Economia dei Sistemi finanziari - Dipartimento di Economia Politica

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Introduzione Mario Tonveronachi Nella prima parte del Corso si sono descritti e analizzati casi emblematici di crisi finanziarie idiosincratiche. Si sono visti casi nei quali gravi deficienze in uno o più aspetti della gestione dei rischi conducono un’impresa finanziaria verso una situazione di crisi. In quel contesto la grande dimensione dell’istituzione e/o una forte caduta di fiducia da parte degli investitori nei riguardi delle altre istituzioni sono in grado di propagare la crisi, potendola così generalizzarla all’intero sistema. Da notare che in quest’ottica una buona gestione dei rischi da parte dei singoli intermediari e dei mercati dovrebbe rendere trascurabile la probabilità del generarsi di crisi generali e comunque conferire un’elevata efficacia a pronti interventi da parte delle autorità pubbliche. Nell’analizzare le crisi sistemiche occorre includere non solo eventi derivanti dalla propagazione di crisi che partono come idiosincratiche, ma anche crisi derivanti da eventi negativi che interessano contemporaneamente il complesso delle istituzioni finanziarie e/o dei mercati dei capitali. Queste crisi possono anche svilupparsi in sistemi finanziari nei quali le singole unità presentano standard ritenuti più che accettabili di gestione microeconomica dei rischi. Ovviamente se gli eventi negativi di natura sistemica si verificano in contesti di insufficiente qualità della gestione dei rischi le probabilità di generare crisi acute risulta maggiore. Quanto segue si basa sul contributo che l’economista statunitense Hyman Minsky ha dato alla spiegazione delle crisi finanziarie sistemiche. 1 L’interesse per questa teoria risiede nel fatto che essa permette di spiegare le crisi sistemiche non solo con riferimento a shock esterni che colpiscono un sistema economico (cause esogene), ma specialmente per l’autonomo evolversi di configurazioni interne sempre più fragili che alla fine possono convertirsi in crisi generali (cause endogene). Con la teoria di Minsky si passa a un piano teorico di natura sistemica e tendenzialmente dinamico nel caratterizzare le strutture finanziarie, le decisioni e i rapporti reciproci tra le unità economiche. Si inizia col presentare una versione semplificata dei processi dinamici attinenti all’intero sistema economico con l’intento di mostrare l’esistenza di fattori endogeni che spingono incessantemente al cambiamento. Adottando una visione prospettica, come conviene fare analizzando i processi decisionali, si passa poi a definire differenti strutture finanziarie che possono caratterizzare ogni tipo di unità economica; il fine è collegare la fragilità finanziaria a specifiche tipologie di posizioni finanziarie. La fragilità finanziaria, ossia la possibilità che la conversione di rischi finanziari in perdite possa condurre a situazioni di default delle unità economiche, costituisce una situazione di 1 In lingua italiana è disponibile il volume di Minsky, Potrebbe ripetersi? Instabilità e finanza dopo la crisi del '29, Einaudi. Chi è interessato può leggere in particolare i capitoli X, V e VI e l'Introduzione dell'autore. Materiale per il Corso di Economia dei sistemi finanziari 2
Mario Tonveronachi pericolo solo potenziale: un cristallo finissimo può sopravvivere per secoli in assenza di shock ambientali. Il terzo passo consiste nell’inserire la fragilità finanziaria all’interno dei processi dinamici alla Minsky, al fine di comprendere le mutue interazioni tra dinamica e fragilità e come da quelle interazioni possano scaturire situazioni di crisi finanziaria ed economica. 1. La dinamica minskyana Dalla consueta identità del reddito nazionale e da una forma elementare di funzione del consumo si deriva il noto moltiplicatore del reddito. (1) Y = C + I + G + CAB (2) C = cY da cui: (3) I G CAB Y 1 c dove Y = reddito nazionale disponibile; C = consumo privato; c = propensione media al consumo; I = investimenti; G = consumi pubblici; CAB = saldo del conto corrente della bilancia dei pagamenti. Gli investimenti, i consumi pubblici e il saldo del conto corrente della BdP vengono ipotizzati come componenti autonome della domanda. Il reddito nazionale è anche la somma dei redditi distribuiti, poniamo per semplicità sotto forma di salari (W) e profitti (P). Quindi: (4) Y = W + P Il consumo privato può essere espresso come funzione della distribuzione del reddito: (5) C = cwW + cpP dove cw è la propensione al consumo dei percettori di salario cp è la propensione al consumo dei percettori di profitto Dalle equazioni (1), (4) e (5) si ottiene: (6) I G CAB swW P s p dove sw è la propensione al risparmio dei percettori di salario (=1-cw) e sp è la propensione al risparmio dei percettori di profitto (=1-cp). Materiale per il Corso di Economia dei sistemi finanziari 3
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