Teoria dei Giochi Psicologici e Socialita Umana - I blog di Unica
Teoria dei Giochi Psicologici e Socialita Umana - I blog di Unica
Teoria dei Giochi Psicologici e Socialita Umana - I blog di Unica
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
1. Introduzione<br />
VITTORIO PELLIGRA<br />
TEORIA DEI GIOCHI PSICOLOGICI<br />
E SOCIALITÀ UMANA<br />
[In economia] siamo interessati solo al «cosa» e<br />
al «come» e mai al «perché»<br />
(Wicksteed 1933 [1910], 165)<br />
Le mosse in un gioco in forma estesa costituiscono<br />
un linguaggio, e una sequenza <strong>di</strong> mosse rappresenta<br />
una conversazione 1<br />
(McCabe et al. 2000, 4407)<br />
La filosofia dell’azione e le moderne neuroscienze<br />
concordano nel sostenere che, in quanto attori sociali, ma<br />
soprattutto in quanto esseri umani, siamo caratterizzati<br />
dalla tendenza a percepire il comportamento degli altri<br />
come costantemente <strong>di</strong>retto verso certi scopi e finalità.<br />
Operiamo, cioè, nel nostro ambiente sociale, come intentionality-detectors<br />
(Metzinger e Gallese 2003). La teoria<br />
Ringrazio Tullio Usai per le ripetute e approfon<strong>di</strong>te <strong>di</strong>scussioni sul<br />
contenuto <strong>di</strong> questo paper. Luigino Bruni, Maurizio Pugno e Alessandra<br />
Smerilli hanno letto e commentato una precedente versione del saggio, a<br />
loro un sentito ringraziamento, così come ai partecipanti all’International<br />
Workshop in Honor of Daniel Kahneman: «Inter<strong>di</strong>sciplinary Approaches<br />
to Social Contexts, Interaction and In<strong>di</strong>vidual Behavior» (CISEPS-Università<br />
<strong>di</strong> Milano-Bicocca) e ai membri del gruppo inter<strong>di</strong>sciplinare <strong>di</strong><br />
ricerca «Il para<strong>di</strong>gma relazionale nelle scienze sociali» (Istituto Veritatis<br />
Splendor, Bologna) per le utili e stimolanti <strong>di</strong>scussioni.<br />
1 Le citazioni sono tradotte in italiano dall’autore. Il riferimento bibliografico<br />
rimanda all’e<strong>di</strong>zione originale.<br />
149
economica, invece, focalizzando l’analisi principalmente<br />
verso i comportamenti <strong>di</strong> mercato, ha storicamente tentato<br />
<strong>di</strong> neutralizzare l’impatto delle azioni altrui e delle<br />
loro intenzioni principalmente attraverso l’assunzione <strong>di</strong><br />
concorrenza perfetta. Assumendo cioè, che le interazioni<br />
sociali avvengano in un contesto tale che minimizza gli<br />
effetti <strong>di</strong> inter<strong>di</strong>pendenza tra gli agenti. Due eccezioni<br />
importanti sono rappresentate dal recente filone <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />
che va sotto il nome <strong>di</strong> new social economics, che non <strong>di</strong>scuteremo<br />
in questa sede 2 e dalla teoria <strong>dei</strong> giochi.<br />
Nei primi anni ’40 la teoria <strong>dei</strong> giochi si sviluppò<br />
come risposta all’insod<strong>di</strong>sfazione originata dai limiti della<br />
visione tra<strong>di</strong>zionale dell’inter<strong>di</strong>pendenza sociale. Von<br />
Neumann e Morgenstern (1944) avanzavano l’ipotesi secondo<br />
cui la maggior parte delle situazioni economicamente<br />
rilevanti possiederebbero, letteralmente e non solo<br />
metaforicamente, la stessa struttura <strong>di</strong> un gioco, mettendo<br />
in evidenza, in questo modo, l’importanza delle<br />
considerazioni strategiche nella loro modellizzazione. La<br />
qualità più importante <strong>di</strong> un agente inserito in un’interazione<br />
strategica <strong>di</strong>venta, quin<strong>di</strong>, quella <strong>di</strong> saper prevedere<br />
il comportamento degli altri inter-agenti. Date<br />
queste poche premesse sarebbe stato naturale aspettarsi<br />
che l’analisi <strong>di</strong> tale capacità avesse costituito il centro <strong>di</strong><br />
ogni teoria delle interazioni strategiche, come la teoria<br />
<strong>dei</strong> giochi. È per lo meno sorprendente notare retrospettivamente<br />
come dopo 50 anni <strong>di</strong> sviluppi, la teoria <strong>dei</strong><br />
giochi ancora assuma, invece <strong>di</strong> spiegare, il meccanismo<br />
attraverso cui gli agenti sono in grado <strong>di</strong> prevedere il<br />
comportamento altrui.<br />
Un passo avanti promettente in questa <strong>di</strong>rezione viene<br />
compiuto dalla teoria <strong>dei</strong> giochi psicologici (TGP da qui<br />
in avanti) (Geanakoplos, Pearce e Stacchetti 1989; Battigalli<br />
e Dufwenberg 2005), che sviluppa strumenti analitici<br />
2 Cfr. per i vari approcci Glaeser, Sacerdote e Scheinkman (1996;<br />
2003); Glaeser e Scheinkman (2001; 2003), Gui e Sugden (2005). Si<br />
vedano anche le rassegne <strong>di</strong> Zanella (nel presente volume) e Scheinkman<br />
(in corso <strong>di</strong> pubblicazione).<br />
150
in grado <strong>di</strong> formalizzare questa particolare abilità cognitiva.<br />
Ciò viene fatto rendendo i payoff <strong>dei</strong> giocatori <strong>di</strong>pendenti<br />
non solo dalle loro azioni, così come nella teoria<br />
classica, ma anche dalle loro intenzioni, credenze ed<br />
emozioni ed elaborando nuovi concetti <strong>di</strong> soluzione che<br />
tengono conto <strong>di</strong> questa causalità complessa.<br />
La tesi principale del saggio è che, grazie alle caratteristiche<br />
epistemiche <strong>di</strong> questi strumenti analitici, la TGP<br />
costituisce un importante passo in avanti verso l’integrazione<br />
<strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> interazione sociale più ricco<br />
e complesso <strong>di</strong> quello tra<strong>di</strong>zionale. Cerco <strong>di</strong> mostrare<br />
questo attraverso la <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> tre <strong>dei</strong> più importanti<br />
problemi emersi nel campo della teoria <strong>dei</strong> giochi classica<br />
negli ultimi anni e che la TGP riesce a formalizzare<br />
e per certi versi a risolvere. Il primo problema, il meno<br />
esplorato <strong>dei</strong> tre, riguarda il tema dell’intenzionalità degli<br />
agenti; il secondo, il tema della fiducia e quello collegato<br />
dell’endogenizzazione <strong>dei</strong> payoff; il terzo attiene agli effetti<br />
<strong>di</strong> contesto o frames-effects.<br />
Il paragrafo 2 <strong>di</strong>scute in prospettiva storico-metodologica,<br />
il ruolo degli «altri» e della loro «alterità» nella<br />
teoria <strong>dei</strong> giochi classica. Il paragrafo 3 introduce il tema<br />
dell’intenzionalità <strong>di</strong>scutendo alcuni risultati sperimentali<br />
che sembrano falsificare la tra<strong>di</strong>zionale assunzione <strong>di</strong><br />
comportamento consequenzialista. Il paragrafo 4 descrive<br />
brevemente le caratteristiche essenziali della TGP e mette<br />
in relazione i risultati sperimentali con il problema dell’intenzionalità<br />
in filosofia e nelle neuroscienze e <strong>di</strong>scute<br />
il modo in cui la TGP formalizza il processo <strong>di</strong> lettura<br />
della mente (mind-rea<strong>di</strong>ng) implicato nell’attribuzione <strong>di</strong><br />
intenzioni ai comportamenti degli agenti. Il paragrafo 5 è<br />
incentrato sul problema della fiducia e della endogenizzazione<br />
<strong>dei</strong> payoff. Il paragrafo 6 analizza le implicazioni<br />
<strong>dei</strong> contesti decisionali per il processo decisionale in situazioni<br />
strategiche. Le considerazioni conclusive del paragrafo<br />
7 chiudono il saggio.<br />
151
2. La teoria <strong>dei</strong> giochi, gli altri e la loro «alterità»<br />
Prima <strong>di</strong> affrontare i tre aspetti problematici, intenzioni,<br />
fiducia e contesti decisionali, vorrei <strong>di</strong>scutere del<br />
modo in cui la teoria <strong>dei</strong> giochi classica descrive formalmente<br />
e analizza l’aspetto sociale delle relazioni interpersonali<br />
e, in particolare, il modo in cui essa descrive e<br />
modellizza il ruolo degli altri e della loro alterità nelle interazioni<br />
strategiche. Emergerà da questa analisi l’immagine<br />
<strong>di</strong> una teoria che, per varie ragioni, più che cercare<br />
<strong>di</strong> spiegare è volta ad eludere il problema e le sue conseguenze.<br />
Iniziamo con il considerare la teoria <strong>dei</strong> giochi così<br />
come originariamente emerge dal lavoro <strong>di</strong> John Von<br />
Neumann e Oskar Morgenstern: benché il concetto <strong>di</strong> inter<strong>di</strong>pendenza<br />
stia alla base della loro teoria, anzi ne costituisca<br />
l’elemento propulsivo, l’idea <strong>di</strong> comportamento<br />
razionale così come viene incorporato nel criterio del minimax,<br />
deriva paradossalmente per via <strong>di</strong>retta da un’idea<br />
<strong>di</strong> razionalità che è puramente in<strong>di</strong>viduale. Sembra quasi,<br />
in altre parole, che esso sia definito in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dal comportamento degli altri giocatori. Un dato corso<br />
d’azione, infatti, è considerato razionale se minimizza la<br />
per<strong>di</strong>ta massima o, detto in altri termini, massimizza il<br />
payoff minimo che un giocatore può ottenere qualunque<br />
cosa l’altro giocatore decida <strong>di</strong> fare. Questa in<strong>di</strong>pendenza<br />
dalle decisioni altrui, come chiave interpretativa dell’inter<strong>di</strong>pendenza<br />
delle azioni strategiche, benché appaia paradossale,<br />
può essere letta come una conseguenze del<br />
tentativo <strong>di</strong> Von Neumann e Morgenstern <strong>di</strong> eliminare<br />
dalla teoria che vanno sviluppando, qualsiasi riferimento<br />
alla <strong>di</strong>mensione psicologica degli agenti. Il progetto originale<br />
<strong>di</strong> Von Neumann, così come inizia a delinearsi già<br />
nel saggio del 1928 (Von Neumann 1928) è coerente, in<br />
questo senso, con l’ere<strong>di</strong>tà storica dell’assiomatica che<br />
fortemente orienterà il lavoro congiunto con Morgenstern<br />
verso una particolare caratterizzazione <strong>di</strong> un concetto <strong>di</strong><br />
razionalità ritenuto: «capace <strong>di</strong> liberare i giocatori dalla<br />
necessità <strong>di</strong> formarsi un’aspettativa sulle azioni e i pen-<br />
152
sieri <strong>dei</strong> giocatori» (Giocoli 2003, 282). Commentando<br />
questa opposizione «inter<strong>di</strong>pendenza-in<strong>di</strong>pendenza» tipica<br />
del mondo formale che emerge dalla teoria <strong>di</strong> Von Neumann<br />
e Morgenstern, Thomas Schelling ne in<strong>di</strong>ca i due<br />
maggiori punti <strong>di</strong> debolezza:<br />
i) inter<strong>di</strong>pendenza ridotta a in<strong>di</strong>pendenza; un giocatore:<br />
«non ha bisogno <strong>di</strong> comunicare con il suo avversario,<br />
egli non ha neanche bisogno <strong>di</strong> sapere chi sia il suo<br />
avversario e al limite neanche se ce ne sia realmente uno»<br />
(Schelling 1960, 105);<br />
ii) de-psicologizzazione del processo <strong>di</strong> previsione del<br />
comportamento altrui; «Una strategia casuale (...) è un<br />
esplicito mezzo per <strong>di</strong>struggere qualsiasi possibilità <strong>di</strong> comunicazione,<br />
specialmente <strong>di</strong> comunicazione delle intenzioni»<br />
(ibidem).<br />
Il successivo sviluppo, che segue per certi versi una<br />
linea alternativa a quella proposta da Von Neumann e<br />
Morgenstern, è rappresentato dall’elaborazione da parte<br />
<strong>di</strong> John Nash (1950; 1951) <strong>di</strong> una teoria <strong>dei</strong> giochi capace<br />
<strong>di</strong> descrivere attraverso giochi non-cooperativi ogni<br />
tipologia possibile <strong>di</strong> interazione strategica; questo tentativo<br />
va sotto il nome <strong>di</strong> «programma <strong>di</strong> Nash». Tale<br />
programma si fonda su un concetto <strong>di</strong> soluzione, l’equilibrio<br />
<strong>di</strong> Nash, che si <strong>di</strong>fferenzia notevolmente rispetto al<br />
criterio <strong>di</strong> maximin, per quanto riguarda, in particolare,<br />
il modo in cui le considerazioni circa il comportamento<br />
altrui determinano le scelte ottimali <strong>di</strong> ogni singolo giocatore.<br />
Un insieme <strong>di</strong> strategie costituisce un equilibrio<br />
<strong>di</strong> Nash quando esse rappresentano risposte ottime a ciò<br />
che ogni giocatore crede che gli altri decideranno <strong>di</strong> fare.<br />
Nel momento in cui sarà necessario scegliere una certa<br />
strategia ogni giocatore dovrà formarsi un’idea su ciò che<br />
gli altri giocatori stanno per fare. Verrà elaborata una<br />
congettura circa il comportamento degli altri sapendo che<br />
gli altri stanno facendo lo stesso con riguardo alle proprie<br />
scelte. Tali congetture sono vincolate ed ispirate dall’assunzione<br />
secondo cui i giocatori agiscono nel perseguimento<br />
della massimizzazione delle loro utilità in<strong>di</strong>viduali,<br />
<strong>dei</strong> loro payoff. La convergenza verso un punto <strong>di</strong> equili-<br />
153
io, che deve sod<strong>di</strong>sfare la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> mutua coerenza<br />
delle credenze <strong>di</strong> tutti i giocatori, è assicurata dalle due<br />
assunzioni <strong>di</strong> «conoscenza comune della razionalità», da<br />
una parte, e <strong>di</strong> «comportamento ottimizzante» dall’altra.<br />
Nella teoria <strong>di</strong> Nash, dunque, l’insieme delle intenzioni<br />
degli agenti, la cui conoscenza è necessaria per prevedere<br />
il loro comportamento, è ristretto al mero piano della<br />
massimizzazione <strong>dei</strong> payoff. Per cogliere la ristrettività<br />
<strong>di</strong> tale assunzione si consideri, a mo’ <strong>di</strong> esempio, il fatto<br />
che tale costruzione implica anche il coor<strong>di</strong>namento delle<br />
aspettative, cioè a <strong>di</strong>re, che le credenze <strong>di</strong> due giocatori<br />
circa il modo in cui un terzo giocatore deciderà <strong>di</strong> comportarsi<br />
in una data situazione, dovranno necessariamente<br />
coincidere (cfr. Osborne 2004).<br />
I giocatori elaborano delle strategie immo<strong>di</strong>ficabili<br />
prima che l’interazione abbia luogo e non sono in<br />
grado <strong>di</strong> porre in essere ragionamenti <strong>di</strong> tipo controfattuale,<br />
che invece sarebbero necessari per rispondere<br />
a domande del tipo: «che cosa farei se l’altro giocatore<br />
non si conformasse alla mia aspettativa basata sull’assunzione<br />
<strong>di</strong> comportamento ottimizzante?». In questo<br />
caso la sola possibilità alternativa sarebbe assumere che<br />
l’altro si stia comportando in modo irrazionale e quin<strong>di</strong><br />
sospendere il gioco, nel senso <strong>di</strong> far cadere ogni possibile<br />
regola razionale <strong>di</strong> condotta. Questa conclusione<br />
è stata da più parti interpretata come un’implicazione<br />
della natura eminentemente solipsistica della teoria <strong>di</strong><br />
Nash. Lo stesso Nash del resto <strong>di</strong>chiara che la sua impostazione:<br />
«assume che ogni partecipante agisca in<strong>di</strong>pendentemente<br />
senza collaborazione o comunicazione<br />
con nessuno degli altri» (1996, 22). Lo storico Philip<br />
Mirowski commenta a questo riguardo: «giocare un<br />
gioco senza nessun esplicito riconoscimento dell’esistenza<br />
<strong>di</strong> un avversario, chiunque egli sia, non può essere<br />
che un paradosso; a meno che, certamente, l’avversario<br />
non sia una macchina» (2002, 342).<br />
L’altro, considerato come una macchina e la conseguente<br />
inutilità <strong>di</strong> qualsiasi forma <strong>di</strong> comunicazione possono<br />
essere considerate, dunque, le due caratteristiche de-<br />
154
finitorie dell’idea <strong>di</strong> socialità così come analizzata da John<br />
Nash e dai suoi epigoni.<br />
La teoria <strong>dei</strong> giochi bayesiani implementa un approccio<br />
solo leggermente <strong>di</strong>fferente. Essa fornisce un quadro<br />
teorico utile per analizzare giochi ad informazione incompleta,<br />
nei quali, cioè, esiste una certa incertezza circa, per<br />
esempio, la struttura degli incentivi degli altri giocatori.<br />
In un gioco bayesisno i giocatori formano e rivedono<br />
le loro credenze circa la tipologia <strong>di</strong> giocatore con cui<br />
stanno interagendo e la struttura <strong>dei</strong> suoi incentivi su cui<br />
grava un certo grado <strong>di</strong> incertezza.<br />
Consideriamo un gioco nel quale A e B non conoscono<br />
i payoff dell’avversario (supponiamo per semplicità,<br />
che essi conoscano la propria funzione <strong>dei</strong> payoff).<br />
Questo gioco può essere modellizzato almeno in due<br />
mo<strong>di</strong> alternativi: nel primo, il giocatore A sa che la strategia<br />
del giocatore B nel gioco in considerazione <strong>di</strong>pende<br />
dalla funzione <strong>dei</strong> payoff del giocatore A, quin<strong>di</strong>, prima<br />
<strong>di</strong> scegliere la sua mossa, il giocatore A si formerà una<br />
aspettativa circa la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> probabilità <strong>dei</strong> payoff<br />
del giocatore B. Allo stesso tempo il giocatore B si formerà<br />
una analoga aspettativa sulla funzione <strong>dei</strong> payoff <strong>di</strong><br />
A. Definite queste aspettative del primo or<strong>di</strong>ne, A si formerà<br />
delle aspettative del secondo or<strong>di</strong>ne circa le aspettative<br />
del primo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> B, mentre B si formerà, a sua<br />
volta, delle aspettative del secondo or<strong>di</strong>ne rispetto alle<br />
aspettative del primo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> A, e così in avanti. Ogni<br />
modello basato su aspettative <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore naturalmente<br />
acquista un livello <strong>di</strong> complessità via via maggiore<br />
al crescere del numero degli giocatori implicati.<br />
Nell’approccio <strong>di</strong> Harsany, stando a quanto egli stesso<br />
afferma, questo modo <strong>di</strong> formalizzare l’interazione sociale<br />
appare come – «molto naturale – ma (...) ma piuttosto<br />
poco pratico» (Harsany 1994, 137). Infatti, anche<br />
una volta superate le <strong>di</strong>fficoltà tecniche legate all’utilizzo<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzioni <strong>di</strong> probabilità <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore (cfr.<br />
Aumann 1963; 1964), tale procedura darebbe origine, secondo<br />
lo stesso Harsany, a: «un modello (...) <strong>di</strong>speratamente<br />
ingombrante» (1994, 150).<br />
155
Il secondo approccio, invece, comporta la trasformazione<br />
<strong>dei</strong> giochi ad informazione incompleta in giochi<br />
ad informazione imperfetta nei quali l’incertezza non riguarda<br />
più <strong>di</strong>rettamente la tipologia <strong>dei</strong> giocatori, ma la<br />
storia del gioco, vale a <strong>di</strong>re la sequenza <strong>di</strong> mosse <strong>di</strong> ogni<br />
singolo giocatore (Harsanyi 1967-68). Tale trasformazione<br />
avviene attraverso l’introduzione <strong>di</strong> un meccanismo decisionale<br />
esterno (la natura) che prima che il gioco abbia<br />
inizio, determina le caratteristiche <strong>dei</strong> soggetti (giocatori<br />
attivi) che saranno effettivamente coinvolti nell’interazione.<br />
Ogni giocatore cerca <strong>di</strong> stimare le probabilità<br />
associate ad ogni possibile mossa della Natura, le quali,<br />
nell’interpretazione <strong>di</strong> Harsany <strong>di</strong>pendono, dalle «forze<br />
sociali rilevanti». I giocatori tentano <strong>di</strong> stimare tali probabilità<br />
così come farebbe un osservatore esterno, un osservatore<br />
cui fossero accessibili solo le informazioni comuni<br />
ad tutti i giocatori coinvolti (cfr. Harsanyi 1967-68, 176).<br />
Inoltre ogni giocatore sa che gli altri giocatori formeranno<br />
le loro stime esattamente allo stesso modo. Una interpretazione<br />
alternativa <strong>di</strong> questa assunzione <strong>di</strong> common prior<br />
suggerisce <strong>di</strong> immaginare che i giocatori si comportino<br />
come se tutti conoscessero il vero valore <strong>di</strong> queste probabilità.<br />
Ciò che ne consegue è che nella teoria <strong>dei</strong> giochi<br />
bayesiani ogni esito è associato ad un unico piano<br />
d’azione, ad un’unica strategia, ad un unico insieme <strong>di</strong> intenzioni<br />
e, più importante <strong>di</strong> tutto, ad un unica <strong>di</strong>stribuzione<br />
a priori <strong>di</strong> credenze circa le tipologie <strong>di</strong> giocatori.<br />
Credenze, queste, comuni e importate dall’esterno della<br />
relazione.<br />
Un gioco ad informazione incompleta che può essere<br />
utilizzato, per esempio, per descrivere l’eterogeneità <strong>dei</strong><br />
giocatori rispetto all’insieme delle possibili intenzioni sottese<br />
ad ogni mossa, può essere analizzato quin<strong>di</strong>, come<br />
abbiamo visto, o in un modo naturale ma decisamente<br />
poco pratico, oppure attraverso una procedura più semplice<br />
ma decisamente poco intuitiva e realistica. Tale<br />
mancanza <strong>di</strong> realismo, in particolare, costituisce una limitazione<br />
piuttosto seria quando si vogliono descrivere e<br />
156
analizzare tutte quelle (numerose) situazioni sociali nelle<br />
quali le motivazioni <strong>dei</strong> soggetti possono essere influenzate<br />
da fattori emozionali quali, per esempio:<br />
rabbia, o<strong>di</strong>o, senso <strong>di</strong> colpa, vergogna, orgoglio, ammirazione,<br />
rimpianto, gioia, <strong>di</strong>sappunto, eccitazione, paura, speranza,<br />
invi<strong>di</strong>a, malizia, in<strong>di</strong>gnazione, gelosia, sorpresa, noia,<br />
desiderio sessuale, <strong>di</strong>vertimento, preoccupazione e frustrazione<br />
(Battigalli e Dufwenberg 2005, 41),<br />
che sarebbero meglio compresi in base ad un meccanismo<br />
<strong>di</strong> formazione endogena delle credenze.<br />
Si è giustificati, quin<strong>di</strong>, nel sospettare che la teoria<br />
<strong>dei</strong> giochi classica consideri l’alterità degli agenti coinvolti,<br />
con particolare riferimento alla questione della loro<br />
intenzionalità, intesa come strumento per l’attribuzione <strong>di</strong><br />
senso alle azioni altrui, o attraverso un modello semplicistico,<br />
oppure attraverso procedure decisamente troppo<br />
complicate. Uno degli aspetti sorprendenti dell’intera vicenda<br />
è che su questo punto, non ci sia stato quasi nessun<br />
segno <strong>di</strong> contaminazione tra teoria <strong>dei</strong> giochi e altre<br />
<strong>di</strong>scipline che da tempo ormai si occupano <strong>di</strong> temi affini,<br />
quali per esempio la filosofia dell’azione o le neuroscienze<br />
3 .<br />
3. Alcuni esempi <strong>di</strong> comportamento non consequenzialista<br />
Nella teoria <strong>dei</strong> giochi classica si assume che le motivazioni<br />
che spingono ogni giocatore alla scelta siano interamente<br />
descrivibili attraverso la sua matrice <strong>dei</strong> payoff;<br />
tale assunzione equivale ad una particolare specificazione<br />
della più generale assunzione <strong>di</strong> consequenzialismo. I giocatori<br />
or<strong>di</strong>nano le azioni in termini <strong>di</strong> preferibilità sulla<br />
base delle loro preferenze circa gli esiti che tali azioni<br />
3 Alcuni esempi contrari sono, tra i pochi altri, Bacharach (2001),<br />
Singer e Fehr (2005), Ross (2005), Pugno (2005) e Camerer et al. (in<br />
corso <strong>di</strong> pubblicazione).<br />
157
contribuiranno a determinare: se l’azione a produce l’esito<br />
a, l’azione b l’esito b e l’azione c l’esito g, allora l’azione<br />
a sarà preferita alla b e questa alla c, fintanto che l’esito a<br />
sarà preferito a b, e questo a g.<br />
Alcuni interessati risultati sperimentali hanno recentemente<br />
messo in evidenza come, contrariamente a quanto<br />
implicato dall’ipotesi <strong>di</strong> consequenzialismo, lo stesso esito<br />
possa essere variamente valutato, e quin<strong>di</strong> possa suscitare<br />
reazioni <strong>di</strong>fferenti, a seconda della storia del gioco, delle<br />
combinazioni, cioè, delle mosse che lo ha determinato.<br />
Questi risultati sembrerebbero in<strong>di</strong>care che nel momento<br />
in cui si decide come agire in un contesto strategico, i<br />
soggetti reali, non si proiettano solo in avanti per valutare<br />
gli esiti delle loro azioni, ma si rivolgono anche al<br />
passato per considerare le scelte alternative che durante<br />
il corso del gioco avrebbero potuto essere selezionate ma<br />
che sono state scartate.<br />
Uno <strong>dei</strong> risultati che in maniera più chiara mette in<br />
luce tale tendenza è quello che emerge dall’esperimento<br />
riportato in Falk et al. (2003). Il design sperimentale prevede<br />
<strong>di</strong> confrontare i modelli <strong>di</strong> comportamento <strong>di</strong> due<br />
gruppi <strong>di</strong> soggetti in situazioni come quelle descritte nei<br />
giochi G1 e G2: il giocatore A fa un’offerta al giocatore<br />
B <strong>di</strong> $2 o <strong>di</strong> $5 nel gioco G1, mentre nel gioco G2, le<br />
offerte alternative sono pari a $2 oppure a $8; a queste<br />
offerte il giocatore B può rispondere accettando oppure<br />
rifiutando; se accetta, la <strong>di</strong>visione verrà implementata ed<br />
entrambi riceveranno la somma stabilita, se rifiuta, invece,<br />
entrambi i giocatori non riceveranno nulla.<br />
Assumendo che i giocatori cerchino <strong>di</strong> massimizzare<br />
in modo autointeressato e consequenzialista la loro utilità,<br />
che essa sia descritta interamente dal payoff materiale e<br />
che ci sia avversione al rischio, la teoria tra<strong>di</strong>zionale produce<br />
le seguenti previsioni testabili:<br />
i) i giocatori B saranno <strong>di</strong>sposti ad accettare qualunque<br />
ammontare positivo <strong>di</strong> denaro; sulla base <strong>di</strong> questa<br />
previsione, i giocatori A saranno <strong>di</strong>sposti ad offrire solo<br />
la somma più bassa possibile;<br />
158
8<br />
2<br />
Giocatore A<br />
H L<br />
Giocatore B Giocatore B<br />
A R A R<br />
FIG. 1. G1: Ultimatum game (forma ridotta).<br />
8<br />
2<br />
FIG. 2. G2: Best-Shot Game (forma ridotta).<br />
0 5<br />
0<br />
0 5<br />
0<br />
Giocatore A<br />
H L<br />
Giocatore B Giocatore B<br />
A R A R<br />
0 2<br />
0<br />
0 8<br />
0<br />
ii) gli esiti con<strong>di</strong>zionali alla scelta H da parte degli A<br />
sono identici sia nel gioco G1 che nel gioco G2. Il numero<br />
degli eventuali rifiuti <strong>dei</strong> B alle offerte degli A, deve<br />
essere quin<strong>di</strong> approssimativamente uguale nei due giochi.<br />
I risultati dell’esperimento sembrano smentire entrambi<br />
queste previsioni. Si osserva infatti che i giocatori<br />
159
B rifiutano le offerte degli A, molto più spesso <strong>di</strong> quanto<br />
non sarebbe «razionale» fare secondo la teoria. Ma si<br />
osserva anche che il numero <strong>di</strong> rifiuti è più elevato nel<br />
gioco G1 (44%) piuttosto che nel gioco G2 (18%). Questo<br />
risultato appare sorprendente perché, una volta che A<br />
propone $2 a B, dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> quest’ultimo i due<br />
giochi sono assolutamente identici, almeno per quanto riguarda<br />
l’aspetto delle conseguenze delle scelte e quin<strong>di</strong><br />
della <strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong> payoff. Un risultato analogo è riportato<br />
in Pelligra (2004); in questo caso il comportamento<br />
<strong>di</strong> risposta in un investment game è confrontato<br />
con quello <strong>di</strong> offerta in un <strong>di</strong>ctator game. I dati mostrano<br />
che, nonostante dal punto <strong>di</strong> vista del rispondente (nell’investment<br />
game) e da quello del proponente (nel <strong>di</strong>ctator<br />
game), i due giochi siano assolutamente identici in termini<br />
<strong>di</strong> conseguenze, nell’investment game i rispondenti<br />
restituiscono ai proponenti una cifra me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 11, mentre<br />
nel <strong>di</strong>ctator game l’offerta me<strong>di</strong>a è <strong>di</strong> circa 5 4 .<br />
La ragione che sta sotto a questa «anomalia» è legata,<br />
con tutta probabilità, al fatto che <strong>di</strong>verse combinazioni<br />
<strong>di</strong> mosse, in<strong>di</strong>pendentemente dall’esito che determinano,<br />
veicolano messaggi <strong>di</strong>fferenti rispetto alle intenzioni <strong>dei</strong><br />
giocatori che le hanno poste in essere. E nel tentativo <strong>di</strong><br />
«leggere le menti» degli altri giocatori, i soggetti inferiscono<br />
le loro intenzioni da ciò che loro hanno fatto così<br />
come da ciò che avrebbero potuto fare e non hanno fatto.<br />
In questa prospettiva proporre $8 nel G1 è <strong>di</strong>verso<br />
dal proporre $8 nel G2, perché nel primo caso la scelta<br />
scarta volutamente un’alternativa che i giocatori B in genere<br />
ritengono giusta, vale a <strong>di</strong>re una <strong>di</strong>visione della torta<br />
al 50%. Nel secondo, caso invece, l’alternativa all’offerta<br />
<strong>di</strong> $8 è una <strong>di</strong>visione che penalizza fortemente A e quin<strong>di</strong><br />
i giocatori B sono più propensi a tollerare.<br />
Questo esperimento così come altri che si inseriscono<br />
nello stesso filone <strong>di</strong> ricerca, mostrano come in situazioni<br />
4 Blount (1995), Charness (1998), Nelson (2002), Charness e Levine<br />
(2005) riportano risultati simili.<br />
160
strategiche i soggetti reali non si comportino in maniera<br />
puramente consequenzialista ma pongono in essere ragionamenti<br />
controfattuali che servono per l’attribuzione <strong>di</strong><br />
intenzioni alle azioni degli altri soggetti coinvolti nell’interazione.<br />
Abbiamo visto come l’attribuzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti intenzioni<br />
alla stessa azione possa portare i soggetti a reagire in<br />
mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti davanti a comportamenti per altro identici.<br />
Se vogliamo comprendere i meccanismi che guidano<br />
le interazioni sociali non possiamo prescindere quin<strong>di</strong> da<br />
una comprensione approfon<strong>di</strong>ta <strong>dei</strong> meccanismi che presiedono<br />
all’attività <strong>di</strong> attribuzione <strong>di</strong> intenzioni. Alle intenzioni,<br />
al loro ruolo nei processi <strong>di</strong> cognizione sociale<br />
e al modo in cui questo può essere descritto nei termini<br />
della teoria <strong>dei</strong> giochi psicologici è de<strong>di</strong>cato il prossimo<br />
paragrafo.<br />
4. Il problema dell’intenzionalità e la teoria <strong>dei</strong> giochi psicologici<br />
Quello dell’intenzionalità è il problema centrale della<br />
teoria filosofica dell’azione e sta acquistando crescente<br />
importanza anche nel campo delle neuroscienze e della<br />
psicologica sperimentale e dello sviluppo. In filosofia il<br />
termine «intenzionalità» ha assunto un significato peculiare,<br />
<strong>di</strong>fferente da quello del senso comune.<br />
L’intenzionalità rappresenta il modo in cui la nostra<br />
mente ci mette in relazione con il mondo esterno e caratterizza<br />
la natura degli «stati mentali» o «atteggiamenti<br />
proposizionali», vale a <strong>di</strong>re <strong>dei</strong> nostri desideri, credenze,<br />
finalità e simili. In un’accezione più circoscritta una intenzione<br />
è, secondo la definizione <strong>di</strong> Michael Bratman<br />
(1989), un piano d’azione che il soggetto sceglie e al<br />
quale si impegna con l’obbiettivo <strong>di</strong> raggiungere uno specifico<br />
scopo. Una intenzione, quin<strong>di</strong>, è un costrutto composto<br />
che include sia lo scopo che si vuole raggiungere<br />
così come i mezzi necessari al suo raggiungimento. Ciò è<br />
importante ai fini del nostro <strong>di</strong>scorso, perché il fatto che<br />
161
l’intenzione includa entrambi gli elementi, mezzi e fini,<br />
spiega perché, per esempio, la stessa azione posta in essere<br />
con <strong>di</strong>fferenti finalità possa essere giu<strong>di</strong>cata in mo<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>versi e possa suscitare reazioni <strong>di</strong>fferenti, coerentemente<br />
con quanto mostrato dall’evidenza sperimentale riportata<br />
nel paragrafo precedente. Per circostanziare meglio questo<br />
punto basti pensare al modo <strong>di</strong>verso in cui le persone<br />
(e la legge) reagiscono per esempio a un omici<strong>di</strong>o volontario<br />
o ad un omici<strong>di</strong>o preterintenzionale nel quale, pur<br />
sussistendo il nesso causale tra azione e conseguenza delittuosa,<br />
non è rintracciabile la partecipazione psicologica<br />
dell’agente all’evento. Sulla base <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>stinzione che<br />
separa la sfera delle intenzioni da quella dell’azione e<br />
delle sue conseguenze si possono comprendere anche gli<br />
slittamenti <strong>di</strong> prospettiva in virtù <strong>dei</strong> quali:<br />
se considerato intenzionale un commento critico può essere<br />
visto come un doloroso insulto; un urto sul marciapiede, come<br />
una pericolosa provocazione e un affascinante sorriso come una<br />
segnale <strong>di</strong> seduzione. Ma se considerato come non intenzionale<br />
lo stesso commento può essere scusato; lo stesso urto può far nascere<br />
una nuova amicizia e lo stesso sorriso può semplicemente<br />
essere sintomo <strong>di</strong> buon umore (Malle e Knobe 1997, 101).<br />
Le neuroscienze hanno recentemente mostrato che la<br />
capacità <strong>di</strong> comprendere le azioni altrui assegnando loro<br />
finalità ed intenzioni è una qualità specifica <strong>dei</strong> primati<br />
superiori e segnatamente umana (Rizzolati et al. 2001),<br />
probabilmente legata all’esistenza <strong>di</strong> un linguaggio sofisticato<br />
(Tomasello 2000). Tale capacità si sviluppa molto<br />
presto e già all’età <strong>di</strong> 4 anni i bambini sono in grado <strong>di</strong><br />
immaginare cosa gli altri possano sapere, credere o pensare<br />
sulla base dell’osservazione delle loro azioni. Questo<br />
processo è detto <strong>di</strong> mind-rea<strong>di</strong>ng ed è basato essenzialmente<br />
sull’abilità umana <strong>di</strong> inferire le intenzioni altrui.<br />
Sono state proposte in questi ultimi anni <strong>di</strong>verse «teorie<br />
della mente» o ToM (theories of mind) per cercare <strong>di</strong> dar<br />
conto del processo <strong>di</strong> mind-rea<strong>di</strong>ng. Queste teorie vengono<br />
in genere <strong>di</strong>stinte in due classi generali: le cosid-<br />
162
dette «teorie della teoria della mente» (theories of theory<br />
of mind), note anche come theory-theory (TT) e le «teorie<br />
della simulazione» (TS) (simulation theories). Le prime<br />
postulano che gli agenti tendono a spiegare e prevedere<br />
il comportamento degli altri attraverso una serie <strong>di</strong> leggi<br />
causali che nel loro insieme formano ciò che in genere<br />
viene definita folk psychology (Carruthers e Smith 1996).<br />
Secondo le TT gli agenti utilizzando semplici leggi esplicative<br />
per mettere in relazione determinanti non osservabili<br />
del comportamento (desideri, credenze e altri atteggiamenti<br />
proposizionali) con stimoli esterni osservabili, in<br />
modo da poter prevedere il comportamento che la combinazione<br />
<strong>di</strong> questi fattori determinerebbe. Questo processo<br />
<strong>di</strong> attribuzione funziona sulla base <strong>di</strong> un ragionamento<br />
teorico che implica tacitamente determinate leggi causali<br />
con<strong>di</strong>vise dalla comunità degli inter-agenti.<br />
La seconda classe <strong>di</strong> teorie, le «teorie della simulazione»<br />
(Davis e Stone 1995), sono costruite intorno all’idea<br />
secondo cui l’attribuzione <strong>di</strong> stati mentali avviene<br />
attraverso la creazione <strong>di</strong> rappresentazioni mentali in virtù<br />
delle quali l’agente è in grado <strong>di</strong> simulare il processo deliberativo<br />
<strong>dei</strong> soggetti il cui comportamento viene osservato<br />
e deve essere previsto:<br />
Prima crei in te stesso (finti) desideri e credenze del tipo<br />
che assumi l’altro soggetto possa avere (...) poi questi (finti)<br />
desideri e queste credenze vengono elaborati dal tuo meccanismo<br />
<strong>di</strong> decision-making, il quale da vita ad una (finta) decisione<br />
(Gallese e Goldman 1998, 496).<br />
La <strong>di</strong>fferenza fondamentale che intercorre tra le due<br />
classi <strong>di</strong> teorie attiene al fatto che mentre le TT descrivono<br />
il processo <strong>di</strong> mind-rea<strong>di</strong>ng come un processo teorico,<br />
neutrale, oggettivo e <strong>di</strong>staccato, le TS, al contrario,<br />
lo descrivono come una faccenda <strong>di</strong> effettiva replicazione<br />
delle stesse attività neurali implicate dall’azione<br />
che l’agente sta cercando <strong>di</strong> interpretare o pre<strong>di</strong>re, un<br />
processo <strong>di</strong> simulazione che è <strong>di</strong>retto, automatico, nonpre<strong>di</strong>cativo,<br />
e non inferenziale. Secondo le TS, quin<strong>di</strong>,<br />
163
i processi <strong>di</strong> cognizione sociale non devono tanto essere<br />
descritti come <strong>dei</strong> ragionamenti sugli stati mentali <strong>dei</strong><br />
soggetti esterni, quanto piuttosto come una sorta <strong>di</strong> intuizione<br />
esperienziale (experiential insight) delle altre menti.<br />
Gallese e Goldman (1998) utilizzano l’espressione mental<br />
mimicry, per designare questo tipo <strong>di</strong> corrispondenza tra<br />
le attività mentali <strong>di</strong> un osservatore e quelle <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo<br />
osservato. Tale meccanismo coinvolge i cosiddetti<br />
«neuroni-specchio» (mirror neurons) (cfr. Rizzolatti et al.<br />
2001) che possiedono l’interessante proprietà <strong>di</strong> «scaricare»<br />
sia quando il soggetto compie una certa azione<br />
sia quando il soggetto stesso osserva qualcun altro compiere<br />
la stessa azione. In questo caso i neuroni-specchio<br />
ricreano nell’osservatore la stessa attività mentale che occorre<br />
nel cervello nell’agente osservato. In virtù <strong>di</strong> questa<br />
proprietà, Gallese e Goldman, interpretando il ruolo del<br />
sistema <strong>dei</strong> neuroni-specchio, ipotizzano che esso possa<br />
costituire la base neurofisiologica dell’abilità umana <strong>di</strong><br />
rappresentazione delle intenzioni altrui a partire dall’osservazione<br />
delle loro azioni.<br />
Un interessante punto <strong>di</strong> contatto tra letteratura neuroscientifica,<br />
teorie della simulazione e teoria <strong>dei</strong> giochi<br />
emerge in un esperimento condotto da Kevin McCabe<br />
e dai suoi collaboratori (McCabe et al. 2000) il quale<br />
mette in evidenza come la forma <strong>di</strong> rappresentazione <strong>di</strong><br />
un gioco possa influenzare in maniera determinante il livello<br />
<strong>di</strong> cooperazione tra i giocatori. La rappresentazione<br />
in forma estesa, in particolare sembra favorire la cooperazione<br />
<strong>di</strong> più rispetto alla rappresentazione in forma normale.<br />
La spiegazione <strong>di</strong> questo risultato è basata proprio<br />
sull’idea secondo cui la forma estesa consente più facilmente<br />
ai giocatori: «<strong>di</strong> leggere i pensieri e le intenzioni<br />
degli altri piazzandosi nella posizione e nello stato informativo<br />
dell’altra persona» (2000, 4404). Questo processo<br />
<strong>di</strong> reciproca lettura della mente permette <strong>di</strong> inferire le<br />
intenzioni degli avversari dalle loro mosse e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
coor<strong>di</strong>narsi meglio, in virtù della norma della reciprocità,<br />
verso esiti cooperativi ottimali.<br />
164
Ciò detto, è necessario chiedersi come sia possibile<br />
formalizzare all’interno <strong>di</strong> un modello teorico questo processo<br />
<strong>di</strong> inferenza delle intenzioni dalle azioni nell’ambito<br />
<strong>di</strong> una situazione strategica estremamente semplificata e<br />
astratta come un gioco. Quello che cercherò <strong>di</strong> evidenziare<br />
in questa parte del saggio è che la TGP fornisce<br />
strumenti utili a questa formalizzazione, e lo fa in modo<br />
coerente con l’impianto delle teorie della simulazione e<br />
con i loro correlati neurali.<br />
Nella teoria <strong>dei</strong> giochi classica si assume che i payoff<br />
finali <strong>di</strong>pendano solo dalle azioni scelte da ogni giocatore.<br />
Qualunque siano le motivazioni sottese alle azioni<br />
<strong>di</strong> ogni giocatore, esse vengono sinteticamente ricomprese<br />
nei payoff associati ad ogni esito. L’or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> preferenze<br />
<strong>dei</strong> giocatori rispetto agli esiti è rappresentato<br />
dal loro vettore <strong>dei</strong> payoff. Questo modo <strong>di</strong> operare ha<br />
guadagnato popolarità grazie agli importanti risultati e<br />
alle molteplici applicazioni che ha generato in molte aree<br />
della ricerca economica e anche al <strong>di</strong> fuori <strong>dei</strong> confini<br />
dell’economia, ma allo stesso tempo si è <strong>di</strong>mostrato limitativo<br />
per quanto riguarda l’analisi <strong>di</strong> molti fenomeni<br />
sociali, quelli caratterizzati, in particolare, dalla presenza<br />
<strong>di</strong> motivazioni belief-dependent. Una gamma molto ampia<br />
<strong>di</strong> emozioni sociali, ma anche principi comportamentali<br />
come fiducia e reciprocità, per esempio, non possono essere<br />
propriamente formalizzati all’interno del quadro teorico<br />
della teoria <strong>dei</strong> giochi classica in cui i payoff sono<br />
considerati esogeni. La TGP sviluppa strumenti che consentono<br />
l’analisi formale <strong>di</strong> molti <strong>di</strong> questi fenomeni rendendo<br />
più gestibile la via «naturale ma poco pratica»,<br />
<strong>di</strong> cui parlava Harsany, alla modellizzazione delle gerarchie<br />
<strong>di</strong> credenze. Una funzione <strong>di</strong> utilità generale per un<br />
gioco psicologico assume la seguente forma (Battigalli e<br />
Dufwenberg, 2005):<br />
ui : Z j <br />
S j <br />
j N<br />
j N<br />
<br />
165
dove Z rappresenta l’insieme <strong>dei</strong> no<strong>di</strong> terminali, N è<br />
l’insieme <strong>dei</strong> giocatori, M j l’insieme delle credenze con<strong>di</strong>zionali<br />
<strong>di</strong> j circa le strategie degli altri giocatori e del loro<br />
credenze con<strong>di</strong>zionali, e S j è l’insieme delle strategie pure<br />
<strong>di</strong> j. Le strategie e le credenze sono considerate con<strong>di</strong>zionali<br />
ad ogni storia del gioco (cfr. Battigalli e Siniscalchi<br />
1999). In un gioco psicologico, quin<strong>di</strong>, l’utilità <strong>dei</strong> giocatori<br />
<strong>di</strong>pende dalle loro strategie così come dalle loro<br />
credenze <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore circa le rispettive strategie.<br />
In Geneakoplos, Pearce e Stacchetti (1989) vengono sviluppati<br />
vari concetti <strong>di</strong> soluzione per i giochi psicologici<br />
equivalenti ai concetti <strong>di</strong> equilibrio <strong>di</strong> Nash e <strong>di</strong> equilibrio<br />
perfetto nei sottogiochi. In questa versione della<br />
TGP un equilibrio psicologico si ottiene quando ogni giocatore<br />
massimizza il suo payoff e allo stesso tempo le credenze<br />
<strong>dei</strong> vari or<strong>di</strong>ni risultano confermate. Dufwenberg<br />
e Battigalli (2005) generalizzano l’approccio <strong>di</strong> Geanakoplos,<br />
Pearce e Stacchetti estendendolo in tre <strong>di</strong>rezioni:<br />
i) consentendo la revisione delle credenze durante lo<br />
svolgimento del gioco;<br />
ii) definendo un concetto <strong>di</strong> equilibrio psicologico<br />
sequenziale sulla linea <strong>dei</strong> risultati <strong>di</strong> Kreps e Wilson<br />
(1982);<br />
iii) sviluppando un’analisi non-<strong>di</strong>-equilibrio inaugurata<br />
da Bernheim (1984) e Pearce (1984) e sfociata nella<br />
definizione del concetto <strong>di</strong> razionalizzabilità.<br />
Alcuni modelli recenti (Rabin 1993; Dufwenberg e<br />
Kirchsteiger 1998; Falk e Fischbacher in corso <strong>di</strong> pubblicazione)<br />
hanno proficuamente applicato la TGP all’analisi<br />
<strong>dei</strong> comportamenti pro-sociali sfruttando, in particolare,<br />
la possibilità fornita dalla TGP <strong>di</strong> spiegare come gli<br />
agenti valutano e reagiscano <strong>di</strong>versamente alle intenzioni<br />
positive o negative degli altri giocatori. Altri modelli cosiddetti<br />
«ibri<strong>di</strong>» (Levine 1998; Falk e Fischbacher 1998;<br />
Charness e Rabin 1999) combinano un approccio basato<br />
sul il ruolo delle intenzioni con fattori <strong>di</strong> equità <strong>di</strong>stributiva.<br />
In sintesi la TGP consente <strong>di</strong> modellizzare agenti in<br />
grado <strong>di</strong> attribuire intenzioni alle azioni degli altri sulla<br />
166
ase dell’osservazione congiunta (o delle credenze) delle<br />
scelte compiute e <strong>di</strong> quelle scartate. Questo processo appare<br />
essere sorprendentemente simile a quello implicato<br />
dalle TS, anche se è importante far notare che mentre<br />
la TGP descrive il processo <strong>di</strong> iscrizione delle intenzioni<br />
come una serie <strong>di</strong> atti deliberati <strong>di</strong> volontà le TS assumono<br />
invece, che esso si attivi in maniera automatica e<br />
non cosciente.<br />
Questa <strong>di</strong>fferenza in nessun modo riduce l’utilità <strong>di</strong><br />
una descrizione formale del processo mentale che mette<br />
gli esseri umani nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> interpretare le intenzioni<br />
e gli obbiettivi degli altri.<br />
5. Il problema della fiducia<br />
Pren<strong>di</strong>amo in considerazione ora il secondo punto<br />
della nostra lista e cioè il problema della fiducia e quello<br />
ad esso connesso dell’endogenizzazione <strong>dei</strong> payoff. A questo<br />
riguardo è interessante notare come nell’esposizione<br />
della versione più avanzata della teoria <strong>dei</strong> giochi psicologici,<br />
Battigalli e Dufwenberg (2005) utilizzino sei volte<br />
su nove, esempi inerenti a interazioni fiduciarie. Questo<br />
può forse contribuire a dare un’idea della rilevanza del<br />
problema della fiducia nell’ambito delle interazioni strategiche.<br />
Una interazione fiduciaria è caratterizzata da tre elementi<br />
costitutivi: i) mancanza <strong>di</strong> controllo da parte del<br />
trustor sul trustee; ii) rischio <strong>di</strong> opportunismo da parte<br />
del trustee; iii) conseguenze potenzialmente negative per<br />
il trustor. Tutti questi elementi sono sintetizzati nel Trust<br />
game (G3).<br />
Il fattore i) è implicato dalla descrizione della situazione<br />
come gioco sequenziale non cooperativo; il punto<br />
ii) è formalizzato dalla con<strong>di</strong>zione f< e; mentre la formalizzazione<br />
del punto iii) si ottiene ponendo b< a.<br />
Nel Trust game il giocatore A sceglie per primo la<br />
strategia L o la strategie R; se sceglie L, entrambi i giocatori<br />
ottengono <strong>dei</strong> payoff pari a (a, d). Ma se A sceglie<br />
167
FIG. 3. G3: Trust game (forma semplice).<br />
R, la scelta passa a B, il quale a sua volta può scegliere L<br />
o R. Nel primo caso B ottiene e, mentre A ottiene b; nel<br />
secondo caso, invece, B ottiene f e A ottiene c. Data questa<br />
matrice <strong>dei</strong> payoff e le relazione tra i suoi elementi,<br />
sarebbe razionale per B giocare L e, conseguentemente,<br />
per A optare per L; il che equivale, in altri termini, a<br />
suggerire a B <strong>di</strong> comportarsi in maniera opportunistica e<br />
ad A <strong>di</strong> non fidarsi affatto. Questa conclusione contrasta<br />
in maniera ra<strong>di</strong>cale con l’evidenza empirica che è andata<br />
accumulandosi negli ultimi anni 5 e che mostra come, in<br />
situazioni simili a quella descritta dal trust game un numero<br />
significativo <strong>di</strong> giocatori preferisce giocare R (o<br />
mosse equivalenti) e un significativo numero <strong>di</strong> giocatori<br />
B resiste alla tentazione della scelta opportunistica scegliendo<br />
R.<br />
Per cercare <strong>di</strong> dar conto <strong>di</strong> questi comportamenti<br />
«anomali» sono state avanzate <strong>di</strong>fferenti spiegazioni basate<br />
alcune su <strong>di</strong>fferenti interpretazioni <strong>dei</strong> dati e altre<br />
sull’introduzione <strong>di</strong> principi comportamentali che inte-<br />
5 Cfr. Ostrom e Walker (2002) e Camerer (2003) per una rassegna<br />
<strong>dei</strong> risultati più significativi.<br />
168<br />
Giocatore A<br />
L R<br />
Giocatore B<br />
L R<br />
a<br />
b<br />
c<br />
d e<br />
f<br />
b < a < c; f < e;
grano il mero self-interest, come quelli <strong>di</strong> altruismo o avversione<br />
all’iniquità. Alla prima linea appartiene il cosiddetto<br />
«tautologismo», proposto da Ken Binmore (1998)<br />
il quale suggerisce che <strong>di</strong>etro i dati non si debba leggere<br />
nient’altro che un comportamento massimizzante ed autointeressato<br />
e che la <strong>di</strong>fformità tra il risultato previsto<br />
dalla teoria e il comportamento osservato <strong>dei</strong> giocatori<br />
reali deriverebbe dalla mancata coincidenza del gioco<br />
analizzato in teoria con quello giocato in pratica. Sarebbe<br />
sufficiente dunque ridescrivere il gioco per rendere le<br />
previsioni conformi al comportamento osservato e l’analisi<br />
del gioco in sé una mera tautologia.<br />
Il gioco G4 presenta oltre alla matrice <strong>dei</strong> payoff oggettivi<br />
anche altre tre matrici derivate dalla quest’ultima<br />
attraverso un processo <strong>di</strong> elaborazione <strong>dei</strong> payoff sulla<br />
base delle interpretazioni in<strong>di</strong>cate più sopra. In queste interpretazioni<br />
si considera un «payoff esteso» che si ricava<br />
dal o dai payoff oggettivi attraverso una trasformazione<br />
volta ad incorporare un certo principio comportamentale<br />
o a ridescrivere il gioco coerentemente con le scelte osservate.<br />
Per un altruista, B, l’utilità <strong>di</strong>pende dal suo payoff<br />
oggettivo più il payoff <strong>di</strong> A pesato da un certo parametro<br />
a B (0 < a B < 1) che rappresenta la sensibilità in<strong>di</strong>viduale<br />
all’altruismo (Margolis 1982). Un agente B avverso<br />
all’iniquità, invece, cercherà contemporaneamente<br />
<strong>di</strong> massimizzare il suo payoff oggettivo e minimizzare la<br />
<strong>di</strong>fferenza tra il suo payoff e quelli <strong>di</strong> A (Fehr e Schmidt<br />
1999). Anche in questo caso un parametro in<strong>di</strong>viduale a B<br />
o b B (con a B > b B ) peserà l’impatto negativo della <strong>di</strong>suguaglianza<br />
nel caso in cui B stia, rispettivamente, meglio o<br />
peggio <strong>di</strong> A.<br />
Queste spiegazioni basate su altruismo, equità o ridescrizione<br />
presentano tutte controin<strong>di</strong>cazioni importanti<br />
che ne limitano l’efficacia esplicativa nell’analisi delle relazioni<br />
fiduciarie (cfr. Pelligra 2003). Due teorie alternative,<br />
centrate sui concetti <strong>di</strong> reciprocità (Rabin 1993) e <strong>di</strong><br />
rispondenza fiduciaria (Pelligra 2005a; 2005b) sembrano<br />
invece, almeno in prima approssimazione, superare tali<br />
169
FIG. 4. G4: Trust game (forma gratuita) con payoff estesi alternativi.<br />
Nota: I numeri in grassetto descrivono gli esiti associati all’equilibrio <strong>di</strong><br />
Nash perfetto nei sottogiochi per i <strong>di</strong>fferenti casi.<br />
<strong>di</strong>fficoltà e fornire spiegazioni adeguate del fenomeno fiduciario<br />
6 .<br />
Secondo Rabin, la reciprocità (positiva) implica il conferimento<br />
<strong>di</strong> un beneficio materiale ad un soggetto che<br />
precedentemente ci ha conferito un beneficio materiale, o<br />
che ci aspettiamo ci conferisca un tale beneficio. La rispondenza<br />
fiduciaria, invece, considera il conferimento <strong>di</strong><br />
6 È importante sottolineare il fatto che il modello <strong>di</strong> Rabin non è<br />
<strong>di</strong>rettamente applicabile a giochi estesi della forma del Trust game. Per<br />
poter utilizzare tale modello e la logica della reciprocità che esso incorpora<br />
nell’analisi delle interazioni fiduciarie è necessario introdurre<br />
alcune mo<strong>di</strong>fiche alla versione originale. Tali mo<strong>di</strong>fiche sono state suggerite<br />
inizialmente da Hausman (1998) e riprese poi in Pelligra (2003).<br />
170<br />
Payoff oggettivi<br />
B è altruista<br />
B è avverso all’iniquità<br />
Tautologismo<br />
Giocatore A<br />
L R<br />
Giocatore B<br />
L R<br />
0<br />
–1<br />
2<br />
2 3<br />
2<br />
0<br />
–1<br />
2<br />
2 2,5<br />
3<br />
0<br />
–1<br />
2<br />
2 1<br />
2<br />
0<br />
–1<br />
4<br />
2 3<br />
4<br />
aB<br />
= 0,5<br />
b<br />
B = 0,5
un beneficio nei confronti <strong>di</strong> un soggetto che ci ha mostrato<br />
<strong>di</strong> attendere questo beneficio da noi e per questo<br />
si è volontariamente esposto al rischio <strong>di</strong> una per<strong>di</strong>ta nel<br />
caso in cui il nostro agire fosse materialmente autointeressato.<br />
La rispondenza fiduciaria, quin<strong>di</strong>, postula che<br />
un esplicito atto <strong>di</strong> fiducia possa «indurre» o «elicitare»<br />
un comportamento affidabile. In questo senso possiamo<br />
considerare la fiducia come «risponsiva» o self-fulfilling.<br />
Mentre la reciprocità si basa sull’azione combinata <strong>di</strong> incentivi<br />
materiali e psicologici, la rispondenza fiduciaria è<br />
interamente fondata su una motivazione <strong>di</strong> carattere psicologico-morale.<br />
Recenti esperimenti <strong>di</strong> laboratorio (Dufwenberg e<br />
Gneezy 1998; Bacharach et al. 2005; Pelligra 2005b) mostrano<br />
che, una volta eliminato l’effetto dell’altruismo,<br />
dell’avversione all’iniquità, ma anche della reciprocità,<br />
continuano a sopravvivere esempi <strong>di</strong> comportamento fiducioso<br />
e affidabile. Da questi test l’ipotesi <strong>di</strong> rispondenza<br />
fiduciaria sembra emergere come la spiegazione che meglio<br />
coglie gli aspetti più basilari del «fenomeno fiducia».<br />
Oltre che per la <strong>di</strong>versa capacità <strong>di</strong> spiegare l’evidenza<br />
esistente, le varie teorie si <strong>di</strong>fferenziano anche per<br />
l’impianto logico che le governa. Le teorie che incorporano<br />
l’altruismo e l’avversione all’iniquità infatti, possono<br />
essere considerate, così come la teoria standard, modelli<br />
<strong>di</strong> comportamento forward looking, che considerano le intenzioni<br />
<strong>dei</strong> giocatori irrilevanti, e si concentrano esclusivamente<br />
sugli aspetti <strong>di</strong>stributivi relativi alle conseguenze<br />
delle scelte, mentre i modelli <strong>di</strong> reciprocità e rispondenza<br />
fiduciaria, sono, invece, modelli <strong>di</strong> comportamento<br />
backward looking, per i quali anche le azioni passate e le<br />
intenzioni <strong>dei</strong> giocatori, e non solo le <strong>di</strong>stribuzioni finali<br />
<strong>dei</strong> payoff, hanno un effetto motivante sulle scelte. Questa<br />
<strong>di</strong>fferenza implica che mentre per il primo gruppo<br />
<strong>di</strong> teorie la trasformazione <strong>dei</strong> payoff oggettivi in payoff<br />
estesi avviene esogenamente, per il secondo gruppo, essa<br />
è endogena al modello stesso.<br />
La possibilità data dalla TGP <strong>di</strong> poter considerare i<br />
payoff come endogeni al modello consente in modo natu-<br />
171
FIG. 5. G5: Trust game con senso <strong>di</strong> colpa endogeno.<br />
rale <strong>di</strong> formalizzare quelle situazione nelle quali l’aspetto<br />
relazionale è importante, quelle situazioni, cioè, nelle<br />
quali la relazione è vista, essa stessa, come una fonte <strong>di</strong><br />
utilità e nelle quali il semplice fatto <strong>di</strong> entrare in relazione<br />
influenza la struttura <strong>di</strong> preferenze ex-ante <strong>dei</strong> giocatori.<br />
Consideriamo ora, per illustrare questo punto, la seguente<br />
variante del Trust game (G5).<br />
Denotiamo con p[0, 1] la probabilità che B scelga<br />
R; 1-p sarà quin<strong>di</strong> la probabilità che B scelga L. Allo<br />
stesso modo in<strong>di</strong>chiamo con q[0, 1] la credenza <strong>di</strong> A<br />
circa la scelta <strong>di</strong> B, cioè circa p. Conr, invece, si in<strong>di</strong>ca<br />
la credenza <strong>di</strong> B su q, vale a <strong>di</strong>re la sua credenza sulla<br />
credenza <strong>di</strong> A circa la scelta <strong>di</strong> B. In questo modo costruiamo<br />
i primi due or<strong>di</strong>ni della gerarchia delle credenze<br />
<strong>di</strong> B. Queste credenze sono necessarie per trasformare il<br />
gioco standard in un gioco psicologico. Supponiamo ora<br />
che B osservi, contrariamente a quanto si sarebbe potuto<br />
aspettare in base alla teoria standard, una scelta fiduciosa<br />
da parte <strong>di</strong> A (A gioca R); ci troviamo ora nel secondo<br />
nodo del gioco in corrispondenza del quale è B a dover<br />
scegliere. Introduciamo ora un fattore atto a cogliere<br />
l’effetto delle emozioni sociali, in questo caso il senso <strong>di</strong><br />
colpa. Il payoff esteso che B ottiene da una scelta op-<br />
172<br />
Giocatore A<br />
L R<br />
Giocatore B<br />
1 – p p<br />
a<br />
b<br />
c<br />
d e – Gr<br />
f<br />
c > a > b; e > f; G > 0;
portunista sarà pari, quin<strong>di</strong>, al suo payoff atteso meno il<br />
«fattore <strong>di</strong> colpa» espresso come un multiplo G (G>0)<br />
<strong>di</strong> r, l’aspettativa <strong>di</strong> A sul comportamento <strong>di</strong> B. In questo<br />
modo stiamo ipotizzando che una scelta opportunista implichi<br />
un costo psicologico per B tanto maggiore quanto<br />
più elevata è l’aspettativa <strong>di</strong> A circa la sua affidabilità 7 .<br />
Gli equilibri (psicologici) del gioco si ottengono<br />
quando entrambi i giocatori massimizzano la loro utilità e<br />
le loro credenze sono confermate (p=q=r). Questo gioco,<br />
in particolare, presenta tre equilibri, due in strategie pure<br />
e un terzo in strategie miste:<br />
1) A si aspetta che B sia affidabile; il costo <strong>di</strong> B legato<br />
all’opportunismo può <strong>di</strong>ventare quin<strong>di</strong> sufficientemente<br />
alto da indurlo all’affidabilità. A è a conoscenza <strong>di</strong><br />
questo e gioca cioè R (q=1); anche B è a conoscenza <strong>di</strong><br />
questo e quin<strong>di</strong> gioca R (r=q=1). Nel primo equilibrio A<br />
e B giocano R;<br />
2) A si aspetta che B sia opportunista; stando così<br />
le cose tale scelta non comporterebbe nessun costo per<br />
B. Questo è noto anche ad A che pone q=0; <strong>di</strong> conseguenza<br />
B gioca L (r=q=0). In questo equilibrio A gioca<br />
L e p =q=r=0, cioè anche B gioca L;<br />
3) il terzo equilibrio (in strategie miste) si ottiene assumendo<br />
l’uguaglianza tra i payoff che B può ottenere da<br />
entrambe le scelte e imponendo p=r. Questo equilibrio<br />
esiste solo se pc +(1–p)b >a, il che implica che A giocherà<br />
R posto che p =q=r=(e–f)/G e che 0
si fida con certezza e B risponde in modo affidabile con<br />
altrettanta certezza. Una conseguenza importante che<br />
deriva da questo tipo <strong>di</strong> analisi è legata al fatto che una<br />
volta ridescritto con l’introduzione <strong>dei</strong> payoff endogeni, il<br />
Trust game <strong>di</strong>venta un gioco <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento 8 . In questo<br />
caso, infatti, quale, tra i possibili equilibri del gioco,<br />
verrà effettivamente selezionato, <strong>di</strong>pende dal modo in cui<br />
i giocatori coor<strong>di</strong>nano le loro aspettative del primo e del<br />
secondo or<strong>di</strong>ne. Per quanto riguarda i due equilibri in<br />
strategie pure, per esempio, abbiamo che se A si attende<br />
affidabilità da parte <strong>di</strong> B e questo è noto anche a B, allora<br />
quest’ultimo sarà indotto a comportarsi in modo affidabile;<br />
entrambi i giocatori si coor<strong>di</strong>nano su r=q=1. Ma<br />
se A si aspetta opportunismo da B, questo, determinando<br />
una riduzione del costo psicologico legato ad una scelta<br />
opportunista, indurrà B a comportarsi proprio in quel<br />
modo; i giocatori allora si coor<strong>di</strong>neranno su r=q=0.<br />
Una volta constatata la presenza <strong>di</strong> equilibri multipli<br />
e il conseguente emergere <strong>di</strong> un problema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento<br />
<strong>di</strong>venta naturale indagare l’esistenza <strong>di</strong> eventuale<br />
meccanismi <strong>di</strong> selezione degli equilibri; il che equivale a<br />
chiedersi che cosa faciliti o cosa ostacoli l’ottenimento <strong>di</strong><br />
tale coor<strong>di</strong>namento. Questo ci porta <strong>di</strong>rettamente al terzo<br />
problema della nostra lista originaria, quello <strong>dei</strong> contesti<br />
decisionali.<br />
6. Effetti <strong>di</strong> contesto sociale<br />
Tra<strong>di</strong>zionalmente la gran parte dell’attenzione sul<br />
ruolo degli effetti <strong>di</strong> contesto o <strong>di</strong> framing, si è concentrata<br />
nell’ambito delle decisioni in<strong>di</strong>viduali e non tanto<br />
sulle scelte strategiche. Eppure se, come fanno anche<br />
Kahneman e Tversky, consideriamo il processo <strong>di</strong> contestualizzazione<br />
come: «controllato dal modo in cui il problema<br />
<strong>di</strong> scelta viene presentato così come da norme,<br />
174<br />
8 Camerer e Thaler (2003) sviluppano una interpretazione simile.
abitu<strong>di</strong>ni e aspettative del decisione» (1987, 257, corsivo<br />
aggiunto) emerge chiaramente la rilevanza del problema<br />
non solo per le situazioni parametriche ma anche per<br />
quelle nelle quali la <strong>di</strong>fferente percezione del contesto<br />
può influenzare le scelte interattive. Se il framing <strong>di</strong> una<br />
certa situazione può influenzare le aspettative <strong>dei</strong> soggetti<br />
circa il comportamento degli altri e anche le aspettative<br />
sulle aspettative degli altri, allora tale problema <strong>di</strong>vesta <strong>di</strong><br />
estrema importanza per la teoria <strong>dei</strong> giochi ed in particolare<br />
per la teoria <strong>dei</strong> giochi psicologici.<br />
Nei giochi <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento e in tutti i giochi in generale<br />
nei quali esplicitamente viene preso in considerazione<br />
il ruolo delle aspettative <strong>dei</strong> giocatori, sorgono problemi<br />
<strong>di</strong> molteplicità <strong>di</strong> equilibri e <strong>di</strong> conseguenza necessità<br />
<strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento delle azioni <strong>dei</strong> giocatori. La teoria<br />
tra<strong>di</strong>zionale non ha finora saputo offrire un resoconto<br />
sod<strong>di</strong>sfacente degli elementi che governano i processi<br />
<strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento. I pionieristici contributi <strong>di</strong> Thomas<br />
Schelling (1960) sul ruolo della «salienza» e <strong>dei</strong> cosiddetti<br />
«punti focali» hanno avuto, tranne rare eccezione (Metha<br />
et al. 1995; Sugden 1995; Bacharach e Stahl 2000; Janssen<br />
2001, Bacharach 2006), poco seguito tra i teorici <strong>dei</strong><br />
giochi. Mentre da una parte la teoria rimane silente circa<br />
la natura del processo <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento, l’evidenza empirica<br />
mostra come i soggetti reali riescano con notevole<br />
successo a coor<strong>di</strong>nare le loro azioni sulla base <strong>di</strong> informazioni<br />
<strong>di</strong> contesto che da un punto <strong>di</strong> vista teorico vengono<br />
solitamente considerate irrilevanti (Metha, Starmer<br />
e Sugden 1994). Le varie teorie <strong>dei</strong> punti focali suggeriscono<br />
che quando le persone si trovano ad interagire in<br />
termini strategici essi tendono ad associare alla situazione<br />
una certa etichetta o un certa cornice <strong>di</strong> riferimento che<br />
mette in relazione le azioni possibili con il contesto nel<br />
quale il gioco viene giocato. Tali teorie cercano quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
analizzare il processo attraverso il quale le informazioni<br />
contestuali che i giocatori reperiscono nell’ambiente influenzano<br />
l’in<strong>di</strong>viduazione dell’equilibro focale e <strong>di</strong> conseguenza<br />
le loro scelte effettive, per esempio attraverso la<br />
rottura della simmetria del gioco. Nei giochi psicologici<br />
175
il problema del coor<strong>di</strong>namento è aggravato dal fatto che<br />
a doversi coor<strong>di</strong>nare non sono solo le azioni, ma anche<br />
le credenze <strong>dei</strong> vari or<strong>di</strong>ni. L’avvenuto o mancato coor<strong>di</strong>namento<br />
<strong>di</strong> tali credenze e aspettative è decisivo affinché<br />
possa determinarsi un equilibrio. Questo elemento <strong>di</strong><br />
estrema complessità ha convinto Dufwenberg e Battigalli<br />
(2005, 11) che: «assumere la convergenza verso l’equilibrio<br />
potrebbe essere troppo, specialmente nell’ambito <strong>dei</strong><br />
giochi psicologici». Se in linea <strong>di</strong> principio si può concordare<br />
con questa posizione, è importante sottolineare<br />
come, però, sul versante empirico e descrittivo, il tipo <strong>di</strong><br />
molteplicità degli equilibri che emerge nei giochi psicologici<br />
può costituire un elemento <strong>di</strong> realismo proprio perché<br />
lascia aperta la possibilità che gli effetti <strong>di</strong> framing<br />
agiscano come meccanismo <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento delle credenze<br />
prima, e delle azioni poi.<br />
L’interpretazione della molteplicità degli equilibri posta<br />
in relazione con il ruolo del contesto può aiutarci a<br />
spiegare importanti regolarità emerse nei giochi sperimentali<br />
come per esempio, il fatto che gli agenti che si<br />
aspettano cooperazione dagli altri sono essi stessi più<br />
propensi a cooperare. Tale risultato, <strong>di</strong>fficile da riconciliare<br />
con i modelli <strong>di</strong> spiegazione tra<strong>di</strong>zionali, può essere<br />
interpretato proprio come una conseguenza del processo<br />
<strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento implicato nei giochi psicologici. Sulla<br />
stessa linea Ross e Ward (1996) e Blair e Stout (2000)<br />
riportano alcuni esperimenti nei quali il comportamento<br />
<strong>dei</strong> soggetti, nella stessa situazione, può variare a causa <strong>di</strong><br />
elementi teoricamente non rilevanti come, per esempio,<br />
la descrizione semantica della interazione. In un <strong>di</strong>lemma<br />
sociale definito come community game, si nota che il numero<br />
delle scelte cooperative è molto maggiore rispetto<br />
a quanto non avvenga nello stesso gioco quando questo<br />
viene in<strong>di</strong>cato come Wall Street game. Tali <strong>di</strong>fferenze vengono<br />
spiegate sulla base del fatto che anche solo l’etichetta<br />
associata al gioco contribuisce a segnalare quale<br />
tipo <strong>di</strong> norma sociale sia appropriato seguire in quella<br />
data situazione: cooperazione nella comunità e competizione<br />
a Wall Street. In questo modo la contestualizza-<br />
176
zione del gioco così come, in altri esperimenti la comunicazione<br />
verbale tra i soggetti, determina la formazione <strong>di</strong><br />
aspettative del primo e del secondo or<strong>di</strong>ne circa il comportamento<br />
<strong>di</strong> tutti i soggetti che tendono a convergere<br />
verso un unico equilibrio focale.<br />
7. Conclusioni<br />
La tesi principale sostenuta in questo scritto è quella<br />
secondo cui, grazie alle caratteristiche epistemiche della<br />
gerarchia <strong>di</strong> credenze formalizzata nella teoria <strong>dei</strong> giochi<br />
psicologici, essa è in grado <strong>di</strong> affrontare e, in qualche<br />
misura, <strong>di</strong> risolvere tre <strong>dei</strong> più rilevanti problemi emersi<br />
negli ultimi anni nell’ambito della teoria <strong>dei</strong> giochi tra<strong>di</strong>zionale.<br />
Primo: il ruolo delle intenzioni nella determinazione<br />
del comportamento strategico. Come emerge tra l’altro<br />
dai risultati degli esperimenti <strong>di</strong>scussi nel paragrafo 3, la<br />
percezione delle intenzioni che sottendono un’azione è<br />
importante in quanto consente ai giocatori <strong>di</strong> associare<br />
significati <strong>di</strong>fferenti alla stessa azione e al teorico <strong>di</strong> spiegare<br />
la ragione <strong>di</strong> eventuali <strong>di</strong>fferenze nelle reazioni. Le<br />
teorie della simulazione postulano che questo processo<br />
<strong>di</strong> attribuzione <strong>di</strong> significato avvenga attraverso una «mimesi<br />
mentale» in virtù della quale si verifica nell’osservatore<br />
l’attivazione degli stessi circuiti neurali implicati nell’azione<br />
materialmente compiuta dall’osservato. La TGP<br />
permette la formalizzazione <strong>di</strong> tale processo consentendo<br />
la descrizione della gerarchia completa <strong>di</strong> credenze così<br />
come <strong>dei</strong> ragionamenti controfattuali necessari all’attività<br />
<strong>di</strong> mind-rea<strong>di</strong>ng.<br />
Secondo: la fiducia è un costrutto relazionale. In precedenti<br />
lavori (Pelligra 2005a; 2005b) ho cercato <strong>di</strong> mostrare<br />
come le relazioni fiduciarie possano essere compreso<br />
appieno solo se si assume che l’affidabilità possa<br />
venire elicitata da scelte fiduciose, un’ipotesi questa, nota<br />
come «rispondenza fiduciaria». La risponsività connaturata,<br />
secondo tale ipotesi, ai comportamenti fiduciari,<br />
177
implica che i payoff non possano essere considerati come<br />
dati esogeni al gioco. La TGP prevede modalità <strong>di</strong> endogenizzazione<br />
<strong>dei</strong> payoff che consentono l’analisi <strong>di</strong> emozioni<br />
belief-dependent, come l’orgoglio e il senso <strong>di</strong> colpa,<br />
che hanno un ruolo centrale nella spiegazione <strong>dei</strong> comportamenti<br />
fiduciosi e affidabili.<br />
Terzo: i contesti decisionali funzionano come meccanismi<br />
<strong>di</strong> selezione degli equilibri. Nei giochi psicologici<br />
emerge un problema <strong>di</strong> selezione degli equilibri multipli<br />
legato al coor<strong>di</strong>namento <strong>dei</strong> vari or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> credenze <strong>dei</strong><br />
giocatori. Se, in generale, la molteplicità degli equilibri è<br />
sintomo <strong>di</strong> indeterminatezza delle previsioni della teoria e<br />
quin<strong>di</strong> visto come un limite della stessa, in questo caso<br />
si può affermare che essa introduce, almeno dal punto <strong>di</strong><br />
vista empirico, un elemento <strong>di</strong> realismo perché lascia spazio<br />
agli effetti <strong>di</strong> contesto sociale (social framing effects)<br />
che, facilitando il coor<strong>di</strong>namento delle aspettative <strong>dei</strong> giocatori,<br />
facilitano la selezione <strong>di</strong> un equilibrio unico.<br />
I tre esempi analizzati, delle intenzioni, della fiducia<br />
e degli effetti <strong>di</strong> contesto, mettono in luce come la teoria<br />
<strong>dei</strong> giochi psicologici possa costituire un importante passo<br />
in avanti verso la comprensione e la formalizzazione della<br />
logica relazionale sottesa alle interazioni strategiche e, in<br />
definitiva, alla socialità umana.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
Aumann, R. (1963), On Choosing a Function at Random, in F.<br />
Wright (a cura <strong>di</strong>), Symposium on Ergo<strong>di</strong>c Theory, 1-20,<br />
New Orleans, Academic Press.<br />
Aumann, R. (1964), Mixed and Behavior Strategies in Infinite<br />
Extensive Games, in M. Dresher, L.S. Shapley e A.W.<br />
Tucker (a cura <strong>di</strong>), Advances in Game Theory, Princeton,<br />
Princeton University Press, pp. 627-650.<br />
Bacharach, M. (1999), Incorporating Game Theory in the Theory<br />
of Action, Paper presented at Workshop on Strategic<br />
Rationality in Economics, Associazione Sigismondo Malatesta,<br />
Rocca Malatestiana, Sant’Arcangelo <strong>di</strong> Romagna, 26-<br />
27 agosto.<br />
178
Bacharach, M., Gold, N. e Sugen, R. (a cura <strong>di</strong>) (2006), Beyond<br />
In<strong>di</strong>vidual Choice, in «Teams and Frames in Game<br />
Theory», Princeton, Princeton University Press.<br />
Bacharach, M. e Stahl, D. (2000), Variable-Frame Level-n Theory,<br />
in «Games and Economic Behavior», 32, pp. 220-246.<br />
Battigalli, P. e Dufwenberg, M. (2005), Dynamic Psychological<br />
Games, mimeo, IGIER-Bocconi.<br />
Battigalli, P. e Siniscalchi, M. (1999), Hierarchies of Con<strong>di</strong>tional<br />
Beliefs and Interactive Epistemology in Dynamic Games, in<br />
«Journal of Economic Theory», 88, pp. 188-230.<br />
Bernheim, D. (1984), Rationalizable Strategic Behavior, in<br />
«Econometrica», 52, 4, pp. 1007-28.<br />
Binmore, K. (1998), Game Theory and the Social Contract, vol.<br />
2, Just Playing, Cambridge, MIT Press.<br />
Blount, S. (1995), When Social Outcomes Aren’t Fair: The Effect<br />
of Causal Attributions on Preferences, in «Organizational Behavior<br />
and Human Decision Processes», 63, pp. 131-144.<br />
Bratman, M.E. (1989), Intention and Personal Policies, in J.E.<br />
Tomberlin (a cura <strong>di</strong>), Philosophical perspectives, vol. 3, Philosophy<br />
of mind and action theory, Oxford, Blackwell.<br />
Camerer, C. (2003), Behavioral Game Theory, Princeton, Princeton<br />
University Press.<br />
Camerer, C., Loewenstein, G. e Prelec, D. (in corso <strong>di</strong> pubblicazione),<br />
Neuroeconomics: How Neuroscience Can Inform<br />
Economics, in «Journal of Economic Literature», [http://<br />
ssrn.com/abstract=590965].<br />
Carruthers, P. e Smith, P. (1996) (a cura <strong>di</strong>), Theories of Theories<br />
of Mind, Oxford, Basil Blackwell.<br />
Charness, G. (1998), Attribution and Reciprocity in a Simulated<br />
Labor Market: An experimental investigation, Working paper,<br />
Universitat Pompeu Fabra.<br />
Charness, G. e Levine, D. (2005), The Road to Hell: An Experimental<br />
Study of Intentions, Mimeo, University of California<br />
SB.<br />
Charness, G. e Rabin, M. (2002), Understan<strong>di</strong>ng Social Preferences<br />
with Simple Tests, in «Quarterly Journal of Economics»,<br />
117, 3, pp. 817-869.<br />
Davis, M. e Stone, T. (1995) (a cura <strong>di</strong>), Mental Simulation,<br />
Oxford, Basil Blackwell.<br />
Dufwenberg, M. e Kirchsteiger, G. (2004), A theory of sequential<br />
reciprocity, in «Games and Economic Behavior», 47,<br />
pp. 268-298.<br />
179
Falk, A., Fehr, E. e Fischbacher, U. (2003), On the Nature of<br />
Fair Behavior, in «Economic Inquiry», 41, pp. 20-26.<br />
Falk, A. e Fischbacher, U., forthcoming, A Theory of Reciprocity,<br />
Games and Economic Behavior.<br />
Fehr E. e Schmidt, K.M. (1999), A Theory of Fairness, Competition<br />
and Cooperation, in «Quarterly Journal of Economics»,<br />
114, pp. 817-868.<br />
Gallese, V. e Goldman, A. (1998), Mirror neurons and the simulation<br />
theory of mind-rea<strong>di</strong>ng, in «Trends in Cognitive Sciences»,<br />
2, 12, pp. 493-501.<br />
Geanakoplos, J., Pearce, D. e Stacchetti, E. (1989), Psychological<br />
Games and Sequential Rationality, in «Games and Economic<br />
Behavior», 1, pp. 60-79.<br />
Giocoli, N. (2003), Modelling Rational Agents, Cheltenham,<br />
Edward Elgar.<br />
Glaeser, E., Sacerdote, B. e Scheinkman, J. (1996), Crime and<br />
Social Interactions, in «Quarterly Journal of Economics»,<br />
61, pp. 507-548.<br />
Glaeser E., Sacerdote, B. e Scheinkman, J. (2003), The Social<br />
Multiplier, in «Journal of the European Economic Association»,<br />
1, pp. 345-353.<br />
Glaeser, E. e Scheinkman, J. (2001), Measuring Social Interactions,<br />
in S. Durlauf e P. Young (a cura <strong>di</strong>), Social Dynamics,<br />
Cambridge, MIT Press.<br />
Glaeser, E. e Scheinkman, J. (2003), Non-market interactions, in<br />
M. Dewatripont, L.P. Hansen e S. Turnovsky (a cura <strong>di</strong>),<br />
Advances in Economics and Econometrics: Theory and Applications,<br />
Eight World Congress, Cambridge, Cambridge<br />
University Press.<br />
Harsany, J. (1967-68), Games with Incomplete Information<br />
Played by «Bayesian» Players, Parts I to III, in «Management<br />
Science», 14, pp. 159-182, 320-334 e pp. 486-502.<br />
Harsany, J. (2004), Games with Incomplete Information, Nobel<br />
Lecture.http://nobelprize.org/economics/laureates/1994/<br />
harsanyi-lecture.pdf.<br />
Janssen, M. (2001), Rationalizing Focal Points, in «Theory and<br />
Decision», 50, pp. 119-148.<br />
Kreps, D. e Wilson, R. (1982), Sequential Equilibria, in «Econometrica»,<br />
50, pp. 863-894.<br />
Levine, D.K. (1998), Modeling altruism and spitefulness in experiments,<br />
in «Review of Economic Dynamics», 1, pp. 593-<br />
622.<br />
180
Malle, B. e Knobe, J. (1997), The Folk Concept of Intentionality,<br />
in «Journal of Experimental Social Psychology», 33, 2, pp.<br />
101-121.<br />
Margolis, H. (1982), Selfishness, Altruism, and Rationality, in<br />
«A Theory of Social Choice», Chicago, Chicago University<br />
Press.<br />
McCabe, K., Smith, V. e Lepore, M. (2000), Intentionality and<br />
«mindrea<strong>di</strong>ng»: Why does the game form matter?, in «Procee<strong>di</strong>ngs<br />
of the National Academy of Science», 97, 8, pp.<br />
4404-4409.<br />
Metha, J., Starmer, C. e Sugden, R. (1994), The Nature of Salience,<br />
in «American Economic Review», 84, pp. 658-73.<br />
Metzinger, T. e Gallese, V. (2003), The emergence of a shared<br />
action ontology: buil<strong>di</strong>ng blocks for a theory, in «Consciousness<br />
and Cognition», 12, pp. 549-571.<br />
Mirowski, P. (2002), Machine dreams, Cambridge, Cambridge<br />
University Press.<br />
Nash, J. (1950), Equilibrium points in N-Person Games, in<br />
«Procee<strong>di</strong>ngs of the National Academy of Science», 36, pp.<br />
48-49.<br />
Nash, J. (1951), Non-Cooperative Games, in «Annals of Mathematics»,<br />
54, pp. 286-295.<br />
Nash, J. (1996), Essays in Game Theory, Cheltenham, Edward<br />
Elgar.<br />
Nelson, W.R. (2002), Equity or intention: it is the thought that<br />
counts, in «Journal of Economic Behavior & Organization»,<br />
48, pp. 423-430.<br />
Osborne, M. (2004), An Introduction to game theory, Oxford,<br />
Oxford University Press.<br />
Ostrom, E. e Walker, J. (2002) (a cura <strong>di</strong>), Trust and Reciprocity:<br />
Inter<strong>di</strong>sciplinary Lessons from Experimental Research,<br />
New York, Russell Sage Foundation.<br />
Pearce, D. (1984), Rationalizable Strategic Behavior and the Problem<br />
of Perfection, in «Econometrica», 52, 4, pp. 1029-50.<br />
Pelligra, V. (2003), Trust & Economics: Theoretical and Experimental<br />
Investigations, Unpublished Ph.D. Thesis, University<br />
of East Anglia, Norwich.<br />
Pelligra, V. (2004), How to Incentive Who: Intra-personal and<br />
Inter-personal Mechanisms, Working Paper CRENoS n.<br />
4/2004.<br />
Pelligra, V. (2005a), Under trusting Eyes: the Responsive Quality<br />
of Trust, in B. Gui e R. Sugden (a cura <strong>di</strong>), Economics and<br />
181
Social Interaction: Accounting for Interpersonal Relations,<br />
Cambridge, Cambridge University Press.<br />
Pelligra, V. (2005b), The Not-so-Fragile Fragility of Goodness, in<br />
P.L. Porta e L. Bruni, Handbook of Happiness in Economics,<br />
Cheltenham, Edward Elgar.<br />
Pugno, M. (2005), The happiness paradox: a formal explanation<br />
from psycho-economics, Mimeo, Economics Department,<br />
University of Trento.<br />
Rizzolatti, G., Fogassi, L. e Gallese, V. (2001), Neurophysiological<br />
mechanisms underlying the understan<strong>di</strong>ng and imitation of action,<br />
in «Nature Reviews of Neuroscience», 2, pp. 661-70.<br />
Ross, D. (2005), Economic Theory and Cognitive Science: Microexplanation,<br />
Cambridge, MA, MIT Press.<br />
Scheinkman, J. (in corso <strong>di</strong> pubblicazione), Social Interaction,<br />
in The New Palgrave, 2 nd ed.<br />
Schelling, T. (1960), The Strategy of Conflict, Cambridge, Harvard<br />
University Press.<br />
Singer, T. e Fehr, E. (2005), The Neuroeconomics of Mind Rea<strong>di</strong>ng<br />
and Empathy, IZA Discussion Papers 1647, Institute for<br />
the Study of Labor.<br />
Sugden, R. (1995), Towards a Theory of Focal Points, in «Economic<br />
Journal», 105, pp. 533-50.<br />
Tomasello, M. (2000), The Cultural Origins of Human Cognition,<br />
Cambridge, MA, Harvard University Press.<br />
Tversky, A. e Kahneman, D. (1986), Rational choice and the<br />
framing of decision, in «Journal of Business», 59, pp. 251-<br />
278.<br />
Von Newmann, J. (1928), Zur Theorie der Gesellschaftsspiele,<br />
in «Mathematische Annalen», 100, pp. 295-320, trad. it. S.<br />
Bargmann, 1959, On the Theory of Games and Strategy, in<br />
R.D. Luce e A.W. Tucker (a cura <strong>di</strong>), Contributions to the<br />
Theory of Games, vol. IV, Annals of Mathematics Stu<strong>di</strong>es<br />
Number 40. Princeton, Princeton University Press, 13-42].<br />
Von Newmann, J. e Morgenstern, O. (1944), The Theory of<br />
Games and Economic Behavior, Princeton, Princeton University<br />
Press.<br />
Wicksteed, P.H. (1933-1910), The Common Sense of Political<br />
Economy, London, Macmillan.<br />
Zanella, G. (2006), Interazioni <strong>di</strong> Mercato e Relazioni Sociali,<br />
(nel presente volume).<br />
182