13.06.2013 Views

Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia

Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia

Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Luciano Bongiorni<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />

<strong>spontanee</strong><br />

<strong>del</strong> Piacentino


Ringrazio il prof. Paolo Grünanger per i preziosi consigli e il<br />

determinante supporto bibliografico. Ringrazio Romina Bongiorni<br />

e Sandra Pareti per la battitura <strong>del</strong> testo.<br />

Ringrazio infine Adalgisa Torselli, Elena Schiavi e Fausta Casadei<br />

<strong>del</strong>la Provincia di Piacenza per il sostegno nella pubblicazione<br />

<strong>del</strong>l’opera.<br />

Testo e fotografie di Luciano Bongiorni<br />

Disegni di Loredana Bongiorni<br />

Grafica e impaginazione: Luca Gilli<br />

Coordinamento redazionale: Lisa Berté<br />

Planorbis editore<br />

ISBN 88-901385-2-1<br />

Studio<br />

Luciano B.<br />

LA PROVINCIA DI PIACENZA 7<br />

INQUADRAMENTO GEOLOGICO 8<br />

IL CLIMA DELLA PROVINCIA DI PIACENZA 10<br />

FLORA E VEGETAZIONE DEL PIACENTINO 12<br />

PREMESSA 16<br />

LE ORCHIDEE 17<br />

L’apparto radicale 17<br />

Il fusto 18<br />

<strong>Le</strong> foglie e le brattee 19<br />

Il fiore 19<br />

La resupinazione 20<br />

<strong>Le</strong> variazioni di colore 21<br />

<strong>Le</strong> anomalie di forma 21<br />

Gli organi riproduttivi 22<br />

L’impollinazione 23<br />

L’autoimpollinazione 23<br />

La germinazione 25<br />

Il ciclo vitale 25<br />

PROTEZIONE E CAUSE DI RAREFAZIONE 26<br />

Situazione nel <strong>piacentino</strong><br />

ed eventuali forme di prevenzione 27<br />

I GENERI PRESENTI NELLA<br />

PROVINCIA DI PIACENZA 29<br />

SISTEMA PER DETERMINARE I GENERI<br />

PRESENTI NEL PIACENTINO 39<br />

LE SCHEDE DELLE SPECIE 41<br />

Epipactis atrorubens 42<br />

E. distans 44<br />

E. gracilis 46<br />

E. helleborine 48<br />

E. leptochila 50<br />

E. microphylla 52<br />

E. muelleri 54<br />

E. palustris 56<br />

E. placentina 58<br />

E. viridiflora 60<br />

Cephalanthera damasonium 62<br />

C. longifolia 64<br />

C. rubra 66<br />

Limodorum abortivum 68<br />

Neottia nidus-avis 70<br />

Epipogium aphyllum 72<br />

Corallorhiza trifida 74<br />

Listeria cordata 76<br />

L. ovata 78<br />

Spiranthes spiralis 80<br />

Goodyera repens 82<br />

Platanthera bifolia 84<br />

P. chlorantha 86<br />

Gymnadenia conopsea 88<br />

G. odoratissima 90<br />

Pseudorchis albida 92<br />

Nigritella rhellicani 94<br />

INDICE<br />

Coeloglossum viride 96<br />

Dactylorhiza incarnata 98<br />

D. lapponica 100<br />

D. maculata 102<br />

D. majalis 104<br />

D. sambucina 106<br />

Traunsteinera globosa 108<br />

Orchis anthropophora 110<br />

O. coriophora subsp. fragrans 112<br />

O. laxiflora 114<br />

O. mascula 116<br />

O. militaris 118<br />

O. morio 120<br />

O. pallens 122<br />

O. papilionacea 124<br />

O. provincialis 126<br />

O. purpurea 128<br />

O. simia 130<br />

O. tridentata 132<br />

O. ustulata 134<br />

Himantoglossum adriaticum 136<br />

H. hircinum 138<br />

Anacamptis pyramidalis 140<br />

Serapias neglecta 142<br />

S. vomeracea 144<br />

Ophrys apifera 146<br />

O. benacensis 148<br />

O. fuciflora 150<br />

O. fuciflora subsp. elatior 152<br />

O. fusca 154<br />

O. insectifera 156<br />

O. sphegodes 158<br />

IBRIDAZIONE 160<br />

GLOSSARIO 162<br />

BIBLIOGRAFIA 163


Ad un anno dall’uscita <strong>del</strong> volume “<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Piacentino” di Luciano<br />

Bongiorni, che tanto interesse ha suscitato tra botanici, appassionati e semplici<br />

cittadini, è con soddisfazione che mi accingo a presentare questa nuova edizione<br />

<strong>del</strong> volume, stampata in un nuovo formato, più pratico, maggiormente adatto ad un<br />

uso di campagna. D’altronde, ritengo che la funzione che più si addica ad un libro di<br />

botanica sia quella di accompagnare e guidare l’appassionato o il ricercatore nelle<br />

sue escursioni nell’ambiente naturale.<br />

Per quanto riguarda i contenuti, questa nuova edizione riporta fe<strong>del</strong>mente i testi e<br />

le immagini <strong>del</strong>la precedente che, mi preme ricordarlo, vide la stampa per iniziativa<br />

di colei che mi ha preceduto all’Assessorato Ambiente <strong>del</strong>la Provincia di Piacenza: la<br />

professoressa Adriana Bertoni. E proprio dalla presentazione che scrisse allora Adriana,<br />

ho tratto alcune considerazioni che non posso non fare mie:<br />

“… Fiori dalle forme molteplici e dai colori sgargianti, che ci affascinano per la bellezza<br />

e la rarità, suscitano grande interesse per il valore scientifico e naturalistico.<br />

Tutelati dalla legislazione comunitaria e regionale, sono minacciati dalle trasformazioni<br />

ambientali in atto (su tutto, la distruzione <strong>del</strong>le aree umide); dall’abbandono<br />

<strong>del</strong>le pratiche agricole e pastorali tradizionali (ad esempio il mancato sfalcio <strong>del</strong>le<br />

praterie montane); dall’incursione di alcuni animali selvatici (i cinghiali ne mangiano<br />

i tuberi).<br />

… <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> selvatiche costituiscono una parte di questo patrimonio naturale di<br />

cui la provincia di Piacenza è ancora ricca. Agli amministratori in primis il compito e la<br />

responsabilità di salvaguardarlo e valorizzarlo con la collaborazione e la cura di quanti<br />

ancora abitano, frequentano e amano questi ambienti così <strong>del</strong>icati e così importanti<br />

per il mantenimento <strong>del</strong>la biodiversità. Che, non scordiamolo, è l’assicurazione che<br />

abbiamo sulla vita e sul futuro.”<br />

Un sentito ringraziamento va naturalmente all’autore <strong>del</strong> libro, il signor Luciano<br />

Bongiorni, esperto “orchidofilo”, che tanta passione e tanto tempo <strong>del</strong>la sua vita<br />

dedica allo studio ed alla protezione <strong>del</strong>la flora piacentina. Un ringraziamento anche<br />

ai dipendenti <strong>del</strong> Servizio Ambiente <strong>del</strong>la Provincia di Piacenza che hanno collaborato<br />

a questa nuova edizione.<br />

L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE<br />

DELLA PROVINCIA DI PIACENZA<br />

Gianluigi Ziliani<br />

4 5


LA PROVINCIA DI PIACENZA<br />

La provincia di Piacenza è collocata nel<br />

settore più occidentale <strong>del</strong>la regione<br />

Emilia-Romagna con la quale ha in<br />

comune anche i confini ad eccezione di<br />

quello orientale. Il confine settentrionale<br />

è <strong>del</strong>imitato dalle anse <strong>del</strong> Fiume Po che<br />

la separano dalla Lombardia e quindi<br />

dalle province di Pavia, Lodi, Cremona<br />

(procedendo da ovest verso est). La<br />

provincia di Pavia <strong>del</strong>imita poi tutto il<br />

confine occidentale fino a raggiungere<br />

il settore montano ove solo un piccolo<br />

lembo confina con il Piemonte (provincia<br />

di Alessandria). A sud troviamo la Liguria<br />

con la provincia di Genova che le contrappone<br />

la dorsale appenninica che si<br />

affaccia sul mare Tirreno; ad est, invece,<br />

troviamo la provincia di Parma.<br />

Il territorio provinciale si estende su<br />

circa 2.590 Kmq di superficie suddivisi<br />

in tre settori: pianura (27,3%), collina<br />

(36,7%), montagna (36%). Il settore<br />

pianeggiante è il meno rappresentato<br />

e termina approssimativamente sui 100<br />

metri di quota, mentre i rilievi interessano<br />

la maggior parte <strong>del</strong> territorio (73%).<br />

Nella zona di transizione tra l’alta e la<br />

bassa pianura sono presenti fenomeni di<br />

risorgenza che in provincia interessano<br />

soprattutto i comuni di Fiorenzuola<br />

d’Arda, Pontenure e Castelsangiovanni.<br />

Evidenti terrazzi fluviali, lembi <strong>del</strong>l’antica<br />

pianura, emergono dall’attuale area<br />

pianeggiante costituendo una fascia<br />

altocollinare-pedemontana. La collina<br />

inizia intorno ai 100 metri sul livello <strong>del</strong><br />

mare e si spinge fino a circa 600-800<br />

metri, dove inizia il settore montano. <strong>Le</strong><br />

vette più alte si trovano nell’alta Val Nure<br />

(M. Ragola 1.771 m, M. Nero 1.753 m,<br />

M. Bue 1.777 m) e nell’alta Val <strong>Trebbia</strong><br />

(M. Alfeo 1.650 m, M. <strong>Le</strong>sima 1.724 m,<br />

M. Carmo 1.640 m). <strong>Le</strong> quote più alte<br />

<strong>del</strong>la Val Nure sono state interessate da<br />

imponenti fenomeni glaciali che hanno<br />

caratterizzato gran parte di questi territori<br />

con la presenza di circhi glaciali,<br />

laghetti e morene. La presenza di laghi<br />

naturali infatti è concentrata principalmente<br />

in questa valle: Lago Nero, Lago<br />

Bino, Lago Moo.<br />

La provincia presenta quattro corsi d’ac-<br />

di Lisa Berté, naturalista<br />

qua principali che procedendo da ovest<br />

verso est sono: il Torrente Tidone, il Fiume<br />

<strong>Trebbia</strong>, il Torrente Nure e il Torrente<br />

Arda. Il Tidone nasce lungo le pendici <strong>del</strong><br />

Monte Penice (1.460 m) e sfocia nel Po<br />

presso Rottofreno. Lungo il suo corso<br />

riceve le acque dei torrenti Tidoncello<br />

e Luretta. Il Fiume <strong>Trebbia</strong> nasce dal M.<br />

Prelà, in provincia di Genova e dopo<br />

circa 114 km sfocia nel Po vicino alla città<br />

di Piacenza. Suoi principali affluenti sono<br />

i torrenti Brugneto, Pesca e Cassingheno<br />

in provincia di Genova; l’Avagnone in<br />

territorio pavese; l’Aveto e il Boreca in<br />

territorio <strong>piacentino</strong>. Il Torrente Nure<br />

nasce alle pendici <strong>del</strong> M. Ragola (1.771<br />

m) e <strong>del</strong> M. Nero (1.753 m) e dopo<br />

circa 60 km sfocia nel Po nei pressi di<br />

Roncaglia. Riceve le acque dei torrenti<br />

Lavaiana, Lardana e Grondana. L’Arda<br />

invece nasce di Monti Lama (1.335 m) e<br />

Menegosa (1.356 m) e prima di gettarsi<br />

nel Po nei pressi di Villanova si unisce al<br />

torrente Ongina.<br />

Il Tidone e l’Arda sono caratterizzati<br />

dalla presenza di due invasi artificiali:<br />

rispettivamente il lago di Trebecco e il<br />

lago di Mignano.<br />

6 7


INQUADRAMENTO GEOLOGICO<br />

<strong>Le</strong> rocce <strong>del</strong> <strong>piacentino</strong> possono essere<br />

suddivise, in base alla loro area di origine,<br />

in tre grandi “insiemi” geologici:<br />

il “Substrato Alloctono”, i “Depositi<br />

Neoautoctoni” e la “Copertura Autoctona”.<br />

Il SUBSTRATO ALLOCTONO, che comprende<br />

le “Unità Liguri” e le “Successioni<br />

Epiliguri”, è prevalentemente formato:<br />

- da rocce magmatiche, più o meno<br />

alterate da processi chimico-fisici<br />

e qui riferibili a serpentiniti (bran<strong>del</strong>li<br />

<strong>del</strong> “mantello” semifuso su cui<br />

galleggia la crosta terrestre), gabbri<br />

(derivanti dalla lenta solidificazione<br />

di lave all’interno <strong>del</strong>la crosta terrestre)<br />

e basalti (prodotti dalla rapida<br />

solidificazione di lave in ambienti<br />

subacquei);<br />

- da rocce sedimentarie,e per lo più costituite<br />

da estese formazioni argillose<br />

e da “flysch” (ritmiche alternanze<br />

di arenarie, calcari e marne derivanti<br />

dall’accumulo di materiali mobilitati<br />

da eventi franosi sottomarini).<br />

Nell’arco degli ultimi 140 milioni di<br />

anni queste rocce, che si formarono<br />

nell’antico oceano Tetide ubicato<br />

in corrispondenza <strong>del</strong>l’attuale<br />

area Tirrenica, sono state traslate<br />

e sollevate sino alla posizione attuale<br />

(da cui il termine “alloctone”)<br />

dalle forze compressive che hanno<br />

portato alla formazione (orogenesi)<br />

<strong>del</strong>l’appennino.<br />

Mentre nelle aree di crinale ai<br />

confini con il Parmense e la Liguria<br />

predominano le rocce magmatiche<br />

(note come ofioliti, dal greco<br />

ofio=serpente e litos=pietra, per il<br />

loro colore verde-scuro screziato di<br />

chiaro che ricorda la pelle di alcuni<br />

serpenti), nelle zone comprese tra<br />

il crinale ed il margine appenninico<br />

abbondano i flysch ed i grandi<br />

complessi argillosi alloctoni, da cui<br />

emergono per maggior resistenza<br />

all’erosione le ofioliti di Monte Tre<br />

Abati, M. S.Agostino, M. Capra, M.<br />

Pradegna, Pietra Parcellara, Pietra<br />

Perduca, Castello di Gropparello<br />

di Gianluca Raineri, Riserva Naturale Geologica <strong>del</strong> Piacenziano<br />

ed altre ancora; queste ultime, a<br />

differenza dei complessi di crinale,<br />

sono “sradicate” dal loro substrato<br />

originario ed inglobate nei complessi<br />

argillosi alloctoni.<br />

I DEPOSITI NEOAUTOCTONI sono in<br />

genere costituiti da potenti successioni<br />

di argille, limi e sabbie accumulatisi sui<br />

fondali <strong>del</strong>l’ampio golfo marino che,<br />

tra circa 5,3 e 1,2 milioni di anni fa,<br />

dall’Adriatico si estendeva verso Ovest<br />

occupando l’attuale pianura padana.<br />

La scarsa traslazione subita da questi<br />

sedimenti rispetto al luogo d’origine<br />

è sintetizzata nell’appellativo “neoautoctoni”;<br />

fanno parte di essi i depositi<br />

fossiliferi affioranti sul margine appenninico<br />

compreso tra la valle <strong>del</strong> Vezzeno<br />

e la valle <strong>del</strong>l’Ongina, le cui peculiarità<br />

geo-paleontologiche ben documentano<br />

l’evoluzione ambientale di questo settore<br />

<strong>del</strong> territorio <strong>piacentino</strong> tra 5,3 e 1,4<br />

milioni di anni fa (Pliocene – Pleistocene<br />

inferiore).<br />

La zona compresa tra Castell’Arquato<br />

e Lugagnano V. Arda in particolare è<br />

sede <strong>del</strong>lo stratotipo storico <strong>del</strong> Piacenziano,<br />

quel periodo di storia <strong>del</strong>la<br />

Terra compreso tra 3,6 e 2,6 milioni di<br />

anni fa, e costituisce da oltre due secoli<br />

un punto di riferimento fondamentale<br />

per coloro che studiano il Pliocene <strong>del</strong><br />

Mediterraneo e le variazioni climatiche<br />

che hanno accompagnato il progressivo<br />

raffreddamento <strong>del</strong> nostro emisfero;<br />

non a caso quindi questa porzione <strong>del</strong><br />

territorio <strong>piacentino</strong>, definibile a pieno<br />

titolo come “culla <strong>del</strong> Pliocene”, è oggi<br />

sede <strong>del</strong>la Riserva Naturale Geologica<br />

<strong>del</strong> Piacenziano.<br />

La COPERTURA AUTOCTONA, è principalmente<br />

costituita da ghiaie, sabbie<br />

e fanghi di origine alluvionale, fluviale o<br />

lacustre, accumulatisi nello stesso luogo<br />

(“autoctoni”) in cui oggi si rinvengono ed<br />

organizzati in successioni sedimentarie,<br />

o meglio in Sequenze Deposizionali, note<br />

come Sintemi.<br />

Questi ultimi sono tra loro suddivisi da<br />

evidenti discordanze riferibili a cicliche<br />

fasi di avanzamento (trasgressione) o<br />

arretramento (regressione) <strong>del</strong> mare<br />

rispetto alle terre emerse, riconducibili<br />

a sollevamenti <strong>del</strong>la catena appenninica<br />

e/o ad approfondimenti <strong>del</strong> bacino<br />

padano e/o alle marcate variazioni<br />

<strong>del</strong> livello di base <strong>del</strong> mare che hanno<br />

accompagnato le fasi glaciali (aumento<br />

dei ghiacci sulle terre emerse<br />

abbassamento <strong>del</strong> livello <strong>del</strong> mare<br />

incremento <strong>del</strong>le terre emerse) ed<br />

interglaciali (scioglimento dei ghiacci<br />

innalzamento <strong>del</strong> livello <strong>del</strong> mare<br />

riduzione <strong>del</strong>le terre emerse) <strong>del</strong><br />

Pleistocene medio-superiore (tra circa<br />

800.000 e 10.000 anni fa).<br />

L’accumulo di questi depositi, i più<br />

recenti in ordine di tempo, ha contribuito<br />

in modo determinante al definitivo<br />

colmamento <strong>del</strong> golfo marino padano<br />

ed alla formazione <strong>del</strong>l’attuale Pianura<br />

Padana.<br />

<strong>Le</strong> rocce di questi tre grandi raggruppamenti<br />

possono a loro volta essere<br />

suddivise in unità di rango inferiore in<br />

funzione <strong>del</strong>la loro genesi, composizione<br />

mineralogica, età, ecc. Assegnando ad<br />

ogni insieme roccioso un colore e riportando<br />

su base topografica la relativa<br />

estensione territoriale si ottiene uno<br />

strumento di fondamentale importanza<br />

per la gestione e la programmazione<br />

territoriale: la “Carta Geologica”.<br />

La Carta Geologica qui proposta ben evidenzia la distribuzione provinciale dei tre<br />

grandi insiemi rocciosi menzionati: il substrato alloctono si estende dalle cime più<br />

alte <strong>del</strong>l’appennino sino ai contrafforti collinari dove affiorano i soprastanti depositi<br />

neoautoctoni che a loro volta sono ricoperti, da qui sino al fiume Po, dai sedimenti<br />

<strong>del</strong>la copertura autoctona.<br />

8 9


IL CLIMA DELLA PROVINCIA DI PIACENZA<br />

Il clima <strong>del</strong> territorio <strong>piacentino</strong> può essere<br />

descritto come un clima temperato o di<br />

tipo “C” secondo Köppen (temperatura<br />

media <strong>del</strong> mese più freddo compresa<br />

tra -3°C e +18°C); più in particolare<br />

il territorio di pianura e collina risulta<br />

caratterizzato da un clima temperato subcontinentale<br />

(temperatura media annua<br />

compresa tra 10°C e 14,4°C, temperatura<br />

media <strong>del</strong> mese più freddo compresa tra<br />

-1°C e +3,9°C, da uno a tre mesi con<br />

temperatura media >20°C, escursione<br />

annua superiore a 19°C), mentre il territorio<br />

di montagna è caratterizzato da<br />

un clima temperato fresco (temperatura<br />

media annua compresa tra 6°C e 10°C,<br />

temperatura media <strong>del</strong> mese più freddo<br />

compresa tra 0°C e +3°C, media mese<br />

più caldo tra 15 e 20°C, escursione annua<br />

tra 18 e 20°C). Con riferimento alla<br />

serie di osservazioni dal 1958 al 1983<br />

pubblicata da Istat, la temperatura media<br />

annuale è di 12.2°C a Piacenza, scende<br />

a 11.5-12°C nelle località di media collina<br />

e di fondovalle (Bettola, Bobbio) e<br />

scende a 8.5°C nelle stazioni più elevate<br />

di fondovalle (Losso, comune di Ottone,<br />

416 m). Il mese più freddo è Gennaio, che<br />

fa registrare una media mensile di 0.8°C<br />

a Piacenza e di –1.1°C a Losso; il mese<br />

più caldo è Luglio, con una temperatura<br />

media di 22.9°C a Piacenza e di 18.1°C<br />

a Losso.<br />

I fattori geografici che contribuiscono<br />

maggiormente a determinare le caratteristiche<br />

termiche <strong>del</strong> clima <strong>del</strong> territorio<br />

<strong>piacentino</strong> sono essenzialmente due:<br />

la sua collocazione nel cuore <strong>del</strong>la Val<br />

Padana occidentale (lontano dalle masse<br />

d’acqua mediterranee) che determina<br />

soprattutto il carattere di continentalità<br />

(elevate escursioni termiche giornaliere e<br />

annuali); e la presenza <strong>del</strong> rilievo appenninico<br />

il quale, come confine meridionale<br />

<strong>del</strong>la Val Padana, contribuisce a fornire<br />

alla collina le caratteristiche climatiche di<br />

“versante”, mentre come spartiacque con<br />

il versante ligure fa giungere alla fascia più<br />

alta <strong>del</strong>la montagna piacentina l’influenza<br />

<strong>del</strong> clima sublitoraneo e temperato caldo<br />

<strong>del</strong>la Liguria.<br />

<strong>Le</strong> conseguenze climatiche di questi<br />

di Paolo <strong>Le</strong>ga, Servizio Programmazione Territoriale e Urbanistica<br />

Amministrazione Provinciale di Piacenza<br />

fattori geografici, assieme alla configurazione<br />

orografica più generale <strong>del</strong>la Valle<br />

Padana, sono estremamente rilevanti<br />

per il territorio <strong>piacentino</strong>: il carattere di<br />

continentalità è infatti accentuato nella<br />

fascia di pianura (a Piacenza si registra<br />

un’escursione annua media di 22.1°C e<br />

un’escursione giornaliera media in Luglio<br />

di 13.0°C), ma si riduce con la diminuzione<br />

<strong>del</strong>la latitudine e con l’avvicinamento<br />

al crinale ligure (a Losso escursione annua<br />

media di 19.2°C e giornaliera in Luglio di<br />

11.6°C); le valli piacentine più prossime<br />

alla regione ligure godono pertanto di<br />

un clima decisamente più temperato e<br />

meno continentale. Si può inoltre ben<br />

osservare che la fascia di media collina,<br />

indicativamente compresa tra i 150 e i<br />

400 m di altitudine, collocata al di sopra<br />

<strong>del</strong>la sommità media <strong>del</strong>le inversioni<br />

termiche <strong>del</strong>la Valle Padana, gode di un<br />

regime termico più temperato e mite sia<br />

di quello <strong>del</strong>la pianura che di quello <strong>del</strong>la<br />

montagna. In questa fascia infatti si hanno<br />

escursioni termiche annuali più ridotte<br />

(19.3°C a Castellana di Gropparello, con<br />

temperature invernali più elevate rispetto<br />

alla pianura, e temperature estive più<br />

basse) e più basse escursioni giornaliere<br />

medie (9.4°C in Luglio).<br />

Sotto il profilo pluviometrico, il clima <strong>del</strong><br />

territorio <strong>piacentino</strong> è caratterizzato dal<br />

tipico regime sublitoraneo appenninico o<br />

padano, che presenta due valori massimi<br />

<strong>del</strong>le precipitazioni mensili in primavera<br />

e in autunno, e due minimi in inverno e<br />

in estate: di questi, il massimo autunnale<br />

e il minimo estivo sono più accentuati<br />

degli altri due. L’altezza totale annua <strong>del</strong>le<br />

precipitazioni è pari a circa 850-900<br />

mm nella fascia <strong>del</strong>la pianura piacentina<br />

distribuiti su 80-85 giorni piovosi, mentre<br />

sale a 1000-1500 mm nella fascia <strong>del</strong>la<br />

media collina su circa 100 giorni piovosi,<br />

subendo un incremento mediamente<br />

proporzionale all’aumento di altitudine;<br />

a partire da questa fascia (intorno ai<br />

400-600 m di quota), l’altezza <strong>del</strong>le<br />

precipitazioni subisce, a parità di quota,<br />

un incremento inverso alla latitudine,<br />

in quanto fortemente influenzata dai<br />

sistemi frontali che traggono origine<br />

dalle depressioni che si vanno formando<br />

con elevata frequenza sul Mar Ligure e<br />

sull’alto Tirreno. Con riferimento al periodo<br />

1958-1983, Luglio è il mese meno<br />

piovoso <strong>del</strong>l’anno, con 45 mm a Piacenza<br />

distribuiti su 4.5 giorni piovosi, e 67 mm<br />

a Losso su 6.3 giorni piovosi; per contro,<br />

Ottobre risulta il mese più piovoso con<br />

107 mm su 7.8 giorni piovosi a Piacenza,<br />

e 187 mm su 9 giorni piovosi a Losso, seguito<br />

però a brevissima distanza dal mese<br />

di Novembre. Negli ultimi due decenni<br />

tuttavia il regime pluviometrico sembra<br />

essersi progressivamente modificato, a<br />

favore di una riduzione <strong>del</strong>le precipitazioni<br />

invernali (in particolare Febbraio) e di un<br />

aumento di quelle autunnali (in particolare<br />

Ottobre).<br />

<strong>Le</strong> intensità giornaliere medie di precipitazione<br />

vanno da valori minimi di 8-15<br />

mm/g in pianura, fino a 25 mm/g e oltre<br />

nelle zone più interne <strong>del</strong>la fascia di montagna;<br />

i valori massimi assoluti di pioggia<br />

giornaliera vanno invece dai 100-120<br />

mm/g registrati in pianura tra Agosto e<br />

Settembre, ai 100-170 mm/g <strong>del</strong>la media<br />

collina registrati in Agosto (temporali<br />

convettivi estivi), fino ai 150-220 mm/g<br />

registrati in montagna tra Settembre e<br />

Novembre (prodotti dai fronti freddi<br />

autunnali in transito da Ovest).<br />

Il bilancio idrico teorico annuale (precipitazioni<br />

meno evapotraspirazione<br />

potenziale) si chiude con un debole surplus<br />

nella fascia di pianura (30-60 mm),<br />

mentre raggiunge un saldo positivo di<br />

700-1000 mm nella fascia di montagna<br />

(Losso); in pianura il primo mese in cui il<br />

saldo <strong>del</strong> bilancio teorico risulta negativo<br />

è Aprile, mentre in montagna è Maggio;<br />

viceversa, dopo i mesi estivi in cui il<br />

bilancio mensile risulta costantemente<br />

deficitario, il primo mese in cui ritorna<br />

eccedentario è Settembre in montagna<br />

e Ottobre in pianura.<br />

10 11


FLORA E VEGETAZIONE DEL PIACENTINO<br />

Il patrimonio floristico <strong>del</strong>la provincia<br />

di Piacenza conta circa 1600 specie<br />

censite, comprese felci ed equiseti, con<br />

una spiccata diversificazione nelle diverse<br />

fasce altitudinali, da ricondurre sia alle<br />

variazioni dei parametri climatici, sia alla<br />

diversa incidenza <strong>del</strong>l’azione <strong>del</strong>l’uomo sul<br />

paesaggio e sugli ecosistemi naturali.<br />

L’attuale assetto vegetazionale e floristico<br />

<strong>del</strong> nostro territorio va fatto risalire alla<br />

fine <strong>del</strong>l’ultimo periodo glaciale, circa<br />

10.000 anni fa. Gli sconvolgimenti<br />

climatici <strong>del</strong> Quaternario, noti come glaciazioni,<br />

hanno letteralmente spazzato<br />

via dal continente europeo la flora <strong>del</strong><br />

Terziario, lasciando solo poche ma significative<br />

testimonianze: fra queste specie<br />

relitte ricordiamo, per il nostro territorio,<br />

l’Agrifoglio (Ilex aquifolium), la Felcetta<br />

lanosa (Notholaena marantae), esclusiva<br />

<strong>del</strong>le ofioliti, e il raro Astragalus sirinicus,<br />

piccolo arbusto spinoso presente, con<br />

un piccolo popolamento, sulla cima di<br />

Monte <strong>Le</strong>sima.<br />

Con l’aumento <strong>del</strong>la temperatura ed il ritiro<br />

dei ghiacciai, presenti anche sul nostro<br />

Appennino, diverse piante dei climi freddi<br />

(alpine ed artico-alpine) hanno trovato<br />

degli ambienti rifugio in poche stazioni<br />

in prossimità dei crinali più alti: è il caso<br />

ad esempio <strong>del</strong> Pino uncinato di Monte<br />

Nero, stretto parente <strong>del</strong> Pino mugo <strong>del</strong>le<br />

Alpi, che è riuscito a sopravvivere sino ai<br />

nostri giorni colonizzando i ghiaioni più<br />

scoscesi ed esposti.<br />

Durante il postglaciale, l’alternarsi di<br />

periodi più freddi e più caldi ha portato<br />

alla graduale sostituzione <strong>del</strong>la vegetazione<br />

microterma con quella attuale; in<br />

particolare un numeroso contingente di<br />

specie mediterranee è penetrato in diverse<br />

ondate, corrispondenti alle fasi più calde,<br />

nel nostro territorio e ne caratterizza<br />

tuttora la flora (circa il 14% <strong>del</strong>le specie),<br />

soprattutto nella fascia collinare. Fra le<br />

più tipiche specie stenomediterranee<br />

ricordiamo il Timo (Thymus vulgaris) e la<br />

Valeriana rossa (Centranthus ruber), diffusi<br />

sui versanti rocciosi <strong>del</strong>la Val <strong>Trebbia</strong>.<br />

Sull’Appennino uno degli aspetti più significativi<br />

è dato dalla relativamente recente<br />

(circa 400 anni fa) espansione <strong>del</strong> Faggio,<br />

di Enrico Romani, Museo Civico di Storia Naturale di Piacenza<br />

che oggi domina il paesaggio forestale fra<br />

i 1000 ed i 1700 m.<br />

Ma è stata soprattutto l’azione <strong>del</strong>l’uomo<br />

a caratterizzare il nostro attuale paesaggio<br />

vegetale, sia direttamente, con la<br />

messa a coltura dei suoli e le bonifiche,<br />

sia indirettamente, con l’introduzione,<br />

spesso involontaria, di specie esotiche.<br />

L’impronta <strong>del</strong>l’attività umana è massima<br />

nella pianura: già a partire dalla<br />

colonizzazione romana ha preso avvio la<br />

lenta ma inesorabile opera di distruzione<br />

<strong>del</strong>la foresta primigenia, dominata dalla<br />

Farnia (Quercus robur), che ricopriva l’intera<br />

pianura dal Piemonte all’Adriatico. Ad<br />

epoche ancor più remote va fatta risalire<br />

l’introduzione, dalle steppe <strong>del</strong> vicino<br />

oriente, <strong>del</strong>le colture di cereali (grano,<br />

orzo, segale): ad esse si accompagnava<br />

una ricca flora commensale (archeofite),<br />

in cui spiccavano Papaveri e Fiordalisi,<br />

oggi in buona parte relegata alla fascia<br />

collinare e <strong>del</strong>la bassa montagna a causa<br />

<strong>del</strong> massiccio uso di diserbanti.<br />

Attualmente sono pochi gli ambienti di<br />

pianura caratterizzati da un buon grado<br />

di naturalità, per lo più circoscritti agli<br />

alvei dei torrenti e alle poche aree golenali<br />

<strong>del</strong> Po non ancora alterate da opere di<br />

bonifica e regimazione. Fra i più interessanti<br />

ricordiamo gli ambienti dei conoidi<br />

dei nostri corsi d’acqua appenninici, e<br />

in particolare le ampie fasce di greto<br />

stabilizzato, su cui si insediano popolamenti<br />

xerici di erbe e piccoli arbusti,<br />

spesso provenienti dai versanti collinari e<br />

montani: riescono così a penetrare nella<br />

pianura piante diffuse a quote maggiori,<br />

come la Santoreggia (Satureja montana),<br />

l’Issopo (Hyssopus officinalis), l’Eliantemo<br />

(Helianthemum nummularium), il Salice<br />

ripaiolo (Salix eleagnos) e alcune <strong>orchidee</strong><br />

selvatiche.<br />

<strong>Le</strong> incisioni dei conoidi separano le propaggini<br />

collinari, i pianalti terrazzati,<br />

che si protendono sulla pianura e che<br />

in alcuni casi (La Bastardina, Bosco di<br />

Croara, Bosco Verani) ospitano estese<br />

coperture forestali, costituite da querceti<br />

più o meno termofili provvisti di un ricco<br />

ed interessante corteggio floristico.<br />

Il paesaggio collinare, ancora pesante-<br />

mente segnato dall’impronta antropica, si<br />

presenta come un complesso mosaico di<br />

ambienti artificiali (diffusi sono i vigneti,<br />

ma anche colture di cereali e foraggere) e<br />

naturali (boschetti, siepi, praterie postcolturali,<br />

alvei di torrenti, pendii scoscesi,<br />

zone franose); la diversificazione ambientale<br />

viene ulteriormente accentuata dalla<br />

presenza diffusa di incolti, aree marginali<br />

e fasce di transizione (ecotoni). La flora<br />

ne risulta arricchita rispetto alla pianura, e<br />

più termofila, almeno alle basse quote, soprattutto<br />

per l’incidenza di un significativo<br />

contingente di specie mediterranee.<br />

In alcune vallate (Val d’Arda, Valle Ongina)<br />

i versanti sono spesso contraddistinti da<br />

estese formazioni calanchive: qui l’instabilità<br />

e l’ostilità <strong>del</strong> substrato hanno<br />

impedito non solo la sua messa a coltura,<br />

ma anche l’affermarsi <strong>del</strong>la copertura<br />

vegetale naturale. L’ambiente presenta<br />

però aspetti di estremo interesse, sia per<br />

la presenza di specie caratteristiche, come<br />

la Scorzonera <strong>del</strong>le argille (Podospermum<br />

canum), sia per la diffusione, sui suoli<br />

un po’ più stabilizzati e meno acclivi, di<br />

lembi più o meno estesi di pratelli xerici<br />

ricchi di specie termofile e in cui crescono<br />

numerose <strong>orchidee</strong>. <strong>Le</strong> creste calanchive<br />

e le testate dei canaloni sono colonizzati<br />

dalla Ginestra (Spartium junceum), che<br />

con le sue vistose fioriture caratterizza il<br />

paesaggio primaverile di queste vallate.<br />

Salendo di quota i coltivi si fanno sempre<br />

più radi, lasciando sempre più spazio<br />

alla copertura forestale, qui rappresentata<br />

dal bosco misto caducifoglio, in<br />

cui predominano diversi tipi di Querce<br />

(Quercus pubescens e Q. cerris), il Carpino<br />

nero (Ostrya carpinifolia), l’Orniello<br />

(Fraxinus ornus), il Ciavar<strong>del</strong>lo (Sorbus<br />

torminalis) e l’Acero opalo (Acer opulifolium).<br />

Il querceto misto si presenta con<br />

diverse varianti, che dipendono dalla<br />

tipologia <strong>del</strong> substrato e dalle condizioni<br />

climatiche stazionali, ma tutte hanno in<br />

comune la modalità di sfruttamento da<br />

parte <strong>del</strong>l’uomo: la ceduazione. Questa<br />

forma di governo consente un utilizzo<br />

più intensivo <strong>del</strong> bosco, soprattutto per<br />

la produzione di legna da ardere, ma se i<br />

tagli sono troppo ravvicinati può portare<br />

ad un loro degrado, e comunque tende<br />

a favorire l’espansione di quelle essenze<br />

forestali, come il Carpino nero, in grado di<br />

ricacciare più vigorosamente, a discapito<br />

<strong>del</strong>le Querce e di altri alberi.<br />

Nel querceto troviamo un ricco corteggio<br />

floristico, con numerosi arbusti e piante<br />

erbacee; fra queste ultime ricordiamo<br />

le geofite, provviste di organi di riserva<br />

sotterranei e in grado di fiorire molto<br />

precocemente, prima che la volta <strong>del</strong>le<br />

chiome si chiuda; fra le più significative<br />

ricordiamo: le Anemoni (Anemone<br />

nemorosa e A. trifolia), il Dente di cane<br />

(Erythronium dens-canis), il Bucaneve<br />

(Galanthus nivalis), la Scilla (Scilla bifolia)<br />

e l’Erba trinità (Hepatica nobilis). Alcune<br />

specie consentono poi di caratterizzare<br />

meglio la tipologia <strong>del</strong> querceto: così la<br />

Felce aquilina (Pteridium aquilinum) e il<br />

Brugo (Calluna vulgaris) indicano un substrato<br />

acido, mentre il Pungitopo (Ruscus<br />

aculeatus), specie termofila, è limitato ai<br />

boschi collinari.<br />

Già dalla bassa collina e fino alla fascia<br />

montana sono molto diffusi i castagneti.<br />

Nonostante il Castagno (Castanea sativa)<br />

accompagni da sempre la storia <strong>del</strong>le<br />

nostre popolazioni montane, e per diversi<br />

secoli abbia costituito una risorsa preziosa<br />

per il loro sostentamento, occorre<br />

ricordare come la diffusione di questa<br />

pianta sia avvenuta ad opera <strong>del</strong>l’uomo,<br />

che già al tempo dei Romani la reintrodusse<br />

un po’ ovunque lungo tutta la penisola.<br />

Il Castagno è infatti una di quelle specie<br />

che vennero spazzate via dall’Europa nel<br />

corso <strong>del</strong>l’ultima glaciazione, e sopravvisse<br />

solo in alcune stazioni rifugio nei<br />

Balcani e forse nell’Italia meridionale. La<br />

coltura <strong>del</strong> Castagno ha subito da noi un<br />

drastico regresso, sia per lo spopolamento<br />

<strong>del</strong>le zone montane, sia per l’attacco<br />

di parassiti fungini. I castagneti da frutto<br />

sono divenuti piuttosto rari (ricordiamo<br />

quello di Castagnola, in Val d’Aveto) e<br />

sono stati sostituiti anch’essi dal ceduo.<br />

Dal punto di vista floristico e vegetazionale,<br />

il Castagno si sovrappone alla fascia<br />

dei querceti, fino a penetrare in quella<br />

<strong>del</strong>le faggete, prediligendo suoli profondi<br />

e sciolti, e mal tollerando quelli calcarei,<br />

argillosi e troppo umidi.<br />

Fra le zone di particolare interesse naturalistico<br />

spicca, nella fascia dei querceti,<br />

l’area di Rocca d’Olgisio, in Val Tidone:<br />

si tratta di una vera e propria “isola termofila”,<br />

caratterizzata da una orografia<br />

tormentata, in cui i boschi termofili di<br />

Roverella, Cerro e Castagno si alternano<br />

a dirupi rocciosi, forre, cespuglieti e coltivi,<br />

e in cui l’insediamento umano, molto<br />

antico, ha lasciato traccia anche nella<br />

flora, per la presenza di specie sfuggite<br />

12 13


alla coltivazione e completamente naturalizzate:<br />

fra queste ricordiamo il Fico<br />

d’India nano (Opuntia compressa), diversi<br />

Narcisi e lo Zafferanastro giallo (Sterbergia<br />

lutea); significativa è anche la presenza di<br />

specie molto rare come l’Asplenio maggiore<br />

(Asplenium onopteris), la Speronella<br />

lacerata (Delphinium fissum) e la Ballerina<br />

(Aceras antropophorum), orchidacea a<br />

distribuzione stenomediterranea.<br />

Uno degli elementi caratterizzanti il paesaggio<br />

collinare e montano <strong>del</strong>la nostra<br />

provincia è dato dalla diffusione degli<br />

affioramenti ofiolitici; queste rocce costituiscono<br />

un substrato particolarmente<br />

selettivo per le piante, sia per la composizione<br />

chimica che per le condizioni fisiche<br />

che vi si riscontrano (forte irraggiamento<br />

solare, accentuate escursioni termiche,<br />

carenza d’acqua, ecc.). La loro superficie<br />

è colonizzata da estesi popolamenti di<br />

licheni epilitici; essi contribuiscono alla<br />

formazione di quel minimo di terra fine<br />

che consente la crescita di poche piante<br />

specializzate; alcune sono esclusive di<br />

questo substrato, come la Felcetta lanosa<br />

(Notholaena marantae), l’Asplenio <strong>del</strong> serpentino<br />

(Asplenium cuneifolium) e l’Alisso<br />

di Bertoloni (Alyssum bertolonii); altre, pur<br />

non essendo esclusive, si presentano da<br />

noi solo su queste rocce: il Lino a campanelle<br />

(Linum campanulatum, in regione<br />

presente solo nella nostra provincia),<br />

l’Euforbia spinosa (Euphorbia spinosa<br />

ssp. ligustica), la Costolina appenninica<br />

(Robertia taraxacoides), la Linajola dei<br />

serpentini (Linaria supina) e, in alta Val<br />

Nure (uniche stazioni regionali) la Reseda<br />

pigmea (Sesamoides pygmaea).<br />

Dall’alta collina e fino a ridosso <strong>del</strong> crinale<br />

appenninico sono abbastanza frequenti i<br />

boschi di conifere, aghifoglie sempreverdi<br />

che spiccano con il loro verde cupo<br />

nel brullo paesaggio invernale; sono tutti<br />

impianti artificiali che hanno sostituito<br />

la copertura forestale naturale. <strong>Le</strong> principali<br />

specie utilizzate sono il Pino nero<br />

(Pinus nigra), soprattutto sui substrati<br />

rocciosi, l’Abete bianco (Abies alba) e<br />

l’Abete rosso (Picea excelsa), tutte specie<br />

estranee alla nostra flora, ad eccezione<br />

<strong>del</strong>l’Abete bianco, presente con una piccola<br />

popolazione autoctona sul Monte<br />

Nero; l’utilizzo di queste piante fuori dal<br />

loro areale è ormai stato abbandonato<br />

grazie ai nuovi indirizzi <strong>del</strong>la selvicoltura.<br />

La massiccia intrusione <strong>del</strong>le conifere nei<br />

nostri ambienti forestali ha comportato<br />

diversi effetti negativi (sostituzione <strong>del</strong>la<br />

vegetazione autoctona, maggior suscettibilità<br />

agli incendi, diffusione di parassiti<br />

come la Processionaria, alterazione <strong>del</strong>le<br />

caratteristiche <strong>del</strong>l’humus forestale), ma<br />

anche l’introduzione di alcune specie<br />

nuove, strettamente legate ai boschi di<br />

conifere e probabilmente giunte da noi<br />

con il materiale vivaistico; fra queste<br />

ricordiamo due rare <strong>orchidee</strong>: la Godiera<br />

(Goodiera repens) e la Listera minore (Listera<br />

cordata), quest’ultima recentemente<br />

scoperta in Val Nure.<br />

Sopra i 900-1000 m d’altitudine e fino<br />

alle quote maggiori, la copertura forestale<br />

è dominata dal Faggio. Questa pianta ha<br />

esigenze particolari in fatto di clima (predilige<br />

un ambiente fresco e con precipitazioni<br />

ben distribuite nell’arco <strong>del</strong>l’anno, ed è<br />

molto sensibile alle gelate primaverili), ma<br />

si adatta bene ai diversi substrati; si presenta<br />

con diverse varianti, che si differenziano<br />

soprattutto per il corteggio floristico. Alle<br />

quote inferiori abbondanti sono le specie<br />

provenienti dalla fascia dei querceti, sia<br />

legnose (Carpino nero, Acero campestre,<br />

Orniello, Corniolo) che erbacee (Primula,<br />

Erba trinità, Anemoni, Ellebori); nel suo<br />

aspetto più tipico, sopra i 1200-1300 m<br />

(fascia subatlantica) troviamo specie più<br />

spiccatamente montane, come il Sorbo<br />

degli uccellatori (Sorbus aucuparia) e<br />

l’Acero montano (Acer pseudoplatanus),<br />

ed una flora ebacea caratteristica; fra le<br />

specie più significative ricordiamo il Sigillo<br />

di Salomone (Polygonatum verticillatum), la<br />

piccola Moscatella (Adoxa moschatellina),<br />

la Dentaria (Cardamine heptaphylla), la<br />

Mercorella (Mercurialis perennis), l’Orchide<br />

macchiata (Dactylorhiza maculata), la<br />

Veronica (Veronica urticifolia), la Lattuga<br />

montana (Prenanthes purpurea), la Coralloriza<br />

(Corallorhiza trifida), la Felce maschio<br />

(Dryopteris filix-mas) e la Felce femmina<br />

(Athyrium filix-foemina); solo in un paio di<br />

stazioni è presente il rarissimo Epipogium<br />

aphyllum, orchidea saprofita dalla fioritura<br />

incostante. Sui suoli acidificati ed impoveriti<br />

è spesso molto abbondante il Mirtillo<br />

(Vaccinium myrtillus).<br />

Nelle radure e nelle superfici di recente<br />

ceduazione si sviluppa una rigogliosa<br />

vegetazione, ad indicare la presenza di un<br />

terreno ricco di nutrienti: qui spiccano le<br />

fioriture estive <strong>del</strong> Garofanino maggiore<br />

(Epilobium angustifolium), <strong>del</strong> Botton d’oro<br />

(Trollius europaeus), <strong>del</strong> Giglio martagone<br />

(Lilium martagon), le rosse bacche <strong>del</strong> Lam-<br />

pone (Rubus idaeus) ed isolati alberelli di<br />

Sambuco rosso (Sambucus racemosa).<br />

Lungo le forre dei versanti più acclivi<br />

<strong>del</strong>la Val Boreca, la vegetazione dei boschi<br />

mesofili arriva fino a lambire il greto <strong>del</strong><br />

torrente; questi ambienti freschi e umidi,<br />

quasi perennemente in ombra, sono il<br />

luogo elettivo per alcune rare felci, come<br />

il Capelvenere (Adiantum capillus-veneris),<br />

la Lingua cervina (Phyllitis scolopendrium)<br />

e l’Asplenio <strong>del</strong>le fonti (Asplenium fontanum).<br />

Nella fascia montana vasti settori di<br />

territorio, per lo più lungo i crinali, nelle<br />

aree meno acclivi e meglio esposte, sono<br />

stati disboscati fin da tempi remoti per<br />

fare spazio a praterie da destinare al<br />

pascolo. Questi prati, tutti originatisi<br />

grazie all’azione <strong>del</strong>l’uomo e per questo<br />

chiamate “praterie secondarie”, sono<br />

caratterizzati da un cotico erboso dominato<br />

da graminacee perenni (Festuca,<br />

Poa, Brachypodium, Phleum, Anthoxanthum,<br />

Dactylis, Cynosurus, ecc.) ed ospitano una<br />

flora molto ricca e dalle vistose fioriture;<br />

esse iniziano quando il manto nevoso<br />

non è ancora <strong>del</strong> tutto scomparso, con<br />

lo schiudersi <strong>del</strong>le corolle dei Crochi<br />

(Crocus spp.) e <strong>del</strong>le Genziane (Gentiana<br />

kochiana), per raggiungere il loro culmine<br />

con l’estate: fra le specie più significative<br />

e vistose ricordiamo numerose <strong>orchidee</strong><br />

(soprattutto Dactylorhiza sambucina, Orchis<br />

mascula, Traunsteinera globosa), diversi<br />

Trifogli, Garofani selvatici, Ranuncoli e<br />

Potentille, le Poligale (Polygala nicaeensis<br />

e P. vulgaris), l’Eliantemo (Helianthemo<br />

nummularium), alcune Viole (Viola tricolor<br />

e V. calcarata), la Vulneraria (Anthyllis vulneraria),<br />

la Pelosella (Hieracium pilosella),<br />

il Tulipano montano (Tulipa australis) e,<br />

circoscritta alla Val <strong>Trebbia</strong>, la Primula<br />

odorosa (Primula veris).<br />

Nei pascoli alle quote maggiori troviamo<br />

una flora particolarmente interessante, soprattutto<br />

dal punto di vista fitogeografico:<br />

sui crinali <strong>del</strong>la Val Boreca fioriscono la<br />

Nigritella (Nigritella rhellicani) e l’Orchide<br />

candida (Pseudorchis albida), la Genziana<br />

maggiore (Gentiana lutea), l’Arnica (Arnica<br />

montana); in alta Val Nure è possibile osservare<br />

il Garofano a pennacchio (Dianthus<br />

superbus), il Lino celeste (Linum alpinum),<br />

la Pulsatilla alpina e la rarissima Crotonella<br />

alpina (Lychnis alpina).<br />

Abbastanza diffusi sul nostro Appennino<br />

sono anche gli ambienti umidi; la loro tipologia<br />

è molto varia: si va dai veri e propri<br />

laghetti, come Lago Bino (ove è presente<br />

una abbondante popolazione di Nannufaro<br />

– Nuphar lutea) o Lago Nero, fino ad<br />

arrivare, passando attraverso i vari stati di<br />

interrimento (Lago Moo, Lago di Averaldi),<br />

ai prati umidi e più o meno torbosi (come<br />

Pramollo, in alta Val Nure). Flora e vegetazione<br />

si diversificano in relazione ai diversi<br />

stadi evolutivi di questi ecosistemi; poco<br />

comuni e frammentarie sono le torbiere<br />

vere e proprie, che ospitano specie molto<br />

rare, come la Drosera rotundifolia e la Viola<br />

palustris; più comuni sono i prati umidi<br />

e gli stagni con acque basse, con i loro<br />

densi popolamenti di Ciperacee (Carex,<br />

Eleocharis, Scirpus, Eriophorum, ecc.) che<br />

possono sfumare da una parte in canneti<br />

a Phragmites, dall’altra in specchi d’acqua<br />

con densi popolamenti a Trifoglio fibrino<br />

(Menyanthes trifoliata). Fra le specie più<br />

tipiche di questi ambienti ricordiamo<br />

alcune Orchidacee, come Dactylorhiza<br />

incarnata ed Epipactis palustris, la Genziana<br />

mettimborsa (Gentiana pneumonanthe),<br />

l’Angelica (Angelica sylvestris), la Salvastrella<br />

(Sanguisorba officinalis), la Saxifragacea<br />

Parnassia palustris, il Giuncastrello<br />

(Triglochin palustre) ed il rarissimo Salix<br />

rosmarinifolia, presente al Lago di Averaldi<br />

con l’unica stazione regionale.<br />

<strong>Le</strong> quote maggiori dei nostri monti superano<br />

raramente la quota di 1700 m<br />

(M. <strong>Le</strong>sima, M. Nero, M. Bue, M. Ragola),<br />

corrispondente al limite superiore di<br />

diffusione <strong>del</strong>la faggeta: la fascia culminale,<br />

quella oltre il “limite degli alberi”,<br />

viene così ad essere nella nostra provincia<br />

estremamente ridotta (pochi ettari) e<br />

frammentata. Il suo aspetto vegetazionale<br />

più tipico, quello dei Vaccinieti a Vaccinium<br />

gaultherioides e Hypericum richeri, è però<br />

relativamente diffuso e si spinge anche<br />

a quote più basse, presentandosi come<br />

fase evolutiva <strong>del</strong>le praterie secondarie.<br />

Due <strong>del</strong>le nostre cime più alte, M. Nero e<br />

M. Ragola, consistono in imponenti massicci<br />

ofiolitici, dove hanno trovato rifugio<br />

diversi relitti graciali, oltre alla flora tipica<br />

degli ambienti rocciosi e <strong>del</strong>le praterie<br />

d’altitudine, come il Pino uncinato, il<br />

Ginepro nano, il Bupleuro ranuncoloide<br />

(Bupleurum ranunculoides) e la Ginestra<br />

stellata (Genista radiata). Questi lembi<br />

di vegetazione culminale sono talmente<br />

circoscritti e così interessanti dal punto<br />

di vista fitogeografico, da meritare<br />

senz’altro il massimo <strong>del</strong>l’attenzione e<br />

<strong>del</strong>la salvaguardia.<br />

14 15


PREMESSA<br />

Questa seconda edizione <strong>del</strong> mio libro (la<br />

prima edizione uscì nel 1989) è il frutto<br />

di una ricerca (inizialmente inserita nel<br />

censimento <strong>del</strong>la flora spontanea protetta<br />

<strong>del</strong>l’Emilia Romagna) da me intrapresa<br />

circa 20 anni fa e si propone gli stessi<br />

scopi <strong>del</strong>la prima, cioè fornire un contributo<br />

alla conoscenza <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />

<strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Piacentino, ma soprattutto<br />

far conoscere il grave stato di degrado<br />

degli ambienti in cui queste piante vivono.<br />

Essa, inoltre, deriva dalla consultazione<br />

<strong>del</strong>le maggiori pubblicazioni specifiche<br />

italiane ed europee, da cui ho appreso<br />

numerosissime informazioni sulla vita<br />

misteriosa di queste piante. Una sintesi<br />

sull’ecologia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> viene fornita<br />

nella parte iniziale. Tuttavia si rimanda<br />

alla bibliografia finale chi intendesse<br />

approfondire tale argomento.<br />

Nel corso di questi ultimi anni ho raccolto<br />

numerosi dati. Al fine di avere il quadro<br />

<strong>del</strong>la situazione provinciale e per dare<br />

a questi dati una sistemazione di facile<br />

consultazione, essi sono stati inseriti nel<br />

reticolo <strong>del</strong>la cartografia floristica <strong>del</strong>l’Europa<br />

Centrale. Tale sistema è stato tratto<br />

da “Materiali per una cartografia floristica<br />

<strong>del</strong>l’Emilia Romagna” di A. Alessandrini e<br />

C. Ferrari. L’intervallo <strong>del</strong>la reticolazione<br />

è di 6’ di latitudine e di 10’ di longitudine.<br />

Questo modulo cartografico viene<br />

denominato area di base ed è identificato<br />

da due numeri relativi alla riga e da due<br />

numeri relativi alla colonna.<br />

Ogni area di base è suddivisa a sua volta<br />

in quattro quadranti (1.2.3.4) di 3’ di<br />

latitudine per 5’ di longitudine. I dati<br />

sono stati inseriti nel reticolo, usando<br />

tre simboli:<br />

un bollino nero per evidenziare le<br />

situazioni normali;<br />

un cerchietto rosso per evidenziare<br />

le situazioni dove<br />

la rarefazione ha assunto dimensioni<br />

preoccupanti;<br />

una croce rossa per evidenziare<br />

quelle specie che<br />

non vengono più ritrovate da diversi<br />

anni.<br />

Per la rappresentazione <strong>del</strong> territorio<br />

provinciale, è stata utilizzata l’ombreggiatura<br />

orografica elaborata dal Servizio<br />

Programmazione territoriale – urbanistica<br />

<strong>del</strong>l’Amministrazione provinciale<br />

di Piacenza.<br />

Per poter ottenere questo quadro ho<br />

eseguito numerosissimi controlli in vari<br />

periodi <strong>del</strong>le stagioni. È bene comunque<br />

precisare che questi dati non possono<br />

considerarsi definitivi, ma saranno sicuramente<br />

soggetti ad integrazioni nei<br />

prossimi anni.<br />

D’altronde, in una situazione complessa<br />

e variabile come l’ambiente di collina<br />

e di montagna, sarebbe pura utopia<br />

pensare di aver visto e controllato tutto.<br />

La nomenclatura si rifà a: “Orchidacee<br />

d’Italia” (Grünanger, 2001), salvo alcune<br />

varianti di cui mi sono servito per cercare<br />

di identificare meglio la situazione<br />

provinciale: di ciò ho dato spiegazioni<br />

all’interno <strong>del</strong>le Note relative alle varie<br />

specie. La descrizione di queste ultime è<br />

stata corredata il più possibile da misure,<br />

le quali non devono essere ritenute assolute,<br />

ma possono variare sensibilmente da<br />

un autore all’altro. A volte sono il frutto<br />

di medie, su cui può influire il luogo o<br />

l’andamento stagionale. La scheda è stata<br />

quasi sempre completata da una Nota<br />

e da uno Status; nella prima fornisco<br />

notizie tecnico-scientifiche di carattere<br />

generale o miei punti di vista sulla pianta<br />

descritta; nel secondo fornisco notizie<br />

sulla salute <strong>del</strong>la specie, inerenti al territorio<br />

provinciale.<br />

E stato escluso l’uso dei nomi volgari per<br />

diverse ragioni. Quasi sempre questi nomi<br />

non trovano riscontro nei dialetti locali e<br />

il più <strong>del</strong>le volte sono traduzioni fantasiose<br />

dal latino all’italiano. Altro motivo di<br />

questa scelta è stato quello di non creare<br />

confusione in coloro che si avvicinano per<br />

la prima volta al mondo <strong>del</strong>la botanica.<br />

Ho invece riportato, quando esistente,<br />

almeno un sinonimo.<br />

Per quanto riguarda le notizie riportate<br />

nelle schede (escluse quelle di carattere<br />

generale), esse sono tutte dedotte da osservazioni<br />

fatte sul territorio <strong>piacentino</strong>.<br />

LE ORCHIDEE<br />

Parlando di <strong>orchidee</strong>, subito balza alla<br />

mente l’immagine di grandi e vistosi fiori<br />

che con le loro molteplici forme e con i<br />

loro vividi colori sono sempre presenti<br />

nelle grandi occasioni. Queste specie<br />

vengono attualmente coltivate industrialmente<br />

nelle serre. Allo stato spontaneo<br />

vivono nelle foreste tropicali. Essendo il<br />

suolo di tali foreste immerso nelle tenebre<br />

eterne a causa <strong>del</strong>la vegetazione molto<br />

fitta, queste <strong>orchidee</strong> (epifite) si sono<br />

adattate a vivere sulle chiome degli alberi<br />

o nelle forcelle dei rami.<br />

Più modeste nella forma, ma non meno<br />

belle ed interessanti sono le <strong>orchidee</strong><br />

nostrane. Si tratta di piante terricole<br />

(geofite), che solo in alcuni casi superano<br />

i 50 cm di altezza. Nella maggioranza dei<br />

casi i loro fiori sono piccoli e bisogna<br />

osservarli da vicino per apprezzare tutta<br />

la loro bellezza.<br />

Si possono trovare un po’ dappertutto,<br />

purché non siano troppo pressanti le<br />

attività umane. I loro ambienti di elezione<br />

restano comunque i luoghi aridi e soleggiati,<br />

poveri di sostanza organica, su<br />

terreno prevalentemente calcareo.<br />

Fin dai tempi antichi queste piante hanno<br />

affascinato l’uomo, tanto da attribuirgli<br />

poteri magici e medicinali.<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> sembra siano apparse sulla<br />

terra verso la fine <strong>del</strong>l’era terziaria, nel<br />

Pliocene Superiore. In quei tempi anche<br />

l’uomo muoveva i suoi primi passi verso<br />

l’evoluzione.<br />

Sono quindi piante molto giovani; l’enorme<br />

variabilità presente nella famiglia andrebbe<br />

pertanto messa in relazione ad un<br />

fenomeno evolutivo ancora in atto.<br />

La famiglia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> annovera approssimativamente<br />

25.000 specie, divise<br />

in circa 700 generi. Si parla inoltre di<br />

moltissime specie ancora da classificare.<br />

Fra le piante con fiori (fanerogame spermatofite)<br />

è la seconda famiglia in ordine<br />

di grandezza dopo le composite.<br />

A seguito di forti cambiamenti di clima,<br />

all’inizio <strong>del</strong>l’era glaciale, furono costrette<br />

ad arretrare verso zone più calde. <strong>Le</strong><br />

condizioni climatiche diverse, ristabilitesi<br />

nei periodi successivi alle glaciazioni,<br />

permisero soltanto a poche specie di<br />

riconquistare il terreno perduto. Pertanto<br />

la grande maggioranza di queste piante<br />

vive nelle zone caldo-umide <strong>del</strong>la terra,<br />

pur essendo presenti in tutte le parti <strong>del</strong><br />

globo, escluse le zone più fredde.<br />

Morfologia<br />

L’apparato radicale<br />

Tutte le <strong>orchidee</strong> europee sono terrestri,<br />

vengono perciò comunemente chiamate<br />

“terricole” o “geofite”, al contrario <strong>del</strong>le<br />

specie esotiche che sono “epifite” vivono<br />

cioè nelle biforcazione degli alberi (le<br />

radici di queste piante hanno la primaria<br />

capacità di captare l’umidità <strong>del</strong>l’aria oltre<br />

che di assorbire le sostanze nutritizie accumulate<br />

in queste biforcazioni). Tuttavia<br />

non mancano le eccezioni: una di queste<br />

è rappresentata dai generi che appartengono<br />

alla tribù <strong>del</strong>le Lipariane (Liparis,<br />

Malaxis, Hammarbya), le quali vivono in<br />

luoghi solitamente umidi, fra cuscini di<br />

muschi, sfagni o aghi di abete; il loro apparato<br />

radicale è formato da pseudobulbi.<br />

Queste piante possono essere considerate<br />

epifite. Altra eccezione è rappresentata<br />

da Goodyera repens, specie considerata<br />

emicriptofita: infatti le sue gemme foliari,<br />

che si diramano dagli stoloni radicali, sono<br />

visibili tutto l’anno.<br />

<strong>Le</strong> radici <strong>del</strong>le specie terrestri svolgono<br />

principalmente due azioni fondamentali<br />

al fine di assicurare la sopravvivenza per<br />

via vegetativa <strong>del</strong>le specie. La prima è<br />

quella di ancorare saldamente la pianta al<br />

terreno opponendosi all’azione meccanica<br />

degli agenti atmosferici. La seconda ha<br />

certamente più importanza nell’ecologia<br />

di queste piante: è quella di permettere<br />

l’accumulo di notevoli quantità di sostanze<br />

di riserva.<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong>, per loro natura, sono da<br />

considerare piante pioniere perchè vivono<br />

per lo più in terreni dove le condizioni di<br />

vita ideali sono ristrette a brevi periodi<br />

<strong>del</strong>l’anno. L’apparato radicale, pertanto, è<br />

strutturato in modo da poter accumulare<br />

nel più breve tempo possibile sostanze<br />

provenienti dalla costante elaborazione,<br />

16 17


Particolare <strong>del</strong>la radice di Neottia nidus-avis<br />

nelle foglie, di materiali organici, durante<br />

il periodo vegetativo.<br />

Se prendiamo, ad esempio, l’apparato<br />

radicale di una Orchis o di una Ophrys a<br />

fine fioritura, si noterà che è formato da<br />

due tuberi. Uno scuro e raggrinzito, che<br />

ha dato origine alla pianta <strong>del</strong>l’annata.<br />

L’altro, chiaro e turgido, darà vita ad una<br />

nuova pianta, l’anno successivo. All’inizio<br />

<strong>del</strong>l’autunno, epoca in cui molte <strong>orchidee</strong><br />

emettono i primi abbozzi, con un attento<br />

esame si potrà notare in questi la struttura<br />

<strong>del</strong>le foglie, <strong>del</strong> fusto e dei fiori già formati.<br />

A questo punto si può certamente<br />

affermare che gran parte <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong> avviene sottoterra. <strong>Le</strong> capacità<br />

<strong>del</strong>le radici non finiscono qui. Quando<br />

le condizioni ambientali sono sfavorevoli,<br />

possono sopravvivere per anni e anni senza<br />

o quasi tradire la loro presenza. Quando<br />

le condizioni di normalità vengono ristabilite<br />

(es. il bosco viene tagliato e i raggi<br />

<strong>del</strong> sole tornano a risplendervi), ecco che<br />

il ciclo normale riprende e si hanno abbondanti<br />

fioriture. Questi fenomeni sono<br />

dovuti alla scarsa quantità di sostanze di<br />

riserva accumulate. Si manifestano tutte le<br />

volte che qualche agente esterno agisce<br />

negativamente sul loro ciclo vitale.<br />

<strong>Le</strong> forme sono più o meno rotondeggianti<br />

nei generi Orchis, Ophrys, Himantoglossum,<br />

Serapias, Anacamptis, Platanthera e<br />

Traunsteinera; digitati o suddivisi in due<br />

Particolare <strong>del</strong>la radice di Dactylorhiza maculata<br />

Particolare <strong>del</strong>la radice di Corallorhiza trifida<br />

o quattro parti nei generi Dactylorhiza,<br />

Gymnadenia, Nigritella e Coeloglossum.<br />

Sono fusiformi nei generi Spiranthes e<br />

Pseudorchis. Nei generi Epipactis, Listera,<br />

Cephalanthera e Limodorum, le radici sono<br />

dei rizomi disposti orizzontalmente nel<br />

terreno con numerose radici carnose. Il<br />

rizoma in Corallorhiza e Epipogium è a<br />

forma di corallo.<br />

La forma certamente più curiosa è data<br />

dall’apparato radicale <strong>del</strong> genere Neottia.<br />

Esso infatti è costituito da numerose radici<br />

carnose fittamente intrecciate.<br />

Nell’antichità i tuberi di queste piante venivano<br />

mangiati e gli si attribuivano poteri<br />

magici. La presenza dei tuberi ovaliformi<br />

<strong>del</strong>le specie <strong>del</strong> genere Orchis ha suggerito<br />

originariamente il nome Orchis (dal greco<br />

= testicolo), da cui deriva anche il nome<br />

<strong>del</strong>l’intera famiglia.<br />

Il fusto<br />

<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> sono piante erbacee perenni,<br />

pertanto il loro fusto alla fine di ogni ciclo<br />

vegetativo si dissecca e muore.<br />

In alcuni casi bastano meno di due mesi<br />

perché tale ciclo inizi, si sviluppi, si completi<br />

e sparisca senza lasciare tracce in superficie.<br />

Non è comunque raro osservare fusti<br />

rinsecchiti di annate precedenti accanto a<br />

nuovi individui in piena fioritura.<br />

Il fusto non è ramificato e si presenta<br />

costantemente eretto, cilindrico o angoloso.<br />

L’altezza è molto variabile, va dai 5<br />

ai 20 cm nelle specie alpine, dai 30-40<br />

ai 60-70 nelle altre specie. In alcuni casi,<br />

abbastanza rari, può superare il metro.<br />

Questo è il caso di Epipactis helleborine<br />

e di Gymnadenia conopsea var. densi flora.<br />

Il colore è generalmente verde o leggermente<br />

arrossato tranne che nelle specie<br />

mico-saprofite; in questo caso il colore è<br />

giallastro o bruno-violaceo. A volte è cavo,<br />

come ad esempio in Dactylorhiza majalis.<br />

<strong>Le</strong> foglie e le brattee<br />

Nelle <strong>orchidee</strong>, come in tutte le piante<br />

verdi, le foglie adempiono alla fondamentale<br />

funzione <strong>del</strong>la sintesi clorofilliana che<br />

consente, mediante l’energia <strong>del</strong>la luce<br />

solare, la trasformazione di sostanze semplici,<br />

quali l’acqua e l’anidride carbonica,<br />

in sostanze organiche complesse utili allo<br />

sviluppo <strong>del</strong> ciclo vitale. Pur mantenendosi<br />

nelle caratteristiche generali <strong>del</strong>le monocotiledoni<br />

a cui appartengono, le foglie<br />

<strong>del</strong>le orchidacee hanno una morfologia<br />

piuttosto variabile. La forma è sottile ed allungata<br />

nelle specie alpine, ovale e lanceolata<br />

nelle altre specie. Sono sempre intere<br />

e glabre e, a seconda <strong>del</strong>la posizione che<br />

occupano sul fusto, si distinguono in basali<br />

o caulinari. <strong>Le</strong> prime sono generalmente<br />

più grandi, le seconde sono più piccole e<br />

decrescono in grandezza dal basso verso<br />

l’alto. Il colore varia, dal verde più o meno<br />

scuro, al verde glauco <strong>del</strong>le Ophrys, al verde<br />

con macchie nerastre o bruno-violacee<br />

(es. Dactylorhiza maculata, Dactylorhiza<br />

majalis e Orchis provincialis).<br />

Fanno eccezione le foglie <strong>del</strong>le specie<br />

micotrofiche le quali sono ridotte a scaglie<br />

o guaine di colore violaceo o giallicce o<br />

grigiastre. Se si osserva con una certa<br />

attenzione una pianta di orchidea in fiore,<br />

si può notare che, in corrispondenza <strong>del</strong>l’ascella<br />

<strong>del</strong> peduncolo fiorale, vi è sempre<br />

una specie di fogliolina, a volte più lunga<br />

<strong>del</strong>lo stesso fiore, a volte ridotta a piccola<br />

scaglia: si chiama brattea. Questo organo,<br />

apparentemente insignificante, ha una<br />

funzione esclusivamente protettiva nei<br />

confronti <strong>del</strong> fiore, soprattutto quando<br />

questi è in boccio.<br />

La sua forma rapportata a quella dei fiori<br />

e degli ovari costitui-sce un importante<br />

elemento diagnostico al fine di determinare<br />

la specie.<br />

18 19<br />

e<br />

b<br />

h<br />

Apparato radicale di: a-Epipogium aphyllum,<br />

b-Orchis ustulata, c-Dactyloriza maculata,<br />

d-Goodyera repens, e-Oprhys fuciflora,<br />

f-Corallorhiza trifida, g-Epipactis helleborine,<br />

h-Spirantes spiralis.<br />

a<br />

d<br />

f<br />

g<br />

c<br />

Il fiore<br />

I fiori <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> sono ermafroditi, cioè<br />

sono formati da organi che producono<br />

polline e organi che producono cellule uovo.<br />

La struttura è di forma esclusiva, non ha<br />

riscontri infatti in altre famiglie <strong>del</strong> Regno<br />

Vegetale. L’involucro florale o perigonio<br />

è costituito da sei pezzi disposti su due<br />

piani di inserzione, in gruppi di tre. Tali<br />

elementi vengono chiamati tepali; esterni<br />

o interni a seconda <strong>del</strong>la posizione che<br />

occupano. Per semplicità alcuni autori usano<br />

chiamare sepali i tepali esterni e petali<br />

quelli interni. Il tepalo mediano interno è<br />

sempre diverso e rappresenta la parte più<br />

vistosa e più grande <strong>del</strong>l’intero fiore. Esso<br />

si chiama labello e può essere intero o più<br />

o meno lobato, come ad esempio nei generi<br />

Dactylorhiza, Orchis, Anacamptis, ecc.<br />

Può avere <strong>del</strong>le gibbosità e raffigurare le


sembianze di un insetto (es. nelle Ophrys)<br />

oppure ricordare la forma di un corpo<br />

umano (Aceras anthropophorum) o avere<br />

una forma allungata anche di diversi cm<br />

(Himantoglossum).<br />

La colorazione è quasi sempre diversa dagli<br />

altri tepali e può portare <strong>del</strong>le macchie o<br />

disegni più o meno complicati. Tali disegni<br />

concorrono ad accrescere la vistosità <strong>del</strong><br />

fiore ed una conseguente più facile individuazione<br />

da parte degli insetti impollinatori.<br />

Il labello infine è di primaria importanza<br />

per la identificazione <strong>del</strong>la specie.<br />

a<br />

c<br />

e<br />

b<br />

d<br />

Forme <strong>del</strong>le foglie: a-lineare, b-oblunga,<br />

c-lanceolata, d-ellittica, e-ovata,<br />

f-obovata.<br />

f<br />

6<br />

2<br />

9<br />

8<br />

Epipactis<br />

1-Sepalo mediano; 2-Sepalo laterale;<br />

3-Petalo; 4-Antera; 5-Rostello; 6-Stimma;<br />

7-Ipochilo; 8-Epichilo; 9-Pollinio.<br />

8<br />

4<br />

3<br />

6<br />

10<br />

9<br />

1<br />

Orchis<br />

1-Brattea; 2-Ovario; 3-Sperone; 4-Fauce<br />

<strong>del</strong>lo sperone; 5-Sepalo mediano; 6-Sepalo<br />

laterale; 7-Petalo; 8-Lobo laterale <strong>del</strong> labello;<br />

9-Lobo centrale <strong>del</strong> labello; 10-Ginostemio.<br />

La resupinazione<br />

Quando il fiore è in boccio, esso è parallelo<br />

al fusto e orientato verso l’alto, ma appena<br />

l’infiorescenza comincia ad allungarsi, il peduncolo<br />

o l’ovario si orientano in modo più<br />

o meno obliquo e nel contempo subiscono<br />

una torsione di 180° da sinistra verso<br />

destra, portando il fiore nella posizione<br />

che ci è più familiare, ossia con il labello<br />

girato verso il basso.<br />

Tale fenomeno si chiama resupinazione;<br />

tuttavia non avviene in tutte le specie. In<br />

Nigritella nigra e in Epipogium aphyllum,<br />

per esempio, il labello rimane girato verso<br />

l’alto. In Malaxis monophyllos, orchidea<br />

presente sulle Alpi, la rotazione è di 360°.<br />

Dei meccanismi che fanno scattare questa<br />

torsione non si sa ancora niente di preci-<br />

5<br />

7<br />

3<br />

1<br />

3<br />

4<br />

5<br />

2<br />

7<br />

2<br />

6<br />

9<br />

10<br />

Ophrys<br />

1-Sepalo mediano; 2-Sepalo laterale;<br />

3-Petalo; 4-Connettivo; 5-Becco; 6-Base<br />

<strong>del</strong> labello; 7-Disegno; 8-Lobo laterale <strong>del</strong><br />

labello; 9-Lobo centrale <strong>del</strong> labello;<br />

10-Appendice; 11-Stimma<br />

Serapias<br />

1-Casco perigoniale; 2-Ipochilo; 3-Epichilo;<br />

4-Pelosità <strong>del</strong> labello; 5-Brattea; 6-Ovario<br />

so, tuttavia è abbastanza evidente che la<br />

posizione assunta dal labello è certamente<br />

più comoda per gli insetti impollinatori e<br />

facilita le operazioni di tale funzione.<br />

Si può dire che funziona come sorta di<br />

pista d’atterraggio. Va comunque ricordato<br />

che anche nelle specie in cui non avviene la<br />

torsione (es. Nigritella) le visite degli insetti<br />

sono altrettanto abbondanti.<br />

<strong>Le</strong> variazioni di colore<br />

Se si osserva, ad esempio, una popolazione<br />

di Orchis morio o di Orchis purpurea, si<br />

potrà notare una sensibile variazione di<br />

colore tra i vari esemplari. Queste diverse<br />

intensità cromatiche sono dovute alla<br />

diversa concentrazione di pigmenti (antociani)<br />

e possono variare a causa di fattori<br />

esterni, quali l’intensità di luce o il tipo<br />

di substrato o anche per cause interne,<br />

di origine genetica; possono interessare<br />

solo parte <strong>del</strong> fiore (es. il labello) oppure<br />

tutto il perianzio.<br />

Si possono trovare esemplari completamente<br />

decolorati, bianchi o con qualche<br />

venatura giallastra o verdastra, dovuta alla<br />

presenza <strong>del</strong>la clorofilla. Anche le logge<br />

polliniche sono depigmentate e lasciano<br />

trasparire il colore dei pollinii.<br />

Questo caso di albinismo prende il nome<br />

di Apocromia e può interessare anche<br />

le foglie: ad esempio possono sparire le<br />

macule fogliari in Dactylorhiza fuchsii.<br />

Si possono trovare inoltre esemplari con<br />

colorazioni più intense di quella tipica<br />

<strong>del</strong>la specie: in questo caso il fenomeno<br />

è chiamato ipercromia. Un tempo queste<br />

forme, soprattutto quelle apocrome,<br />

venivano descritte come vere e proprie<br />

sottospecie o varietà e ricevevano nomi<br />

latini quali: alba, albiflora, nivea, viridis o<br />

virescens. Attualmente i ricercatori tendono<br />

ad attribuire scarsa importanza sistematica<br />

a tali fenomeni.<br />

<strong>Le</strong> anomalie di forma<br />

Altri fenomeni più rari, ma molto interessanti,<br />

sono le anomalie di forma: si trovano<br />

infatti individui in possesso di anomalie<br />

genetiche in grado di originare individui<br />

mostruosi detti lusus. Tali alterazioni si<br />

possono manifestare su alcune o su tutte<br />

le parti <strong>del</strong> fiore. Ad esempio, ogni parte<br />

<strong>del</strong> fiore può essere mancante o molti-<br />

Variazioni di colore: a-Epipactis muelleri depigmentata,<br />

b-Dactylorhiza maculata con colorazione<br />

più intensa rispetto alla forma tipica.<br />

a b<br />

20 21<br />

2<br />

8<br />

4<br />

3<br />

11<br />

2<br />

3<br />

1<br />

4<br />

6<br />

1<br />

5<br />

2<br />

8<br />

7<br />

5


a<br />

b<br />

c<br />

d<br />

plicata, saldata con altre o deformata. <strong>Le</strong><br />

cause di tali fenomeni sono da ricercarsi<br />

in fattori genetici interni, oppure sono<br />

originati da elementi esterni, quali una<br />

gelata tardiva, una malattia o danni provocati<br />

dall’inquinamento. Attualmente questi<br />

fenomeni vengono studiati attentamente<br />

dagli esperti perchè possono fornire importanti<br />

dati sulle tappe evolutive <strong>del</strong>le<br />

specie.<br />

Gli organi riproduttivi<br />

Come tutti i fiori <strong>del</strong>le angiosperme, anche<br />

quelli <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> contengono gli<br />

organi riproduttivi maschili (androceo) e<br />

femminili (gineceo).<br />

Tali organi sono fusi assieme (caratteristica<br />

unica <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>), assumono una posizione<br />

colonnare centrale rispetto all’asse<br />

fiorale e sono collocati sopra il labello. Tale<br />

insieme è chiamato ginostemio (o ginostegio<br />

o ginandro). Quasi tutte le <strong>orchidee</strong><br />

italiane appartengono alla sottofamiglia<br />

<strong>del</strong>le Monandre, quelle specie cioè che a<br />

seguito <strong>del</strong>l’evoluzione si sono ridotte ad<br />

avere un solo stame fertile. L’unica orchidea<br />

italiana ad avere due stami fertili è la<br />

ben nota Cypripedium calceolus o Scarpetta<br />

di Venere e appartiene alla sottofamiglia<br />

<strong>del</strong>le Diandre.<br />

I grani di polline anziché pulverulenti sono<br />

agglutinati (salvo alcuni casi) e formano<br />

due piccole masse dette pollinii. Tali organi<br />

sono posti nelle logge <strong>del</strong>l’antera e sono<br />

collegati ad una ghiandola vischiosa detta<br />

viscidio o retinacolo, tramite due piccoli<br />

filamenti chiamati caudicole.<br />

Il viscidio ha lo scopo di fare aderire i<br />

pollinii al capo degli insetti, quando questi<br />

si posano sul fiore per succhiare il nettare.<br />

Il rostello, presente in quasi tutte le <strong>orchidee</strong>,<br />

ha il compito di impedire che i pollinii<br />

vengano a contatto con lo stimma evitando<br />

in questo modo l’autoimpollinazione.<br />

In certe specie autogame, il rostello è assente<br />

o rudimentale (es. in alcune specie<br />

di Epipactis). Lo stimma è una specie di<br />

fossetta posta alla base <strong>del</strong> ginostemio.<br />

L’ovario è intero, posto cioè alla base degli<br />

organi fiorali e può essere scambiato per<br />

un peduncolo; è monoculare, gli ovuli<br />

sono numerosissimi e sono fissi su tre<br />

placente; reca all’esterno da 3 a 6 costole<br />

longitudinali e per mezzo <strong>del</strong>la spaccatura<br />

di queste costole si ha la fuoriuscita dei<br />

semi maturi.<br />

Anomalie di forma in: a-Serapias vomeracea, b-<br />

Ophrys benacensis, c-Nigritella rhellicani, d-Himantoglossum<br />

adriaticum, e-Oprhys fuciflora.<br />

L’impollinazione<br />

Come si è già accennato, l’impollinazione<br />

avviene nella stragrande maggioranza dei<br />

casi per via entomofila. Gli insetti interessati<br />

a questo sono lepidotteri, imenotteri<br />

e ditteri. Per attirare tali insetti le <strong>orchidee</strong>,<br />

nel corso dei millenni, evolvendosi, hanno<br />

messo a punto dei meccanismi altamente<br />

specializzati; infatti questo compito viene<br />

demandato, a seconda dei generi o <strong>del</strong>le<br />

specie, a uniche o a poche specie di in-<br />

22 23<br />

7<br />

8<br />

e<br />

9<br />

10<br />

11<br />

Ginostemio di Orchis<br />

1-Connettivo; 2-Antera; 3-Loggia <strong>del</strong>l’antera;<br />

4-Pollinio; 5-Piega <strong>del</strong> rostello; 6-Caudicola;<br />

7-Retinacolo; 8-Bursicula; 9-Rostello;<br />

10-Stimma; 11-Fauce <strong>del</strong>lo sperone.<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

6<br />

setti. Ad esempio nei generi Anacamptis,<br />

Gymnadenia, Platanthera, certe farfalle<br />

in possesso di una lunga proboscide<br />

(spiritromba) nel tentativo di succhiare il<br />

nettare che si trova in fondo al lungo sperone,<br />

fanno pressione con il capo contro i<br />

retinacoli; questi faranno aderire i pollinii<br />

al capo <strong>del</strong>l’insetto.<br />

Dopo aver terminato la sua azione predatrice,<br />

l’insetto volerà via con i pollinii<br />

attaccati rivolti verso l’alto. Pochi secondi<br />

dopo le caudicole perdono di rigidità e<br />

si piegano in avanti portando i pollinii in<br />

posizione orizzontale; in questo modo<br />

entreranno facilmente in contatto con lo<br />

stimma di un altro fiore <strong>del</strong>la stessa specie,<br />

quando l’insetto tenterà di succhiare<br />

il nettare. Il metodo di attirare gli insetti<br />

con la produzione di sostanze zuccherine<br />

(nettare) o con la colorazione più o meno<br />

vistosa o con lo stesso profumo <strong>del</strong> fiore<br />

è un fenomeno assai diffuso anche in altre<br />

specie <strong>del</strong> Regno Vegetale.<br />

Un metodo invece estremamente interessante<br />

è quello messo a punto dalle specie<br />

<strong>del</strong> genere Ophrys. Tali specie, non avendo<br />

nettare, attuano un vero e proprio inganno<br />

ai danni di certi insetti.<br />

Il labello assomiglia nella forma, nella colorazione<br />

ed anche nell’odore emesso dal<br />

fiore, all’addome <strong>del</strong>la femmina di certe<br />

specie di imenotteri.<br />

I maschi, attirati da questa falsa femmina,<br />

ma soprattutto dall’odore emesso, tentano<br />

di accoppiarsi. Durante questo falso<br />

accoppiamento (pseudo-copulazione),<br />

il capo <strong>del</strong>l’insetto viene a contatto con<br />

i pollinii e avrà così inizio il meccanismo<br />

<strong>del</strong> trasporto dei pollinii che permetterà<br />

l’impollinazione di un nuovo fiore.<br />

Il merito di aver chiarito il fenomeno <strong>del</strong>l’impollinazione<br />

incrociata <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>,<br />

va al grande naturalista inglese C. Darwin<br />

(1800-1882) padre <strong>del</strong>l’evoluzionismo.<br />

L’autoimpollinazione<br />

In certe specie di Epipactis (es. E. muelleri),<br />

l’impollinazione avviene con il polline<br />

prodotto dallo stesso fiore (autoimpollinazione).<br />

Queste specie sono caratterizzate<br />

dalla mancanza o dalla riduzione <strong>del</strong><br />

rostello; i pollinii inoltre, anzichè essere<br />

compatti, sono pulverulenti: in tal modo<br />

possono cadere sullo stimma.<br />

Altra specie dove può avvenire l’autoimpollinazione<br />

è Ophrys apifera; quando i


fiori sono aperti, se non vengono visitati<br />

dagli insetti in un tempo piuttosto breve,<br />

le caudicole, essendo molto sottili, si<br />

seccano e si ripiegano, facendo uscire i<br />

pollinii dalle loro logge; a seguito di questo<br />

ripiegamento i pollinii andranno a toccare<br />

lo stimma.<br />

Osservare questo fenomeno da noi non<br />

è molto comune: infatti questa specie<br />

viene spesso visitata dagli insetti. Sembra<br />

tuttavia che tale fenomeno sia l’unico a<br />

garantire l’impollinazione degli individui<br />

presenti a nord <strong>del</strong>le Alpi, dove mancano<br />

gli insetti pronubi.<br />

In Neottia nidus-avis l’impollinzione entomofila<br />

può avvenire soltanto nei primi<br />

giorni <strong>del</strong>l’apertura <strong>del</strong> fiore, dopo di che<br />

la ghiandola vischiosa perde la sua capacità<br />

adesiva. A questo punto i pollinii si<br />

ripiegano fino a toccare lo stimma.<br />

Sempre in Neottia nidus-avis e in Epipogium<br />

aphyllum, specie micotrofiche, l’autoimpollinazione<br />

può avvenire in condizioni<br />

estreme. Queste <strong>orchidee</strong>, in presenza di<br />

condizioni avverse, possono svolgere il<br />

loro ciclo vitale completamente sotto terra<br />

e conseguentemente fiorire, autoimpollinarsi<br />

e fruttificare.<br />

Infine, in certe specie di Epipactis, Cephalanthera,<br />

Limodorum, la fecondazione può<br />

avvenire quando i fiori sono ancora chiusi;<br />

in questo caso si ha il fenomeno <strong>del</strong>la<br />

cleistogamia. Una volta avvenuta la fecon-<br />

a-Fiore di Gymnadenia conopsea con insetto<br />

impollinatore, b-fiore di Ophrys insectifera<br />

con insetto impollinatore, c-fiore di Orchis<br />

coriophora con insetto impollinatore, d-fiore<br />

di Epipactis con insetto impollinatore.<br />

a b<br />

Impollinazione: a-Insetto impollinatore su Orchis coriophora fragrans, b-Farfalla su Nigritella<br />

rhellicani.<br />

dazione, i tepali possono seccare senza<br />

essersi aperti. Trovare infatti esemplari di<br />

queste specie con i fiori completamente<br />

aperti è un evento assai raro.<br />

d<br />

c<br />

a<br />

b<br />

La germinazione<br />

A seguito <strong>del</strong>la fecondazione si ha una<br />

notevole produzione di semi. Darwin in<br />

un ovario maturo di Dactylorhiza maculata<br />

contò 6.200 semi. Se germinassero tutti i<br />

semi di una D. maculata (sempre secondo<br />

Darwin), basterebbero solo quattro generazioni<br />

per coprire tutte le terre emerse.<br />

Ma un così alto numero di semi compensa,<br />

in parte, le difficoltà di germinazione. Essi<br />

infatti sono piccolissimi e leggerissimi:<br />

facilmente trasportati dal vento, non<br />

contengono o quasi sostanze di riserva.<br />

Pertanto, per poter germinare, hanno bisogno<br />

di un apporto di sostanze nutritizie<br />

che provenga dall’esterno: questo apporto<br />

avviene grazie alla simbiosi con minuscoli<br />

funghi endoparassiti, appartenenti per lo<br />

più al genere Rhizoctonia.<br />

Dall’incontro tra seme e fungo si apre una<br />

fase nella quale i due contendenti cercano<br />

di avere il sopravvento. Se il seme riesce<br />

a fagocitare completamente il fungo,<br />

morirà per mancanza di nutrimento; vi<br />

sarà comunque la morte <strong>del</strong> seme, anche<br />

se è il fungo ad avere il sopravvento. Un<br />

certo equilibrio si ha soltanto se il seme,<br />

per mezzo <strong>del</strong> fungicida che contiene,<br />

riesce a limitare la presenza <strong>del</strong> fungo a<br />

sue certe parti. In questa fase ha inizio<br />

la germinazione e si origina un rapporto<br />

che avvantaggia entrambi i contendenti.<br />

Inizia così per questa compagnia un lungo<br />

e difficile periodo verso la formazione di<br />

una nuova pianta: per certe specie infatti<br />

occorrono 6-7 o persino 15 anni prima<br />

che la nuova pianta sia in grado di portare<br />

a fioritura i primi fiori. Rimangono a tutt’oggi<br />

numerosi lati oscuri sul fenomeno<br />

<strong>del</strong>la simbiosi, tuttavia sembra che per le<br />

<strong>orchidee</strong> a foglie verdi tale simbiosi duri<br />

per il periodo necessario alla formazione<br />

di un piccolo tubercolo e alla conseguente<br />

formazione di foglie. Una volta in grado<br />

di fotosintetizzare, la pianta è in grado di<br />

svilupparsi da sola.<br />

Nelle specie micotrofiche (Limodorum<br />

abortivum, Neottia nidus-avis, Epipogium<br />

aphyllum, Corallorhiza trifida) non avviene<br />

la fotosintesi, pertanto si serviranno per<br />

tutta la loro vita <strong>del</strong>l’apporto nutritizio<br />

dato da questi funghi.<br />

La scoperta di questo particolare sistema<br />

di germinazione si è avuta soltanto<br />

all’inizio di questo secolo, per merito <strong>del</strong><br />

botanico francese Noël Bernard, il quale,<br />

osservando al microscopio dei semi di<br />

Neottia in fase di germinazione raccolti<br />

accanto alla pianta madre, scoprì che<br />

questi erano inframmezzati da minuscoli<br />

filamenti fungini.<br />

A seguito di questa scoperta, la scienza<br />

moderna ha messo a punto dei sistemi di<br />

germinazione artificiale che trovano largo<br />

impiego industriale nella produzione di<br />

piante ornamentali. Tali tecniche vengono<br />

per lo più applicate alle specie esotiche,<br />

le quali, essendo più vistose, sono più<br />

appetite dal mercato.<br />

Oltre alla propagazione per mezzo dei<br />

semi esse hanno messo a punto sistemi<br />

vegetativi per consentire la propagazione<br />

<strong>del</strong>la specie (fenomeno comune anche a<br />

molte altre specie <strong>del</strong> Regno Vegetale).<br />

Alcune producono due tuberi anzichè uno,<br />

come per esempio nel genere Serapias. In<br />

Goodyera repens si ha l’emissione di stoloni<br />

radicanti. Altre specie (es. Epipactis) si<br />

moltiplicano producendo germogli per<br />

mezzo dei rizoma.<br />

24 25<br />

7<br />

8<br />

Il ciclo vitale<br />

1) Apertura <strong>del</strong>le capsule a maturazione;<br />

2) Dispersione dei minutissimi semi; 3)<br />

Semi fortemente ingranditi; 4) I semi<br />

giunti nel terreno ricevono l’apporto nutrizionale<br />

dal fungo micorizzico, fino alla<br />

formazione <strong>del</strong>le prime foglie verdi; 5-6)<br />

Prima che abbia luogo la fioritura la nuova<br />

pianta si rafforza per alcuni anni, secondo<br />

il ciclo annuale; 7) Fioritura; 8) Insetto<br />

impollinatore.<br />

1<br />

6<br />

2<br />

4<br />

Ciclo vitale<br />

3<br />

5


PROTEZIONE E CAUSE DI RAREFAZIONE<br />

Con l’avvento <strong>del</strong>l’era moderna ed<br />

industrializzata e con il conseguente<br />

fenomeno <strong>del</strong>l’inquinamento e degrado<br />

ambientale si è andata formando in un<br />

parte sempre più vasta <strong>del</strong>la popolazione<br />

mondiale, una mentalità di protezione<br />

<strong>del</strong>la natura in generale e in special modo<br />

di parte di essa.<br />

Questa mentalità è stata recepita da alcuni<br />

governi che hanno legiferato in merito.<br />

Purtroppo sono ancora pochi gli Stati<br />

che si sono dati queste misure di protezione.<br />

Per quanto riguarda l’Europa, nella<br />

protezione <strong>del</strong>la flora e <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> in<br />

particolar modo vi è un enorme ritardo<br />

nella legislazione nazionale dei paesi <strong>del</strong><br />

sud rispetto a quelli <strong>del</strong> nord.<br />

Negli stati <strong>del</strong> nord la protezione è totale<br />

o parziale a seconda <strong>del</strong>le specie. Nei<br />

paesi <strong>del</strong>l’area mediterranea non vi sono<br />

ancora leggi specifiche in merito. La mancanza<br />

è tanto più grave se si pensa che<br />

per alcune specie gli esperti prevedono<br />

non più di 10 o 20 anni di vita. In certi<br />

Stati <strong>del</strong> Medio Oriente i tuberi <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong> vengono essiccati al sole e se<br />

ne trae una farina chiamata “salep” che<br />

serve per aromatizzare ed addensare il<br />

latte. Questi fatti sembrano, per fortuna,<br />

in regresso; tuttavia hanno portato molte<br />

specie sull’orlo <strong>del</strong>l’estinzione. In Italia la<br />

tutela in materia floristica è demandata<br />

alle Regioni.<br />

La situazione italiana rispecchia a tutt’oggi<br />

l’andamento appena descritto. Diverse<br />

Regioni e alcune Province, in modo autonomo,<br />

da più di un ventennio hanno<br />

affrontato il problema, anche se in modo<br />

difforme da regione a regione. Questo,<br />

tutto sommato, può essere un fatto positivo<br />

perché, nel formulare le proposte<br />

di legge, si sarà certamente tenuto conto<br />

<strong>del</strong>le varie situazioni locali, cosa che non<br />

sarebbe stata possibile con una legge a<br />

livello nazionale. Alcune Regioni <strong>del</strong> sud<br />

non hanno ancora provveduto ad emanare<br />

leggi di protezione, forse perchè in<br />

quei luoghi l’agricoltura intensiva è meno<br />

praticata che nel nord Italia e i centri industrializzati,<br />

con i conseguenti fenomeni<br />

di inquinamento, sono meno presenti; ma<br />

soprattutto perchè al sud la pastorizia è<br />

ancora un’attività sufficientemente diffusa.<br />

Sembra infatti paradossale, ma proprio là<br />

dove è presente il pascolo, vi è la maggior<br />

presenza di orchidacee, proprio perchè<br />

il manto erboso viene mantenuto rasato<br />

e le piante arbustive sono contenute in<br />

spazi limitati. <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> non vengono<br />

mangiate dagli animali al pascolo. Un<br />

certo danno può derivare dal calpestio,<br />

laddove il carico di animali è eccessivo;<br />

tuttavia il calpestio non provoca quasi mai<br />

la morte <strong>del</strong>le piante e, comunque, questo<br />

fatto ha scarsissima incidenza agli effetti<br />

<strong>del</strong>la rarefazione.<br />

Per quanto riguarda la nostra Regione, nel<br />

1977 è stata emanata una legge (L.R. n. 2<br />

<strong>del</strong> 24-1-1977) che tutela integralmente<br />

tutta la famiglia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>.<br />

Un’altra causa, oltre a quelle già citate,<br />

<strong>del</strong>la sparizione e <strong>del</strong>la rarefazione di<br />

molte specie è senz’altro l’abbandono<br />

da parte <strong>del</strong>l’uomo di certe attività agropastorali<br />

che per centinaia e centinaia di<br />

anni avevano mantenuto in uno stato di<br />

semi-naturalità la montagna e vaste zone<br />

<strong>del</strong>la collina.<br />

La pulizia dei boschi, il taglio annuale<br />

dei prati, lo sfruttamento dei canneti, la<br />

transumanza, il pascolo estensivo sono<br />

tutte attività a cui è legata la vita <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong>: in un bosco troppo fitto non<br />

possono vivere perchè non vi penetra<br />

luce sufficiente; un prato abbandonato si<br />

trasforma in breve tempo in un ammasso<br />

di sterpaglie dove le <strong>orchidee</strong> vengono<br />

soffocate.<br />

<strong>Le</strong> specie più gravemente minacciate sono<br />

quelle che hanno come loro biotopo<br />

naturale le zone umide (torbiere); questi<br />

luoghi sono stati quasi totalmente distrutti<br />

ad opera <strong>del</strong>l’uomo con prosciugamenti<br />

per far posto all’agricoltura o con la deviazione<br />

<strong>del</strong>l’acqua <strong>del</strong>le sorgenti per immetterla<br />

negli acquedotti. In questo modo, ad<br />

esempio, è stata completamente distrutta<br />

negli ultimi 40-50 anni la popolazione<br />

orchidacea presente in Val Padana.<br />

L’era motorizzata ha portato con sè<br />

la moda <strong>del</strong>la gita in campagna, <strong>del</strong>la<br />

riscoperta <strong>del</strong>la natura. Purtroppo, per<br />

molti di questi “naturalisti estemporanei”<br />

che si riversano ogni fine settimana sulle<br />

colline e in montagna, natura significa<br />

abbandonare i propri rifiuti e fare dei bei<br />

mazzi di fiori, fra cui molte <strong>orchidee</strong>, da<br />

portarsi a casa.<br />

Situazione nel Piacentino ed eventuali<br />

forme di prevenzione<br />

Prendendo in esame i dati di questa ricerca<br />

e confrontandoli con la situazione<br />

esistente in altre parti d’Italia (per esempio<br />

in vaste zone <strong>del</strong>la Liguria), ci si rende<br />

conto che a tutt’oggi la situazione <strong>del</strong>la<br />

popolazione orchidacea <strong>del</strong> Piacentino,<br />

tutto sommato, può definirsi soddisfacente.<br />

Sull’Appennino, attorno ai 1000<br />

m, si trovano specie rarissime, tipicamente<br />

alpine, come Dactylorhiza traunsteineri,<br />

D. majalis e Nigritella rhellicani. Nelle<br />

vallate dove si incanalano correnti di aria<br />

calda provenienti dal vicino mar Ligure, si<br />

trovano specie tipicamente mediterranee<br />

come, ad esempio, Orchis papilionacea<br />

e O. anthropophorum. Tuttavia, se c’è<br />

da essere soddisfatti per il numero di<br />

specie trovate, qualche preoccupazione<br />

sorge analizzando i dati caso per caso.<br />

Si può notare che parecchie di queste<br />

specie sono presenti in poche o in uniche<br />

stazioni e, in alcuni casi, con pochissimi<br />

esemplari.<br />

Benchè la situazione attuale, come si è<br />

detto, sia abbastanza buona, si notano<br />

segnali molto preoccupanti di un costante<br />

e repentino regresso. In numerose<br />

stazioni con popolazioni ancora in buono<br />

stato, si può notare come alcune specie,<br />

soprattutto le più basse, abbiano difficoltà<br />

a sbucare in mezzo all’alto strato di graminacee<br />

secche e appressate al terreno dalle<br />

nevicate. In molti casi le infiorescenze<br />

rimangono aggrovigliate e pertanto non<br />

riescono a portare a maturazione i semi.<br />

Si può quindi affermare che anche nel Piacentino<br />

le <strong>orchidee</strong> abbiano ormai perso<br />

quasi completamente i loro amici naturali<br />

e il fenomeno regressivo stia diventando,<br />

pertanto, irreversibile.<br />

La pastorizia è un’attività quasi ovunque<br />

abbandonata e ristretta solo a poche zone<br />

<strong>del</strong>l’Appennino. L’abbandono da parte<br />

<strong>del</strong>l’uomo di vaste zone <strong>del</strong>la montagna<br />

appenninica, fenomeno cominciato già<br />

prima <strong>del</strong>la seconda guerra mondiale e<br />

proseguito sino ai giorni nostri, è ancora<br />

in atto. Pertanto in queste zone non<br />

vengono più eseguite le attività atte a<br />

contenere l’avanzata <strong>del</strong>le sterpaglie. Un<br />

altro fatto negativo è stata l’introduzione,<br />

o comunque la proliferazione in vaste zone<br />

<strong>del</strong> nostro territorio, <strong>del</strong> cinghiale. Questo<br />

animale, nel tentativo di procurarsi il<br />

cibo, stravolge con la sua proboscide la<br />

cotica erbosa <strong>del</strong>le praterie di montagna,<br />

sradicando conseguentemente tutti i bulbi<br />

che vi si trovano. In particolare, si è notato<br />

che i tuberi di alcune specie (Dactylorhiza<br />

sambucina, Traunsteinera globosa) vengono<br />

costantemente mangiati.<br />

A 14 anni di distanza dalla mia precedente<br />

pubblicazione sulle <strong>orchidee</strong>, sono in<br />

grado di fare dei raffronti e di trarre <strong>del</strong>le<br />

conclusioni.<br />

Rispetto al 1989, novità, riguardanti le<br />

<strong>orchidee</strong>, ce ne sono state: per esempio,<br />

alcune specie hanno cambiato nome:<br />

Nigritella non si chiama più Nigra, ma<br />

Rhellicani; Dactylorhiza latifolia è ritornata<br />

a chiamarsi Sambucina; il genere Aceras è<br />

sparito, perché l’unica specie <strong>del</strong> genere,<br />

A. anthropophorum è stata reinserita nel<br />

genere Orchis; è stata descritta una nuova<br />

specie per la scienza, Epipactis placentina.<br />

Ho segnalato il ritrovamento in provincia<br />

di dieci nuove specie, tra le quali spiccano<br />

Epipactis gracilis, Epipactis viridiflora,<br />

Himantoglossum hircinum, che con la presenza<br />

sul nostro territorio segnano il loro<br />

limite settentrionale.<br />

Accanto a queste poche buone notizie,<br />

ce ne sono tante altre tutte, purtroppo,<br />

negative. Da anni non trovo più Orchis<br />

laxiflora, O. anthropophora, Pseudoorchis<br />

albida. Inoltre O. papilionacea era presente,<br />

nel 2001, con un solo esemplare.<br />

Nigritella rhellicani ha visto ridurre la sua<br />

presenza a poche decine di esemplari.<br />

Dactylorhiza sambucina e O. morio, specie<br />

che solo 14-15 anni fa erano ancora presenti<br />

in modo decisamente abbondante,<br />

oggi sono a rischio estinzione, a causa<br />

di una sempre più massiccia presenza<br />

<strong>del</strong> cinghiale. Quest’ultimo, che fino a<br />

pochi anni fa si cibava soltanto di bulbi<br />

di una certa consistenza (<strong>orchidee</strong>, lilium,<br />

ornitogalum), non trovando di meglio da<br />

mangiare, è tornato di nuovo a scavare<br />

negli stessi luoghi, non per mangiare<br />

<strong>orchidee</strong> (non ce ne sono più), ma per<br />

cibarsi di quello che è rimasto: bulbi di<br />

Tulipa sylvestris subsp. australis, crocus<br />

sp., lasciando, dopo queste ultime scorribande,<br />

un manto erboso che non riesce<br />

più a ricostituirsi. Al suo posto, crescono<br />

26 27


igogliose, forse avvantaggiate da mutate<br />

condizioni climatiche, certe piante definite<br />

specie ruderali (ortiche, bardane,<br />

ecc), creando quelle condizioni che gli<br />

esperti definiscono “banalizzazione <strong>del</strong><br />

territorio”: poche specie che crescono a<br />

dismisura a scapito <strong>del</strong>la normale diversità<br />

biologica.<br />

Nel corso di questi anni, ho spesso elencato<br />

quali sono stati i disastri compiuti<br />

dai cinghiali; tuttavia anche se questo è<br />

stato e rimane un gravissimo problema,<br />

sarebbe disonesto addossare a questo<br />

animale tutte le colpe. Infatti la trasformazione<br />

<strong>del</strong> territorio con l’avvento <strong>del</strong>l’era<br />

industriale, lo spopolamento sempre più<br />

evidente di vaste zone, la conseguente<br />

mancanza di animali al pascolo, il mancato<br />

sfalcio <strong>del</strong>l’erba e la mancanza di pulizia<br />

nei boschi sono le cause che, al pari <strong>del</strong><br />

cinghiale se non di più, contribuiscono a<br />

portare all’estinzione tantissime specie e<br />

non solo di <strong>orchidee</strong>.<br />

Questi problemi erano a me ben noti già<br />

verso la metà degli anni Ottanta, quando,<br />

con dei piccoli esperimenti, mi accorsi che<br />

bastava tagliare arbusti ed erba da una<br />

determinata area per veder rispuntare<br />

rigogliose, nel giro di pochi d’anni, specie<br />

che altrimenti sarebbero rimaste soffocate.<br />

Forte di queste convinzioni, mi attivai<br />

per dimostrare all’opinione pubblica che i<br />

problemi di rarefazione non dipendevano<br />

dalla raccolta, come allora si pensava o<br />

come probabilmente qualcuno pensa<br />

ancora, ma dai problemi sopra elencati.<br />

Porto due esempi.<br />

Dopo aver individuato una zona altamente<br />

a rischio, ma con una presenza ancora<br />

straordinaria di biodiversità, situata a<br />

Nord dei Groppi di Lavezzera (Ferriere),<br />

ho raccolto il consenso dei proprietari<br />

(non è stato facile perché sono numerosi,<br />

nonostante l’area sia estenda per poche<br />

migliaia di metri quadrati) per mantenere<br />

la zona sgombra da erbe ed arbusti infestanti.<br />

Già il primo anno di intervento<br />

si sono notati i primi risultati: le specie<br />

sono ritornate ad assumere la loro forma<br />

abituale, mentre prima risultavano alterate<br />

nelle loro caratteristiche abituali a causa<br />

<strong>del</strong>l’enorme accumulo di erba. Il secondo<br />

e terzo anno si è notato un sensibile aumento<br />

di esemplari a fiore.<br />

In una stazione dove vivevano in condizioni<br />

estreme non più di 10 esemplari a<br />

fiore di Himantoglossum adriaticum, ci si era<br />

accorti che sotto alle macchie di ginestre<br />

e sterpaglie varie vi erano numerose foglie<br />

molto allungate e di colore innaturale,<br />

sintomo di mancanza di luce. Dopo un intervento<br />

di pulizia, mirato all’asportazione<br />

dei rovi e di alcune macchie di ginestre,<br />

oggi si può notare la magnifica fioritura<br />

di oltre 150 esemplari.<br />

Dopo aver fatto il quadro <strong>del</strong>la situazione,<br />

positivo da una parte ma estremamente<br />

drammatico dall’altra, occorre<br />

urgentemente pensare al da farsi. Molte<br />

volte, nell’affrontare i problemi, si rimane<br />

arroccati dietro una mentalità ormai<br />

superata, favorita però da carenze legislative.<br />

In questo caso sarebbe auspicabile<br />

un’incentivazione <strong>del</strong> pascolo che oltre<br />

ad essere redditizio, concorrerebbe a<br />

mantenere inalterato l’ambiente. Sarebbe<br />

senz’altro importante l’opera di gruppi di<br />

volontari che, con modesti e mirati sacrifici,<br />

darebbero un contributo notevole<br />

soprattutto nel mantenere pulite le zone<br />

di maggior interesse.<br />

Questa modesta esposizione <strong>del</strong>la situazione<br />

provinciale non ha certamente la<br />

pretesa di offrire spiegazioni definitive a<br />

tutti i problemi; probabilmente esistono<br />

altri sistemi per rallentare la rarefazione.<br />

Quello che più conta, però, è agire e agire<br />

subito, qui da noi come in tante altre parti.<br />

In caso contrario, all’uomo tecnologico<br />

non rimarrà che prendere atto, anno dopo<br />

anno, di questa o di quella sparizione.<br />

Così diventeremo ogni giorno sempre<br />

più poveri, poveri di quello straordinario<br />

patrimonio genetico datoci in prestito da<br />

madre natura, prestito che noi non saremo<br />

riusciti a tramandare ai nostri figli.<br />

In conclusione, se si vorrà salvare una<br />

testimonianza floristica e tramandarla<br />

alle future generazioni, si dovranno individuare<br />

le aree più interessanti (questo è<br />

già possibile grazie ai censimenti floristici<br />

fatti nel decennio scorso) e provvedere,<br />

senza indugi, a tagliarvi annualmente<br />

l’erba e a contenere l’avanzata di arbusti<br />

(tutto ciò, naturalmente, andrà fatto nel<br />

periodo di riposo di queste piante: fine<br />

agosto, settembre). Inoltre, si dovrà<br />

affrontare la questione cinghiale: non<br />

risolvere questo problema, renderebbe<br />

vana qualsiasi altra azione. Dopo quanto<br />

sopra esposto, mi sembra chiaro che non<br />

vi è più tempo da perdere: la sparizione<br />

certa di O. laxiflora, O. anthropophora e<br />

forse di P. albida, sono un segno tangibile<br />

<strong>del</strong>le nostre inadempienze.<br />

I G E N E R I<br />

P R E S E N T I<br />

N E L L A<br />

P R O V I N C I A<br />

28 29<br />

D I<br />

P I A C E N Z A


EPIPACTIS ZINN 1757<br />

Il nome generico Epipactis è di origine incerta. Secondo alcuni autori Epipactis era il<br />

nome che i greci davano ad una specie di elleboro. Da ciò è stato tratto il nome di un<br />

nuovo genere di <strong>orchidee</strong> chiamato Helleborine per la somiglianza <strong>del</strong>le foglie con quelle<br />

<strong>del</strong>l’elleboro bianco o veratro. Genere essenzialmente euroasiatico, ma con alcune<br />

presenze in Africa e in America. Secondo gli esperti il genere sarebbe arretrato, nel<br />

corso <strong>del</strong>l’ultima glaciazione, pressappoco al di sotto <strong>del</strong>la linea <strong>del</strong> 40° parallelo. Con<br />

l’arretramento dei ghiacci cominciato circa 12 o 13 mila anni fa, la faggeta con le sue<br />

consociazioni vegetali comincia una lenta risalita verso nord: fra queste specie vi sono<br />

anche le Epipactis, che riconquistano praticamente quasi tutta l’Europa. Attualmente<br />

questo genere viene ritenuto in piena evoluzione; ciò giustifica la grande variabilità<br />

presente. Il genere si suddivide in 2 sezioni; la prima sezione (Arthochilium Irmisch) si<br />

contraddistingue per la forma <strong>del</strong> labello articolato in 2 parti: ipochilo con lobi laterali;<br />

epichilo mobile. Appartengono a questa sezione 2 sole specie di cui una sola è<br />

presente in Italia (E. palustris (L.) Crants.). La seconda sezione (Euepipactis Irmisch) si<br />

contraddistingue per avere l’ipochilo a forma di coppa senza lobi laterali e l’epichilo non<br />

articolato, ma ben fissato all’ipochilo, e vi appartengono tutte le altre specie. Queste<br />

specie vengono definite autogame o allogame a secondo <strong>del</strong> tipo di impollinazione che<br />

attuano: le prime si contraddistinguono per la mancanza di un rostello efficace, privo<br />

cioè di quell’elemento utile per far aderire il polline al capo <strong>del</strong>l’insetto vettore (viscidio) e<br />

pertanto il polline sarà disgregato, polverulento e cadrà liberamente sulla parte femminile<br />

<strong>del</strong> fiore (stimma), dando vita all’autoimpollinazione, come avviene per esempio in E.<br />

muelleri; le seconde si contraddistinguono per avere un rostello efficace. In queste ultime<br />

l’impollinazione avviene per allogamia: il polline viene trasportato da un fiore all’altro da<br />

insetti, come avviene solitamente in E. helleborine. Avviene non di rado che anche in specie<br />

attrezzate perfettamente per l’impollinazione incrociata, in condizioni estreme, il polline<br />

si disgreghi e cada sullo stimma; questo evento può avvenire ancora quando il fiore è<br />

in boccio (cleistogamia). La valutazione errata di questi fenomeni ha portato nel corso<br />

di questi anni a segnalazioni di specie poi rivelatesi errate. Credo che al fine di una più<br />

attenta determinazione sia necessario tenere maggiormente in considerazione la forma<br />

<strong>del</strong> ginostemio anzichè il modo in cui esso funziona. Queste forme di impollinazione<br />

e la scarsa specializzazione dei fiori, visitati da innumerevoli specie di insetti, portano a<br />

un’altissima produzione di semi. Il genere si caratterizza per avere la parte ipogea a forma<br />

di rizoma verticale o orizzontale con numerose radichette secondarie; brattee fogliacee ±<br />

allungate; ovari peduncolati; fiori ± penduli; sepali generalmente verdi un po’ più lunghi<br />

dei petali; labello diviso in 2 parti, ipochilo emisferico solitamente nettarifero, epichilo<br />

a forma generalmente cordata terminante con punta dritta o ribattuta. Questo genere<br />

ha attirato su di sé, negli ultimi 20 anni, l’attenzione di molti studiosi al punto che le 9<br />

specie riportate nella “Flora europea” (Moore, 1980) sono diventate oggi più di 65 tra<br />

specie e sottospecie, di cui circa una quindicina sono segnalate per l’Italia. Numero per<br />

altro destinato ad aumentare visto alcuni lavori in avanzata fase di studio. In provincia<br />

di Piacenza sono presenti 10 entità.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Fiori rosso violacei, foglie distiche .................................................................. E. atrorubens<br />

Fusto robusto, foglie piccole, eretti abbraccianti il fusto .......................... E. distans<br />

Foglie da 2 a 5, piccole inserite nella parte alta <strong>del</strong> fusto,<br />

ovario fusiforme con pedicello arquato ............................................... E. gracilis<br />

Pianta allogama, fiori aperti, foglie piane ovale-rotondeggianti ............. E. helleborine<br />

Fiori allogami, foglie verde chiaro, epichilo generalmente<br />

piegato all’indietro .................................................................................... E. leptochila<br />

Pianta per lo più esile, foglie disposte a spirale non più<br />

lunghe di 3 cm, labello biancastro ........................................................ E. microphilla<br />

Fiori verde-giallicci, foglie coriacee con margine ondulato,<br />

ipochilo rosso o marroncino all’interno ............................................... E. muelleri<br />

Ipochilo munito di 2 lobi laterali, epichilo mobile ....................................... E. palustris<br />

Fiori rosei o rosso magenta, epichilo a forma triangolare piano<br />

o con bordi rialzati .................................................................................... E. placentina<br />

Foglie piccole sfumate di viola soprattutto nella pagina inferiore ........... E. viridiflora<br />

CEPHALANTHERA L.C.M. RICHARD 1817<br />

Il nome generico Cephalanthera è di origine greca e sembra sia stato ispirato dalla<br />

forma globosa <strong>del</strong>l’antera. Si tratta di uno dei generi più primitivi. E’ piuttosto affine<br />

al genere Epipactis per alcuni caratteri: la struttura <strong>del</strong>l’apparato radicale formato da<br />

un rizoma ± robusto; la forma <strong>del</strong> labello diviso in 2 parti (ipochilo-epichilo); l’impollinazione<br />

che può avvenire sia per via allogama che autogama. Differisce dal genere<br />

Epipactis per l’ovario subcilindrico non peduncolato e per la colonna più allungata.<br />

Genere principalmente euro-asiatico, comprende 15 specie. In Italia sono presenti 3<br />

specie, tutte presenti anche in provincia di Piacenza:<br />

C. damasonium (Miller) Druce<br />

C. longifolia (L.) Fritsch<br />

C. rubra (L.) L.C.M. Richard<br />

Nota<br />

I fiori di queste specie restano generalmente socchiusi o comunque raramente aperti.<br />

Tali fiori sono perfettamente attrezzati per la fecondazione incrociata, tuttavia solo<br />

raramente vengono visitati da insetti pronubi. Spesso il polline cade sullo stimma<br />

quando il fiore è ancora in boccio, prima che gli insetti impollinatori possano accedervi.<br />

Pertanto vanno ritenute specie tendenzialmente autogame. Certi autori ritengono<br />

trattarsi di specie avviate per evoluzione verso la cleistogamia.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Fiore bianco-giallastro, infiorescenza pauciflora, foglie ovali............ C. damasonium<br />

Fiore bianco puro, foglie strette e rigide, brattee molto corte......... C. longifolia<br />

Fiori rosa, ovario pubescente, epichilo appuntito .............................. C. rubra<br />

Epipactis placentina<br />

Bongiorni & Grünanger 1993<br />

30 31


LIMODORUM BOEHMER 1760<br />

Per quanto riguarda la derivazione <strong>del</strong> nome vi sono opinioni e pareri contrastanti.<br />

Limodorum deriverebbe dal nome greco leimodoron che significa dono <strong>del</strong> prato. Questo<br />

genere comprende tre sole specie: L. abortivum (L.) Swarts; L. trabutianum Battandier;<br />

L. brulloi Bartolo & Pulvirenti. In provincia è presente solo L. abortivum. Si tratta di<br />

una specie micotrofica. Per sviluppare il ciclo vitale la pianta vive in simbiosi con un<br />

fungo endotrofico. La clorofilla è ridotta al minimo. Non sono ancora chiari i rapporti<br />

troficonutrizionali che intercorrono tra questa specie e le specie arboree. L’apparato<br />

radicale è formato da un breve rizoma con numerose radici carnose.<br />

NEOTTIA GUETTARD 1750<br />

Il genere Neottia è formato da un numero esiguo di specie (8). L’unica conosciuta in<br />

Europa e in Italia è N. nidus-avis (L.) L.C.M. Richard. Il nome Neottia viene dal greco<br />

e significa “nido”; esso trova riscontro nella forma <strong>del</strong>le radici: queste infatti sono<br />

intrecciate a forma di “nido”. Si tratta di specie micotrofica, si nutre per via eterotrofa,<br />

consumando sostanze organiche presenti nel terreno e traendo inoltre alimento da<br />

un fungo (Rhizomorpha neottiae). Tale fungo è presente vicino a radici marcescenti.<br />

La pianta è in grado di diffondersi per via vegetativa.<br />

EPIPOGIUM GMELIN EX BORCKHAUSEN 1792<br />

Il nome generico Epipogium deriva dalle parole greche epi, sopra e pogon, barba e<br />

fa riferimento alla posizione <strong>del</strong> labello che, non essendo resupinato, si trova girato<br />

in alto. Infatti dai botanici antichi il labello veniva chiamato barba. Al genere sono<br />

assegnate due sole specie di cui una sola è presente in Europa: E. aphyllum Swartz. Si<br />

tratta di una specie micotrofica. La parte sotterranea è formata da un rizoma coralliforme<br />

munito di stoIoni filiformi, per mezzo dei quali avviene la propagazione per via<br />

vegetativa. All’apice di questi si formano dei bulbilli che staccandosi daranno vita ad<br />

un nuovo rizoma. Prima che da questo nuovo rizoma possa scaturire un fusto fiorifero<br />

dovrà passare molto tempo, circa 10 anni. La specie è in grado di svolgere il suo ciclo<br />

vitale completamente sottoterra. Intere popolazioni possono sparire completamente<br />

e ricomparire dopo parecchi anni. Questi fenomeni sono probabilmente da attribuire<br />

a fattori climatici.<br />

CORALLORHIZA CHATELAIN 1760<br />

Il nome generico Corallorhiza significa “radice a forma di corallo”. Questo infatti è<br />

l’aspetto <strong>del</strong> suo rizoma. Fanno parte di questo genere circa 12 specie diffuse in Europa,<br />

in Asia tropicale e nell’America <strong>del</strong> Nord. Una sola specie è presente in Europa: C.<br />

trifida Chatel. Per la sua struttura assai gracile, è specie che passa sovente inosservata.<br />

Diventa più visibile a fine fioritura quando gli ovari (verdi) si ingrossano creando più<br />

contrasto con l’ambiente circostante. È specie micotrofica.<br />

LISTERA R. BROWN 1813<br />

Il nome Listera è stato usato per la prima volta dal botanico Brown nel 1813 per ricordare<br />

M. Lister, naturalista inglese che visse nel XVII secolo. Esistono sulla terra circa<br />

25 specie distribuite prevalentemente nelle regioni temperate <strong>del</strong>l’Asia e <strong>del</strong>l’America<br />

settentrionale. <strong>Le</strong> uniche due specie europee, L. ovata (L.) R.BR. e L. cordata (L.) R.BR.<br />

sono presenti anche in Italia. Entrambe sono presenti in provincia. Queste due specie<br />

si caratterizzano per la presenza di sole 2 foglie opposte, fiori privi di sperone, labello<br />

notevolmente più lungo <strong>del</strong>le altre parti fiorali, colonna breve, rostello presente, viscidii<br />

e borsicole assenti. La parte sotterranea di questa specie è costituita da un rizoma<br />

disposto orizzontalmente nel terreno con numerose radici filiformi.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Pianta piccola, gracile, con 2 foglie piccole, opposte, cordate .... L. cordata<br />

Pianta robusta con 2 grandi foglie opposte, ovali con apice<br />

ottuso ............................................................................................... L. ovata<br />

SPIRANTHES L.C.M. RICHARD 1817<br />

Spiranthes deriva dalle parole greche speira, spira e anthos, fiore. Tale genere è stato<br />

istituito nel 1818 dal botanico Richard. Questa denominazione è indubbiamente molto<br />

appropriata, in quanto fa riferimento ad uno dei rari esempi che la natura ci offre di<br />

infiorescenza spiralata. Sono circa 80 le specie diffuse sulla terra. Principalmente<br />

in America <strong>del</strong> Nord, Australia, Nuova Zelanda. Alla flora europea appartengono<br />

le seguenti 3 specie: S. spiralis (L.) Chevall, S. aestivalis (Poiret) L.C.M. Richard, S.<br />

romanzoffiana Cham. Una quarta specie S. sinensis (Pers.) Ames è probabilmente presente<br />

in Russia nella zona degli Urali centrali. Fanno parte <strong>del</strong>la flora italiana soltanto<br />

le prime due specie citate, di cui solo <strong>del</strong>la prima attualmente è accertata la presenza<br />

in provincia.<br />

GOODYERA R. BROWN 1813<br />

Il nome generico è in onore <strong>del</strong> botanico inglese J. Goodyer vissuto nel XVII secolo. A<br />

questo genere appartengono circa 80 specie localizzate in America <strong>del</strong> Nord e Centrale,<br />

in Australia Settentrionale e in Asia. L’unica specie europea è G. repens (L.) R.Br. Fino a<br />

pochi anni fa si pensava che questa orchidea fosse presente solo nelle regioni <strong>del</strong>l’arco<br />

alpino. La presenza sul nostro Appennino è dovuta all’opera <strong>del</strong>l’uomo. Attualmente<br />

infatti la si trova in quasi tutti gli impianti forestali di conifere che abbiano raggiunto<br />

un certo numero di anni e dove sia presente un soffice strato di aghi marcescenti.<br />

Si propaga molto facilmente per via vegetativa. L’apparato radicale è formato da un<br />

rizoma superficiale provvisto di stoloni che producono <strong>del</strong>le rosette di foglie; da queste<br />

solo al secondo anno si svilupperà uno stelo fiorifero. Con questo rapido sistema<br />

di propagazione si possono formare vaste colonie di individui. Ma come è veloce la<br />

colonizzazione, altrettanto veloce è la sua sparizione: tra le cause c’è l’avanzamento<br />

<strong>del</strong>lo strato arbustivo, formato prevalentemente da rovi, rosa canina, prunus, ecc., ma<br />

soprattutto dal brachipodium, una graminacea che invade velocemente i sottoboschi<br />

radi e luminosi, dove di solito G. repens vive.<br />

32 33


PLATANTHERA L.C.M. RICHARD 1817<br />

Platanthera deriva da due termini greci: platys, piatto e anthera, antera: questa si<br />

presenta a due logge parallele nella P. bifolia, divaricate in basso nella P. chlorantha.<br />

Linneo comprendeva questo genere in Orchis, in quanto queste specie sono provviste di<br />

sperone. Solo più tardi Richard, dopo aver evidenziato alcune differenze strutturali nei<br />

fiori, separò i due generi. Appartengono a questo genere circa un centinaio di specie<br />

distribuite in tutte le zone temperate <strong>del</strong>l’emisfero settentrionale e <strong>del</strong>l’America meridionale.<br />

In Italia le due specie presenti sono P. bifolia (L.) L.C.M. Richard e P. chlorantha<br />

(Custer) Reichenb. L’apparato radicale è formato da tuberi ovali o fusiformi.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Logge <strong>del</strong>l’antera parallele e ravvicinate ....................................... P. bifolia<br />

Logge <strong>del</strong>l’antera distanziate, convergenti verso l’alto ............. P. chlorantha<br />

GYMNADENIA R. BROWN 1813<br />

Il nome di questo genere (battezzato dal botanico scozzese Robert Brown) prende<br />

origine dalle parole greche gymnos e aden e significa “ghiandola nuda”. I fiori <strong>del</strong>le specie<br />

appartenenti a questo genere hanno infatti i retinacoli che sono privi di borsicole.<br />

Sono circa l0 le specie di Gymnadenia distribuite nell’Asia temperata e in Europa. In<br />

Europa e in Italia due sono le specie presenti: G. conopsea (L.) R.Br. e G. odoratissima<br />

(L.) L.C.M. Richard. Entrambe le specie sono presenti in provincia. Certi autori antichi<br />

e moderni inseriscono in questo genere anche Nigritella e Pseudorchis. Va ricordato<br />

comunque che le differenze strutturali fra queste specie sono notevoli. L’apparato<br />

radicale è formato da due tuberi palmati, con apici allungati.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Sperone lungo da 12 a 22 mm, arcuato, molto più lungo<br />

<strong>del</strong>l’ovario, lobi <strong>del</strong> labello pressappoco uguali ................... G. conopsea<br />

Sperone lungo da 3 a 6 mm, più corto o raramente lungo<br />

quanto l’ovario, lobo mediano <strong>del</strong> labello nettamente più<br />

lungo dei laterali ......................................................................... G. odoratissima<br />

PSEUDORCHIS SEGUIER 1754<br />

<strong>Le</strong> specie appartenenti a questo genere presenti in Europa sono due: P. albida (L.) A. et<br />

D. Love e P. frivaldii (Hampe ex Griseb). Appartiene alla flora italiana soltanto la prima.<br />

Il nome Pseudorchis è di origine greca: pseudos, falso e orchis, probabilmente per la<br />

somiglianza con le specie <strong>del</strong> genere Orchis. Di più facile interpretazione è il sinonimo<br />

<strong>Le</strong>uchorchis: leuchos significa bianco e fa riferimento al colore dei fiori che variano dal<br />

bianco al bianco-gialliccio. L’apparato radicale è formato da più tuberi fusiformi.<br />

NIGRITELLA L.C.M. RICHARD 1817<br />

Il nome Nigritella deriva dal latino niger, nero e fa riferimento al colore bruno scuro,<br />

quasi nero dei fiori. Alcuni autori (come si è già riferito nella trattazione <strong>del</strong> genere<br />

Gymnadenia) riuniscono Nigritella sotto il genere Gymnadenia; va ricordato, però, che<br />

se i due generi possiedono alcuni caratteri in comune (tuberi palmati, foglie strettamente<br />

lineari), differiscono in modo netto in altri, quali la forma <strong>del</strong>l’ovario, i fiori non<br />

resupinati e la struttura complessiva <strong>del</strong>la pianta. La vicinanza tra questi due generi è<br />

confermata anche dalla facilità con cui avvengono le ibridazioni. In provincia il genere<br />

è rappresentato da un’unica specie: N. rhellicani.<br />

COELOGLOSSUM HARTMAN 1820<br />

Appartengono a questo genere tre diverse specie. L’unica presente in Europa è il C.<br />

viride (L.) Hartman. Il nome scientifico deriva dal greco koilos, vuoto e glossa, lingua, e fa<br />

riferimento alla forma <strong>del</strong>lo sperone che è rigonfio, sacciforme. Nei luoghi dove questa<br />

orchidea vive, forma spesso <strong>del</strong>le ricche colonie che passano sovente inosservate a<br />

causa <strong>del</strong>la bassa statura <strong>del</strong>la pianta e <strong>del</strong> colore dei fiori che riesce a mimetizzarsi<br />

con l’ambiente circostante. L’apparato radicale è formato da due tuberi palmati con<br />

alcune radici secondarie. Recenti studi effettuati con marcatori molecolari (Pridgeon<br />

et al., 1997) hanno evidenziato una stupefacente vicinanza tra i generi Coeloglossum<br />

e Dactylorhiza.<br />

DACTYLORHIZA NECKER EX NEVSKI 1937<br />

In un primo tempo a questo nuovo genere fu imposto il nome Dactylorchis. In seguito è<br />

stato preferito il termine Dactylorhiza, scelta etimologica sicuramente più appropriata.<br />

Tale nome prende forma dalle parole greche dactylos, dito e rhiza, radice, con riferimento<br />

alla forma digitiforme <strong>del</strong>l’apparato radicale. Il primo ad usare questo termine<br />

fu N.J.V.Necker nel 1970. Si tratta di un genere istituito di recente e riunisce specie<br />

un tempo ricomprese in Orchis. Ad operare questa separazione è stato il botanico P.<br />

Vermeulen ed è fondata su importanti caratteri morfologici:<br />

1) Tuberi allungati, incisi o digitati.<br />

2) Brattee generalmente più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, non membranacee.<br />

3) Infiorescenza, prima <strong>del</strong>la fioritura, non avvolta da una guaina.<br />

Se è abbastanza facile distinguere le specie che appartengono ai due generi citati,<br />

più problematica diventa la classificazione <strong>del</strong>le specie che appartengono al genere<br />

Dactylorhiza, soprattutto quelle che vivono in ambiente paludoso. Va fatto notare<br />

che, fino ad ora, i più famosi studiosi in materia non sono riusciti a dare esaurienti<br />

spiegazioni. Il motivo di questa confusione deriva dal fatto che tali specie sono in<br />

possesso di una variabilità sconcertante e in più si ibridano facilmente fra di loro; tali<br />

ibridi oltre a presentare caratteristiche intermedie tra i due genitori, sono in grado<br />

a loro volta di ibridarsi con altre specie, o con altri ibridi di diversa provenienza.<br />

Pertanto ci si trova di fronte a numerosi esemplari o ad intere popolazioni ai quali<br />

tentare di dare un nome diventa difficile se non addirittura impossibile. Nonostante<br />

queste problematiche, in questi anni sono state fatte in provincia alcune scoperte,<br />

nuove nella catena appenninica.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Pianta robusta, labello stretto, allungato .................................................... D. incarnata<br />

Fiori di colore porpora ± scuro, biancastri alla fauce <strong>del</strong>lo sperone .... D. lapponica<br />

Pianta slanciata, foglie maculate, fiori con labello trilobo, con lobi<br />

profondamente incisi ....................................................... D. maculata subsp fuchsii<br />

Pianta slanciata, fusto cavo ............................................................................ D. majalis<br />

Pianta con fiori aventi due tipi di colorazione: giallo, rosso ................... D. sambucina<br />

TRAUNSTEINERA REICHENBACH 1842<br />

Questo genere prende il nome dal farmacista-botanico austriaco Joseph Traunsteiner<br />

(1798-1850). A questo genere appartengono due sole specie: T. sphaerica (M.- Bieb.)<br />

Schlechter, specie tipica <strong>del</strong> Caucaso e <strong>del</strong>l’Anatolia; T. globosa (L.) Reichenbach. In Italia<br />

è presente la sola T. globosa. Un tempo questa specie veniva inserita nel genere Orchis<br />

col nome di O. globosa. La separazione di tale genere si fonda su alcune caratteristiche<br />

morfologiche evidenziabili nella forma globosa <strong>del</strong>l’infiorescenza e per la disposizione<br />

<strong>del</strong>le foglie, per la forma rudimentale <strong>del</strong>la borsicula. L’apparato radicale è formato da<br />

due tuberi interi, oblunghi, con alcune radichette uscenti alla base <strong>del</strong> fusto.<br />

34 35


ORCHIS LINNEO 1753<br />

Il termine Orchis, già usato dagli antichi greci, fa riferimento alla somiglianza dei tuberi<br />

radicali con i testicoli umani. Dall’antichità sono giunte fino a noi numerose leggende,<br />

alcune <strong>del</strong>le quali attribuivano a questi tuberi favolosi poteri afrodisiaci. La scienza<br />

moderna ha cancellato queste illusioni. Infatti, dato l’alto contenuto di mucillagine,<br />

l’unico uso a cui possono essere destinati è contro le infiammazioni <strong>del</strong>l’apparato<br />

digerente. Genere essenzialmente euromediterraneo, comprendente una sessantina<br />

di specie. In Italia sono segnalate 23 entità (P. Grünanger 2001). Un tempo questo<br />

genere era ben più ricco; successivamente è stato smembrato, con l’istituzione di<br />

numerosi generi minori, tra i quali Aceras, Anacamptis, Barlia, Comperia, Dactylorhiza,<br />

Neotinea, Traunsteinera. Recentemente è stato proposto (Bateman et al., 1997) una<br />

revisione tassonomica che prevede la scissione <strong>del</strong> vecchio genere Orchis in tre generi<br />

monofiletici; tale proposta è conseguente a risultati di analisi su materiale genetico. Pur<br />

ritenendo interessante questa proposta, gli esperti la giudicano un po’ troppo radicale;<br />

pertanto necessita di ulteriori conferme, meglio se provenienti da metodologie diverse.<br />

In attesa di tali conferme, mi sono attenuto ai vecchi parametri. Sempre seguendo tale<br />

metodo, ho inserito in questo genere O. anthropophora (ex Aceras anthropophorum),<br />

come ormai universalmente accettato. L’unica specie italiana di Orchis a possedere<br />

nettare è O. coriophora, la quale viene frequentemente visitata da insetti, per lo più<br />

apidi. <strong>Le</strong> altre specie, che ne sono sprovviste, sembra adottino una sorta di “mimetismo<br />

fiorale”; inoltre alcune sembrano beneficiare di un’attrazione olfattiva. Tutte le specie<br />

<strong>del</strong> genere Orchis possiedono alcuni caratteri distintivi comuni:<br />

- apparato radicale formato da due tubercoli ovoidi, rotondi o elissoidali;<br />

- foglie caulinari, le inferiori spesso riunite in rosetta, le superiori inguainano strettamente<br />

l’infiorescenza prima <strong>del</strong>l’antesi;<br />

- brattee membranacee, lunghe ± quanto l’ovario, o molto più corte;<br />

- fiori, policromi con predominanza <strong>del</strong>le tonalità porpora, quasi sempre muniti di sperone;<br />

- ginostemio corto e retto;<br />

- antera, munita lateralmente di due auricole;<br />

- ovario sessile, glabro. Per mezzo <strong>del</strong>la sua torsione si ha una rotazione dei fiori di 180°.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Labello privo di sperone .......................................................... O. anthropophora<br />

Foglie sottili, allungate, fiori gradevolmente<br />

profumati ................................................................................ O. coriophora subsp fragrans<br />

Labello con parte centrale bianca, più largo che lungo O. laxiflora<br />

Foglie verdi per lo più macchiate o spruzzate di<br />

nerastro o viola molto scuro .............................................. O. mascula<br />

Lobuli <strong>del</strong> lobo centrale più larghi dei lobi laterali ............ O. militaris<br />

Labello rosso-violaceo, avente la parte centrale<br />

più chiara, cosparso da una macchiettatura<br />

irregolarmente più marcata ............................................... O. morio<br />

Labello giallo, più o meno carico, senza macchie .............. O. pallens<br />

Sperone sottile e lungo, quasi quanto l’ovario .................. O. papilionacea<br />

Foglie maculate, fiori giallo-pallidi, con<br />

macchiette rosse al centro .................................................. O. provincialis<br />

Pianta robusta, labello trilobo, con lobo centrale a<br />

sua volta bilobo, con un piccolo dente centrale .......... O. purpurea<br />

Pianta con fioritura che inizia dall’alto ................................. O. simia<br />

Pianta con infiorescenza semisferica .................................... O. tridentata<br />

Pianta tozza con sepali porpora nerastri esternamente .. O. ustulata<br />

HIMANTOGLOSSUM W.D.J. KOCH 1837<br />

La parola Himantoglossum è di origine greca ed è formata dalle voci himas, himantos che<br />

significa “cinghia, correggia” e glossa, “lingua”. Riassumendo, dunque, lingua a forma<br />

di cinghia; fa naturalmente riferimento alla forma molto allungata, nastriforme <strong>del</strong><br />

labello <strong>del</strong>le specie appartenenti a questo genere. L’apparato radicale è composto da<br />

due grossi tuberi ovoidi, con alcune radichette secondarie. Sono 5 le specie presenti<br />

in Europa di cui 2 sono presenti in Italia; H. adriaticum H. Baumann; H. hircinum (L.)<br />

Sprengel. Entrambe queste specie sono presenti in provincia.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Infiorescenza ± lassa; labello con lobo mediano profondamente<br />

bifido largo mediamente da 2 a 2.5 mm .......................................... H. adriaticum<br />

Infiorescenza molto densa; labello con lobo mediano allargato<br />

in punta brevemente bifido, largo da 2 a 3.5 mm .......................... H. hircinum<br />

ANACAMPTIS L.C.M. RICHARD 1817<br />

Il nome deriva dalla parola greca anacamptein, e significa “ripiegare”: sarebbe da attribuire<br />

alla posizione divergente dei sepali. Questo genere veniva incluso dai botanici<br />

<strong>del</strong> passato nel vasto genere Orchis. La separazione è avvenuta sulla base di alcuni dati<br />

morfologici poco appariscenti, ma comunque validi: il labello con lobi poco pronunciati,<br />

alla cui base vi sono due lamelle verticali, più o meno parallele e lo sperone molto lungo,<br />

circa il doppio <strong>del</strong>l’ovario. Si tratta di un genere monospecifico, essendo costituito<br />

dalla sola specie A. pyramidalis (L.) L.C.M. Richard. L’apparato radicale è costituito<br />

da due tuberi ovoidi con alcune radichette secondarie. I fiori di questa specie sono<br />

perfettamente adattati all’impollinazione da parte di alcune specie di farfalle, diurne<br />

o notturne, le quali sono facilitate nell’introdurre la loro spiritromba nello sperone,<br />

da due lamelle convergenti poste simmetricamente alla base <strong>del</strong> labello.<br />

SERAPIAS LINNEO 1753<br />

L’origine <strong>del</strong>la denominazione Serapias viene da Serapis (Serapide) divinità <strong>del</strong>l’antico<br />

Egitto. Secondo altre fonti, tale nome deriverebbe da Serafius, medico arabo <strong>del</strong>l’antichità,<br />

uno dei padri <strong>del</strong>la botanica.<br />

La descrizione di questo genere è stata fatta da Linneo nel 1753. Vi appartiene<br />

una decina di specie, sette <strong>del</strong>le quali fanno parte <strong>del</strong>la flora italiana. Il suo areale è<br />

esclusivamente limitato alla regione mediterranea. L’apparato radicale è formato da<br />

due piccoli tuberi ovoidi. Per l’Italia vengono riportate ben 7 specie e 4 sottospecie<br />

(Grünanger, 2001). In provincia la presenza è limitata a sole 2 specie: S. vomeracea<br />

(N. L. Burman) Briquet e S. neglecta De notaris 1858.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Pianta robusta, labello con callosità basali parallele ................................ S. neglecta<br />

Pianta slanciata, fiore grande, epichilo stretto piegato a vomere .......... S. vomeracea<br />

36 37


OPHRYS LINNEO 1753<br />

Il genere Ophrys, introdotto da Linneo, ha una denominazione di origine greca e<br />

significa “sopracciglio”. Tale significato non trova riscontri precisi nelle caratteristiche<br />

strutturali <strong>del</strong> fiore o <strong>del</strong>la pianta, pertanto ha dato origine, da parte di vari autori,<br />

a interpretazioni diverse. Secondo alcuni si ricollega all’uso che gli antichi facevano<br />

di queste piante per ottenere una tintura per sopracciglia. Secondo altri, più verosimilmente,<br />

farebbe riferimento al labello peloso e cigliato di alcune specie. Trattasi di<br />

genere monofiletico, cioè tante specie che si sono sviluppate da un’unica forma antica.<br />

Nettamente distante da altri generi, tant’è che non sono mai stati descritti ibridi intergenerici;<br />

tuttavia il fenomeno <strong>del</strong>l’ibridazione è assai diffuso tra le varie specie. Questa<br />

facilità di ibridarsi porta a processi di introgressione, che favoriscono un alto livello di<br />

variabilità all’interno <strong>del</strong>le specie medesime. L’intensificarsi <strong>del</strong>la ricerca sul campo, da<br />

un lato, e la tendenza a riconoscere il rango di specie a popolamenti con differenze<br />

minime, dall’altro, ha portato nell’ultimo ventennio ad un enorme aumento di entità<br />

descritte. Si è passati da circa 20/25 tra specie e sottospecie agli inizi degli anni ’80,<br />

alle circa 80 entità attuali. <strong>Le</strong> specie di Ophrys rimangono molto simili tra loro nell’apparato<br />

radicale, formato da tuberi indivisi, globosi e oblunghi, talvolta brevemente<br />

peduncolati, nella parte vegetativa e nella forma dei sepali e dei petali. Esistono invece<br />

enormi differenze nel labello: questo infatti assume le forme più strane a seconda <strong>del</strong>le<br />

specie. Si tratta di <strong>orchidee</strong> che non hanno nettare; pertanto, per attirare l’attenzione<br />

degli insetti, hanno escogitato, evolvendosi nei millenni, dei meccanismi sorprendenti.<br />

Il labello imita nella forma e pelosità l’addome <strong>del</strong>le femmine di certi bombi, calabroni,<br />

api, vespe. Nel contempo vi è un’emissione di sostanze volatili (feromoni) di richiamo<br />

sessuale, così il maschio viene tratto in inganno e tenta un vero e proprio accoppiamento<br />

(pseudo-copulazione). In questo modo il capo <strong>del</strong>l’insetto viene a contatto<br />

con le masse polliniche che vi si attaccano e verranno cedute al fiore successivo. A<br />

seconda <strong>del</strong>le specie, l’insetto può posizionarsi sul labello in due modi:<br />

1. col capo rivolto verso il ginostemio, così i pollinii andranno ad aderire al capo<br />

<strong>del</strong>l’insetto, come succede ad esempio in O. fuciflora,<br />

2. l’insetto si posiziona con l’addome rivolto verso il ginostemio, così i pollinii aderiranno<br />

alla parte terminale <strong>del</strong>l’addome, come succede di solito in O. fusca.<br />

Questo laborioso sistema risulta alquanto complicato: di solito, infatti, si ha una<br />

fruttificazione piuttosto bassa. <strong>Le</strong> tecniche affascinanti messe in atto per la fecondazione<br />

incrociata sono, in linea di massima, note da diversi decenni; tuttavia ci si trova<br />

di fronte a piante in possesso di uno straordinario polimorfismo. Non è raro infatti<br />

trovare fiori di una stessa pianta con caratteristiche diverse tra di loro. Parimenti non<br />

è raro trovare vere e proprie stazioni con numerosi individui (è il caso di O. fuciflora)<br />

con caratteristiche completamente diverse da altre stazioni dislocate a poca distanza<br />

tra di loro. La provincia di Piacenza, pur avendo una posizione geografica piuttosto<br />

a nord, ospita sul suo territorio una discreta diffusione di queste entità, risentendo<br />

infatti <strong>del</strong>l’azione mitigante <strong>del</strong>le correnti d’aria calda provenienti dal vicino Mar Ligure.<br />

Non a caso la valle dove la presenza è più massiccia è la Val <strong>Trebbia</strong>.<br />

Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />

Apice <strong>del</strong>la colonna a forma di S, labello con apicolo rivolto in basso... O. apifera<br />

Labello piano o piegato a sella, con macchia centrale lucida ................... O. benacensis<br />

Sepali bianchi o rosa, con apicolo ± convesso, disegno<br />

generalmente a forma di H ........................................................................... O. fuciflora<br />

Pianta slanciata, fiori piccoli, labello con colorazioni marcate,<br />

fioritura tardiva ................................................................................ O. fuciflora subs. elatior<br />

Labello trilobo, senza appendice, con macchia blu-grigiastro ................. O. fusca<br />

Petali molto stretti, filiformi; labello allungato, trilobo, con lobo<br />

mediano inciso, con macchia centrale bluastra o grigiastra ................. O. insectifera<br />

Gibbosità basali <strong>del</strong> labello assenti o poco pronunciate ........................... O. sphegodes<br />

SISTEMA PER DETERMINARE I GENERI DEL PIACENTINO<br />

38 39


40 41<br />

L E<br />

S C H E D E<br />

D E L L E<br />

S P E C I E


EPIPACTIS ATRORUBENS (G.F.HOFFMANN ex<br />

BERNHARDI) BESSER 1809<br />

Serapias latifolia var. atrorubens Hoffm.<br />

Atrorubens deriva dal latino e signifi ca “scuro e<br />

rosseggiante”, con evidente riferimento al colore<br />

di questa splendida orchidea.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 60 (80) cm. Fusto generalmente<br />

sinuoso, di colore variabile<br />

a seconda <strong>del</strong>le stazioni: verde<br />

violaceo o rossastro, lievemente<br />

pubescente.<br />

Fioritura<br />

Da Luglio ad Agosto<br />

Foglie<br />

Da 5 a 11 lunghe da 4 a 11 cm, larghe da 1 a 5 cm, alterne, distiche,<br />

carenate, con bordo ondulato, ripiegate a doccia. Forma varia a seconda<br />

<strong>del</strong>l’altezza: quasi rotonde le prime, poi via via sempre più lanceolate fi no<br />

a diventare bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Da l0 a 25 cm. Lassa, con 9 o 50 (60) fi ori penduli disposti unilateralmente<br />

profumati di vaniglia. Brattee: le inferiori più lunghe dei fi ori, le superiori<br />

lunghe quanto o più <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Allogami, da pendenti a suborizzontali, campanulati, di colore rosso porpora<br />

o rosso violaceo; sepali e petali lunghi da 6 a 10 mm, larghi da 2.5 a<br />

4.5 mm; labello più corto dei sepali; ipochilo lungo da 4 a 6 mm, a forma<br />

incavata contenente nettare, brunastro; epichilo a forma cordata, lungo<br />

da 3 a 4 mm, largo 4.5 mm, con bordo cordato e punta ribattuta, munito<br />

di 2 vistose increspature alla base; ginostemio biancastro, corto e tozzo;<br />

antera gialla; polline giallo in masse compatte; rostello con viscidio effi cace;<br />

clinandrio sviluppato; stimma a forma quadrangolare; ovario brunastro o<br />

verde-grigiastro, pubescente, piriforme con pedicello arquato lungo da 3<br />

a 5 mm. 2n=40<br />

Status<br />

In considerazione degli ambienti<br />

assai inospitali dove<br />

questa pianta vive, la competizione<br />

con altre essenze,<br />

sia erbacee che arbustive, è<br />

piuttosto scarsa, pertanto la<br />

specie mantiene la sua presenza<br />

con una certa facilità.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: è presente<br />

in tutto il territorio escluso la Puglia e<br />

le isole maggiori. In provincia: dai 150<br />

ai 1500 m.s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su suolo calcareo, in stazioni soleggiate,<br />

pietrose, aride, ma anche in ambienti<br />

più chiusi (es. boschi di conifere o<br />

faggete rade).<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è distribuita sul territorio in<br />

modo abbastanza omogeneo. E’ specie<br />

legata all’ambiente luminoso e asciutto.<br />

Tuttavia nel territorio <strong>del</strong> Comune di Coli<br />

era presente in una stazione ombrosa e<br />

molto umida, frammista a Gymnadenia<br />

conopsea e alle congeneri E. helleborine<br />

e E. muelleri. Nel corso di osservazioni<br />

fatte in questa stazione negli ultimi anni<br />

si è infi ne scoperto che, a seguito di un<br />

movimento franoso, era cambiato il corso<br />

di una sorgente. Il fenomeno spiega la<br />

presenza <strong>del</strong>la specie in questi luoghi.<br />

Da alcuni anni, tuttavia, la stazione è<br />

scomparsa.<br />

42 43


EPIPACTIS DISTANS ARVET-TOUVET 1872<br />

Epipactis helleborine subsp. orbicolaris (K. Richt.) E. Klein<br />

Il nome specifi co va messo in relazione<br />

alla distanza che intercorre tra una<br />

foglia e l’altra.<br />

Pianta<br />

Da 5 a 60 cm, fusto molto robusto,<br />

frequentemente riunito in<br />

gruppi, verde pallido, leggermente<br />

peloso verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da metà Giugno a metà Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 6 generalmente più corte degli internodi, lunghe da 4 a 6.5 cm,<br />

larghe da 2.5 a 4 cm, per lo più distiche da ovali a ovale-lanceolate, verde<br />

chiaro, con una parte più chiara vicino all’altezza <strong>del</strong>l’inserzione con il fusto,<br />

erette-patenti di solito concave con bordo ondulato.<br />

Infiorescenza<br />

Da lassa a fortemente densa, con 10-50 (70) fi ori distribuiti unilateralmente.<br />

Brattee più lunghe dei fi ori in basso, lunghe uguali in alto.<br />

Fiori<br />

Allogami o facoltativamente autogami, verdi e biancastri o giallastri, con una<br />

leggera velatura rosea riguardante i petali, aperti da orizzontali a pendenti;<br />

sepali lunghi da 10 a 14 mm, larghi da 5 a 8 mm, carenati; petali subeguali,<br />

lunghi da 8 a 10 mm, larghi da 5 a 6.5 mm; ipochilo concavo nettarifero<br />

biancastro esternamente, marroncino lucente internamente; epichilo lungo<br />

da 4 a 4.5 mm, largo da 4 a 4.6 mm, alla base sono presenti 2 protuberanze<br />

verrucose poco sviluppate, biancastre, brunastre o soffuse di rosa e una<br />

cresta centrale più marcatamente colorata; ginostemio biancastro; glandula<br />

rostellare poco sviluppata, tuttavia mantiene a lungo la sua effi cacia; polline<br />

assai friabile a volte si disgrega già nel bocciolo; clinandrio incavato e largo;<br />

ovario con costolature marcate, munito di pedicello arcuato violetto alla<br />

base. 2n=40<br />

Status<br />

la condizione essenziale per<br />

la sopravvivenza di questa<br />

pianta è che venga mantenuto<br />

inalterato il suo ambiente<br />

vitale. Purtroppo gli esemplari<br />

presenti in provincia vivono<br />

per lo più in ambienti ormai<br />

fortemente compromessi.<br />

Diffusione<br />

Endemica alpica. In Italia è presente<br />

sporadica lungo la catena alpina, dalla<br />

Valle d’Aosta alla Carnia, sicuramente<br />

nell’Oltrepo’ pavese. In provincia almeno<br />

5 stazioni tra i 1000 e i 1200 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Scarpate aride e assolate, spesso anche<br />

in pinete, rade, artificiali, sempre in<br />

piena luce, su suoli calcarei o debolmente<br />

acidi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Nel corso di questi anni attorno a questa<br />

entità è andata sviluppandosi una certa confusione:<br />

questo a mio avviso avviene quando si<br />

osserva la pianta in un ambiente alterato e non<br />

più tipico per la specie. Un caso esemplare è<br />

quello di un bosco impiantato artifi cialmente:<br />

se prima <strong>del</strong>l’impianto questo luogo, arido<br />

e assolato, era ideale per la specie, con il<br />

progredire <strong>del</strong> bosco sopraggiungono ombra,<br />

maggiore umidità e più sostanze nutritive nel<br />

terreno. Si comincerà allora a notare una lenta<br />

ma decisa trasformazione <strong>del</strong>la forma e <strong>del</strong><br />

portamento <strong>del</strong>le foglie, tanto da confonderle<br />

con quelle di E. helleborine, mentre le caratteristiche<br />

dei fi ori rimangono pressoché inalterate.<br />

Questi sono processi lenti e richiedono <strong>del</strong><br />

tempo; ma se si avrà la pazienza di osservare<br />

quest’evento per almeno una decina di anni,<br />

meglio ancora se per più tempo, si noterà che<br />

le piante, dopo essersi trasformate, tendono<br />

lentamente a sparire fi no all’estinzione completa<br />

da quella stazione. Ho avuto modo di<br />

notare questi fenomeni in fase ± avanzata sia<br />

nel <strong>piacentino</strong> che in Val Brenta (Trentino)<br />

e in Francia, nelle vicinanze di Aussois (valle<br />

<strong>del</strong>l’Arc, dipartimento <strong>del</strong>le Hautes-Alpes). In<br />

condizioni normali E. distans ha caratteristiche<br />

tali che non può essere confusa in alcun<br />

modo con altre specie né tanto meno con E.<br />

helleborine. Questa diversità viene accentuata<br />

quando i fi ori ormai appassiti lasciano il posto<br />

agli ovari rigonfi di semi: questi sono talmente<br />

grossi da assomigliare, per dimensioni, più a<br />

quelli di E. atrorubens o a quelli di E. microphilla<br />

che non a quelli di E. helleborine.<br />

44 45


EPIPACTIS GRACILIS B. BAUMAN & H. BAUMAN 1988<br />

Epipactis persica subsp. gracilis (B. & H. Bauman) W. Rossi<br />

Gracilis fa riferimento alla taglia solitamente<br />

esile <strong>del</strong>la pianta.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 45 (60) cm, fusto piuttosto<br />

esile, verde chiaro, glabro alla<br />

base. <strong>Le</strong>ggermente pubescente<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Luglio<br />

Foglie<br />

Ridotte a guaine le 2 o 3 basali; da 2 a 4 caulinari raccolte nella parte<br />

superiore <strong>del</strong> fusto, lunghe da 2 a 4.5 cm, larghe da 0.8 a 3 cm, ovatoellittiche<br />

le inferiori, lanceolate, falciformi le superiori, con bordo munito di<br />

una denticolatura irregolare vista alla lente.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con fi ori posti unilateralmente lungo il fusto, in numero variabile da<br />

3 a 15. Brattee lunghe ± quanto l’ovario.<br />

Fiori<br />

Autogami, di colore verde pallido o verdastri, o con leggerissime sfumature<br />

rosa che interessano i petali e l’epichilo, generalmente campanulati, pendenti<br />

o suborizzontali; sepali lunghi da 8 a 10 mm, larghi da 3 a 4.5 mm,<br />

ovali e lanceolati; sepali lievemente carenati con una nervatura centrale<br />

più marcatamente verdastra; petali pressappoco uguali ai sepali, con apice<br />

leggermente più rifl esso; labello lungo da 7 a 8 mm; ipochilo a forma di<br />

coppa contenente nettare; epichilo a forma cordata munito alla base di 2<br />

gibbosità piuttosto evidenti divise da un solco centrale; antera giallo-pallida<br />

stretta; clinandrio presente; stimma biancastro; viscidio ineffi cace; polline<br />

polverulento; ovario fusiforme, glabro, munito di pedicello corto.<br />

Status<br />

La specie condivide la stessa nicchia ecologica di E. viridifl ora.<br />

<strong>Le</strong> problematiche riguardanti il futuro sono simili.<br />

Diffusione<br />

Subendemica. In Italia la reale presenza è<br />

ancora in fase di determinazione, tuttavia<br />

è segnalata in quasi tutta la penisola<br />

dall’Emilia in giù. In provincia la sua presenza<br />

è accertata solo in Val d’Arda.<br />

Ambiente<br />

Faggete su substrato preferibilmente<br />

calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è rarissima: è stata trovata<br />

nel 1989 sul versante nord <strong>del</strong> monte<br />

Menegosa, nel quadrante 1324-1. In<br />

questi anni la presenza è stata accertata<br />

lungo la dorsale nord che va dal Groppo<br />

di Gora, nel quadrante 1324-1, al monte<br />

Penna, nel quadrante 1223-4, passando<br />

per il monte Santa Franca, nel quadrante<br />

1223-4, dove si conta il maggior numero<br />

di esemplari. In quest’area raggiunge il<br />

limite settentrionale <strong>del</strong> suo areale.<br />

46 47


EPIPACTIS HELLEBORINE (L.) CRANTZ 1769<br />

Serapias helleborine var. latifolia L.<br />

Helleborine deriva dalla somiglianza <strong>del</strong>le<br />

sue foglie con quelle <strong>del</strong> verato o elleboro.<br />

Il binomio latifolia fa ovviamente<br />

riferimento alla forma piuttosto ampia<br />

<strong>del</strong>le foglie.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 80 cm. Fusto eretto, verdognolo,<br />

spesso rosato alla base.<br />

Foglie<br />

Status<br />

Fioritura<br />

Da metà Giugno ai primi di Settembre.<br />

Da 3 a 10, caulinari, spiralate, più lunghe degli internodi, attaccate orizzontalmente<br />

al fusto, molli, da ovato-lanceolate a lanceolate. <strong>Le</strong> mediane<br />

lunghe da 6 a 16 cm, larghe da 4 a 10 cm con bordo fi nemente denticolato,<br />

di colore verde scuro; le superiori da 1 a 4, strettamente lanceolate poi<br />

bratteiformi per lo più pendenti.<br />

Infiorescenza<br />

Rada o compatta, lunga fi no a 40 cm, con più di 50 fi ori. Brattee verdi,<br />

lanceolate; le inferiori lunghe fi no a 6 cm, gradualmente decrescenti verso<br />

l’alto.<br />

Fiori<br />

Allogami, orizzontali o leggermente penduli, aperti, verdastri o rosati o più<br />

intensamente brunastri o violetti. Sepali lunghi da 9 a 15 mm, larghi da 5<br />

a 9 mm, ovati, ristretti all’apice, generalmente verdastri, soffusi di rosa internamente;<br />

petali pressappoco uguali e più colorati dei sepali. Labello più<br />

corto <strong>del</strong>le altre divisioni fi orali. Ipochilo concavo, scuro, nettarifero. Epichilo<br />

lungo da 3 a 5 mm, largo da 4 a 6 mm, di forma cordata, da bianco-verdastro<br />

a viola intenso, con apice ribattuto, la base munita di 2 protuberanze<br />

± marcate separate da un solco longitudinale; antera giallastra; clinandrio<br />

sviluppato; rostello con viscidio effi cace; polline in masse compatte; ovario<br />

verde, piriforme, munito di una pelosità corta e densa; pedicello corto e<br />

peloso, sovente tinto di violetto. 2n=38,40<br />

Status<br />

La specie occupa una notevole<br />

varietà di ambienti: forse<br />

anche per questo, sembra<br />

risentire in misura minore<br />

<strong>del</strong>l’enorme trasformazione<br />

ambientale in atto.<br />

Diffusione<br />

Paleo-temperata. In Italia: in tutto il<br />

territorio, rara nella Pianura Padana. In<br />

provincia: dai boschi <strong>del</strong>la pianura al<br />

limite superiore <strong>del</strong>le faggete.<br />

Ambiente<br />

Boschi di latifoglie e di aghifoglie, macchie<br />

e radure, su terreni freschi, ricchi<br />

di sostanze nutritive, o aridi, poveri,<br />

assolati, da moderatamente acidi a debolmente<br />

basici.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Il giorno 11-7-85, in località Monte Pillerone sono<br />

stati osservati due esemplari probabilmente generati<br />

dallo stesso rizoma, alti un metro e 22 cm. Tali<br />

esemplari sono ritornati a fi orire anche nelle annate<br />

successive ma con altezze leggermente inferiori. E.<br />

helleborine è nota per essere una specie dotata di<br />

notevole polimorfi smo: questo carattere a volte per<br />

la scarsa conoscenza ma spesso per la voglia di<br />

trarre conclusioni affrettate ha generato in passato<br />

e continua a generare, non poca confusione. In<br />

particolare vorrei soffermarmi sulla presenza reale o<br />

presunta di E. h. subsp tremolsi in Italia. Nelle stagioni<br />

1995-96 assieme al prof. P. Grünanger segnalammo<br />

la presenza di quest’entità per alcune località <strong>del</strong><br />

territorio <strong>piacentino</strong>. Per la verità senza troppo<br />

entrare nel merito <strong>del</strong>la questione, “fotografammo”<br />

la situazione non solo nel <strong>piacentino</strong> ma anche lungo<br />

tutta la dorsale appenninica. La nostra segnalazione<br />

arrivava dopo che l’entità era già stata segnalata in<br />

altre località italiane: H. Daiss, C. Delprete, H. Tichy<br />

(1989-90) e A. Scrugli (1990) per l’Inglesiente<br />

(Sardegna sud-occidentale); alcune segnalazioni in<br />

Liguria senza l’indicazione <strong>del</strong>la località (P. Liverani<br />

1991); ancora segnalazioni per la Sardegna centroorientale<br />

(C. Giotta & M. Picitto 1993). Nel corso di<br />

questi anni osservazioni più attente, ma soprattutto<br />

condotte sul lungo periodo e a più vasto raggio lungo<br />

la dorsale nord-appenninica e in parte in Toscana,<br />

hanno rafforzato l’idea che almeno in questi luoghi<br />

E. h. subsp tremolsi di fatto non esiste. Si può notare<br />

che esemplari con le forme tipiche di questa entità<br />

(cioè foglie semi erette molto coriacee, ondulate e<br />

abbraccianti il fusto), se messi in ombra dalla crescita<br />

di piante o arbusti, modifi cano anno dopo anno<br />

la forma <strong>del</strong>le foglie che tende a rilassarsi fi no a<br />

diventare piana e, nel contempo, anche più morbida<br />

e fl essuosa, assumendo la tipicità di E. helleborine.<br />

D’altra parte un confi ne netto tra queste 2 entità non<br />

è mai stato rilevato. Dai colloqui avuti con M. Picitto,<br />

posso concludere che la stessa situazione sia, con<br />

tutta probabilità, presente anche in Sardegna.<br />

48 49


EPIPACTIS LEPTOCHILA subsp. NEGLECTA<br />

H. KÜMPEL 1982<br />

Epipactis neglecta (H. Kümpel) H. Kümpel<br />

Pianta Fioritura<br />

Verde chiaro, singola o prevalen- Metà Luglio, metà Agosto<br />

temente cespitosa, con cespi che<br />

possono superare i 10 steli. Fusto<br />

robusto, fi nemente pubescente verso<br />

l’alto, peluria che conferisce al<br />

fusto, all’altezza <strong>del</strong>l’infi orescenza,<br />

una colorazione ± biancastra. Alto<br />

tra i 20/60 cm.<br />

Foglie<br />

Da 3 - 4 a 5-6, verdi-giallastre da giovani, tendenzialmente più scure, man<br />

mano che la pianta invecchia. Poste a 8/10 cm dal suolo; irregolarmente<br />

spiralate; ovali e piane le prime, presentano un’attaccatura biancastra lunga<br />

anche 8/10 mm (caratteristica questa presente anche in altre specie <strong>del</strong><br />

genere); ovale-lanceolate, leggermente ricurve verso il basso le mediane;<br />

lanceolate, bratteiformi, pendenti le superiori.<br />

Infiorescenza<br />

± lassa, alta da 10 a 25 cm, con 8/10 o 20/25 fi ori, posti unilateralmente,<br />

tuttavia quando la luce è particolarmente carente, tendono a girarsi verso<br />

il lato più illuminato. Brattee lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 0.8 a 2.5 cm<br />

le prime, lanceolate-pendenti; decrescenti verso l’alto, ma mai più corte<br />

<strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Sempre allogami, ± penduli, quasi sempre ben aperti, verde chiaro esternamente,<br />

da verde-biancastro a giallastro internamente; sepali lanceolati,<br />

acuminati, carenati, glabri, lunghi da 15 a19 mm, larghi 6.5 mm; petali lanceolati,<br />

con punte che tendono a voltarsi leggermente verso l’esterno, lunghi<br />

da 10.5 a 11.5 mm, larghi da 5.8 a 6.5 mm; ipochilo con coppa nettarifera,<br />

internamente marroncino o rossastro, lungo 5.5 mm, largo 5.5 mm; epichilo<br />

con una gibbosità piuttosto marcata nella parte centrale a forma cordata,<br />

divisa in due alla base; lungo da 5.2 a 6 mm, largo da 4.8 a 5.2 mm. Dopo<br />

che il fi ore si è completamente aperto, l’epichilo può subire (quasi sempre)<br />

un ripiegamento all’indietro, fi no a toccare la coppetta <strong>del</strong>l’ipochilo. Questo<br />

ripiegamento può avvenire in modo ± irregolare. La strozzatura tra ipochilo ed<br />

epichilo è piuttosto regolare, parallela, larga un po’ più di 1 mm. Antera non<br />

peduncolata, larga, giallastra; clinandrio ben sviluppato; polline in masse ben<br />

agglutinate; rostello munito di viscidio effi cace (sempre); ovario fusiforme,<br />

munito di pedicello arcuato, verde anche alla base.<br />

Diffusione<br />

Areale in fase di determinazione. In Italia<br />

è stata fi nora trovata in provincia di Brescia,<br />

in Trentino, in provincia di Pistoia. In<br />

provincia è presente in tre stazioni.<br />

Ambiente<br />

Faggeta ± umida.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La storia nomenclaturale di questa entità<br />

è piuttosto complessa. Essa infatti è stata<br />

defi nita in vari modi: E. leptochila (Godfery)<br />

Godfery, E. l. subsp neglecta H. Kümpel,<br />

E. neglecta (H. Kümpel) H. Kümpel, E.<br />

l. var. neglecta (H. Kümpel) A. Gevaudan,<br />

E. futakii Mered’a fi l. & Potucek. Nell’esposizione<br />

di questa specie ho scelto,<br />

provvisoriamente, l’epiteto che va per la<br />

maggiore, anche se penso che nessuna di<br />

queste defi nizioni sia soddisfacente per i<br />

popolamenti che osservo ormai dal 1987.<br />

Stazioni con caratteristiche simili ai ritrovamenti<br />

piacentini sono state segnalate<br />

in varie parti <strong>del</strong> Nord Italia: nell’Appennino<br />

pistoiese al confi ne con la provincia<br />

di Modena, nelle Prealpi bresciane e in<br />

Trentino. Confrontando direttamente<br />

i nostri esemplari con quelli <strong>del</strong> locus<br />

classicus in Turingia, si può notare che,<br />

tra i popolamenti di E. leptochila subsp.<br />

neglecta tedeschi (anche nelle forme più<br />

variabili), vi è sempre un netto legame con<br />

E. leptochila, legami che non esistono tra<br />

i nostri esemplari e la stessa E. leptochila.<br />

Personalmente penso che i presupposti<br />

per dare una collocazione più esatta ai<br />

popolamenti italiani vadano ricercati più<br />

nella complessità di E. helleborine che non<br />

altrove. Da diversi anni sto lavorando in<br />

questo senso; sui risultati rimando ad un<br />

intervento più diretto prossimamente.<br />

50 51


EPIPACTIS MICROPHYLLA (EHRHART) SWARTZ 1800<br />

Serapias microphilla Ehrh.<br />

L’aggettivo microphylla si riferisce alle<br />

foglie, che sono brevissime.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 (55) cm. Fusto tomentoso<br />

verso l’alto, grigiastro in alto,<br />

violaceo in basso.<br />

Fioritura<br />

Da metà Maggio a metà Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 10, lunghe da 2 a 2.5 cm, larghe da 0.5 a 2 cm, piccole, lanceolate,<br />

piane, lievemente carenate, più brevi degli internodi, disposte a spirale, di<br />

colore verde-grigiastro, di lunghezza decrescente verso l’alto.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga da 5 a 25 cm, rada, allungata, con pochi fi ori; brattee pubescenti,<br />

grigiastre, in basso più lunghe degli ovari, in alto più corte.<br />

Fiori<br />

Piccoli, profumati, campanulati o suborizzontali o penduli, bianco-verdastri,<br />

talvolta sfumati di rosa internamente, verde-grigiastro esternamente;<br />

sepali e petali lunghi da 6 a 9 cm, larghi da 3 a 5.5 mm, ovale-lanceolati,<br />

carenati, pubescenti all’esterno; ipochilo con coppa nettarifera, verde-ulivo;<br />

epichilo lungo e largo da 3 a 5 mm, a forma cordata con margine ondulato<br />

o crenulato, munito alla base di 2 increspature laterali e di una centrale più<br />

allungata; ginostemio biancastro; antera giallo-verdastra; rostello con viscidio<br />

già ben sviluppato prima <strong>del</strong>l’antesi, ma perde effi cacia rapidamente; polline<br />

prima in masse ben agglutinate, poi polverulento; clinandrio presente; ovario<br />

piriforme munito di un corto pedicello.<br />

Status<br />

Data l’esiguità dei popolamenti diventa diffi cile valutare i livelli di rischio,<br />

tuttavia si possono fare <strong>del</strong>le ragionevoli ipotesi: non dovrebbe avere particolari<br />

problemi nei boschi di alta quota (castagneti-faggete), mentre il<br />

progressivo avanzare dei cespugli nei boschi caldi a bassa quota, alla lunga,<br />

potrebbe essergli fatale.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia è presente<br />

in tutte le regioni. In provincia dai boschi<br />

caldi dalla media collina al limite superiore<br />

<strong>del</strong>la faggeta.<br />

Ambiente<br />

Boschi radi, scarpate sassose su terreno<br />

calcareo, anche in faggeta ombrosa.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

In questi ultimi anni è andata <strong>del</strong>ineandosi<br />

la sua reale consistenza sul territorio.<br />

Pur essendo una specie rarissima (i suoi<br />

popolamenti sono quasi sempre ristretti a<br />

pochi o unici esemplari) la si può trovare<br />

in una serie infi nita di ambienti. Il periodo<br />

di fi oritura inoltre rappresenta indubbiamente<br />

un record per quanto riguarda<br />

le <strong>orchidee</strong> presenti in provincia: inizia<br />

infatti nella prima decade di maggio nei<br />

boschetti caldi <strong>del</strong>l’alta Val Dorba, quadrante<br />

1122-2 in comune di Travo (dato<br />

rilevato il 10/05/2001) e fi nisce dopo la<br />

metà di agosto nelle faggete <strong>del</strong>l’alta Val<br />

Nure, in prossimità <strong>del</strong> monte Zovallo nel<br />

quadrante 1423-1 in comune di Ferriere<br />

(dato rilevato il 18/08/2000).<br />

52 53


EPIPACTIS MUELLERI GODFERY 1921<br />

Epipactis viridifl ora (Rchb.) sensu Müller<br />

Prende il nome dal botanico tedesco<br />

H. Müller (1829-1883).<br />

Pianta<br />

<strong>Le</strong> caratteristiche generali <strong>del</strong>la<br />

pianta differiscono da quelle di<br />

Epipactis helleborine, dall’habitus<br />

generalmente più gracile, anche se<br />

non vanno dimenticati esemplari di<br />

ragguardevoli dimensioni (60-70<br />

cm Monte Nero, 14-8-1987).<br />

Fioritura<br />

Da metà Giugno a metà Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 10, lunghe da 4.5 a 12 cm, larghe da 1.5 a 4 cm, distiche, ovale-lanceolate<br />

o strettamente lanceolate, piane o carenate, con margine<br />

generalmente ondulato, di colore generalmente verde chiaro con nervature<br />

evidenti ± coriacee a seconda se sono ± esposte alla luce, da 1 a 3 foglie<br />

superiori bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga da 5 a 30 cm, generalmente rada, composta da 4 o 5 a 40 fi ori,<br />

orientati per lo più su un solo lato <strong>del</strong> fusto. Brattee più lunghe dei fi ori<br />

nella parte bassa, un po’ meno nella parte alta.<br />

Fiori<br />

Lunghi da 8 a 12 mm, larghi da 3.5 a 5 mm, ovale-lanceolati, leggermente<br />

carenati; petali ± uguali ai sepali, ovale-acuminati, biancastri o raramente<br />

rosei; giuntura tra ipochilo ed epichilo larga; ipochilo incavato contenente<br />

sostanze zuccherine, brunastro o rossastro internamente; epichilo lungo<br />

da 4 a 5 mm, largo da 3 a 4 mm, cordato, ottuso con punta dritta in avanti<br />

o leggermente piegata all’indietro, sono presenti 2 piccole protuberanze<br />

basali divise da un solco centrale; antera giallastra, sormontante lo stimma;<br />

clinandrio assente; viscidio assente o presente in forma rudimentale nel<br />

bocciolo; masse polliniche appoggiate direttamente sopra lo stimma; ovario<br />

verde, peduncolato, piriforme, ± glabro. 2n=38,40<br />

Status<br />

<strong>Le</strong> problematiche di rare-fazione di questa pianta sono legate all’infoltirsi<br />

degli ambienti dove vive.<br />

Diffusione<br />

L’areale è da ritenersi europeo-centroccidentale,<br />

anche se i suoi effettivi confi ni sono ancora imprecisati,<br />

essendo stata confusa con la congenere<br />

E. helleborine (di cui, da molti autori, è considerata<br />

sottospecie). In Italia la prima segnalazione è dovuta<br />

a L. Poldini (1981) per l’Italia nord-orientale.<br />

In provincia è stata trovata per la prima volta<br />

nel corso <strong>del</strong>le mie ricerche, nel 1983, nel quadrante<br />

1023-3 nella località Poggio Balestrino.<br />

Ambiente<br />

Boscaglie termofi le, pinete, faggete, spesso sui<br />

bordi stradali.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Contrariamente a quanto succede in<br />

altre specie, la fi oritura di E. muelleri è<br />

velocissima: questo fatto va messo in<br />

relazione al fenomeno <strong>del</strong>l’autogamia in<br />

cui il polline maturo (polverulento) cade<br />

sullo stimma. Così il fi ore ha adempiuto<br />

al suo compito senza dover attendere<br />

l’insetto impollinatore: perciò in breve<br />

tempo avvizzisce. Inoltre all’interno di<br />

questa specie non è raro osservare fenomeni<br />

di cleistogamia: ciò signifi ca che<br />

il fi ore in particolari condizioni riesce ad<br />

autoimpollinarsi senza doversi aprire.<br />

Questa caratteristica la si può riscontrare,<br />

sempre in condizioni estreme, in quasi<br />

tutte le specie <strong>del</strong> genere.<br />

Nelle annate successive al 1983 si è potuto<br />

notare un andamento irregolare nella<br />

fi oritura: pochi individui a fi ore nell’84<br />

e 85; addirittura nulla o quasi nell’86,<br />

per arrivare nell’87 e 88 ad una fi oritura<br />

abbondante. Fenomeno, questo, assai<br />

frequente nella famiglia <strong>del</strong>le orchidacee<br />

e da mettere in relazione all’andamento<br />

stagionale e alla conseguente capacità<br />

<strong>del</strong>la pianta di accumulare sostanze di<br />

riserva, utili quest’ultime a produrre la<br />

fi oritura <strong>del</strong>l’anno successivo.<br />

54 55


EPIPACTIS PALUSTRIS (L.) CRANTZ 1769<br />

Helleborine palustris (L.) Crantz<br />

L’aggettivo palustris indica chiaramente<br />

l’ambiente in cui questa specie vive. Un<br />

tempo era sicuramente presente anche in<br />

pianura; attualmente, essendo sparite per<br />

mano <strong>del</strong>l’uomo le zone umide planiziali,<br />

la si ritrova solo nelle torbiere e nei luoghi<br />

umidi di montagna.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 60 (96) cm. Fusto eretto,<br />

leggermente angoloso; colorazione<br />

verde con screziature rossastre.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Giugno ad Agosto.<br />

Foglie<br />

In numero variabile da 4 a 10, lunghe da 6 a 19 cm, larghe da 1 a 4.5 cm,<br />

abbraccianti, disposte a spirale; a forma oblungo-lanceolata o strettamente<br />

lanceolate, carenate con nervature evidenti nella parte inferiore, lanceolatoacute<br />

e più piccole nella parte superiore <strong>del</strong>lo scapo.<br />

Infiorescenza<br />

Generalmente lassa, alta da 5 a 22 cm, con 4-5 o oltre 20 fi ori penduli.<br />

Brattee inferiori più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, decrescenti verso l’alto.<br />

Fiori<br />

Allogami grandi da penduli a orizzontali, aperti a forma di due triangoli contrapposti;<br />

sepali lunghi da 9 a 13 mm, larghi da 3 a 5.5 mm, pelosi e brunoverdastri<br />

all’esterno, rosa ± carico con linee più marcate all’interno; petali lunghi<br />

da 9 a 13 mm, larghi da 3 a 5 mm, bianco-rosei, rossastri o brunastri alla base,<br />

glabri; labello lungo da 10 a 13.5 mm privo da sperone; ipochilo lungo da 5<br />

a 7 mm a forma di coppa contenente sostanze zuccherine, bianco striato di<br />

rosso o porpora, munito ai lati di 2 lobetti triangolari; epichilo lungo da 7.5 a<br />

8.5 mm, mobile, elastico, a forma rotondeggiante cordata, bianco, con bordo<br />

increspato, munito di 2 creste alla base gialle; ginostemio verde giallastro,<br />

stretto alla base; antera giallastra; clinandrio e viscidio ben sviluppati; stimma<br />

subovale; polline in masse ben agglutinato; ovario pubescente non ritorto, la<br />

resupinazione avviene mediante la torsione di 180° <strong>del</strong> peduncolo. 2n=40<br />

Status<br />

La pianta, oltre che per seme,<br />

si propaga anche attraverso<br />

gemme avventizie generate<br />

dal rizoma, dando così origine,<br />

quando vi sono le condizioni<br />

ottimali, a ricchissimi popolamenti.<br />

Nonostante ciò, E.<br />

palustris è la specie <strong>del</strong> genere<br />

che corre i maggiori rischi di<br />

estinzione, causati dall’alterazione<br />

o dalla distruzione <strong>del</strong><br />

suo ambiente vitale.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale. In Italia: in tutte le regioni.<br />

In provincia: dagli 800 ai 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Paludi, praterie umide, torbiere, su suolo<br />

preferibilmente calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Il giorno 19-7-87 nel quadrante 1322-2,<br />

all’interno di una vasta stazione, sono stati<br />

osservati diversi esemplari di notevoli<br />

dimensioni con altezza media tra gli 80<br />

e i 96 cm.<br />

L’insetto, nella fase di partenza, dopo essersi<br />

appoggiato per prendere il nettare,<br />

riceve una sorta di spinta dall’epichilo:<br />

ciò è dovuto all’elasticità che esiste nella<br />

strozzatura ipochilo-epichilo. A seguito<br />

di questa spinta l’insetto va a sbattere<br />

con il capo verso la parte alta <strong>del</strong> fi ore<br />

dove è posto il rostello con viscidio, il<br />

quale all’urto farà aderire i pollini al capo<br />

<strong>del</strong>l’insetto. In tal modo l’insetto, nel<br />

tentativo di prendere altro nettare da un<br />

altro fi ore, avrà modo di far aderire quei<br />

pollini posti in posizione favorevole allo<br />

stimma <strong>del</strong> nuovo fi ore, stimma che si<br />

trova opportunamente nella parte bassa<br />

<strong>del</strong>l’apparato riproduttivo.<br />

56 57


EPIPACTIS PLACENTINA<br />

BONGIORNI & GRÜNANGER 1993<br />

Dedicato alla flora <strong>del</strong>la Provincia di<br />

Piacenza<br />

Pianta<br />

Da (16) 20-40 (60) cm. Fusto per lo più<br />

solitario, robusto, eretto o leggermente<br />

fl essuoso all’altezza <strong>del</strong> secondo internodo;<br />

leggermente rosato nella parte bassa, verde<br />

nella parte media e alta; glabro in basso,<br />

pubescente in alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Giugno a Ottone Soprano a fi ne<br />

Luglio a Pertuso. Intermedie le altre stazioni.<br />

Foglie<br />

Da (3) 4 a 7 (8), sessili, amplessicauli, erette o semierette, lunghe da 1 a 2.7 cm,<br />

larghe da 1 a 2.2 cm le prime, ovato-lanceolato con margine leggermente ondulato,<br />

lunghe da 5.2 a 6.3 cm, larghe da 3.2 a 3 cm, le seconde. Lanceolate fi no<br />

a diventare bratteiformi, lunghe da 5.5 a 3.1 cm, larghe da 2.5 a 1 cm le terze.<br />

Infiorescenza<br />

Cilindrica, allungata, densa, multifl ora. Brattee lanceolato-allungate, più lunghe <strong>del</strong><br />

fi ore le prime, decrescenti verso l’alto, ma mai più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

<strong>Le</strong>ggermente profumati, medi, autogami, aperti o sovente socchiusi, penduli; sepali<br />

lunghi da 7 a 9 mm, larghi da 3 a 4 mm, ovato-lanceolati, verdastri con margini<br />

arrossati, nervature poco evidenti; petali lunghi da 6.5 a 9 mm, larghi da 3 a 4.5<br />

mm, rosa, tendenzialmente più carico verso l’apice, con nervature poco evidenti.<br />

Labello lungo da 6 a 8 mm, piccolo; ipochilo, lungo da 2.5 a 4.5 mm, largo da 3.4<br />

a 4.3 mm, semigloboso, saccato, contiene nettare; roseo esternamente, purpureo<br />

internamente. Epichilo lungo quanto largo (3 - 4 mm), a forma triangolare, apice<br />

mai defl esso, bordi leggermente revoluti, rosa ± intenso. Ginostemio biancastro,<br />

glandula rostellare assente o rudimentale, visibile solamente quando il fi ore è in<br />

boccio. Clinandrio assente; antera allungata; polline giallo, disgregato; stigma<br />

biancastro; ovario a forma di clava con breve pedicello arcuato e ritorto. 2n=38<br />

Status<br />

Nel corso di questi anni,<br />

in provincia, ho rilevato la<br />

presenza di altri tre piccoli<br />

popolamenti. Purtroppo la<br />

stazione di Pertuso (locus<br />

classicus) è in forte arretramento,<br />

dovuto all’avanzata<br />

di cespugli di erica (Erica<br />

carnea).<br />

Diffusione<br />

Areale in fase di definizione, trovata<br />

fi nora in Francia, Svizzera e Slovacchia.<br />

In Italia è presente in Liguria, in Emilia-<br />

Romagna, in Toscana, nelle Marche, nel<br />

Lazio e in Calabria. In provincia in sei piccole<br />

stazioni da 800 a 1200 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Per lo più in impianti di conifere artifi ciali<br />

maturi (Pinus nigra).<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Nel corso di osservazioni fatte in altre<br />

parti d’Italia si è notato che i popolamenti<br />

<strong>del</strong>l’Aspromonte e <strong>del</strong>le Serre<br />

presentano una colorazione atipica:<br />

bianco-rosata.<br />

58 59


EPIPACTIS VIRIDIFLORA HOFFMAN ex KROCKER<br />

Epipactis purpurata J. E. Smith<br />

Il termine viridifl ora fa riferimento al<br />

colore verde o presunto tale dei fi ori,<br />

più azzeccato mi sembra l’epiteto <strong>del</strong><br />

sinonimo purpurata.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 70 (100) cm, fusto robusto<br />

grigio-verdastro, soffuso di violetto,<br />

munito di una peluria grigiastra all’altezza<br />

<strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />

Fioritura<br />

Fine Luglio, inizio Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 12 lunghe da 4 a 10 cm, larghe da 1 a 3 cm, più lunghe degli internodi,<br />

disposte lungo il fusto, ± spiralate, rigide. Carenate, con bordo ondulato, di<br />

colore verde-brunastro, o soffuse di rosa-violaceo, più marcato da giovane;<br />

da 2 a 3 superiori strettamente lanceolate, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, lunga da 10 a 50 cm, con 5-10 o 50 (100) fi ori. Brattee più lunghe<br />

dei fi ori.<br />

Fiori<br />

<strong>Le</strong>ggermente profumati, allogami, ben aperti, da pendenti a suborizzontali,<br />

verdastri esternamente, verde-biancastro internamente, una leggera velatura<br />

rosa interessa i petali, una colorazione più marcata di rosa o violaceo<br />

interessa la parte centrale <strong>del</strong>l’epichilo; sepali lunghi da 9 a 13 mm, larghi<br />

da 4 a 6 mm, ovali-lanceolato, pelosi esternamente; petali ± uguali ai sepali;<br />

ipochilo a forma di coppa contenente nettare, bruno-violaceo internamente;<br />

epichilo lungo da 4 a 5 mm, largo da 4 a 5-6 mm, a forma cordata con bordi<br />

increspati e ondulati e punta piegata all’indietro, alla base sono presenti 2<br />

protuberanze piuttosto marcate e verrucose divise da una callosità centrale;<br />

ginostemio biancastro; antera giallastra; clinandrio sviluppato; rostello con<br />

viscidio funzionante; ovario fusiforme, verdastro con costolature più evidenti,<br />

con pedicello lungo da 2 a 2.5 mm, pubescente, violaceo. 2n=40<br />

Status<br />

Se si avviassero programmi seri di riconversione <strong>del</strong> bosco da ceduo ad<br />

alto fusto, la specie potrebbe aumentare notevolmente; in caso contrario<br />

bisognerà sperare che non vengano abbattute quelle centinaia di faggi che<br />

consentono vitalità a questa piccola stazione.<br />

Diffusione<br />

Subatlantica. In Italia oltre all’Emilia Romagna,<br />

è presente in Lombardia, Toscana,<br />

Marche, Abruzzo, Basilicata, Calabria<br />

e Puglia Garganica. In provincia una sola<br />

stazione di pochissimi esemplari.<br />

Ambiente<br />

Faggeta matura su suolo calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Lungamente data per possibile lungo la<br />

catena alpina, al contrario oggi si registra<br />

essere più presente lungo tutta la dorsale<br />

appenninica verso sud; ma è soprattutto<br />

nell’area <strong>del</strong> Pollino che si sono visti in<br />

questi anni popolamenti veramente abbondanti.<br />

Nell’unica stazione piacentina,<br />

quadrante 1223-4, a nord-est <strong>del</strong> monte<br />

Santa Franca osservo questa pianta da<br />

quando l’ho trovata per la prima volta<br />

nel 1994. Nelle annate migliori fi oriscono<br />

6-7 piante, 3-4 in quelle scarse. Un<br />

fatto curioso: ho notato che le piante<br />

non fi oriscono quasi mai per 2 annate<br />

di seguito, il fenomeno fa pensare che<br />

il numero degli esemplari sia maggiore e<br />

fa anche ragionevolmente ipotizzare che<br />

la pianta rimanga dormiente oppure che<br />

riesca a sviluppare qualche forma di ciclo<br />

vitale sottoterra. Ricerche in tal senso<br />

non ne ho mai fatte, per non rischiare di<br />

perdere anche uno solo di questi preziosi<br />

esemplari.<br />

60 61


CEPHALANTHERA DAMASONIUM (MILLER) DRUCE 1906<br />

Cephalanthera pallens (S.B. Jundzill) L.C.M. Rich.<br />

Il nome specifi co damasonium è parola<br />

latina e signifi ca “Alisma”, ad indicare la<br />

somiglianza <strong>del</strong>le foglie di questa specie<br />

con quelle di una pianta acquatica:<br />

l’Alisma plantago-aquatica.<br />

Pianta<br />

Fusto glabro, alto tra i 10 e i 60<br />

cm.<br />

Fioritura<br />

Da Maggio ai primi di Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 2 a 5 lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 1.5 a 3.5 cm, ovali, ellittiche, con<br />

apice acuto o anche lanceolate; quelle basali ridotte a guaine che abbracciano<br />

il fusto, quelle di maggiore dimensione poste nella parte centrale <strong>del</strong><br />

fusto e decrescenti di dimensione verso l’alto fi no a diventare bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa e povera (da 2 a 12 fi ori). Brattee: quelle più in basso sono <strong>del</strong> tutto<br />

simili a una foglia lunghe 5 cm; le superiori, lineare-lanceolate, decrescenti<br />

e più lunghe degli ovari.<br />

Fiori<br />

Lunghi da 11 a 20 mm, larghi da 5 a 9. Da bianco-avorio a bianco-giallastro,<br />

rivolti verso l’alto, quasi chiusi, raramente aperti. Sepali di forma oblungolanceolata<br />

e un po’ più lunghi dei petali. Labello lungo da 11 a 14 mm, non<br />

speronato, di colore giallo. Ipochilo carenato biancastro concavo; epichilo<br />

più largo che lungo, provvisto internamente di 3-5 creste parallele, gialloarancione,<br />

ondulato ai margini con apice rifl esso. Ovario glabro, resupinato.<br />

2n=36<br />

Status<br />

L’apparato radicale non rappresenta fonte di cibo per i cinghiali perciò non<br />

viene danneggiato. Tuttavia le radure dove questa pianta per lo più vive<br />

sono sempre più spesso infestate da rovi e da arbusti vari, con conseguente<br />

riduzione dei suoi spazi vitali.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: su tutto il<br />

territorio. In provincia: dai 200 ai 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su suolo preferibilmente calcareo, in<br />

boschi freschi, spesso ai margini <strong>del</strong><br />

bosco, nei prati abbandonati.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Mentre nel bosco la specie si trova quasi<br />

sempre con esemplari singoli e prevalentemente<br />

di modeste proporzioni, nelle<br />

radure e nei margini non è raro trovarla<br />

in gruppi di 3-5 fi no a l0 steli generati<br />

da un unico apparto radicale. È appunto<br />

in questo ambiente che si trovano anche<br />

gli esemplari più vigorosi e alti. In questa<br />

specie è molto frequente l’autoimpollinazione.<br />

Molti fi ori non si aprono mai.<br />

62 63


CEPHALANTHERA LONGIFOLIA (L.) K. FRITSCH 1888<br />

Cephalanthera ensifolia (Murr) L.C.M. Rich.<br />

Longifolia deriva dall’unione <strong>del</strong>le parole<br />

latine longa e folia che signifi ca appunto<br />

“lunga foglia”. Questo è il carattere che<br />

contribuisce maggiormente a distinguerla<br />

da C. damasonium.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 50 (60) cm. Fusto foglioso,<br />

leggermente fl essuoso.<br />

Fioritura<br />

Da Maggio a Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 12, lunghe fi no a 18 cm, larghe fi no 4 cm. Verde chiaro, distiche,<br />

strettamente lanceolate, o lineari-lanceolate, con nervature evidenti, più<br />

lunghe quelle basali, progressivamente più corte quelle superiori.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, da 5 a 20 o 30 fi ori. Brattee: le inferiori fogliacee, le altre molto<br />

piccole o squamiformi, più corte <strong>del</strong>l’ovario, ad eccezione di quella inferiore<br />

che è più lunga <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Profumati, bianchi, più o meno eretti, socchiusi, tendenti ad aprirsi nelle<br />

ore più calde <strong>del</strong> giorno. Sepali lunghi da 13 a 18 mm, larghi da 4 a 6 mm,<br />

lanceolato-acuti. Petali più corti ed ottusi conniventi con il sepalo mediano.<br />

Labello lungo da 8 a 10 mm; ipochilo biancastro, concavo con lobi laterali<br />

dritti attorno al ginostemio; epichilo più largo che lungo, cordato, concavo,<br />

con all’interno da 4 a 7 creste longitudinali, giallo-aranciate. Sperone non<br />

presente o appena abbozzato. Ovario glabro, resupinato. 2n=32<br />

Status<br />

La situazione ecologica di questa pianta è simile a quella di C. damasonium.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: in tutto il territorio,<br />

meno frequente all’estremo sud. In<br />

provincia: dai 120 ai 1400 m.<br />

Ambiente<br />

Vario: querceti, faggete, pinete, preferibilmente<br />

aperti e luminosi, su terreno<br />

calcareo o debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie prevalentemente entomofila,<br />

tuttavia in mancanza di insetti impollinatori<br />

la fecondazione avviene per<br />

autoimpollinazione.<br />

64 65


CEPHALANTHERA RUBRA (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />

Serapias rubra L.<br />

Il nome specifi co rubra è senz’altro appropriato<br />

per questa orchidea. In latino<br />

rubra signifi ca “rossa” e coglie l’aspetto<br />

più appariscente di questa specie.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm. Fusto peloso, glanduloso,<br />

di colore verde-violaceo,<br />

ondulato nella parte superiore.<br />

Fioritura<br />

Giugno<br />

Foglie<br />

Lunghe da 5 a 14 cm, larghe da 1 a 3.5 cm, da 3 a 8, lanceolate o linearelanceolate;<br />

quelle inferiori ridotte a guaine che abbracciano il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, composta da 3 a 15 fi ori. Brattee inferiori più lunghe dei fi ori, decrescenti<br />

verso l’alto.<br />

Fiori<br />

Grandi, da rosa a rosso porpora, abbastanza aperti. Sepali lunghi da 15 a<br />

25 mm, larghi da 6 a 8 mm, pubescenti, oblungo-lanceolati, patenti; sepalo<br />

mediano connivente con i petali; petali più corti, ad apice ritorto. Labello<br />

lungo da 15 a 23 mm; ipochilo concavo con i margini laterali rialzati attorno<br />

al ginostemio, bianco; epichilo cordato, acuto, concavo, bianco con margine<br />

rosato, ornato da 7 a 15 creste longitudinali giallastre; ovario subsessile<br />

lineare, pubescente. Sperone non presente.<br />

Status<br />

Questa entità sembra risentire meno, rispetto ad altre specie, dei problemi<br />

legati alla rarefazione.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: in tutte le regioni.<br />

In provincia: dalla prima collina a oltre i<br />

1000 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Boscaglie rade e soleggiate, querceti,<br />

frassineti, carpineti, meno frequente nei<br />

castagneti, su terreno preferibilmente<br />

calcareo; è presente anche nelle faggete<br />

aperte.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Il 12 Giugno 1985 nel quadrante 1123-<br />

1 ho trovato un esemplare di notevoli<br />

dimensioni: a fi ne fi oritura raggiungeva<br />

l’altezza di 74 cm, con infi orescenza di<br />

32 fi ori; è rifi orito anche nelle annate<br />

successive con dimensioni più o meno<br />

uguali.<br />

Alcuni ricercatori sostengono che di<br />

questa pianta non si osservano piantine<br />

nate da seme e comunque il fenomeno<br />

sarebbe rarissimo. Più facile sarebbe la<br />

riproduzione vegetativa: la pianta infatti<br />

emette gemme avventizie dalle radici. In<br />

alcune parti <strong>del</strong>la provincia si notano differenze<br />

anche notevoli sulla percentuale<br />

di ovari fecondati: probabilmente ciò è<br />

dovuto alla presenza o meno di insetti<br />

pronubi.<br />

66 67


LIMODORUM ABORTIVUM (L.) SWARTZ 1799<br />

Orchis abortiva L.<br />

Abortivum da abortus, aborto, probabilmente<br />

per le foglie ridotte a scaglie<br />

o comunque dall’impressione che dà di<br />

pianta non completa.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm. Fusto peloso, Da<br />

20 a 80 cm. Robusta e di colore<br />

vario: marroncino, violetto o verdeviolaceo.<br />

Allo stadio di germoglio la<br />

pianta assomiglia ad un turione di<br />

asparago., di colore verde-violaceo,<br />

ondulato nella parte superiore.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno<br />

Foglie<br />

Membranacee, avvolgenti il fusto e <strong>del</strong>lo stesso colore.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, composta generalmente da 4 a 20 fi ori. Brattee ovale-lanceolate,<br />

più lunghe <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Piuttosto grandi (circa 4 cm), viola porpora, con sfumature giallastre internamente.<br />

Sepali lanceolati, patenti, lunghi da 16 a 25 mm, larghi da 6 a 12<br />

mm, il sepalo mediano forma una sorta di nicchia sopra il ginostemio; petali<br />

più sottili e più piccoli. Labello biarticolato, lungo da 15 a 22 mm; ipochilo<br />

leggermente concavo lungo e largo da 5 a 7 mm, di colore rosa-violaceo;<br />

epichilo ovale o cordato, lungo da 11 a 15 mm, largo da 8 a 12 mm, con<br />

bordo revoluto e crenulato, di colore bianco con nervature e bordo violaceo.<br />

Sperone fi liforme, discendente e lungo quasi quanto l’ovario. Ovario<br />

non ritorto, ma attaccato al fusto per mezzo di un lungo peduncolo, alla cui<br />

torsione è legata la resupinazione <strong>del</strong> fi ore. 2n=56,64<br />

Status<br />

Questa specie sembra non risentire di particolari<br />

problemi.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: dai 150 ai 1000<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su suolo calcareo, quasi sempre nelle<br />

boscaglie asciutte e soleggiate, spesso<br />

assieme a Epipactis helleborine e a Cephalanthera<br />

rubra.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Pur essendo una pianta solitamente rara,<br />

in alcune occasioni mi è capitato di osservare<br />

stazioni con oltre 100 esemplari<br />

in pochi metri quadrati.<br />

68 69


NEOTTIA NIDUS-AVIS (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />

Ophrys nidus-avis L.<br />

La denominazione specifi ca nidus-avis<br />

che signifi ca “nido d’uccello” conferma il<br />

signifi cato <strong>del</strong> nome generico Neottia.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 cm. Fusto robusto, eretto,<br />

di colore bruno-giallastro.<br />

Fioritura<br />

Fine Aprile inizio Luglio.<br />

Foglie<br />

Assenti, sostituite da guaine che abbracciano il fusto. Brattee membranacee<br />

lesiformi, 2 o 3 cm le inferiori, molto più brevi le superiori.<br />

Infiorescenza<br />

Ha spiga densa, ad eccezione dei fi ori (2 o 3) più in basso a volte distanziati.<br />

Fiori<br />

Color miele, <strong>del</strong> quale emanano anche il profumo. Sepali e petali lunghi<br />

da 4 a 6 mm, ovali-ellittici, ottusi, riuniti a cappuccio sopra il ginostemio.<br />

Labello lungo da 9 a 12 mm, bilobato, lobi talvolta con margine fi nemente<br />

denticolato. Alla base <strong>del</strong> labello è presente una piccola cavità dove si trova<br />

il nettare. Ovario peduncolato. Sperone assente. 2n=36<br />

Status<br />

L’unico grave problema per<br />

questa pianta è rappresentato<br />

dal rapido diffondersi<br />

<strong>del</strong>l’edera (Edera elix) la quale<br />

tappezza completamente il<br />

terreno, rendendo impossibile<br />

la sopravvivenza di tutte<br />

le piante erbacee.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: in tutto il territorio.<br />

In provincia: dai 300 a 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Boschi di latifoglie e impianti di conifere;<br />

luoghi ombrosi e freschi su terreno<br />

calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

L’impollinazione entomofi la avviene in<br />

modo abbastanza complicato. Appena<br />

i fi ori sono dischiusi, il rostello emette<br />

al minimo contatto una piccola quantità<br />

di sostanza vischiosa, che si attacca ai<br />

pollini e al capo <strong>del</strong>l’insetto vettore. Nel<br />

giro di pochi giorni il rostello perde la<br />

capacità di emettere tale sostanza. Se<br />

nel frattempo il fi ore non è ancora stato<br />

impollinato, il polline pulverulento cade<br />

sullo stimma e si avrà così l’autoimpollinazione.<br />

In certi casi il ciclo vitale completo<br />

di questa pianta può avvenire completamente<br />

sotto terra.<br />

70 71


EPIPOGIUM APHYLLUM SWARTZ 1814<br />

Satyrium epipogium L.<br />

L’aggettivo aphyllum signifi ca “senza foglie”.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 25 cm. Fusto rigonfi o alla<br />

base, cavo, glabro, giallastro in basso,<br />

rosso violetto verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Fine Luglio, Agosto.<br />

Foglie<br />

Ridotte a piccole scaglie membranacee inguainanti il fusto e <strong>del</strong>lo stesso<br />

colore di quest’ultimo.<br />

Infiorescenza<br />

Povera, da 1 a 4 fi ori. Brattee ridotte a piccole membrane.<br />

Fiori<br />

Piuttosto grandi, lunghi da 10 a 15 mm, odoranti <strong>del</strong>icatamente di banana.<br />

Sepali e petali più o meno uguali, lineari e lanceolati, di colore giallastro.<br />

Labello lungo da 6 a 14 mm, rivolto verso l’alto trilobato, di colore biancorosato;<br />

lobo mediano di forma navicolare e provvisto internamente di alcune<br />

creste (4-6) papillose per lo più di colore rosso. Ginostemio lungo da 4 a<br />

7 mm. Sperone largo, sacciforme, di colore uguale al labello. Ovario ovale,<br />

peduncolato. 2n=68<br />

Status<br />

In altre parti d’Italia mi è capitato di vedere fi oriture abbondantissime,<br />

con cespi formati da decine di esemplari. Da noi, non si riesce a<br />

trovarne mai più di qualche esemplare singolo. Nell’annata 2000 ho<br />

trovato una nuova stazione sul versante nord <strong>del</strong> monte Carevolo:<br />

sempre pochissimi esemplari, sempre in faggeta, ma in questo caso il<br />

bosco è piuttosto asciutto. Dato l’ambiente in cui vive, questa pianta<br />

non sembra avere particolari problemi.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. In Italia: in poche località<br />

<strong>del</strong>le Alpi e degli Appennini; ovunque<br />

molto rara. In provincia: in tre sole località<br />

da 1300 a 1400 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Faggete ombrose, molto umide o anche<br />

asciutte.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è stata trovata per la prima<br />

volta in provincia il 3-8-1986. Nello<br />

stesso luogo non era più presente nel<br />

1987, ma comunque nello stesso anno è<br />

stata trovata a qualche Km di distanza,<br />

sempre nello stesso ambiente e sempre in<br />

pochi esemplari. Un paio di questi erano<br />

bianco-latte: sicuramente si tratta <strong>del</strong>la<br />

varietà lacteum Keller.<br />

72 73


CORALLORHIZA TRIFIDA CHATELAIN 1760<br />

Corallorhiza innata R.BR.<br />

L’aggettivo trifi da signifi ca “diviso in tre”.<br />

Si riferisce forse alla posizione assunta dalle<br />

parti fi orali durante la fi oritura: il sepalo<br />

mediano e i petali formano un gruppo di 3,<br />

rivolti più o meno verso l’alto, i sepali laterali<br />

e il petalo mediano (labello) formano un<br />

altro gruppo di 3 rivolto verso il basso.<br />

Pianta<br />

Da 8 a 25 (30) cm. Fusto eretto,<br />

glabro, di colore verde chiaro o<br />

giallastro.<br />

Fioritura<br />

Giugno, inizio Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 2 a 4, ridotte a scaglie membranacee, abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa e povera (da 2 a 10-15 fi ori). Brattee minuscole, più corte <strong>del</strong> peduncolo<br />

<strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Poco appariscenti, odoranti leggermente di muschio. Sepali lunghi circa<br />

4-6 mm; petali più stretti, verde-giallicci, spesso con apici leggermente<br />

arrossati. Labello bianco, appena trilobato, solcato da due callosità centrali<br />

con alcune macchie rosse alla base. Ovario peduncolato. Sperone non<br />

presente. 2n=42<br />

Status<br />

Si tratta di solito di una pianta piuttosto rara, si trovano quasi sempre pochi<br />

e isolati esemplari. In certe annate e in condizioni particolarmente favorevoli<br />

non è raro trovare decine e decine di esemplari in pochi metri quadrati<br />

e sovente riuniti in cespi. Date le sue esigenze ecologiche, questa pianta<br />

sembra non correre particolari pericoli.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale. In Italia: sulle Alpi e sugli<br />

Appennini fi no in Campania. In provincia:<br />

al di sopra dei 1200 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Faggete ombrose, su suolo neutro o<br />

debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie pratica esclusivamente l’autoimpollinazione:<br />

infatti all’osservazione<br />

si nota che il dispositivo che consente<br />

l’adesione <strong>del</strong>le masse polliniche al capo<br />

degli insetti è atrofi co.<br />

74 75


LISTERA CORDATA (L.) R. BROWN 1813<br />

Ophrys cordata L.<br />

Il nome cordata, a forma di cuore, in relazione<br />

alla forma <strong>del</strong>le foglie.<br />

Pianta<br />

Esile, alta da 5 a 20 cm, fusto fi ne,<br />

bruno-rossastro al di sopra <strong>del</strong>l’inserzione<br />

<strong>del</strong>le foglie, verde chiaro<br />

e glabro al di sotto, pubescente<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Giugno<br />

Foglie<br />

2 opposte, cordiformi o romboidali, con bordo ondulato, lunghe da 1 a 3 cm,<br />

inserite un po’ sotto la metà <strong>del</strong> fusto, verde lucente nella pagina superiore,<br />

verde grigiastro su quella inferiore. A volte è presente una terza fogliolina<br />

al di sopra <strong>del</strong>le 2 più grandi.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, generalmente composta da 5-6 a 15 piccoli fi ori. Brattee di forma<br />

triangolare lunghe circa 1 mm.<br />

Fiori<br />

Minuscoli, da verde chiaro a rosso-brunastro; sepali lunghi da 2 a 3 mm,<br />

larghi 1 mm, ovati, patenti; petali ellittici, lunghi circa quanto i sepali; labello<br />

senza sperone, nettarifero alla base, pendente, lungo circa il doppio dei<br />

sepali, trilobo, con lobi laterali piccoli e posti alla base, lobo centrale a sua<br />

volta diviso in 2 lobuli stretti, acuti, divergenti. 2n=36,38,40,42<br />

Status<br />

In conseguenza <strong>del</strong>l’esiguità <strong>del</strong> popolamento e <strong>del</strong> periodo troppo breve<br />

di osservazione, risulta diffi cile trarre conclusioni o fare previsioni sulle condizioni<br />

di questa entità. Tuttavia credo che l’enorme quantità di piantine di<br />

abete presenti alla lunga fi niranno per alterare in modo negativo l’equilibrio<br />

di questa piccola zona.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale. In Italia è presente al<br />

nord fi no alla Toscana, esclusa la Valle<br />

d’Aosta. In provincia una sola stazione<br />

in Val Nure.<br />

Ambiente<br />

Nel sottobosco di un’abetaia artifi ciale<br />

(Abies alba) frammista ad arbusti di<br />

mirtillo, su cuscini di muschio.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Ho trovato questa pianta verso la metà<br />

di giugno <strong>del</strong> 1999 sul versante nordest<br />

<strong>del</strong> monte Carevolo nel quadrante<br />

1322-4 (comune di Ferriere). La piccola<br />

stazione si trova al margine di un’abetaia<br />

artifi ciale piuttosto matura: il terreno<br />

umido risultava ricoperto di muschio,<br />

con presenza di cespugli di mirtillo e<br />

numerosissime plantule di abete bianco.<br />

Il popolamento contava al momento <strong>del</strong><br />

ritrovamento una decina di esemplari a<br />

fi ore e innumerevoli plantule che spuntavano<br />

qua e là dal muschio.<br />

76 77


LISTERA OVATA (L.) R. BROWN 1813<br />

Ophrys ovata L.<br />

La denominazione ovata fa riferimento alla<br />

forma ovale-rotondeggiante <strong>del</strong>le foglie.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 50(70) cm. Fusto fl essuoso,<br />

pubescente, verde-giallastro.<br />

Fioritura<br />

Da Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

Due, lunghe da 5 a 15 cm, larghe da 0.3 a 8 cm, opposte, inserite a circa<br />

un terzo <strong>del</strong> fusto, lucide nella pagina superiore, con evidenti nervature.<br />

Raramente presenti anche altre foglie notevolmente più piccole, inserite<br />

sempre al di sopra <strong>del</strong>le due principali.<br />

Infiorescenza<br />

Cilindrica, allungata, stretta, lunga da 6 a 36 cm, con numerosi piccoli fi ori.<br />

Brattee ridotte a scaglie lunghe da 3 a 5 mm.<br />

Fiori<br />

Verdognoli, piccoli. Sepali ovali, smussati, formanti insieme ai petali (più<br />

piccoli) una specie di cappuccio sopra al ginostemio giallo-verde. Labello<br />

profondamente bilobato, percorso longitudinalmente da una callosità più<br />

verde e lucida per la presenza di una sostanza vischiosa (nettare). Sperone<br />

mancante. Ovario globoso sorretto da un pedicello. Per mezzo <strong>del</strong>la torsione<br />

di questo organo si ha la resupinazione <strong>del</strong> fi ore. 2n=32,34,38,42<br />

Status<br />

Questa specie sembra, al momento, non avere grandi problemi: è presente<br />

in tutto il territorio con un discreto numero di esemplari. Il motivo di questa<br />

favorevole situazione risiede probabilmente nella varietà di ambienti in cui<br />

questa pianta si è adattata a vivere.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: in tutto il territorio.<br />

In provincia: dai greti stabilizzati<br />

dei fi umi fi no al limite <strong>del</strong>le praterie. Più<br />

frequente nelle zone intermedie.<br />

Ambiente<br />

Preferibilmente luoghi freschi e umidi,<br />

oppure, raramente, aridi. Terreno vario:<br />

da calcareo a debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Non è raro vedere ovari che già disperdono<br />

semi maturi e notare che, attaccati ad<br />

essi, il labello e le altre parti fi orali sono<br />

ancora ben distinguibili, pur essendo<br />

diventati un po’ marroncini.<br />

78 79


SPIRANTHES SPIRALIS (L.) CHEVALLIER 1827<br />

Spiranthes autunnalis Rich.<br />

Spiralis rafforza il signifi cato <strong>del</strong>la denominazione<br />

Spiranthes. Spesso viene usato il<br />

sinonimo S. autumnalis L.C.M. Richard che si<br />

riferisce al periodo di fi oritura che avviene a<br />

fi ne Estate inizio Autunno. La parte radicale<br />

è costituita da due tuberi affusolati; il più<br />

vecchio, che ha dato origine allo stelo fi orifero<br />

<strong>del</strong>l’annata, è più grinzoso.<br />

Pianta<br />

Da 8 a 30 cm. Fusto afi llo, coperto<br />

verso l’alto da peli glandulosi.<br />

Fioritura<br />

Da metà Settembre ai primi di<br />

Novembre.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 6, ovato-ellittiche, acute, glaucescenti, riunite in rosetta, appressate<br />

al terreno. <strong>Le</strong> foglie che si trovano vicino allo stelo fi orifero non appartengono<br />

a quest’ultimo, produrranno lo stelo fi orifero <strong>del</strong>l’anno successivo e<br />

seccheranno prima che si sia sviluppato un nuovo stelo fi orifero.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga, sottile, ricca di piccoli fi ori disposti a spirale. Brattee più lunghe<br />

<strong>del</strong>l’ovario, lanceolate, coperte di numerosi peli glandolosi.<br />

Fiori<br />

Con parti fi orali riunite a formare una specie di campanula, lunga da 0.5 a<br />

8 mm; bianchi o bianco-verdastri lievemente profumati di vaniglia. Sepali<br />

protesi in avanti, discosti all’apice. Petali lanceolato-ottusi. Labello scanalato,<br />

curvato verso il basso all’apice, con margine dentellato, sperone assente.<br />

Ovario pubescente. 2n=30<br />

Status<br />

S. spiralis è una specie molto rara soprattutto nei popolamenti <strong>del</strong>la Val<br />

<strong>Trebbia</strong> ridotti a pochissimi esemplari. Soffre notevolmente l’aumento di<br />

erbe infestanti.<br />

Il periodo di fi oritura può variare di molto a seconda che l’annata sia stata<br />

± piovosa.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutte le<br />

regioni. In provincia: rara nella fascia<br />

collinare dai 300 ai 450 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su terreno calcareo. Tende a situarsi<br />

in piccoli avvallamenti, dove, per un<br />

periodo più lungo <strong>del</strong>l’anno, il terreno<br />

rimane intriso di acqua.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

S. aestivalis, era presente sicuramente<br />

in provincia nel passato. Attualmente la<br />

sua presenza non è più stata accertata.<br />

Questa sparizione va messa in relazione<br />

alla totale distruzione <strong>del</strong> suo ambiente<br />

(i prati umidi di pianura).<br />

80 81


GOODYERA REPENS (L.) R. BROWN 1813<br />

Satyrium repens L.<br />

Repens dal latino repere, signifi ca “strisciare”<br />

proprio per la capacità <strong>del</strong> rizoma di emettere<br />

stoloni radicanti.<br />

Pianta<br />

Da l0 a 30 cm. Fusto ascendente,<br />

peloso specialmente nella parte<br />

alta.<br />

Fioritura<br />

Luglio.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 1 a 3.5 cm, larghe da 0.5 a 2 cm, a nervatura reticolata (unica fra<br />

tutte le <strong>orchidee</strong> europee), da 3 a 6 riunite in rosetta basale, ovate, acute, di<br />

colore verde scuro, con nervature più chiare; 2 o 3 piccole foglie caulinari,<br />

lineari-lanceolate, bratteiformi, avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Da 5 a l0 cm, composta da una ventina di fi ori orientati unilateralmente o<br />

a spirale. Brattee uguali o più lunghe <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Profumati, bianchi, piccoli, ricoperti esternamente di peli glandulosi. Sepali<br />

lunghi da 3 a 5 mm, concavi, conniventi, ovati, ottusi; petali oblunghi; sepalo<br />

mediano e petali conniventi a casco. Labello con la parte basale concava,<br />

contenente nettare e la parte anteriore ovato-triangolare, rivolto all’ingiù.<br />

Sperone mancante: ovario peloso. 2n=30(28-32)<br />

Status<br />

La specie è legata indissolubilmente allo strato marcescente di aghi di<br />

pino.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale. In Italia: Alpi e Appennino<br />

settentrionale e centrale. In provincia:<br />

attualmente in diverse stazioni tra i 1000<br />

e i1250 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Boschi di conifere (Pino nero, Pino<br />

silvestre).<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è stata segnalata per la prima<br />

volta nell’Appennino <strong>piacentino</strong><br />

da A. Alessandrini nel 1984.<br />

82 83


PLATANTHERA BIFOLIA (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />

Orchis bifolia L.<br />

Bifolia proviene dal latino e signifi ca<br />

“a due foglie” e si riferisce al fatto<br />

che nella maggioranza dei casi questa<br />

orchidea si presenta con due grandi<br />

foglie basali.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm. Fusto angoloso<br />

nella parte alta.<br />

Fioritura<br />

Da Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 5-6 a 20 cm, larghe da 2 a 6 cm; generalmente due (raramente<br />

tre o quattro), opposte, ovali, allungate, più strette verso la base, con margine<br />

ondulato; sul fusto alcune foglie bratteiformi, lanceolato-acute.<br />

Infiorescenza<br />

Spiga allungata, cilindrica, lassa, a volte densa. Brattee: le inferiori più lunghe<br />

<strong>del</strong>l’ovario, le superiori più corte.<br />

Fiori<br />

Profumati. Sepali laterali lunghi da 8 a 12 mm, larghi da 5 a 6 mm, biancastri;<br />

divergenti, lanceolati, con apice ottuso; il mediano più largo e un po’ più<br />

corto, piegato in avanti; petali bianco-verdastri o giallo-verdastri, stretti,<br />

lanceolati, conniventi. Labello lungo da 9 a 15 mm, largo da 2.4 a 4.2 mm,<br />

lineare, linguiforme, giallo-verdastro. Sperone claviforme, lungo da 20 a 30<br />

mm. Ovario contorto. 2n=42<br />

Status<br />

La specie mantiene ancora un discreto numero di esemplari, distribuita su<br />

una notevole varietà di ambienti, dai castagneti alle faggete, ai boschi misti,<br />

alle praterie più o meno umide, ma i luoghi che maggiormente predilige sono<br />

le frane ad argilla scagliosa, semi assestate o in movimento.<br />

Diffusione<br />

Paleotemperata. In Italia: in tutte le<br />

regioni, più raramente nelle isole. In<br />

provincia: dai primi boschi pedecollinari<br />

alle massime altitudini.<br />

Ambiente<br />

Vario, da boschi di aghifoglie e di latifoglie<br />

a praterie montane su suoli calcarei,<br />

o debolmente acidi, da poveri a ricchi di<br />

sostanze nutritizie.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Da taluni autori sono indicate alcune varietà<br />

di scarso valore sistematico. Comunque<br />

esemplari corrispondenti a queste<br />

varietà si trovano anche in provincia: var.<br />

carducciana Goiran, con foglie basali<br />

molto ampie e brattee fi no al doppio<br />

<strong>del</strong>l’ovario e var. trifoliata Thielens con<br />

tre foglie basali.<br />

84 85


PLATANTHERA CHLORANTHA (CUSTER)<br />

REICHENBACH 1828<br />

Orchis chlorantha Custer<br />

L’aggettivo chlorantha trae origine dalle parole<br />

greche Khloros, verde e anthos, fi ore. Infatti i fi ori<br />

di questa orchidea sono piuttosto verdi. Specie<br />

molto simile a P. bifolia: da questa si differenzia<br />

principalmente per alcune caratteristiche <strong>del</strong><br />

fi ore e per la struttura generale <strong>del</strong>la pianta, più<br />

robusta.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm. Fusto robusto<br />

e con angolature molto evidenti<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Giugno, Luglio.<br />

Foglie<br />

Due (raramente 3 o 4), lunghe da 6 a 21 cm, larghe da 1.5 a 8 cm, opposte<br />

alla base, grandi, ovali, ed allungate; lungo il fusto, alcune piccole foglie<br />

sessili, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa; spiga cilindrica lunga fi no a 25 cm. Brattee con numerose nervature<br />

lunghe quanto l’ovario.<br />

Fiori<br />

Biancastri o verdastri, più grandi che in P. bifolia e, a differenza di questa,<br />

inodori, con le logge <strong>del</strong>l’antera divergenti e lo sperone, lungo da 2 a 42<br />

mm, rivolto in alto e rigonfi o all’apice. 2n=42<br />

Status<br />

Specie meno abbondante di P. bifolia, tuttavia con quest’ultima condivide ±<br />

gli stessi ambienti; tende a sparire nei prati dove il manto erboso è troppo<br />

invadente.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. In Italia: in tutto il territorio.<br />

In provincia: dai 600 ai 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Boschi misti, pascoli, radure, su terreni<br />

calcarei, basici o acidi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Si segnalano alcune varietà che sicuramente<br />

fanno parte anche <strong>del</strong>la nostra<br />

fl ora: P. chlorantha var. lancifolia Reichenb.<br />

con foglie molto strette e lanceolate. P.<br />

chlorantha var. media Peitz. con fi ori bianchi<br />

tranne il labello che è verde.<br />

P. bifolia e P. chlorantha si ibridano facilmente,<br />

essendo molto vicine morfologicamente;<br />

tali ibridi sono quanto mai<br />

diffi cili da riconoscersi.<br />

86 87


GYMNADENIA CONOPSEA (L.) R. BROWN 1813<br />

Orchis conopsea L.<br />

Conopsea deriva dal greco konops =<br />

“zanzara”, forse per la rassomiglianza <strong>del</strong><br />

fi ore all’insetto.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 50 (100) cm. Fusto slanciato,<br />

sottile, sovente bruno-rossastro<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

<strong>Le</strong> inferiori (da 3 a 13), lunghe da 6 a 25 cm, larghe da 0.6 a 4 cm, lineari,<br />

lanceolate, carenate nella pagina inferiore; le superiori (da 2 a 5) bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Stretta, cilindrica, allungata, con numerosi fi ori. Brattee lanceolate, acute,<br />

subeguali all’ovario.<br />

Fiori<br />

Da rosa a rosa chiaro (raramente bianchi), odoranti intensamente. Sepali<br />

laterali, lunghi da 4 a 7 mm, orizzontali; il mediano riunito a casco insieme<br />

ai petali. Labello profondamente trilobo, più largo che lungo, lungo da 4 a<br />

6 mm; lobi generalmente uguali, con margini interi. Ginostemio corto; antera<br />

dritta a logge parallele, munite lateralmente da due piccole orecchiette; il<br />

rostello forma una piega dentro la loggia <strong>del</strong>l’antera; stimma con lobi laterali<br />

assai divaricati. Sperone fi liforme, riempito fi no a metà di nettare, arcuato<br />

verso il basso, lungo da una volta e mezza a due volte l’ovario. 2n=40<br />

Status<br />

E’ ancora una <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />

maggiormente presenti in<br />

provincia, grazie alla sua<br />

statura piuttosto alta che<br />

le permette di sopportare<br />

meglio la competizione con<br />

altre erbe. Nel corso <strong>del</strong>l’ultimo<br />

decennio ha risentito<br />

pesantemente <strong>del</strong>la presenza<br />

<strong>del</strong> cinghiale.<br />

Diffusione<br />

Euro-asiatica. In Italia: Alpi, Prealpi,<br />

Appennino fi no in Campania e Basilicata.<br />

In provincia: dai 250 m fi no al<br />

limite <strong>del</strong>le praterie.<br />

Ambiente<br />

Praterie, radure, scarpate, su terreno<br />

piuttosto fresco.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Saltuariamente si trovano individui a fi ori<br />

bianchi, ascrivibili alla var. albifl ora Zapal.<br />

Di particolare interesse è la varietà densi<br />

fl ora (Wahlenb.) Lindleyo secondo alcuni<br />

autori subsp. densi fl ora (Wahlenb.) R.<br />

Richter. Questa varietà ha una fi oritura<br />

un po’ più tardiva rispetto a G. conopsea.<br />

Può raggiungere una statura notevole, ha<br />

un’infi orescenza molto lunga e appressata<br />

e vive in ambienti ricchi di acqua, su<br />

terreni calcarei.<br />

Il giorno 10-6-1985 nel quadrante 1122-<br />

2 in una zona franosa è stata trovata una<br />

stazione di G. conopsea var. densifl ora<br />

con circa un migliaio di individui molto<br />

robusti, alcuni dei quali superavano a fi ne<br />

fi oritura i 110 cm con una infi orescenza di<br />

40 cm circa. Anche nelle annate successive<br />

la fi oritura si è ripetuta con dimensioni<br />

pressappoco uguali.<br />

88 89


GYMNADENIA ODORATISSIMA (L.) L.C.M.<br />

RICHARD 1817<br />

Orchis odoratissima L.<br />

L’aggettivo specifi co odoratissima si<br />

addice certamente a questa orchidea,<br />

in quanto i suoi fi ori emanano un forte<br />

profumo di vaniglia.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 (50) cm. Il fusto in genere<br />

è più esile che in G. conopsea:<br />

cilindrico inferiormente, angoloso<br />

nella parte superiore. L’apparato radicale<br />

è pressoché uguale a quello<br />

<strong>del</strong>la specie affi ne.<br />

Fioritura<br />

Giugno, Luglio<br />

Foglie<br />

<strong>Le</strong> caulinari sono lineari o lineari-lanceolate, ripiegate a doccia, patenti<br />

o più larghe nella metà inferiore, larghe da 4 a 10 mm; le superiori sono<br />

bratteiformi, inguainanti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Cilindrica, alta da 2-3 a 10 cm, densa o paucifl ora. Brattee lanceolate, lunghe<br />

circa quanto l’ovario.<br />

Fiori<br />

Piccoli, da rosa ± carico a porpora, non sono rari gli esemplari albini; sepali<br />

laterali lunghi da 4 a 5 mm, oblunghi, arrotondati in punta, orizzontali o<br />

leggermente patenti. Il mediano forma un cappuccio insieme ai petali; labello<br />

leggermente trilobo (raramente intero), più largo che lungo, lobi laterali<br />

arrotondati, lobo centrale più largo, ottuso, più lungo dei laterali; sperone<br />

lungo da 5 a 7 mm, ovario ritorto. 2n=40<br />

Status<br />

Attualmente la specie sembra non correre grossi pericoli.<br />

Diffusione<br />

L’areale di questa specie è costituito da<br />

un’ampia superfi cie <strong>del</strong>l’Europa centrale;<br />

tuttavia esistono diverse stazioni localizzate<br />

al di fuori di questa area. In Italia è concentrata<br />

per lo più sulle Alpi, è inoltre presente<br />

sulle Apuane. In provincia è localizzata in<br />

due sole stazioni.<br />

Ambiente<br />

Lungo i margini dei torrenti, pascoli montani,<br />

radure dei boschi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie già segnalata per la vetta <strong>del</strong><br />

Monte <strong>Le</strong>sima (Pirola 1967), ma non<br />

più osservata. Nel 1989 ne ho trovato<br />

un’abbondante stazione situata in una<br />

zona franosa, ± assestata, nei pressi di un<br />

torrentello, affl uente di sinistra <strong>del</strong> Torrente<br />

Lardana (Val Nure), nel quadrante<br />

1323-2-4, vicino al paese di Fornelli (Pianazze),<br />

nel comune di Farini. Nel 1992<br />

Enrico Romani ne segnala una nuova<br />

stazione, situata sul crinale a Nord-Ovest<br />

di Mont’Osero, nel quadrante 1223-1, in<br />

comune di Bettola. Queste due stazioni<br />

a tutt’oggi devono essere considerate le<br />

uniche per la regione.<br />

90 91


PSEUDORCHIS ALBIDA (L.) A. &. D. LÖVE 1969<br />

<strong>Le</strong>ucorchis albida (L.) E. Meyer<br />

L’aggettivo albida proviene dal latino<br />

e signifi ca “biancastra”.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 20 cm. Fusto striato, fl essuoso,<br />

con alla base alcune guaine<br />

appuntite.<br />

Fioritura<br />

Giugno, Luglio.<br />

Foglie<br />

4 o 5, da oblungo a oblungo-lanceolate, lunghe da 3 a 8 cm, larghe da 1 a<br />

2.5 cm, decrescenti verso l’alto fi no a diventare bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, cilindrica, formata da numerosi piccoli fi ori. Brattee lanceolato-acuminate,<br />

lunghe uguali o un po’ più <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Facoltativamente autogami o cleistogami, bianchi o bianco-giallicci, rivolti<br />

all’ingiù, leggermente profumati. Sepali e petali lunghi da 2 a 3 mm, ovatooblunghi,<br />

riuniti a cappuccio. Labello lungo da 2.5 a 4 mm, largo da 2 a 3<br />

mm, trilobo; lobo mediano più lungo e più largo dei laterali. Sperone a sacco<br />

leggermente ricurvo, lungo circa la metà <strong>del</strong>l’ovario. 2n=40 (42)<br />

Status<br />

Da alcuni anni, questa pianta non viene più ritrovata nelle stazioni in cui<br />

precedentemente veniva segnalata. Affermare che sia ormai estinta è probabilmente<br />

azzardato; tuttavia un dato certo è che i suoi ambienti vitali si<br />

stanno alterando in modo preoccupante.<br />

Diffusione<br />

Artico-alpina. In Italia: Alpi, Appennino<br />

settentrionale, centrale e campano. In<br />

provincia: estremamente rara, al di sopra<br />

dei 1400 m.<br />

Ambiente<br />

Praterie di vetta su terreni debolmente<br />

acidi o decalcifi cati. La si trova spesso<br />

assieme a Nigritella nigra, Traunsteinera<br />

globosa e Gymnadenia conopsea.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

A causa <strong>del</strong>la diffi cile individuazione dei<br />

suoi caratteri morfologici, storicamente<br />

le sono stati attribuiti diversi sinonimi ed<br />

una diversa collocazione nell’ambito <strong>del</strong>la<br />

famiglia: Gymnadenia albida (L.) Rich.,<br />

Orchis albida (L.) Scop., Bicchia albida<br />

Parl., Satyrium albidum L. e come si è già<br />

accennato <strong>Le</strong>ucorchis albida.<br />

92 93


NIGRITELLA RHELLICANI TEPPNER & KLEIN 1990<br />

Nigritella nigra (L.) Rchb. F. P.P.<br />

Dedicato a Johannes Müller, detto<br />

Rhellicanus, naturalista svizzero<br />

Pianta<br />

Da 8 a 25 cm. Fusto rigoglioso e angoloso<br />

verso l’alto, con angolature<br />

a volte spruzzate di rosso.<br />

Fioritura<br />

Fine Giugno, Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 7 a 11, per lo più raggruppate<br />

alla base, molto strette, graminiformi;<br />

foglie caulinari sessili, bratteiformi,<br />

con bordi spesso arrossati.<br />

Infiorescenza<br />

Compatta, conica, allungata. Brattee lesiniformi, verdi, lavate di porpora sul<br />

bordo.<br />

Fiori<br />

Allogami, bruno-scuri, con gli apici <strong>del</strong>le divisioni fi orali quasi neri e odoranti<br />

di vaniglia. Sepali lunghi da 5 a 7.5 mm, lanceolati, acuti, <strong>del</strong>la stessa lunghezza<br />

dei petali; petali larghi circa la metà degli esterni. Labello cuoriforme.<br />

Sperone corto, sacciforme. Ovario non ritorto. 2n=40<br />

Bordo <strong>del</strong>la brattea<br />

visto al microscopio ottico<br />

Status<br />

A causa <strong>del</strong>l’abbandono dei pascoli<br />

questa specie, di piccole dimensioni,<br />

risente negativamente <strong>del</strong>la competizione<br />

con le erbe di maggiore statura;<br />

pertanto è in via di progressiva rarefazione.<br />

Questa situazione si è pericolosamente<br />

aggravata negli ultimi anni,<br />

tanto da ridurre la presenza di questa<br />

specie sul territorio <strong>piacentino</strong> a<br />

poche decine di esemplari. Migliore,<br />

anche se di poco, è la situazione nel<br />

confi nante territorio pavese, dove,<br />

vicino a Cima Colletta, vengono effettuati<br />

degli sfalci periodici.<br />

Diffusione<br />

Artico-alpina. In Italia: Alpi e Appennino<br />

genovese, pavese, alessandrino,<br />

<strong>piacentino</strong>.<br />

Ambiente<br />

Praterie di vetta dai 1400 m in su;<br />

terreni calcarei, ma anche in altri tipi<br />

di substrato.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Non essendo i fi ori resupinati, questi si<br />

presentano capovolti; trovandosi le masse<br />

polliniche nella parte bassa rispetto<br />

allo stimma, l’autoimpollinazione sembra<br />

non possa aver luogo. <strong>Le</strong> prime brattee<br />

osservate al microscopio, forniscono<br />

attraverso la denticolatura <strong>del</strong> bordo<br />

importanti elementi diagnostici. Riguardo<br />

all’eventuale presenza di N. corneliana<br />

(Beauverd) Gölz & Reinhard, di cui avevo<br />

menzionato il ritrovamento (1989) di<br />

alcuni esemplari nel quadrante 1322-2,<br />

nonostante accurate osservazioni negli<br />

anni successivi, tali esemplari non sono<br />

più stati trovati. La presenza di questa<br />

specie sul nostro Appennino rappresenta<br />

un fatto importante in quanto segna il suo<br />

limite meridionale.<br />

94 95


COELOGLOSSUM VIRIDE (L.) HARTMAN 1820<br />

Orchis viridis Crantz<br />

Viride proviene dal latino viridis, verde e<br />

si riferisce al colore dei fi ori; questi infatti<br />

dopo l’impollinazione inverdiscono e<br />

rimangono attaccati all’ovario per molto<br />

tempo.<br />

Pianta<br />

Da 5 a 25 cm. Fusto striato, foglioso<br />

fi no a 3/4.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 6, lunghe da 2 a 10 cm, larghe da 1 a 5 cm, disposte lungo il fusto,<br />

quelle basali ovali; lungo il fusto lanceolato-acute.<br />

Infiorescenza<br />

Piuttosto densa; con 5-20 fi ori. Brattee lineare-Ianceolate, decrescenti<br />

verso l’alto.<br />

Fiori<br />

Non profumati. Sepali, lunghi da 3.5 a 6.5 mm, larghi da 2 a 3 mm e petali,<br />

lunghi da 4 a 6.5 mm, verdi o verde-giallastri, conniventi a formare un cappuccio<br />

sopra il ginostemio. Labello rossastro, poi verde-giallastro, lungo da<br />

6 a 10 mm, largo da 4 a 5 mm, pendulo e retrofl esso fi no a toccare l’ovario,<br />

trilobato all’apice, con i lobi laterali più lunghi <strong>del</strong> mediano, munito alla base<br />

di una depressione con due fossette nettarifere. Sperone nettarifero breve e<br />

sacciforme, lungo da 2 a 3 mm. Ovario verde-giallastro. 2n=40<br />

Status<br />

Si tratta di una pianta prevalentemente esile, pertanto passa sovente inosservata.<br />

Tuttavia l’eccessivo accumulo di erba in decomposizione, ne sta<br />

provocando la sparizione.<br />

Diffusione<br />

Circumboreale, Alpi e Prealpi, Appennini,<br />

fi no in Calabria; in provincia: al di sopra<br />

dei 1000 m.<br />

Ambiente<br />

Radure, praterie, su suoli sia acidi che<br />

basici, terreni freschi, umidi o asciutti.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

96 97


DACTYLORHIZA INCARNATA (L.) SOO’ 1962<br />

Orchis incarnata L.<br />

Incarnata è un nome certamente indovinato:<br />

i suoi fi ori infatti hanno una colorazione<br />

carnicina.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 80 cm. Fusto molto robusto,<br />

cavo internamente, angoloso<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Fine Maggio, inizio Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 7, lineare-Ianceolate, con apice a cappuccio, lunghe da 8 a 15 cm.<br />

L’ultima foglia raggiunge o supera l’infi orescenza.<br />

Infiorescenza<br />

Ovoide, poi cilindrica, densa, lunga da 5 a 20 cm. Brattee lanceolate-acute,<br />

spesso sfumate di bruno-rossastro, molto più lunghe dei fi ori.<br />

Fiori<br />

Rosei, a volte anche piuttosto rossi. Sepali laterali divergenti, obliqui, concavi,<br />

lunghi da 6 a 9 mm, larghi da 2.5 a 4 mm; il mediano, insieme ai petali, è<br />

piegato in avanti a formare un cappuccio sopra al ginostemio. Labello piccolo,<br />

di forma romboidale lungo da 5 a 9 mm, lievemente trilobato o terminante<br />

con una punta centrale pronunciata. Il disegno posto nella pagina superiore<br />

è formato da piccole linee più scure. Sperone robusto, generalmente rivolto<br />

all’ingiù lungo da 5 a 9 mm, leggermente più corto <strong>del</strong>l’ovario. 2n=40<br />

D. incarnata f. ochrantha<br />

Status<br />

Questa specie è una <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong> più tipiche <strong>del</strong>le<br />

torbiere. Attualmente è in<br />

forte arretramento, per l’eccessivo<br />

infoltimento di questi<br />

luoghi.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. In Italia: regioni <strong>del</strong><br />

nord e <strong>del</strong> centro. In provincia: dai 900<br />

ai 1500 m.<br />

Ambiente<br />

Limitato a luoghi paludosi o torbiere.<br />

In questi ambienti è presente in buon<br />

numero.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Gli esemplari bianco-giallastri che si trovano<br />

nell’ambito di questa specie e che<br />

sono stati attribuiti in un primo tempo a<br />

D. incarnata subsp ochroleuca (Boll.) P.F.<br />

Hunt & Summerhayes, sono sicuramente<br />

da assegnare a D. incarnata f. ochrantha<br />

Landwehr. Gli esemplari attribuiti a D. incarnata<br />

subsp hyphaematodes (Reichemb.<br />

Fil.) Soò da alcuni anni non sono più<br />

reperibili. Questo è un dato che si è già<br />

riscontrato in altri generi: quando una<br />

specie è in diffi coltà per motivi dovuti<br />

alla forte competizione con altre erbe,<br />

gli esemplari variabili o atipici tendono a<br />

sparire per primi.<br />

98 99


DACTYLORHIZA LAPPONICA (LAESTAD<br />

ex REICHENBACH FIL.) SOO’ 1962<br />

Orchis lapponica Laest. ex Rchb. F.<br />

Questa specie trae il nome dalla Lapponia,<br />

dove è stata descritta per la prima volta.<br />

Pianta<br />

Robusta, altezza media di circa<br />

15-25 cm (esemplari molto più alti<br />

presenti nelle stazioni sono sicuramente<br />

ibridi naturali). Fusto cavo<br />

internamente nella parte bassa,<br />

rossastro in alto.<br />

Fioritura<br />

Giugno, Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 2 a 5, lunghe da 4 a 10 cm, larghe da 0.5 a 2.5 cm, verde nella parte<br />

superiore, con macule nerastre presenti solo nella metà apicale, verdebiancastro<br />

nella parte inferiore, con le nervature più evidentemente scure,<br />

ovali, leggermente lanceolate, eretto-arcuate . <strong>Le</strong> macchie tendono a sparire<br />

quando la pianta invecchia.<br />

Infiorescenza<br />

Paucifl ora. Brattee rossastre; le inferiori più lunghe dei fi ori.<br />

Fiori<br />

Rosso-porporino, non molto grandi. Sepali laterali lunghi da 7 a 10 mm,<br />

larghi da 3 a 4 mm, eretti o patenti; il sepalo mediano e i petali, lunghi da<br />

5 a 8 mm, sono conniventi a formare un cappuccio sopra il ginostemio.<br />

Labello lungo da 5 a 9 mm, largo da 7 a 11 mm, obovale, defl esso, intero o<br />

appena dentellato nella parte apicale, chiaro alla base con disegno formato<br />

da alcune venature più vivacemente porporine. Sperone conico, parallelo o<br />

appena piegato verso il basso, lungo circa la metà <strong>del</strong>l’ovario. 2n=80<br />

Status<br />

La specie, presente fi no a qualche anno fa con un numero notevole di<br />

esemplari, sembra ora risentire pesantemente <strong>del</strong>la competizione con altre<br />

e più vigorose specie erbacee. Per salvaguardare questa ed altre specie che<br />

vivono in ambiente umido è assolutamente necessario effettuare sfalci nel<br />

periodo di riposo di queste piante (settembre-ottobre).<br />

Diffusione<br />

Artico-alpina. In Italia: in poche stazioni<br />

<strong>del</strong>la cerchia alpina. In provincia: le<br />

sette stazioni trovate fi no ad ora sono<br />

da ritenersi le uniche per la catena<br />

appenninica.<br />

Ambiente<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

100 101<br />

Torbiere.<br />

Note<br />

La scelta di cambiare nome a questa<br />

specie è dovuta al fatto che nel corso<br />

di questi anni si è scoperto che, tra gli<br />

esemplari piacentini in precedenza attribuiti<br />

a D. traunsteineri , vi è una maggiore<br />

vicinanza dal punto di vista morfologico<br />

con D. lapponica, piuttosto che con D.<br />

traunsteineri.


DACTYLORHIZA MACULATA subsp. FUCHSII<br />

(DRUCE) HYLANDER 1966<br />

Orchis maculata L.<br />

Maculata deriva dal latino macula e<br />

trae signifi cato dalla macchiettatura<br />

nerastra che di solito (salvo rare<br />

eccezioni) si trova sulle foglie.<br />

Fuchsii in onore <strong>del</strong> botanico<br />

<strong>Le</strong>onhart Fuchs (1501-1566).<br />

Pianta<br />

Da (l0) 20-50 (60) cm. Fusto<br />

eretto, non cavo internamente con<br />

costolature verso la sommità di<br />

colore verde o sovente brunastro.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Maggio ad Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 11; densamente maculate sulla pagina superiore, verde grigiastro con<br />

nervature più scure in quella inferiore; le basali ovale-lanceolate lunghe da<br />

4-5 a 20 cm, larghe da 2 a 5 cm; con apice ± ottuso; le cauline, allungate,<br />

bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Spiga conica a inizio fi oritura, poi cilindrica, con numerosi fi ori accostati.<br />

Brattee più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, sfumate, di colore bruno-rossastro.<br />

Fiori<br />

Generalmente rosa-violaceo. Sepali laterali lanceolati, divergenti, lunghi da 8<br />

a 11 mm; il centrale connivente con i petali, a formare un cappuccio sopra al<br />

ginostemio. Labello lungo da 6 a 10 mm, largo da 9 a 15 mm profondamente<br />

trilobo con lobo mediano più acuto e lungo dei laterali. I disegni sul labello<br />

hanno una colorazione più marcata rispetto a quella <strong>del</strong> fi ore. Sperone lungo<br />

da 6 a 10 mm più corto o lungo quanto l’ovario. 2n=40<br />

Status<br />

Anche questa specie, negli ultimi tempi, è stata decimata<br />

dal cinghiale.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. L’areale italiano non è<br />

ancora ben defi nito, tuttavia sembrerebbe<br />

limitato alle regioni <strong>del</strong> nord e <strong>del</strong><br />

centro. In provincia è presente, dai 350<br />

m fi no alle più alte cime.<br />

Ambiente<br />

È possibile trovarla in diversi ambienti,<br />

con terreno prevalentemente calcareo o<br />

debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Francamente devo dire che sul nome da<br />

attribuire a questa specie permangono<br />

non pochi dubbi. Lo scenario che va<br />

<strong>del</strong>ineandosi nell’ambito degli specialisti<br />

di Dactylorhiza è quello di raggruppare<br />

varie entità, segnalate per l’Italia, sotto<br />

un’unica specie: Dactylorhiza maculata. A<br />

mio avviso, tuttavia, vi sono forti perplessità<br />

che D. maculata in senso stretto sia<br />

presente sul territorio provinciale. I pochi<br />

esemplari esistenti in luoghi umidi, hanno<br />

caratteri poco stabili e c’è quindi il forte<br />

dubbio che si tratti di forme ibridogene.<br />

Da qui la scelta di questa forma nomenclaturale<br />

è quasi obbligata, in quanto la<br />

quasi totalità degli esemplari provinciali<br />

combaciano con la forma fuchsii.<br />

102 103


DACTYLORHIZA MAJALIS (REICHENB)<br />

P.F. HUNT & SUMMERHAYES 1965<br />

Orchis majalis Rchb.<br />

Etimologicamente majalis deriva dal latino<br />

e signifi ca “di maggio”. Fa presumibilmente<br />

riferimento al periodo di fi oritura, anche se<br />

per quel che riguarda il territorio<br />

<strong>piacentino</strong> questa avviene in Giugno.<br />

Pianta<br />

(15-20) 30-50 cm. Fusto fl essuoso,<br />

cavo, striato, di colore porpora<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 6, vistosamente macchiate di scuro nella pagina superiore, lunghe da<br />

3-4 a 16 cm, larghe da 1.5-2 a 4 cm; le prime in basso oblungo-lanceolate,<br />

leggermente carenate, da 1 a 3 foglie superiori, bratteiformi. L’ultima, a inizio<br />

fi oritura, raggiunge l’infi orescenza.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, multifl ora, cilindrica. Brattee più lunghe dei fi ori, decrescenti verso<br />

l’alto, di colore brunastro.<br />

Fiori<br />

Rosso-violacei, con macchioline e linee più scure sul labello. Sepali laterali<br />

eretti, ovale-lanceolato, lunghi da 7 a 12 mm, larghi da 3.5 a 5 mm; il mediano<br />

e i petali sono conniventi a forma di cappuccio, lunghi da 6 a 9 mm.<br />

Labello lungo da 7 a 10 mm, largo da 10 a 14 mm, trilobo, con lobi laterali<br />

arrotondati; il mediano, piccolo, con punta ottusa. Sperone conico, più corto<br />

<strong>del</strong>l’ovario, leggermente piegato verso il basso.<br />

Status<br />

La stazione nel quadrante 1322-2 situata a Nord dei Groppi di Lavezzera è<br />

stata soffocata dall’avanzata di arbusti e rovi. Sempre per gli stessi motivi,<br />

la stazione situata sul Monte Osero perde esemplari anno dopo anno.<br />

Diffusione<br />

Centro-europea. In Italia è presente nelle<br />

regioni <strong>del</strong>l’arco alpino. In provincia:<br />

una sola stazione sul versante Ovest,<br />

Sud-Ovest <strong>del</strong> Monte Osero.<br />

Ambiente<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

104 105<br />

Torbiere<br />

Note<br />

La specie è nuova per il Piacentino; la<br />

presenza è stata accertata nel mese<br />

di Giugno 1986. Attualmente questi<br />

ritrovamenti devono ritenersi gli unici<br />

<strong>del</strong>l’Appennino. Gli esemplari presenti<br />

sul M. Osero si discostano notevolmente<br />

da quelli presenti sulle Alpi: secondo il<br />

parere di alcuni esperti si tratterebbe di<br />

popolamenti di origine ibridogena.


DACTYLORHIZA SAMBUCINA (L.) SOO’ 1962<br />

Orchis sambucina L.<br />

Sambucina allude all’odore <strong>del</strong> sambuco,<br />

che secondo alcuni autori emanerebbero<br />

i suoi fi ori.<br />

Pianta<br />

Da l0 a 35 cm. Fusto vigoroso, cavo<br />

internamente, scanalato verso la<br />

sommità.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Verde-chiaro, distribuite lungo il fusto, distanziate, piegate a doccia o erette;<br />

le inferiori oblungo-obovate, con apice ottuso; le superiori lanceolate, con<br />

apice acuto.<br />

Infiorescenza<br />

Densa e ricca, da lunga e cilindrica a corta e ovata. Brattee più lunghe dei<br />

fiori, lanceolato-acute; verde-chiaro negli esemplari gialli, rossastre in quelli<br />

rossi.<br />

Fiori<br />

Giallo-chiari con alcune macchioline rosse sul labello oppure rosso-violacei,<br />

con la base <strong>del</strong> labello leggermente gialla. Tepali laterali esterni eretti;<br />

il mediano curvato in avanti, talvolta connivente a cappuccio con i tepali<br />

laterali interni. Labello debolmente trilobo ed intero, con margine ondulato<br />

e irregolarmente dentellato. Sperone grosso, rigonfi o, conico, rivoltato verso<br />

il basso, lungo uguale o più <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Status<br />

Si tratta certamente <strong>del</strong>l’orchidea più diffusa fra quelle che vivono in<br />

montagna; tuttavia in certe zone, soprattutto nella parte occidentale <strong>del</strong>la<br />

provincia, subisce <strong>del</strong>le vere e proprie decimazioni ad opera dei cinghiali,<br />

che si nutrono dei suoi tuberi.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutte le<br />

regioni tranne in Sardegna. In provincia:<br />

al di sopra degli 800 m. Esemplari isolati<br />

anche a quote molto più basse.<br />

Ambiente<br />

Praterie, boscaglie rade, su terreno<br />

calcareo o debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Il tubero di questa pianta contrariamente<br />

alle altre specie di Dactylorhiza, è poco<br />

diviso, e ha una conformazione assai vicina<br />

ai tuberi <strong>del</strong> genere Orchis. Questo<br />

fatto viene visto da qualche autore come<br />

una forma di passaggio tra i due generi.<br />

Di questa specie si trovano esemplari<br />

con colorazione completamente gialla e<br />

esemplari rossi; i due tipi convivono, con<br />

leggera prevalenza <strong>del</strong>l’uno o <strong>del</strong>l’altro<br />

tipo a seconda <strong>del</strong>le stazioni. Raramente<br />

si trovano individui con colorazione<br />

intermedia.<br />

106 107


TRAUNSTEINERA GLOBOSA (L.) REICHENBACH 1842<br />

Orchis globosa L.<br />

Il termine globosa fa riferimento alla<br />

forma sferica <strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 60 cm. Fusto glabro, slanciato,<br />

leggermente fl essuoso, con<br />

nervature prominenti nella parte<br />

superiore.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Maggio a Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 6, verde-glauco, lunghe da 5 a 13 cm, larghe da 1 a 3.5 cm, tutte<br />

caulinari, distribuite nella metà inferiore <strong>del</strong> fusto, di forma lineare-lanceolata<br />

o oblungo-lanceolata, più o meno erette, man mano più corte verso l’alto,<br />

fi no a diventare bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Corta e densa, alta da 1.5 a 6 cm, larga da 1.5 a 5 cm, a inizio fi oritura<br />

conica, poi globoso-cilindrica. Brattee lunghe uguali o più <strong>del</strong>l’ovario, verdechiaro,<br />

bordate di porporino.<br />

Fiori<br />

Rosa-lilla. Sepali lunghi da 4 a 8 mm, orientati in avanti, poi patenti, larghi<br />

alla base, terminanti all’apice con punte spatolate; petali lunghi da 3 a 6.5<br />

mm, ravvicinati a casco, terminanti con punte ottuse e divaricate. Labello<br />

cuneiforme, lungo da 3 a 6 mm, trilobo, generalmente bianco-rosato o rosa<br />

carico, con punteggiatura porporina; lobi laterali di forma più o meno triangolare;<br />

il mediano più lungo e terminante con una punta acuminata. Sperone<br />

conico, più corto <strong>del</strong>l’ovario, rivolto verso il basso. Ovario sessile. 2n=42<br />

Status<br />

Anche questa specie, avendo un apparato radicale tuberoso, viene spesso<br />

mangiata dai cinghiali. Il segreto <strong>del</strong>la sua sopravvivenza sta nella sua rada<br />

ma omogenea distribuzione nell’ambiente; pertanto qualche esemplare si<br />

salva sempre.<br />

Diffusione<br />

Sud-Europa. In Italia: nelle regioni alpine<br />

e nell’Appennino tosco-emiliano<br />

e abruzzese. In provincia: sopra i 1000<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Praterie montane, in pieno sole, su<br />

terreno debolmente acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie condivide prevalentemente<br />

la stessa nicchia ecologica di Nigritella<br />

rhellicani, ma, contrariamente a questa,<br />

T. globosa riesce ancora a mantenere un<br />

discreto numero di esemplari. Probabilmente<br />

ciò è dovuto alla statura piuttosto<br />

alta <strong>del</strong>la pianta; anche le foglie sono posizionate<br />

ad una certa altezza dal suolo.<br />

Questo le consente di reggere meglio la<br />

competizione con altre erbe.<br />

108 109


ORCHIS ANTHROPOPHORA (L.) ALLIONI 1753<br />

Aceras anthropophorum (L.) W.T. Aiton<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 cm. Fusto diritto scanalato<br />

all’altezza <strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />

Apparato radicale formato da due<br />

bulbi ovoidi con alcune radichette<br />

secondarie.<br />

Fioritura<br />

Fine Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 10. <strong>Le</strong> inferiori in rosetta basale da lanceolate a sub-spatolate con<br />

apice acuto, erette o patenti, lunghe da 6 a 15 cm, larghe da 1 a 4 cm; le<br />

superiori avvolgenti strettamente il fusto, l’ultima bratteiforme.<br />

Infiorescenza<br />

Spiga lineare, densa, con molti fi ori. Brattee membranacee più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Verde-giallicci, orlati di bruno-porporino o violaceo, sepali e petali riuniti a<br />

casco, lunghi da 11 a 15 mm, larghi da 3 a 4 mm. Labello lungo da 12 a 20<br />

mm, trilobo, giallastro, con i bordi e i lobi arrossati; lobo mediano stretto<br />

ed allungato, diviso a sua volta in due lobi, a volte separati centralmente<br />

da un piccolo dente. Alla base <strong>del</strong> labello due callosità chiare formanti una<br />

fossetta contenente il nettare. Sperone assente. 2n=42<br />

Status<br />

Questa specie è stata rilevata per la prima volta nel 1987 in comune di<br />

Pianello (Rocca d’Olgisio), successivamente in comune di Bobbio e, poi,<br />

in comune di Travo, in tre piccolissimi popolamenti. In questi luoghi non la<br />

rivedo più da almeno 6 o 7 anni. Salvo ormai improbabili piacevoli sorprese,<br />

quest’entità deve ritenersi estinta nel territorio provinciale.<br />

Diffusione<br />

Steno-atlantico-mediterranea. In Italia:<br />

nelle regioni litoranee, rara al nord, assente<br />

nel Trentino. In provincia: in luoghi<br />

particolarmente soleggiati.<br />

Ambiente<br />

Praterie anche sassose, più o meno<br />

aride, su suoli calcarei.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è stata segnalata per la prima<br />

volta in Provincia nel corso di questa<br />

ricerca nel 1987 . Quest’entità è meglio<br />

conosciuta come Aceras anthropophorum:<br />

fi no a poco tempo fa, infatti, era l’unica<br />

specie che dava origine al genere Aceras.<br />

Recenti ricerche genetiche (W. Rossi et<br />

al., 1994; Pridgeon et al., 1997) hanno<br />

stabilito al di là di ogni dubbio che questa<br />

specie appartiene al genere Orchis.<br />

110 111


ORCHIS CORIOPHORA L. subsp. FRAGRANS<br />

(POLLINI) SUDRE 1890<br />

Orchis fragrans Pollini<br />

Etimologicamente il nome coriophora deriva dalle parole<br />

greche koris, cimice e phero, porto e signifi cherebbe<br />

portatrice di cimici; naturalmente con le cimici ha a che<br />

fare soltanto per quanto riguarda il profumo sgradevole<br />

che emanano i suoi fi ori. I fi ori <strong>del</strong>la sottospecie fragrans<br />

invece, emanano un intenso e gradevole profumo da cui<br />

trae origine il nome.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 25 (35) cm. Fusto foglioso,<br />

cilindrico, leggermente scanalato<br />

in alto.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 5, lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 0.4 a 1 cm le inferiori riunite in rosetta<br />

basale, lineare-lanceolate, carenate, da 2 a 3 le superiori fi nemente linearilanceolate,<br />

lunghe da 3 a 8 cm, bratteiformi, di colore verde-biancastro. <strong>Le</strong><br />

foglie basali, quando la pianta è in fi ore, sono quasi sempre già secche.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, multifl ora, ovoide a inizio fi oritura, poi cilindrica. Brattee lanceolate,<br />

più lunghe generalmente <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Verdognoli o purpurei. Piccoli, profumati. Sepali lunghi da 8 a 12 mm,<br />

petali lunghi da 6 a 9 mm, conniventi a formare un cappuccio allungato a<br />

forma di becco, di colore verdognolo purpureo. Labello trilobo, con lobo<br />

mediano lanceolato, più lungo e sottile dei laterali, ripiegato all’indietro,<br />

generalmente con colorazione più chiara centralmente, con punteggiature<br />

più marcatamente purpuree. Sperone conico, più corto <strong>del</strong>l’ovario, rivolto<br />

verso il basso. 2n=38<br />

Status<br />

Nella nostra provincia, questa pianta vive, salvo una piccola eccezione nel<br />

comune di Bettola, lungo i maggiori corsi d’acqua, sui greti stabilizzati. In<br />

questi luoghi, poco ospitali, vi è meno competizione, pertanto la specie<br />

mantiene, a grandi linee, la sua presenza. Tuttavia, alcuni anni fa, è stata<br />

distrutta quasi totalmente la stazione che rappresentava circa l’80% <strong>del</strong>la<br />

presenza provinciale. La distruzione è avvenuta a seguito <strong>del</strong>la costruzione<br />

di baracche per il ricovero di animali e <strong>del</strong> conseguente calpestio di questi.<br />

La stazione si trova nel comune di Gazzola, nel quadrante 1023-4, lungo il<br />

<strong>Trebbia</strong>, all’altezza di Rivalta.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: lungo il tratto pianeggiante<br />

dei maggiori corsi d’acqua.<br />

Ambiente<br />

Prati aridi e greti dei fi umi stabilizzati.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Diversi autori trattano quest’entità col<br />

nome specifi co perché ritengono poco<br />

evidenti o molto variabili le caratteristiche<br />

tra specie e sottospecie. Personalmente<br />

ritengo che trattare questa pianta col<br />

termine sottospecifi co rispecchi meglio<br />

la situazione provinciale. La pianta è<br />

infatti piuttosto slanciata, ha, rispetto<br />

alla specie, meno foglie e più strette,<br />

quasi graminiformi. I fiori hanno una<br />

colorazione, sì variabile, ma mai troppo<br />

marcata e, soprattutto, profumano in<br />

modo gradevole.<br />

112 113


ORCHIS LAXIFLORA LAMARCK 1779<br />

Orchis ensifolia Vill.<br />

Laxifl ora è di origine latina e fa riferimento<br />

all’infi orescenza a fi ori distanziati.<br />

Pianta<br />

Da 30 a 60 cm. Fusto eretto verso<br />

l’alto, angoloso e rosso scuro.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 6 a 14 cm, larghe da 1 a 2.5 cm; distribuite lungo tutto il fusto,<br />

da lineari a lineare-lanceolate, carenate, acute, con evidenti nervature nella<br />

pagina inferiore; le superiori avvolgenti lungamente il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga, cilindrica, molto lassa. Brattee membranacee, lanceolate, acute, porporine,<br />

più lunghe <strong>del</strong>l’ovario; più o meno uguali nella parte alta.<br />

Fiori<br />

Di colore porpora-violaceo, più o meno intenso, con una parte bianca al centro<br />

<strong>del</strong> labello. Sepali lunghi da 10 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm, ovali, ottusi,<br />

i laterali eretti, il mediano ricurvo in avanti e ± connivente a formare un casco<br />

con i petali che sono leggermente più corti: lunghi da 6 a 9 mm, larghi da 4<br />

a 5 mm; labello lungo da 9 a 12 mm, largo da 14 a 18, cuneiforme, trilobato,<br />

col lobo centrale più corto dei laterali, decisamente piegati all’indietro, con<br />

margine irregolarmente inciso. Sperone un pò più corto <strong>del</strong>l’ovario, rivolto<br />

verso l’alto, molto sottile, ottuso o dilatato all’apice. 2n=36,42<br />

Status<br />

La previsione pessimistica <strong>del</strong> 1989 si è purtroppo rilevata esatta: da diversi<br />

anni non trovo più questa specie nella stazione originaria. Alcuni anni fa una<br />

grossa frana ha distrutto l’unica radura umida dove questa pianta viveva.<br />

Pertanto O. laxifl ora va ritenuta estinta dalla provincia di Piacenza.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: una sola stazione,<br />

in Val <strong>Trebbia</strong>.<br />

Ambiente<br />

Margini di zone umide.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Nella stagione ’88 si è avuta la riconferma<br />

<strong>del</strong>la presenza sul territorio <strong>piacentino</strong><br />

di questa specie. In precedenza<br />

era stata segnalata nel secolo scorso<br />

(Bracciforti A. 1877).<br />

114 115


ORCHIS MASCULA (L.) LINNEO 1755<br />

L’aggettivo mascula deriva dal latino masculus,<br />

fa riferimento alle parti sotterranee e allo<br />

sperone.<br />

Pianta<br />

Di aspetto robusto, da 20 a 60<br />

(70) cm. Fusto con punteggiatura<br />

porporina, nella parte bassa; nella<br />

parte alta quasi sempre brunoarrossato.<br />

Fioritura<br />

Da Aprile a inizio Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 8, quasi tutte riunite a formare una rosetta basale, lunghe da 6 a<br />

21-23 cm, larghe da 1.5 a 4 cm di forma oblungo-lanceolate, verdi non<br />

maculate o verdi maculate da larghe o piccole chiazze viola o brunastro,<br />

eretto-patenti, con apice ottuso; da 2 a 4 foglie superiori lanceolate, piccole,<br />

guainanti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Con 6-7 o 60 (70) fi ori, piuttosto densa, di forma dapprima conica, poi<br />

cilindrico-allungata. Brattee membranacee, lanceolate, di colore violaceo; le<br />

inferiori lunghe come l’ovario, le superiori la metà.<br />

Fiori<br />

Di colore variante dal porpora chiaro al rosso-violetto, oppure rosa. Sepali<br />

laterali ovali lunghi da 7 a 15 mm, eretti e spesso con apici arrotondati o<br />

acuminati e a volte rivolti all’indietro; il centrale piegato in avanti con l’apice<br />

rivolto in alto connivente con i petali a formare un cappuccio sopra al ginostemio.<br />

Labello nettamente trilobo lungo da 8 a 15 mm, largo da 7 a 18 mm;<br />

lobi dentellati al margine; lobo mediano a sua volta bilobo. Parte centrale<br />

<strong>del</strong> labello più chiara, con alcune macchie porporine. Sperone orizzontale<br />

o piegato leggermente verso l’alto, talvolta a forma di clava all’apice, lungo<br />

quanto l’ovario. 2n=42<br />

Status<br />

La stazione di O. mascula segnalata a suo tempo<br />

alla Rocca d’Olgisio a fi oritura precoce, deve ritenersi<br />

estinta in quanto il bosco dove essa viveva è<br />

stato invaso dall’edera (Edera elix), cancellando ogni<br />

traccia di questa e di altre orchidacee. O. mascula,<br />

pur mantenendo ancora una certa presenza sul<br />

territorio, ha subito in questi ultimi anni una forte<br />

contrazione, dovuta all’avanzata di arbusti infestanti<br />

sui pascoli, ma soprattutto alla vorace presenza dei<br />

cinghiali.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutte le<br />

regioni. In provincia: dai 450 m s.l.m. fi no<br />

alle massime altitudini.<br />

Ambiente<br />

Molto vario: boschi radi o densi, praterie<br />

umide.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La variabilità <strong>del</strong>la specie è notevole. Nel<br />

Piacentino si trovano esemplari isolati o<br />

vere e proprie ricche stazioni, con sepali<br />

acutissimi e labello allungato, corrispondenti<br />

alla descrizione di Orchis mascula<br />

subsp. signifera (Est) Soò oppure O.<br />

ovalis F.W. Schmidt ex Mayer. Da diversi<br />

anni trovo piccole stazioni di piante molto<br />

interessanti: esse infatti sono di taglia<br />

medio-piccola ed anche i fi ori sono più<br />

piccoli e stretti, di colore uguale a quelli<br />

<strong>del</strong>la specie tipo.Tutto il resto <strong>del</strong>la pianta<br />

ha una colorazione rosso-violaceo scuro.<br />

Trovo queste piante in alta Val <strong>Trebbia</strong><br />

e più spesso in provincia di Genova, su<br />

terreno siliceo. I fi ori possono emanare<br />

un profumo, a volte gradevole a volte<br />

decisamente fetido; spesso sono inodore.<br />

O. mascula si ibrida piuttosto facilmente<br />

con O. pallens e O. provincialis.<br />

116 117


ORCHIS MILITARIS LINNEO 1753<br />

Orchis rivini Gouan<br />

Il termine militaris deriva dal latino e trae<br />

spunto dalla forma di elmo <strong>del</strong> casco<br />

tepalico.<br />

Pianta<br />

Robusta, alta da 20 a 50 (65) cm,<br />

fusto verde in basso, violaceo nella<br />

parte alta.<br />

Fioritura<br />

Da metà Aprile a inizio Maggio.<br />

Foglie<br />

Verde brillante, da 3 a 6 basali, lunghe da 6 a 18 cm, larghe da 1.5 a 5<br />

cm, oblungo-lanceolate, acute; da 1 a 4 caulinari, più piccole, inguainati il<br />

fusto, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga da 6-7 a 15-20 cm, a inizio fi oritura ovale poi cilindrica, densa o<br />

lassa con 10 o 40 fi ori. Brattee violacee e membranacee, lunghe da 1.5 a<br />

5 mm.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 9 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm; petali lunghi da 8 a 10<br />

mm, larghi circa 2 mm, conniventi a formare un casco, biancastri o grigiastri,<br />

con sfumature rosa esternamente, ed evidenti striature violacee all’interno;<br />

labello lungo da 11 a 15 mm, largo da 9 a 12 mm, con bordi porpora-violacei,<br />

biancastro centralmente, munito centralmente di numerosi ciuffi di<br />

peli porporini, pendente o proiettato in avanti, profondamente trilobo, con<br />

lobi laterali lineari lunghi circa 4 mm, arcuati in avanti; lobo centrale a sua<br />

volta diviso all’apice da due lobi divergenti, più corti, ma più larghi dei lobi<br />

laterali, separati da un piccolo dente centrale; sperone lungo da 6 a 7 mm,<br />

biancastro, cilindrico, ottuso, discendente; ovario ritorto. 2n=42<br />

Status<br />

I luoghi in cui ho trovato questa pianta sono stati invasi dalla ginestra:<br />

pertanto non è più reperibile da diversi anni.<br />

Diffusione<br />

Euro-siberiana. In Italia: dal Centro a<br />

tutto il Nord. In provincia: trovata in sole<br />

due località una quindicina di anni fa.<br />

Ambiente<br />

Scarpate per lo più infestate dalla Ginestra<br />

di Spagna (Spartium junceum), su<br />

terreno calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Trovata in due piccoli popolamenti nel<br />

1989: uno vicino a Bobbio nel quadrante<br />

1222-1, l’altro vicino a Confi ente, nel<br />

quadrante 1322-1.<br />

118 119


ORCHIS MORIO LINNEO 1753<br />

Orchis morio subsp. picta (Loisel.) K. Richt.<br />

Il nome morio è di dubbia derivazione:<br />

dal greco moros, che signifi ca “pazzo”, o<br />

dall’italiano morrione che signifi ca elmo<br />

o da altri termini che comunque sembra<br />

facciano tutti riferimento alla screziatura<br />

sgargiante <strong>del</strong> casco tepalico.<br />

Pianta<br />

Da 5 a 25 (40) cm. Fusto angoloso<br />

nella parte alta, spruzzato di<br />

violetto.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 10, riunite in rosetta basale, lunghe da 3 a 12 cm, larghe da 0.5 a<br />

1.5 cm, di forma lineare-lanceolate, ripiegate a doccia o qualcuna eretta;<br />

da 2 a 4 caulinari, lungamente abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Subcilindrica, da corta e lassa a corta e densa, con 5 o 25 fi ori. Brattee<br />

mediamente lunghe quanto l’ovario, con colorazione verdastra, violetto o<br />

porpora scuro.<br />

Fiori<br />

Dal rosso-violetto, al porpora chiaro, con nervature più scure longitudinali<br />

sui sepali laterali. Sepali e petali riuniti a formare un cappuccio; sepali lunghi<br />

da 7.5 a 10.5 mm, larghi da 3 a 5.5 mm, ovali-oblunghi; sepalo mediano e<br />

petali subeguali, lunghi da 6 a 8 mm. Labello più o meno profondamente<br />

trilobato, più largo che lungo; lobi laterali più grandi <strong>del</strong> centrale e spesso<br />

ripiegati all’indietro, con margini dentellati. Parte centrale <strong>del</strong> labello più<br />

chiara, punteggiata da piccole macchie violette. Sperone più corto <strong>del</strong>l’ovario,<br />

troncato all’apice, disposto orizzontalmente o leggermente rivolto<br />

verso l’alto. 2n=36<br />

Status<br />

Fino a pochi anni fa, questa specie, insieme a poche<br />

altre, deteneva il primato di orchidea più numerosa<br />

presente in provincia. Oggi, pur mantenendo la presenza<br />

in quasi tutte le stazioni segnalate nel 1989, è<br />

andata rarefacendosi a tal punto che, laddove erano<br />

presenti migliaia di esemplari, oggi a malapena se ne<br />

trova qualche esemplare qua e là. Il motivo di tutto<br />

questo è da attribuire, in parte, alle continue razzie<br />

da parte <strong>del</strong> cinghiale e in parte al restringimento<br />

degli ambienti di vita, dovuto all’avanzare di arbusti,<br />

rovi e graminacee varie.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: presente in tutto<br />

il territorio.<br />

Ambiente<br />

Praterie più o meno aride, soprattutto<br />

in zone franose.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Raramente si trovano individui a fi ori rosa<br />

o completamente bianchi.<br />

120 121


ORCHIS PALLENS LINNEO 1771<br />

Orchis sulphurea Sims<br />

L’aggettivo pallens signifi ca “pallido” e si<br />

riferisce ai fi ori che sono giallo pallidi.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 35 cm. Fusto robusto, cilindrico<br />

all’altezza <strong>del</strong>l’infi orescenza<br />

e leggermente angoloso.<br />

Fioritura<br />

Da Aprile a Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 6 a 13 cm, larghe da 1.5 a 5 cm, basali, in numero da 3 a 5,<br />

ampie, oblunghe od ovali, senza macchie; le superiori, una o raramente due,<br />

abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Da 5 a 15 cm densa, cilindrica. Brattee membranacee, lanceolate, lunghe<br />

circa quanto l’ovario.<br />

Fiori<br />

Piuttosto grandi, giallo-pallidi o giallo-sulfurei, emananti profumo di sambuco.<br />

Sepali esterni lunghi da 6.5 a 9 mm, larghi da 3 a 5 mm, ovali, ottusi,<br />

piegati all’indietro; il mediano esterno lungo da 5.5 a 7.5 mm e i petali<br />

conniventi a formare un cappuccio. Labello lungo da 8 a 11.5 mm, largo<br />

da 9 a 14 mm, debolmente trilobo, con margini solitamente interi ripiegati<br />

all’indietro. Sperone lungo da 7 a 14 mm, orizzontale o debolmente rivolto<br />

in alto, cilindrico o a forma di clava, lungo circa quanto l’ovario. 2n=40<br />

Status<br />

Nelle praterie montane convive con O. mascula e con D. sambucina e con<br />

queste divide anche la sorte: viene spesso mangiata dai cinghiali.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: sulle Alpi<br />

e Prealpi, sull’Appennino settentrionale<br />

e centrale e in Calabria nel gruppo <strong>del</strong><br />

Pollino. In provincia: sia in collina che<br />

in montagna, in stazioni quasi sempre<br />

formate da pochi esemplari.<br />

Ambiente<br />

Boschi radi, praterie montane, castagneti,<br />

su suolo calcareo o acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Questa entità è piuttosto rara, a quote<br />

basse si trova quasi esclusivamente nei<br />

castagneti.<br />

122 123


ORCHIS PAPILIONACEA LINNEO 1759<br />

Orchis rubra Jacq.<br />

L’aggettivo specifi co papilionacea è di<br />

origine latina e fa riferimento alla forma<br />

<strong>del</strong> labello che può vagamente ricordare<br />

la forma di ala di farfalla.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 30 cm. Fusto robusto,<br />

rigido, angoloso e rossastro nella<br />

parte superiore.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 9, riunite in rosetta basale, lunghe da 4 a 15 cm, larghe da 0.5 a 2<br />

cm, lineare-lanceolate; da 2 a 5 cauline guainanti, di grandezza decrescente<br />

verso l’alto; le ultime, bratteiformi e sfumate di porpora all’apice.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con pochi fi ori (3-10); brattee membranacee, oblungo-lanceolate, più<br />

lunghe <strong>del</strong>l’ovario, di colore porpora, con nervature rosse.<br />

Fiori<br />

Dal rosso brunastro al porpora. Sepali lunghi da 8 a 19 mm, larghi da 4 a 7<br />

mm, lineare-lanceolati, conniventi con i petali a formare un cappuccio semi<br />

aperto sopra il ginostemio; gli esterni più grandi degli interni, entrambi con<br />

striature di colore più intenso. Labello lungo da 9 a 24 mm, largo da 7 a<br />

18 mm, pendente, intero, allargato a ventaglio, ristretto alla base, concavo,<br />

con bordo dentellato, di colore rosa più o meno intenso; quasi sempre sono<br />

presenti venature più scure. Sperone conico più corto <strong>del</strong>l’ovario, orientato<br />

verso il basso, leggermente arcuato. 2n=32<br />

Status<br />

Dei 30-40 esemplari trovati nel 1988, a seguito <strong>del</strong> rimboschimento da<br />

parte, soprattutto, di cespugli infestanti, nella stagione 2002 ne sono rimasti<br />

solo un paio di esemplari.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: principalmente<br />

nell’area mediterranea. In provincia:<br />

una sola stazione in Val <strong>Trebbia</strong><br />

a quota 250 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su suolo calcareo. Praterie aride e ben<br />

soleggiate.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La presenza sul territorio <strong>piacentino</strong><br />

è stata accertata nel corso di questa<br />

ricerca, nel 1988, nel quadrante 1122-4,<br />

vicino a Mezzano Scotti.<br />

124 125


ORCHIS PROVINCIALIS BALBIS 1806<br />

Orchis cyrilli Ten.<br />

L’aggettivo specifi co provincialis deriva<br />

da Provenza, regione <strong>del</strong>la Francia<br />

sud-orientale.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 35 cm. Fusto gracile e<br />

flessuoso.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 5 a 15 cm, larghe da 1.5 a 2.6 cm; cosparse nella pagina superiore<br />

da grosse macchie bruno-violacee o nere, da 3 a 8 le inferiori, raccolte in<br />

rosetta basale, oblungo-lanceolate, patenti od erette, da 2 a 3 le superiori,<br />

piccole, aderenti al fusto, lanceolate.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con massimo 15-20 fi ori. Brattee membranacee, più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Di colore giallo o giallo pallido. Sepali laterali patenti, irregolarmente ovati,<br />

lunghi da 10 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm; il mediano lungo da 6 a 7.5 mm,<br />

solitamente piegato in avanti, connivente con i petali. Labello punteggiato<br />

centralmente da macchie rosso-chiaro, lungo da 9 a 14 mm, largo da 10 a<br />

18 mm, trilobato, con lobi laterali ripiegati all’indietro, margine dentellato<br />

irregolarmente. Sperone lungo, uguale o più <strong>del</strong>l’ovario, arcuato verso l’alto,<br />

spatolato o leggermente bifi do all’apice. 2n=42<br />

Status<br />

Il pascolamento saltuario di ovini, in queste stazioni,<br />

infl uisce favorevolmente su tutte le specie di <strong>orchidee</strong><br />

presenti e sull’ambiente circostante.<br />

Diffusione<br />

Steno-mediterranea. In Italia: in tutte le<br />

regioni. In provincia: presente in quasi<br />

tutte le valli, con pochi esemplari per<br />

stazione, dai 400 agli 800 m.<br />

Ambiente<br />

Pascoli e praterie. Tende a spostarsi in<br />

prossimità di piccoli canaletti o vallette,<br />

dove, per un certo periodo <strong>del</strong>l’anno<br />

c’è ristagno di acqua, su suolo preferibilmente<br />

calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie assai rara in provincia. Nell’annata<br />

2001, tuttavia, nel territorio <strong>del</strong> comune<br />

di Morfasso, nel quadrante 1224-3, da<br />

quota 400 a quota 450 m s.l.m., ho trovato<br />

3 stazioni con più di 100 esemplari<br />

in totale. Almeno una decina di questi<br />

avevano una colorazione rosso-violacea.<br />

Escludo si tratti di ibridi con O. mascula,<br />

peraltro presente nelle stazioni. Esemplari<br />

di questa forma sono già stati da<br />

me ritrovati sulla riviera ligure, presso<br />

Lavagna. Con ogni probabilità si tratta<br />

<strong>del</strong>la variante rubra, come viene riportato<br />

a pag. 228 <strong>del</strong> libro <strong>del</strong>la S.F.O. (Societè<br />

Française d’Orchidophilie <strong>del</strong> 1988),<br />

anche se gli esemplari che ho trovato<br />

in provincia e in Liguria sono molto più<br />

carichi di colore.<br />

126 127


ORCHIS PURPUREA HUDSON 1762<br />

Orchis fusca Jacq.<br />

Si tratta sicuramente di una <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> più<br />

comuni ed appariscenti <strong>del</strong>la fascia mediocollinare.<br />

Purpurea deriva dal latino purpurens<br />

e signifi ca ”color porpora”. La denominazione<br />

si riferisce al colore bruno-porpora dei tepali<br />

riuniti a cappuccio. La specie è conosciuta nel<br />

Piacentino col nome di Vacca Mora.<br />

Pianta<br />

Robusta, da 25 a 60 (80) cm.<br />

Fusto nudo, macchiato di porpora<br />

e scanalato verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Marzo a inizio Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 8, lunghe da 6 a 23 cm, larghe da 2 a 7 cm, verde brillante, quasi<br />

tutte in rosetta basale, ovali, erette o patenti, oblunghe o largamente lanceolate;<br />

le superiori, lanceolate, avvolgenti il fusto. Nelle annate con condizioni<br />

climatiche normali compaiono già all’inizio <strong>del</strong>l’autunno.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, dapprima conica, poi cilindrica, lunga da 5 a 25 cm, con 5-6 o 200<br />

fi ori. Brattee lunghe da 1 a 3 mm, squamiformi, violacee, molto più corte<br />

<strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Grandi. Sepali e petali lunghi da 8 a 13 mm, larghi da 5 a 7 mm, conniventi<br />

a formare un cappuccio di colore variabile, bruno porpora, per lo più, o<br />

verdastro con punteggiatura porporina. Labello lungo da 9 a 21 mm, largo<br />

da 10 a 22 mm, trilobo, di forma e di colore piuttosto variabile: per lo più<br />

rosa chiaro, con bordi più scuri e macchioline centrali formate da papille<br />

porporine; lobi laterali stretti e divergenti; il centrale più lungo e più largo,<br />

diviso a sua volta in due lobi, separati centralmente da un’appendice<br />

dentiforme. Sperone lungo circa la metà <strong>del</strong>l’ovario, curvato verso il basso,<br />

bilobato all’apice. 2n=42<br />

Status<br />

La specie, pur non essendo<br />

più così abbondante, mantiene<br />

ancora la sua presenza in<br />

tutte le stazioni dov’era stata<br />

segnalata.<br />

Diffusione<br />

Euro-Asiatica. In Italia: al nord e al<br />

centro, assente all’estremo sud. In<br />

provincia: dai primi boschi <strong>del</strong>la collina<br />

fi no ai 1000 m.<br />

Ambiente<br />

Vario: boschi radi, praterie, pascoli, su<br />

terreno prevalentemente calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie si ibrida piuttosto facilmente<br />

con O. simia.<br />

128 129


ORCHIS SIMIA LAMARCK 1779<br />

Orchis tephrosanthos Vill.<br />

Il suo labello rappresenta la forma di una scimmietta<br />

a penzoloni da cui trae origine il nome. È<br />

specie comune in provincia, dà origine localmente<br />

a stazioni con numerosissimi individui, convive<br />

spesso con Orchis purpurea con cui si ibrida<br />

abbastanza facilmente.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 40 (60) cm. Fusto eretto,<br />

cilindrico; arrossato e lievemente<br />

scanalato verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 7, lunghe da 6 a 20 cm, larghe da 1.5 a 5 cm. <strong>Le</strong> basali riunite in<br />

rosetta di colore verde-biancastro brillante, oblungo-lanceolate, leggermente<br />

canaliculate, erette o patenti; da 1 a 4 foglie caulinari, più piccole<br />

avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Incomincia a fi orire dall’alto; densa, a forma di cono rovesciato a inizio<br />

fi oritura, poi brevemente cilindrica. Brattee molto piccole, lunghe da 1 a 4<br />

mm, squamiformi, bianco-giallastre o sfumate di rosa.<br />

Fiori<br />

Bianco-rosei o grigio-lilla con sfumature o tratti roseo-purpurei. Sepali<br />

strettamente lanceolati, lunghi da 10.5 a 15 mm, larghi da 3 a 4 mm,<br />

riuniti assieme ai petali a forma di casco sopra il ginostemio. Petali linearilanceolati<br />

lunghi da 9 a 12 mm. Labello lungo da 10 a 20 mm, proteso in<br />

avanti a circa 45°, nettamente trilobo con lobi laterali lineari molto lunghi<br />

e divergenti, con l’apice arrotondato, incurvato verso l’alto; lobo mediano<br />

a sua volta trilobo, con lobulo centrale piccolissimo; lobuli laterali lunghi e<br />

sottili, ripiegati verso l’alto, bianco rosato nella parte centrale con numerose<br />

piccole papille porporine; lobi con apici arrossati. Sperone rosa e lungo circa<br />

la metà <strong>del</strong>l’ovario. 2n=42<br />

Status<br />

Pur essendo ancora presente in tutte le stazioni segnalate, la sua presenza<br />

sta lentamente ma inesorabilmente calando, anno dopo anno, in termini<br />

di esemplari; ma ciò che più preoccupa è che è sempre più diffi cile trovare<br />

esemplari vigorosi, alti anche 50-60 cm, come si trovavano 15 o 20 anni<br />

fa. Questo indica che la pianta sta ormai risentendo troppo la competizione<br />

con altre erbe più vigorose che non vengono ormai più falciate o brucate<br />

da animali al pascolo.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutte le<br />

regioni continentali. In provincia: nella<br />

fascia collinare.<br />

Ambiente<br />

Luoghi abbandonati, bordi dei boschi,<br />

su terreno calcareo, in pieno sole o<br />

mezz’ombra.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

130 131


ORCHIS TRIDENTATA SCOPOLI 1772<br />

Orchis commutata Tod.<br />

La denominazione tridentata fa riferimento<br />

alla posizione dei tepali esterni che sono<br />

ravvicinati in basso a formare un cappuccio<br />

e distaccati in alto a formare tre punte ben<br />

distanziate.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 30 (45) cm. Fusto eretto,<br />

più o meno robusto, scanalato<br />

verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Aprile a Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 11, lunghe da 3 a 10 cm, larghe da 1.5 a 3 cm, verde glaucescente,<br />

riunite in rosetta, da lineari e oblungo-lanceolate, leggermente canaliculate,<br />

patenti o erette; da 2 a 3 foglie lungamente abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Più o meno densa a inizio fi oritura e conico-emisferica, poi ovale-arrotondata.<br />

Brattee membranacee, lanceolate, uguali o più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Lunghi da 7 a 13 mm, larghi da 1.5 a 5 mm, di colore bianco-roseo con<br />

strie violette. Sepali ovato-lanceolati, saldati alla base, divergenti all’apice;<br />

petali più piccoli e completamente nascosti dagli esterni. Labello lungo da<br />

8 a 12 mm nettamente trilobo, piano, orientato obliquamente in avanti; lobi<br />

laterali dilatati all’apice, con bordi dentellati irregolarmente; lobo mediano<br />

bilobo, più lungo e più largo dei laterali, dentellato ai bordi. Sperone lungo<br />

quanto l’ovario o più corto, orientato verso il basso. 2n=42<br />

Status<br />

Specie in forte calo in termine di numero di esemplari nelle stazioni lungo i<br />

principali corsi d’acqua. I ritrovamenti più in quota erano già ridotti a pochi<br />

esemplari all’epoca dei primi ritrovamenti, verso la fi ne degli anni ‘80.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: maggiormente<br />

lungo il corso <strong>del</strong> medio <strong>Trebbia</strong>.<br />

Ambiente<br />

Prati piuttosto aridi, sassosi, su terreno<br />

calcareo.<br />

132 133<br />

Note<br />

G F M A M G L A S O N D


ORCHIS USTULATA LINNEO 1753<br />

Orchis parvifl ora Willd.<br />

Ustulata deriva dal latino ustulare,<br />

bruciacchiare e fa riferimento al colore<br />

porpora scuro dei fi ori ancora in boccio.<br />

Danno infatti la sensazione di essere<br />

bruciacchiati.<br />

Pianta<br />

Da l0 a 25-30 cm. Fusto rigido,<br />

lievemente scanalato verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Aprile a inizio Agosto.<br />

Foglie<br />

Da 5 a 10, riunite in rosetta basale, da lanceolate ad oblungo-lanceolate,<br />

con apice acuto od ottuso, patenti o eretto-patenti, lunghe da 3 a 15 cm,<br />

larghe da 1 a 3 cm; da 2 a 3 caulinari, erette, abbraccianti il fusto; l’ultima<br />

foglia bratteiforme.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, conica e porpora-nerastra alla sommità a inizio fi oritura, poi cilindrica.<br />

Brattee ovato-lanceolate, lunghe circa quanto l’ovario, di colore porpora più<br />

o meno intenso.<br />

Fiori<br />

Piccoli, profumati, lunghi da 3.5 a 4.5 mm, larghi da 2 a 3.5 mm. Sepali<br />

lunghi da 4 a 8 mm, porpora-nerastri all’esterno, verdastri internamente,<br />

con nervature purpuree, ovato-ottusi, saldati alla base, liberi alle estremità,<br />

a formare un piccolo casco emisferico; petali lunghi da 3 a 3.5 mm, rosati.<br />

Labello piccolo, profondamente trilobo, con lobo mediano bilobo più lungo<br />

dei laterali, bianco con punteggiature purpuree. Sperone molto corto,<br />

conico-arcuato verso il basso. 2n=42<br />

Status<br />

Specie abbastanza rara, alcune stazioni sono scomparse a seguito <strong>del</strong>l’eccessivo<br />

inerbimento dei luoghi.<br />

Diffusione<br />

Europeo-caucasica. In Italia: in tutta la<br />

penisola. In provincia: dai 300 ai 1500<br />

m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Prati per lo più aridi e sassosi. Terreno<br />

preferibilmente calcareo o debolmente<br />

acido.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Orchis ustulata subsp aestivalis (Kümpel)<br />

Kümpel & Mrkuika.<br />

A proposito di questo nuovo taxa descritto<br />

nel 1990, rimane da accertare<br />

se le piccole differenze riportate, quali<br />

l’infi orescenza più allungata e appuntita<br />

a fi ne fi oritura o il periodo di fi oritura più<br />

tardivo, siano valide per una separazione<br />

o se invece si tratti di eco-variabilità dovute<br />

al fatto di vivere in luoghi più elevati.<br />

In attesa di ulteriori chiarimenti posso<br />

confermare che 2 stazioni con tali caratteristiche<br />

sono state trovate entrambe<br />

nel comune di Ferriere, rispettivamente<br />

nel quadrante 1423-1, vicino al paese di<br />

Pertuso nel 1988, e nel quadrante 1422-<br />

2, vicino al paese di Torrio nel 1994.<br />

134 135


HIMANTOGLOSSUM ADRIATICUM H. BAUMANN 1978<br />

Himantoglossum hircinum subsp. adriaticum (H. Baumann) H. Sund.<br />

Adriaticum fa riferimento all’areale <strong>del</strong>la<br />

specie, centrato nell’area Adriatica.<br />

Pianta<br />

Da 30 a 80 cm. Fusto robusto alla<br />

base, assottigliato e fl essuoso in<br />

alto, tinto più o meno intensamente<br />

di bruno-porpora nella metà superiore<br />

<strong>del</strong> fusto.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 8 a 16 cm, larghe da 1.5 a 3.5 cm. <strong>Le</strong> inferiori, da ovale-lanceolate<br />

a oblungo-lanceolate; le superiori, distribuite lungo il fusto, strette,<br />

abbraccianti, acute, od acuminate; l’ultima, bratteiforme. Foglie tendenti a<br />

seccare alla fi oritura.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con molti fi ori. Brattee: lineare-lanceolate, rosate o porporine, più<br />

lunghe <strong>del</strong>l’ovario in basso, più corte in alto.<br />

Fiori<br />

Lievemente profumati; sepali e petali lunghi da 7 a 9 mm, larghi da 4 a 6 mm,<br />

ovali, ottusi all’apice, conniventi o saldati tra di loro a formare un cappuccio<br />

emisferico bianco-verdastro, soffuso di porpora sopra il ginostemio. Labello<br />

di colore bruno-rossastro, biancastro alla base, con macchiettature porporine,<br />

trilobo con lobo mediano lungo fi no a 6-7 cm; piano o leggermente<br />

spiralato, più o meno bifi do all’apice; lobi laterali più stretti, lunghi da 11 a<br />

26 mm, ondulati, leggermente divergenti. Sperone conico, lungo da 2.5 a<br />

3.5 mm. 2n=36<br />

Status<br />

Negli ambienti dove questa specie vive non esiste<br />

più alcuna cura da parte <strong>del</strong>l’uomo: è scomparsa<br />

anche la pratica <strong>del</strong> pascolo. Pertanto arbusti<br />

infestanti di ogni genere possono avanzare incontrastati,<br />

mettendo a dura prova l’esistenza di questa<br />

e di tante altre specie pregiate.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia nella fascia<br />

nord-orientale e centrale. In provincia<br />

dai 150 ai 1200 m s.l.m..<br />

Ambiente<br />

Scarpate, coltivi abbandonati, per lo più<br />

aridi, su suolo calcareo in piena luce.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

<strong>Le</strong> segnalazioni di H. hircinum nel secolo<br />

scorso (Bracciforti) sono probabilmente<br />

da attribuire a questa entità descritta<br />

dal tedesco H. Baumann solo di recente<br />

(1978). La sua presenza in provincia è<br />

stata accertata nel 1983. <strong>Le</strong> stazioni ad<br />

altimetria più elevata sono sempre formate<br />

da pochi o unici esemplari isolati.<br />

136 137


HIMANTOGLOSSUM HIRCINUM (L.) SPRENGEL 1826<br />

Satyrium hircinum L.<br />

L’aggettivo hircinum in latino signifi ca “di<br />

capra” e fa senz’altro riferimento all’odore<br />

sgradevole che emanano i suoi fi ori.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 90 cm; fusto robusto,<br />

eretto, verdastro, a volte soffuso<br />

di rosso-brunastro.<br />

Fioritura<br />

Giugno.<br />

Foglie<br />

Sbocciano già in autunno ripartite lungo il fusto, decrescenti e abbraccianti<br />

il fusto verso l’alto, da 4 a 6 riunite in rosetta basale, ellittico-lanceolate,<br />

lunghe da 6 a 16 cm, larghe da 3 a 5 cm.<br />

Infiorescenza<br />

Cilindrica, densa, multifl ora, con 40-90 (120) fi ori. Brattee: le inferiori,<br />

nettamente più lunghe dei fi ori, decrescono verso l’alto fi no a diventare<br />

lunghe quanto i fi ori.<br />

Fiori<br />

Di solito odorano in modo sgradevole. Sepali laterali ovali, larghi da 4.5<br />

a 6.5 mm; il mediano lungo da 7 a 10 mm; petali lunghi da 9 a 12.5 mm,<br />

lineari; labello orientato verso il basso trilobo, a base biancastra guarnito<br />

di papille rossastre, lobo mediano nastriforme, lungo da 35 a 65 mm, largo<br />

da 2.5 a 3 mm, verdastro o rosso brunastro, disteso o fortemente ondulato,<br />

spiralato, con apice allargato e appena bifi do; lobi laterali lungamente<br />

acuminati, con lobo superiore fortemente ondulato, lunghi da 5 a 20 mm;<br />

sperone sacciforme, lungo da 2.5 a 6 mm; ovario brevemente pedicellato,<br />

ritorto. 2n=36<br />

Status<br />

Data l’esiguità <strong>del</strong> ritrovamento non è possibile fare valutazioni.<br />

Diffusione<br />

Mediterraneo-atlantica. In Italia è<br />

presente al sud. In provincia un solo<br />

ritrovamento nel quadrante 1321-2 a<br />

circa 600 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Scarpate, boscaglie rade, su terreno<br />

calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Ho trovato questa specie il 15/06/2003:<br />

si tratta probabilmente <strong>del</strong>la prima segnalazione<br />

fatta a nord <strong>del</strong>lo spartiacque<br />

appenninico. Purtroppo si trattava di un<br />

solo esemplare, alto circa 70 cm con<br />

un’ottantina di fi ori. Nel periodo immediatamente<br />

successivo il ritrovamento,<br />

aiutato anche da amici, sono stati esplorati<br />

i dintorni in cerca di altri esemplari,<br />

ma invano. Una curiosità: i fi ori emanavano<br />

sì un profumo, ma non particolarmente<br />

sgradevole. Sovente le foglie tendono<br />

a seccare quando ancora la pianta è in<br />

fi ore. <strong>Le</strong> foglie basali possono essere<br />

danneggiate dalle gelate invernali.<br />

138 139


ANACAMPTIS PYRAMIDALIS (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />

Orchis pyramidalis L.<br />

Pyramidalis trae signifi cato dalla forma<br />

<strong>del</strong>l’infi orescenza: questa infatti, all’inizio<br />

<strong>del</strong>la fi oritura, ha la forma piramidata.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 (75) cm. Fusto gracile,<br />

spesso fl essuoso.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Aprile a Luglio.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 12 lunghe da 7 a 26 cm, larghe da 0.5 a 2 cm. <strong>Le</strong> inferiori carenate,<br />

da lanceolate a lineare-lanceolate, erette o debolmente ricadenti; le superiori<br />

avvolgenti il fusto, progressivamente più piccole verso l’alto, fi no a diventare,<br />

le ultime, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Molto densa, breve dapprima conica, poi ovale e allungata. Alta da 2.5<br />

a 12 cm. Brattee strette, acuminate, lunghe ± quanto l’ovario, sfumate di<br />

violetto.<br />

Fiori<br />

A volte debolmente profumati, rosa più o meno intenso (rarissimi bianchi).<br />

Sepali laterali lunghi da 5 a 8 mm, sepalo mediano, dritto in avanti connivente<br />

con i petali a formare un casco sopra il ginostemio, lungo da 4 a 6 mm;<br />

sepali e petali ovato-lanceolati brevemente carenati. Labello lungo da 7 a<br />

10 mm, cuneiforme, trilobo, più largo che lungo, con lobi pressochè uguali<br />

o debolmente più stretto il centrale, provvisto alla base di due lamelle che<br />

si protendono verso l’alto. Ginostemio ottuso con pollini verdastri uniti da<br />

un solo retinacolo. Stimma bilobato con lobi disposti lateralmente in basso.<br />

Sperone fi liforme, volto verso il basso, lungo come o più <strong>del</strong>l’ovario. Ovario<br />

subsessile, ritorto. 2n = 36, (54,63),72.<br />

Status<br />

Questa specie mantiene ancora un discreto numero di esemplari. Ciò è probabilmente<br />

dovuto all’ambiente in cui vive, solitamente sassoso e arido: in tali<br />

ambienti arbusti ed erbe infestanti non riescono ad essere così aggressivi.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: dagli argini <strong>del</strong><br />

Po fi no a 1500 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Praterie per lo più sassose e aride, su<br />

terreno preferibilmente calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Nella stagione ’87 è stata notata una<br />

abbondante fi oritura di questa specie su<br />

un terreno che soli 4 anni prima aveva subito<br />

profondi lavori di sbancamento, con<br />

mezzi meccanici. Evidentemente questa<br />

orchidea è in possesso di una capacità<br />

germinativo-vegetativa molto veloce. Nel<br />

caso di altre <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> italiane,<br />

invece, possono passare dai 10 ai 15 anni<br />

prima che da un seme germinato possa<br />

spuntare una pianta a fi ore. Il dato si riferisce<br />

al quadrante 1023-3. Nel quadrante<br />

1323-2 a quota 1000 m ho osservato<br />

una stazione piuttosto abbondante con<br />

fi ori insolitamente molto rossi. Dopo attenti<br />

controlli, ho potuto verifi care che le<br />

differenze riguardano solo il colore, mentre<br />

il labello e lo sperone non evidenziano<br />

differenze: pertanto posso escludere che<br />

si tratti <strong>del</strong>la sottospecie A. pyramidalis<br />

subsp. tanayensis (Chenevard) Quentin<br />

1993, come ipotizzato da qualcuno.<br />

140 141


SERAPIAS NEGLECTA DE NOTARIS 1858 G F M A M G L A S O N D<br />

Il nome specifi co deriva dal latino<br />

neglectus e signifi ca “trascurata, mal<br />

conosciuta” e allude al fatto che per lungo<br />

tempo è stata sottovalutata dai botanici;<br />

veniva infatti considerata una varietà di<br />

S. cordigera L.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 30 (35) cm, fusto robusto<br />

con base non maculata.<br />

Fioritura<br />

Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 8, lunghe da 6 a 12 cm, da dritte a pendenti, lanceolate, canaliculate;<br />

le superiori abbraccianti, bratteiformi, l’ultima arriva o supera di poco<br />

la base <strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />

Infiorescenza<br />

Densa, con 3 o 12 (15) fi ori. Brattee un po’ più corte <strong>del</strong> fi ore quando è in<br />

boccio, <strong>del</strong>lo stesso colore <strong>del</strong> casco tepalico, grigio-rossastro, con nervature<br />

marcatamente più scure.<br />

Fiori<br />

Grandi, lievemente profumati; sepali lunghi da 19 a 28 mm, larghi da 5 a<br />

7 mm, petali un po’ più corti, larghi da 4 a 7 mm, molto scuri, con base<br />

orbicolare; labello trilobo, lungo da 28 a 45 mm, di colore variabilissimo,<br />

da rosso porporino a rosso mattone, rosa salmone, giallastro; base munita<br />

di due callosità separate, parallele, fauce con una densa pelosità biancastra;<br />

ipochilo lungo da 3 a 19 mm, largo da 21 a 26 mm, con lobi laterali<br />

generalmente più scuri, incurvati verso l’alto, sporgenti dal casco tepalico;<br />

epichilo lungo da 19 a 30 mm, largo da 14 a 22 mm, ovale, cordato-acuto,<br />

con bordi rialzati, un po’ ondulati, piegato in basso o rifl esso; ginostemio<br />

con pollini verdastri. 2n=36<br />

Status<br />

Data l’esiguità dei ritrovamenti, non è possibile fare valutazioni. Si può però<br />

rilevare come gli ambienti in cui sono stati fatti questi ritrovamenti stiano<br />

scomparendo, fagocitati da arbusti infestanti.<br />

Diffusione<br />

Endemica tirrenica, diffusa per lo più in<br />

Toscana, Liguria. In Francia lungo la costa,<br />

per un breve tratto, e in Corsica. Alcuni<br />

piccoli popolamenti sono presenti anche<br />

in Piemonte, nelle Langhe e in Emilia. In<br />

provincia due ritrovamenti.<br />

Ambiente<br />

Da 350 a 450 m s.l.m., in pieno sole o<br />

mezz’ombra, prati abbandonati, scarpate, su<br />

terreno calcareo. Questo dato è in contrasto<br />

con quanto viene riportato dalle maggiori<br />

pubblicazioni, secondo le quali la specie vive<br />

su terreni basici o debolmente acidi.<br />

Note<br />

Ho trovato questa specie il 15.5.1990,<br />

in Val Luretta, nel quadrante 1122-2, in<br />

una zona franosa presso Case Colombani,<br />

nel comune di Piozzano. Nello stesso<br />

periodo i sigg. Remo Schiavi e Giovanni<br />

Zanchieri ne segnalavano un’altra stazione<br />

in Val d’Arda, nel quadrante 1224-2,<br />

in una zona incolta, appena a monte <strong>del</strong><br />

Lago di Mignano, comune di Morfasso.<br />

Nella stessa stagione, si è poi saputo di<br />

altri ritrovamenti fatti in altre parti <strong>del</strong>la<br />

regione: si trattava di ritrovamenti singoli<br />

o di pochissimi esemplari, così come nel<br />

caso dei due ritrovamenti piacentini. La<br />

fi oritura non si è più ripetuta nelle annate<br />

successive. Di fronte a questa situazione,<br />

il parere degli esperti è che la specie raggiungerebbe,<br />

nei primi rilievi appenninici,<br />

il limite Nord <strong>del</strong> suo areale: la pianta<br />

sarebbe sempre presente almeno a livello<br />

fogliaceo, ma riuscirebbe a produrre uno<br />

stelo fi orifero solo nelle annate particolarmente<br />

favorevoli.<br />

142 143


SERAPIAS VOMERACEA (N.L. BURMAN) BRIQUET 1910<br />

Serapias longipetala (Ten.) Pollini<br />

Vomeracea deriva dal latino vomer, simile al<br />

vomere; si riferisce alla forma leggermente<br />

piegata che assume il labello a fi ne fi oritura.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 40 (55) cm. Fusto verde<br />

chiaro con punteggiatura rossa in<br />

basso, rosso-porporino in alto.<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 4 a 8 lunghe da 7 a 20 cm. <strong>Le</strong> inferiori lineare-lanceolate, erette o ricadenti,<br />

canaliculate-carenate; da 1 a 3 foglie caulinari, avvolgenti, bratteiformi.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa e allungata, composta da 3-8 (10) fi ori. Brattee acuminate superanti<br />

in lunghezza i fi ori di colore grigio-violaceo o rosso-porporino, con striature<br />

longitudinali scure, lunghe fi no a 70 mm, larghe 20 mm, simili nell’aspetto<br />

ai sepali.<br />

Fiori<br />

Grandi sepali lunghi da 18 a 20 mm, larghi da 4 a 8 mm, lanceolati, saldati<br />

tra loro a formare un casco diretto obliquamente in avanti; petali lunghi da<br />

18 a 28 mm, larghi da 4 a 8 mm, lineare-acuminati, nascosti completamente<br />

dagli esterni. Il labello lungo da 27 a 45 mm, di colore rosso scuro, trilobo<br />

e articolato in due parti. Ipochilo lungo da 11.5 a 17 mm, largo da 16 a<br />

25 mm, quasi completamente racchiuso nel casco tepalico e provvisto alla<br />

base di due callosità lineari e parallele con bordi arrotondati, rivolti verso<br />

l’alto; epichilo lungo da 17 a 30 mm, largo da 7 a 13.5 mm, provvisto di una<br />

peluria chiara al centro, rivolto verso il basso o rifl esso all’indietro. Sperone<br />

assente. 2n = 36<br />

Status<br />

Questa specie risente <strong>del</strong>le stesse problematiche che investono specie di<br />

altri generi. E’ in arretramento a causa <strong>del</strong>l’avanzata di arbusti infestanti.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutte le<br />

regioni, escluse Valle d’Aosta e Sardegna,<br />

più rara al nord. In provincia: più<br />

comune nella parte est.<br />

Ambiente<br />

Luoghi incolti, più o meno aridi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

All’interno dei popolamenti rinvenuti in<br />

provincia sono presenti parecchi esemplari<br />

esili, bassi, con l’infi orescenza piuttosto<br />

lassa; queste piante corrispondono<br />

alla descrizione di S. vomeracea subsp<br />

laxifl ora (Soò) Gölz & H.R. Reinhard.<br />

144 145


OPHRYS APIFERA HUDSON 1762<br />

Ophrys arachnites Mill.<br />

L’aggettivo specifi co deriva dalle parole latine apis, apis<br />

ape e fero, porto: portatrice di api. Si tratta <strong>del</strong>la<br />

specie di Ophrys con i caratteri più stabili o<br />

comunque poco variabili. In questa specie avviene,<br />

non di rado, l’autoimpollinazione: essendo l’antera<br />

molto piegata in avanti, i pollinii, giunti a maturazione<br />

si piegano, mediante il rilassamento <strong>del</strong>le caudicole e<br />

si appoggiano allo stimma.<br />

Pianta<br />

Da 20 a 60 cm.<br />

Foglie<br />

Di colore verde chiaro, le basali riunite in rosetta, lunghe da 5 a 12 cm, larghe<br />

da 0.6 a 1.6 cm, da ovato-lanceolate a oblunghe, talvolta con margini<br />

ondulati; le superiori guainanti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, da 2 a l0 fi ori, lunga fi no a 25 cm. Brattee anche più lunghe dei<br />

fi ori.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 10 a 17 mm, larghi da 6 a 9 mm, ovale-ottusi, patenti o<br />

ribattuti; il colore va dal rosa più o meno carico con venature verdi, al bianco,<br />

sempre con venature verdi; petali lunghi da 1 a 3 mm, larghi 1 mm, di forma<br />

subtriangolare, acuti all’apice, auricolati alla base, pubescenti, verdastri<br />

o rosati. Labello trilobo lungo da 9 a 15 mm; lobi laterali formati da due<br />

gibbosità basali, prolungantisi in avanti, molto pelose; lobo mediano molto<br />

bombato, di forma ovale; appendice terminale quasi sempre poco visibile<br />

per la forte rifl essione <strong>del</strong> lobo stesso. Colorazione <strong>del</strong> labello marrone più<br />

o meno intenso; disegno formato da una macchia ovoidale rossastra, posta<br />

nella parte basale, bordata da due linee spesso irregolari, bianche o giallastre;<br />

spesso presenti alcune macchie chiare anche nella parte inferiore <strong>del</strong><br />

labello. Ginostemio con connettivo lungo, acuto piegato ad “S”. Ovario non<br />

ritorto di forma lineare-allungata, piegato in avanti. 2n=36<br />

O. a. var. botteroni O. a. var. chlorantha<br />

Fioritura<br />

Maggio, Giugno.<br />

Status<br />

I luoghi dove questa specie<br />

vive sono sempre più spesso<br />

infestati dall’edera: quando<br />

questo accade non resta che<br />

registrarne la sparizione.<br />

O. a. var. aurita<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />

territorio. In provincia: rara, sporadica,<br />

dai primi rilievi fi no ai 1200 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Su terreno calcareo, praterie, pascoli<br />

anche molto umidi.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

La specie è prevalentemente autogama.<br />

Non si rileva la variabilità che c’è, ad<br />

esempio, in altre specie <strong>del</strong> genere;<br />

tuttavia vengono segnalate numerose<br />

varietà, tre <strong>del</strong>le quali, posso confermare,<br />

presenti in provincia:<br />

- O. apifera var. aurita Moggridge. Si<br />

caratterizza per avere i petali lunghi<br />

la metà dei sepali, verdastri, stretti,<br />

ricoperti da una fi tta peluria; è la più<br />

comune <strong>del</strong>le tre.<br />

- O. apifera var. chlorantha (Hegestschw)<br />

Ricter. Caratterizzata dal<br />

labello completamente giallo e dai<br />

sepali bianchi.<br />

Di questa entità, fi no ad una decina<br />

di anni fa, ne conoscevo almeno<br />

4 stazioni con numerosi esemplari<br />

frammisti ad esemplari <strong>del</strong>la specie<br />

tipo; attualmente in queste stazioni è<br />

presente soltanto qualche esemplare<br />

<strong>del</strong>la specie tipo.<br />

- O. apifera var. botteroni (Chodat)<br />

Ascherson & Graiebner. Ha i petali<br />

grandi quasi come i sepali. Di questa<br />

entità posso segnalare pochissimi<br />

ritrovamenti in provincia: non più di<br />

tre esemplari.<br />

146 147


OPHRYS BENACENSIS (REISIGL)<br />

O. & E. DANESCH & EHREND 1972<br />

Ophrys bertolonii Moretti<br />

Benacensis deriva da Benacus: Lago di Garda.<br />

Pianta<br />

Da 8-10 a 35 cm. Fusto robusto in<br />

basso, fl essuoso verso l’alto.<br />

Fioritura<br />

Da metà Aprile a Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 3 a 12 cm, larghe da 0.7 a 2.5 cm; da 6 a 12 inferiori, riunite in<br />

rosetta, piuttosto piccole e lanceolate; le cauline abbraccianti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Con 3-8 fi ori molto distanziati. Brattee più lunghe e uguali all’ovario.<br />

Fiori<br />

Grandi e vistosi. Sepali lunghi da 10 a 18 mm, larghi da 4 a 8 mm, oblunghi<br />

o oblungo-ovati, di colore variabile da rosa a rosso più o meno carico o<br />

bianco con venature verdi; petali lunghi da 8 a 13 mm, larghi da 2.5 a 4<br />

mm, lanceolato-lineari, un po’ auricolati alla base con bordo leggermente<br />

ondulato di colorazione più marcata rispetto ai sepali. Labello lungo da 14<br />

a 20 mm, a forma di sella, intero o leggermente trilobo, di colore marroneporporino<br />

scuro, ricoperto da folta peluria; specchio di forma piuttosto<br />

variabile, posto nella metà distale di colore bluastro, lucido. Munito alla base<br />

di due piccole protuberanze e di un’appendice ben sviluppata rivolta in su e<br />

posta in una smarginatura <strong>del</strong> bordo, all’apice. Cavità stigmatica arrotondata<br />

più larga che alta con due ocelli basali nerastri, brillanti. Ginostemio lungo,<br />

acuto; connettivo munito di rostro. 2n=36<br />

Status<br />

La specie, pur mantenendo ancora una discreta<br />

presenza, è in calo, a causa <strong>del</strong>la riduzione degli<br />

ambienti vitali.<br />

Diffusione<br />

Subendemica. In Italia: in tutte le regioni<br />

<strong>del</strong> nord, esclusa la Valle d’Aosta. In<br />

provincia: nella bassa, lungo i greti stabilizzati<br />

dei fi umi e dei torrenti; in collina,<br />

poco oltre i 600 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Praterie, prati incolti, pascoli sassosi, su<br />

suoli calcarei.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Entità più conosciuta col nome di O.<br />

bertolonii, in realtà questa specie è presente<br />

nel centro-sud Italia: si differenzia<br />

da O. benacensis principalmente per<br />

avere il labello piegato a sella e per la<br />

cavità stigmatica che anziché essere<br />

arrotondata è quadrangolare, più alta<br />

che larga. I popolamenti <strong>del</strong> territorio<br />

<strong>piacentino</strong> devono ritenersi una forma di<br />

passaggio tra le due specie: pur essendo<br />

sicuramente più vicini ad O. benacensis,<br />

tuttavia, si deve rilevare che una buona<br />

percentuale di questi esemplari ha il<br />

labello piegato a sella, mentre un po’<br />

più raro è trovare esemplari con la cavità<br />

stigmatica rialzata.<br />

148 149


OPHRYS FUCIFLORA (F. W. SCHMIDT) MOENCH 1802<br />

Ophrys holoserica (N.L. Burmüller) W. Greuter<br />

Il nome fucifl ora è di origine latina, ed è<br />

composto da fucus, fuco e fl os, fl oris, fi ore:<br />

fi ore a forma di ape; si riferisce alla forma <strong>del</strong><br />

labello. Trattasi di specie molto poliforma. Si<br />

rimane stupiti di fronte a esemplari o a vere<br />

stazioni con caratteristiche totalmente<br />

diverse rispetto alla forma tipica.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 40 (50) cm. Fusto robusto.<br />

Fioritura<br />

Da metà Aprile a metà Giugno.<br />

Foglie<br />

Lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 0.8 a 2.8 cm, di colore verde chiaro con<br />

sfumature grigiastre, riunite in rosetta basale ovato-oblunga, patenti o più<br />

o meno erette; una o due foglie cauline acuminate, abbraccianti.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, formata generalmente da 2 a 5 (12) fi ori. Brattee più lunghe degli<br />

ovari.<br />

Fiori<br />

Più o meno grandi. Sepali lunghi da 9 a 14 mm, larghi da 5 a 9 mm, ovali,<br />

roseo-rossastri o bianchi con venatura centrale verde; i laterali da patenti<br />

a rifl essi, il mediano incurvato in avanti; petali lunghi meno <strong>del</strong>la metà dei<br />

sepali, di colore generalmente più intenso, di forma triangolare. Labello lungo<br />

da 9 a 14 mm, largo da 13 a 18 mm, variabilissimo, di forma più o meno<br />

rettangolare, molto allargata in basso, da piano a concavo; gibbosità basali<br />

quasi assenti o molto lunghe, fi no a 5 mm ed appuntite. Colore variabile:<br />

dal marrone più o meno intenso al rosso molto scuro, talvolta bordato da<br />

una larga banda gialla. Disegno per lo più a forma di “H”, bordato da linee<br />

o macchie bianche, giallastre o giallo-verdastre. Appendice intera o trifi da,<br />

glabra, rivolta generalmente in avanti. Cavità stigmatica ampia, con alla base<br />

due ocelli nerastri. Ginostemio con connettivo corto e acuto. 2n=36<br />

Status<br />

Pur mantenendo una discreta<br />

presenza, la specie sta subendo<br />

un forte arretramento<br />

dovuto ai soliti problemi:<br />

aumento degli infestanti e<br />

notevole presenza <strong>del</strong> cinghiale.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia è presente<br />

in tutte le regioni. In provincia comune<br />

in collina. Alcuni esemplari ritrovati<br />

oltre i 1000 m (Monte Albareto 1257<br />

m s.l.m.).<br />

Ambiente<br />

Praterie aride e sassose, anche in boschi<br />

soleggiati.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie assai variabile. Nel corso degli ultimi<br />

vent’anni, si è riscontrato la presenza<br />

di individui o vere e proprie stazioni con<br />

caratteristiche verso O. scolopax cavenilles<br />

(labello molto convesso, gibbosità molto<br />

pronunciate). Nell’ultimo decennio si è<br />

avuta la percezione di una tendenza, già<br />

notata in altre specie: le forme variabili<br />

tendono a sparire e i popolamenti si<br />

presentano sempre più puri.<br />

150 151


OPHRYS FUCIFLORA subsp. ELATIOR<br />

(GÜMPRECHT ex H.F. PAULUS) ENGEL & QUENTIN 1997<br />

Ophrys elatior Gümprecht ex H.F. Paulus<br />

Elatior deriva dal latino e signifi ca “più grande”<br />

e fa riferimento all’altezza <strong>del</strong>la pianta,<br />

nettamente più alta di O. fucifl ora.<br />

Pianta<br />

Da 25 a 55 (60) cm, fusto esile.<br />

Fioritura<br />

Mediamente 15 giorni dopo O.<br />

fucifl ora<br />

Foglie<br />

Generalmente un po’ più piccole che in O. fucifl ora, verde glaucescente. A<br />

seconda <strong>del</strong>l’andamento stagionale, possono essere già secche al momento<br />

<strong>del</strong>la fi oritura. Si è notato che questo succede nelle stagioni in cui avvengono<br />

forti rialzi di temperatura.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa, con 3 o 12 fi ori piuttosto piccoli; brattee, le prime superanti i fi ori in<br />

lunghezza, poi più corte, ma mai più <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 9 a 13 mm, larghi da 4.5 a 5 mm, bianchi o rosa ± carico, con<br />

nervatura centrale ± verde, ovali, concavi, piegati in avanti; sepalo mediano<br />

dritto o sovente piegato in avanti, sopra il ginostemio; petali lunghi da 4 a<br />

6 mm, larghi da 2 a 3.5 mm, da rosa ± carico a bianco o roseo, vellutati, di<br />

forma ± triangolare; labello lungo da 7 a 11 mm, largo da 8.5 a 13.5 mm,<br />

intero, quadrangolare-arrotondato, con gibbosità sottili e aguzze, poco pronunciate<br />

o sovente assenti; da piano, con apici laterali rialzati, a ± convesso,<br />

munito di una leggera peluria, soprattutto al margine, di colorazione molto<br />

variabile, ± simile a O. fucifl ora, ma con tonalità più accentuate; disegno ±<br />

semplice, a forma di “H”, o più complesso ed elaborato, che a volte interessa<br />

anche la faccia interna <strong>del</strong>le gibbosità; apicolo arrotondato o trifi do, piegato<br />

± in avanti, giallo o giallo-verdastro; cavità stigmatica ampia, <strong>del</strong>lo stesso<br />

colore <strong>del</strong> campo basale, munita di due ocelli nerastri, brillanti; ginostemio<br />

corto, appuntito. 2n=72<br />

Status<br />

Nella località <strong>del</strong> primo ritrovamento,<br />

se pur a fasi<br />

alterne, le popolazioni sono<br />

andate aumentando: da 5-6<br />

piante a fi ore nei primi anni<br />

si è passati a oltre 35 nelle<br />

annate migliori. Purtroppo<br />

la stazione è minacciata<br />

da arbusti infestanti, la cui<br />

avanzata ho ritenuto opportuno<br />

contenere effettuando,<br />

all’occorrenza, dei tagli.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia la distribuzione<br />

è ancora incerta. In provincia tre<br />

stazioni, due nel quadrante 1023-3, a<br />

quota 450 m s.l.m., l’altra nel quadrante<br />

1224-1, a quota 750 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Terreni abbandonati, piuttosto asciutti,<br />

calcarei.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Entità la cui posizione sistematica è<br />

alquanto incerta. I dati da me raccolti<br />

dal 1985 (anno <strong>del</strong> ritrovamento), propendono<br />

in linea di massima per questa<br />

scelta sottospecifi ca, anche se gli esemplari<br />

da me trovati sono notevolmente<br />

più bassi e il periodo di fi oritura non è<br />

mai così tardivo. Inoltre questa scelta<br />

sottospecifi ca è motivata dal fatto che, a<br />

mio parere, pur esistendo <strong>del</strong>le diversità<br />

rispetto a O. fucifl ora, non sono tali da<br />

giustifi carne la riconduzione ad un’entità<br />

specifi ca, a se stante.<br />

152 153


OPHRYS FUSCA LINK 1800<br />

Fusca deriva dal latino fuscus e signifi ca<br />

“scura”: il termine si riferisce alla<br />

colorazione <strong>del</strong> labello.<br />

Pianta<br />

Da 8-20 (25) cm. Fusto esile e<br />

fl essuoso.<br />

Fioritura<br />

Maggio, inizio Giugno.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 4, verde chiaro con sfumature glauche, lunghe da 3 a 6 cm, le basali<br />

riunite in rosetta, oblungo-lanceolate, ottuse, sormontate da una o due<br />

foglie, lanceolato-acute, avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa o addensata, formata da 2 a 10 fi ori. Brattee larghe, piegate a doccia,<br />

con apice ottuso, più lungo <strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 10 a 13 mm, larghi da 5 a 6.5 mm, verde-giallastri, ovali,<br />

con apice ottuso, concavi, con margine revoluto, patenti i laterali; curvo<br />

nettamente in avanti il mediano, con apice arrotondato. Petali lunghi da 7 a<br />

8 mm, larghi da 1 a 2.5 mm, di colore verde-giallastro o giallo brunastro,<br />

spesso ondulati ai margini, con apice tronco od ottuso. Labello lungo da 10<br />

a 14 mm, largo da 9 a 11 mm, vellutato, di colore bruno porporino scuro,<br />

con specchio grigio o azzurro, con zone più scure; margini revoluti e bordati<br />

di giallo; trilobo, con lobi laterali indistinti o più o meno incisi; lobo mediano<br />

più lungo, diviso a sua volta (non sempre) in due lobuli. Cavità stigmatica<br />

ampia, ginostemio coperto dal tepalo mediano connettivo, con rostro corto<br />

ad apice ottuso. 2n=36<br />

Status<br />

Pianta di statura assai bassa. La stragrande maggioranza degli esemplari non<br />

supera i 15 cm; questa sua caratteristica la rende molto vulnerabile nei confronti<br />

di erbe che, non essendo più tagliate dall’uomo o pascolate da animali,<br />

anno dopo anno, creano una sorta di materasso inestricabile. Non a caso le<br />

zone dove questa specie è più abbondante si trovano nei quadranti 1124-4<br />

e 1224-2: in quest’area vi pascola saltuariamente un gregge di ovini.<br />

Diffusione<br />

Steno-mediterranea. In Italia: in tutte<br />

le regioni a sud <strong>del</strong>l’Emilia-Romagna,<br />

limite settentrionale <strong>del</strong>la specie. In<br />

provincia: in tutte le maggiori valli fi no<br />

ai 600 m s.l.m.<br />

Ambiente<br />

Pascoli più o meno aridi e sassosi, su<br />

suolo basico o argille scagliose.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Questa specie è stata trovata per la prima<br />

volta in provincia nel 1985 nel quadrante<br />

1122-2, vicino alla località Termine Grosso.<br />

Negli anni a seguire, i ritrovamenti<br />

sono avvenuti un po’ ovunque nella fascia<br />

collinare che va dai 350 ai 600 m s.l.m.<br />

I popolamenti più consistenti si trovano<br />

nella parte est <strong>del</strong>la provincia.<br />

154 155


OPHRYS INSECTIFERA LINNEO 1753<br />

Ophrys muscifera Huds.<br />

Il nome insectifera, portarice di insetti,<br />

è certamente indovinato; infatti ad<br />

un’occhiata disattenta, i suoi fi ori si<br />

possono facilmente scambiare per<br />

grossi insetti.<br />

Pianta<br />

Da 15 a 50 (60) cm. Fusto esile,<br />

diritto.<br />

Fioritura<br />

Aprile, Maggio.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 5, glaucescenti, le inferiori patenti oblungo-lanceolate, da 2 a 3 le<br />

superiori, strettamente lanceolate, avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lunga fi no a 20 cm. Lassa con 2 o 20 fi ori, più o meno addensata verso<br />

l’alto. Brattee lanceolato-acute; le inferiori più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, decrescenti<br />

verso l’alto.<br />

Fiori<br />

Più piccoli che nelle altre specie di Ophrys. Sepali lunghi da 6 a 10 mm, larghi<br />

da 3 a 4.5 mm, di colore verde chiaro, con nervature più evidenti, lanceolati,<br />

ottusi, con margini ripiegati lievemente in avanti, leggermente concavi;<br />

patenti i laterali; petali di colore bruno-scuro, lunghi da 5 a 8 mm, dritti,<br />

fi liformi, pubescenti, solitamente dritti in avanti. Labello lungo da 9 a 13<br />

mm, largo da 5 a 11, di colore variabile: da bruno-porporino a bruno-scuro<br />

con al centro una macchia cinerina o blu-grigiastra; di aspetto vellutato,<br />

pendente; trilobo, leggermente convesso, base munita di due ocelli lucenti,<br />

emisferici; lobi laterali stretti e corti; lobo mediano nettamente più lungo<br />

e più largo dei laterali, a sua volta bilobo. Cavità stigmatica stretta, senza<br />

pareti laterali. Ginostemio con connettivo privo di rostro; logge polliniche<br />

rossastre. 2n=36<br />

Status<br />

Probabilmente per la sua presenza sporadica sul territorio, sembra risentire<br />

meno di altre specie dei cambiamenti ambientali.<br />

Diffusione<br />

Europea. In Italia: nelle regioni <strong>del</strong> nord<br />

e <strong>del</strong> centro. In provincia: sporadica, dai<br />

boschi pedecollinari ai 1200 m s.l.m., più<br />

comune nella fascia intermedia.<br />

Ambiente<br />

Prati magri, anche sassosi, boschi radi e<br />

luminosi per lo più querceti.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

Specie assai discreta, presente in vari<br />

ambienti, ma mai in abbondanza: si<br />

rinvengono per lo più esemplari isolati.<br />

Solo eccezionalmente si possono trovare<br />

gruppi di oltre 10 piante, raggruppate<br />

assieme.<br />

156 157


OPHRYS SPHEGODES MILLER 1768<br />

Ophrys aranifera Hudson<br />

Etimologicamente sphegodes deriva dal greco<br />

sphex, sphekos, e si riferisce al labello: signifi ca<br />

infatti simile a vespa. I fi ori di questa specie,<br />

subito dopo l’antesi, tendono a perdere vivacità<br />

nei colori. Inoltre le piante vengono spesso<br />

danneggiate dalle gelate tardive.<br />

Pianta<br />

Da 10 a 45-50 cm. Fusto esile.<br />

Fioritura<br />

Da fi ne Febbraio ad Aprile.<br />

Foglie<br />

Da 3 a 6, di colore verde chiaro, con sfumature grigiastre, le basali riunite in<br />

rosetta, oblungo-lanceolate, con apice mucronato; le superiori, strettamente<br />

lanceolate, avvolgenti il fusto.<br />

Infiorescenza<br />

Lassa. Brattee più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, le inferiori; le superiori, mai più corte<br />

<strong>del</strong>l’ovario.<br />

Fiori<br />

Sepali lunghi da 9 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm, generalmente verde-chiaro,<br />

talvolta sfumati di bruno, concavi, ovale-oblunghi, con bordo revoluto;<br />

laterali patenti; il mediano eretto o piegato obliquamente in avanti; petali<br />

lunghi da 4 a 10 mm, larghi da 3 a 5 mm, di colore giallastro o brunastro,<br />

lineare-lanceolati, ottusi, con margine ondulato. Labello lungo da 10 a 16<br />

mm, largo da 9 a 15 mm, munito di una fi tta pelosità marginale, variabilissimo<br />

per colorazione e forma, intero, raramente trilobo, convesso, con gibbosità<br />

basali più o meno pronunciate, vellutato, di colore bruno o bruno-rossastro.<br />

Disegno a forma di “H” o talvolta di forma più complicata, di colore<br />

brunastro, blu scuro o blu violetto. Spesso presente una piccola appendice<br />

apicale. Cavità stigmatica ampia, arrotondata, munita di due ocelli lucenti.<br />

Ginostemio con connettivo corto, da acuto a ottuso. Ovario verde chiaro,<br />

cilindrico, leggermente ritorto. 2n=36<br />

Status<br />

Questa entità è quella che, nel genere Ophrys, ha subito<br />

la più drastica perdita di esemplari da vent’anni<br />

a questa parte. I motivi sono presumibilmente i<br />

soliti: perdita di ambienti a causa di infestanti,<br />

presenza massiccia <strong>del</strong> cinghiale.<br />

Diffusione<br />

Euro-mediterranea. In Italia: in tutto<br />

il territorio; in provincia: nella fascia<br />

collinare.<br />

Ambiente<br />

Terreni incolti, frane più o meno assestate<br />

su suolo preferibilmente calcareo.<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

Note<br />

In una stazione in Val Tidone (Rocca d’Olgisio),<br />

dove esiste un particolare microclima<br />

di tipo mediterraneo, la fi oritura inizia<br />

di solito già a fi ne febbraio. E’ specie<br />

dotata di un notevole polimorfi smo: ad<br />

essa vengono attribuite numerose sottospecie<br />

e varietà, alcune <strong>del</strong>le quali, fi no a<br />

pochi anni fa, erano presenti all’interno<br />

dei normali popolamenti:<br />

- O. sphegodes subsp. sphegodes Miller.<br />

- O. sphegodes subsp. litigiosa (Camus)<br />

Bechereri<br />

- O. sphegodes subsp. garganica Nelson<br />

La presenza, sul territorio provinciale, di<br />

sottospecie e varietà non era un tempo<br />

affatto rara. Nella fase di rarefazione che<br />

sta subendo la specie, però, queste varianti<br />

sembrano essere le più vulnerabili,<br />

tant’è che, anno dopo anno, i popolamenti<br />

si presentano sempre più puri, privi<br />

<strong>del</strong>la consueta variabilità.<br />

158 159


IBRIDAZIONE<br />

Benchè in natura siano abbastanza rigide<br />

le barriere che impediscono lo scambio<br />

genetico tra specie diverse, l’ibridazione<br />

naturale nell’ambito <strong>del</strong>la famiglia <strong>del</strong>le<br />

<strong>orchidee</strong> è un fenomeno abbastanza<br />

frequente e può avvenire sia tra specie<br />

diverse, sia tra generi diversi, anche se in<br />

quest’ultimo caso il fenomeno è meno<br />

frequente. Ciò significa che anche se<br />

ci troviamo di fronte a due specie morfologicamente<br />

diverse, i loro patrimoni<br />

genetici sono altamente compatibili. Di<br />

solito per ibrido si intende un individuo<br />

che presenta caratteristiche intermedie<br />

tra le specie genitrici e questo in linea di<br />

massima è sicuramente vero, anche se a<br />

volte può capitare che i caratteri di una<br />

specie prevalgano sull’altra. <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />

nel corso <strong>del</strong>l’evoluzione hanno messo a<br />

punto dei meccanismi di isolamento, per<br />

impedire cioè il flusso dei geni da una<br />

specie all’altra, basandosi soprattutto<br />

sulla specificità degli insetti impollinatori<br />

che però, si sa, non è assoluta. È proprio<br />

grazie alla visita accidentale di questi<br />

insetti ed al conseguente trasporto dei<br />

pollinidi da una specie all’altra, che si innesca<br />

il processo <strong>del</strong>l’ibridazione. In certi<br />

casi gli ibridi, detti occasionali, sono sterili<br />

e sono presenti in zone dove vivono le<br />

specie genitrici. In altri casi sono fecondi<br />

e danno vita a numerose popolazioni, con<br />

la possibilità di reincrociarsi non solo tra<br />

di loro, ma anche con le specie parentali.<br />

Si hanno quindi popolazioni ibridogene<br />

che con il continuo reincrociarsi possono<br />

soppiantare più o meno completamente<br />

i genitori. Queste popolazioni sono in<br />

possesso di una notevole variabilità<br />

morfologica e pertanto sono difficilmente<br />

classificabili con precisione. Esempi in tal<br />

senso si hanno in provincia nei generi<br />

Ophrys e soprattutto Dactylorhiza.<br />

Gli ibridi vengono indicati secondo il<br />

Codice Internazionale di Nomenclatura<br />

Botanica. Se si tratta di ibrido interspecifico<br />

viene aggiunto un segno di<br />

moltiplicazione tra il nome <strong>del</strong> genere e<br />

il nome imposto (es. ibrido fra O. pallens<br />

e O. provincialis = Orchis x plessidiaca<br />

Renz). Se invece si tratta di ibrido intergenerico<br />

il segno di moltiplicazione<br />

viene posto davanti al nuovo nome<br />

formato dall’unione di parte di ciascuno<br />

dei due generi parentali (es. ibrido fra<br />

Nigritella nigra e Gymnadenia conopsea<br />

= x Gymnigritella suaveolens Wettstein).<br />

Data la complessità <strong>del</strong> problema, mi<br />

sono limitato in questa pubblicazione a<br />

riportare le forme di ibrido più evidenti,<br />

tralasciando tutte quelle forme su cui non<br />

vi è assoluta certezza.<br />

Ibridi: a-Orchis coriophora subsp. fragrans x<br />

Orchis morio = Orchis x olida Breb. 1936,<br />

b-Ophrys fuciflora x Ophrys apifera = Ophrys<br />

x albertiana Cam. 1891, c-Ophrys insectifera<br />

x Orchis benacensis = Ophrys x daneschiana<br />

Schrenk 1981, d-Cephalanthera damasonium<br />

x Cephalanthera longifolia = Cephalanthera<br />

x schulzei Cam. et Ber. 1908, e-Dactylorhiza<br />

incarnata x Gymnadenia conopsea = x<br />

Dactylodenia vollmannii (Schulze) Peitz 1972,<br />

f-Orchis mascula x Orchis provincialis = Orchis<br />

x penzigiana Cam. 1929, g-Nigritella rhellicani<br />

x Pseudorchis albida = Pseudadenia micrantha<br />

Kern, h-Orchis purpurea x Orchis simia =<br />

Orchis x angusticruris Franch. Ap. Humiki<br />

1907, i-Dactylorhiza maculata x Gymnadenia<br />

conopsea = x Dactylodenia legrandiana (Cam.)<br />

Peitz 1972, l-Ophrys fuciflora x Ophrys benacensis<br />

= Ophrys x baldensis Delforge 1989,<br />

m-Orchis tridentata x Orchis ustulata = Orchis<br />

x dietrichiana Bogenh, n-Gymnadenia conopsea<br />

x Nigritella rhellicani = x Gymnigritella suaveolens<br />

Wettstein.<br />

a b<br />

160 161<br />

h<br />

d<br />

e<br />

c f<br />

i<br />

l<br />

g<br />

m<br />

n


GLOSSARIO GLOSSARIO BIBLIOGRAFIA<br />

ACUMINATA Terminante con una lunga punta<br />

ACUTA Terminante a punta<br />

AFILLO Fusto privo di foglie<br />

AGAMICA Lo è la propagazione per mezzo di bulbi,<br />

stoloni radicanti, ecc.<br />

ALLOGAMIA Fecondazione incrociata fra gameti di<br />

due fiori distinti<br />

ANTERA Parte terminale di uno stame dove si trova<br />

raccolto il polline<br />

ANTOCIANO Pigmento azzurro rosso o violetto<br />

APOCRONIA Fiori con colorazione scarsa<br />

APPENDICE Escrescenza all’apice <strong>del</strong> labello, in<br />

alcune specie di <strong>orchidee</strong> (es. Ophrys)<br />

ASCENDENTE Fusto alla base orizzontale, poi<br />

piegato verso l’alto<br />

ATROFICO Organo che non è più in grado di svolgere<br />

le sue funzioni<br />

AUTOFECONDAZIONE È l’opposto <strong>del</strong>la fecondazione<br />

incrociata (una pianta feconda i propri<br />

ovari col suo stesso polline)<br />

AUTOGAMA Di una specie che pratica l’autoimpollinazione<br />

AUTOTROFIA Capacità che hanno le piante di costruire<br />

le sostanze organiche proprie, partendo<br />

da sostanze inorganiche<br />

AVVENTIZIO Un organo che si forma lontano<br />

dall’apice vegetativo di un asse e quindi su<br />

parti adulte<br />

BASALE Situato alla base <strong>del</strong> fusto (es. rosetta<br />

basale)<br />

BRATTEA Piccola foglia situata alla base <strong>del</strong> peduncolo<br />

fiorale<br />

BRATTEIFORME Che ha forma di brattea<br />

BULBILLO Piccolo bulbo che permette la riproduzione<br />

asessuata <strong>del</strong>la pianta<br />

CALLOSITA’ Sorta di rigonfiamento presente sulla<br />

superficie <strong>del</strong> labello di alcune <strong>orchidee</strong> (es.<br />

Serapias)<br />

CAPSULAFrutto secco, contenente numerosissimi<br />

semi<br />

CASCO L’insieme dei tepali esterni e dei laterali<br />

interni che possono essere riavvicinati o saldati<br />

a forma di cappuccio<br />

CAUDICOLA Il pedicello dei pollinii<br />

CAULINARE Es. foglie inserite sul fusto<br />

CRENULATO Bordo che presenta piccole increspature<br />

DIGITATO Disposto come le dita di una mano<br />

ENTOMOFILIA Impollinazione ad opera degli<br />

insetti<br />

EPICHILO La parte distale <strong>del</strong> labello di certe <strong>orchidee</strong><br />

(es. Epipactis, Serapias) separato dalla<br />

parte basale da una strozzatura.<br />

EPIFITA Si dice di pianta che cresce appoggiandosi<br />

ad un’altra<br />

EPIGEI <strong>Le</strong> parti <strong>del</strong>le piante che sono fuori dal<br />

terreno<br />

ETEROTROFIA <strong>Le</strong> proprietà di costruire le sostanze<br />

organiche <strong>del</strong> proprio corpo partendo da sostanze<br />

organiche già elaborate da organi autotrofi<br />

GEOFITA Pianta con apparato radicale sotterraneo<br />

GIBBOSITA’ Protuberanza più o meno accentuata<br />

GINOSTEMIO Insieme degli organi maschili e<br />

femminili nelle <strong>orchidee</strong><br />

GLABRO Senza peli<br />

IBRIDO Prodotto dall’incrocio di due specie<br />

diverse<br />

INFERO Si dice di un ovario situato internamente<br />

sotto il perianzio<br />

IPOCHILO Parte basale <strong>del</strong> labello di alcune <strong>orchidee</strong><br />

(es. Epipactis, Serapias, Cephalanthera)<br />

IPOGEI <strong>Le</strong> parti sotterranee <strong>del</strong>le piante<br />

LABELLO Tepalo mediano interno che differisce dagli<br />

altri per forma, dimensione e colore<br />

LASSA (Infiorescenza lassa), cioè con fiori piuttosto<br />

distanziati<br />

LOBATO Provvisto di lobi<br />

LOGGIA Cavità <strong>del</strong>l’antera contenente i pollini<br />

MASSA POLLINICA Formata dall’insieme dei<br />

granuli pollinici<br />

MICORRIZA È l’associazione di microscopici funghi<br />

radicali e <strong>del</strong>le radici <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />

MICOTROFA Pianta che vive in simbiosi con un<br />

fungo in ogni fase <strong>del</strong> suo ciclo vitale, dipendendone<br />

almeno parzialmente per il nutrimento<br />

MONOFILETICO Organismo che si suppone sviluppato<br />

da una sola forma primitiva<br />

NETTARE Sostanza dolciastra che serve ai fiori per<br />

attirare gli insetti<br />

PAPILLA Piccola rugosità o protuberanza presente<br />

in ciuffetti sul labello di alcune <strong>orchidee</strong> (es.<br />

Orchis purpurea)<br />

PATENTE Organo che forma con il supporto sul<br />

quale è inserito un angolo quasi retto<br />

PAUCIFLORA Infiorescenza che in confronto con<br />

altre analoghe ha una scarsa quantità di fiori<br />

POLIFORMA Che può assumere forme diverse<br />

PUBESCENTE Organo coperto di morbida e<br />

minuta peluria<br />

RIZOMA Fusto sotterraneo simile ad una radice<br />

disposto orizzontalmente od obliquamente<br />

nel terreno<br />

SACCIFORMEA forma di sacco<br />

SAPROFITA Pianta priva o quasi di clorofilla, che<br />

si nutre a spese <strong>del</strong>le sostanze organiche <strong>del</strong><br />

suolo<br />

SESSILE Organo sprovvisto di picciolo ben differenziato<br />

SINONIMO Indica la stessa entità<br />

SOTTOSPECIE Suddivisione <strong>del</strong>la specie che raggruppa<br />

individui ben distinti morfologicamente<br />

dai rappresentanti tipici <strong>del</strong>la specie e che a<br />

volte occupano aree diverse di distribuzione<br />

SPERMATOFITE Piante caratterizzate dalla presenza<br />

di fiori, sono considerate le più evolute <strong>del</strong><br />

Regno Vegetale<br />

STENOCORO Di una specie ristretta ad una determinata<br />

zona<br />

SUBSP. Sottospecie<br />

TERMOFILA Che ama il calore<br />

TRILOBO Con tre lobi<br />

TUBERO Organo sotterraneo ingrossato nel quale<br />

si accumulano sostanze di riserva<br />

VARIETA’ Gruppo nel quale si riuniscono popolazioni<br />

di una specie, differenti dalle popolazioni<br />

tipiche per caratteri particolari, non sempre ben<br />

definiti<br />

ALESSANDRINI A., 1985 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>l’Emilia-Romagna<br />

– Grafis Ed. Casalecchio di Reno (Bo)<br />

ALESSANDRINI A., FERRARI C., Materiali per una<br />

cartografia floristica <strong>del</strong>la Emilia Romagna. <strong>Le</strong> specie<br />

protette dalla L.R. 2/1997, Istituto per i Beni artistici,<br />

culturali e naturali <strong>del</strong>la Regione Emilia Romagna, Istituto<br />

ed Orto Botanico <strong>del</strong>l’Università di Bologna, Documenti,<br />

19, Bologna, 1983.<br />

BACCINO P., 2003 – Orchidee <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>la provincia<br />

di Savona – Coop Tipograf, Savona<br />

BAUMANN H. & KüNKELE S., 1988 – Die Orchideen<br />

Europas – Kosmos-Naturführer, Stuttgart<br />

BAUMANN H. & KüNKELE S., 1982 – Die wildwachsenden<br />

Orchideen Europas – Kosmos-Naturführer, Stuttgart<br />

BIAGIOLI M., GESTRI G., ACCIAI B., MESSINA A., 1999<br />

– <strong>Le</strong> verdi perle <strong>del</strong> Monteferrato – Gramma, Perugia<br />

BONGIORNI L., 1989 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong><br />

Piacentino – Cariplo, Castelvetro (Pc)<br />

BOURNéRIAS (ED.), S.F.O., 1998 – <strong>Le</strong>s orchidées de<br />

France, Belgique et Luxembourg – Biotope, Montpellier<br />

BRACCIFORTI A., Flora piacentina – Piacenza 1877<br />

BUTTLER K.P., 1986 – Orchideen – Mosaik Verl.,<br />

München<br />

CAVALLO O., CAVALLO R. & DELLAPIANA, 1993<br />

– Guida alle <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>le Langhe – Ed. Amici<br />

Museo Eusebio, Alba<br />

CONTI F. & PELLEGRINI M., 1990 – Orchidee <strong>spontanee</strong><br />

d’Abruzzo – Cogecstre, Penne (Pe)<br />

CONTORNI M., 1992 – Orchidee <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong><br />

Monte Amiata – Atti Mus. Civ. St. Nat. Grosseto, Suppl.<br />

14, Grosseto<br />

DANESCH E. & DANESCH O., 1962-72 – Orchideen<br />

Europas – 3 voll., Hallwag Verl., Bern-Stuttgart<br />

DANESCH E. & DANESCH O., 1977 – Orchideen<br />

Mitteleuropas – Hallwag Verl., Bern-Stuttgart<br />

DAVIES P. DAVIES J. & HUXLEY A., 1988 – Wild orchids<br />

of Britain and Europe – 2.a ed., Hogarth Press. London<br />

DE ANGELIS G. & LANZARA P., 1987 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />

<strong>spontanee</strong> dei Monti Lucretili – Regione Lazio, tip.<br />

Centenari, Roma<br />

DE MARIA G., 1892 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> italiane – Sagep,<br />

Genova<br />

DE MARTINO E., 1998 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong><br />

Montovolo – Atesa ed. Bologna<br />

DE MARTINO E., MARCONI G., CENTURIONE<br />

N., 2000 – Orchidee <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>l’Emilia Romagna<br />

– Calderini, Bologna<br />

DEL PRETE C. & TOSI G., 1988 – Orchidee <strong>spontanee</strong><br />

d’Italia – Mursia, Milano<br />

DEL PRETE C. & TOSI G., 1981 – Orchidee <strong>spontanee</strong><br />

<strong>del</strong>l’Argentario – A.T.L.A. Pitigliano (Gr)<br />

DEL PRETE C., TICHY H. & TOSI G., 1982 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />

<strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>la provincia di Grosseto – A.T.L.A.,<br />

Pitigliano<br />

DELFORGE P., 1.a ed. 1994; 2.a ed. 2001 – Guide des<br />

orchidées d’Europe, d’Afrique du Nord et du Proche-<br />

Orient – Delachaux & Niestlè, Neuchâtel – Paris<br />

DELFORGE P. & TYTECA D., 1984 – Orchidee d’Europa<br />

– (trad. dall’originale franc., 1983). Priuli & Verlucca, Ivrea<br />

FENAROLI F. & TONNI BAZZA, 1994 – Orchidee<br />

<strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Bresciano - Ecoservizi-TRA, Brescia<br />

FLORA ALPINA BERGAMASCA (FERLINGHETTI R.<br />

ED.) 2001 – Orchidee <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>la provincia di<br />

Bergamo – Prov. Bergamo, Litostampa, Bergamo<br />

FORLENZA G. & CORSETTI L., 1990 – Orchidee<br />

<strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Monte Cacume – Museo Comune di<br />

Patrica (Fr)<br />

GIOTTA C. & PICCITTO M., 1990 – Orchidee <strong>spontanee</strong><br />

<strong>del</strong>la Sardegna – Delfino, Sassari<br />

GRÜNANGER P., 2001 – Orchidacee d’Italia – Quaderni<br />

di Botanica Ambientale e applicata 9:3-80 (1998)<br />

ISASA A. E DOTTI L., 2003 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong><br />

<strong>del</strong>la valle di Susa – Alzani Editore<br />

KOHLHAUPT P., 1981 – Orchidee <strong>del</strong>l’Europa centromeridionale<br />

– Athesia, Bolzano<br />

KREUZ C.A.J., 1998 – Die Orchideen der Turkei (Beschreibung,<br />

Ökologie, Verbreitung, Gefährdung, Schutz),<br />

Landgraaf/Raalte<br />

LANDWEHR J., 1982 – <strong>Le</strong>s orchidées sauvages de Suisse<br />

et de l’Europe – 2 voll. Piantanida, Lausanne<br />

LIVERANI P., 1991 – Orchidee italiane - Edisar, Cagliari<br />

LORENZ R. & GEMBARDT G., 1987 – Die Orchideenflora<br />

des Gargano (Italien) – Mitt. Bl. AHO Baden-<br />

Württ.19: 385-756<br />

MOORE D.M., 1980 – Orchidaceae – In Tutin et al.<br />

(eds.), Flora Europaea, vol. V, pp. 325-350<br />

PACIFICO G., BERTOZZI G. & DE ANGELI E., 2000<br />

– <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>del</strong>le Apuane – Baroni, Viareggio<br />

PAOLUCCI P. & RASI CALDOGNO S., - <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />

<strong>spontanee</strong> dei Colli Euganei – Ente Parco, Arquà Petrarca<br />

(Pd)<br />

PARMIGIANI G. – Segnalazioni di <strong>orchidee</strong> in “La Baita”<br />

C.A.I. Sez. Piacenza, Piacenza 1978<br />

PERAZZA G., 1992 – Orchidee <strong>spontanee</strong> in Trentino-AltoAdige,<br />

riconoscimento e diffusione – Manfrini, Trento<br />

PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia – 3 voll., Edagricole,<br />

Bologna<br />

RASETTI F., 1982 – Orchidaceae – In Pignatti S., Flora<br />

d’Italia, vol. III, pp. 700-736<br />

REINHARD H.R., GöLZ P., PETER R. & WILDERMUTH<br />

H., 1991 – Die Orchideen der Schweiz und angrenzender<br />

Gebiete - Fotorotar, Egg.<br />

ROSSI W., 2002 – Orchidee d’Italia - Quad. Cons. Natura,<br />

15 – Min. Ambiente – Ist. Naz. Fauna Selvatica<br />

ROSSI W. & BASSANI P., 1985 – Orchidee <strong>spontanee</strong><br />

<strong>del</strong> Lazio – Regione Lazio, ed. Coopsit,. Frascati<br />

ROSSINI A. & QUITADAMO G., 1996 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />

<strong>del</strong> Gargano – <strong>Le</strong>one ed., Foggia<br />

ROSSINI A. & QUITADAMO G., 1999 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />

<strong>del</strong> Gargano – Pubbl. Sez. GIROS Gargano<br />

SCRUGLI A., 1990 – Orchidee <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>la Sardegna<br />

– Della Torre, Cagliari<br />

SGUAZZIN F.S. & GLEREAN R., 1985 – Orchidee<br />

d’Italia – Lorenzini, Udine<br />

SUNDERMANN H., Europäische und mediterrane Orchideen<br />

– 3.a ed. Brücke Verl., Hildesheim<br />

WILLIAMS J.G., WILLIAMS A.E. & ARLOTT N., 1979<br />

– Orchideen Europas – BLV Verlagsges, München,<br />

Bern, Wien<br />

ZANGHERI P., Flora Italica – Padova 1976<br />

Dal 1994 opera in Italia l’Associazione Orchidofila<br />

G.I.R.O.S. (Gruppo Italiano per la Ricerca di Orchidee<br />

Spontanee): Segreteria – Via Rosi 21, 55100 Lucca (Tel.<br />

0583-492169).<br />

Questo gruppo, oltre a riunire qualche centinaio tra<br />

esperti e appassionati, pubblica regolarmente un<br />

notiziario.<br />

162 163


164<br />

Finito di stampare nel mese di febbraio 2005 da<br />

GRAFITALIA Industrie Grafiche<br />

Via Raffaello, 9 - Reggio Emilia

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!