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Rogo Christe, tibi laudes? - ager veleias

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Questa sezione narrativa, che ci riporta le parole del martire, non penso sia ascrivibile<br />

all'immaginazione dell’officina agiografica nella quale il testo venne sviluppato. Allo stesso<br />

modo è difficile ritenere che sia stata desunta dal verbale del procedimento giudiziario che<br />

non lascia spazio ai panegirici e ai sermoni degli accusati. E’ quindi molto probabile, anzi<br />

direi sicuro, che la conservazione di questa invettiva, e supplica al contempo, del martire<br />

si debba ad un confratello testimone dei fatti che ne avrebbe preso nota.<br />

Il proconsole, certo dell’effetto dei tormenti inflitti e ravvisando forse lo sfinimento del<br />

martire, gli dice: “Incipies sentire quae vos pati oporteat”. Ma Tazelita, indomito, ribatte:<br />

“ad gloriam”, profundendosi poi in una invocazione a Cristo nella quale afferma di essere,<br />

assieme ai suoi confratelli, servo del Signore. Cristo è la loro speranza, la speranza dei<br />

cristiani, a lui vanno le loro lodi: <strong>tibi</strong> <strong>laudes</strong> 94 . Il proconsole, visto come personificazione del<br />

demonio, cum a diabolo per iudicem, lo ammonisce: “Custodire te oportuit iussiones<br />

imperatorum et caesarum”. Il martire, in un ultimo slancio afferma di non onorare alcuna<br />

legge se non quella di Dio. Questa stessa legge che egli custodisce, per la quale morirà:<br />

non vi è altra legge se non quella di Dio. La frattura con l’autorità, dette queste parole, è<br />

insanabile: “quid est Ecclesia cum Imperatore?”. Il proconsole è ferito da queste<br />

affermazioni di Tazelita più che il martire dai tormenti a lui inflitti 95 . Tuttavia Anullino ordina<br />

che l’abitinense venga risparmiato e ricondotto in carcere. Si conclude così il primo<br />

interrogatorio dei martiri di Abitina.<br />

7. Post hunc Dativus a domino in certamen erigitur qui Tazelitae fortissimum<br />

proelium de proximo comminus, cum penderet eculeo, spectarat extensus<br />

idemque cum se voce saepius reperita christianum esse et collectam fecisse<br />

fortiter proclamaret emersit Fortunatianus sanctissimae Victoriae martyris<br />

frater, vir sane togatus sed a religionis christianae sanctissimo cultu ipsis<br />

temporibus alienus. Qui suspensum in eculeo martyrem profanis vocibus<br />

nell'unico vero Regno a cui ambiscono. Cfr. Acta Martyrum Scilitanorum 6: “ego imperium huius seculi<br />

non cognosco: sed magis illi deo servio, quem nemo hominum vidit nec videre his oculis potest”<br />

94 “L’emploi de <strong>laudes</strong> au lieu de gratias, qui revient à quatre reprises dans la Passion, est le fait du<br />

rédacteur donatiste selon Monceaux, Histoire, III, p. 147” (Maier, Le Dossier, p. 68 nota 44). Cfr. anche<br />

Ibidem, p. 111 nota 25.<br />

95 Riguardo la sorprendente capacità dei martiri di resistere alle torture inflitte loro Tilley, The Ascetic, pp.<br />

471-474, propone di leggere l'ascetismo come una pratica preparatoria al martirio sotto tortura. Così i<br />

martiri “had to enter prison in the same state as most people who were leaving. What they would suffer<br />

there would not be any penalty but the continuation of their discipline. [...] Daily life was full of<br />

opportunities for ascetism directed toward the resistance of torture. [...]Ascetic training brought the power<br />

of God to bear on the battlefield of the body. [...] The martyrs as ascetic could escape pain through the<br />

pratice of hysterical fugue, an altered state of consciousness in which language about realities ant the<br />

realities are decoupled. Hysterical fufue allowed to the victims to continue to interact with the torturer<br />

without feeling disabling, disintegrating pain”.<br />

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