a 10 mm; petali lunghi da 9 a 12.5 mm,<br />

lineari; labello orientato verso il basso trilobo, a base biancastra guarnito<br />

di papille rossastre, lobo mediano nastriforme, lungo da 35 a 65 mm, largo<br />

da 2.5 a 3 mm, verdastro o rosso brunastro, disteso o fortemente ondulato,<br />

spiralato, con apice allargato e appena bifi do; lobi laterali lungamente<br />

acuminati, con lobo superiore fortemente ondulato, lunghi da 5 a 20 mm;<br />

sperone sacciforme, lungo da 2.5 a 6 mm; ovario brevemente pedicellato,<br />

ritorto. 2n=36<br />

Status<br />

Data l’esiguità <strong>del</strong> ritrovamento non è possibile fare valutazioni.<br />

Diffusione<br />

Mediterraneo-atlantica. In Italia è<br />

presente al sud. In provincia un solo<br />

ritrovamento nel quadrante 1321-2 a<br />

circa 600 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Scarpate, boscaglie rade, su terreno<br />

calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Ho trovato questa specie il 15/06/2003:<br />

si tratta probabilmente <strong>del</strong>la prima segnalazione<br />

fatta a nord <strong>del</strong>lo spartiacque<br />

appenninico. Purtroppo si trattava di un<br />

solo esemplare, alto circa 70 cm con<br />

un’ottantina di fi ori. Nel periodo immediatamente<br />

successivo il ritrovamento,<br />

aiutato anche da amici, sono stati esplorati<br />

i dintorni in cerca di altri esemplari,<br />

ma invano. Una curiosità: i fi ori emanavano<br />

sì un profumo, ma non particolarmente<br />

sgradevole. Sovente le foglie tendono<br />

a seccare quando ancora la pianta è in<br />

fi ore. <strong>Le</strong> foglie basali possono essere<br />

danneggiate dalle gelate invernali.<br />

138 139


ANACAMPTIS PYRAMIDALIS (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />

Orchis pyramidalis L.<br />

Pyramidalis trae signifi cato dalla forma<br />

<strong>del</strong>l’infi orescenza: questa infatti, all’inizio<br />

<strong>del</strong>la fi oritura, ha la forma piramidata.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 (75) cm. Fusto gracile,<br />

spesso fl essuoso.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Aprile a Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 12 lunghe da 7 a 26 cm, larghe da 0.5 a 2 cm. <strong>Le</strong> inferiori carenate,<br />

da lanceolate a lineare-lanceolate, erette o debolmente ricadenti; le superiori<br />

avvolgenti il fusto, progressivamente più piccole verso l’alto, fi no a diventare,<br />

le ultime, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Molto densa, breve dapprima conica, poi ovale e allungata. Alta da 2.5<br />

a 12 cm. Brattee strette, acuminate, lunghe ± quanto l’ovario, sfumate di<br />

violetto.<br />

Fiori<br />

A volte debolmente profumati, rosa più o meno intenso (rarissimi bianchi).<br />

Sepali laterali lunghi da 5 a 8 mm, sepalo mediano, dritto in avanti connivente<br />

con i petali a formare un casco sopra il ginostemio, lungo da 4 a 6 mm;<br />

sepali e petali ovato-lanceolati brevemente carenati. Labello lungo da 7 a<br />

10 mm, cuneiforme, trilobo, più largo che lungo, con lobi pressochè uguali<br />

o debolmente più stretto il centrale, provvisto alla base di due lamelle che<br />

si protendono verso l’alto. Ginostemio ottuso con pollini verdastri uniti da<br />

un solo retinacolo. Stimma bilobato con lobi disposti lateralmente in basso.<br />

Sperone fi liforme, volto verso il basso, lungo come o più <strong>del</strong>l’ovario. Ovario<br />

subsessile, ritorto. 2n = 36, (54,63),72.<br />

Status<br />

Questa specie mantiene ancora un discreto numero di esemplari. Ciò è probabilmente<br />

dovuto all’ambiente in cui vive, solitamente sassoso e arido: in tali<br />

ambienti arbusti ed erbe infestanti non riescono ad essere così aggressivi.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: dagli argini <strong>del</strong><br />

Po fi no a 1500 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Praterie per lo più sassose e aride, su<br />

terreno preferibilmente calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Nella stagione ’87 è stata notata una<br />

abbondante fi oritura di questa specie su<br />

un terreno che soli 4 anni prima aveva subito<br />

profondi lavori di sbancamento, con<br />

mezzi meccanici. Evidentemente questa<br />

orchidea è in possesso di una capacità<br />

germinativo-vegetativa molto veloce. Nel<br />

caso di altre <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> italiane,<br />

invece, possono passare dai 10 ai 15 anni<br />

prima che da un seme germinato possa<br />

spuntare una pianta a fi ore. Il dato si riferisce<br />

al quadrante 1023-3. Nel quadrante<br />

1323-2 a quota 1000 m ho osservato<br />

una stazione piuttosto abbondante con<br />

fi ori insolitamente molto rossi. Dopo attenti<br />

controlli, ho potuto verifi care che le<br />

differenze riguardano solo il colore, mentre<br />

il labello e lo sperone non evidenziano<br />

differenze: pertanto posso escludere che<br />

si tratti <strong>del</strong>la sottospecie A. pyramidalis<br />

subsp. tanayensis (Chenevard) Quentin<br />

1993, come ipotizzato da qualcuno.<br />

140 141


SERAPIAS NEGLECTA DE NOTARIS 1858 G F M A M G L A S O N D<br />

Il nome specifi co deriva dal latino<br />

neglectus e signifi ca “trascurata, mal<br />

conosciuta” e allude al fatto che per lungo<br />

tempo è stata sottovalutata dai botanici;<br />

veniva infatti considerata una varietà di<br />

S. cordigera L.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 30 (35) cm, fusto robusto<br />

con base non maculata.<br />

Fioritura<br />

Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 8, lunghe da 6 a 12 cm, da dritte a pendenti, lanceolate, canaliculate;<br />

le superiori abbraccianti, bratteiformi, l’ultima arriva o supera di poco<br />

la base <strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, con 3 o 12 (15) fi ori. Brattee un po’ più corte <strong>del</strong> fi ore quando è in<br />

boccio, <strong>del</strong>lo stesso colore <strong>del</strong> casco tepalico, grigio-rossastro, con nervature<br />

marcatamente più scure.<br />

Fiori<br />

Grandi, lievemente profumati; sepali lunghi da 19 a 28 mm, larghi da 5 a<br />

7 mm, petali un po’ più corti, larghi da 4 a 7 mm, molto scuri, con base<br />

orbicolare; labello trilobo, lungo da 28 a 45 mm, di colore variabilissimo,<br />

da rosso porporino a rosso mattone, rosa salmone, giallastro; base munita<br />

di due callosità separate, parallele, fauce con una densa pelosità biancastra;<br />

ipochilo lungo da 3 a 19 mm, largo da 21 a 26 mm, con lobi laterali<br />

generalmente più scuri, incurvati verso l’alto, sporgenti dal casco tepalico;<br />

epichilo lungo da 19 a 30 mm, largo da 14 a 22 mm, ovale, cordato-acuto,<br />

con bordi rialzati, un po’ ondulati, piegato in basso o rifl esso; ginostemio<br />

con pollini verdastri. 2n=36<br />

Status<br />

Data l’esiguità dei ritrovamenti, non è possibile fare valutazioni. Si può però<br />

rilevare come gli ambienti in cui sono stati fatti questi ritrovamenti stiano<br />

scomparendo, fagocitati da arbusti infestanti.<br />

Diffusione<br />

Endemica tirrenica, diffusa per lo più in<br />

Toscana, Liguria. In Francia lungo la costa,<br />

per un breve tratto, e in Corsica. Alcuni<br />

piccoli popolamenti sono presenti anche<br />

in Piemonte, nelle Langhe e in Emilia. In<br />

provincia due ritrovamenti.<br />

Ambiente<br />

Da 350 a 450 m s.l.m., in pieno sole o<br />

mezz’ombra, prati abbandonati, scarpate, su<br />

terreno calcareo. Questo dato è in contrasto<br />

con quanto viene riportato dalle maggiori<br />

pubblicazioni, secondo le quali la specie vive<br />

su terreni basici o debolmente acidi.<br />

Note<br />

Ho trovato questa specie il 15.5.1990,<br />

in Val Luretta, nel quadrante 1122-2, in<br />

una zona franosa presso Case Colombani,<br />

nel comune di Piozzano. Nello stesso<br />

periodo i sigg. Remo Schiavi e Giovanni<br />

Zanchieri ne segnalavano un’altra stazione<br />

in Val d’Arda, nel quadrante 1224-2,<br />

in una zona incolta, appena a monte <strong>del</strong><br />

Lago di Mignano, comune di Morfasso.<br />

Nella stessa stagione, si è poi saputo di<br />

altri ritrovamenti fatti in altre parti <strong>del</strong>la<br />

regione: si trattava di ritrovamenti singoli<br />

o di pochissimi esemplari, così come nel<br />

caso dei due ritrovamenti piacentini. La<br />

fi oritura non si è più ripetuta nelle annate<br />

successive. Di fronte a questa situazione,<br />

il parere degli esperti è che la specie raggiungerebbe,<br />

nei primi rilievi appenninici,<br />

il limite Nord <strong>del</strong> suo areale: la pianta<br />

sarebbe sempre presente almeno a livello<br />

fogliaceo, ma riuscirebbe a produrre uno<br />

stelo fi orifero solo nelle annate particolarmente<br />

favorevoli.<br />

142 143


SERAPIAS VOMERACEA (N.L. BURMAN) BRIQUET 1910<br />

Serapias longipetala (Ten.) Pollini<br />

Vomeracea deriva dal latino vomer, simile al<br />

vomere; si riferisce alla forma leggermente<br />

piegata che assume il labello a fi ne fi oritura.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 40 (55) cm. Fusto verde<br />

chiaro con punteggiatura rossa in<br />

basso, rosso-porporino in alto.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 8 lunghe da 7 a 20 cm. <strong>Le</strong> inferiori lineare-lanceolate, erette o ricadenti,<br />

canaliculate-carenate; da 1 a 3 foglie caulinari, avvolgenti, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa e allungata, composta da 3-8 (10) fi ori. Brattee acuminate superanti<br />

in lunghezza i fi ori di colore grigio-violaceo o rosso-porporino, con striature<br />

longitudinali scure, lunghe fi no a 70 mm, larghe 20 mm, simili nell’aspetto<br />

ai sepali.<br />

Fiori<br />

Grandi sepali lunghi da 18 a 20 mm, larghi da 4 a 8 mm, lanceolati, saldati<br />

tra loro a formare un casco diretto obliquamente in avanti; petali lunghi da<br />

18 a 28 mm, larghi da 4 a 8 mm, lineare-acuminati, nascosti completamente<br />

dagli esterni. Il labello lungo da 27 a 45 mm, di colore rosso scuro, trilobo<br />

e articolato in due parti. Ipochilo lungo da 11.5 a 17 mm, largo da 16 a<br />

25 mm, quasi completamente racchiuso nel casco tepalico e provvisto alla<br />

base di due callosità lineari e parallele con bordi arrotondati, rivolti verso<br />

l’alto; epichilo lungo da 17 a 30 mm, largo da 7 a 13.5 mm, provvisto di una<br />

peluria chiara al centro, rivolto verso il basso o rifl esso all’indietro. Sperone<br />

assente. 2n = 36<br />

Status<br />

Questa specie risente <strong>del</strong>le stesse problematiche che investono specie di<br />

altri generi. E’ in arretramento a causa <strong>del</strong>l’avanzata di arbusti infestanti.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutte le<br />

regioni, escluse Valle d’Aosta e Sardegna,<br />

più rara al nord. In provincia: più<br />

comune nella parte est.<br />

Ambiente<br />

Luoghi incolti, più o meno aridi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

All’interno dei popolamenti rinvenuti in<br />

provincia sono presenti parecchi esemplari<br />

esili, bassi, con l’infi orescenza piuttosto<br />

lassa; queste piante corrispondono<br />

alla descrizione di S. vomeracea subsp<br />

laxifl ora (Soò) Gölz & H.R. Reinhard.<br />

144 145


OPHRYS APIFERA HUDSON 1762<br />

Ophrys arachnites Mill.<br />

L’aggettivo specifi co deriva dalle parole latine apis, apis<br />

ape e fero, porto: portatrice di api. Si tratta <strong>del</strong>la<br />

specie di Ophrys con i caratteri più stabili o<br />

comunque poco variabili. In questa specie avviene,<br />

non di rado, l’autoimpollinazione: essendo l’antera<br />

molto piegata in avanti, i pollinii, giunti a maturazione<br />

si piegano, mediante il rilassamento <strong>del</strong>le caudicole e<br />

si appoggiano allo stimma.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm.<br />

Foglie<br />

Di colore verde chiaro, le basali riunite in rosetta, lunghe da 5 a 12 cm, larghe<br />

da 0.6 a 1.6 cm, da ovato-lanceolate a oblunghe, talvolta con margini<br />

ondulati; le superiori guainanti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, da 2 a l0 fi ori, lunga fi no a 25 cm. Brattee anche più lunghe dei<br />

fi ori.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 10 a 17 mm, larghi da 6 a 9 mm, ovale-ottusi, patenti o<br />

ribattuti; il colore va dal rosa più o meno carico con venature verdi, al bianco,<br />

sempre con venature verdi; petali lunghi da 1 a 3 mm, larghi 1 mm, di forma<br />

subtriangolare, acuti all’apice, auricolati alla base, pubescenti, verdastri<br />

o rosati. Labello trilobo lungo da 9 a 15 mm; lobi laterali formati da due<br />

gibbosità basali, prolungantisi in avanti, molto pelose; lobo mediano molto<br />

bombato, di forma ovale; appendice terminale quasi sempre poco visibile<br />

per la forte rifl essione <strong>del</strong> lobo stesso. Colorazione <strong>del</strong> labello marrone più<br />

o meno intenso; disegno formato da una macchia ovoidale rossastra, posta<br />

nella parte basale, bordata da due linee spesso irregolari, bianche o giallastre;<br />

spesso presenti alcune macchie chiare anche nella parte inferiore <strong>del</strong><br />

labello. Ginostemio con connettivo lungo, acuto piegato ad “S”. Ovario non<br />

ritorto di forma lineare-allungata, piegato in avanti. 2n=36<br />

O. a. var. botteroni O. a. var. chlorantha<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Status<br />

I luoghi dove questa specie<br />

vive sono sempre più spesso<br />

infestati dall’edera: quando<br />

questo accade non resta che<br />

registrarne la sparizione.<br />

O. a. var. aurita<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: rara, sporadica,<br />

dai primi rilievi fi no ai 1200 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su terreno calcareo, praterie, pascoli<br />

anche molto umidi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è prevalentemente autogama.<br />

Non si rileva la variabilità che c’è, ad<br />

esempio, in altre specie <strong>del</strong> genere;<br />

tuttavia vengono segnalate numerose<br />

varietà, tre <strong>del</strong>le quali, posso confermare,<br />

presenti in provincia:<br />

- O. apifera var. aurita Moggridge. Si<br />

caratterizza per avere i petali lunghi<br />

la metà dei sepali, verdastri, stretti,<br />

ricoperti da una fi tta peluria; è la più<br />

comune <strong>del</strong>le tre.<br />

- O. apifera var. chlorantha (Hegestschw)<br />

Ricter. Caratterizzata dal<br />

labello completamente giallo e dai<br />

sepali bianchi.<br />

Di questa entità, fi no ad una decina<br />

di anni fa, ne conoscevo almeno<br />

4 stazioni con numerosi esemplari<br />

frammisti ad esemplari <strong>del</strong>la specie<br />

tipo; attualmente in queste stazioni è<br />

presente soltanto qualche esemplare<br />

<strong>del</strong>la specie tipo.<br />

- O. apifera var. botteroni (Chodat)<br />

Ascherson & Graiebner. Ha i petali<br />

grandi quasi come i sepali. Di questa<br />

entità posso segnalare pochissimi<br />

ritrovamenti in provincia: non più di<br />

tre esemplari.<br />

146 147


OPHRYS BENACENSIS (REISIGL)<br />

O. & E. DANESCH & EHREND 1972<br />

Ophrys bertolonii Moretti<br />

Benacensis deriva da Benacus: Lago di Garda.<br />

Pianta<br />

Da 8-10 a 35 cm. Fusto robusto in<br />

basso, fl essuoso verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da metà Aprile a Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 3 a 12 cm, larghe da 0.7 a 2.5 cm; da 6 a 12 inferiori, riunite in<br />

rosetta, piuttosto piccole e lanceolate; le cauline abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Con 3-8 fi ori molto distanziati. Brattee più lunghe e uguali all’ovario.<br />

Fiori<br />

Grandi e vistosi. Sepali lunghi da 10 a 18 mm, larghi da 4 a 8 mm, oblunghi<br />

o oblungo-ovati, di colore variabile da rosa a rosso più o meno carico o<br />

bianco con venature verdi; petali lunghi da 8 a 13 mm, larghi da 2.5 a 4<br />

mm, lanceolato-lineari, un po’ auricolati alla base con bordo leggermente<br />

ondulato di colorazione più marcata rispetto ai sepali. Labello lungo da 14<br />

a 20 mm, a forma di sella, intero o leggermente trilobo, di colore marroneporporino<br />

scuro, ricoperto da folta peluria; specchio di forma piuttosto<br />

variabile, posto nella metà distale di colore bluastro, lucido. Munito alla base<br />

di due piccole protuberanze e di un’appendice ben sviluppata rivolta in su e<br />

posta in una smarginatura <strong>del</strong> bordo, all’apice. Cavità stigmatica arrotondata<br />

più larga che alta con due ocelli basali nerastri, brillanti. Ginostemio lungo,<br />

acuto; connettivo munito di rostro. 2n=36<br />

Status<br />

La specie, pur mantenendo ancora una discreta<br />

presenza, è in calo, a causa <strong>del</strong>la riduzione degli<br />

ambienti vitali.<br />

Diffusione<br />

Subendemica. In Italia: in tutte le regioni<br />

<strong>del</strong> nord, esclusa la Valle d’Aosta. In<br />

provincia: nella bassa, lungo i greti stabilizzati<br />

dei fi umi e dei torrenti; in collina,<br />

poco oltre i 600 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Praterie, prati incolti, pascoli sassosi, su<br />

suoli calcarei.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Entità più conosciuta col nome di O.<br />

bertolonii, in realtà questa specie è presente<br />

nel centro-sud Italia: si differenzia<br />

da O. benacensis principalmente per<br />

avere il labello piegato a sella e per la<br />

cavità stigmatica che anziché essere<br />

arrotondata è quadrangolare, più alta<br />

che larga. I popolamenti <strong>del</strong> territorio<br />

<strong>piacentino</strong> devono ritenersi una forma di<br />

passaggio tra le due specie: pur essendo<br />

sicuramente più vicini ad O. benacensis,<br />

tuttavia, si deve rilevare che una buona<br />

percentuale di questi esemplari ha il<br />

labello piegato a sella, mentre un po’<br />

più raro è trovare esemplari con la cavità<br />

stigmatica rialzata.<br />

148 149


OPHRYS FUCIFLORA (F. W. SCHMIDT) MOENCH 1802<br />

Ophrys holoserica (N.L. Burmüller) W. Greuter<br />

Il nome fucifl ora è di origine latina, ed è<br />

composto da fucus, fuco e fl os, fl oris, fi ore:<br />

fi ore a forma di ape; si riferisce alla forma <strong>del</strong><br />

labello. Trattasi di specie molto poliforma. Si<br />

rimane stupiti di fronte a esemplari o a vere<br />

stazioni con caratteristiche totalmente<br />

diverse rispetto alla forma tipica.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 40 (50) cm. Fusto robusto.<br />

Fioritura<br />

Da metà Aprile a metà Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 0.8 a 2.8 cm, di colore verde chiaro con<br />

sfumature grigiastre, riunite in rosetta basale ovato-oblunga, patenti o più<br />

o meno erette; una o due foglie cauline acuminate, abbraccianti.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, formata generalmente da 2 a 5 (12) fi ori. Brattee più lunghe degli<br />

ovari.<br />

Fiori<br />

Più o meno grandi. Sepali lunghi da 9 a 14 mm, larghi da 5 a 9 mm, ovali,<br />

roseo-rossastri o bianchi con venatura centrale verde; i laterali da patenti<br />

a rifl essi, il mediano incurvato in avanti; petali lunghi meno <strong>del</strong>la metà dei<br />

sepali, di colore generalmente più intenso, di forma triangolare. Labello lungo<br />

da 9 a 14 mm, largo da 13 a 18 mm, variabilissimo, di forma più o meno<br />

rettangolare, molto allargata in basso, da piano a concavo; gibbosità basali<br />

quasi assenti o molto lunghe, fi no a 5 mm ed appuntite. Colore variabile:<br />

dal marrone più o meno intenso al rosso molto scuro, talvolta bordato da<br />

una larga banda gialla. Disegno per lo più a forma di “H”, bordato da linee<br />

o macchie bianche, giallastre o giallo-verdastre. Appendice intera o trifi da,<br />

glabra, rivolta generalmente in avanti. Cavità stigmatica ampia, con alla base<br />

due ocelli nerastri. Ginostemio con connettivo corto e acuto. 2n=36<br />

Status<br />

Pur mantenendo una discreta<br />

presenza, la specie sta subendo<br />

un forte arretramento<br />

dovuto ai soliti problemi:<br />

aumento degli infestanti e<br />

notevole presenza <strong>del</strong> cinghiale.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia è presente<br />

in tutte le regioni. In provincia comune<br />

in collina. Alcuni esemplari ritrovati<br />

oltre i 1000 m (Monte Albareto 1257<br />

m s.l.m.).<br />

Ambiente<br />

Praterie aride e sassose, anche in boschi<br />

soleggiati.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie assai variabile. Nel corso degli ultimi<br />

vent’anni, si è riscontrato la presenza<br />

di individui o vere e proprie stazioni con<br />

caratteristiche verso O. scolopax cavenilles<br />

(labello molto convesso, gibbosità molto<br />

pronunciate). Nell’ultimo decennio si è<br />

avuta la percezione di una tendenza, già<br />

notata in altre specie: le forme variabili<br />

tendono a sparire e i popolamenti si<br />

presentano sempre più puri.<br />

150 151


OPHRYS FUCIFLORA subsp. ELATIOR<br />

(GÜMPRECHT ex H.F. PAULUS) ENGEL & QUENTIN 1997<br />

Ophrys elatior Gümprecht ex H.F. Paulus<br />

Elatior deriva dal latino e signifi ca “più grande”<br />

e fa riferimento all’altezza <strong>del</strong>la pianta,<br />

nettamente più alta di O. fucifl ora.<br />

Pianta<br />

Da 25 a 55 (60) cm, fusto esile.<br />

Fioritura<br />

Mediamente 15 giorni dopo O.<br />

fucifl ora<br />

Foglie<br />

Generalmente un po’ più piccole che in O. fucifl ora, verde glaucescente. A<br />

seconda <strong>del</strong>l’andamento stagionale, possono essere già secche al momento<br />

<strong>del</strong>la fi oritura. Si è notato che questo succede nelle stagioni in cui avvengono<br />

forti rialzi di temperatura.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con 3 o 12 fi ori piuttosto piccoli; brattee, le prime superanti i fi ori in<br />

lunghezza, poi più corte, ma mai più <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 9 a 13 mm, larghi da 4.5 a 5 mm, bianchi o rosa ± carico, con<br />

nervatura centrale ± verde, ovali, concavi, piegati in avanti; sepalo mediano<br />

dritto o sovente piegato in avanti, sopra il ginostemio; petali lunghi da 4 a<br />

6 mm, larghi da 2 a 3.5 mm, da rosa ± carico a bianco o roseo, vellutati, di<br />

forma ± triangolare; labello lungo da 7 a 11 mm, largo da 8.5 a 13.5 mm,<br />

intero, quadrangolare-arrotondato, con gibbosità sottili e aguzze, poco pronunciate<br />

o sovente assenti; da piano, con apici laterali rialzati, a ± convesso,<br />

munito di una leggera peluria, soprattutto al margine, di colorazione molto<br />

variabile, ± simile a O. fucifl ora, ma con tonalità più accentuate; disegno ±<br />

semplice, a forma di “H”, o più complesso ed elaborato, che a volte interessa<br />

anche la faccia interna <strong>del</strong>le gibbosità; apicolo arrotondato o trifi do, piegato<br />

± in avanti, giallo o giallo-verdastro; cavità stigmatica ampia, <strong>del</strong>lo stesso<br />

colore <strong>del</strong> campo basale, munita di due ocelli nerastri, brillanti; ginostemio<br />

corto, appuntito. 2n=72<br />

Status<br />

Nella località <strong>del</strong> primo ritrovamento,<br />

se pur a fasi<br />

alterne, le popolazioni sono<br />

andate aumentando: da 5-6<br />

piante a fi ore nei primi anni<br />

si è passati a oltre 35 nelle<br />

annate migliori. Purtroppo<br />

la stazione è minacciata<br />

da arbusti infestanti, la cui<br />

avanzata ho ritenuto opportuno<br />

contenere effettuando,<br />

all’occorrenza, dei tagli.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia la distribuzione<br />

è ancora incerta. In provincia tre<br />

stazioni, due nel quadrante 1023-3, a<br />

quota 450 m s.l.m., l’altra nel quadrante<br />

1224-1, a quota 750 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Terreni abbandonati, piuttosto asciutti,<br />

calcarei.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Entità la cui posizione sistematica è<br />

alquanto incerta. I dati da me raccolti<br />

dal 1985 (anno <strong>del</strong> ritrovamento), propendono<br />

in linea di massima per questa<br />

scelta sottospecifi ca, anche se gli esemplari<br />

da me trovati sono notevolmente<br />

più bassi e il periodo di fi oritura non è<br />

mai così tardivo. Inoltre questa scelta<br />

sottospecifi ca è motivata dal fatto che, a<br />

mio parere, pur esistendo <strong>del</strong>le diversità<br />

rispetto a O. fucifl ora, non sono tali da<br />

giustifi carne la riconduzione ad un’entità<br />

specifi ca, a se stante.<br />

152 153


OPHRYS FUSCA LINK 1800<br />

Fusca deriva dal latino fuscus e signifi ca<br />

“scura”: il termine si riferisce alla<br />

colorazione <strong>del</strong> labello.<br />

Pianta<br />

Da 8-20 (25) cm. Fusto esile e<br />

fl essuoso.<br />

Fioritura<br />

Maggio, inizio Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 4, verde chiaro con sfumature glauche, lunghe da 3 a 6 cm, le basali<br />

riunite in rosetta, oblungo-lanceolate, ottuse, sormontate da una o due<br />

foglie, lanceolato-acute, avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa o addensata, formata da 2 a 10 fi ori. Brattee larghe, piegate a doccia,<br />

con apice ottuso, più lungo <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 10 a 13 mm, larghi da 5 a 6.5 mm, verde-giallastri, ovali,<br />

con apice ottuso, concavi, con margine revoluto, patenti i laterali; curvo<br />

nettamente in avanti il mediano, con apice arrotondato. Petali lunghi da 7 a<br />

8 mm, larghi da 1 a 2.5 mm, di colore verde-giallastro o giallo brunastro,<br />

spesso ondulati ai margini, con apice tronco od ottuso. Labello lungo da 10<br />

a 14 mm, largo da 9 a 11 mm, vellutato, di colore bruno porporino scuro,<br />

con specchio grigio o azzurro, con zone più scure; margini revoluti e bordati<br />

di giallo; trilobo, con lobi laterali indistinti o più o meno incisi; lobo mediano<br />

più lungo, diviso a sua volta (non sempre) in due lobuli. Cavità stigmatica<br />

ampia, ginostemio coperto dal tepalo mediano connettivo, con rostro corto<br />

ad apice ottuso. 2n=36<br />

Status<br />

Pianta di statura assai bassa. La stragrande maggioranza degli esemplari non<br />

supera i 15 cm; questa sua caratteristica la rende molto vulnerabile nei confronti<br />

di erbe che, non essendo più tagliate dall’uomo o pascolate da animali,<br />

anno dopo anno, creano una sorta di materasso inestricabile. Non a caso le<br />

zone dove questa specie è più abbondante si trovano nei quadranti 1124-4<br />

e 1224-2: in quest’area vi pascola saltuariamente un gregge di ovini.<br />

Diffusione<br />

Steno-mediterranea. In Italia: in tutte<br />

le regioni a sud <strong>del</strong>l’Emilia-Romagna,<br />

limite settentrionale <strong>del</strong>la specie. In<br />

provincia: in tutte le maggiori valli fi no<br />

ai 600 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Pascoli più o meno aridi e sassosi, su<br />

suolo basico o argille scagliose.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Questa specie è stata trovata per la prima<br />

volta in provincia nel 1985 nel quadrante<br />

1122-2, vicino alla località Termine Grosso.<br />

Negli anni a seguire, i ritrovamenti<br />

sono avvenuti un po’ ovunque nella fascia<br />

collinare che va dai 350 ai 600 m s.l.m.<br />

I popolamenti più consistenti si trovano<br />

nella parte est <strong>del</strong>la provincia.<br />

154 155


OPHRYS INSECTIFERA LINNEO 1753<br />

Ophrys muscifera Huds.<br />

Il nome insectifera, portarice di insetti,<br />

è certamente indovinato; infatti ad<br />

un’occhiata disattenta, i suoi fi ori si<br />

possono facilmente scambiare per<br />

grossi insetti.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 50 (60) cm. Fusto esile,<br />

diritto.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 5, glaucescenti, le inferiori patenti oblungo-lanceolate, da 2 a 3 le<br />

superiori, strettamente lanceolate, avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga fi no a 20 cm. Lassa con 2 o 20 fi ori, più o meno addensata verso<br />

l’alto. Brattee lanceolato-acute; le inferiori più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, decrescenti<br />

verso l’alto.<br />

Fiori<br />

Più piccoli che nelle altre specie di Ophrys. Sepali lunghi da 6 a 10 mm, larghi<br />

da 3 a 4.5 mm, di colore verde chiaro, con nervature più evidenti, lanceolati,<br />

ottusi, con margini ripiegati lievemente in avanti, leggermente concavi;<br />

patenti i laterali; petali di colore bruno-scuro, lunghi da 5 a 8 mm, dritti,<br />

fi liformi, pubescenti, solitamente dritti in avanti. Labello lungo da 9 a 13<br />

mm, largo da 5 a 11, di colore variabile: da bruno-porporino a bruno-scuro<br />

con al centro una macchia cinerina o blu-grigiastra; di aspetto vellutato,<br />

pendente; trilobo, leggermente convesso, base munita di due ocelli lucenti,<br />

emisferici; lobi laterali stretti e corti; lobo mediano nettamente più lungo<br />

e più largo dei laterali, a sua volta bilobo. Cavità stigmatica stretta, senza<br />

pareti laterali. Ginostemio con connettivo privo di rostro; logge polliniche<br />

rossastre. 2n=36<br />

Status<br />

Probabilmente per la sua presenza sporadica sul territorio, sembra risentire<br />

meno di altre specie dei cambiamenti ambientali.<br />

Diffusione<br />

Europea. In Italia: nelle regioni <strong>del</strong> nord<br />

e <strong>del</strong> centro. In provincia: sporadica, dai<br />

boschi pedecollinari ai 1200 m s.l.m., più<br />

comune nella fascia intermedia.<br />

Ambiente<br />

Prati magri, anche sassosi, boschi radi e<br />

luminosi per lo più querceti.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie assai discreta, presente in vari<br />

ambienti, ma mai in abbondanza: si<br />

rinvengono per lo più esemplari isolati.<br />

Solo eccezionalmente si possono trovare<br />

gruppi di oltre 10 piante, raggruppate<br />

assieme.<br />

156 157


OPHRYS SPHEGODES MILLER 1768<br />

Ophrys aranifera Hudson<br />

Etimologicamente sphegodes deriva dal greco<br />

sphex, sphekos, e si riferisce al labello: signifi ca<br />

infatti simile a vespa. I fi ori di questa specie,<br />

subito dopo l’antesi, tendono a perdere vivacità<br />

nei colori. Inoltre le piante vengono spesso<br />

danneggiate dalle gelate tardive.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 45-50 cm. Fusto esile.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Febbraio ad Aprile.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 6, di colore verde chiaro, con sfumature grigiastre, le basali riunite in<br />

rosetta, oblungo-lanceolate, con apice mucronato; le superiori, strettamente<br />

lanceolate, avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa. Brattee più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, le inferiori; le superiori, mai più corte<br />

<strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 9 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm, generalmente verde-chiaro,<br />

talvolta sfumati di bruno, concavi, ovale-oblunghi, con bordo revoluto;<br />

laterali patenti; il mediano eretto o piegato obliquamente in avanti; petali<br />

lunghi da 4 a 10 mm, larghi da 3 a 5 mm, di colore giallastro o brunastro,<br />

lineare-lanceolati, ottusi, con margine ondulato. Labello lungo da 10 a 16<br />

mm, largo da 9 a 15 mm, munito di una fi tta pelosità marginale, variabilissimo<br />

per colorazione e forma, intero, raramente trilobo, convesso, con gibbosità<br />

basali più o meno pronunciate, vellutato, di colore bruno o bruno-rossastro.<br />

Disegno a forma di “H” o talvolta di forma più complicata, di colore<br />

brunastro, blu scuro o blu violetto. Spesso presente una piccola appendice<br />

apicale. Cavità stigmatica ampia, arrotondata, munita di due ocelli lucenti.<br />

Ginostemio con connettivo corto, da acuto a ottuso. Ovario verde chiaro,<br />

cilindrico, leggermente ritorto. 2n=36<br />

Status<br />

Questa entità è quella che, nel genere Ophrys, ha subito<br />

la più drastica perdita di esemplari da vent’anni<br />

a questa parte. I motivi sono presumibilmente i<br />

soliti: perdita di ambienti a causa di infestanti,<br />

presenza massiccia <strong>del</strong> cinghiale.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto<br />

il territorio; in provincia: nella fascia<br />

collinare.<br />

Ambiente<br />

Terreni incolti, frane più o meno assestate<br />

su suolo preferibilmente calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

In una stazione in Val Tidone (Rocca d’Olgisio),<br />

dove esiste un particolare microclima<br />

di tipo mediterraneo, la fi oritura inizia<br />

di solito già a fi ne febbraio. E’ specie<br />

dotata di un notevole polimorfi smo: ad<br />

essa vengono attribuite numerose sottospecie<br />

e varietà, alcune <strong>del</strong>le quali, fi no a<br />

pochi anni fa, erano presenti all’interno<br />

dei normali popolamenti:<br />

- O. sphegodes subsp. sphegodes Miller.<br />

- O. sphegodes subsp. litigiosa (Camus)<br />

Bechereri<br />

- O. sphegodes subsp. garganica Nelson<br />

La presenza, sul territorio provinciale, di<br />

sottospecie e varietà non era un tempo<br />

affatto rara. Nella fase di rarefazione che<br />

sta subendo la specie, però, queste varianti<br />

sembrano essere le più vulnerabili,<br />

tant’è che, anno dopo anno, i popolamenti<br />

si presentano sempre più puri, privi<br />

<strong>del</strong>la consueta variabilità.<br />

158 159


IBRIDAZIONE<br />

Benchè in natura siano abbastanza rigide<br />

le barriere che impediscono lo scambio<br />

genetico tra specie diverse, l’ibridazione<br />

naturale nell’ambito <strong>del</strong>la famiglia <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong> è un fenomeno abbastanza<br />

frequente e può avvenire sia tra specie<br />

diverse, sia tra generi diversi, anche se in<br />

quest’ultimo caso il fenomeno è meno<br />

frequente. Ciò significa che anche se<br />

ci troviamo di fronte a due specie morfologicamente<br />

diverse, i loro patrimoni<br />

genetici sono altamente compatibili. Di<br />

solito per ibrido si intende un individuo<br />

che presenta caratteristiche intermedie<br />

tra le specie genitrici e questo in linea di<br />

massima è sicuramente vero, anche se a<br />

volte può capitare che i caratteri di una<br />

specie prevalgano sull’altra. <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />

nel corso <strong>del</strong>l’evoluzione hanno messo a<br />

punto dei meccanismi di isolamento, per<br />

impedire cioè il flusso dei geni da una<br />

specie all’altra, basandosi soprattutto<br />

sulla specificità degli insetti impollinatori<br />

che però, si sa, non è assoluta. È proprio<br />

grazie alla visita accidentale di questi<br />

insetti ed al conseguente trasporto dei<br />

pollinidi da una specie all’altra, che si innesca<br />

il processo <strong>del</strong>l’ibridazione. In certi<br />

casi gli ibridi, detti occasionali, sono sterili<br />

e sono presenti in zone dove vivono le<br />

specie genitrici. In altri casi sono fecondi<br />

e danno vita a numerose popolazioni, con<br />

la possibilità di reincrociarsi non solo tra<br />

di loro, ma anche con le specie parentali.<br />

Si hanno quindi popolazioni ibridogene<br />

che con il continuo reincrociarsi possono<br />

soppiantare più o meno completamente<br />

i genitori. Queste popolazioni sono in<br />

possesso di una notevole variabilità<br />

morfologica e pertanto sono difficilmente<br />

classificabili con precisione. Esempi in tal<br />

senso si hanno in provincia nei generi<br />

Ophrys e soprattutto Dactylorhiza.<br />

Gli ibridi vengono indicati secondo il<br />

Codice Internazionale di Nomenclatura<br />

Botanica. Se si tratta di ibrido interspecifico<br />

viene aggiunto un segno di<br />

moltiplicazione tra il nome <strong>del</strong> genere e<br />

il nome imposto (es. ibrido fra O. pallens<br />

e O. provincialis = Orchis x plessidiaca<br />

Renz). Se invece si tratta di ibrido intergenerico<br />

il segno di moltiplicazione<br />

viene posto davanti al nuovo nome<br />

formato dall’unione di parte di ciascuno<br />

dei due generi parentali (es. ibrido fra<br />

Nigritella nigra e Gymnadenia conopsea<br />

= x Gymnigritella suaveolens Wettstein).<br />

Data la complessità <strong>del</strong> problema, mi<br />

sono limitato in questa pubblicazione a<br />

riportare le forme di ibrido più evidenti,<br />

tralasciando tutte quelle forme su cui non<br />

vi è assoluta certezza.<br />

Ibridi: a-Orchis coriophora subsp. fragrans x<br />

Orchis morio = Orchis x olida Breb. 1936,<br />

b-Ophrys fuciflora x Ophrys apifera = Ophrys<br />

x albertiana Cam. 1891, c-Ophrys insectifera<br />

x Orchis benacensis = Ophrys x daneschiana<br />

Schrenk 1981, d-Cephalanthera damasonium<br />

x Cephalanthera longifolia = Cephalanthera<br />

x schulzei Cam. et Ber. 1908, e-Dactylorhiza<br />

incarnata x Gymnadenia conopsea = x<br />

Dactylodenia vollmannii (Schulze) Peitz 1972,<br />

f-Orchis mascula x Orchis provincialis = Orchis<br />

x penzigiana Cam. 1929, g-Nigritella rhellicani<br />

x Pseudorchis albida = Pseudadenia micrantha<br />

Kern, h-Orchis purpurea x Orchis simia =<br />

Orchis x angusticruris Franch. Ap. Humiki<br />

1907, i-Dactylorhiza maculata x Gymnadenia<br />

conopsea = x Dactylodenia legrandiana (Cam.)<br />

Peitz 1972, l-Ophrys fuciflora x Ophrys benacensis<br />

= Ophrys x baldensis Delforge 1989,<br />

m-Orchis tridentata x Orchis ustulata = Orchis<br />

x dietrichiana Bogenh, n-Gymnadenia conopsea<br />

x Nigritella rhellicani = x Gymnigritella suaveolens<br />

Wettstein.<br />

a b<br />

160 161<br />

h<br />

d<br />

e<br />

c f<br />

i<br />

l<br />

g<br />

m<br />

n


GLOSSARIO GLOSSARIO BIBLIOGRAFIA<br />

ACUMINATA Terminante con una lunga punta<br />

ACUTA Terminante a punta<br />

AFILLO Fusto privo di foglie<br />

AGAMICA Lo è la propagazione per mezzo di bulbi,<br />

stoloni radicanti, ecc.<br />

ALLOGAMIA Fecondazione incrociata fra gameti di<br />

due fiori distinti<br />

ANTERA Parte terminale di uno stame dove si trova<br />

raccolto il polline<br />

ANTOCIANO Pigmento azzurro rosso o violetto<br />

APOCRONIA Fiori con colorazione scarsa<br />

APPENDICE Escrescenza all’apice <strong>del</strong> labello, in<br />

alcune specie di <strong>orchidee</strong> (es. Ophrys)<br />

ASCENDENTE Fusto alla base orizzontale, poi<br />

piegato verso l’alto<br />

ATROFICO Organo che non è più in grado di svolgere<br />

le sue funzioni<br />

AUTOFECONDAZIONE È l’opposto <strong>del</strong>la fecondazione<br />

incrociata (una pianta feconda i propri<br />

ovari col suo stesso polline)<br />

AUTOGAMA Di una specie che pratica l’autoimpollinazione<br />

AUTOTROFIA Capacità che hanno le piante di costruire<br />

le sostanze organiche proprie, partendo<br />

da sostanze inorganiche<br />

AVVENTIZIO Un organo che si forma lontano<br />

dall’apice vegetativo di un asse e quindi su<br />

parti adulte<br />

BASALE Situato alla base <strong>del</strong> fusto (es. rosetta<br />

basale)<br />

BRATTEA Piccola foglia situata alla base <strong>del</strong> peduncolo<br />

fiorale<br />

BRATTEIFORME Che ha forma di brattea<br />

BULBILLO Piccolo bulbo che permette la riproduzione<br />

asessuata <strong>del</strong>la pianta<br />

CALLOSITA’ Sorta di rigonfiamento presente sulla<br />

superficie <strong>del</strong> labello di alcune <strong>orchidee</strong> (es.<br />

Serapias)<br />

CAPSULAFrutto secco, contenente numerosissimi<br />

semi<br />

CASCO L’insieme dei tepali esterni e dei laterali<br />

interni che possono essere riavvicinati o saldati<br />

a forma di cappuccio<br />

CAUDICOLA Il pedicello dei pollinii<br />

CAULINARE Es. foglie inserite sul fusto<br />

CRENULATO Bordo che presenta piccole increspature<br />

DIGITATO Disposto come le dita di una mano<br />

ENTOMOFILIA Impollinazione ad opera degli<br />

insetti<br />

EPICHILO La parte distale <strong>del</strong> labello di certe <strong>orchidee</strong><br />

(es. Epipactis, Serapias) separato dalla<br />

parte basale da una strozzatura.<br />

EPIFITA Si dice di pianta che cresce appoggiandosi<br />

ad un’altra<br />

EPIGEI <strong>Le</strong> parti <strong>del</strong>le piante che sono fuori dal<br />

terreno<br />

ETEROTROFIA <strong>Le</strong> proprietà di costruire le sostanze<br />

organiche <strong>del</strong> proprio corpo partendo da sostanze<br />

organiche già elaborate da organi autotrofi<br />

GEOFITA Pianta con apparato radicale sotterraneo<br />

GIBBOSITA’ Protuberanza più o meno accentuata<br />

GINOSTEMIO Insieme degli organi maschili e<br />

femminili nelle <strong>orchidee</strong><br />

GLABRO Senza peli<br />

IBRIDO Prodotto dall’incrocio di due specie<br />

diverse<br />

INFERO Si dice di un ovario situato internamente<br />

sotto il perianzio<br />

IPOCHILO Parte basale <strong>del</strong> labello di alcune <strong>orchidee</strong><br />

(es. Epipactis, Serapias, Cephalanthera)<br />

IPOGEI <strong>Le</strong> parti sotterranee <strong>del</strong>le piante<br />

LABELLO Tepalo mediano interno che differisce dagli<br />

altri per forma, dimensione e colore<br />

LASSA (Infiorescenza lassa), cioè con fiori piuttosto<br />

distanziati<br />

LOBATO Provvisto di lobi<br />

LOGGIA Cavità <strong>del</strong>l’antera contenente i pollini<br />

MASSA POLLINICA Formata dall’insieme dei<br />

granuli pollinici<br />

MICORRIZA È l’associazione di microscopici funghi<br />

radicali e <strong>del</strong>le radici <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />

MICOTROFA Pianta che vive in simbiosi con un<br />

fungo in ogni fase <strong>del</strong> suo ciclo vitale, dipendendone<br />

almeno parzialmente per il nutrimento<br />

MONOFILETICO Organismo che si suppone sviluppato<br />

da una sola forma primitiva<br />

NETTARE Sostanza dolciastra che serve ai fiori per<br />

attirare gli insetti<br />

PAPILLA Piccola rugosità o protuberanza presente<br />

in ciuffetti sul labello di alcune <strong>orchidee</strong> (es.<br />

Orchis purpurea)<br />

PATENTE Organo che forma con il supporto sul<br />

quale è inserito un angolo quasi retto<br />

PAUCIFLORA Infiorescenza che in confronto con<br />

altre analoghe ha una scarsa quantità di fiori<br />

POLIFORMA Che può assumere forme diverse<br />

PUBESCENTE Organo coperto di morbida e<br />

minuta peluria<br />

RIZOMA Fusto sotterraneo simile ad una radice<br />

disposto orizzontalmente od obliquamente<br />

nel terreno<br />

SACCIFORMEA forma di sacco<br />

SAPROFITA Pianta priva o quasi di clorofilla, che<br />

si nutre a spese <strong>del</strong>le sostanze organiche <strong>del</strong><br />

suolo<br />

SESSILE Organo sprovvisto di picciolo ben differenziato<br />

SINONIMO Indica la stessa entità<br />

SOTTOSPECIE Suddivisione <strong>del</strong>la specie che raggruppa<br />

individui ben distinti morfologicamente<br />

dai rappresentanti tipici <strong>del</strong>la specie e che a<br />

volte occupano aree diverse di distribuzione<br />

SPERMATOFITE Piante caratterizzate dalla presenza<br />

di fiori, sono considerate le più evolute <strong>del</strong><br />

Regno Vegetale<br />

STENOCORO Di una specie ristretta ad una determinata<br />

zona<br />

SUBSP. Sottospecie<br />

TERMOFILA Che ama il calore<br />

TRILOBO Con tre lobi<br />

TUBERO Organo sotterraneo ingrossato nel quale<br />

si accumulano sostanze di riserva<br />

VARIETA’ Gruppo nel quale si riuniscono popolazioni<br />

di una specie, differenti dalle popolazioni<br />

tipiche per caratteri particolari, non sempre ben<br />

definiti<br />

ALESSANDRINI A., 1985 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>l’Emilia-Romagna<br />

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Dal 1994 opera in Italia l’Associazione Orchidofila<br />

G.I.R.O.S. (Gruppo Italiano per la Ricerca di Orchidee<br />

Spontanee): Segreteria – Via Rosi 21, 55100 Lucca (Tel.<br />

0583-492169).<br />

Questo gruppo, oltre a riunire qualche centinaio tra<br />

esperti e appassionati, pubblica regolarmente un<br />

notiziario.<br />

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164<br />

Finito di stampare nel mese di febbraio 2005 da<br />

GRAFITALIA Industrie Grafiche<br />

Via Raffaello, 9 - Reggio Emilia

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