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Rogo Christe, tibi laudes? - ager veleias

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il perchè della menzione dei luoghi, oltre che ai tempi, diversi. Sotto questo accenno<br />

fugace del redattore potrebbe celarsi qualcosa di più: i membri del gruppo avrebbero<br />

conosciuto sorti differenti.<br />

La nostra Passio potrebbe, come sembrerebbe intendere il testo, non essere il racconto<br />

del martirio dell’intero gruppo. Nulla vieta di ritenere che gli abitinensi abbiano conosciuto<br />

sorti diverse, differenziandosi tra martiri e confessori. Ciò spiegherebbe la menzione dei<br />

luoghi differenti: alcuni abitinensi, trascorso un periodo di detenzione funzionale alla<br />

ripresa del procedimento giudiziario, avrebbero riavuto la libertà, senza abiurare la propria<br />

fede, trovando poi la morte in altri luoghi rispetto alle prigioni di Cartagine, forse nella loro<br />

stessa Abitina. Non sempre l’autorità imperiale arrivava a sentenziare la condanna a<br />

morte per i cristiani. Le opere di Tertulliano e di Cipriano, per quanto riguarda la terra<br />

d’Africa, ci mostrano come, accanto ai lapsi, coloro che avevano abiurato la propria fede,<br />

convivessero anche personaggi, a detta dei due autori africani, degni del rango di martiri,<br />

poichè benedicti martyres designati 78 , che, per aver perseverato nella fede senza aver<br />

conosciuto il maritrio ma solo le torture o la prigione, venivano detti confessori. Questi<br />

godettero di grandissima riverenza, specie in Africa, tanto da ottenere di essere associati<br />

all’alto clero per questa loro perseveranza nella fede 79 . Il redattore del testo potrebbe<br />

quindi esser stato a conoscenza del fatto che il gruppo degli abitinensi, dopo esser stato<br />

tradotto in prigione, avesse conosciuto sorti differenti: chi morì sotto tortura, chi patì di<br />

stenti nelle prigioni romane e chi sopravvisse e morì, forse martire ma forse no, in altri<br />

contesti. Quel che però importava all’agiografo non era tanto la sorte dei singoli bensì<br />

l’exemplum dato dal gruppo. Agli occhi dell’autore poco importa che il singolo sia morto in<br />

carcere di stenti piuttosto che anni dopo nella sua terra natale. Gli Acta avevano un valore<br />

in primis pedagogico: dovevano essere d’esempio per i fedeli qualora questi si fossero<br />

trovati nelle medesime condizioni. Il gruppo degli abitinensi rimane quindi un exemplum<br />

validissimo in quanto i suoi campioni non indietreggiano mai dinanzi agli attacchi sferrati<br />

dalle autorità e alle torture. Perseverano nella fede fino alla morte o fino a conoscere la<br />

terribile condizione delle carceri e dell’indifferenza e astio da parte della comunità dei<br />

traditores. L’agiografo si limitò quindi ad accennare, tralasciando di narrare come fossero<br />

morti i singoli perchè forse la cosa era a lui ignota, alla morte diversis locis temporibusque<br />

discretis dei membri del gruppo certo comunque di giovare alla causa della sua pars<br />

presentando questi martiri e confessori come esempi sublimi di imitatio Christi. Troviamo<br />

ora l’informazione riguardo all’accusa avanzata dai magistrati nei confronti degli imputati e<br />

78 Tertullianus, Ad Martyras 1,1, ed. V. Bulhart, CSEL 76, p. 1<br />

79 Cfr. Delehaye, Sanctus. Essai sur le culte des Saints dans l’antiquité, Bruxelles 1927, pp. 74-95<br />

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