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NOTA DEL PRESIDENTE<br />

La coltivazione dell’olivo e l’arte della trasformazione del suo frutto sono da sempre<br />

intimamente legati allo sv<strong>il</strong>uppo economico, sociale e culturale dell’Umbria.<br />

La storia secolare di questo rapporto e l’analisi di tutti gli aspetti ad esso correlati<br />

rappresentano <strong>il</strong> punto di partenza per valutare lo stato attuale del settore olivicolo<br />

regionale e le prospettive che lo attendono nei prossimi anni. Tuttavia, se si vuole in<br />

maniera sintetica ed efficace fotografare <strong>il</strong> comparto olivicolo umbro, basta un solo<br />

dato: la produzione regionale rapportata a quella nazionale si attesta intorno al 2%.<br />

Un numero su cui vale la pena riflettere, soprattutto se tale parametro viene ad essere<br />

confrontato con una serie di informazioni che contribuiscono ad ampliare <strong>il</strong><br />

quadro cognitivo del settore. La superficie agricola olivetata è di 27 m<strong>il</strong>a ettari e corrisponde<br />

al 6,7% della superficie agricola ut<strong>il</strong>izzata regionale. A tali superfici trova<br />

riscontro, nelle annate buone, una produzione di 100 m<strong>il</strong>a quintali. L’attività antropica<br />

di carattere agricolo che si è sv<strong>il</strong>uppata in questo contesto vede oggi sul territorio<br />

regionale 28 m<strong>il</strong>a aziende produttrici, con un’estensione media inferiore<br />

all’ettaro e ricadenti in molti casi in aree marginali, scomode da raggiungere e impossib<strong>il</strong>i<br />

da meccanizzare. Una parte significativa degli impianti ha inoltre abbondantemente<br />

compiuto <strong>il</strong> secolo di vita, di conseguenza la produzione media di olio<br />

per ettaro è al di sotto dei 3 quintali. Il 60% di questa produzione è destinato all’autoconsumo<br />

e ciò significa che sul mercato libero arriva, quando l’annata è favorevole,<br />

<strong>il</strong> 40% di tutta la produzione regionale.<br />

Negli ultimi anni si sono però verificati importanti eventi che hanno in modo più o<br />

meno diretto influenzato l’intero settore. In primo luogo è aumentato <strong>il</strong> consumo di<br />

olio d’oliva a livello mondiale, e allo stesso tempo si è creato un mercato di nicchia<br />

sensib<strong>il</strong>e a prodotti ad elevato livello qualitativo, come può essere l’olio extravergine<br />

umbro. Inoltre la produzione nazionale e regionale non è sufficiente a soddisfare le<br />

richieste del mercato interno, tanto che per sopperire alla carenza del prodotto italiano,<br />

molte industrie trasformatrici nostrane sono costrette ad acquistare olio all’estero<br />

(Spagna, Grecia, Nordafrica), mentre non è insolito che i frantoi siano<br />

costretti ad approvvigionarsi di olive fuori regione.<br />

Tali aspetti hanno contribuito da un canto, a far crescere l’incertezza del consumatore<br />

nei confronti della provenienza dell’olio consumato e dall’altro hanno dato impulso<br />

alla pratica della certificazione di prodotto. L’Umbria si è da subito attivata<br />

per tutelare <strong>il</strong> proprio prodotto tanto è che è stata la prima regione italiana a ottenere<br />

l’istituzione di un marchio certificato, “Dop Umbria”, ai sensi del Reg. CE<br />

2081/92. Il disciplinare di riferimento prevede la suddivisione del territorio regionale<br />

in sottozone che si contraddistinguono per le cultivar prevalenti e per le proprietà<br />

organolettiche dell’olio d’oliva che ne deriva.<br />

Le cinque sottozone riconosciute sono quelle corrispondenti alle fasce: dei Colli del<br />

Trasimeno, dei Colli Assisi Spoleto, dei Colli Amerini, dei Colli Martani e dei Colli<br />

Orvietani.

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