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Il melone d'inverno - Portale dell'innovazione - Regione Siciliana

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Le varietà di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> idonee per le coltivazioni della Sicilia Occidentale<br />

Curatolo G., Incalcaterra G. (Istituto di Orticoltura Università di Palermo)<br />

Introduzione<br />

La coltivazione del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> (Cucumis<br />

melo var. inodorus) ha assunto in provincia di Trapani<br />

un'importanza rilevante sia sotto l'aspetto economico<br />

sia per quello sociale.<br />

Ogni anno, infatti, sono investiti a <strong>melone</strong> circa<br />

3500 ettari di terreni seminativi che entrano in rotazione<br />

con il frumento con un giro d'affari intorno ai<br />

20 miliardi e con riflessi sull'occupazione di oltre<br />

80.000 giornate lavorative.<br />

L'antica area di produzione ubicata, per i meloni<br />

ad epicarpo di colore giallo verso le aree costiere e<br />

l'immediato interno collinare e per quelli a buccia<br />

verde sulle colline di Alcamo, Salemi e colline del<br />

Belice, ha avuto un'espansione negli ultimi 10 anni<br />

verso i territori delle provincie di Palermo, Agrigento<br />

e Caltanissetta facendo registrare un aumento della<br />

superficie investita di altri 2000 ettari circa.<br />

Adattabilità all'ambiente di coltivazione<br />

Fino agli inizi degli anni '80 le coltivazioni erano<br />

caratterizzate da ecotipi locali: il Cartucciaro nelle<br />

zone litoranee del trapanese, il Purceddu nell'entroterra<br />

delle colline di Alcamo e di Palermo ed il Gelato<br />

nell'agrigentino.<br />

L'introduzione di nuove varietà ed ibridi FI avvenuta,<br />

inizialmente su piccoli appezzamenti per valutare<br />

il comportamento di queste nuove cultivar, ha<br />

determinato, proprio a causa dell'elevata allogamia<br />

della specie, un processo di erosione genetica che<br />

ha portato al decadimento degli ecotipi locali. La difficoltà<br />

quindi di mantenere in purezza le popolazioni<br />

locali ha costretto gli agricoltori ad affidarsi a nuove<br />

varietà che, se hanno la garanzia dell'omogeneità<br />

della produzione, spesso dimostrano di non adattarsi<br />

alle esasperate condizioni climatiche dell'estate siciliana.<br />

(Inalcaterra G. Curatolo G.1994).<br />

Infatti ciascuna cultivar è capace di esprimere tutto<br />

il suo potenziale produttivo e soprattutto qualitativo<br />

solo in quegli areali di coltura capaci soddisfare<br />

Gi autori sono Professori Associati presso L'istituto di Orticoltura e Floricoltura dell'Università di Palermo.<br />

<strong>Il</strong> lavoro è da attribuire in parti uguali agli Autori.<br />

31<br />

interamente le esigenze biologiche.<br />

Difatti ciascun organismo vegetale armonizza con<br />

il proprio habitat se riesce a stabilire relazioni di scambio<br />

permanente e costantemente equilibrate nel corso<br />

del suo ciclo biologico. (Caruso, 1989)<br />

In tale situazione i processi di crescita si svolgono<br />

in modo soddisfacente e le produzioni raggiungono<br />

livelli qualiquantitativi ottimali.<br />

L'idoneità dell'ambiente alle esigenze della pianta<br />

è di solito imperfetta ed è conseguita per tolleranza<br />

biologica o adattamento biologico del vegetale, attraverso<br />

la messa in atto di disposizioni morfofisiologiche<br />

congruenti con l'ambiente colturale.<br />

Di conseguenza il potenziale genetico di ogni specie<br />

e ancor più di ciascuna sua cultivar, è modellato<br />

da tutte le influenze determinate dalle condizioni pedoclimatiche<br />

dominanti e dalle tecniche agronomiche<br />

adottate. Per tale motivo, lo stesso antagonismo tra<br />

qualità e quantità spesso potrebbe essere ricondotto<br />

ad un'errata gestione biologica della coltura.<br />

Pluriennali ricerche condotte dall'Istituto di Orticoltura<br />

e Floricoltura dell'Università di Palermo hanno<br />

dimostrato la possibilità di migliorare significativamente<br />

le rese e l'adattabilità alle condizioni ambientali<br />

delle aree melonicole della Sicilia occidentale<br />

adottando in regime asciutto la tecnica della pacciamatura<br />

con film di PE trasparente. Questa tecnica<br />

permette infatti di sfruttare meglio le riserve idriche<br />

del suolo e ciò anche per effetto delle continue<br />

sarchiature superficiali praticate tra le file pacciamate<br />

(Caruso, Curatolo, Incalcaterra, 1995).<br />

Ricerche condotte sulla tecnica d'impianto hanno<br />

dimostrato che mantenendo il film integro nella<br />

prima fase del ciclo colturale subito dopo la semina<br />

o il trapianto si garantisce la fuoriuscita delle piantole<br />

derivate dai semi o l'attecchimento delle piantine<br />

trapiantate anche se vi sono ritorni di freddo (Caruso,<br />

Curatolo, Incalcaterra: 1992); (Incalcaterra, Curatolo<br />

1993).<br />

Le peculiarità dell'ambiente di coltivazione de-

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