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Il melone d'inverno - Portale dell'innovazione - Regione Siciliana

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ASSESSORATO AGRICOLTURA E FORESTE<br />

Sezione Operativa n. 85<br />

Buseto Palizzolo (TP)<br />

BUSETO PALIZZOLO, 7 Novembre 1997


ASSESSORATO AGRICOLTURA E FORESTE<br />

Sezione Operativa n. 85<br />

Buseto Palizzolo (TP)<br />

BUSETO PALIZZOLO, 7 Novembre 1997


INDICE<br />

Presentazione Pag. 7<br />

INTERVENTI PRELIMINARI ED INDIRIZZI DI SALUTO<br />

Gaetano Gallo (SOAT n. 85 - Buseto Palizzolo) " 9<br />

Mario Poma (Sindaco di Buseto Palizzolo) " 11<br />

Renato Piazza (Coordinatore Regionale Servizi allo Sviluppo) " 13<br />

INTERVENTO INTRODUTTIVO<br />

Giuseppe La Malfa (Università di Catania) " 15<br />

RELAZIONI ED INTERVENTI DELLA SESSIONE ANTIMERIDIANA<br />

Incalcaterra G., Curatolo G.,<br />

Aspetti agronomici della coltura del <strong>melone</strong> invernale in Sicilia " 17<br />

Curatolo G., Incalcaterra G.,<br />

Le varietà di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> per le coltivazioni della Sicilia Occidentale " 31<br />

Ficcadenti N.,<br />

Miglioramento genetico del <strong>melone</strong> attraverso l'impiego delle biotecnologie " 37<br />

Ammavuta G., Di Graziano, M.,<br />

Esperienze sulle principali avversità del <strong>melone</strong> " 41<br />

Corazza L.,<br />

Problematiche relative alle fusariosi del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> " 45<br />

Romano D., Leonardi C,<br />

La qualità del <strong>melone</strong>: caratteristiche e fattori che la modificano " 49<br />

RELAZIONI ED INTERVENTI DELLA SESSIONE POMERIDIANA<br />

Canzonieri M.,<br />

Aspetti qualitativi del <strong>melone</strong>, varietà inodorus " 57<br />

Piazza R.,<br />

Strategie commerciali per una migliore penetrazione sul mercato del <strong>melone</strong> invernale. . . . " 63<br />

Anceschi M.,<br />

Aspetti commerciali salienti della moderna distribuzione " 67<br />

Canino G.,<br />

/l <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>: obiettivi del miglioramento genetico Clause " 69<br />

INTERVENTO CONCLUSIVO<br />

Pietro Caruso (Università di Palermo) " 71


Presentazione<br />

<strong>Il</strong> presente volume, strutturato sotto forma di Atti,<br />

raccoglie la maggior parte dei contributi presentati<br />

da studiosi, tecnici ed operatori di diversa provenienza<br />

in occasione della Giornata di studio su ''1l<br />

<strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>" organizzato a Buseto Palizzolo<br />

dalla Sezione Operativa di Assistenza Tecnica dell'Assessorato<br />

Agricoltura e Foreste della <strong>Regione</strong>.<br />

Con tale pubblicazione, gli Organizzatori vogliono<br />

evitare che il materiale raccolto in quella occasione<br />

vada disperso, escludendo così la possibilità per<br />

gli addetti del settore di attingervi in vista di un impegno<br />

sempre più rilevante e continuo a favore dell'importante<br />

coltura.<br />

Si ringraziano tutti coloro che, con la loro adesione,<br />

con il loro contributo, con il loro sostegno, hanno<br />

reso possibile prima la organizzazione e lo svolgimento<br />

della giornata e successivamente la pubblicazione<br />

di questi atti.<br />

Un particolare riconoscimento all'Assessorato<br />

Agricoltura e Foreste, al Sindaco del Comune di Buseto<br />

Palizzolo, ed infine alla Scuola Media "A. Manzoni"<br />

nei cui accoglienti locali sono stati svolti i<br />

lavori.


Interventi preliminari ed indirizzi di saluto<br />

La Sezione Operativa n. 85 di Buseto Palizzolo è<br />

una struttura periferica dell'Assessorato Regionale<br />

Agricoltura e Foreste che istituzionalmente si occupa<br />

di assistenza tecnica e di divulgazione agricola.<br />

<strong>Il</strong> suo territorio di pertinenza ricade al centro di<br />

una zona largamente interessata alla coltivazione del<br />

<strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>; per tali ragioni negli anni, a partire<br />

dal 1984, si è occupata costantemente ed attivamente<br />

delle problematiche della coltura ed adesso<br />

si è adoperata per organizzare questa giornata di studio.<br />

Dopo il comparto viticolo, il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> in<br />

pieno campo contribuisce in maniera elevata alla produzione<br />

lorda vendibile della provincia fin da quando<br />

ha cominciato ad insediarsi in sostituzione del cotone.<br />

Molti dei terreni di questa zona sono particolarmente<br />

vocati per la coltivazione del <strong>melone</strong> la quale<br />

può essere esercitata in asciutto, ciò che non è trascurabile<br />

in territori con limitate risorse idriche.<br />

Nella Sicilia occidentale il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> occupa<br />

una superficie di circa 6.000 ettari di cui 4.500<br />

a buccia gialla e 1.500 a buccia verde rugosa (tab. 1 ).<br />

Giornata di studio<br />

su<br />

II Melone <strong>d'inverno</strong><br />

Da nostre indagini la p.l.v. della coltura si attesta intorno<br />

ai 30 miliardi di lire, per una produzione complessiva<br />

di circa 720.000 quintali. Da questi dati si<br />

può desumere, accanto a quella economica, l'importanza<br />

rivestita dal <strong>melone</strong> ai fini occupazionali.<br />

L'assistenza tecnica, operando a contatto diretto<br />

con gli agricoltori, diventa collettore delle esigenze e<br />

dei problemi da questi prospettati. Pertanto, investiti<br />

da questa responsabilità, ci è sembrato opportuno<br />

fare il punto su questa realtà produttiva, che ci vede<br />

impegnati da parecchi anni. Ciò anche con l'obiettivo<br />

di dare gli indirizzi più opportuni e, dove possibile,<br />

le risposte ai problemi varietali, commerciali, fitosanitari<br />

nonché di affrontare un tema che sta ritornando<br />

di prepotente attualità, qual è la salvaguardia<br />

ed il miglioramento genetico dei tradizionali ecotipi<br />

locali come il 'Cartucciaro' e il 'Purceddu'.<br />

Gaetann Gallo<br />

(SOAT n. 85 Buseto Palizzolo)


10 i n t e r v e n t i p r e l i m i n a r i e d i n d i r i z z i d i s a l u t o<br />

Tab. 1 - Alcuni dati relativi alla coltivazione del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> nella Sicilia occidentale<br />

a) Superficie occupata e tipologie di prodotto nei diversi comuni (stime nel biennio 1996-97)<br />

Comuni<br />

Buseto Palizzolo<br />

Paceco<br />

Alcamo<br />

Salemi<br />

Partanna<br />

Marsala<br />

Camporeale<br />

S. Cipirello<br />

Corleone<br />

TOTALE<br />

b) Varietà e loro diffusione<br />

Tipologia<br />

A buccia gialla<br />

A buccia verde<br />

Cultivar<br />

Madras<br />

Amarillo<br />

Helios<br />

Superficie (ha)<br />

300<br />

1500<br />

1600<br />

600<br />

200<br />

100<br />

500<br />

700<br />

500<br />

6000<br />

Purceddu<br />

Tendral - Viking ed altre<br />

Tipologie di frutti (ha)<br />

Giallo<br />

Giallo<br />

Giallo (900) verde (700)<br />

Giallo<br />

Giallo<br />

Giallo<br />

Giallo (400) verde (100)<br />

Giallo (400) verde (300)<br />

Giallo (100) verde (400)<br />

Superficie (ha)<br />

2500<br />

1000<br />

1000<br />

1300<br />

200


i n t e r v e n t i p r e l i m i n a r i e d i n d i r i z z i d i s a l u t i<br />

Porgo a tutti gli intervenuti, ai relatori e alle autorità<br />

presenti il benvenuto a nome di tutta la cittadinanza<br />

di Buseto Palizzolo e mio personale.<br />

<strong>Il</strong> mio intervento non vuole rubare molto tempo<br />

alle relazioni che gli illustri relatori svolgeranno. Intendo<br />

però ringraziare il Dottore Gallo per avere scelto<br />

il mio comune come sede di questa giornata di studio<br />

sul <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>. Ho aderito con entusiasmo<br />

alla sua richiesta di patrocinio perché ritengo doveroso<br />

da parte di questa amministrazione, che opera<br />

in un comune la cui economia è basata sull'agricoltura,<br />

sostenere qualunque iniziativa volta a risolvere<br />

i problemi del settore agricolo che è in crisi. L'attività<br />

della Sezione Operativa 85 ha certamente contribuito,<br />

con suggerimenti tecnici e la continua assistenza,<br />

anche in campo a migliorare le tecniche<br />

di coltivazione delle diverse colture, dimostrandosi<br />

sempre disponibile a collaborare con gli enti e le istituzioni<br />

presenti nel territorio.<br />

Chiudo augurando a tutti un buon lavoro.<br />

Mario Poma<br />

(Sindaco di Buseto Palizzolo)


i n t e r v e n t i p r e l i m i n a r i e d i n d i r i z z i d i s a l u t o 13<br />

II motivo principale di questa giornata di studio<br />

è rappresentato dalla necessità di fare il punto sulle<br />

problematiche di una coltura che riveste notevole interesse<br />

economico non solo nel comprensorio della<br />

S.O.A.T. n. 85 che ha organizzato questo importante<br />

incontro ma in tutta la Sicilia Occidentale.<br />

<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> da più di un decennio costituisce<br />

una coltura su cui sono state riservate parecchie<br />

energie da parte dei tecnici della S.O.A.T.; si è<br />

quindi innestato un processo evolutivo della coltura<br />

non solo riguardante le tecniche di coltivazione ma<br />

anche il panorama varietale e le problematiche afferenti<br />

alla commercializzazione.<br />

Un tale processo evolutivo ha determinato la necessità<br />

di puntualizzare le più opportune tecniche di<br />

coltivazione alla luce di un panorama varietale in con-<br />

tinua evoluzione; se a ciò si aggiungono problemi fitosanitari<br />

sempre più gravi appare evidente la necessità<br />

di creare una sinergia tra le diverse professionalità<br />

che si occupano della coltura.<br />

In un momento in cui la globalizzazione dei mercati<br />

va assumente sempre più un significato concreto<br />

appare evidente e inderogabile l'organizzazione<br />

e concentrazione dell'offerta dei nostri prodotti e nel<br />

caso specifico del nostro <strong>melone</strong> che qualitativamente<br />

non teme confronti.<br />

Conoscendo la levatura dei relatori che partecipano<br />

a questa giornata di studio sono certo che si darà<br />

un notevole contributo agli operatori del settore.<br />

Renato Piazza<br />

(Coordinatore Regionale Servizi alla Sviluppo)


Intervento introduttivo 15<br />

Ringrazio gli organizzatori di questa giornata di<br />

studio sul <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> per l'invito rivoltomi a<br />

coordinare i lavori della mattinata. Numerose ragioni<br />

mi hanno indotto ad accogliere l'invito: la cortese<br />

insistenza del dr. Gallo, responsabile della locale<br />

Sezione Operativa di Assistenza Tecnica, la rilevante<br />

riconosciuta importanza agronomica, economica e<br />

sociale che la coltivazione del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> assume<br />

nella provincia che oggi ci ospita, l'interesse<br />

e l'attualità degli argomenti che saranno affrontati da<br />

qualificati studiosi, che presenteranno i risultati della<br />

loro attività e della loro esperienza e, non ultimo,<br />

la possibilità di incontrare numerosi tecnici e colleghi<br />

che mi onorano della loro amicizia tra i quali il<br />

prof. Pietro Caruso, direttore dell'Istituto di Orticoltura<br />

e Floricoltura dell'Università di Palermo cui<br />

è stato affidato il coordinamento della sessione pomeridiana.<br />

<strong>Il</strong> programma predisposto dagli organizzatori comprende<br />

per questa prima sessione diverse relazioni di<br />

sicuro interesse ai fini degli obiettivi della Giornata.<br />

Esse prenderanno in esame gli aspetti agronomici<br />

e varietali della coltura, la qualificazione del prodotto,<br />

i problemi del miglioramento genetico, le questioni<br />

più attuali inerenti alle principali avversità biotiche<br />

del <strong>melone</strong>.<br />

Invito caldamente i relatori al rispetto dei tempi<br />

programmati in maniera che si possa dare spazio, in<br />

successione, ad alcuni interventi programmati ed alla<br />

discussione e consentire l'inizio, in tempo utile,<br />

della sessione pomeridiana.<br />

Formulo l'auspicio che i lavori della giornata possano<br />

rispondere alle attese degli operatori offrendo riferimenti<br />

utili per razionalizzare i protocolli di coltivazione<br />

del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, le cui produzioni incontrano<br />

sempre più il favore dei consumatori per il<br />

particolare profilo di qualità che le caratterizza.<br />

Giuseppe La Malfa<br />

(Istituto di Orticoltura e Floricoltura<br />

Università di Catania)


Relazioni ed interventi della sessione antimeridiana 17<br />

Aspetti agronomici della coltura del <strong>melone</strong> invernale in Sicilia<br />

Incalcaterra G., Curatolo G. (Istituto di Orticoltura Università di Palermo)<br />

Premessa<br />

La coltura del <strong>melone</strong> invernale (Cucumis melo<br />

var. inodorus) si è diffusa prevalentemente nella Sicilia<br />

occidentale, nell'entroterra delle province di Trapani,<br />

Palermo ed Agrigento, su suoli a tessitura prevalentemente<br />

argillosa, ben dotati di elementi nutritivi,<br />

dove entra in rotazione col grano duro.<br />

La coltura viene praticata anche nelle zone litoranee<br />

del trapanese (Paceco, Nubia, colline dell' ericino)<br />

e dell'agrigentino dove le particolari condizioni<br />

pedoclimatiche consentono di realizzare un anticipo<br />

di produzione. In questi ambienti, ove è possibile<br />

reperire acque di falda o di invasi, risulta vantaggioso<br />

l'intervento irriguo che consente significativi<br />

incrementi delle rese unitarie, migliorando anche<br />

le caratteristiche qualitative dei frutti utilizzati per<br />

il consumo immediato.<br />

L'ambiente di coltivazione<br />

La climatologia della zona risulta caratterizzata da<br />

una piovosità media annua che va da 450 mm nelle<br />

zone costiere a 550 mm per l'area collinare interna<br />

del trapanese e a circa 750 mm per l'ambiente collinare<br />

del palermitano (Camporeale, Monreale, Roccamena).<br />

Tale piovosità risulta concentrata, normalmente,<br />

nel periodo autunno-vernino, mentre è scarsa<br />

o poco significativa in primavera e quasi nulla in<br />

estate. <strong>Il</strong> livello termico durante il ciclo colturale, che<br />

si svolge da aprile a settembre, viene caratterizzato<br />

da temperature progressivamente crescenti con ritorni<br />

di freddo nel mese di aprile, in cui sono probabili<br />

abbassamenti termici al di sotto di 10 °C e innalzamenti<br />

delle temperature durante il mese di giugno che<br />

possono raggiungere o superare i 40 °C, quando si<br />

verificano venti di scirocco.<br />

Di conseguenza i processi evapotraspirativi risultano<br />

intensi ed in qualche caso difficilmente controllabili<br />

nonostante le attente tecniche di aridocoltura.<br />

Tale fenomeno infatti risulta più esasperato nelle<br />

aree di costa dove in alcuni casi i suoli sono caratterizzati<br />

da una tessitura sabbiosa-argillosa (terre ros-<br />

ci autori sono Professori Associati presso L'Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell'Università di Palermo.<br />

<strong>Il</strong> lavoro è da attribuire in parti uguali agli Autori.<br />

se) con più ridotta capacità di ritenzione idrica rispetto<br />

a suoli con frazione argillosa più elevata (regosuoli<br />

- suoli bruni e vertisuoli) dell'interno collinare.<br />

Caratteristiche morfo-fisiologiche della pianta<br />

<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> invernale risulta caratterizzato da un apparato<br />

radicale fittonante ed espanso, capace di raggiungere<br />

elevate profondità e di interessare un raggio<br />

di oltre 2 m (Lorenz e Bartz 1968) attorno alla pianta.<br />

Inoltre l'apparato fogliare risulta caratterizzato da<br />

un sistema stomatico di facile chiusura in caso di stress<br />

termico ed idrico (Hoare e Barres 1974).<br />

I tessuti che caratterizzano la parte epigea della<br />

pianta sono strutturati in modo tale da adattarsi all'ambiente<br />

caldo-arido (ispessimento del mesofillo e<br />

riduzione dell'espansione della lamina fogliare).<br />

II minimo termico di germinazione dei semi si<br />

mantiene intorno a 15 °C, mentre l'optimum è intorno<br />

a 25 °C.<br />

La pianta è monoica, ma si riscontrano pure individui<br />

andromonoici.<br />

I primi ad essere emessi sono i fiori maschili, successivamente<br />

compaiono i fiori pistilliferi, che di solito<br />

si evidenziano a circa 60 gg dalla semina, quando<br />

si realizzano condizioni termiche di 24 °C durante<br />

le ore diurne e di 16 °C nel corso di quelle notturne.<br />

I frutti raggiungono mediamente la maturazione<br />

a circa 60 giorni dalla fioritura e quindi dopo 120 dalla<br />

semina.<br />

Aspetti agronomici<br />

La messa a punto di nuovi mezzi agronomici, lavorazioni,<br />

concimazioni, pacciamatura, modalità d'impianto<br />

ed irrigazione, consente l'ottimizzazione dei<br />

sistemi produttivi valorizzando anche le risorse dell'ambiente.<br />

Lavorazioni<br />

Le lavorazioni applicate al <strong>melone</strong> invernale, soprattutto<br />

se la coltura viene condotta in regime seccagno,<br />

rappresentano l'intervento più efficace per fa


18<br />

re esprimere alla cucurbitacea il massimo della potenzialità<br />

produttiva.<br />

Nei suoli argillosi tendenzialmente compatti le lavorazioni<br />

profonde, eseguite in estate prima dell'inizio<br />

delle piogge, oltre a fare aumentare la capacità<br />

d'invaso del terreno, agiscono sulla loro struttura tendendo<br />

a stabilire un giusto rapporto tra fase liquida<br />

e gassosa che favorisce l'approfondimento dell'apparato<br />

radicale della coltura che va ad ospitare. I successivi<br />

lavori praticati nel periodo autunno vernino,<br />

antecedente la semina, hanno lo scopo di amminutare<br />

le grosse zolle e controllare lo sviluppo delle<br />

infestanti che scalarmente vanno emergendo. Con tali<br />

lavori, oltre al livellamento del terreno, si viene a<br />

rompere la "crosta" che si forma nei terreni argillosi<br />

per azione delle piogge battenti. Così si favorisce<br />

una più attiva circolazione dell' aria nel suolo e la penetrazione<br />

dell'acqua piovana.<br />

Le ripetute sarchiature praticate nel corso del ci-<br />

Fig. I - Le lavorazioni superficiali, praticate utilizzando idonee sarchiatrici<br />

concepite da artigiani locali, tendono ad evitare e/o ridurre<br />

la formazione di crepacciature che, sviluppandosi in profondità, costituiscono<br />

dei veri e propri comìgnoli di evaporazione.<br />

Aspetti agronòmici detta coltura del <strong>melone</strong> invernale in Sicilia<br />

ciò colturale producono effetti positivi sulla fisiologia<br />

delle piante migliorando il loro approvvigionamento<br />

idrico. Infatti con l'interruzione del sistema capillare<br />

si riducono di almeno il 50% le perdite per evaporazione<br />

e tale riduzione è tanto più elevata quanto<br />

più argilloso, ma strutturale è il terreno (Sarno R.<br />

1982).<br />

Le lavorazioni superficiali, praticate utilizzando<br />

idonee sarchiatrici concepite da artigiani locali, tendono<br />

ad evitare e/o ridurre la formazione di crepacciature<br />

che, sviluppandosi in profondità, costituiscono<br />

dei veri e propri comignoli di evaporazione<br />

(Adams e Hanks 1964), capaci di prosciugare le riserve<br />

idriche del suolo. Inoltre è da evidenziare che<br />

la progressiva formazione di crepacciature, sempre<br />

più ampie e profonde sollecitano a trazione l'apparato<br />

radicale fino alla rottura (Fig. 1) con conseguente<br />

stato di sofferenza della pianta specie quando si evolve<br />

in un irreversibile collasso. L'effetto evaporante<br />

è più sensibile fino ad una distanza variabile dai 5<br />

ai 14 cm dalla parete fessurata ed in queste condizioni<br />

l'evaporazione viene incrementata fino al 20-30%, rispetto<br />

ad un suolo non crepacciato (Sarno R. 1982).<br />

Rilevante è inoltre l'azione del richiamo idrico<br />

in superficie provocata dai venti sciroccali che proprio<br />

in primavera-estate, si verificano in Sicilia con<br />

frequenza ed intensità. Non vi è dubbio che le lavorazioni,<br />

oltre a limitare le perdite di acqua per evaporazione,<br />

migliorano la struttura fisica del suolo,<br />

la vita microbica e la capacità di scambio cationico<br />

offrendo alla pianta anche condizioni ottimali per superare<br />

le delicate fasi fenologiche: fioritura, allegagione,<br />

ingrossamento dei frutti, sintesi degli zuccheri<br />

che coincidono con un periodo estivo, quando le<br />

temperature giornaliere raggiungono valori elevati<br />

specie in coincidenza di eventi sciroccali.<br />

Esperienze condotte in provincia di Trapani mettendo<br />

a confronto su suolo nudo e pacciamato diverse<br />

frequenze di sarchiatura, hanno messo in evidenza<br />

una risposta progressivamente decrescente all'aumentare<br />

dell'intervallo fra due interventi. Lavorazioni<br />

superficiali, distanziate 7 - 14-21 - 28 giorni<br />

hanno fatto rispettivamente registrare produzioni medie<br />

decrescenti di 14,9 - 13,7 - 12,5 e 11,5 t.ha ' significativamente<br />

superiori al controllo non sarchia


to (8 t.ha-'). L'efficacia della pacciamatura combinata<br />

con sarchiature a frequenze settimanali è stata rilevata<br />

con elevate produzioni ponderali (17 t.ha-') e<br />

con il miglioramento della qualità dei frutti in termini<br />

di peso medio e di residuo secco ottico.<br />

L'efficacia delle sarchiature si è evidenziata anche<br />

su suolo nudo, dimostrando una produttività crescente<br />

in funzione della riduzione dell'intervallo delle<br />

lavorazioni al suolo. La pacciamatura, interagendo<br />

con le lavorazioni, agisce positivamente in funzione<br />

del numero di sarchiature, facendo rilevare un peso<br />

medio più elevato ed un maggiore residuo secco<br />

ottico proprio nelle unità sperimentali in cui le lavorazioni<br />

superficiali vengono praticate con cadenza<br />

settimanale (Curatolo - Incalcaterra 1995).<br />

Concimazione<br />

Durante gli anni '70 era diffusa la tecnica della<br />

concimazione localizzata al momento della semina,<br />

utilizzando una miscela di concimi semplici. Infatti<br />

per ogni postarella venivano somministrati circa lOOg<br />

di una miscela di solfato ammonico 20/21, perfosfato<br />

minerale 18/20, solfato potassico 50/52 corrispondenti<br />

a 10 kg.ha-' di azoto (N), 40 Kg.ha- 1 di anidride<br />

foforica (P205) e 5 Kg-' di ossido di potassio<br />

(K2O) tenuto conto di un investimento di 2500 piante.<br />

ha- 1 .<br />

Non vi è dubbio che tale concimazione era in-<br />

Tab. 1 Effetti della concimazione sulla produttività del <strong>melone</strong> invernale t.ha-'<br />

Diverse dosi di fertilizzante<br />

Epoche di 50 N 50 N 10 N Media epoche<br />

somministrazione 100 P2O5 l00 P2O5 100 P2O5 20 P2O5 di<br />

somministrazione<br />

100 K2O 5 K2O<br />

Prearatura 7Ee 7,4Dd 9,lBb 4,8Ff 7,lBb<br />

Postaratura 8,6Cc 8,9Bb 1l.lAa 4,8Ff 8,3Aa<br />

Media tipi 7,8Cc 8,2Bb lO,lAa 4,8Dd<br />

di concimazione<br />

sufficiente e irrazionale.<br />

Sull'entità delle asportazioni nutritive della coltura<br />

di <strong>melone</strong> (Arnese 1932), Tyler e Lorenz ( 1964),<br />

Lorenz e Bartz (1968), Belmont, (1968), Belfort et<br />

ali. (1987), pur riferendosi ad altre varietà botaniche,<br />

riportano valori variabili in funzione del livello produttivo,<br />

del regime biotico seccagno o irriguo, della<br />

natura del suolo e dell'andamento climatico, ma sempre<br />

di gran lunga superiore alle somministrazioni<br />

effettuate con l'usuale tecnica di concimazione localizzata<br />

praticata allora in Sicilia.<br />

Non vi è dubbio che il notevole sviluppo dell'apparato<br />

radicale della pianta riusciva ad utilizzare i<br />

fertilizzanti localizzati soltanto nelle prime fasi di sviluppo,<br />

poiché le radici tendevano ad approfondirsi nel<br />

terreno alla ricerca della umidità essendo la coltura<br />

normalmente praticata in regime "seccagno". Di conseguenza<br />

gran parte del fertilizzante rimaneva nella<br />

postarella di semina, poco utilizzato per carenza<br />

idrica. La parte assorbente dell'apparato radicale tendeva<br />

ad espandersi lateralmente e a spingersi in<br />

profondità non riuscendo ad utilizzare gli elementi<br />

fertilizanti localizzati nella buca. Ne conseguiva che<br />

la coltura di grano duro in successione alla cucurbitacea,<br />

si presentava più lussureggiante nelle postarelle<br />

che avevano ospitato le piante di <strong>melone</strong>.<br />

A Buseto Palizzolo (TP), su suoli a tessitura argillosa,<br />

sono state condotte esperienze relativamente<br />

I valori che hanno in comune una o più lettere, anche quelle comprese tra gli estremi delle coppie, differenziano statisticamente per P= 0.05 lettere maiuscole)<br />

e per P= 0.01 (lettere minuscole).


20<br />

alle modalità ed epoche di distribuzione dei fertilizzanti.<br />

Sono state provate tre diverse formule di concimazione<br />

in cui era previsto lo spandimento su tutta<br />

la superficie in confronto a quella localizzata.<br />

Sono state anche valutate due epoche di somministrazione:<br />

nel mese di agosto in pre-motoaratura e<br />

nel mese di febbraio, prima della semina. I migliori<br />

risultati (10,1 t.ha-') si sono conseguiti praticando la<br />

concimazione sparsa su tutta la superficie apportando<br />

50 Kg di N, 100 di P205 e 100 Kg di K2O (Tab. 1 ).<br />

Rese significativamente più modeste di 8,2 t.ha- 1 e<br />

di 7,8 t.ha- 1 , si sono conseguite rispettivamente con la<br />

formula di 50 Kg di N +100 di P205 e con quella<br />

contenente soltanto 100 Kg di P205. Le produzioni<br />

più basse sono state ottenute dalla concimazione localizzata<br />

4,8 t.ha-'.<br />

La migliore epoca di somministrazione dei fertilizzanti<br />

è risultata quella del mese di febbraio in post<br />

aratura e prima della semina (8,3 t.ha-'), mentre produzioni<br />

significativamente più modeste (7,1 t.ha- 1 )<br />

si sono conseguite distribuendo gli elementi fertilizzanti<br />

prima della motoaratura nel mese di agosto.<br />

Le più elevate rese in senso assoluto (11,1 t.ha- 1 ), si<br />

sono ottenuti apportando in post aratura prima della<br />

semina 50 Kg di N , 100 di P205 e 100 Kg di K2O<br />

(Tab. 1 ) (Incalcaterra, Curatolo 1990).<br />

I risultati cui si è pervenuti, in accordo con le ricerche<br />

effettuate da Tyler e Lorenz ( 1964), dimostrano<br />

che somministrando i fertilizzanti a spaglio e interrandoli<br />

opportunamente si favorisce l'alimentazione<br />

della pianta durante il suo ciclo ed in particolare<br />

nei momenti di più intenso assorbimento (fioritura<br />

e maturazione).<br />

Con la somministrazione prima della motoaratura<br />

nel mese di agosto, se da una parte si ha la possibilità<br />

di interrare i fertilizzanti in profondità, arricchendo<br />

l'orizzonte di suolo maggiormente esplorato<br />

dalle radici, dall'altra si potrebbe verificare una<br />

perdita della frazione azotata per dilavamento determinato<br />

dalle piogge autunno-vernine.<br />

A conferma di tale ipotesi, da esperienze condotte<br />

successivamente è emerso che i migliori risultati si<br />

conseguono somministrando i concimi fosfopotassici<br />

in prearatura e quelli azotati in presemina.<br />

Pacciamatura<br />

Vari autori hanno confermato che la pacciamatura<br />

con film plastico mantiene più a lungo una strut-<br />

Fig. 2 - Vari autori hanno confermato che la pacciamatura con film plastico mantieni' più a lungo una struttura del suolo favorevole allo sviluppo superficiale<br />

dell'apparato radicale, preservando anche le radici dai traumi causati dagli organi di lavorazione, come avviene su terreno nudo e lavorato<br />

con coltura in atto. Peraltro l'impiego di film pacciamanti può costituire il mezzo valido per evitare le perdile di acqua per evaporazione dal suolo,<br />

consentendo una migliore alimentazione idrica della coltura che limita le condizioni dì stress nella pianta causa di conseguenze negative sugli aspetti<br />

qualiquantitalivi della produzione.


tura del suolo favorevole allo sviluppo superficiale<br />

dell'apparato radicale, preservando anche le radici dai<br />

traumi causati dagli organi di lavorazione, come avviene<br />

su terreno nudo e lavorato con coltura in atto<br />

(Fig. 2).<br />

Inoltre la CO2 che nel terreno sottoposto a pacciamatura,<br />

fuoriesce dai fori dove sono allocate le<br />

piantine, tende a favorire lo sviluppo delle stesse<br />

(Bianco 1979).<br />

Inoltre "in ambienti ad elevata domanda da evapotraspirativa<br />

la pacciamatura si dimostra particolarmente<br />

valida durante le fasi di germinazione dei<br />

semi ed emergenza delle plantule quando l'umidità<br />

dello strato superficiale del terreno è determinante per<br />

la buona riuscita delle stesse" così come confermato<br />

da Sarno in prove condotte sul cotone e riferite<br />

da Caliandro e Catalano (1991).<br />

Peraltro l'impiego di film pacciamanti può costituire<br />

il mezzo valido per limitare le perdite di acqua<br />

per evaporazione dal suolo, consentendo una mi-<br />

gliore alimentazione idrica della coltura che riduce<br />

le condizioni di stress nella pianta causa di conseguenze<br />

negative sugli aspetti qualiquantitativi della<br />

produzione.<br />

Su terreno pacciamato si ha una maggiore espansione<br />

superficiale dell'apparato radicale rispetto a<br />

quello della coltura condotta su terreno nudo e sarchiato,<br />

che per effetto delle continue lavorazioni superficiali<br />

è costretto ad esplorare orizzonti più profondi,<br />

meno areati e meno fertili. Inoltre su suolo pacciamato<br />

con PE trasparente si garantisce la riuscita<br />

delle operazioni di semina, consentendo un totale<br />

ricoprimento del campo. Si evitano così gli onerosi<br />

interventi di risemina, nel caso in cui si verificano nella<br />

delicata fase di germinazione - emergenza repentini<br />

abbassamenti termici.<br />

<strong>Il</strong> film pacciamante largo m.1,20 e spesso mm 0,05<br />

viene steso integro meccanicamente sopra le file seminate<br />

ed interrato ai bordi con vomeretti rincalzanti.<br />

<strong>Il</strong> film plastico non perforato consente, nella pri-<br />

Tab. 2 - Effetti dei trattamenti pacciamanti sulla coltura del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />

(Giallo di Paceco) 1988<br />

Suolo pacciamato con Controllo<br />

Rilievi PE<br />

opaco trasparente Suolo nudo<br />

Produttivi<br />

Frutti comm. al 10 luglio (t.ha- 1 ) 11,4 0,8<br />

Frutti comm. al 20 luglio (t.ha- 1 ) 5,3 Bb 23,2Aa 2,3Cc<br />

Frutti comm. al 30 luglio (t.ha- 1 ) 9,1 Bb 23,2Aa 6,7Cc<br />

Qualitativi<br />

Peso medioo frutti comm. al 10 luglio (g) 1805 1720<br />

Peso medioo frutti comm. al 20 luglio (g) 1650Aab 1715Aa 1885Bb<br />

Peso medioo frutti comm. al 30 luglio (g) 1604Aa 161 lAa 1381aB<br />

Frutti con pezzatura < al Kg al 10 luglio (%) 0,8 3,4<br />

Frutti con pezzatura < al Kg al 20 luglio (%) 6,4 4,4 12,6<br />

Frutti con pezzatura < al Kg al 30 luglio (%) 13,1 Bb 10,6Cc 27,4Aa<br />

Residuo secco al 10 luglio (°Brix) 13<br />

Residuo secco al 20 luglio (°Brix) 12,8Aa 12,8Aa ll,3Bb<br />

Residuo secco al 30 luglio (°Brix) 12,4Bb 13,8Aa ll,7Bb<br />

(I valori che hanno in comune una o più lettere, anche quelle comprese tra gli estremi delle coppie, differenziano statisticamente per P = 0.05 (lettere<br />

maiuscole) e per P= 0.01 (lettere minuscole). I valori in % sono stati elaborati sui corrispondenti valori angolari (= are sen V%).<br />

21


22<br />

ma fase del ciclo, di realizzare una "camera umida"<br />

creando un ambiente termoigrometrico favorevole alla<br />

germinazione del seme e all'emergenza delle plantule.<br />

In queste condizioni il 100% dei semi germinabili<br />

riesce ad estrinsecare in pieno il processo germinativo.<br />

Successivamente, quando le plantule hanno<br />

quasi raggiunto il film pacciamante si procede tempestivamente<br />

alla foratura del PE, avendo cura di praticare<br />

un attento diradamento. (Fig. 3).<br />

In questa prima fase su suolo pacciamato le temperature<br />

risultano apprezzabilmente più elevate, sopratutto<br />

nelle ore diurne, rispetto al suolo nudo. I gas<br />

tellurici ricchi di CO2, fuoriuscendo dai fori praticati<br />

nel film pacciamante, per effetto dei moti convettivi,<br />

agiscono come un fon sulla pagina inferiore<br />

della foglia, dove esiste la massima concentrazione<br />

stomatica. Inoltre l'alimentazione idrica costante ed<br />

equilibrata, in combinazione con gli effetti precedenti,<br />

imprimono alla pianta ritmi di crescita vistosamente<br />

più intensi rispetto a quelli rilevabili su suolo nudo.<br />

Ricerche condotte in territorio di Paceco (TP)<br />

su suoli bruni in regime seccagno sull'impiego di film<br />

trasparenti ed opaco, in confronto al suolo nudo, hanno<br />

messo in evidenza l'efficacia del trattamento pacciamante<br />

sulla precocità di maturazione, sulle rese<br />

unitarie e sugli aspetti qualitativi della produzione. <strong>Il</strong><br />

film di PE trasparente oltre a consentire un apprezzabile<br />

anticipo di maturazione, rispetto al PE nero ed<br />

ancor più rispetto al suolo nudo, ha fornito le più elevate<br />

rese unitarie in senso assoluto e frutti con caratteristiche<br />

qualitative migliori (Tab. 2) (Caruso et<br />

all. 1992).<br />

L'impiego del film plastico comporta un aumento<br />

della voce di costo per l'acquisto, l'applicazione<br />

ed il riciclaggio e determina un impatto con l'ambiente<br />

poiché viene ad alterare l'assetto territoriale.<br />

Per questi motivi sono state condotte esperienze nell'interno<br />

collinare siciliano (Camporeale) mettendo<br />

a confronto strisce pacciamanti di diversa larghezza<br />

(50 cm e 100 cm) e suolo nudo (Fig. 4).<br />

La larghezza del film pacciamante ha espletato vistosi<br />

effetti sia sulla precocità di maturazione che sulle<br />

rese complessive di frutti. <strong>Il</strong> telo pacciamante di cm<br />

Fig. 3 - 11 film plastico trasparente non perforato consente, nella prima fase del ciclo, dì realizzare una "camera umida " creando un ambiente termoigrometrìco<br />

favorevole alla germinazione del seme e all'emergenza delle piantiti e.


Fig. 4 - II telo pacciamante largo cm 100 ha espletato vistosi effetti sia sulla precocità di maturazione, sulle rese complessive di frutti e sulla qualità degli<br />

stessi.<br />

100 ha consentito di realizzare rese unitarie di 17,7<br />

t.ha- 1 mentre produzioni sensibilmente più modeste<br />

(14,9 t.ha') si sono ottenute con le strisce larghe 50<br />

cm ed ancor più su suolo nudo (6,9 t.ha- 1 ). <strong>Il</strong> peso unitario<br />

dei frutti non è stato influenzato dalla larghezza<br />

del film pacciamante (1800g circa) mentre frutti con<br />

pezzatura vistosamente più ridotta (1616 g) si sono<br />

ottenuti su suolo nudo. Anche il tenore zuccherino dei<br />

peponidi non è stato influenzato dalla larghezza del<br />

film pacciamante che in ogni caso è risultato sempre<br />

superiore rispetto ai peponidi ottenuti su suolo nudo<br />

(Incalcaterra, Curatolo 1992).<br />

L'impiego dei film plastici, come precedentemente<br />

detto, "determina un notevole impatto con l'ambiente<br />

a causa del difficile riciclo del materiale plastico<br />

a fine coltura" (Greenwood, Neeteson 1993).<br />

Nell'intento di apportare un contributo a questo<br />

grave problema sono stati valutati alcuni nuovi film<br />

aventi la caratteristica di degradarsi dopo un certo<br />

periodo sotto l'azione combinata della radiazione solare,<br />

dell'ossigeno e della temperatura. Questi manufatti<br />

sono di ridotto spessore (0,012 mm) ed avrebbero<br />

anche il vantaggio di ridurre di quasi 4 volte<br />

23<br />

la quantità di plastica in campo, rispetto all'utilizzo<br />

di film tradizionali di LLDPE (0,05 mm).<br />

Dal confronto tra 4 tipi di film (LLDPE trasparente,<br />

fotodegradabile trasparente, LLDPE nero, fotodegradabile<br />

fumé) ed il controllo suolo nudo è emerso<br />

che le più elevate produzioni si ottengono utilizzando<br />

il PE trasparente (15,1 t.ha-' mentre si riducono<br />

le rese impiegando il PE nero (13,3 t.ha- 1 ) ed<br />

il fotodegradabile fumé (13,9 t.ha-') .<br />

Produzioni sensibilmente inferiori si sono ottenute<br />

con l'impiego della pacciamatura con film fotodegradabile<br />

trasparente (11,8 t.ha-'), mentre su suolo<br />

nudo le rese hanno superato appena le 9,1 t.ha-'<br />

(grafi).<br />

Gli aspetti qualitativi della produzione (peso unitario<br />

dei frutti, percentuale dei frutti con pezzatura inferiore<br />

al kg, residuo secco ottico) sono stati influenzati<br />

positivamente dal trattamento pacciamante.<br />

Le risposte dei film tradizionali di LLDPE trasparente<br />

e nero hanno dimostrato ancora una volta la<br />

validità di questa tecnica per migliorare le produzioni<br />

qualitative e quantitative del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>.<br />

Per quanto concerne il film fotodegradabile tra-


24<br />

sparente adoperato nella sperimentazione si è evidenziata<br />

una limitata resistenza alle intense radiazioni<br />

solari dell'estate siciliana. Infatti, nonostante si sia<br />

provveduto a coprire la striscia pacciamante col fogliame<br />

delle piante non si è riusciti a rallentare i processi<br />

di ossidazione che hanno provocato le progressive<br />

lacerazioni del film. Queste fessurazioni aggravate<br />

dall'azione meccanica del vento hanno fatto perdere<br />

al nuovo manufatto l'effetto pacciamante, aumentando<br />

l'evaporazione del suolo. Questa situazione<br />

- quasi improvvisa - ha provocato uno stato di stress<br />

idrico e nutrizionale delle piante che hanno prodotto<br />

pochi frutti e di ridotte dimensioni. Al contrario con<br />

il film fotodegradabile fumé i processi di alterazione<br />

non si sono manifestati permettendo al manufatto<br />

di assolvere fino alla conclusione del ciclo colturale<br />

la funzione pacciamante (Curatolo et AA 1994).<br />

In una ricerca successiva sono stati valutati altri<br />

sono stati ottenuti con l'applicazione della pacciamatura<br />

rispetto alla coltura condotta su suolo nudo<br />

(Tab.3) (Curatolo, Incalcaterra 1996).<br />

Importante risulta anche la corretta epoca d'impianto.<br />

Infatti il film fotodegradabile ha manifestato<br />

una ridotta resistenza alla radiazione solare e facilità<br />

a lacerarsi quando è stato messo in opera precocemente<br />

(1° Aprile - 10 Aprile) o tardivamente 30<br />

Aprile in cui si manifestano condizioni climatiche<br />

di basse temperature per le prime due epoche e di<br />

alte temperature per l'ultima epoca che tendono a stressare<br />

la pianta in fase di attecchimento. Di contro, si è<br />

rilevato che, facendo coincidere l'epoca di impianto<br />

(20 Aprile) con le migliorate condizioni ambientali,<br />

le piantine si accrescono senza difficoltà, ricoprendo<br />

rapidamente il film fotodegradabile che riesce<br />

così a resistere fino alla fine del ciclo biologico,<br />

grazie all'azione protettiva svolta dall'ombreggia-<br />

Graf. 1 - Effetti dei diversi film pacciamanti sulla produzione<br />

due nuovi formulati fotodegradabili fumé e trasparente<br />

dotati di una maggiore resistenza alla fotodegradazione<br />

rispetto ai film della precedente prova,<br />

sempre in confronto con quelli opachi e trasparenti<br />

tradizionali. Interessante è stata in questo secondo caso<br />

la risposta del nuovo formulato trasparente fotodegradabile<br />

che, anche grazie all'azione protettiva dai<br />

raggi solari svolta dal progressivo ricoprimento del<br />

fogliame della pianta in accrescimento, è riuscito a<br />

resistere quasi senza alterarsi fino alla fine del ciclo<br />

della coltura facendo rilevare i più interessanti risultati<br />

produttivi (17,2 t.ha-') rispetto sia al PE trasparente<br />

tradizionale (16,0 t.ha-') al PE opaco (15,3<br />

t.ha-') ed al fotodegradabile opaco (13,8 t.ha-'). Anche<br />

in questa prova i migliori risultati qualiquantitativi<br />

mento del fogliame.<br />

Pertanto, pur ritenendo i risultati interessanti, rimangono<br />

le incertezze legate in ogni caso al tempo di<br />

totale degradazione dei nuovi formulati plastici considerato<br />

che la parte di film che rimane interrata e non<br />

esposta alla luce si altera con difficoltà nel l'asportarlo<br />

a fine coltura e/o creando ostacolo agli organi lavoranti<br />

delle macchine durante le successive lavorazioni<br />

se rimane sul suolo.<br />

La pacciamatura, si è rivelata particolarmente valida<br />

per attenuare le deficienze termiche in regime di<br />

aridocoltura che si verificano all'inizio primavera<br />

in Sicilia e per conservare la preziosa umidità nel suolo,<br />

assicurando alle piante di <strong>melone</strong> un rifornimento<br />

idrico confacente ad uno stato edafico ottimale per


Tab. 3 - Effetti dei diversi film pacciamanti sulla coltura del <strong>melone</strong><br />

Rilievi effettuati PE Fotodegr. PE Fotodegr. Controllo<br />

Trasparente Trasparente opaco opaco nudo<br />

Rilievi biometrici:<br />

Epoca fioritura (gg. dalla semina) 42.5c 44.5c 54.8b 59a 57.3ab<br />

Rilievi produttivi:<br />

Prod. frutti comm. del 20/07 (g) I2.4a 12.5a 4.5b 3.8b 0.2c<br />

Prod. frutti corani, del 03/08 (g) 3.6c 4.7c 10.8a lOa 7.lb<br />

Prod. frutti comm. totale ló.0b 17.2a 15.3b 13.8c 7.3d<br />

Rilievi qualitativi:<br />

Peso unit. frutti comm. del 20/07 (g) 223% 2307b 2742a 2773a 1866c<br />

Peso unit. frutti comm. del 20/07 (g) 1446b !490b 2372a 2528a I438b<br />

Peso unit. frutti comm. del 20/07 (g) 1993b 2202b 2428a 2508a 1713c<br />

Grado rifrattometrico del 20/07 (° Brix) 14a 14.2a 13.5 13.7ab 13b<br />

ab<br />

Grado rifrattometrico del 03/08 (° Brix) 14.5a 14.6a 13.8a I3.6a I3.5a<br />

Grado rifrattometrtico sulla prod. tot. 14.3a 14.3a 13.6a 13.7a 13.2a<br />

I valori contrassegnati da lettere diverse differiscono statisticamente per P= 0.05 (lettere maiuscole) e per P= 0.05 (lettere minuscole)<br />

tutto il ciclo colturale.<br />

È da evidenziare inoltre che le radiazioni solari riflesse<br />

dai film trasparenti, soprattutto nelle prime fasi<br />

del ciclo colturale, quando il fogliame non ricopre<br />

la striscia pacciamante esercitano un'azione di disturbo<br />

nei riguardi degli afidi.<br />

Modalità d'impianto<br />

Tradizionalmente il <strong>melone</strong> veniva seminato a postarelle,<br />

effettuando con la zappa buche profonde<br />

tanto quanto bastava per raggiungere lo strato di suolo<br />

umido in cui si versava un pò di acqua prima di<br />

riporre 7-8 semi che venivano poi ricoperti con un<br />

strato di suolo spesso circa 3 cm ed avendo cura di<br />

pressarlo per farlo aderire al suolo sottostante. Seminatrici<br />

meccaniche, opportunamente studiate da artigiani<br />

della zona, hanno reso più agevole questa operazione.<br />

Tali macchine dotate di serbatoio sono capaci<br />

di far cadere sempre la stessa quantità di semi<br />

e di acqua a distanze preordinate, mentre la chiusura<br />

del solco viene assicurata da due vomeretti ricolmatori<br />

a cui fa seguito un piccolo rullo per fare ade-<br />

25<br />

rire il terreno ai semi.<br />

Tn ogni caso con le due tecniche l'impiego di semi<br />

rimane elevato e ciò è giustificato dal fatto che occorre<br />

favorire l'emergenza in modo che la forza esercitata<br />

da più plantule possa vincere la resistenza della<br />

"crosta" che spesso si forma nei suoli tendenzialmente<br />

argillosi.<br />

Ricerche sulla tecnica d'impianto hanno evidenziato<br />

gli effetti positivi del trapianto rispetto alla semina<br />

diretta, sopratutto impiegando film pacciamanti<br />

trasparenti.<br />

Infatti utilizzando le piantine in combinazione con<br />

la pacciamatura del suolo, specialmente se con film<br />

trasparente se ne determina un rapido affrancamento<br />

delle piantine ed una intensa attività vegetativa che<br />

influenza positivamente la precocità, la produttività<br />

complessiva e la qualità dei frutti (Caruso et All. 1992).<br />

Esperienze condotte sull'investimento unitario<br />

(0,25 e 0,50 piante /m2) nel 1986 a Palermo (Incalcaterra,<br />

Curatolo 1992) e nel 1990 a Camporeale utilizzando<br />

densità di 0,17 - 0,22 - 0,33 piante /m2 (Incalcaterra,<br />

Curatolo 1993) hanno dimostrato che le


26<br />

rese più alte sono conseguibili con le densità più elevate,<br />

ma sono stati rilevati riflessi negativi sulla pezzatura<br />

dei frutti. Infatti la più alta densità d'investimento<br />

ha causato un minore peso unitario dei peponidi<br />

ed una incidenza percentuale dei frutti inferiore<br />

al Kg. sulla produzione totale vistosamente più elevata<br />

rispetto alla maggiore spaziatura delle piante.<br />

Esperienze condotte sulle epoche d'impianto hanno<br />

messo in evidenza che gli abbassamenti termici<br />

che si verificano nei giorni successivi alla semina -<br />

generalmente nella prima decade di aprile - compromettono<br />

gli impianti su suolo nudo. Al contrario<br />

un ritardo dell'avvio del ciclo colturale (prima decade<br />

di maggio) quando le temperature sono stabilmente<br />

crescenti, causa condizioni di stress nelle piantine<br />

trapiantate su suolo pacciamato con film trasparente<br />

a causa degli eccessi termici che si verificano<br />

per surriscaldamento dell'intercapedine suolo - film<br />

(Curatolo, Incalcaterra 1994).<br />

Irrigazione<br />

La possibilità di passare da una melonicoltura tipicamemte<br />

condotta in regime seccagno a quella irrigua<br />

ha posto la problematica sulle modalità e dosi dell'intervento<br />

irriguo al fine di mantenere elevato lo standard<br />

qualitativo dei frutti pur massimizzando le rese.<br />

Una ricerca biennale condotta a Palermo (Incalcaterra<br />

1984) mettendo a confronto tre regimi irrigui<br />

(per l'intero ciclo - 2 irrigazioni fino a quando<br />

i frutti raggiungevano la dimensione di un cedro - una<br />

sola irrigazione fino alla dimensione di una noce ed<br />

utilizzando come test il controllo asciutto), ha dimostrato<br />

che il <strong>melone</strong> si avvantaggia dell'irrigazione<br />

fisiologica fornita durante tutto il ciclo colturale<br />

raggiungendo i massimi incrementi produttivi<br />

(18,3 t.ha-')• Interessante, sempre rispetto al controllo<br />

asciutto (8,3 t.ha-'), risulta la risposta della pianta<br />

all'irrigazione di soccorso fornita fino alle fasi fenologiche<br />

prestabilite. Se l'intervento irriguo viene<br />

praticato fino alla dimensione del frutto pari ad una<br />

noce (12 t.ha-') si ha un incremento produttivo più elevato<br />

senza compromettere significativamente la conservabilità<br />

(Incalcaterra 1986). Dalla ricerca è emerso<br />

anche che l'aumento di produzione non è stato dovuto<br />

soltanto all'incremento del peso medio dei frutti,<br />

ma anche ad un aumento del numero di frutti/pianta.<br />

Infatti la risposta all'irrigazione si estrinseca anche<br />

attraverso una più elevata allegagione dei frutti<br />

ed una minore cascola degli stessi.<br />

Un'altra ricerca condotta in territorio di Trapani<br />

(Caruso et All. 1993) su suoli caratterizzati da tessitura<br />

tendenzialmente argillosa e sufficientemente dotati<br />

di sostanza organica ed elementi nutritivi, ha messo<br />

a confronto diverse microdosi di acqua (10 -20 -<br />

30 litri in un solo intervento e 20 e 30 litri rispettivamente<br />

in due interventi da 10 litri ciascuno e tre interventi<br />

da 10 litri), fornite a piante di <strong>melone</strong> allevate<br />

sia su terreno nudo che pacciamato, quando il<br />

primo frutto aveva raggiunto la dimensione di un cedro.<br />

La prova ha dimostrato una reattività positiva del-<br />

Tab. 4 - Produzione frutti commerciabili (t ha-')<br />

Effetti dell'interazione trattamenti al suolo x microdosi di acqua (Paceco 1993)<br />

Microdosi di acqua ( 1 )<br />

Controllo<br />

asciutto 10 20 30 10+10 10+10+10<br />

Nudo 9.28 9.56 10.66 12.55 12.00 12.20<br />

Ff Ff Eef Dd Dde Dde<br />

Pacciamato 14.05 14.27 14.83 15.12 18.61 20.14<br />

Cc Cc Cc Cc Bb Aa<br />

Medie 11.67 11.91 12.75 13.83 15.31 16.17<br />

cE cE cD bC Bb Ac<br />

A lettere uguali corrispondono valori non statisticamente differenti per P=0,05 (lettere maiuscole) e per P = 0,01 (lettere minuscole)


Grafico 2 - Produzione commerciabile: interazione dosi di acqua x trattamenti al suolo (Paceco 1996)<br />

la pianta alle microdosi di acqua specialmente su suolo<br />

pacciamato, ma l'efficacia dell'intervento irriguo<br />

è stata più evidente quando le dosi sono state fornite<br />

frazionate. Infatti tra tutte le dosi provate quella<br />

di 30 litri, frazionata in tre interventi di 10 litri ciascuno,<br />

in coltura pacciamata è riuscita meglio a soddisfare<br />

le esigenze della coltura determinando sensibili<br />

miglioramenti sulla quantità e qualità dei frutti<br />

(Tab. 4).<br />

Più in particolare si è rilevato che l'incremento<br />

produttivo è stato dovuto all'aumento del peso medio<br />

dei frutti, evidenziando così la validità di questa tecnica<br />

anche per il miglioramento qualitativo della produzione.<br />

Pure su suolo nudo le piante di <strong>melone</strong>, sottoposte<br />

ad irrigazione microdosata hanno dimostrato di<br />

potere incrementare la pezzatura dei frutti, utilizzando<br />

30 litri di acqua per pianta somministrati sia in un<br />

solo intervento che in tre dosi da 10 litri ciascuna.<br />

Un'altra ricerca (Curatolo, Incalcaterra 1996) condotta<br />

su suoli bruni in territorio di Paceco ha approfondito<br />

il tema delle microdosi frazionate e localizzate<br />

mettendo a confronto 30 + 30 litri; 25 + 25<br />

litri, 20 + 20 litri 15 + 15 litri e 10 + 10 litri. La reattività<br />

alle diverse dosi di acqua è stata più evidente<br />

con l'aumento progressivo dei volumi, facendo rilevare<br />

un incremento di 5,5 t.ha ' tra la dose massima<br />

ed il controllo non irrigato (9,5 t.ha 1 ). Dall'interazione<br />

trattamento al suolo per somministrazione idrica si<br />

evince una risposta positiva sia sulla precocità sia sulle<br />

rese unitarie. Le più elevate rese in senso assoluto<br />

(17,7 t.ha 1 ) sono state rilevate sulle parcelle pacciamate<br />

con apporto di 30 + 301 di acqua / pianta,<br />

mentre le rese più modeste (7,8 t.ha ') sono state realizzate<br />

su suolo nudo senza irrigazione.<br />

I frutti di migliore qualità sia per pezzatura che per<br />

Tab. 5 - Caratteristiche qualitative e quantitative della produzione.<br />

Rilievi Apis Bombus Osmia Controllo<br />

mellifera terrestris Cornuta<br />

Produzione frutti comm. (tha 1 ) 32.6Bb 22.5Cc 38.7Aa 12.5Dd<br />

Peso medio frutti comm. (g) 170Aa0 16.4AaB 152bC4A 164AaB2<br />

Frutti di scarto % 2.8bC 6.1B 6.4AaB 7.4Aa<br />

Residuo secco ottico (°Brix) 13.8Aa 13.5Aa 13.4Aa 13.4Aa<br />

Parte edule % 59.4Aab 61.5Aa 62.1Aa 54.0Bb<br />

Semi vuoti % 58.5Aa 33.4Bb 54.4Aa 53.5Aa<br />

A lettere uguali corrispondono valori non statisticamente differenti per P=0.05 (lettere maiuscole) e per P= 0,01 (lettere minuscole).<br />

Per i valori percentuali l'elaborazione è stata effettuata sui corrispondenti valori angolari. (= arcsen V%)<br />

27


28 Aspetti agronomici della coltura del <strong>melone</strong> invernale in Sicilia<br />

tenore zuccherino sono stati ottenuti su suolo pacciamato<br />

apportando le più elevate dosi di acqua. La<br />

irrigazione microdosata ha quindi esaltato i benefici<br />

e i già consolidati effetti della pacciamatura in ambiente<br />

caldo arido.<br />

È stata valutata anche l'efficacia dei pronubi (Apis<br />

mellifera, Bombus terrestre, Osmia cornuta) sulla produttivtà<br />

del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> in coltura anticipata sotto<br />

apprestamento protettivo.<br />

L'azione degli insetti pronubi sulla produttività<br />

è risultata abbastanza evidente. Rispetto al controllo<br />

che ha prodotto 12,5 t.ha-', l'immissione degli insetti<br />

nel tunnel ha determinato un'incremento medio<br />

produttivo di quasi il 150%. (Tab. 5) (Incalcaterra,<br />

Sinacori 1998).<br />

Conclusioni<br />

Le ricerche effettuate sul miglioramento delle tecniche<br />

agronomiche nella conduzione delle coltivazioni<br />

di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> hanno apportato interessanti<br />

novità di carattere scientifico ed applicativo che<br />

si sono tradotte in un miglioramento della quantità<br />

e della qualità delle produzioni.<br />

La tecnica della pacciamatura associata a ripetute<br />

sarchiature e a concimazioni razionali consente di valorizzare<br />

le limitate, ma preziose risorse idriche immagazzinate<br />

nei suoli durante il periodo autunno-vernino.<br />

Infatti la presenza del film pacciamante favorisce<br />

un'alimentazione idrica più costante ed equilibrata<br />

della pianta, migliori condizioni termiche ed uno<br />

sviluppo dell'apparato radicale negli strati più fertili<br />

del suolo con vistosi riflessi sulla produttività, rispetto<br />

alla coltura su suolo nudo. Inoltre il miglioramento<br />

del ritmo vegetativo che si viene a determinare,<br />

su suolo pacciamato con film trasparente, rispetto<br />

al controllo nudo, influenza positivamente sia<br />

la precocità che la produttività delle piante. Di contro<br />

con il film pacciamante nero non si ha anticipo di<br />

maturazione ma rimangono inalterati gli effetti sull'aumento<br />

della quantità e sul miglioramento della<br />

qualità dei frutti.<br />

Per quanto concerne le modalità d'impianto si può<br />

affermare la validità dell'impiego di piantine con pane<br />

di terra, in coltura pacciamata. Perplessità si avanzano<br />

sulla pratica del trapianto su suolo nudo se al<br />

momento dell'impianto o nel periodo successivo si<br />

verificano ritorni di freddo con abbassamenti termici<br />

nelle ore notturne. In tali condizioni si bloccano<br />

i processi di sviluppo dell'apparato radicale ostacolandone<br />

l'affrancamento. Ma anche nel caso di piante<br />

sopravvissute, ciò causa uno stato di senescenza<br />

che si ripercuote negativamente sui futuri ritmi di crescita<br />

della pianta interferendo in conseguenza negativamente<br />

sulle rese e sulla qualità dei frutti. È da evidenziare<br />

ancora che in particolari annate con periodo<br />

autunno-vernino siccitoso anche su suolo pacciamato<br />

è consigliabile intervenire con la semina diretta per<br />

favorire così lo sviluppo in profondità dell'apparato<br />

radicale.<br />

Inoltre il miglioramento del rapporto pianta-terreno-clima<br />

grazie all'azione combinata della pacciamatura<br />

e dell'irrigazione, permette di migliorare<br />

sensibilmente, anche apportando piccole dosi di acqua<br />

per pianta, la qualità dei frutti senza compromettere<br />

la loro conservabilità se l'intervento viene effettuato<br />

quando i peponidi non hanno superato la dimensione<br />

di una noce o di un cedro.<br />

Tuttavia, pur essendo ormai consolidata l'applicazione<br />

della tecnica della pacciamatura in ambiente<br />

caldo arido, non è da sottovalutare il notevole impatto<br />

ambientale che si viene a causare con la diffusione<br />

dei film plastici per difficile riciclo a fine coltura. Gli<br />

incerti risultati ottenuti con i nuovi materiali fotodegradabili<br />

debbono stimolare la ricerca per approfondire<br />

tale tematica. Sono infatti in corso studi di<br />

nuovi formulati biodegradabili capaci di non inquinare<br />

l'ambiente.<br />

La disponibilità delle nuove tecniche agronomiche<br />

si adatta alla crescente esigenza di mercato che<br />

induce ad adottare ordinamenti colturali dinamici e<br />

flessibili con la conseguenza che l'ottimizzazione degli<br />

attuali sistemi produttivi resta valida se è in grado<br />

di valorizzare le risorse pedoclimatiche tipiche dell'area<br />

di produzione melonicola.<br />

Soltanto la migliore combinazione tra pianta, ambiente<br />

e tecniche agronomiche può consentire l'espressione<br />

di componenti genetiche da cui dipende la<br />

manifestazione dei caratteri come la produttività, la<br />

qualità e la resistenza alle difficoltà abiotiche.


Bibliografia<br />

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from shrinkage Craks Proc. soil. Aci-Soc. Ani.<br />

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de macronutrientes pelo melao (Cucumis<br />

melo L. cv Valenciano Amareto CAC) cultivado<br />

em latossolo vermeho amarelo em Presidente<br />

Venceslan San Paulo. Anais da Escola Superior<br />

de Agricoltura "Luiz de queriroz". Hort. Abstr.,<br />

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plein champ et en mairachage. Jounèe du melon<br />

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del <strong>melone</strong> in Italia. La coltura del <strong>melone</strong><br />

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1979.<br />

6) Caliandro A. e Catalano M. (1991) - Principi di<br />

"aridocoltura". Rivista di Agronomia XXV - 3,372-<br />

386.<br />

7) Caruso P, Incalcaterra G., Curatolo G. ( 1992) - Ricerche<br />

sulla pacciamatura e sulle modalità d'impianto<br />

del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>. Colture Protette n. 7-8.<br />

8) Caruso P, Curatolo G., Incalcaterra G. (1994) -<br />

Reattività all'irrigazione localizzata a microdosi<br />

della coltura "seccagna" del Melone <strong>d'inverno</strong> (Cucumis<br />

melo var. inodorus N.) su suolo nudo e pacciamato.<br />

13" 1 International Congress of C.I.P.A, Verona<br />

8 lh - 11 1 " March<br />

9) Curatolo G., Incalcaterra G. (1994) - Reattività del<br />

Melone invernale (Cucumis melo var inodorus N.)<br />

alla pacciamatura e a diverse epoche e modalità<br />

d'impianto. 13"' International Congress of C.I.P.A,<br />

Verona 8 lh - 1 1"' March.<br />

10) Curatolo G., Incalcaterra G., Caruso P. (1994) -<br />

Reattività del Melone <strong>d'inverno</strong> (Cucumis melo<br />

var inodorus N.) in coltura asciutta a diversi tipi<br />

di film plastici. Comitè international des plastiques<br />

en agricolture. Atti 13"' International Congress<br />

of C.I.P.A., Verona 8" - 1 l' h March 1994.<br />

I1 ) Curatolo G., Incalcaterra G. ( 1995) - Effetti della<br />

pacciamatura del suolo con film plastici di polietilene<br />

e fotodegradabili sulla coltura del melo-<br />

ne <strong>d'inverno</strong> XII Protagri, 9-10 Verona.<br />

12) Curatolo G., Incalcaterra G. (1995) - Pacciamatura<br />

e sarchiatura del suolo per la coltura del Melone<br />

<strong>d'inverno</strong>. XII Protagri 9-10 Verona.<br />

13) CuratoloG., Incalcaterra G. (1996) - Effetti dell'applicazione<br />

di diversi film pacciamanti nel <strong>melone</strong><br />

<strong>d'inverno</strong> (Cucumis melo L. var. Inodorus).<br />

Colture Protette n° 12<br />

14) Curatolo G., Incalcaterra G.(1996) - Reattività del<br />

Melone invernale a dosi differenziate di acqua.<br />

Colture Protette n° 12<br />

15) Greenwood D. J., Neeteson J.J 1993 - Sistemi<br />

agricoli intesivi e qualità dell'ambiente. Informatore<br />

agrario n° 22.<br />

16) Hoare E. R., Barrs H. 1974 - Water relation and<br />

photosynthesis amongst horticultural species as<br />

affected by simulated soil water stress XIX Int.<br />

Hort. Congr. 1974 Warszawa, Poland ( 1975) Vol.3.<br />

17) Incalcaterra G.(1984) - Ricerche sull'irrigazione<br />

e sulla cimatura del Melone invernale condotte<br />

in Sicilia. L'Informatore Agrario Verona, XL (49).<br />

18) Incalcaterra G. (1986) - Riflessi dell'irrigazione<br />

sulla produttività e conservabilità del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />

"Giallo di Paceco", atti del Convegno: Bilancio<br />

e prospettive dello sviluppo dell'irrigazione<br />

in Sicilia, Catania, 23-25 Ottobre.<br />

19) Incalcaterra G., Curatolo G. (1990) - Concimazione<br />

del <strong>melone</strong> invernale in coltura seccagna<br />

nella Sicilia occidentale. L'Informatore Agrario,<br />

Verona XLVI (47).<br />

20) Incalcaterra G., Curatolo G. (1992) - Reattività<br />

del Melone invernale (var. Inodorus) alla pacciamatura<br />

con Polietilene nero, al trapianto e a diverse<br />

densità di investimenti. L'Informatore Agrario,<br />

Verona, XLVTTT (G).<br />

21) Incalcaterra G., Curatolo G. (1992) - Effetti della<br />

pacciamatura sulla coltura del Melone <strong>d'inverno</strong><br />

in regime asciutto. Colture Protette, 10.<br />

22) Lorenz O. A., Bartz J. F. ( 1968) - Fertilization for<br />

high yields and quality of vegetable crops Changing<br />

pattern in fertilizez use. Ist. ed., 327-352,<br />

Soil, Sci. Soc. Ani. Madison, Wisconsin.<br />

23) Sarno R. (1982) - Sistemi e tecniche colturali in<br />

regime asciutto. Rivista di Agronomia N° 2 Anno<br />

N° 2 aprile - giugno.<br />

24) Tyler K. B., Lorenz O. A. ( 1964) - Nutrient absorption<br />

and growth of four muskmelon varieties.<br />

Proc. Am. Soc. Hort. Sci., 84, 364-371.<br />

29


Le varietà di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> idonee per le coltivazioni della Sicilia Occidentale<br />

Curatolo G., Incalcaterra G. (Istituto di Orticoltura Università di Palermo)<br />

Introduzione<br />

La coltivazione del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> (Cucumis<br />

melo var. inodorus) ha assunto in provincia di Trapani<br />

un'importanza rilevante sia sotto l'aspetto economico<br />

sia per quello sociale.<br />

Ogni anno, infatti, sono investiti a <strong>melone</strong> circa<br />

3500 ettari di terreni seminativi che entrano in rotazione<br />

con il frumento con un giro d'affari intorno ai<br />

20 miliardi e con riflessi sull'occupazione di oltre<br />

80.000 giornate lavorative.<br />

L'antica area di produzione ubicata, per i meloni<br />

ad epicarpo di colore giallo verso le aree costiere e<br />

l'immediato interno collinare e per quelli a buccia<br />

verde sulle colline di Alcamo, Salemi e colline del<br />

Belice, ha avuto un'espansione negli ultimi 10 anni<br />

verso i territori delle provincie di Palermo, Agrigento<br />

e Caltanissetta facendo registrare un aumento della<br />

superficie investita di altri 2000 ettari circa.<br />

Adattabilità all'ambiente di coltivazione<br />

Fino agli inizi degli anni '80 le coltivazioni erano<br />

caratterizzate da ecotipi locali: il Cartucciaro nelle<br />

zone litoranee del trapanese, il Purceddu nell'entroterra<br />

delle colline di Alcamo e di Palermo ed il Gelato<br />

nell'agrigentino.<br />

L'introduzione di nuove varietà ed ibridi FI avvenuta,<br />

inizialmente su piccoli appezzamenti per valutare<br />

il comportamento di queste nuove cultivar, ha<br />

determinato, proprio a causa dell'elevata allogamia<br />

della specie, un processo di erosione genetica che<br />

ha portato al decadimento degli ecotipi locali. La difficoltà<br />

quindi di mantenere in purezza le popolazioni<br />

locali ha costretto gli agricoltori ad affidarsi a nuove<br />

varietà che, se hanno la garanzia dell'omogeneità<br />

della produzione, spesso dimostrano di non adattarsi<br />

alle esasperate condizioni climatiche dell'estate siciliana.<br />

(Inalcaterra G. Curatolo G.1994).<br />

Infatti ciascuna cultivar è capace di esprimere tutto<br />

il suo potenziale produttivo e soprattutto qualitativo<br />

solo in quegli areali di coltura capaci soddisfare<br />

Gi autori sono Professori Associati presso L'istituto di Orticoltura e Floricoltura dell'Università di Palermo.<br />

<strong>Il</strong> lavoro è da attribuire in parti uguali agli Autori.<br />

31<br />

interamente le esigenze biologiche.<br />

Difatti ciascun organismo vegetale armonizza con<br />

il proprio habitat se riesce a stabilire relazioni di scambio<br />

permanente e costantemente equilibrate nel corso<br />

del suo ciclo biologico. (Caruso, 1989)<br />

In tale situazione i processi di crescita si svolgono<br />

in modo soddisfacente e le produzioni raggiungono<br />

livelli qualiquantitativi ottimali.<br />

L'idoneità dell'ambiente alle esigenze della pianta<br />

è di solito imperfetta ed è conseguita per tolleranza<br />

biologica o adattamento biologico del vegetale, attraverso<br />

la messa in atto di disposizioni morfofisiologiche<br />

congruenti con l'ambiente colturale.<br />

Di conseguenza il potenziale genetico di ogni specie<br />

e ancor più di ciascuna sua cultivar, è modellato<br />

da tutte le influenze determinate dalle condizioni pedoclimatiche<br />

dominanti e dalle tecniche agronomiche<br />

adottate. Per tale motivo, lo stesso antagonismo tra<br />

qualità e quantità spesso potrebbe essere ricondotto<br />

ad un'errata gestione biologica della coltura.<br />

Pluriennali ricerche condotte dall'Istituto di Orticoltura<br />

e Floricoltura dell'Università di Palermo hanno<br />

dimostrato la possibilità di migliorare significativamente<br />

le rese e l'adattabilità alle condizioni ambientali<br />

delle aree melonicole della Sicilia occidentale<br />

adottando in regime asciutto la tecnica della pacciamatura<br />

con film di PE trasparente. Questa tecnica<br />

permette infatti di sfruttare meglio le riserve idriche<br />

del suolo e ciò anche per effetto delle continue<br />

sarchiature superficiali praticate tra le file pacciamate<br />

(Caruso, Curatolo, Incalcaterra, 1995).<br />

Ricerche condotte sulla tecnica d'impianto hanno<br />

dimostrato che mantenendo il film integro nella<br />

prima fase del ciclo colturale subito dopo la semina<br />

o il trapianto si garantisce la fuoriuscita delle piantole<br />

derivate dai semi o l'attecchimento delle piantine<br />

trapiantate anche se vi sono ritorni di freddo (Caruso,<br />

Curatolo, Incalcaterra: 1992); (Incalcaterra, Curatolo<br />

1993).<br />

Le peculiarità dell'ambiente di coltivazione de-


32<br />

rivante dalla variabilità climatica, dalla diversa tipologia<br />

dei suoli, dalla morfologia, dall' esposizione,<br />

dall'altimetria ha determinato un'ampia variabilità<br />

delle perfomance delle varietà coltivate.<br />

Le prove agronomi che effettuate a Palermo mettendo<br />

a confronto le varietà più coltivate con gli ecotipi<br />

locali hanno fatto emergere alcune interessanti<br />

considerazioni. In particolare nel 1993 furono messe<br />

a confronto su suolo nudo e pacciamato le seguenti<br />

cultivar a buccia gialla : Amarillo-Amber F1 - Cartucciaro<br />

Diogene F1-Giallo delle Canarie, Gigante,<br />

Honey Dew, Madras, Napoletano ed altre a buccia<br />

verde: Manchado F12 - Pinonet - Purceddu - Viking<br />

F1.<br />

In tutte le prove la risposta produttiva e vegetativa<br />

di tutte le cultivar sperimentate sono state sempre<br />

a favore di quelle allevate con la tecnica della pacciamatura.<br />

Peraltro utilizzando la tenica del trapianto<br />

le migliori risposte qualiquantitative si ottengono<br />

soltanto allevando le piante con la pacciamatura<br />

di film trasparente rispetto a quelle allevate su suolo<br />

nudo.<br />

Infatti nelle parcelle pacciamate l'attività vegetativa<br />

è stata per tutto il ciclo biologico sempre maggiore<br />

di quelle allevate su suolo nudo.<br />

Inoltre l'elevato ritmo di accrescimento impresso<br />

dal trattamento pacciamante si è tradotto anche in una<br />

rilevante precocità di emissione dei fiori pistilliferi.<br />

Tutte le cultivar messe a confronto hanno fatto mediamente<br />

registrare un anticipo dell'antesi fiorale di<br />

circa 10 giorni rispetto alle stesse allevate su suolo<br />

nudo.<br />

Tra le più precoci cultivar in prova va ricordato<br />

Tab. 1 - Aspetti qualitativi dei frutti.<br />

l'ibrido Manchado F1 e la cv. Madras, mentre tutti<br />

gli altri tipi hanno avuto una fioritura contemporanea.<br />

Dalla elaborazione dei dati per quel che concerne<br />

la produzione è emerso che la pacciamatura, indipendentemente<br />

dai tipi utilizzati, ha determinato<br />

una significativa precocità di maturazione dei frutti.<br />

Le cultivar più precoci sono state Manchado F1, Amber<br />

F1 e Cartucciaro per i tipi gialli e Purceddu e<br />

Viking per quelli a buccia verde.<br />

In generale la migliore adattabilità all'ambiente di<br />

coltivazione fu dimostrato dalla cv. Madras, Amarillo,<br />

Gigante, Napoletano e Manchado a buccia gialla;<br />

tra quelle ad epiacarpo verde le più interessanti furono<br />

la Viking F1 e l'ecotipo Purceddu.<br />

Un'altra ricerca effettuata nel 1995 realizzata in<br />

territorio di Paceco (TP) mise a confronto gli ecotipi<br />

Cartucciaro e Purceddu con le cv. Madras, Helios<br />

F1, Amariullo, Campero F1 a buccia gialla e Tendral,<br />

Viking F1, Manchado e Pinonet ad epicarpo verde.<br />

Anche in questa prova la migliore risposta produttiva<br />

(1,9 t.ha- 1 ) venne fornita dalla cv. Manchado<br />

che peraltro si confermò la più precoce, mentre interessanti<br />

risultati produttivi furono forniti dalle cv.<br />

Madras ed Helios F1. le cui rese si attestarono intorno<br />

a 1,7 t.ha- 1 . Minori quantitativi furono ottenuti<br />

con gli ecotipi locali Purceddu (14 t.ha- 1 ) e Cartucciaro<br />

(12,8 t.ha-').<br />

Aspetti qualitativi<br />

Le favorevoli condizioni edafiche che si vengono<br />

a determinare su suolo pacciamato consentono una<br />

esaltazione dell'attività fisiologica che si riflette sugli<br />

aspetti qualitativi dei frutti.<br />

Peso medio Grado Spess. buccia Spess. polpa<br />

(gr.) rifrattometrico (mm) (mm)<br />

Madras 2700 ab 14,5 ab 10.0 a 31.7 bc<br />

Helios Fl 2195 ce 15.5 ce 9.0 a 35.7 a<br />

Amarillo 2527 ab 12.6 e 6.3 cd 32.0 bc<br />

Campero Fl 2287 bc 13.2 de 6.5 bd 32.1 bc<br />

Cartucciaro 1926 ef 12.7 e 4.3 d 28.9 d<br />

VikingFl 2340 bc 14.5 ab 8.3 ac 37.0 a<br />

Purceddu 2293 bc 14.0 bd 4.7 d 32.5 b<br />

Tendral 2218 cd 13.8 bd 6.2 cd 33.3 b<br />

Machado Fl 1713 f 15.0 a 5.4 d 30.0 cd<br />

Pinonet 2000 e 14.2 ac 4.0 d 28.3 d


34<br />

to del film pacciamante opaco rispetto a quello trasparente,<br />

vengono peraltro mantenuti nel corso della<br />

coltura grazie all'ombreggiamento che il fogliame<br />

delle piante è capace di realizzare durante il progressivo<br />

accrescimento.<br />

Un esperimento effettuato nel 1982, utilizzando<br />

come test l'ecotipo Cartucciaro, mise in evidenza i limiti<br />

dell'applicabilità della tecnica irrigua alle coltivazioni<br />

melonicole da destinare alla conservazione.<br />

Infatti cadenzando l'irrigazione per l'intero ciclo biologico<br />

le rese unitarie subivano un significativo incremento<br />

rispetto alla coltura condotta in asciutto, ma<br />

la conservabilità dei frutti ne risentiva negativamente.<br />

(Incalcaterra 1982).<br />

Al contrario l'irrigazione di soccorso con uno - tre<br />

interventi praticati fino alla fase iniziale d'ingrossamento<br />

dei frutti determina incrementi produttivi significativi<br />

rispetto alla coltura seccagna, se pure sensibilmente<br />

inferiori a quelli delle colture irrigate per<br />

tutto il ciclo biologico, ma la conservabilità dei frutti<br />

risulta meno compromessa anche se inferiore a quella<br />

dei frutti ottenuti in regime asciutto (lnalcaterra<br />

1982).<br />

Sottoponendo a conservazione i frutti di diverse<br />

cultivar provenienti da culture condotte in regime<br />

asciutto senza pacciamatura è risultato che la cv. Helios<br />

dimostra discrete capacità di conservazione (70%<br />

dei frutti dopo tre mesi), mentre con l'ecotipo Cartucciaro<br />

raggiungono i tre mesi di conservazione post<br />

raccolta il 90% dei peponidi. (Curatolo 1996).<br />

Tra le cultivar a buccia verde il Tendral ed il Viking<br />

F1 hanno dimostrato una conservabilità dei frutti<br />

dell'85% dopo tre mesi, mentre i frutti dell'ecotipo<br />

Purceddu resistono per oltre il 90% dopo tre mesi<br />

di conservazione in cassette in cui i peponidi erano<br />

posti su due strati in magazzino non termocondizionato,<br />

ma aerato. (Curatolo 1996).<br />

Conclusioni<br />

Tutte le ricerche effettuate dimostrano la marcata<br />

influenza dell'ambiente di coltivazione sulla scelta<br />

della varietà che può anche vanificare le tecniche di<br />

coltivazione più sofisticate. La sinergia tra cultivar ed<br />

ambiente tende quindi anche a definire la vocazionalità.<br />

Per tali ragioni la scelta di una nuova varietà<br />

Fig. I - L'introduzione dell'Helios FI sta assumendo un ruoto importante<br />

nelle coltivazioni melonicole della Sicilia Occidentale in quanto si<br />

dimostrata in grado di soddisfare le nuove esigenze di mercato e dei consumatori.<br />

Infatti la forma globosa del frutto risulta adatta al confezionamento<br />

in cassette senza sprechi di spazio, il peso medio dei frutti intorno<br />

a 1500 gr: appare idoneo ad assecondare le richierste dei consumatori<br />

verso frutti medio piccoli, di elevato grado zuccherino e con<br />

elevata percentuale di parte edule.<br />

pone alcuni condizionamenti dipendenti dalle intrinseche<br />

capacità di valorizzare le risorse ambientali;<br />

di garantire il massimo grado di affidabilità della<br />

risposta, di soddisfare specifiche esigenze aziendali<br />

e di esaltare il significato economico della coltura.<br />

Tra le cultivar provate l'introduzione dell'Helios<br />

F1 sta assumendo un ruolo importante nelle coltivazioni<br />

melonicole della Sicilia Occidentale ai fini<br />

della economicità della coltura in quanto si è dimostrata<br />

in grado di soddisfare le esigenze di mercato<br />

e dei consumatori. Infatti la forma globosa del frutto<br />

Fig. 2 - La cv Madras a frutto medio grosso, particolarmente ricercata<br />

nei mercati meridionali, allo stato attuale risulta la più coltivata nell'entroterra<br />

siciliano. Tale diffusione è favorita sopratutto dalla buona<br />

adattabilità all'ambiente di coltivazione e dal basso costo del seme. Tuttavia<br />

a partire dal 1997 si è notata una flessione delle superflci destinate<br />

a tale varietà in seguito all'espansione della cultivar Helios FI che si<br />

è dimostrata la più ricercata su tutti ì mercati.


Fig, 3 - Ira le cv. ad epicarpo giallo il Cartucciaro, con patrimonio<br />

genetico più diversificato, è adatta ad essere impiegato localmente ed<br />

in grado di svolgere un ruolo importante per l'ottenimento di produzioni<br />

di nicchia e di elevata qualità merceologica idonee ad essere<br />

sottoposte a lunga conservazione e ad essere immesse sul mercato con<br />

gradualità fino alla seconda decade di dicembre.<br />

risulta adatta al confezionamento in cassette senza sprechi<br />

di spazio, il peso medio dei frutti intorno a 1500 gr.<br />

appare idoneo ad assecondare le moderne esigenze dei<br />

consumatori e così anche il suo elevato grado zuccherino<br />

e l'elevata percentuale di parte edule. (Fig. 1 ).<br />

La pezzatura medio piccola e le ottime caratteristiche<br />

organolettiche rendono idoneo questo ibrido<br />

F1 per i programmi di commercializzazione riguardanti<br />

il nord Italia ed Europa.<br />

Di contro la cv. Madras a frutto medio grosso, particolarmente<br />

ricercata nei mercati meridionali, allo<br />

stato attuale risulta la più coltivata nell'entroterra<br />

siciliano. Tale diffusione è favorita sopratutto dalla<br />

buona adattabilità all'ambiente di coltivazione e dal<br />

basso costo del seme (Fig. 2). Tuttavia a partire dal<br />

1997 si è notata una flessione delle superfici destinate<br />

a tale varietà in seguito all'espansione della cultivar<br />

35<br />

Fig. 4 - Trale cv. ad epicarpo verde resta interessante la valorizzazione<br />

dell'ecotipo locale Purceddu che per le peculiari caratteristiche qualitative<br />

(elevalo tenore zuccherino, buona consistenza della polpa ed<br />

elevato indice di conservabilità) la rendono particolarmente richiesta<br />

sìa sui mecati locali, sia su quelli europei.<br />

Helios FI che si è dimostrata la più ricercata su tutti<br />

i mercati.<br />

Tra le cv. ad epicarpo giallo il Cartucciaro, con patrimonio<br />

genetico più diversificato, è adatto ad essere<br />

impiegato localmente ed in grado di svolgere un<br />

ruolo importante per l'ottenimento di produzioni di<br />

nicchia e di elevata qualità merceologica idonee ad<br />

essere sottoposte a lunga conservazione e ad essere<br />

immesse sul mercato con gradualità fino alla seconda<br />

decade di dicembre.<br />

Tra le cv. ad epicarpo verde resta interessante la<br />

valorizzazione dell'ecotipo locale Purceddu che per<br />

le peculiari caratteristiche qualitative (elevato tenore<br />

zuccherino, buona consistenza della polpa ed elevato<br />

indice di conservabilità) la rendono particolarmente<br />

richiesta sia sui mercati locali, sia su quelli europei.<br />

(Fig. 4).


36<br />

1) Caruso P. - Concimazione e qualità degli ortaggi<br />

- Ed. R.E.D.A. Riv. Italia Agrìcola. Ott-Dic 1989.<br />

2) Curatolo G., Incalcaterra G. - Reattività del <strong>melone</strong><br />

invernale (var. inodorus) alla pacciamatura<br />

con polietilene nero, al trapianto e a diverse densità<br />

d'investimento.<br />

' 3) L'Informatore Agrario, 6, 1992.<br />

4) Curatolo G. - Valutazione bioagronomica di cultivar<br />

di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> (Cucumis melo var. inodorus)<br />

ATTI III GIORNATE SCIENTIFICHE<br />

S.O.I. ERICE 10-14 marzo 1996.<br />

5) Curatolo G. Incalcaterra G. - Pacciamatura e sarchiatura<br />

del suolo per la coltura del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>.<br />

International Congress of C.I.P.A. Verona<br />

8 th - 11 th March 1995.<br />

6) Incalcaterra G. - Riflessi dell'irrigazione sulla produttività<br />

e conservabilità del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />

"Giallo di Paceco" - Atti del Convegno "Bilancio<br />

e prospettive dello sviluppo dell'irrigazione in<br />

Sicilia". Catania 23 - 25 Ottobre 1986.<br />

7) Incalcaterra G., Curatolo G. Reattività di diverse<br />

cultivar di <strong>melone</strong> invernale (Cucumis melo var.<br />

inodorus N.) alla pacciamatura con film trasparente<br />

- 13 lh International Congress of C.I.P.A. Verona 8"'<br />

- 11 March, 1994.<br />

8) Stringi L., Sciortino A., Strategie di scelta di specie<br />

e di varietà in ambiente mediterraneo - Rivista<br />

di Agronomia Anno XXX n. 3 suppl. luglio -<br />

settembre 1996.


Miglioramento genetico del <strong>melone</strong> attraverso l'impiego delle biotecnologie<br />

Ficcadenti N. (Istituto Sperimentale per l'Orticoltura di Monsampolo del Tronto - AP)<br />

<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> (Cucumis melo L.) è una specie diploide<br />

2n=24, estremamente polimorfa sia per i caratteri<br />

del frutto che dell'apparato vegetativo tanto da rendere<br />

sempre difficoltosa la classificazione sistematica<br />

delle numerose forme coltivate, semicoltivate e<br />

spontanee. Tra le diverse classificazioni proposte la<br />

più valida rimane ancora quella di Naudin che riunisce<br />

la specie in cinque varietà botaniche tra cui quelle<br />

di maggiore interesse sono: cantalupensis, reticulatus,<br />

inodorus e flexuosus. La biologia fiorale è quella<br />

tipica di una specie a fecondazione allogama, ma<br />

presenta una notevole variabilità per quanto concerne<br />

il rapporto tra i diversi tipi di fiori. L'espressione<br />

sessuale determina pertanto la differenziazione delle<br />

cultivar in quattro categorie: monoiche (fiori maschili<br />

e femminili), ginoiche (fiori femminili), andromonoiche<br />

(fiori maschili e fiori ermafroditi) e<br />

ermafrodite (fiori perfetti). La maggior parte delle varietà<br />

e/o ibridi Fl coltivati sono andromonoiche e monoiche<br />

mentre molto raramente sono ginoiche.<br />

Nel nostro Paese, pur essendo stati condotti numerosi<br />

studi agronomici e varietali, scarso interesse<br />

è stato dedicato al miglioramento genetico da parte<br />

delle istituzioni scientifiche pubbliche nonostante<br />

l'importanza che la coltura assume nell'ambito dell'orticoltura<br />

nazionale (circa 21.000 ha di superficie<br />

investita in pieno campo e 2.300 ha in coltura protetta<br />

- dati ISTAT 1996). <strong>Il</strong> lavoro di miglioramento è<br />

stato condotto finora con metodi convenzionali, ma i<br />

programmi richiedono tempi molto lunghi, spazi ampi<br />

per il loro svolgimento e spesso forniscono risultati<br />

incerti. L'aspetto più critico è indubbiamente rappresentato<br />

dalla necessità di dover praticare l'impollinazione<br />

controllata, data la peculiarità dell'apparato<br />

fiorale. Nel <strong>melone</strong>, come in tutte le cucurbitacee<br />

nel corso del lavoro di selezione, non si hanno<br />

vistosi fenomeni di depressione del vigore da incrocio<br />

che, sebbene facilitino l'opera di miglioramento<br />

attraverso la presenza di variabilità continua, rendono<br />

però più instabili i progressi acquisiti con il sistema<br />

selettivo. Per il <strong>melone</strong>, non esiste uno specifico<br />

metodo di breeding da seguire (il pedigree, la selezione<br />

ricorrente e/o massaie) ma sono gli obiettivi<br />

37<br />

che si vogliono perseguire a determinarne la scelta.<br />

La costituzione di cultivar dotate di caratteristiche genetico-agronomiche<br />

più rispondenti ai differenti ambienti<br />

colturali, è ormai una esigenza connessa sia alle<br />

condizioni molto diverse che offre la nostra Penisola<br />

sia alla continua evoluzione delle esigenze di<br />

mercato.<br />

In Italia è ormai predominante l'utilizzo di sementi<br />

ibride F1 di meloni di tipo "retato" e "Cantalupo" che<br />

oltre all'uniformità delle rese sono dotati di idonee<br />

caratteristiche organolettiche e di resistenze genetiche<br />

nei confronti dei patogeni più virulenti. Considerate<br />

le notevoli confluenze scientifiche della ricerca<br />

privata nell'ulteriore miglioramento delle sementi<br />

di così elevato valore generico-agronomico si ritiene<br />

superfluo cimentarsi in così impari gara, mentre<br />

appare indispensabile l'avvio di un programma di<br />

recupero e di miglioramento genetico delle popolazioni<br />

di inodorus, i cosiddetti tipi "invernali" che<br />

caratterizzano le coltivazioni delle regioni meridionali<br />

occupando circa il 48% dell'intera superficie investita.<br />

I criteri seguiti dai coltivatori nella riproduzione<br />

del seme, come pure lo stesso sistema di fecondazione<br />

e di impollinazione entomofila, hanno<br />

contribuito nel tempo ad accumulare in molti dei materiali<br />

indigeni eterogeneità fenotipica per uno o più<br />

caratteri morfologici e fisiologici. Sebbene rappresentino<br />

le espressioni di una selezione naturale e possiedano<br />

capacità di adattamento all'ambiente richiedono<br />

interventi di selezione tesi a migliorare alcuni<br />

aspetti bio-agronomici e qualitativi attraverso l'inclusione<br />

di geni come maschiosterilità e partenocar-<br />

Fig. 1 - Numero di cromosomi dì una pianta aploide di <strong>melone</strong> n=l2


38<br />

pia e di fattori di resistenza nei confronti di funghi nematodi<br />

e virus. La valorizzazione di un patrimonio<br />

varietale così ampio potrebbe, quindi, contribuire al<br />

rilancio dei tipi a consumo invernale nelle zone tipiche<br />

di coltivazione e non. Significativi risultati, nel<br />

lavoro di miglioramento sono stati conseguiti di recente<br />

mediante l'impiego delle tecniche di ingegneria<br />

genetica (Fig. 1).<br />

Le biotecnologie costituiscono un supporto efficace<br />

al miglioramento genetico tradizionale e sono<br />

indispensabili per l'attuazione di programmi di sviluppo<br />

che, nel passato, potevano apparire impraticabili.<br />

Attraverso il finanziamento dei progetti finalizzati<br />

"Biotecnologie avanzate", "Resistenze genetiche<br />

agli stress biotici e abiotici" e "Orticoltura"<br />

del nostro Ministero agricolo, l'attività di ricerca ha<br />

reso possibile oltre all'acquisizione di conoscenze<br />

scientifiche di base anche l'ottenimento di positivi risultati<br />

mediante l'impiego delle tecniche di coltura in<br />

vitro quali rigenerazione somatica, partenogenesi in<br />

situ, trasformazione genetica e ginogenesi (Fig. 2).<br />

Fig. 2 - Embrione rigenerato da ovario.<br />

Rigenerazione<br />

In <strong>melone</strong> la possibilità di rigenerare piante partendo<br />

da espianti somatici di cotiledoni e/o foglie è<br />

riconducibile ad un passato piuttosto recente. Diversi<br />

autori hanno riportato esperienze utilizzando<br />

perlopiù genotipi afferenti alla varietà botanica reticulatus.<br />

<strong>Il</strong> sistema di rigenerazione messo a punto nei<br />

nostri esperimenti ha previsto invece l'impiego di<br />

linee e cultivar di introduzione italiana di entrambe<br />

le varietà botaniche reticulatus e inodorus. I risulta-<br />

ti ottenuti hanno consentito non solo di ottimizzare<br />

l'efficienza del sistema di rigenerazione in vitro indispensabile<br />

per avviare esperimenti di trasformazione<br />

genetica ma di individuare i genotipi capaci<br />

di dare la migliore risposta morfogenetica (n° di germogli<br />

rigenerati per espianto coltivato) da impiegare<br />

in programmi di ricerca mirati alla costituzione di<br />

linee e/o ibridi Fl migliorati.<br />

Ginogenesi<br />

Numerosi studi sono stati avviati al fine di individuare<br />

le tecniche più idonee per indurre aploidia.<br />

Metodi di breeding tradizionale quali: ibridazione interspecifica,<br />

intergenerica e semigamia e tecniche più<br />

recenti, come la coltura in vitro di antere, di ovari e<br />

di ovuli, hanno permesso l'ottenimento di aploidi in<br />

diverse specie coltivate. In <strong>melone</strong> le prime piante<br />

aploidi, sebbene con frequenze piuttosto basse, sono<br />

state ottenute mediante ibridazione interspecifica<br />

tra Cucumis melo (2n) e Cucumis ficifolius (4n) e<br />

partenogenesi indotta impiegando polline trattato con<br />

alte dosi di raggi gamma, mentre i diversi tentativi di<br />

applicazione di tecniche di androgenesi e ginogenesi<br />

avevano finora fallito. Con la tecnica della partenogenesi<br />

in situ, sono state prodotte diverse linee isogeniche<br />

diplo-aploidi di <strong>melone</strong> da ecotipi della varietà<br />

inodorus e da genotipi di accertato interesse agronomico-commerciale<br />

della varietà reticulatus che verranno<br />

utilizzati in programmi di miglioramento genetico<br />

per resistenza a funghi, virus e nematodi. Parallelamente,<br />

sono stati impostati esperimenti di coltura<br />

in vitro impiegando ovari non fecondati per indurre<br />

aploidia nella specie senza dover ricorrere all'impiego<br />

di agenti fisici come le radiazioni ionizzanti<br />

(raggi X e γ) che rendono di difficile applicazione<br />

la tecnica in virtù di limitazioni riconducibili alla<br />

disponibilità della sorgente di radiazione e di personale<br />

qualificato per l'esecuzione. Dopo ripetuti tentativi<br />

effettuati per diversi anni impiegando tale tecnica<br />

senza successo, per la prima volta nel mondo<br />

in <strong>melone</strong> è possibile ottenere piante aploidi ginogeniche.<br />

I risultati ottenuti, sebbene preliminari, lasciano<br />

intravedere la possibilità di produrre numerose<br />

piante aploidi con notevole rapidità (Fig. 3).


Fig. 3 - Rigenerazione di <strong>melone</strong> inodorus.<br />

Trasformazione genetica<br />

Le piante transgeniche possiedono un genoma nel<br />

quale sono stati inseriti geni provenienti da fonti diverse<br />

che non avrebbero potuto acquisire con il normale<br />

processo sessuale (Fig. 4). L'approccio biotecnologico<br />

mediante le tecniche di ingegneria genetica<br />

consente di trasferire nelle piante geni capaci di conferire<br />

tolleranza e/o resistenza nei confronti dei patogeni<br />

più temibili e geni di interesse agronomico e<br />

qualitativo. <strong>Il</strong> trasferimento di questi geni nelle varietà<br />

coltivate è stato fatto finora con il lungo lavoro<br />

di reincrocio che però, talvolta ha determinato<br />

Fig. 4 - Pianta transgenica.<br />

39<br />

anche il trasferimento contemporaneo di caratteri che<br />

hanno inciso negativamente sulla produzione e sulla<br />

qualità. Gli esperimenti di trasformazione genetica<br />

mediati da Agrobacterium tumefaciens hanno consentito<br />

finora di inserire nel genoma di cultivar di <strong>melone</strong><br />

inodorus geni capaci di conferire tolleranza al<br />

virus del CMV e geni che determinano lo sviluppo<br />

partenocarpico del frutto. Ovviamente tali significativi<br />

risultati dovranno essere oggetto di valutazioni<br />

genetico-agronomiche ma in ogni caso rappresentano<br />

un ulteriore progresso nel lavoro di miglioramento<br />

genetico del <strong>melone</strong>.<br />

Conclusioni<br />

L'Istituto Sperimentale per l'Orticoltura ha svolto,<br />

nell'ambito del miglioramento genetico del <strong>melone</strong><br />

un ruolo di primaria importanza. L'attività di ricerca,<br />

iniziata fin dal 1982, ha permesso oltre alla conservazione<br />

del germoplasma e la selezione di un'ampia<br />

gamma di linee pure, diversificate per produttività<br />

e caratteristiche merceologiche del frutto, anche<br />

la costituzione di ibridi dotati di resistenza genetica<br />

e/o tolleranza nei confronti delle principali fitopatie.<br />

Un valido contributo è stato apportato dall'impiego<br />

delle biotecnologie che hanno consentito non<br />

solo l'acquisizione di conoscenze di base, ma anche<br />

il raggiungimento di risultati di pratica applicabilità,<br />

che consentiranno di progredire celermente nel<br />

miglioramento genetico della specie.


Esperienze sulle principali avversità del <strong>melone</strong><br />

Ammavuta G. - Di Graziano M. (Osservatorio Regionale per le Malattie delle Piante - PA)<br />

Nel 1994 nasce, dalla collaborazione tra l'O.M.P. prenditori a rispondere alle interviste in maniera atdi<br />

Palermo e l'Assessorato Agricoltura e Foreste, il tendibile.<br />

"Progetto Melone". Nell'ambito di quest'iniziativa Quest'indagine ha fornito interessanti elementi col'O.M.P.<br />

si è occupato delle problematiche fitosani- noscitivi sulle avversità e sulle strategie di controltarie.<br />

lo adottate ordinariamente e in particolare:<br />

<strong>Il</strong> primo passo è stato quello di rendere oggetti- - l'afide nero delle malvacee e delle cucurbitave<br />

ed organiche le notizie sulla difesa della coltura, cee (Aphis gossypii) si conferma l'insetto chiave deimediante<br />

un'indagine conoscitiva che ha avuto come la coltura; esso è risultato presente a livelli potenobiettivi<br />

principali: zialmente dannosi in 4/11 aziende (soglia empirica di<br />

- il monitoraggio sulla diffusione delle principali una media di 10 colonie per pianta sulla parcella esaavversità<br />

del <strong>melone</strong>; minata) ed è stato oggetto di almeno un trattamento<br />

- la verifica sulla scelta dell'agricoltore in materia in tutte le aziende esaminate (massimo 6); in 4 aziendi<br />

difesa fitosanitaria. de del campione sono stati effettuati trattamenti a ca-<br />

A tal fine sono stati effettuati rilievi quindicinali e rattere preventivo; in nessuna azienda si è comunque<br />

interviste, sul pool di undici aziende, scelte in col- registrato deprezzamento della produzione causato da<br />

laborazione con le Sezioni Operative di Assistenza questo insetto;<br />

Tecnica di Buseto e Paceco (TP), Sancipirrello (PA) - Bemisia tabaci si presenta in maniera diffusa sul<br />

e Menfi (AG), dislocate nei principali areali melo- campione (9/11 aziende), raggiungendo livelli ponicoli<br />

della Sicilia occidentale. tenzialmente dannosi (soglia empirica di presenza<br />

I criteri di scelta delle aziende sono stati quelli del- di aggregati di neanidi ed abbondante melata) in 4/11<br />

le rappresentatività e della disponibilità degli im- aziende; tuttavia i controlli effettuati alla raccolta non


42<br />

hanno fatto registrare deprezzamenti della produ- mente oggetto di ripetuti trattamenti, sono stati conzione<br />

causati dalla presenza di melata o fumaggine; trollati sia su appezzamenti pacciamati e con suolo<br />

- la tracheofusariosi si conferma l'avversità con il nudo, esclusivamente con la distribuzione di foglie e<br />

più alto potenziale di dannosità, avendo distrutto tut- piante molto infestate e con l'esecuzione di trattamenti<br />

ta la coltivazione nell'ambito di un'azienda; inoltre localizzati.<br />

sono stati registrati, contro quest'avversità, dei ten- Riguardo la Mosca bianca (quasi sempre rappretativi<br />

di terapia chimica effettuati con svariati, quan- sentata da popolazioni di Bemisia tabaci), le espeto<br />

inutili, trattamenti fungicidi. rienze di monitoraggio e le osservazioni svolte,in-<br />

Con riguardo alle strategie di difesa adottate è dicano la necessità del controllo solo in particolari<br />

risultato che: condizioni quali:<br />

- per singola azienda sono stati effettuati da un mi- - attacco con formazione di densi aggregati di neanimo<br />

di 4 a un massimo di 7 trattamenti utilizzando nidi su giovani piante e induzione di uno stato di de-<br />

12 p.a. insetticidi diversi, 3 p.a. acaricidi,11 p.a. fun- bilitazione dovuta all'attività di suzione (danno digicidi<br />

ed 1 p.a. ad azione polivalente; retto);<br />

- l'insetticida più utilizzato sul campione è il me- - imbrattamento dei frutti con la melata e succestomil<br />

(25% degli impieghi); tra i fungicidi prevale lo sivo sviluppo di fumagine in concomitanza di andazolfo<br />

in polvere (40% degli impieghi); menti climatici umidi.<br />

- la modalità di distribuzione più adottata è quel- Al fine di limitare la presenza di quest'insetto,difla<br />

liquida (60% dei trattamenti); ficile da controllare anche con ripetuti trattamenti chi-<br />

- il 25% degli impieghi complessivi di p.a. è de- mici, che finiscono per rivelarsi antieconomici e posstinata<br />

a controllare avversità non rilevate o non cu- sono causare selezione di ceppi resistenti come avrabili<br />

con la terapia chimica; venuto per le colture in serra, è consigliabile adope-<br />

- il 13% degli impieghi complessivi è stato fatto rare, dovendo effettuare trattamenti contro gli Aficon<br />

p.a. non autorizzati sulla coltura. di, prodotti fitosanitari efficaci anche su Mosca bian-<br />

L'analisi dei risultati indica la necessità di basa- ca (es. imidacloprid, etofenprox) limitando i danni inre<br />

la difesa fitosanitaria su criteri più razionali, de- diretti effettuando trattamenti dilavanti la melata e<br />

stinati a renderla più efficace nei confronti del pa- controllando l'eventuale insorgenza della fumaggine<br />

rassita bersaglio, quindi economicamente più van- con trattamenti a base di composti rameici,<br />

taggiosa e meno pericolosa per gli applicatori, per Riguardo al secondo punto, le tracheomicosi hanl'ambiente<br />

e per i consumatori. no mantenuto, durante tutto il periodo 1994/97, un'e-<br />

Sulla scorta di queste analisi hanno preso spunto levata e costante pericolosità dal punto di vista eziole<br />

indagini successive svolte dall'O.M.P. nel triennio logico, la manifestazione delle tracheomicosi è da at-<br />

1995/97, che hanno riguardato: tribuire per la quasi totalità a Fusarium oxysporum<br />

1. la raccolta di notizie ed informazioni concer- f.s. melonis (F.o.m.) ed in misura notevolmente infenenti<br />

gli insetti chiave della coltura; riore a Verticillium dahaliae.<br />

2. l'individuazione di altri agenti di tracheomi- Nel periodo di osservazione (1994/97) sono stacosi<br />

e di altri patogeni a habitus terricolo, finalizza- te riscontrate anche dei casi di affezioni dell'appaia<br />

all'adozione di idonee strategie di prevenzione. rarto radicale dovute a Pyrenochaeta Iycopersici (pa-<br />

Riguardo al primo punto, l'esperienza di moni- togeno isolato dall'Istituto Pa. Ve. Palermo) e, su piantoraggio<br />

dell'Afide delle malvacee, svolta con ca- te tolleranti al F.o.m. sono stati riscontrati sintomi<br />

denza settimanale, ha indicato comunque come la pre- di marciume del colletto causato da Fusarium solani.<br />

senza continua del tecnico in azienda e la sensibi- Per quel che concerne le indicazioni di lotta al comlizzazione<br />

dell'imprenditore possano contenere net- plesso di questi funghi ad habitus terricolo si ritiene<br />

tamente il numero dei trattamenti contro il parassi- utile:<br />

ta: infatti livelli di infestazione medio-bassa, solita- - adoperare varietà resistenti e materiale di pro-


pagazione sano;<br />

- evitare le semine troppo anticipate;<br />

- effetuare lunghe rotazioni (il Fusarium oxysporum<br />

è dotato di organismi di quiescenza che lo<br />

possono conservare per decine di anni);<br />

- studiare la precessione colturale, poiché in alcuni<br />

casi anche le colture arboree o la vite possono lasciare<br />

una carica infettiva di funghi pericolosi per il<br />

<strong>melone</strong> (Verticillium);<br />

- razionalizzare l'irrigazione che altrimenti può divenire<br />

fattore predisponente alle infezioni;<br />

- mantenere le piante in buone condizioni vegetoproduttive<br />

ed evitare lesioni all'apparato radicale.<br />

Le esperienze esposte costituiscono solo i primi<br />

risultati dell'attività progettuale che se per alcuni aspetti<br />

incoraggianti, non costituiscono che un punto di<br />

partenza.<br />

Infatti la necessaria razionalizzazione della difesa<br />

fitosanitaria, è legata ad una sempre più marcata<br />

collaborazione fra imprese agricole e assistenza tecnica,<br />

basata sull'offerta di un vero e proprio pacchetto<br />

di servizi di consulenza agronomica e fitopatologica.<br />

Per mettere a punto tale pacchetto, occorre proseguire<br />

le attività progettuali privilegiando i seguenti<br />

obiettivi:<br />

1. avviare collaborazioni specialistiche per incrementare<br />

il potenziale tecnico scientifico del pro-<br />

43<br />

getto su precise tematiche diagnostiche (es. determinazione<br />

dei ceppi Fusarium spp.);<br />

2. verificare in campo i limiti e l'applicabilità delle<br />

soglie di intervento e dei metodi di monitoraggio<br />

proposti della letteratura scientifica per<br />

l'afide nero e indagare ulteriormente sulla dannosità<br />

di B. tabaci;<br />

3. approfondire la conoscenza sul ruolo dell'entomofauna<br />

utile nel controllo di questi parassiti;<br />

4. proporre una lista positiva di p.a. caratterizzati<br />

da efficacia, limitata tossicità, selettività e convenienza<br />

economica da aggiornare sulla scorta<br />

di prove di campo;<br />

5. mettere a punto la tecnica di esecuzione dei trattamenti<br />

in relazione alle diverse avversità;<br />

6. definire le "buone tecniche di coltivazione" con<br />

particolare riguardo a quelle alternative di controllo<br />

delle avversità;<br />

7. diffondere le acquisizioni relative agli argomenti<br />

prima menzionati con apposite campagne divulgative;<br />

8. verificare (in corso d'opera e alla fine) la ricaduta<br />

delle acquisizioni e la raccolta di tutti gli<br />

elementi utili per eventuali revisioni degli obiettivi<br />

progettuali e delle metodologie adoperate.


Problematiche relative alle fusariosi del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />

Corazza L. (Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale di Roma)<br />

Una delle principali patologie fungine del <strong>melone</strong>,<br />

e in particolare del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, è la tracheofusariosi,<br />

causata da Fusarium oxysporum Schlecht<br />

f. sp. melonis (Leach et Currence) Snyder et<br />

Hansen (Fom), un micete che vive e si moltiplica nel<br />

terreno. L'andamento della malattia e la sintomatologia<br />

sono differenti a seconda del rapporto tra l'ospite<br />

(cultivar, popolazioni locali), l'ambiente (condizioni<br />

pedoclimatiche, agrotecniche adottate, anche<br />

negli anni precedenti) e il patogeno (razza fisiologica,<br />

gruppo di compatibilita vegetativa delle popolazioni<br />

fungine). Al Sud la malattia è molto dannosa sia<br />

in pieno campo sia in coltura protetta.<br />

La sindrome può essere di tipo acuto, con avvizzimento<br />

improvviso, manifestandosi in genere all'inizio<br />

della fioritura, a partire dall'alto, come di regola<br />

accade per la tracheomicosi, oppure si può assistere<br />

ad un graduale appassimento della pianta. Internamente,<br />

si producono gli imbrunimenti caratteristici<br />

delle tracheomicosi. In seguito, alla base del fusto,<br />

compare un essudato gommoso, che può contenere<br />

micro e macroconidi del fungo e può contribuire alla<br />

diffusione della malattia, anche per via aerea.<br />

Un aspetto di rilievo è rappresentato dall'infezione<br />

sui frutti, che può rimanere latente e manifestarsi,<br />

in particolari condizioni di temperatura e di umidità,<br />

anche molti giorni dopo la raccolta. Questo ha sollecitato<br />

una serie di ricerche sulla prevenzione e cura dei<br />

marciumi, soprattutto in post-raccolta (Brigati e Gori,<br />

1986). I frutti possono essere infettati già in campo,<br />

oppure attraverso la ferita peduncolare o altre lesioni,<br />

al momento della raccolta e/o nelle fasi successive<br />

(carico, scarico, immagazzinamento); osservazioni<br />

di campo hanno evidenziato come la pacciamatura<br />

riduca l'incidenza del marciume dei frutti.<br />

I frutti sono suscettibili, oltre che a F. oxysporum,<br />

anche a diverse altre specie di Fusarium (Marziano et<br />

al., 1993). Di recente, ad esempio, da frutti con marciume<br />

apicale di una popolazione locale a corteccia<br />

gialla, è stato isolato F. culmorum, patogeno polifago,<br />

che può provocare danni su numerose altre colture,<br />

ortive e cerealicole. L'infezione, dall'esterno,<br />

può passare all'interno dei frutti, fino a contamina-<br />

re i semi. Per questo motivo, è molto importante,<br />

per la produzione dei semi, partire da frutti sani; i semi,<br />

poi, estratti e conservati nelle migliori condizioni,<br />

devono essere conciati con fungicidi, come di norma<br />

viene fatto dalle Ditte produttrici.<br />

Non di rado, dalla parte basale di piante che presentano<br />

ingiallimento ed appassimento delle foglie, è<br />

stato isolato Fusarium solani (Mart.) Appel et Wollenw.<br />

emend. Snyd. et Hans., fungo con habitat prevalentemente<br />

terricolo, come, del resto Fom. Mentre<br />

la tracheofusariosi è causata da un fungo con stretta<br />

specializzazione nei confronti del <strong>melone</strong>, il F. solani<br />

isolato dalle piante (colletto e radici), potrebbe<br />

appartenere alla forma speciale cucurbitae, segnalata<br />

anche su altre Cucurbitacee, come zucca e cocomero.<br />

F. solani può indurre, oltre al marciume del colletto<br />

e delle radici anche marciume molle dei frutti. E<br />

stata dimostrata l'esistenza di due distinte popolazioni<br />

del fungo, la razza 1 che colpisce piante e frutti, e<br />

la razza 2, che colpisce soltanto i frutti. Entrambe queste<br />

specie di Fusarium possono infettare e/o contaminare<br />

il seme; la possibilità di trasmissione per seme<br />

di F. solani sembra più elevata rispetto a Fom; anche<br />

se non è nota l'importanza pratica di questo fenomeno,<br />

un trattamento conciante ai semi dovrebbe<br />

essere efficace almeno nei confronti di queste due spe-<br />

Pianta di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> nella fase di inizio fioritura con evidenti sintomi<br />

di tracheofusariosi.<br />

cie di Fusarium. Entrambi questi patogeni sopravvivono<br />

a lungo nel terreno, fino a 10 anni e di Fom<br />

oltre, soprattutto grazie alla produzione di clamidospore,<br />

organi durevoli a parete spessa, che possono<br />

trovarsi nel terreno anche in profondità. La produzione<br />

di clamidospore è uno dei fattori che rendono<br />

45


Tipica manifestazione di tracheofusariosi in prossimità della raccolta.<br />

difficile il contenimento della malattia attraverso interventi<br />

colturali, come le rotazioni, anche perché Foni<br />

può sopravvivere saprofiticamente su residui colturali,<br />

sia di <strong>melone</strong> sia di altre specie vegetali. Esperienze<br />

di trattamento del terreno con fumiganti, anche<br />

a dosi elevate, non hanno avuto risultati molto incoraggianti;<br />

inoltre è stato anche dimostrato come<br />

Fom sia capace di colonizzare nuovamente i terreni<br />

trattati con biocidi ad ampio spettro di efficacia sia<br />

per l'aumentata produzione di propagoli infettivi sia<br />

per la maggiore estensione dell'area infestata dal patogeno,<br />

a causa della mancanza e/o scarsità di microrganismi<br />

competitori (Marois et al., 1982). La natura<br />

del suolo influenza notevolmente la gravità della<br />

malattia; infatti, i vari terreni, per le loro caratteristiche<br />

microbiologiche, hanno la facoltà di favorire<br />

o, ostacolare lo sviluppo del patogeno. La competizione<br />

nei confronti di Fom può essere esercitata da<br />

specie di Fusarium saprofite e, tra queste, da F. oxysporum<br />

non patogeni, ma anche da attinomiceti e da<br />

batteri antagonisti. Come è noto anche per altri binomi<br />

ospite/patogeno, la presenza di nematodi galligeri<br />

(Meloidogyne spp.) può ridurre o annullare la<br />

resistenza a Fom. L'innesto delle piante di <strong>melone</strong> su<br />

piede resistente (ad es. Cucurbita ficifolia o Cucumis<br />

metuliferus) può essere un mezzo valido per contenere<br />

sia gli attacchi di nematodi sia l'infezione da<br />

Fom. Si tratta, tuttavia, di un approccio costoso (Ferrari,<br />

1998). Lo sfruttamento della capacità repressiva<br />

di alcuni terreni può rappresentare un promettente<br />

mezzo di controllo della tracheofusariosi del <strong>melone</strong>,<br />

ma necessita per l'applicazione pratica di ulteriori indagini<br />

(Garibaldi, 1988). Troppa poca attenzione è<br />

stata data, probabilmente, anche alla possibilità di controllo<br />

con la tecnica della solarizzazione, che indu-<br />

ce una parziale sterilizzazione del terreno, nonostante<br />

alcuni risultati incoraggianti siano stati ottenuti<br />

in coltura protetta nell'Italia Centrale (Vannacci et al,<br />

1993; Corazza 1995 dati non pubblicati). La difficoltà<br />

di controllo della tracheofusariosi è legata non<br />

solo alla capacità dell'agente patogeno di sopravvivere<br />

a lungo nel terreno e alle difficoltà correlate al<br />

trattamento del terreno con mezzi chimici, ma anche<br />

alla variabilità genetica delle popolazioni patogene,<br />

espressa in genere attraverso l'identificazione<br />

delle razze, che vengono determinate infettando, in<br />

condizioni standard, una serie di differenziali dei quali<br />

è nota la base genetica. In Italia, sono state identificate<br />

le quattro razze fisiologiche del patogeno finora<br />

note (1,2,1-2 ceppo "wilt", 1-2 ceppo "yellow") (Cappelli<br />

et al., 1995; Tanietti et al., 1994). È da segnalare<br />

in particolare la razza 1-2, dotata di geni di virulenza<br />

in grado di superare i geni di resistenza (Fom<br />

1 e Fom 2) introdotti nelle varietà commerciali di <strong>melone</strong>.<br />

Infatti, l'uso sempre più frequente e ripetuto negli<br />

anni, di cultivar resistenti alle razze 0,1 e 2 ha certamente<br />

esercitato una pressione selettiva sulle popolazioni<br />

di Fom presenti nei nostri terreni, selezionando<br />

quelle con fattori di virulenza capaci di superare<br />

i fattori di resistenza delle cultivar più comunemente<br />

coltivate. Molto poco è noto per le zone di coltura<br />

del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> sia per quanto riguarda le<br />

razze di Fom sia per il comportamento delle diverse<br />

popolazioni locali della cucurbitacea nei confronti<br />

delle Fusariosi. Nell'ambito del Piano Nazionale "Orticoltura"<br />

finanziato dal Ministero per le Politiche<br />

Agricole, l'Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale<br />

ha intrapreso un programma di ricerca che prevede<br />

la caratterizzazione delle popolazioni patogene<br />

di Fom nelle zone di coltura del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />

e l'analisi della resistenza delle popolazioni delle cucurbitacea<br />

più interessanti per caratteristiche agronomiche.<br />

Questo lavoro è di supporto all'attività di<br />

miglioramento genetico per resistenza alla tracheofusariosi,<br />

svolta dall'Istituto Sperimentale per l'Orticoltura<br />

e in particolare della Sezione di Monsampolo<br />

(AP); inoltre contribuisce alla valorizzazione e<br />

alla difesa della conservazione delle risorse genetiche<br />

di una specie tipica delle regioni meridionali e<br />

della Sicilia in particolare.


Bibliografia 47<br />

I ) Brigati S., Gori P, 1986. Prevenzione dei marciumi<br />

da Fusarium oxysporum dei meloni dopo<br />

la raccolta. Informatore Fitopatologico, 37, 5,<br />

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2) Cappell C, Stravato V.M., Buonaurio R., 1995.<br />

Tracheofusariosi del <strong>melone</strong>, osservazioni nel<br />

periodo 84-94. Colture Protette, 12, 69-71.<br />

3) Ferrari V., 1988. Fusarium e nematodi galligeni,<br />

due avversità del <strong>melone</strong> di difficile controllo<br />

chimico. L'Informatore Agrario, 53, suppl. 3,48-<br />

50.<br />

4) Garibaldi A., 1988. Recenti sviluppi concernenti<br />

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5) Marois J.J., Dunn M.T., Papavizas G.C., 1982.<br />

Reinvasion of fumigated soil by Fusarium oxysporum<br />

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684.<br />

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dei frutti di <strong>melone</strong> da Fusarium incarnatum.<br />

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32.<br />

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e distribuzione delle razze fisiologiche di<br />

Fusarium oxysporum f. sp. melonis in Italia. Petria,<br />

4, 103-110.<br />

8) Vannacci G., Panattoni A., Materazzi A., Triolo<br />

E., 1993. Esperienze di solarizzazione del terreno<br />

per la lotta contro Fusarium oxysporum in<br />

coltura protetta. Colture Protette, 1/Suppl., 69-<br />

72.<br />

9) * Estratto della relazione presentata alla Giornata<br />

di Studio "<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>", il 7 Novembre<br />

1997, Buseto Palizzolo (TP).


La qualità del <strong>melone</strong>: caratteristiche e fattori che la modificano'<br />

Romano D., Leonardi C. - (Istituto di Orticoltura e Floricoltura - Università di Catania)<br />

1. Premessa<br />

<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> occupa un posto di grande rilievo nel panorama<br />

dell'orticoltura, testimoniato dai circa 20.000<br />

ettari di superficie e dagli oltre 5 milioni di quintali<br />

di produzione (Tognoni e La Malfa, 1996). In Sicilia,<br />

in particolare, la coltivazione si è estesa negli ultimi<br />

anni ed incide ormai per circa il 30% della superficie<br />

nazionale; le aree elettive di diffusione sono<br />

localizzate in provincia di Trapani, di Agrigento<br />

(Alessandri, 1995) e più recentemente di Ragusa e di<br />

Siracusa. In questa regione la coltivazione fa riferimento<br />

a diverse varietà botaniche, tra cui la inodorus<br />

molto diffusa in Sicilia occidentale.<br />

In rapporto a tale diffusione sempre più avvertito<br />

è il problema della qualificazione del prodotto<br />

per dare riscontro alle specifiche esigenze del mercato.<br />

<strong>Il</strong> problema "qualità" si pone, per molteplici aspetti,<br />

in maniera diversa in rapporto ai gruppi varietali,<br />

più o meno riconducibili alle diverse varietà botaniche,<br />

ai quali corrispondono diversificate tipologie<br />

di prodotto; tra l'altro anche le informazioni disponibili<br />

sul profilo di qualità per alcuni di questi gruppi<br />

(es. meloni cantalupo e retati) sono più numerose<br />

di quelle riguardanti altri, quali ad esempio il <strong>melone</strong><br />

<strong>d'inverno</strong>. Negli ultimi anni, tuttavia, l'interesse<br />

nei confronti di quest'ultimo ha portato ad una maggiore<br />

attenzione verso i diversi aspetti della qualità<br />

dei corrispondenti peponidi (Cassisa et al., 1995).<br />

La breve rassegna che segue costituisce una sintesi<br />

delle conoscenze disponibili in tema di caratteristiche<br />

di qualità delle principali tipologie di <strong>melone</strong><br />

e dei fattori che possono influenzarle.<br />

2. Caratteristiche di qualità<br />

2.1. Caratteristiche esteriori<br />

Le caratteristiche prese più frequentemente in considerazione<br />

sono forma, pezzatura, consistenza, colorazione<br />

(tab. 1 ). Ad alcune di queste fanno riferimento<br />

le norme di commercializzazione stabilite dal-<br />

la Comunità europea (Regolamento n. 1093/97, GU-<br />

CE 17/6/1997). Tali caratteristiche sono notevolmente<br />

variabili in rapporto ai differenti gruppi varietali, almeno<br />

per quanto riguarda dimensioni del peponide e<br />

colorazione dell'epicarpo. Quest'ultima può rappresentare<br />

in alcuni casi un indice del grado di maturazione,<br />

anche se non sempre risulta correlata al contenuto<br />

in solidi solubili, che a sua volta è un parametro<br />

analitico oggettivo della maturazione dei peponidi<br />

(Aulenbach e Worthington, 1974).<br />

La consistenza dei fratti è sempre più presa in considerazione<br />

poiché ad essa sono largamente legate<br />

la serbevolezza (carattere "long shelf lite" e "long life")<br />

e la resistenza alle manipolazioni, caratteri che<br />

si esprimono ai massimi livelli nei meloni <strong>d'inverno</strong><br />

ed anche nelle più recenti costituzioni del gruppo<br />

dei reticulatus. La maggiore consistenza e serbevolezza<br />

dei peponidi di molte nuove cultivar e di conseguenza<br />

la maggiore resistenza alle manipolazioni<br />

post raccolta ed al trasporto, rappresentano l'elemento<br />

che ha negli ultimi anni consentito la localizzazione<br />

della coltivazione in aree talvolta distanti da quelle di<br />

consumo.<br />

2.2. Caratteristiche intrinseche<br />

Le caratteristiche intrinseche più frequentemente<br />

considerate sono colorazione, consistenza, sapore<br />

(tab. 1); anche in questo caso esse si differenziano<br />

notevolmente in funzione della tipologia varietale<br />

e, nell'ambito di questa, in funzione della culti-<br />

Tab. 1 - Caratteristiche di qualità dei peponidi.<br />

Esteriori:<br />

- colorazione<br />

- consistenza<br />

- forma<br />

- pezzatura<br />

Intrinseche:<br />

- colorazione<br />

- consistenza<br />

- sapore<br />

- valore nutrizionale<br />

Lavoro sviluppato nell 'ambito del Programma Operativo CNR-MURST su "Applicazioni di tecnologie innovative per il miglioramento dell 'orticoltura<br />

meridionale ".<br />

49


50<br />

var(Odet, 1991).<br />

La consistenza rappresenta un parametro di qualità<br />

che, con riferimento ad una stessa cultivar, è in<br />

qualche misura legato al grado di maturazione del frutto<br />

(Dumas et al., 1976); alla consistenza è in parte anche<br />

collegata la succosità della polpa.<br />

Indipendentemente dalla tipologia di prodotto, il<br />

sapore rappresenta il parametro cui è principalmente<br />

legato il giudizio di qualità del consumatore (Lester<br />

e Shellie, 1992); esso largamente dipende dalla<br />

"dolcezza" e a sua volta dal contenuto di solidi solubili<br />

(CSS) e anche da numerose componenti aromatiche.<br />

Alcuni di questi parametri mostrano peraltro<br />

gradienti apprezzabili passando dalla zona epidermica<br />

a quella carpellare. La parte più interna del<br />

frutto è in media del 25% più zuccherina rispetto al<br />

valore medio dell'intero peponide. Variazioni significative<br />

del contenuto zuccherino possono anche registrarsi<br />

in rapporto all'esposizione al sole dei due<br />

emisferi opposti del frutto (Odet, 1991).<br />

La qualità organolettica del <strong>melone</strong> è anche sostenuta<br />

dal rapporto tra CSS ed acidità (Odet, 1991).<br />

Esistono tuttavia pareri discordi circa le relazioni<br />

tra CSS e qualità (Mutton et al. 1981); Aulenbach e<br />

Worthington (1974) a tal proposito hanno dimostrato<br />

che con valori superiori a 8 °brix non sempre vi<br />

è concordanza tra solidi solubili e gradimento dei consumatori<br />

accertato mediante test sensoriali. Questi ultimi,<br />

in quanto esprimono direttamente le preferenze<br />

del consumatore, non sono, almeno per il momento,<br />

eludibili per l'accertamento della qualità e quindi non<br />

possono essere completamente surrogati da analisi<br />

chimiche e fisiche (Aulenbach e Worthington, 1974).<br />

<strong>Il</strong> valore energetico del <strong>melone</strong> risulta nel complesso<br />

piuttosto modesto (20-40 kcal 100 g) in rapporto<br />

al basso contenuto proteico ed in acidi grassi; il<br />

valore nutrizionale invece è considerato elevato per<br />

la presenza di zuccheri diversi e per l'apprezzabile<br />

contenuto di vitamine e di sali minerali.<br />

3.1 fattori che influenzano la qualità<br />

La qualità del <strong>melone</strong>, come quella di altri prodotti,<br />

è influenzata da molteplici fattori i cui meccanismi<br />

di azione spesso si sovrappongono e non con-<br />

sentono sempre di stabilire precise relazione di causa<br />

ed effetto (tab. 2).<br />

Tab. 2 - Fattori per i quali è stata accertata una<br />

influenza sulla qualità.<br />

- Fattori biologici<br />

- Fattori ambientali<br />

Livello termico<br />

Intensità luminosa<br />

- Mezzi e tecniche colturali<br />

Metodi di coltivazione<br />

Natura del terreno<br />

Innesto<br />

Pacciamatura<br />

Nutrizione minerale<br />

Disponibilità idriche<br />

Qualità dell'acqua<br />

Fitoregolatori<br />

- Epoca di raccolta (stadio di maturazione)<br />

- Modalità di conservazione<br />

3. 1. Fattori biologici<br />

<strong>Il</strong> <strong>melone</strong>, come già ricordato, è una coltura che<br />

presenta un'ampia variabilità intraspecifica, basata<br />

anche su caratteri rilevanti ai fini della qualità dei peponidi<br />

(tab. 3). Alle classiche e tradizionali tipologie<br />

di prodotto (Charentais liscio, retati americani,<br />

italiani e francesi, tipi a lunga conservazione, meloni<br />

invernali tradizionali, ecc.) se ne sono affiancate altre<br />

che presentano caratteristiche "intermedie" (Tognoni<br />

e La Malfa, 1996). Se poi si considera che i diversi<br />

tipi varietali presentano aree elettive di coltivazione<br />

(per il <strong>melone</strong> di inverno la Sicilia, la Puglia<br />

e la Campania costituiscono, ad esempio, le regioni<br />

di maggiore diffusione) emerge come sia difficile discriminare<br />

l'influenza che sulla qualità esercitano il<br />

fattore genetico e quello ambientale.<br />

Le tipologie varietali sottendono notevoli variazioni<br />

con riferimento a solidi solubili, sapore e tessitura.<br />

Nel caso dei solidi solubili, ad esempio, vengono<br />

considerati frutti di buona qualità quelli che presentano<br />

un indice rifrattometrico pari a 12 °Brix per<br />

i meloni tipo cantalupo e 10 °Brix per quelli tipo 'Galia'<br />

(Fady, 1983). Anche nell'ambito dello stesso gruppo<br />

le variazioni in rapporto alla cultivar possono essere<br />

ampie: nel <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> ad esempio sono


Tab. 3 - Principali caratteristiche dei frutti dei diversi tipi varietali (Fonte: Gry, 1996 con modifiche).<br />

1. Charentais liscio (frutto rotondo, epicarpo liscio o retato, polpa arancio)<br />

2. Vauclusien (frutto rotondo, epicarpo verde, liscio o retato, polpa arancio, buona serbevolezza)<br />

3. Charentais retato (frutto rotondo, superficie retata, polpa arancio)<br />

4. Galia (frutto rotondo, epicarpo molto retato, verde, giallo a maturità, polpa verde chiaro)<br />

5. Italiano (frutto allungato, epicarpo retato, polpa arancio)<br />

6. Canarino (frutto allungato, epicarpo giallo, polpa gialla o verde)<br />

7. Spagnolo (frutto allungato, epicarpo verde, polpa bianca o verde)<br />

8. Rochet (epicarpo verde scuro, retato e puntegiato)<br />

9. Piel de Sapo (epicarpo verde a maculature giallastre)<br />

10. Tendral (epicarpo verde scuro, screpolato)<br />

11. Euromarket = retati americani (frutto ovale, epicarpo molto retato, polpa salmone molto consistente)<br />

12. Harper (frutto rotondo, epicarpo liscio, verde grigiastro, polpa arancio)<br />

13. Ananas (frutto allungato, epicarpo rugoso verde, giallo a maturità, polpa arancio<br />

14. Honey dew (frutto rotondo, epicarpo liscio di colore beige chiaro, polpa bianca)<br />

stati riscontrati valori di solidi solubili compresi tra<br />

8,4 e 11,5 °Brix (Canzoneri, 1997). Ampia variabilità<br />

è stata riscontrata anche per altri parametri chimici:<br />

nel caso della vit. C ad esempio, in rapporto alle varietà<br />

è stato riscontrato un campo di variabilità compreso<br />

tra 0,16 e 0,57 mg per grammo di peso fresco<br />

(Odet, 1991).<br />

3.2. Fattori ambientali<br />

<strong>Il</strong> calendario di offerta dei meloni, ancorché significativamente<br />

ampliatosi a motivo della diffusione<br />

delle coltivazioni in ambiente protetto, intercetta<br />

solo alcuni periodi dell'anno. L'articolazione degli<br />

agrosistemi (sotto il profilo stagionale, geografico e<br />

dei sistemi e/o delle tecniche colturali) è tuttavia così<br />

rilevante da determinare una elevata variabilità nelle<br />

condizioni che possono influenzare il profilo di qualità<br />

dei frutti.<br />

Temperature notturne relativamente basse ( 10 °C<br />

—> 16 °C) determinerebbero un aumento del residuo<br />

ottico ed un miglioramento del sapore (Moschini et<br />

al., 1987); per contro le più elevate temperature della<br />

serra possono comportare un incremento delle dimensioni<br />

dei frutti (Wacquant, 1974). <strong>Il</strong> fattore termico<br />

si eserciterebbe tuttavia in interazione con quello<br />

luminoso: alla coltivazione del <strong>melone</strong> nel periodo<br />

estivo rispetto a quello primaverile farebbe riscontro<br />

un peggioramento di molti parametri della qualità<br />

(grado rifrattometrico e contenuto in zucchero, ser-<br />

51<br />

bevolezza, consistenza) riconducibile ad una disponibilità<br />

luminosa insufficiente rispetto al livello di<br />

temperature raggiunte (Pardossi et al. 1996). <strong>Il</strong> contenuto<br />

in solidi solubili si abbassa al diminuire dell'intensità<br />

luminosa (Honda e Amano, 1972). In generale<br />

sembra che le condizioni che rallentano, entro<br />

determinati limiti, il ritmo di crescita dei frutti ne migliorino<br />

la qualità (Pardossi et al., 1996); quando i<br />

processi di accrescimento sono più accelerati, come<br />

avviene con l'avanzare della stagione, la qualità dei<br />

frutti per alcuni parametri può risultare modificata in<br />

senso non favorevole (tab. 4).<br />

3.3. Mezzi e tecniche colturali<br />

La natura del terreno, anche per i riflessi sulle<br />

caratteristiche idrologiche, influenzerebbe la qualità<br />

del <strong>melone</strong> (Davis e Schweers 1971): il sapore<br />

è risultato migliore per i frutti ottenuti sui terreni<br />

pesanti rispetto a quelli leggeri (Nerson, 1992; Odet,<br />

1991).<br />

I rilevanti effetti delle disponibilità idriche del terreno<br />

emergono chiaramente dalle reiterate prove condotte<br />

sul <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, riguardanti apporti differenziati<br />

di acqua e contenimento dell'evaporazione<br />

attraverso la pacciamatura (Curatolo e Incalcaterra,<br />

1996a e 1996b). In altri tipi in condizioni di stress idrico,<br />

a fronte di una riduzione del peso unitario, è stato<br />

registrato un significativo aumento del contenuto<br />

zuccherino (Bhella, 1985; Tei e Onofri, 1994; Wells


52<br />

Tab. 4 - Variazioni delle caratteristiche dei peponidi (cv. Dalton) in successive raccolte.<br />

Parametri (g) Raccolta<br />

I (2/7/97) IV (16/7/97)<br />

Peso(g) 1238 1638<br />

Diametro trasversale (cm) 13,6 15,2<br />

Diametro longitudinale (cm) 12,7 13,4<br />

Spessore polpa (mm) 36 40<br />

Spessore epicarpo (mm) 3,5 4,0<br />

Grado rifrattometrico (°Brix) 15,3 12,2<br />

e Nugent, 1980).<br />

La salinità rivestirebbe un ruolo significativo sulla<br />

qualità; l'irrigazione con acqua salina determinerebbe,<br />

infatti, un aumento del contenuto in solidi solubili<br />

(Mendlinger, 1994). Tali risultati tuttavia in alcuni<br />

casi non risultano confermati (Pardossi et al.,<br />

1996; Nukaya et al., 1980); ciò presumibilmente è da<br />

ricondurre ad una diversificata risposta della pianta<br />

allo stress salino nelle diverse fasi del ciclo.<br />

La pacciamatura del terreno, nella misura in cui<br />

migliora le condizioni termiche determinerebbe un<br />

incremento del peso unitario dei peponidi e della percentuale<br />

di solidi solubili ma una riduzione della consistenza<br />

(Izquierdo e Menéndez, 1980).<br />

Condizioni subottimali quanto a disponibilità nutritive<br />

del terreno sembrano comportare una riduzione<br />

del contenuto di solidi solubili totali ed una<br />

attenuazione della retatura sui frutti (Nerson, 1992).<br />

In coltura idroponica, con un puntuale soddisfacimento<br />

delle esigenze nutritive della pianta, si riferi-<br />

sce costantemente di una produzione di elevata qualità<br />

(Kano e Kageyama 1978; Pardossi et al., 1996).<br />

L'uso di prodotti a base di etilene per accelerare il<br />

processo di maturazione ed anticipare la data di raccolta<br />

risulta pregiudizievole ai fini della qualità per<br />

un minore accumulo di solidi solubili nei frutti (Yamaguchi<br />

et al. 1977).<br />

Irrilevanti sembrano i riflessi qualitativi sui peponidi<br />

in funzione di diversi portinnesti utilizzati per<br />

controllare gli agenti biotici avversi presenti nel terreno<br />

(tab. 5).<br />

3.4. Epoca di raccolta<br />

Lo stadio di maturazione, come già detto, comporta<br />

rilevanti variazioni nella composizione dei peponidi<br />

(Eversen, 1983). In linea teorica lo stadio di<br />

raccolta ottimale dovrebbe coincidere con il tenore<br />

massimo di zuccheri e con una soddisfacente consistenza.<br />

Dumas de Vaulx e Aubert (1976) studiando<br />

l'evoluzione di alcuni parametri della qualità del me-<br />

Tab. 5 - Caratteristiche qualitative dei peponidi (cv. 'Supermarket') in rapporto al portinnesto.<br />

Portinnesti Peso unitario Spessore Consistenza Grado<br />

(g) pericarpo polpa rifrattometrico<br />

(mm) (g)* (°B)<br />

Testimone 1397 41 70,1 10,0<br />

Jador 1405 39 92,4 10,5<br />

Accent 1360 38 72,9 8,5<br />

RS 841 1385 40 92,5 9,0<br />

S241 1709 42 86,3 11,9<br />

Belimo 1403 42 103,6 10,5<br />

Medie 1445 40 86,3 10,1<br />

DMS(P=0,05) 129 n.s. n.s. n.s.<br />

* misurata con un penetrometro di forma conica, con angolo di 30°


lone in rapporto alla maturazione, hanno osservato<br />

che l'indice rifrattometrico si innalza fortemente nei<br />

giorni immediatamente precedenti la raccolta (fig. 1);<br />

tali variazioni sono associate nei meloni tipo 'Galia'<br />

ad una rilevante riduzione della consistenza della<br />

polpa (Mizrach et al, 1994).<br />

Le rapide variazioni delle caratteristiche dei frutti<br />

in prossimità della raccolta limitano notevolmente,<br />

almeno in molti tipi, le scelte di ordine temporale per<br />

Evoluzione del contenuto zuccherino nei giorni precedenti lo stadio di maturazione commerciale del frutto (Fonte: Dumas de Vaulx e Aubert, 1976).<br />

quanto riguarda la raccolta stessa. Tali vincoli sono<br />

naturalmente più attenuati nel <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> e nelle<br />

più recenti costituzioni di meloni retati.<br />

3.5, Modalità di conservazione<br />

La conservazione dei frutti, entro determinati limiti<br />

temporali e con idonee modalità, appare possibile<br />

senza sostanziali pregiudizi per la qualità del prodotto.<br />

In ogni caso i tempi di conservazione sono largamente<br />

condizionati dal tipo varietale: più serbevole,<br />

fra tutti, è il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>.<br />

Altri fattori che possono interagire con le caratteristiche<br />

qualitative in fase di conservazione sono lo<br />

stadio di maturazione alla raccolta, la temperatura (fig.<br />

2), l'impiego di atmosfera controllata, l'uso di fungicidi,<br />

l'adozione di pellicole protettive; la moda-<br />

53<br />

lità d'imballaggio (Gilbart e Dedolph, 1964; Miyazaki<br />

e Ookubo, 1989; Martinez-Javega et al. 1983).<br />

<strong>Il</strong> ricorso alla conservazione in atmosfera controllata,<br />

pur fornendo i migliori risultati sotto il profilo<br />

temporale, si riflette negativamente sul profilo<br />

aromatico dei peponidi (Steward 1979). Anche<br />

l'uso di pellicole protettive determinerebbe un peggioramento<br />

del sapore dei frutti (Collins et al.,<br />

1990).<br />

4. Conclusioni<br />

La qualità dei frutti del <strong>melone</strong> non può essere<br />

ricondotta ad uno standard ben definito a motivo delle<br />

numerose varianti che intervengono nel relativo determinismo.<br />

Per i riflessi diretti o indiretti sulla qualità<br />

rilevanti appaiono non solo fattori di natura genetica,<br />

ma anche numerosi altri riconducibili agli ambienti<br />

ed ai cicli di coltivazione, ai mezzi ed alle tecniche<br />

colturali, allo stadio di raccolta, alla stessa manipolazione<br />

e conservazione dei frutti.<br />

Con riferimento ai fattori di natura genetica non è<br />

trascurabile il fatto che le cultivar utilizzate facciano<br />

riferimento a diversi raggruppamenti interspecifici<br />

distinguibili in larga misura sulla base di parametri<br />

che esprimono e sostengono la qualità dei frutti. <strong>Il</strong><br />

miglioramento genetico, inoltre, ha condotto di re


54<br />

Evoluzione della consistenza dei frutti, misurata con un penetrometro del diametro di 8 mm ed espressa in grammi, in rapporto alla temperatura di conservazione<br />

(Fonte: Dumas de Vaulx e Aubert, 1976).<br />

cente alla costituzione di tipi con caratteri intermedi<br />

per i quali la definizione degli standard di qualità<br />

è più complessa ed aleatoria.<br />

Anche sul versante dell'accertamento e della misura<br />

dei parametri che sostengono la qualità la questione<br />

non è semplice dato che alcuni di questi, quali<br />

il sapore, l'aroma, spesso apprezzati solo a livello<br />

sensoriale ed imprescindibili per esprimere un giudizio<br />

di qualità dei peponidi, sono di difficile determinazione.<br />

In conclusione la via da percorrere appare quella<br />

di definire tanti standard di qualità quanti sono i "tipi<br />

varietali" in cui si articola l'offerta del <strong>melone</strong> ed<br />

in rapporto ai contesti agroclimatici più significativi.<br />

La "tipicizzazione" del prodotto appare necessaria<br />

premessa per rispondere in maniera sempre più adeguata<br />

alle esigenze del mercato. In questa direzione<br />

si muovono, specificatamente per il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>,<br />

alcune recenti iniziative (es. costituzione del Consorzio<br />

Nuara) assunte nella Sicilia occidentale e rivolte<br />

alla caratterizzazione e valorizzazione del prodotto.


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Relazioni ed interventi della sessione pomeridiana 57<br />

Aspetti qualitativi del <strong>melone</strong>, varietà "Inodorus"<br />

Canzoneri M., (E.S.A. Laboratorio di analisi chimiche - Palermo)<br />

Nel corso del 1995 si è sviluppato, su proposta<br />

dell' AA.FF., il "Progetto Melone", volto alla valorizzazione<br />

delle cv. afferenti alla varietà' "Inodorus"<br />

che, in Sicilia, viene coltivato in aree particolarmente<br />

vocate.<br />

L'obiettivo è stato quello di "conoscere" questo<br />

frutto mettendone in luce le caratteristiche qualitative,<br />

presupposto indispensabile per l'identificazione<br />

di un prodotto e, di conseguenza, per una sicura commercializzazione<br />

.<br />

Chi produce, ormai, per essere competitivo, deve<br />

operare scelte varietali indirizzate verso cv. che,<br />

oltre ad avere caratteri di elevata precocità e produttività,<br />

abbiano uniformità di caratteristiche morfologiche<br />

(pezzatura media dei frutti, cavità ovarica<br />

ridotta, polpa consistente) e uniformità di caratteristiche<br />

organolettiche (buon titolo zuccherino, sapore,<br />

Tabella 1 - parametri qualitativi in considerazione<br />

metodologia usata per l'analisi).<br />

Nel considerare i risultati dell'indagine abbiamo<br />

tenuto in considerazione soprattutto le caratteristiche<br />

fondamentali per la valutazione commerciale,<br />

che sono:<br />

- la resa in prodotto utile, l'indice tenderometrico, il<br />

residuo secco rifrattometrico.<br />

- la resa in prodotto utile è espressa dalla misura dello<br />

spessore della buccia e della polpa e dall' ampiezza<br />

della cavità ovarica;<br />

- l'indice tenderometrico esprime il grado di consistenza<br />

della polpa permettendo di stimare, con buona<br />

approssimazione, se il frutto è adatto alla commercializzazione;<br />

- il residuo secco rifrattometrico indica il contenuto<br />

in zuccheri solubili, determinanti per il gusto e per<br />

l'aroma.<br />

Fisici Spessore polpa Peso buccia Misura della forza: altezza,<br />

Spessore buccia Peso polpa diametro<br />

Cavità placentare Peso medio del frutto Rapporto alt./diam.<br />

RSR: indice del contenuto in solidi solubili, in particolare degli zuccheri (rifrattometro ottico)<br />

Fisico - Chimici Indice tenderometrico (Penetrometro, Kg/0,5 cm 2 )<br />

Contenuto in acqua<br />

Acidità (Titolazione con NaOH N/10 fino a pH 8,1)<br />

Rapporto zuccheri / acidi<br />

ph (pHmetro)<br />

Sensoriali<br />

Colore Sapore<br />

Odore Consistenza<br />

profumo, serbevolezza e resistenza ai trasporti).<br />

Tenendo, quindi, presente questi aspetti, sulla base<br />

di lavori svolti da altri Istituti di ricerca, sia in Italia<br />

che in Francia abbiamo messo a punto una metodologia<br />

analitica per la valutazione organolettica del<br />

<strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, svolgendo un lavoro d'indagine negli<br />

anni '95, '96 e '97, in modo da avere dei dati indicativi<br />

sugli aspetti qualitativi del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>.<br />

Nella tabella 1 sono schematizzate le caratteristiche<br />

qualitative afferenti ai parametri fisici e ai parametri<br />

analitici ricercati nei tre anni (tra parentesi la<br />

Secondo le indicazioni del CEMAGREF (Ente che<br />

in Francia si occupa della qualità della frutta e dei suoi<br />

metodi di misura) l'indice tenderometrico del <strong>melone</strong><br />

deve essere compreso fra 0,5 e 1,5 Kg/0,5 cm2 (vedi<br />

Tab. SOGLIE QUALITATIVE RACCOMAN-<br />

DATE PER I MELONI - Fonte Cemagref).<br />

<strong>Il</strong> valore degli zuccheri, espressi in °Brix, deve<br />

essere compreso fra 10 e 12% per garantire un valore<br />

gustativo accettabile; deve, invece, essere maggiore<br />

del 12% per assicurare un elevato valore gustativo.


58<br />

Soglie qualitative raccomandate per i meloni (Fonte Cemagref)<br />

Indice Tenderometrico<br />

Consistenza della polpa compresa tra 0,5 e 1,5<br />

Kg/0,5cmq<br />

Indice Rifrattometrico (espresso in °Brix)<br />

< 9% Valore gustativo scadente<br />

fra 10 e 12% Valore gustativo accettabile<br />

> 12% Valore gustativo buono<br />

A Rilevazione manuale del grado Brix<br />

(da; Le Melon -J. Odel - Ed. Clilf)<br />

Tecnica di rilevamene della durezza della polpa<br />

(da: Le Melon -./. Odet - Ed. Clilf)<br />

Rijrallomelro e scala graditala (unità di 0,2) visibile nell'oculare<br />

di un rifrattometro; in questo caso il punto di intersezione fra zona<br />

chiara e scura corrisponde ad un valore di 16,8<br />

DATI MEDI 1995<br />

La determinazione delle caratteristiche qualitative<br />

è stata eseguita sui meloni provenienti dagli stessi<br />

campi di cui è stata svolta, in un primo tempo, l'analisi<br />

fisico-chimica dei suoli. Sono stati esaminati<br />

11 campioni formati da 6 frutti ciascuno, provenienti<br />

dalle S.O.A.T. di Buseto e Paceco e dalle S.O.P.A.T.<br />

di Salemi e Camporeale; per i meloni gialli gli ecotipi<br />

sono stati Helios, Madras e Campero, provenienti<br />

da filari pacciamati e non pacciamati; per i meloni<br />

verdi, l'ecotipo Purceddu.<br />

I frutti sono pervenuti in laboratorio dalla 2" metà<br />

di luglio fino ai primi di settembre e analizzati entro<br />

1 settimana dalla raccolta.<br />

I risultati del 1 ° anno d'indagine ci hanno permesso<br />

innanzitutto di distògliere i meloni gialli, in base al-<br />

la forma, in due gruppi: ovale (corrispondente allo<br />

Helios) e ovale-allungato (corrispondente al Madras<br />

e Campero) (vedi Tabella "indice di forma").<br />

Infatti, il rapporto tra altezza e diametro dell'Helios<br />

è intorno a 1,2, corrispondente alla morfologia<br />

ovale, mentre quello del Madras e del Campero è maggiore<br />

di 1,3, corrispondente alla forma ovale-allungata.


La resa in prodotto utile è a vantaggio della cv. Helios:<br />

i dati medi evidenziano uno spessore della polpa<br />

elevato e una cavità placentare inferiore rispetto a<br />

quella delle altre due cultivars.<br />

<strong>Il</strong> peso medio varia da un minimo di 1500 gr. ad<br />

un massimo di 2600 gr.<br />

Per quanto riguarda le caratteristiche organolettiche<br />

dei frutti, i valori del R.S.R. misurati sul succo<br />

non sono risultati elevati. A tal proposito bisogna<br />

precisare che il grado zuccherino misurato sul<br />

succo, estratto dalla polpa frullata si differenzia solo<br />

di un punto rispetto a quello misurato facendo cadere<br />

alcune gocce di un pezzetto di polpa prelevata<br />

dalla parte mediana della sezione trasversale del <strong>melone</strong>,<br />

come abbiamo potuto constatare dalle indagini<br />

del 2° anno in cui è stato rilevato il grado zuccherino<br />

sia sul succo che, direttamente, dal frutto.<br />

Le cause del basso grado zuccherino potrebbero<br />

essere state due: la raccolta effettuata prima della maturazione<br />

completa e le tracheomicosi che hanno colpito<br />

buona parte della coltura in quell'anno.<br />

11 rapporto zuccheri - acidi (RSR/A) varia da un<br />

Tabella D MEDIE PACCIAMATI Dati medi 1995<br />

59<br />

feriore a 6, fermo restando un valore del RSR, espresso<br />

in °Brix, superiore al 10%.<br />

Guardiamo, ora, i dati medi dell' ecotipo "Purceddu",<br />

il verde. I dati morfologici indicano una resa<br />

in prodotto utile elevata, infatti la polpa è abbastanza<br />

spessa e il cavo placentare non troppo ampio; le caratteristiche<br />

qualitative (che ricordo essere l'indice<br />

tenderometrico o consistenza della polpa, il tenore<br />

zuccherino espresso come RSR e la quantità di acidi)<br />

dimostrano che i frutti non erano ancora adatti per<br />

il consumo immediato, ma certamente, con l'evolversi<br />

della maturazione avrebbero raggiunto i valori<br />

ottimali per il consumo.<br />

Questo conferma la destinazione tipica del <strong>melone</strong><br />

verde, che è quella di poter essere conservati<br />

fino all'inverno.<br />

<strong>Il</strong> secondo anno del lavoro inerente al "progetto<br />

<strong>melone</strong>" ha approfondito l'indagine conoscitiva prevalentemente<br />

per la cultivars Helios dato che, il primo<br />

anno di indagine ha evidenziato le migliori caratteristiche<br />

di questa varietà, rispetto alle altre (Campero<br />

e Madras).<br />

Provenienza cv. peso altezza diam. alt./ spess. spess. peso peso cavità indice acqua estratto ceneri acidità RSR RSR pH colore epidermide<br />

gr. mm. mm. diam. buccia polpa buccia polpa placentare tenderom. secco % meq./ % /A<br />

mm. mm. gr. gr. % Kg.0,5cm 2 tot. % est. 100ml % L* A*, B*<br />

SALEMI Helios 2433 207 163 1,28 6,45 38,70 742 1530 12,17 1,70 88,41 11,71 3,29 1,80 10,40 5,80 5,65 75,63 1,23 76,46<br />

Campero 2008 220 143 1,52 7,12 34,70 622 1216 14,17 1,28< 87,90 12,11 3,68 1,91 10,80 5,87 5,65 77,09 0,46 73,7<br />

BUSETO Helios 2383 201 164 1,22 8,20 35,80 657 1591 13,37 1,40x 87,05 12,95 4,90 2,20 11,30 5,10 5,90 72,79 6,42 77,88<br />

Madras 2608 263 151 1,73 10,00 27,00 1086 1362 19,42 1,46 86,66 13,34 3,12 2,20 11,50 5,20 5,70 71,62 3,26 73,17<br />

PACECO Helios 1542 180 138 1,30 7,09 28,50 569 844 13,80 1,78 88,56 11,44 4,31 1,67 9,82 6,02 6,10 76,38 -2,03 72,16<br />

Campero 1950 233 139 1,65 7,58 30,42 669 1133 15,30 1,31 88,72 11,29 4,84 1,56 9,88 6,37 6,20 77,75 -4,97 64,63<br />

MEDIE NON PACCIAMATI<br />

BUSETO Helios 2617 212 170 1,24 8,33 33,33 791 1685 10,89 1,45 89,11 10,89 4,60 1,42 9,68 7,07 5,87 73,94 1,85 74,53<br />

Campero 1733 223 140 1,57 10,00 25,00 685 929 16,95 1,65 90,54 9,46 5,45 1,37 8,37 6,37 5,98 76,55 -5,72 66,4<br />

SALEMI Helios 2133 196 159 1,23 8,17 33,33 665 1348 12,21 1,77 87,26 12,82 5,36 1,88 11,18 6,00 5,93 60,09 -5,01 62,6<br />

Campero 1617 211 133 1,58 7,25 25,20 570 874 17,48 1,23 88,87 11,13 4,79 1,70 10,03 6,00 5,97 77,26 -5 65,51<br />

CAMPO- Purceddu 2633 200 176 1,14 8,00 34,17 950 1596 14,16 2,45 87,17 12,83 3,91 1,58 10,78 7,57 6,03 26,67 3,27 4,84<br />

REALE<br />

minimo di 5,10 a un massimo di 7,57.<br />

Questi due componenti, in quantità equilibrate fra<br />

loro, influenzano positivamente il gusto del frutto, in<br />

base alle valutazioni soggettive di assaggio, in laboratorio<br />

abbiamo riscontrato che i meloni migliori<br />

sono risultati quelli con un rapporto RSR/ A non in-<br />

Anche in questo caso i parametri determinati sono<br />

stati quelli più rispondenti alle esigenze dei melonicoltori;<br />

contemporaneamente si sono ricercati<br />

il contenuto in acido ascorbico (vit. C) e in potassio,<br />

interessanti dal punto di vista nutrizionale e salutistico.


60<br />

DATI MEDI '96<br />

Sono stati esaminati 8 campioni formati da 6 frutti<br />

ciascuno provenienti dalle SOAT di Buseto, Paceco<br />

e S.Cipirello e dalle SOPAT di Salemi e Camporeale.<br />

I frutti, provenienti quasi tutti da colture non<br />

pacciamate, sono stati analizzati anche a distanza di<br />

alcuni giorni rispetto a quello di raccolta.<br />

Dalle medie aritmetiche risultanti, si nota come<br />

i valori abbiano subito un incremento rispetto all'anno<br />

precedente, rientrando perfettamente nelle soglie<br />

qualitative raccomandate per i meloni.<br />

<strong>Il</strong> contenuto medio in acido ascorbico e in potassio<br />

è risultato buono. Relativamente a questo elemento,<br />

da studi effettuati, sembra che il suo contenuto<br />

sia correlato alla croccantezza della polpa; non è stato<br />

possibile confermare tale correlazione, ma sarebbe<br />

interessante, in futuro, verificarla partendo dalla<br />

conoscenza della dotazione in potassio assimilabile<br />

nel suolo, fino all'analisi del frutto.<br />

DATI MEDI '97 (Tabella)<br />

1 meloni delle cv. Helios e Campero, analizzati<br />

il 3° anno negli aspetti strettamente commerciali, risultano<br />

ottimi con una precisa corrispondenza tra grado<br />

zuccherino, espresso come sostanza secca solubile,<br />

e grado di consistenza della polpa (indice di maturazione);<br />

soltanto i meloni della zona di Paceco si<br />

discostano dalle medie, in particolare per l'elevato<br />

peso dei frutti (3700 gr., in media)<br />

Dati medi 1997<br />

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE<br />

Nell'ambito del nostro studio, strettamente indicativo,<br />

per le buone caratteristiche biometriche e qualitative<br />

sono emersi i meloni afferenti alla cv. Helios.<br />

Anche la cv. Campero ha dato ottimi risultati, specie<br />

quest'anno, anche se la resa in prodotto utile è bassa<br />

a causa dell'ampia cavità ovarica che riduce lo spessore<br />

della polpa.<br />

<strong>Il</strong> peso dei frutti "Helios" oggetto dell'indagine<br />

è risultato molto difforme nel 1° e 2° anno, mentre nel<br />

3° anno il peso medio è risultato più uniforme, oscil


lando tra i 2100 gr. e i 2600 gr. (con l'eccezione dei<br />

frutti provenienti da Paceco, di maggior calibro).<br />

Le analisi di laboratorio confermano che, all'assaggio,<br />

il gusto migliore corrisponde ad un RSR maggiore<br />

di 12, ed è ottimo quando corrisponde a 14<br />

°Brix.<br />

La consistenza della polpa ha dato, nei tre anni,<br />

valori medi da un minimo di 0,8 Kg/0,5 cmq ad un<br />

massimo di 1,9 Kg/0,5 cmq. Non si è evidenziata una<br />

corrispondenza tra la diminuzione dell'indice denderometrico<br />

e l'aumento del grado zuccherino.<br />

La quantità di potassio e il contenuto in acido<br />

ascorbico sono risultati significativi dando valore al-<br />

61<br />

le cultivars di questo frutto dal punto di vista nutrizionale.<br />

Nell'ambito delle caratteristiche biometriche,<br />

morfologiche e qualitative non si sono evidenziate<br />

particolari differenze tra la coltura pacciamata e quella<br />

non pacciamata, almeno per le analisi del '95.<br />

I valori risultanti dalle analisi dei frutti di <strong>melone</strong><br />

verde Purceddu confermano, per come già precedentemente<br />

riportato, le caratteristiche particolari<br />

di questo ecotipo, quali una elevata resa in prodotto<br />

utile e un R.S.R. potenzialmente ottimo, a completa<br />

maturazione, anche dopo un lungo periodo di conservazione.


Strategie commerciali per una migliore penetrazione nel mercato tradizionale<br />

Piazza R., (AB Mercati s.r.l. di Bologna)<br />

La penetrazione commerciale dei "meloni gialli",<br />

sui mercati del centro e nord Italia, deve avere come<br />

premessa la concentrazione dell'offerta ed una<br />

corretta comunicazione per il consumatore.<br />

Chi scrive, sta ripetendo da anni che i contenuti<br />

della qualità di un prodotto ortofrutticolo, sono passati<br />

da quanto si affermava solo pochi anni fa: "fresco-bello-buono<br />

e sano" a quanto si afferma ora e sarà<br />

sempre più affermato domani, e cioè il contenuto di<br />

servizi che deve trascinarsi dietro il nostro prodotto,<br />

che deve, giocoforza, essere: "ben conservato, ben<br />

selezionato, ben imballato, ben presentato, ben trasferito,<br />

deve essere puntuale all'appuntamento col<br />

mercato fisico o con la piattaforma del ridistributore,<br />

avere una massa critica interessante, un prezzo il più<br />

possibile costante o "lungo", una disponibilità per periodi<br />

medio lunghi, deve essere, infine, ben comunicato<br />

con tutti i mezzi che la moderna informazione<br />

ci mette a disposizione".<br />

<strong>Il</strong> consumo del <strong>melone</strong> giallo (tipo Helios o Amarillo)<br />

a polpa bianca, nelle zone del centro e nord Italia,<br />

avviene generalmente nei mesi di settembre, ottobre<br />

e novembre, quando si allenta la pressione dei<br />

meloni a polpa salmonata (si usa dire del tipo Cantalupo)<br />

che vengono prodotti ormai a tutte le latitudini<br />

del Paese e sono presenti già dal mese di marzo<br />

con i precocissimi coltivati nella zona di Pachino.<br />

<strong>Il</strong> tipo cantalupo, nelle sue diverse forme: liscio,<br />

retato, tondo, rezzato, oblungo etc, ha si trovato una<br />

buona risposta da parte dei consumatori, nel momento<br />

in cui è decollata la qualità organolettica (aiutata da<br />

una fitta rete di controlli), ma ritengo che sia stata fondamentale<br />

la ricchezza di servizi che questi prodotti<br />

si sono trascinati dietro, non ultimi la loro lunga persistenza<br />

sul mercato (aiutata anche da varietà selezionate<br />

per la lunga conservazione), la loro uniformità<br />

ed una presentazione in imballaggi sempre più<br />

gradevoli; la comunicazione, che richiama sempre l'aspetto<br />

naturistico della coltura (quale l'impollinazione<br />

naturale con api) dà alla fine un tocco di classe per<br />

chi predilige consumare prodotti per i quali siano state<br />

seguite normative di produzione a lotta integrata o<br />

comunque a basso impatto ambientale.<br />

63<br />

I meloni gialli dei comprensori produttivi compresi<br />

fra Palermo e Trapani, sono, a mio avviso, condannati<br />

ad essere perfetti, sotto tutti i punti di vista:<br />

dal sapore al colore, dalla forma esterna all'uniformità<br />

e questa condanna deriva principalmente dal fatto<br />

che sono i meloni che chiudono la campagna di<br />

commercializzazione dopo che i consumatori hanno<br />

generalmente avuto la possibilità di avvalersi di<br />

un prodotto bello e buono proveniente da altre zone<br />

tipiche di produzione: dal Lazio (Latina) alla Toscana<br />

(Grosseto), dall'Emilia Romagna (Bologna e Ferrara)<br />

alla Lombardia (Mantova) e al Veneto (Adria),<br />

tanto per citare alcune zone tipiche produttive di meloni<br />

medio tardivi.<br />

L'ipotesi di commercializzare il "giallo", anche<br />

durante il periodo di luglio e agosto, è un'ipotesi allettante,<br />

ma in questo momento mi sembra essere valida<br />

solo per poche partite, e comunque solo per quelle<br />

che potrebbero essere richieste una volta che si è<br />

creata una filiera commerciale che abbia fatto già conoscere<br />

questo tipo di <strong>melone</strong> e che abbia creato un<br />

minimo di cordone ombelicale con quella nuova immagine,<br />

con quel nuovo sapore e con quel nuovo<br />

colore, sia fuori che dentro la buccia.<br />

Uno dei punti di debolezza dell'agricoltura meridionale,<br />

ormai tutti lo sanno, è la frammentazione<br />

dell'offerta e la diffusione di centinaia di marchi e immagini,<br />

che, seppur gradevoli, stanno creando una<br />

grande confusione negli acquirenti e nei consumatori:<br />

se si vuole fare un esempio ed un contro esempio<br />

basti pensare alle centinaia di immagini a cui ci<br />

hanno abituato i confezionatori degli agrumi della provincia<br />

di Catania e alle poche unità di immagini che<br />

ci provengono dalle tipiche zone di produzione delle<br />

mele del Trentino o dell'Alto Adige. I meloni "gialli"<br />

non devono commettere lo stesso errore, anzi, è<br />

più che mai opportuno che il consorzio che si è formato,<br />

il NUARA, oltre a preoccuparsi della corretta<br />

collocazione dei meloni sui mercati, si preoccupi anche<br />

di fissare le regole per un corretto impiego di<br />

sementi selezionate e controllate, in maniera di avere<br />

ben chiaro, nel comprensorio, il tipo di materia prima<br />

che si andrà a raccogliere e a proporre.


I meloni sono stati la cartina di tornasole di quanto<br />

è accaduto in questi anni nel mondo dell'ortofrutta<br />

fresca, consumati prevalentemente nelle tipiche zone<br />

di produzione locali, si sono via via mondializzati,<br />

tanto che oggi troviamo questo "frutto" (se così<br />

si può chiamare per facilità di linguaggio) ben presente<br />

sui mercati da gennaio a dicembre, e, se confrontiamo<br />

ad esempio i dati relativi alla statistica<br />

del mercato ortofrutticolo di Bologna, comparando<br />

quelli del 1980 con quelli del 1997, osserviamo come<br />

i quantitativi globali dei meloni commercializzati<br />

sono aumentati di oltre 65.000 quintali negli ultimi<br />

quindici anni (nessuna specie ha avuto un incremento<br />

del genere: da 78.000 a 140.000 q.li), e come<br />

ben oltre 12.000 quintali provengano dall'estero<br />

per tutto il periodo dell'anno, mentre, nel 1980, le provenienze<br />

estere erano irrilevanti: 0,68% contro le<br />

attuali 8,66%.<br />

Va detto anche che quindici anni fa la commercializzazione<br />

dei meloni era concentrata quasi esclusivamente<br />

nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre,<br />

mentre oggi troviamo quantitativi notevoli<br />

nel mese di maggio, e quantità significative in marzo<br />

e aprile (ecco la risposta all'esigenza di essere sempre<br />

sul mercato!).<br />

Questo prodotto, forse più di altri, ha l'esigenza<br />

inderogabile di dover essere buono, di dover avere un<br />

elevato tenore zuccherino (la consuetudine indica<br />

in 10 gradi rifrattometrici la soglia minima sotto la<br />

quale non viene consentita la commercializzazione<br />

dei meloni) ma è bene che tale indice sia al di sopra<br />

di 12 o 13°Rif.<br />

Da anni, con scarsissimi successi, si è invocato un<br />

regolamento che imponesse la calibratura obbligatoria<br />

dei meloni, per diametro o per peso, poiché,<br />

fino a poco tempo fa, si è fatto sempre riferimento<br />

al numero di pezzi contenuti in un imballaggio standard<br />

di cm. 30x50. Sui mercati, fino ad ora, per telefono<br />

o per fax, si è parlato di meloni "Tamaris" (tanto<br />

per fare un esempio) di calibro 5/6 o 7/9 o 10/12<br />

(le primizie siciliane) o 4/5 per l'imballaggio di cm<br />

30x40. Poi, nel giugno del 1997, a campagna commerciale<br />

iniziata, ecco che escono le attese norme comunitarie.<br />

La lettura di queste norme, l'ho già affermato<br />

in altre sedi, mette in evidenza la debolez-<br />

za della nostra rappresentanza, anche a livello tecnico,<br />

nei momenti decisionali di valenza europea,<br />

in quanto non si può accettare che venga considerato<br />

un <strong>melone</strong> di qualità qualche cosa che abbia appena<br />

8 gradi Brix, che abbia un diametro di 75 mm o un<br />

peso unitario di 250 grammi (li hanno evidentemente<br />

confusi per mele!), già in altra sede ho proposto<br />

di condannare gli estensori a nutrirsi di tali meloni per<br />

almeno una stagione. E poi perché la norma non prevede<br />

la categoria extra ma solo la prima e la seconda?<br />

E il Sig. Lorenzini, che è stato il primo agricoltore<br />

a farsi certificare la qualità delle sue produzioni<br />

di meloni, cosa dirà? Cosa diranno gli amici di Pachino,<br />

di Latina, di Ferrara e su fino a Rovigo, ad<br />

Adria, dove hanno battezzato il marchio "ADRIÀNO<br />

IL MELONE POLESANO"?<br />

Per quanto riguarda l'immagine da ricordare e<br />

da proporre in maniera continuativa al cliente, regola<br />

fondamentale, per conquistare e tenere il mercato,<br />

è quella di farsi ben riconoscere attraverso simboli<br />

che nel tempo diano la garanzia della continuità<br />

della qualità; ecco allora che gli imballaggi non sono<br />

più dei semplici contenitori ma diventano degli strumenti<br />

di pubblicità e di comunicazione, ecco allora<br />

che diventa indispensabile accompagnare i meloni<br />

con locandine che illustrino le principali tecniche di<br />

coltivazione (a lotta integrata, rispettose dell'ambiente,<br />

a basso impatto ambientale, con l'ausilio di insetti utili)<br />

che riportino le principali caratteristiche organolettiche<br />

e nutrizionali dei meloni stessi, il loro contenuto<br />

in vitamine, in fibra o sostanze organiche beneficile;<br />

è importante anche suggerire alcuni sistemi<br />

nuovi o antichi per consumare i meloni non solo<br />

col pur ottimo prosciutto ma, almeno, in altri cinque<br />

o sei sistemi. Per vendere meglio e guadagnare<br />

di più. La cucina siciliana è una delle più appetitose<br />

d'Italia, ricca di tradizioni e di innovazioni (per chi<br />

non le conosce!), e allora il "giallo" va proposto come<br />

un <strong>melone</strong> diverso, facendo lo sforzo, ad esempio,<br />

che hanno fatto quelli della "Melinda" con la mela<br />

Renetta, mela che viene proposta in maniera differenziata<br />

dalle altre comuni mele rosse, o gialle, o<br />

verdi.<br />

<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> giallo, per i mercati del centro e nord Italia,<br />

ha anche il problema della pezzatura, in queste


zone di consumo, infatti, si prediligono "frutti" che<br />

oscillano fra i 1.200 e 1.800 grammi, il <strong>melone</strong> di peso<br />

superiore ai 2.300 grammi è difficilmente commercializzabile<br />

o comunque generalmente poco gradito.<br />

Sarei un ricercatore di consensi, se affermassi<br />

che il <strong>melone</strong> "giallo" è meglio, è più bello e più buono<br />

di altre varietà o ibridi: è semplicemente un altro<br />

"frutto", che va fatto conoscere ad un consumatore<br />

che si nutre ma non ha più fame e trova sui mercati di<br />

tutto per tutto l'anno, va fatto conoscere con la continuità<br />

della sua presenza per periodi medio lunghi,<br />

per la sua uniformità nel colore, nella forma e nel sapore,<br />

se ci saranno queste premesse anche il melo-<br />

Principali provenienze estere: Spagna, Francia, Brasile<br />

65<br />

ne "giallo" potrà dare le opportune soddisfazioni economiche<br />

a chi lo produce e a chi lo commercializza<br />

e il prezzo? <strong>Il</strong> prezzo lo deciderà il mercato<br />

anche in funzione dei quantitativi che vi verranno<br />

immessi, certo che, a conti fatti, con 200 lire al chilo<br />

di trasporto (oltre a tutti gli altri costi) non è pensabile<br />

vendere a Bologna o a Torino a meno di 1.000<br />

lire al chilo all'ingrosso; e che i prezzi si mantengano<br />

su livelli decorosi, è il mio augurio per chi crede<br />

in questa coltura e per chi ha investito tempo e denaro<br />

in un prodotto buono, che però deve ancora fare<br />

un po' di strada nel mercato dell'ortofrutta e nella<br />

cultura dei consumatori.


Aspetti commerciali salienti della moderna distribuzione<br />

Anceschi M. (Sai Frutta s.a.s. di Parma)<br />

La Ditta "Sal Frutta" di Gattatico (RE) è un'azienda<br />

di servizio che commercializza prodotti ortofrutticolo<br />

destinando circa il 60% del suo fatturato, di circa<br />

30 miliardi per il 1997, alla grande distribuzione e<br />

alla distribuzione organizzata.<br />

Per questo costante rapporto, l'Azienda si ritiene<br />

in grado di trattare le problematiche relative alla<br />

commercializzazione del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> all'interno<br />

delle strutture della grande distribuzione del nord<br />

Italia, dove questa cucurbitacea è ancora scarsamente<br />

conosciuta.<br />

In questi ultimi anni, con la collaborazione e l'aiuto<br />

dell'Assessorato Agricoltura e Foreste della <strong>Regione</strong><br />

<strong>Siciliana</strong>, si sono fatti comunque grandi passi, soprattutto<br />

grazie ad una capillare informazione pubblicitaria,<br />

direttamente all'interno dei punti vendita.<br />

Statisticamente nelle vendite si è registrato un aumento<br />

vertiginoso in pochi anni, passando da un totale<br />

venduto negli anni 1995/96 di cento quintali, ad<br />

un totale venduto nel 1997 di settecento quintali, pari<br />

ad un aumento di circa il 500-600%.<br />

Ma molto si può e si deve fare:<br />

1) Mirare all'uso di un solo seme, per potere così<br />

offrire un'unica varietà di prodotto, ad esempio, si<br />

consiglia di privilegiare l'uso della varietà "Helios"<br />

che ha dato i migliori risultati in termini di<br />

qualità, bontà e resistenza del prodotto;<br />

67<br />

2) Bisogna che sia le cooperative che le aziende di<br />

produzione privata commercializzino il prodotto<br />

in modo uniforme, usando gli stessi imballaggi, la<br />

stessa lavorazione, le stesse etichette, offrendo così<br />

un prodotto dall'aspetto omogeneo;<br />

3) Bisogna anche esigere più controlli di laboratorio,<br />

promuovendo la sensibilizzazione verso un prodotto<br />

con peculiari caratteristiche (lotta integrata),<br />

esigenza ormai pressante da parte dei fruitori della<br />

grande distribuzione.<br />

Dal 1996 a tuttora la grande distribuzione ha incrementato<br />

la commercializzazione dei prodotti a lotta<br />

integrata del 30%, riservando a questi circa il 50%<br />

del totale venduto.<br />

Brevemente sono tre gli obiettivi da raggiungere:<br />

• omogeneità del prodotto;<br />

• omogeneità di lavorazione;<br />

• controlli specifici sulla qualità biologica del prodotto.<br />

Tutto questo deve essere a priori affiancato da una<br />

corretta informazione atta a far conoscere il <strong>melone</strong><br />

<strong>d'inverno</strong> in Italia alle soglie del 2000. La grande distribuzione<br />

è il veicolo di commercializzazione più<br />

immediato ma anche il più esigente ed attento ed è<br />

proprio per questo che c'è assoluto bisogno di una comunità<br />

di intenti.


<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>: obiettivi del miglioramento genetico Clause<br />

Canino G. (Clause Italia)<br />

<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> Inodorus o <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, come è<br />

più comunemente conosciuto, si estende su di una superficie<br />

di circa 6000 Ha e comprende 4000 Ha di <strong>melone</strong><br />

a buccia gialla e 2000 Ha di <strong>melone</strong> a buccia verde;<br />

rappresenta, senza ombra di dubbio, la più importante<br />

realtà melonicola della Sicilia. Le provincie<br />

interessate sono quelle di Trapani, Palermo ed Agrigento.<br />

Nella prima si concentra sopratutto la coltivazione<br />

del giallo, mentre nella seconda la coltivazione<br />

del verde.<br />

I frutti rientrano nella tradizione del consumo di<br />

frutta estiva dell'isola, ma anche di quello invernale,<br />

infatti, il loro carattere di lunga durata, ne permette<br />

la conservazione per lungo tempo.<br />

Questa realtà registra, oggi, una evoluzione ed una<br />

apertura verso i mercati del nord, che darà sicuramente<br />

una spinta alla valorizzazione di questa coltura.<br />

Ed è proprio nel senso della valorizzazione che<br />

si inserisce il lavoro di miglioramento genetico della<br />

L. Clause Semences, impegnata ad offrire varietà<br />

con migliori caratteristiche agronomiche e qualitative.<br />

Chi è L. Clause Semences?<br />

L. Clause Semences è una società che opera da<br />

quasi 50 anni nel settore delle sementi ortive professionali.<br />

La società oggi fa parte di un importante<br />

gruppo, Limagrain' che insieme a Clause, riunisce altre<br />

importanti società sementiere come Vilmorin' Tezier,<br />

Ferry Morse e Nickerson Zwan.<br />

Clause semences è presente in tutto il mondo con<br />

le sue filiali ed anche in Italia.<br />

Come nasce una varietà.<br />

Una varietà commerciale è sempre il risultato di<br />

uno sforzo collettivo che impegna per diversi anni i ricercatori,<br />

i tecnici e gli organi commerciali. È, infatti,<br />

necessario conoscere a fondo tutta la filiera che parte<br />

dal produttore e giunge al consumatore, passando<br />

attraverso i commercianti, e basta che un solo anello<br />

di questa lunga catena non si chiuda per vanificare gli<br />

sforzi e l'impegno di molti anni. La definizione dei<br />

programmi di miglioramento hanno come obiettivo la<br />

costituzione di nuovi ibridi che diverranno commerciali<br />

solo se risponderanno adeguatamente a quelle che<br />

sono le aspettative di tutte le figure che entrano nel ciclo<br />

produttivo e commerciale.<br />

Si parte dalla conoscenza dell'ambiente nel quale<br />

le varietà verranno impiegate. Ciò permette di delineare<br />

le caratteristiche fisiologiche della pianta. <strong>Il</strong> <strong>melone</strong><br />

inodorus viene tradizionalmente coltivato nell'entroterra<br />

collinare dove entra in rotazione con il<br />

grano duro. Sono ambienti con inverni molto freddi<br />

ed estati molto calde e siccitose dove la coltura viene<br />

condotta in seccagno. In queste condizioni è necessario<br />

che la pianta sia molto rustica con apparato radicale<br />

potente, con ottima copertura fogliare per proteggere<br />

i frutti dalle alte temperature e dall'elevata luminosità.<br />

La precocità, la fertilità e la tolleranza al seccume<br />

fisiologico sono, invece, i caratteri che determinano<br />

un ciclo produttivo lungo ed elevata produttività.<br />

L' applicazione di tecniche agronomiche come l'irrigazione<br />

esigono varietà che si adattano alla forzatura<br />

con un equilibrato vigore della pianta e con la resistenza<br />

alla spaccatura dei frutti. L'utilizzo della pacciamatura,<br />

per anticipare l'epoca del trapianto, così<br />

come colture in serra e tunnel, in periodi fuori da quelli<br />

normali, necessitano di piante con una buona tolleranza<br />

al freddo e buona capacità di fioritura ed allegagione<br />

in condizioni di bassa temperatura e luminosità<br />

ed in condizioni di giorno corto.<br />

Nel lungo cammino della costituzione di una varietà<br />

ibrida, uno dei capitoli più importanti è quello<br />

che riguarda l'introduzione delle resistenze o delle<br />

tolleranze alle principali fitopatie. I programmi di individuazione<br />

ed inserimento dei geni di resistenza o<br />

69


70<br />

tolleranza, sono molto lunghi e la loro introduzione<br />

richiede anche decine di anni.<br />

<strong>Il</strong> miglioramento genetico si muove verso l'introduzione<br />

di tolleranze all'oidio (Sphaeroteca fuliginea<br />

ed Erysife cichoracearum), di resistenza alle<br />

quattro razze di Fusarium oxysporum f sp. melonis<br />

razze 0, 1, 2 ed 1-2; quest'ultima è di recente introduzione<br />

in Italia ed è già stata individuata in Sicilia.<br />

Si lavora, inoltre, su tolleranze alla pseudoperonospera,<br />

cladosporiosi, alla didimella, agli afidi (gene<br />

V.A.T) ed alle virosi (CMV, ZYM,WMV1 e<br />

WMV2). Queste ultime sono sicuramente tra le malattie<br />

più temibili perché in caso di gravi attacchi possono<br />

compromettere l'intero raccolto.<br />

Un altro capitolo importante è rappresentato dal-<br />

l'introduzione di migliori caratteristiche qualitative<br />

dei frutti. Si cura l'aspetto esterno (calibro, forma, colore,<br />

rugosità) così come la qualità interna (spessore<br />

della buccia, spessore della polpa, cavità interna<br />

piccola, colore e tenore zuccherino, aromi, consistenza).<br />

I mercati locali e quelli meridionali in genere<br />

cercano un frutto di grosse dimensioni, mentre i<br />

mercati del nord prediligono una pezzatura medio piccola.<br />

E, invece, indiscutibile che le caratteristiche gustative<br />

sono quelle che conquistano i consumatori più<br />

diversi.<br />

Ma se l'aspetto esterno e la qualità interna dei frutti<br />

hanno importanza per il consumatore, i caratteri co-<br />

me la lunga conservazione, la consistenza della polpa,<br />

la tolleranza alla vitrescenza, hanno interesse<br />

per la lavorazione ed il trasporto (graf. 3). Queste caratteristiche<br />

assumono importanza soprattutto per quel<br />

prodotto che è destinato ai mercati settentrionali o addirittura<br />

stranieri, e per quei frutti che vengono immagazzinati<br />

ed immessi sul mercato a distanza di qualche<br />

mese.<br />

Oggi l'esperienza e gli sforzi della Clause Semences<br />

hanno messo a disposizione la varietà di <strong>melone</strong><br />

a buccia gialla Helios Fl, un ibrido perfettamente<br />

adatto ai tipi di coltivazione ed al clima siciliano. Un<br />

ibrido ampiamente coltivato ed apprezzato per le sue<br />

doti agronomiche, qualitative nonché di lunga conservazione.<br />

Resistente al Fusarium oxysporum melonis<br />

razze 0,1.<br />

Di più recente costituzione è un altro ibrido, Incas<br />

FI (clx 2653), sempre a buccia gialla e lunga conservazione<br />

che vanta la resistenza a tre razze di Fusarium<br />

oxysporum melonis (0,1,2) ed un elevato livello<br />

di tolleranza all'oidio.<br />

È inoltre disponibile un ibrido a buccia verde molto<br />

rugosa, Axio F1 (clx 2655), adatto per le tradizionali<br />

coltivazioni seccagne del Purceddu, che ha le<br />

resistenze a tre razze di Fusarium oxysporum melonis<br />

e che rappresenta una novità in un mercato caratterizzato<br />

dalla coltivazione di ecotipi locali autoriprodotti.


Conclusione 71<br />

Intervento conclusivo<br />

Caruso P. (Università di Palermo)<br />

Numerosi e qualificati apporti tecnico-scientifici,<br />

esternati sotto forma di relazioni, ma anche di interventi<br />

estemporanei, su tematiche generali e/o particolari<br />

della melonicoltura siciliana, hanno mostrato<br />

un quadro completo delle problematiche già risolte in<br />

evoluzione e/o ancora stagnanti e critiche, come pure<br />

i progressi - che non sono pochi - già fatti e le mete<br />

già raggiunte.<br />

Gli interventi, a voce di persone di molteplice estrazione<br />

geografica e formazione tecnico-scientifica, come<br />

variopinte tessere di un mosaico, presentate in questa<br />

giornata di studio hanno consentito di mettere a<br />

fuoco e di coordinare aspetti e problemi di vario genere,<br />

tutti confluenti ed inerenti l'unico tema: progresso<br />

del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> e sua qualificazione.<br />

Alcune riflessioni a voce alta s'impongono su questo<br />

interessante incontro.<br />

Verrebbe di pensare in primis alla squisita accoglienza<br />

e ai prelibati cibi offerti dagli organizzatori<br />

locali che, seppur presentati in modi aulici imposti<br />

dall'occasione sono espressione della tradizionale<br />

ospitalità delle genti e della gustosa gastronomia della<br />

pur semplice e povera cucina di Sicilia.<br />

Non è cosa effimera, e ne serberemo un gradito ricordo.<br />

Anzitutto va rilevato che l'interesse scientifico per<br />

il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> riscuote sempre più vasti consensi<br />

ed è di grande conforto e sono giustificate le attese,<br />

di progresso del settore visto che studi e ricerche<br />

oggi siano coordinati tra loro, certamente nei fat-<br />

ti, quando non lo siano già nei disciplinari sperimentali,<br />

in maniera da affrontare problematiche multidisciplinari<br />

o comunque multisettoriali (es. agronomia-patologia;<br />

genetica-mercato, ecc.)<br />

La tendenza emersa per la coltivazione di un numero<br />

assai limitato di cultivar e l'orientamento verso<br />

quelle a buccia gialla, se condannano all'estinzione<br />

e/o al ruolo di prodotto di nicchia alcune tradizionali<br />

espressioni produttive locali anche pregiate dal<br />

punto di vista qualitativo (es. Purceddu o rugoso verde)<br />

aprono e facilitano la strada della tipicizzazione<br />

di un prodotto con definite qualità organolettiche e di<br />

immagine. <strong>Il</strong> Consorzio per la Valorizzazione e Tutela<br />

del <strong>melone</strong> di Sicilia "NUARA", di recente costituzione<br />

dovrà fare tesoro di tutte le indicazioni emerse<br />

in questo convegno di studi, per qualificare e mantenere<br />

costante la qualità del <strong>melone</strong>, se vorrà perseguire<br />

i fini per cui è stato costituito cioè quello di<br />

fare apprezzare e vendere fuori Sicilia un prodotto tipicizzato,<br />

e non già anonimo, come finora è stato commercializzato<br />

da operatori d'oltre stretto.<br />

Forse sono più i numerosi e gravi i problemi ancora<br />

irrisolti, che quelli a cui è stato possibile dare una<br />

soluzione anche non definitiva.<br />

Ma è di grande auspicio sapere che attorno alla<br />

coltura del <strong>melone</strong> invernale si muovono ed operano<br />

istituzioni scientifiche e tecniche e organizzazioni<br />

commerciali, economiche, sociali, ecc. tutte interessate<br />

al progresso all'affermazione della coltura del<br />

<strong>melone</strong> e delle sue produzioni pregiate.


Finito di stampare nel Dicembre 1998<br />

dalle GRAFICHE CAMPO<br />

Via Licurgo - ALCAMO<br />

Tel. 0924 22 880 - Fax 0924 25627

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