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Rogo Christe, tibi laudes? - ager veleias

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conversione non maturò durante il procedimento giudiziario: un episodio simile non<br />

avrebbe avuto alcuna ragione d’esser soppresso e anzi avrebbe trovato un posto centrale<br />

nella narrazione. E’ molto più probabile che la conversione dell’avvocato sia avvenuta<br />

mesi, o forse anni, dopo gli eventi che la Passio ci narra.<br />

Sembrerebbe essere sul punto di nascere un diverbio tra i membri del gruppo: la strategia<br />

difensiva di Fortunaziano nei riguardi della sorella mira, infatti, a discolpare questa e ad<br />

addossare il peso, la colpa, del suo essere cristiana, e la conseguente presenza alla<br />

collecta, ad una coercitio psicologica, e forse anche fisica, da parte proprio di Dativo. Il<br />

fratello della martire agisce quindi non in difesa del nomen cristiano, ma si fa apologeta<br />

esclusivo della sorella accusando i cristiani, in particolar modo Dativo, di averla<br />

circonvenuta. Il martire avrebbe approfittato dell’assenza del padre di lei e di quella dei<br />

fratelli impegnati negli studi per sedurre la giovane e condurla de splendidissima<br />

Carthaginis civitate 97 ad Abitina, ove sarebbe stata colta in flagrante dalle autorità durante<br />

la conventicola dei cristiani.<br />

Fortunaziano affermava che Dativo avrebbe frequentato la casa di suo padre con l’unico<br />

scopo di adescare, con i suoi ragionamenti, gli animi delle fanciulle - fa probabilmente<br />

riferimento a Resitituta e Seconda, menzionate nel gruppo e che forse erano parte della<br />

famiglia - per poi convertirle alla fede cristiana. Sotto un certo punto di vista è assai<br />

probabile che l’avvocato abbia ragione: che il martire Dativo fosse impegnato in un’opera<br />

di proselitismo, come del resto tutta la comunità cristiana, non ci deve affatto sorprendere.<br />

Il fatto che poi egli fosse di condizione sociale elevata gli doveva probabilmente aver<br />

aperto le porte della casa di Vittoria, che si desume di buona famiglia avendo il fratello<br />

avvocato. All’udire ciò la martire insorge, ricusando, de facto, l’arringa difensiva del<br />

fratello: “nullius, inquit, persuasionibus profecta sum nec cum ipso ad Abitinas veni”. La<br />

decisione di seguire Dativo sarebbe quindi sua e solamente sua. Non vi sarebbe stata<br />

alcuna coercizione da parte del compagno di martirio o da altri. Ella è poi pronta, qualora<br />

occorresse, a fornire delle testimonianze di ciò che dice: “hoc possum per cives probare”.<br />

Ciò lascia quindi supporre che vi fossero dei testimoni, dei cives, consci di questa<br />

conversione, estranei al gruppo abitinense e non di fede cristiana. La menzione di un fatto<br />

del genere potrebbe apparire cosa da poco, ma credo che meriti una breve riflessione. Ai<br />

cristiani era proibito fare i nomi dei confratelli in occasioni del genere: la Chiesa mirava<br />

infatti, in tempo di persecuzione, alla propria conservazione nonostante tutto. Anche in<br />

terra d’Africa le esortazioni tertullianee e ciprianee ai martiri si rivolgevano solo a coloro<br />

97 Cfr. CIL 8, 1165: splend. col. Karthag.; CIL 8, 2409: splendissimae col. Carthag; CIL 10, 3732: splendidae<br />

Carthagin(is).<br />

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