Notiziario del Centro Studi per la Val di Sole - Centro Studi Val di Sole

ANNO XXXVIII - 2010 GENNAIO-MARZO n. 1
Direttore responsabile: Alberto Mosca - Autorizzazione Tribunale di Trento n° 173 del 10.03.1973 - Spedizione in abbonamento postale - 70% D.C.B. di Trento - Taxe Percue - Tassa Riscossa Malé (TN) - C.C.P. 15926389
Centro Studi
per la Val di Sole
Notiziario
del Centro Studi
per la Val di Sole

SOMMARIO
editoriale
3 La primavera dei castelli
di Alberto Mosca
attività del centro studi
4 XLII Assemblea ordinaria del Centro Studi
10 “Dalla guerra e dal ghiaccio”: viaggio tra
ricerca scientifica e memoria collettiva
di Federica Costanzi
studi sulla val di sole
12 Una pagina inedita della vita del prof. Giovanni
Ciccolini
di Udalrico Fantelli
gli speciali de la Val: Castel Thun
di Alberto Mosca
18 17 aprile 2010: apre Castel Thun
19 Da Malé, una storia araldica
20 Da Caldes, un principe vescovo: Giacomo
Massimiliano Thun (1681-1741)
21 Nel 1804, un archivio in Castello Caldes
22 Da Rabbi, una sentenza criminale del 1689
23 Da Croviana, uno storico: Carlo Vittorio Thun
(1686-1731)
24 In cinque serate, i Thun in Val di Sole
studi sulla Val di Sole
25 Scuola nelle terre alte e minoranze linguistiche
di Rinaldo Delpero
30 I rifugi e il turismo alpino: il caso del rifugio
Dorigoni
di Paola Bezzi
32 La sorgente acidula di Rabbi e l’arcivescovo
di Milano Luigi Nazari di Calabiana
di Paolo Dalla Torre
cultura delle valli
33 Canti nella storia
di Paolo Magagnotti
34 Con i volontari solandri rinasce la chiesa di
Onna
di Alberto Penasa
35 Antonio Mautone, pugliese di origine, solandro e
maletano di adozione
di Udalrico Fantelli
socialia
36 Socialia
REALIZZAZIONE GRAFICA E STAMPA:
ag. nitida immagine - cles
CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
38027 Malé - c/o Teatro Comunale
(venerdì ore 17.00 - 19.00)
Tel. e fax 0463.903085
c.c.p. 15926389
c.c.b. IBAN IT26 M080 4235 0000 0001 0307 295
Quota sociale euro 20,00
NUMERO SOCI 2000 - TIRATURA COPIE n. 2250
MUSEO DELLA CIVILTÀ SOLANDRA
Malé - Via Trento (ex Pretura) - direttore Federica Costanzi
MUSEO DELLA GUERRA BIANCA
Peio Paese - direttore Maurizio Vicenzi
BIBLIOTECA STORICA
Terzolas - palazzo della “Torraccia”
In copertina:
Il principe vescovo di Gurk, Giacomo Massimiliano Thun
(Caldes, 1681-Strasburgo, 1741). (Archiv der Diözese Gurk -
Bischöfliches Gurker Ordinariat-Klagenfurt)
DIRETTORE RESPONSABILE
Alberto Mosca
albertomosca@albertomosca.it
COMITATO DI REDAZIONE
Rinaldo Delpero
Salvatore Ferrari
Mariapia Malanotti
Anna Panizza
Romano Stanchina
Fortunato Turrini
HANNO COLLABORATO
Paola Bezzi
Federica Costanzi
Paolo Dalla Torre
Udalrico Fantelli
Paolo Magagnotti
Franco Marzatico
Alberto Penasa
Peter G. Tropper
Su Internet:
www.centrostudivaldisole.it

LA PRIMAVERA DEI CASTELLI
Coi castelli ci vuole pazienza. Lo hanno imparato a Ton,
come pure a Ossana e a Caldes. Ma si sa, la pazienza ha un
limite. Il tempo passa, ma fortunatamente qualche pezzo
comincia ad avere un posto preciso: il primo sarà proprio
Castel Thun, la cui apertura ufficiale è fissata per il prossimo
17 aprile. L’evento culturale dell’anno, una ricchezza
che avrà importanti ricadute sul turismo che si svilupperà
nell’area di Ton e un po’ in tutta la Val di Non. Dopo
vent’anni di lavori di restauro, un progetto e un sogno che
trovano realizzazione. E siccome la storia della famiglia
Thun è legata a doppio filo anche alla Val di Sole, nelle
prossime pagine troverete un inserto speciale dedicato
a Castel Thun ma da una prospettiva particolare, quella
dei luoghi solandri maggiormente legati alla nobile famiglia
anaune. Nella speranza che il 17 aprile a Castel Thun ci
siano anche tanti soci solandri.
Ma quando si parla di castelli e di pazienza anche in Val
di Sole non si scherza: due sono al momento i cantieri
aperti e, a onor del vero, protagonisti di storie differenti. A
Ossana e a Caldes infatti la partita è ancora in corso, ma
se nel primo caso siamo quasi al fischio finale e si vince,
nel secondo la partita è stata sospesa parecchie volte e
siamo sotto, in attesa del rush finale nei minuti di recupero.
Uscendo dalla metafora calcistica, a Ossana e a Caldes
sono stati proprio gli approcci al problema ad essere di-
di Alberto Mosca
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editoriale
versi: forse è più facile restaurare un rudere che non un
maniero complesso come quello di Caldes, ma è evidente
che a Ossana si lavora bene. In tutte le fasi, grazie ad una
collaborazione stretta e proficua tra comune e soprintendenze
provinciali. Con un progetto definito e condiviso fin
dall’inizio. A Caldes no: assessori e commissioni si sono
succedute inutilmente, le proposte di fruizione si sono
via via dissolte, tra gli stessi comuni solandri è mancata
la convinzione che Caldes possa essere un bene di valle,
lasciando da sola quell’amministrazione comunale. Con la
scusa di lasciare alla valle il compito di trovare idee per il
riuso, anche la Provincia, pur proprietaria del complesso,
ha fatto un po’ la parte di Pilato. Durante questa primavera
partiranno i lavori di restauro, riprendendo in mano
tutto, compreso il già fatto. Con un progetto versatile,
adattabile per qualsiasi progetto di utilizzo e forse, alla
fine, davvero buono per nessuno. Ma senza idee vere per
il futuro: oggettivamente, rispetto alle proposte emerse in
questi anni, quella del ristorante tipico e della sede degli
uffici comunali rappresenta una soluzione rinunciataria,
non tanto distante da quell’ “accesso ai camion anche
grandi” che a suo tempo si pretendeva per portarvi la
sede dell’Apt. Con Castel Caldes si è giocato parecchio
finora e in molti hanno rimediato una brutta figura. Ma nei
minuti di recupero, si può raddrizzare la partita.
IMPORTANTE: VERSAMENTO QUOTE ASSOCIATIVE
Allo scopo di rendere più snelle e tempestive le procedure di incasso delle quote sociali, di alleggerire le incombenze in
capo ai fiduciari, nonché di evitare dimenticanze e spiacevoli involontarie cancellazioni, il consiglio direttivo si è proposto
di sollecitare i soci ad aderire al servizio RID. Si tratta della modalità di addebito permanente - fino a revoca - della
quota associativa annua sul proprio conto corrente bancario, mediante autorizzazione rilasciata una tantum su modulo
uniforme. Tecnicamente, si tratta di utilizzare il modulo allegato nello scorso numero della rivista, rivolgersi all’istituto di
credito presso il quale si intrattiene un rapporto di conto corrente e chiedere aiuto nella compilazione dei vari campi;
il modulo così compilato e sottoscritto potrà essere lasciato presso il vostro istituto o riconsegnato al Centro Studi,
anche eventualmente per il tramite del vostro fiduciario. Con la sottoscrizione del formulario, autorizzate la vostra banca
all’addebito - una volta l’anno - della quota associativa.
è evidente che l’adesione alla nuova modalità è assolutamente libera e facoltativa; chi preferirà proseguire versando la
quota al proprio fiduciario potrà certamente farlo. Ancora, coloro i quali attualmente ritirano le pubblicazioni presso i
fiduciari continueranno a farlo, pur aderendo alla nuova modalità di pagamento.
Per qualsiasi chiarimento o ulteriore informazione, potete fare riferimento, oltre che al Vostro fiduciario, alla segreteria del
Centro Studi presso la sede di Malè - anche telefonicamente al numero 0463.903085 - il venerdì dalle 17.00 alle 19.00.

attività del Centro
XLII ASSEMBLEA ORDINARIA
DEL CENTRO STUDI
La Presidente Federica Costanzi, dopo i saluti ai presenti e
la nomina degli scrutatori, dichiara aperta la XLII assemblea
sociale e dà lettura della relazione morale relativa all’anno
2009, che qui si riproduce in sintesi.
Situazione sociale:
Ad oggi il numero dei soci è di 1941, di cui 3 soci onorari e
28 soci vitalizi, 1536 in regola con il versamento della quota
per il 2009 e 405 morosi, molti dei quali si metteranno certamente
in pari unitamente al ritiro dei libri del 2009, ormai
pronti per la distribuzione.
Vogliamo dedicare come sempre un pensiero affettuoso
e riconoscente ai soci che non sono più con noi, ricordando
Enrico Lazzaroni, per molti anni nostro revisore dei
conti, sostenitore concreto del Museo di Malè e spesso
attivamente presente alle nostre assemblee; Bruno Ruffini,
presidente dell’associazione “Giovanni Battista Lampi”; Ugo
Leonardi e Franco Cristino di Terzolas; Martino Angeli di
Croviana; il dott. Giovanni Polisseni di Stresa, buon amico di
Quirino Bezzi e socio sin dall’anno di fondazione; Antonio
Delpero, Sperandio Gabrielli ed Erino Vareschi di Vermiglio;
Ottavio Zanella di Arnago; Camillo Bontempelli di Pellizzano,
Riccardo Bezzi di Cusiano e gli altri dei quali possiamo
non aver avuto, senza nostra colpa, notizia.
Un pensiero di sincera partecipazione va anche a tutti i
nostri soci che hanno vissuto il dolore della perdita di una
persona cara; un pensiero di particolare affetto e simpatia
da parte di tutta la nostra assemblea per Marcello Liboni
che oggi non è con noi perché in settimana è mancato il
suo papà signor Alfeno.
A tutti i nostri defunti dedichiamo un minuto di raccoglimento.
Attività degli organi sociali
Il Direttivo si è ritrovato otto volte, sempre con la presenza
di uno dei revisori dei conti: la loro presenza alle riunioni è
per noi motivo di tranquillità in tutte le decisioni che comportano
impegni di spesa; spesso sono anche partecipi con
stimoli e consigli. Grazie di cuore.
Abbiamo ringraziato i nostri preziosi fiduciari e tutti i collaboratori
della redazione de La Val, dei Musei e del Gruppo
di Lavoro della Biblioteca Storica in occasione della tradizionale
cena, questa volta il 20 febbraio a Monclassico.
Con i fiduciari ci siamo trovati anche in un’altra occasione,
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presso la Biblioteca di Dimaro, al fine di esaminare la possibilità
di raccogliere la quota sociale, per chi lo vorrà, attraverso
il sistema della delega bancaria, come per le utenze
domestiche. Il nostro tesoriere Livia Fezzi ha preso i dovuti
contatti ed elaborato le modalità per avviare questa nuova
procedura, che lei stessa vi spiegherà; essa rappresenta una
possibile comodità, senza oneri di spese a nostro carico, e
per questo ringraziamo le Casse Rurali della valle.
Ho comunicato l’anno scorso che il direttivo ha deciso di
regalare l’iscrizione gratuita all’associazione, per il primo
anno, anche ai premiati per le tesi di laurea, al fine di metterli
in contatto per un anno con il nostro sodalizio e con il
nostro lavoro. è un modo per avvicinare i giovani alla nostra
associazione ed all’attività culturale che essa svolge; saremmo
contenti che mantenessero l’iscrizione. Dei premiati
dell’anno precedente la metà erano già soci, o è socio uno
dei genitori, e la metà dei restanti ha provveduto al rinnovo
dell’iscrizione.
Ci siamo incontrati due volte con l’Assessore alla Cultura
Franco Panizza, una volta con tutto il Direttivo presso la
Torraccia di Terzolas ed una volta a Trento con i responsabili
del Museo di Peio ed il Sindaco per esaminare le possibilità
di finanziamento del previsto, ed ormai progettato,
ampliamento del Museo stesso.
Argomenti discussi con l’Assessore sono stati in particolare
l’annoso problema della gestione della Biblioteca storica,
che ha poi trovato un prezioso puntello nel progetto, approvato
dalla Provincia, di gestione associata delle biblioteche
della Val di Sole, che ha ricompreso anche la biblioteca
del Centro Studi; la gestione del Museo di Peio e le modalità
di coinvolgimento di enti ed associazioni nelle attività
di recupero di reperti bellici in quota, con spese a carico
della Provincia; il progetto di rete relativo alla prima guerra
mondiale.
Attività svolta nel 2009
Le attività svolte sono state puntualmente relazionate attraverso
il notiziario sociale, e provvederò soltanto ad un
breve riepilogo: commemorazione di Quirino Bezzi in occasione
del 20° anniversario della sua scomparsa. Come
preannunciato durante la scorsa assemblea il Centro Studi
aveva deciso di dedicare l’anno 2009 a Quirino Bezzi, e l’impegno
è stato mantenuto con l’organizzazione di due ma-

nifestazioni, una il 25 luglio a Cogolo, insieme al Coro Sasso
Rosso, in una sala piena sino all’inverosimile, ed un’altra il 29
novembre ad Ossana, in collaborazione con l’amministrazione
comunale che in quell’occasione ha dedicato al suo
illustre concittadino la sala del Consiglio comunale. Ciò ha
rappresentato per noi occasione di orgoglio associativo, e
motivo per presentare il nuovo libro che verrà distribuito
ai soci in conto 2009, una raccolta di tutte le poesie di
Quirino Bezzi che lui aveva pubblicato, in numero limitato
di copie ed a proprie spese; il comitato di redazione de LA
VAL ha svolto un magnifico lavoro di raccolta di testimonianze
sulla vita e sulle opere del nostro presidente, con
articoli di vari autori pubblicati su tutti e quattro i numeri
del notiziario del 2009. Ritengo di poter attribuire al lavoro
svolto per commemorare Quirino, allo scopo di farlo ricordare
a chi l’ha conosciuto e di farlo conoscere a chi non
ne ha avuto l’occasione, il massimo dei voti, ed i famigliari
ringraziano concordi tutti quelli che hanno voluto offrire
il proprio contributo; per conoscere il tempo di Andreas
Hofer, nella miriade di manifestazioni organizzate in Trentino
in occasione dell’anniversario della sollevazione tirolese,
noi ci siamo distinti per una programmazione davvero particolare:
in collaborazione con la scuola musicale Eccher, la
Coralità Clesiana e con il nostro cantante lirico Ivo Rizzi,
magnifica voce di Cavizzana, con il contributo economico
dei comuni di Dimaro e di Vermiglio e del Comprensorio
sono state organizzate due serate davvero emozionanti,
che hanno avuto luogo durante l’estate presso i teatri di
Dimaro e di Vermiglio. Alberto Delpero ha ricordato la figura
e la personalità del solandro Bartolomeo Delpero,
rappresentante del panorama letterario patriottico tirolese
a cavallo fra Ottocento e Novecento, mentre Anna Panizza
ha splendidamente commentato e letto alcune delle sue
poesie più significative; i musicisti hanno riproposto alcuni
brani tratti dall’opera
lirica “Die Schlacht am
Berg-Isel”, componimento
dello stesso Bartolomeo
Delpero e musiche di
Pembaur, in occasione del
centenario della sollevazione
guidata da Andreas
Hofer, andata in scena il 13
agosto del 1909 e da noi
riproposta in occasione
del bicentenario il 13 agosto
del 2009. Complimenti
per l’idea e per la regia;
il progetto editoriale prevedeva
due fasi di lavoro: la
I soci in assemblea.
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attività del Centro
stampa di una storia di Terzolas da appunti manoscritti del
prof. Ciccolini trascritti dalla nipote Tiziana con la “supervisione”
del prof. Fantelli ed inoltre un aggiornamento storico
a cura di Alberto Mosca e di Salvatore Ferrari sullo stato
della ricerca storica dai tempi del prof. Ciccolini ad oggi;
in realtà gli appunti erano veramente tanti, ed il lavoro di
controllo della versione informatizzata degli appunti manoscritti,
necessariamente accurato e minuzioso, si è rivelato
più lungo e faticoso del previsto, ed ha comportato un allungamento
dei tempi. Avremmo potuto fermarci alla mera
stampa del testo originale ma, d’accordo con il Comune di
Terzolas, generoso cofinanziatore dell’iniziativa, si è deciso
di portare avanti l’intero progetto, da affidare alle stampe
entro luglio e distribuire ai soci entro l’estate. Grazie di
cuore al Sindaco Michele Graifenberg.
In sostituzione abbiamo realizzato la stampa delle poesie di
Quirino Bezzi, che siamo in grado di distribuire oggi ai presenti.
Avremmo voluto distribuire contemporaneamente
anche la strenna LA VAL, tradizionale miscellanea di autori
vari, che però attualmente è nelle fasi finali di stampa; alcuni
autori hanno presentato in ritardo i propri pezzi o le correzioni,
e ciò ha determinato un certo ritardo. Entrambe le
pubblicazioni del 2009 verranno consegnate quanto prima.
in occasione della premiazione di 13 nuove tesi di laurea il
19 aprile, come di tradizione presso la Torraccia di Terzolas,
è stato con noi il Prof. Carlo Buzzi dell’Università di Trento,
primo testimonial 10 anni fa di questa nostra preziosa, e
molto copiata, iniziativa; al giro di boa dei 10 anni è stato
predisposto un nuovo regolamento per la valutazione delle
tesi, reso necessario dalle nuove tipologie di percorsi universitari,
e creata una commissione di valutazione. Marcello
Liboni mi ha fatto sapere che anche per l’anno in corso
sono parecchie le tesi già depositate;
gestione associata delle biblioteche della Val di Sole: come
saprete il progetto è stato
approvato dalla Giunta
provinciale dopo un lungo
iter che è stato seguito
per noi da Marcello Liboni:
riguarda le sei biblioteche
solandre, ma riveste
enorme importanza anche
per il Centro Studi,
perché anche il nostro
patrimonio bibliografico
è stato incluso in questa
Convenzione. L’ambizione
è quella di fare del sistema
bibliotecario solandro uno
dei contenuti della Futura

attività del Centro
Comunità di Valle. Per noi rappresenta un salto di qualità,
l’obiettivo perseguito da anni con caparbia ostinazione dal
presidente Fantelli e da Marcello Liboni al fine di poter offrire
al nostro fondo storico la migliore visibilità possibile,
affinché la collettività ne possa fruire al meglio. Mi dispiace
che Marcello non sia qui oggi per parlare di questo traguardo,
che è contemporaneamente un nuovo punto di partenza.
L’inserimento nella gestione associata è fondamentale
dal punto di vista scientifico, per la catalogazione dei testi e
del materiale conservato in genere, nonché per i finanziamenti,
che consentiranno di migliorare i tempi di apertura
al pubblico;
abbiamo partecipato anche quest’anno al Premio Giornalistico
di Folgarida, proponendo il nominativo di Samantha
Cristoforetti di Malè, non per una tesi di laurea ma per il
suo eccezionale curriculum di studio ed impegno, per noi
testimonial ideale dei motivi per cui questo premio era stato
a suo tempo proposto;
abbiamo partecipato con lettura di poesie alle celebrazioni
per il 20° di fondazione dell’università della terza età di
Dimaro;
il riconoscimento della personalità giuridica, ottenuto grazie
alla vostra massiccia presenza dell’anno scorso, è stato
formalizzato solo nel mese di luglio, e questo ci ha impedito
di attivare la procedura per entrare nell’elenco delle associazioni
alle quali può essere devoluto il 5/1000 in occasione
della dichiarazione dei redditi; quest’anno la possibilità è
stata riproposta, e noi ci attiveremo entro i termini; se poi
gli introiti, da come si è potuto capire, arriveranno con anni
di ritardo, meglio tardi che mai;
il sito web è in funzione, e Marcello Liboni lo tiene costantemente
aggiornato con le novità e gli eventi; da quest’
anno sono on line anche i numeri del notiziario sociale;
progetto LEADER; dirò
poco perché non tutto
è ancora del tutto chiaro;
ho partecipato personalmente
all’elezione
del rappresentante delle
associazioni culturali in
seno al GAL (Gruppo
Azione Locale) che ha
portato alla nomina di
Manuel Baggia: dopo di
allora (inverno scorso) le
associazioni culturali non
sono più state interpellate;
dall’analisi dei bandi e
dal confronto con esperti
nella redazione di do-
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mande di finanziamento non pare che in questa tornata (le
domande scadono a fine febbraio) vi sia spazio per eventuali
nostre proposte; in realtà l’unico spazio di manovra
sarebbe all’interno dell’azione 323 che ha come obiettivo
la valorizzazione degli elementi caratteristici del patrimonio
rurale locale (storia, cultura, architettura, paesaggio) per
recuperare e rafforzare legami identitari delle popolazioni
rurali con il proprio territorio e recuperare ad un uso didattico-informativo
le testimonianze delle vicende storiche
e culturali tipiche del territorio e trasformarle in proposte
turistico-culturali; il bando indica però come interventi
ammissibili solo azioni di recupero e valorizzazione di siti
ed aree, e pare quindi più interessato l’ente pubblico o un
ecomuseo territoriale. Noi manteniamo comunque desta
l’attenzione;
progetto “Una Montagna possibile” in collaborazione con i
Comuni di Malè e Croviana e le associazioni “San Luigi” di
Malè e “il Mulino” di Croviana, sostenuto dalla Consigliera
di parità e con il finanziamento della Fondazione Cassa di
Risparmio e dell’Ufficio delle Pari Opportunità della Provincia
; si tratta di un ciclo di conferenze ed incontri formativi
su esperienze di partecipazione democratica, iniziato a
novembre e che proseguirà a scadenze mensili fino a maggio;
riguarda le forme di partecipazione democratica alla
vita pubblica, argomento di estremo interesse ed attualità
in un tempo storico in cui dominano o il disinteresse per la
cosa pubblica o l’agire degli eletti spesso senza attenzione
al mandato politico ricevuto; le date dei prossimi incontri
saranno pubblicate sul sito ed avranno pubblicità dai giornali
locali.
Gruppo di lavoro della “Biblioteca storica La
Torraccia”
Con orgoglio e soddisfazione
Mauro Pancheri
registra l’ottimo risultato
ottenuto, come contenuto
e come pubblico
presente, negli incontri
tenutisi alla Torraccia. Spaziando
su varie tematiche
sono stati sviluppati una
serie di incontri culturali e
presentazioni di libri e di
artisti che hanno coinvolto
molte persone interessate
ad approfondire temi
di particolare attualità. Gli
incontri hanno avuto quale
comune denominatore

la cultura, ed in particolare la cultura per la comunità di
domani, la cultura per l’architettura e la formazione degli
adulti. Mauro Pancheri ha ricordato e ringraziato tutti
i componenti del Gruppo: Salvatore Ferrari, Elisa Podetti,
Marcello Liboni, Lorena Stablum, Stefania Dalla Serra. Ha
inoltre augurato al Centro Studi tanta vita e tanta cultura.
Relazione del responsabile del notiziario La Val
Con soddisfazione Alberto Mosca, responsabile del notiziario
La Val, ringrazia tutti i componenti del comitato che
hanno collaborato alla stesura de La Val, notiziario che ha
raccontato e si augura continuerà a raccontare la storia e le
storie dei soci. Nel corso del 2009 ha apprezzato molto le
lettere di giovani che hanno manifestato opinioni varie sul
contenuto della rivista, questo significa che i temi trattati,
con particolare riferimento all’anniversario dalla morte del
presidente fondatore Quirino Bezzi, sono stati di particolare
attualità in quest’anno appena trascorso.
Per il 2010 ci si propone di affrontare temi sociali coinvolgendo
la maggior parte di persone possibili e specialmente
giovani, coinvolgendo le istituzioni del territorio. Sul primo
numero verrà sicuramente dato spazio alla presentazione
dei lavori che porteranno all’apertura di Castel Thun
nell’aprile 2010.
Relazione del presidente del Museo della Civiltà
Solandra
Il Museo di Malè vive un’ottima stagione da quando il Comune
si è assunto la maggior quota degli oneri di custodia
e pulizie, appoggiandoci con l’assunzione periodica della signora
Angela, che ci solleva dalla maggior parte delle spese
di gestione per l’apertura anche fuori stagione; in questo
modo possiamo meglio
far fronte alle richieste
che numerose
pervengono da gruppi
di vario genere. Non
lo vedrete nel bilancio
2009 ma all’inizio
di questo 2010 con le
offerte e la vendita di
libri siamo riusciti ad
azzerare il debito nei
confronti del Comune
di Malè per spese condominiali
di gestione
ordinaria, ed iniziamo
questo 2010 senza debiti;
pure in positivo si
chiude la stagione di
Da sinistra, Mauro Pancheri, Federica Costanzi, Livia Fezzi e Alberto Mosca.
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attività del Centro
apertura della Fucina Marinelli, a totale carico del Comune
di Malè, molto apprezzata dai visitatori, pur penalizzati
nel numero per l’ubicazione e le difficoltà di accesso nella
brutta stagione. Quest’anno abbiamo avuto la collaborazione
di due nuove studentesse, Eleonora Endrizzi ed Elisa
Benedetti di Malè.
Come per gli anni scorsi è stata garantita l’apertura da metà
giugno a metà settembre, ed a richiesta nei restanti periodi.
A Giuliana ed Angela, Eleonora ed Elisa un grazie di cuore.
Con l’Istituto Comprensivo Bassa Val di Sole e l’intervento
fondamentale delle prof.sse Roberta Covi ed Elisa Podetti
è stata realizzata dai ragazzi di seconda media la voce relativa
al Museo della Civiltà Solandra sull’enciclopedia multimediale
Wikipedia; anche a tutti loro grazie, e grazie a tutti
coloro che donano vari oggetti, preziosi per molti aspetti,
al Museo.
Relazione sul Museo della Guerra Bianca di Peio
Il Museo di Peio ha ormai un ruolo strategico nell’offerta
turistica della Val di Sole. Nella relazione che ci ha fatto
pervenire il direttore Maurizio Vicenzi evidenzia come nel
2009 si siano superate le 10.000 presenze. Complimenti!
162 sono state le giornate di apertura, sette le serate con
argomento la Prima Guerra Mondiale, realizzate in collaborazione
con il Parco dello Stelvio e due le uscite sul territorio,
ad accompagnare i visitatori sui luoghi della Grande
Guerra.
Come ogni anno l’evento più importante è stato la commemorazione
dei Kaiserschützen del Piz Giumella, con una
serata con il Coro Alpino di Lagolo ed una serata di proiezioni
sulla battaglia del San Matteo.
Il Museo di Peio è impegnato nel seguire la progettazione
dell’ampliamento della
struttura, ottima occasione
per noi e che ci
impegnerà con la realizzazione
degli arredi.
Altro progetto importantissimo
al quale il
Museo partecipa attivamente
e con il solito
entusiasmo è il cosidetto
progetto Linke,
la ricerca storica su un
fronte ad oltre 3600
metri con ricostruzione
di un sito visitabile
in quota, progetto di cui
è referente principale
la Soprintendenza per i

attività del Centro
beni archeologici della Provincia Autonoma di Trento.
A proposito di beni archeologici devo rivolgere a Maurizio
Vicenzi ed ai suoi collaboratori di Peio i complimenti per
l’ottima organizzazione di un magnifico convegno a Cogolo
con argomento i ritrovamenti in quota, la ricerca scientifica
e la memoria collettiva (ndr, si veda la relazione su questo
convegno in questo numero del notiziario).
Rapporti con enti ed associazioni
Anche quest’anno posso confermare un ottimo livello di
collaborazione sia con gli enti locali, con gli istituti di credito
e con le altre associazioni: quest’anno abbiamo fattivamente
collaborato con la scuola musicale Eccher ed il Coro
Coralità Clesiana, con il Coro Sasso Rosso, con l’univeristà
della Terza Età di Dimaro, con il Parco Nazionale dello Stelvio,
con l’Istituto Comprensivo Bassa Val di Sole tramite il
Museo, con i comuni di Terzolas, Malè, Croviana, Dimaro,
Ossana,Vermiglio, Peio, nei quali abbiamo organizzato eventi
o manifestazioni, con le Casse Rurali solandre che hanno
cofinanziato il libro di poesie di Quirino Bezzi; grazie a tutti.
INDICAZIONI PROGRAMMATICHE PER IL 2010:
Progetto editoriale
Come ho già riferito il progetto editoriale comprende
innanzitutto il recupero del testo “ritardatario” del 2009,
e cioè la trascrizione del manoscritto del prof. Giovanni
Ciccolini su Terzolas a cura della nipote Tiziana Ciccolini
e del prof. Fantelli , con aggiornamento a cura di Alberto
Mosca e Salvatore Ferrari; la stampa, ancora in conto 2009,
della “Leggenda di Bolentina” di Giulio Briani, anch’essa in
dirittura d’arrivo, il quaderno del Museo “Gli orti della Val di
Sole”, anch’esso già annunciato e pronto, ma da mandare in
stampa (mea culpa) ed inoltre la stampa di un magnifico lavoro
di Marco Valenti, insegnante
di Malè, sugli aspetti
geologici della Val di Sole,
argomento estremamente
interessante e mai curato
dal Centro Studi con una
pubblicazione; questa ci è
stata caldamente raccomandata
dalla SAT, e noi
ben volentieri abbiamo risposto
positivamente.
La voce pubblicazioni, insieme
al notiziario sociale,
rappresenta la voce di spesa
maggiormente consistente
del nostro bilancio;
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a parte il testo del Ciccolini, le altre pubblicazioni sono praticamente
pronte, e questo ci permetterà di consegnarle
e spedirle ai soci entro l’estate, rimettendoci per così dire
in termini; negli ultimi anni siamo slittati involontariamente
sempre più avanti nell’anno nella distribuzione delle pubblicazioni,
ed abbiamo messo in difficoltà i fiduciari nella
raccolta delle quote ed il nostro tesoriere nel fare il punto
della situazione soci; vorremmo quest’anno rimetterci
in termini e distribuire le pubblicazioni nella prima parte
dell’anno, e così di seguito negli anni successivi; avremo
così tempo ed energie da dedicare alla realizzazione delle
famose cartine, storica e turistica, sui siti della Grande
Guerra, che quest’anno ha subito una pausa; nel frattempo
abbiamo acquistato un computer con stampante installato
presso la Torraccia, necessario per la didascalizzazione
delle foto commissionataci dall’IGM e per l’organizzazione
del lavoro di allestimento delle cartine stesse: abbiamo avuto
alcuni incontri preliminari per individuare il lavoro da
svolgere e le modalità da seguire, e nominato il gruppo di
lavoro che si metterà all’opera, in modo da poter avere il
prodotto pronto per la stampa entro il prossimo autunno.
Nel 2010 (mese di aprile) verrà aperto al pubblico il restaurato
Castel Thun: noi seguiremo l’evento organizzando una
serie di conferenze nelle sedi solandre interessate alla presenza
di testimonianze storiche di questa famiglia nobile:
Rabbi, Malè, Caldes, Samoclevo e Croviana, con programma
a cura di Alberto Mosca.
Verrà mantenuto il tradizionale appuntamento con la premiazione
delle tesi di laurea; partecipiamo al progetto di
rete sulla Grande Guerra, con previsione di allestimento
di una mostra fotografica dedicata; durante la primavera
continuerà il progetto “Una montagna possibile” con ulteriori
serate e creazione
di un gruppo di lavoro
e di studio dedicato alle
forme di partecipazione
democratica dei cittadini
alle decisioni che li riguardano;
a seguito dell’approvazione
del programma
della gestione associata
delle biblioteche sono già
stati avviati contatti con la
soprintendenza dei beni
librari in persona del dott.
Livio Cristofolini al fine di
concordare il loro qualificato
intervento ai fine

della catalogazione e messa in rete del nostro patrimonio.
Il Direttivo avrebbe deciso di mantenere invariata la quota
sociale anche per questo 2010, con il parere favorevole
del tesoriere e dei revisori dei conti, a motivo della nostra
situazione economica. Il vostro voto di approvazione delle
relazioni e del bilancio comporterà una votazione favorevole
anche su questo punto.
Gli interventi si chiudono con la relazione economico finanziaria
del Tesoriere Livia Fezzi e la lettura della relazione
dei revisori dei conti da parte del rag. Flavio Mosconi con
rilettura dei dati di bilancio e la certificazione di correttezza
ed approvazione del documento contabile da parte
dei revisori. Livia Fezzi fornisce anche chiarimenti in merito
alla nuova modalità proposta per il pagamento della quota
sociale a mezzo R.I.D.
IL DIBATTITO ASSEMBLEARE
(dal verbale del segretario verbalizzante Mariapia
Malanotti)
Primo a prendere la parola è Flavio Dalla Torre il quale
suggerisce l’oppurtunità di accompagnare le assemblee con
proiezioni video, slide o qualche esperto per approfondire
temi culturali.
Chiede quindi la parola il sindaco di Malè Pierantonio
Cristoforetti, il quale ringrazia il Centro Studi e si complimenta
per l’impulso che le attività del Centro Studi hanno
avuto durante l’anno appena trascorso, specialmente con
riferimento alla proficua collaborazione con i rappresentanti
delle amministrazioni locali e comprensoriali. “è stato
piacevole – prosegue il Sindaco - sentire la Presidente
elencare tutte le associazioni con le quali avete collaborato,
questo incrementa la partecipazione della gente dell’intera
valle. Avvenimenti come i 100 anni dalla nascita della
Trento Malè, il ricordo di Quirino Bezzi e altri hanno sicuramente
contribuito a rinsaldare il sodalizio”. Tra le proposte
il sindaco di Malè parla del Progetto Leader, critica la
composizione del Gal in quanto doveva esserci un maggior
impegno dei componenti per intrattenere i rapporti con le
associazioni di cui sono rappresentanti. Per il Centro Studi
vedrebbe la possibilità di accedere alla misura 323, facendo
da supporto tecnico-culturale ad inziative dell’Ente Pubblico:
ad esempio al Comune di Caldes per il recupero del
castello, a Croviana per la gestione del Mulino, a Terzolas
per la Torraccia. A Malè per maggio saranno quasi ultimati i
lavori per la ristrutturazione della scuola Media, a dicembre
saranno definitivi: all’interno della struttura ci sarà un’aula
9
attività del Centro
magna dotata di tutte le strumentazioni informatiche e ci
sarà una sala per la musica a disposizione dei giovani: per
tutte queste risorse chiede la collaborazione del Centro
Studi. Il Sindaco si complimenta per gli incontri presso la
Torraccia, dai quali sono emersi importanti spunti e stimoli
per la comunità. Conclude il suo intervento ricordando
che deve essere realizzato il monumento alla donna di
montagna, del quale più volte si è parlato.
Altro intervento è quello di Flavio Rosani il quale chiede
che per il collegamento con i soci sia usata la posta elettronica
e si complimenta con Romano Stanchina per gli
articoli del notiziario La Val che parlano del presente e che
fanno particolarmente piacere a chi vive lontano dalla valle.
La presidente Federica Costanzi replica affermando che le
assemblee annuali del Centro Studi servono per dare comunicazione
ai soci dell’attività svolta e dei progetti futuri,
sono un momento fondamentale nella vita associativa ma
spesso ed inevitabilmente burocratico e noioso; si studieranno
le formule per rendere più piacevole l’assemblea, ma
senza allungarne la durata. Power-point potrà ad esempio
essere utilizzato per presentare il prossimo libro, la Strenna
della Val di Sole.
Ringrazia il Sindaco di Malè, al quale garantisce fin d’ora
pronta collaborazione per usufruire al meglio delle nuove
sale della scuola media. Lo ringrazia anche per aver rammentato
il suo piccolo sogno nel cassetto, quel monumento
alla donna quale traduzione in figura di quella descritta
nella poesia di Quirino Bezzi “Femene de ‘na volta” .
Per l’indirizzo di posta elettronica, era già intenzione di
provvedere, al fine di migliorare i rapporti con i soci; se ne
darà informazione a mezzo del notiziario.
A conclusione della discussione tutte le relazioni, il bilancio
e la proposta di mantenere invariata la quota sociale vengono
approvati all’unanimità.

attività del Centro
“DALLA GUERRA E DAL GHIACCIO”:
VIAGGIO TRA RICERCA SCIENTIFICA
E MEMORIA COLLETTIVA
di Federica Costanzi
“Dalla guerra e dal ghiaccio. Viaggio tra ricerca scientifica
e memoria collettiva”, è questo il titolo del
convegno che si è tenuto venerdì 30 ottobre 2009
presso l’Auditorium del Parco Nazionale dello Stelvio
a Cogolo, ottimamente organizzato dal Museo
della Guerra di Peio, e personalmente dal direttore
Maurizio Vicenzi. “Sulle nostre montagne riaffiora la
storia, ma il tempo e l’incuria degli uomini la stanno
cancellando. Quale contributo possibile tra amore
per il proprio territorio e metodologia scientifica?”
Questo lo stimolante argomento di confronto e di
studio proposto dal convegno.
Franco Nicolis e Cristina Dal Rì della Soprintendenza
per i beni librari archivistici ed archeologici della
PAT, l’archeologo Nicola Cappellozza, il medico Andrea
Galassi, anatomopatologo forense, hanno illustrato
ad un pubblico profano ma interessato all’argomento
quali siano le difficoltà in cui si imbattono
gli archeologi di fronte a ritrovamenti a notevoli altitudini
e in condizioni climatiche estreme, le novità
che devono affrontare, l’inaugurazione di una nuova
metodologia di recupero e conservazione, la codificazione
dei metodi di indagine. Tutti i relatori hanno
portato l’attenzione dei presenti sulle problematiche
dei reperti ritrovati in quota: in ghiacciaio è evidente
più che altrove che le variazioni del clima contribuiscono
pesantemente a modificare l’ambiente.
In queste aree emergono spesso reperti archeologici
talmente trasformati da non essere riconoscibili
come tali dal profano, e quindi altamente a rischio;
massima deve essere l’attenzione nella raccolta di
tali oggetti, modificati dal ghiaccio o dal ritiro dei
ghiacci stessi.
Il dott. Franco Nicolis, nel suo intervento su “Perché
l’archeologia della Grande Guerra” ha evidenziato
come attraverso lo studio degli oggetti ritrovati l’archeologo
ricostruisca anche gli ambienti di vita sul
fronte in quota, e come attraverso l’indagine stratigrafica
sia in grado di interpretare il succedersi degli
eventi; l’archeologia bellica, che ha lasciato in quota
tracce imponenti, è scienza recente, ma la metodologia
seguita è la medesima di quella seguita dell’archeologia
classica, e così gli scopi.
10
La legge di tutela di questi siti è la n. 42 del 22 gennaio
2001, che aveva già formato oggetto del convegno
dello scorso anno, anch’esso organizzato dal Museo
di Peio, e si occupa e preoccupa della tutela delle c.d.
evidenze, cioè dei segni visibili, come forti, trincee,
punti di avvistamento, ma anche buche di riparo, da
rivitalizzare come contesti dove l’uomo ha vissuto: si
tratta però di contesti d’alta quota, diversi da quelli
tradizionali, e ciò rappresenta una sfida sia per l’uomo
che per la disciplina archeologica. é anche importante
creare una cultura del reperto bellico, in
modo da evitare che recuperi frettolosi, maldestri o
interessati da vantaggi economici portino alla perdita
del reperto o, peggio, della possibilità di identificazione
e quindi della perdita dell’identità personale
del caduto ritrovato, che deve essere salvaguardata
e difesa.
Il dott. Nicola Cappellozza ha preso in esame i siti
sensibili, il Piz Giumella, blindatissima prima linea
dove si erano arroccate le truppe austriache, e dove
sono stati rinvenuti contesti intatti; Punta Cadini,
osservatorio principale su valli di vitale importanza
per la penetrazione italiana e sotto la cui cima
è stato rinvenuto un grosso ricovero; Punta Linke,
punto nevralgico di tutto il settore e della logistica
austroungarica, punto di arrivo di un imponente apparato
teleferico che partiva dal fondovalle, tutti siti
“sensibili” e precari per natura o per l’intervento
dell’uomo, cacciatore di reperti.
Quando in alta quota emergono reperti si sommano
un sacco di problemi: la difficoltà di lavorare a
quelle altitudini, di portare in quota materiali ed attrezzature,
come i riscaldatori a gas, il poco tempo
a disposizione prima che il reperto, emerso repentinamente
dai ghiacci, si deteriori irrimediabilmente,
la difficoltà di riportare i reperti a valle, la necessità
di creare magazzini di stoccaggio del materiale in
transito.
Cristina Dal Rì della sovrintendenza per i beni storico
artistici e librari ci ha parlato della sfida che
deve affrontare chi non è abituato a trattare reperti
di questo tipo, per la natura composita degli oggetti,
per la diversità dei materiali (carta, cuoio, legno, tes-

suto) e per la diversità strutturale dei materiali stessi,
dove il materiale organico è spesso unito al metallo;
perché il processo di corrosione è un processo irreversibile;
perché i reperti vengono traumatizzati dalla
repentina fuoriuscita dal ghiaccio, e sarebbe meglio
lasciarli lì, ma non si può. Ci ha parlato delle tecniche
di recupero, della necessità di mettere in sicurezza i
reperti per sottrarli al degrado naturale, delle tecniche
di asciugatura, graduale e controllata, o sotto vuoto, o
con tavola aspirante, o tramite liofilizzazione. Ogni reperto
viene fornito di una scheda di conservazione con
data e luogo di ritrovamento e l’elenco delle attività
effettuate per estrarlo dal ghiaccio e per conservarlo:
l’oggetto deve essere depositato in contenitori idonei
alla sua conservazione e ad allungare la sua vita. Una
trattazione estremamente interessante, ed il pubblico
ha seguito con grande attenzione.
Il dott. Andrea Galassi ha parlato del progetto di cui
è ideatore “Un nome e
un fiore per ogni caduto”,
che ha quale scopo
quello di recuperare
il maggior numero di
corpi di caduti in guerra
e di attribuire loro
un’identità attraverso
indagini anatomiche e
storiografiche. L’art. 5
del regolamento di polizia
mortuaria impone
a chiunque ritrovi resti
umani di informare
IL CENTRO STUDI PREMIA
NUOVE TESI DI LAUREA
L’appuntamento è per
domenica 18 aprile alle ore 14.30
nella sala nobile della “Torraccia” di Terzolas
Sarà presente quale testimonial
la scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti
Tutti i soci e gli amici sono invitati
11
attività del Centro
i Carabinieri: è infatti necessario anzitutto escludere
eventi delittuosi, e verificare che non si tratti di persone
delle quali è stata denunciata, magari da molti anni,
la scomparsa. Sulle zone del fronte (il dott. Galassi si
riferiva soprattutto dell’altopiano di Asiago) vengono
spesso ritrovati resti ossei: in questo caso è molto importante,
per l’identificazione, non spogliarli, per poter
anzitutto operare una “diagnosi differenziale”, capire
cioè se si tratti di militari caduti in Guerra o di persone
decedute in altre circostanze, e tentare poi di restituire
a loro ed alle loro famiglie un’identità, attraverso
caratteristiche personali e ricostruzioni fisiognomiche
facciali. Maurizio Vicenzi ha infine illustrato gli obbiettivi
del Museo della Guerra di Peio, da museo in Valle
a museo in quota, da raccolta e memoria a recupero
della storia e degli avvenimenti della guerra combattuta
a tremila metri, anche attraverso la trasformazione di
Punta Linke (nella foto) in un sito visitabile; l’assessore
Panizza ha garantito
che il progetto di valorizzazione
delle postazioni
in quota che
è possibile stabilizzare,
è condiviso dalla Provincia.
Da tutti i relatori un
grazie non formale ai
molti collaboratori
volontari di Peio, magnifici
per competenza
e disponibilità.

studi sulla Val di Sole
UNA PAGINA INEDITA DELLA VITA
DEL PROF. GIOVANNI CICCOLINI
di Udalrico Fantelli
Più di sessanta anni fa, il 6 febbraio 1949, moriva a
Terzolàs all’età di 73 anni non ancora compiuti, il
prof. Giovanni Ciccolini, eminente figura di uomo
politico, studioso, storico, educatore, cooperatore.
Di lui mons. Carlo de’ Ferrari, arcivescovo di Trento,
scriverà: “Io avevo per lui non solo stima per il suo
sapere e per la sua spiccata bontà, ma vera venerazione
come per uno dei nostri laici santi”.
Nel 2000 il nostro Centro Studi aveva ricordato
questa poliedrica figura pubblicando, insieme con il
comune di Terzolàs, una miscellanea di studi a lui dedicata
ed a lui attinente: Giovanni Ciccolini (a cura
di U. Fantelli). Laives, 2000.
A lui è dedicata, presso la Torraccia di Terzolàs ed al
piano nobile della stessa, una delle sale che ospitano
il Centro bibliografico del Centro Studi, presso
il quale è stata depositata una parte rilevante dei
documenti, degli studi e dei manoscritti, consegnati
al Centro dalle Nipoti, tramite il sindaco di Terzolàs
e appartenuti all’esimio studioso.
Su opportuno stimolo di una di esse, la signora Tiziana
Ciccolini, sarà possibile dare alle stampe nel corso
del 2010, sempre con la collaborazione sinergica del
Centro Studi e del Comune di Terzolàs, un’importante
opera, finora inedita, dello storico solandro,
dal titolo “Notizie storiche sul comune di Terzolàs”.
Un’altra opportunità di richiamare alla memoria del
nostro tempo l’opera ed il ruolo sociale, interpretati
con estremo rigore morale e con forte impegno
civile, dal professore di Terzolàs, viene ora offerta
anche con la pubblicazione (brevemente appuntata)
della relazione seguente, apparsa in prima pagina sul
quotidiano di Trento “Il nuovo Trentino”, nell’edizione
di venerdì 7 marzo 1919.
Giovanni Ciccolini, è risaputo, era stato eletto deputato
alla Dieta tirolese di Innsbruck per il collegio
anaune – solandro proprio alla vigilia del grande
conflitto mondiale, sotto le bandiere del partito popolare,
che annoverava figure di spicco come quelle
dell’on. Degasperi, dell’on. Grandi, ecc.
Le complesse vicende belliche avevano sostanzialmente
impedito ogni attività in proposito e così, alla
fine della guerra, Ciccolini, che era stato anche individuato
dal governo imperiale come “sospettato
12
politico” e come tale internato a Salisburgo, aveva
ripreso la sua attività, ma non più con l’atteggiamento
di chi difende a spada tratta, contro l’invadenza
“tedeschizzante”, le radici della propria cultura latina,
ma come rappresentante di quel movimento, più
culturale che politico, di italiano “redento” e finalmente
approdato alla “madre patria”, seppure, come
si andava già rabbiosamente celiando, “solo al 60 per
cento”.
Da 1919 al 1923 Ciccolini, già titolare dal 1904 di
una cattedra d’insegnamento in una scuola superiore,
fu, infatti, distaccato dall’insegnamento e prestò
servizio presso l’Archivio di Stato di Trento, dove si
sentì “a casa propria”, vicino a quei documenti che
gli segnalavano e garantivano, senza ombra di dubbio,
la secolare appartenenza del suo Trentino all’alveo
storico e culturale della civiltà latina e cristiana cattolica.
A questo periodo travagliato, ma fondamentale per
le risultanze che si andranno a stabilire, sia in termini
storici nazionali che a livello locale, appartiene una
breve fase della vita e dell’ attività di Ciccolini, che
si può definire essenzialmente politica, anche se il
titolo per cui egli si interessò a quegli avvenimenti
era forse alquanto “scaduto”, poiché la sua investitura
derivava da un voto popolare appartenente ad un
regime statuale ormai “defunto”.
In poco più di un mese, e vale a dire dalla metà di dicembre
1918 alla fine del mese di gennaio 1919, egli
fu in prima linea a cercare di favorire e governare il
rimpatrio di quei soldati trentini, che, avendo combattuto
sotto l’aquila bicipite dell’imperiale e regio
governo di Vienna, si erano trovati ad essere “prigionieri
di guerra” del nuovo e vittorioso governo del
Regno d’Italia, che però si presentava ad essi anche,
e soprattutto, come la nuova “madrepatria”.
è questa una pagina impietosa e poco frequentata
della nostra storia recente ed in particolare di quella
complessa situazione, derivante dall’essere il Trentino
il territorio e la cerniera di congiunzione storica
di due avversi destini politici: l’appartenenza iniziale
all’impero absburgico, e la risultanza finale quale terra
militarmente conquistata ma politicamente “redenta”
dal regno sabaudo: il destino dell’ambiguità,

della dissociazione, della ferita ideologica, del dissidio
fra opposte vocazioni.
I tragici eventi seguiti al collasso dell’impero danubiano
nei primi giorni del novembre 1918 avevano
portato anche a internare frettolosamente in territorio
italiano migliaia di ex Kaisejäger trentini, percepiti
dapprima come soldati avversari e nemici, ed
ora prigionieri e preda di guerra.
L’internamento, precipitoso ed inatteso, non era
certo in linea con i proclami ripetuti e ovunque divulgati,
che parlavano di una madre pronta ad accogliere
i figli che tornavano dall’esilio. In realtà le gerarchie
militari avevano imposto la loro visione e nel
timore di mantenere all’interno delle nuove province
sacche di “austriacantesimo di ritorno” avevano
preferito dissolvere i resti del vinto esercito disseminandoli
nelle regioni interne del Regno. Erano nati
così i campi di Castellammare Adriatico, di Isernia, di
Servigliano, Urbania, Valenza Po, Alessandria, Luserna
S. Giovanni, ecc., dove i soldati ex imperiali erano
stati concentrati in attesa che fossero assunte le decisioni
più opportune sul loro destino.
è a questo punto che si inserisce l’azione del prof.
Ciccolini, che non può ignorare le segnalazioni che
gli pervengono, insieme con le richieste urgenti di
riconsiderare la situazione di questi soldati “trentini”
e “adriatici”, che ormai ambiscono solo ad una
cosa: ritornare alla propria casa e ricongiungersi alle
proprie famiglie, dimenticando anni di travagli, di miserie,
di fame e guerra.
La relazione che Ciccolini dettò per il Nuovo Trentino
rievoca nei dettagli questa preziosa opera di
convincimento verso le autorità politiche e militari
italiane del tempo, segnala tempi e modi di un itinerario
tra territorio e ministeri vari, individua collaborazioni
preziose, segnala persone benemerite e
narra con fedeltà obiettiva gli esiti felici di una missione
umanitaria e politica, che è bene ancora oggi
non dimenticare.
Come avvenne il rimpatrio generale dei Trentini
prigionieri di guerra in Italia 1 .
Abbiamo pregato l’on 2 . G. Ciccolini, il quale s’occupò
con tanto zelo e successo della liberazione dei prigionieri
trentini, di voler darci alcuni particolari sull’opera
svolta, ed ecco la sua interessante narrazione 3 :
1 Con questo titolo il giornale pubblica la relazione dettata dal prof. Ciccolini.
2 Il titolo di onorevole è collegato all’ investitura popolare dell’anteguerra.
3 Più che una narrazione si può parlare di una relazione storica, ricca come è di
13
studi sulla Val di Sole
“Il 16 dicembre veniva informato dall’on. Grandi 4
che nel campo di concentramento di Castellamare
Adriatico 5 stavano internati più di un centinaio di
ex militari ed operai militarizzati dal governo austriaco,
pertinenti tutti i comuni dell’Alta Val di Sole.
Egli mi chiedeva di recarmi subito al r. Governatore
per ottenerne la liberazione e favorirne il pronto
rimpatrio, trattandosi di persone politicamente incensurabili
spettanti a famiglie urgentemente bisognose
d’aiuto, dopo le privazioni inaudite ed i soprusi
sofferti dalla soldatesca austriaca 6 . In seguito a
queste notizie, mi portavo al Governatorato (affari
civili) e, per la squisita cortesia del generale Amantea
7 , ottenevo non solo il nulla osta per il rimpatrio
di detti prigionieri ma ancora che fosse domandato
telegraficamente alla Commissione dei prigionieri di
guerra in Roma l’autorizzazione del ritorno in patria
degli stessi. Il 21 dicembre ricevevo da Roma questa
risposta: “Roma. Guerra 6360 n. 38942. Riferimento
telegramma 17 corr. n. 4742 affari civili autorizzasi
rimpatrio cento abitanti Peio e località vicine internati
quali prigionieri guerra Castellamare Adriatico
–Contrammiraglio vice-presidente Filipponi”.
Invitato e pressato dai comuni di Peio e convicini
perché la cosa fosse sbrigata in modo sollecito, venivo
incaricato dal Comando della I Armata, di recarmi
tosto a Roma ed a Castellamare Adriatico per ricondurre
in patria detti prigionieri.
Il 22 dicembre partivo per Roma e il giorno dopo mi
recavo dal contrammiraglio Filipponi, il quale avver-
dati, di nomi, di circostanze e di riferimenti documentali.
4 Nato a Tuenno (TN) nel 1880, laureato in giurisprudenza, Rodolfo Grandi è una
delle figure di spicco nel panorama politico trentino, a cavallo fra l’Ottocento ed
il Novecento. Deputato alla Dieta di Innsbruck, entra nel parlamento di Vienna
nel 1912. Viene poi eletto deputato al parlamento italiano nel 1921, nelle liste
del PPI. Due anni dopo rimette il suo mandato e viene espulso dal PPI, trovandosi
in disaccordo sull’atteggiamento da tenere nei confronti del governo Mussolini.
Muore a Tuenno nel 1954.
5 “La Provincia di Pescara è nata con l’istituzione della Città di Pescara nel 1927.
Il percorso è stato lento e reso difficile dalla rivalità che contrapponeva i due
borghi che costituiscono l’attuale territorio comunale di Pescara: quello di Pescara,
in Provincia di Chieti e quello di Castellammare Adriatico, in Provincia di Teramo.
Solo nel XX secolo, con lo sviluppo economico delle due città, la rivalità tra le due
sponde del fiume venne meno ed iniziarono a collaborare per promuovere iniziative
di sviluppo, tra cui il potenziamento del porto. Dopo 110 anni di divisione, il 2
gennaio del 1927, si concretizzò l’unione delle due città e la nomina a capoluogo
di provincia della città di Pescara” (Vedi: Wikipedia: Castellammare Adriatico).
6 Le ragioni che il Ciccolini adduce sono di vario tipo: politico (persone politicamente
incensurabili), sociale (urgenti bisogni familiari), economico (privazioni
e soprusi subiti). Circa quest’ultimo punto, si vedano i due volumi contenenti le
circolari di guerra del Capitanato distrettuale di Cles, edite dal Centro Studi, per
aggiornarsi circa l’enormità dei sacrifici cui furono sottoposte le popolazioni locali
dai militari durante la grande guerra.
7 Si tratta del brigadiere generale Amantea, addetto al Comando della 1a Armata
a Trento, Ufficio Affari Civili. Fu anche Capo reparto operazioni dello Stato Maggiore
dell’Esercito.

studi sulla Val di Sole
tiva subitamente il Comando della divisione militare
di Chieti, della mia missione, e s’interessava vivamente
delle condizioni dei prigionieri delle terre
redente, promettendo per conto suo di appoggiare
e favorire le suppliche e il rimpatrio degli stessi.
Passai a Roma il Natale e il giorno successivo mi
portavo a Chieti, ove mi aveva preceduto l’ordine
della liberazione dei prigionieri solandri, così che
le pratiche necessarie furono sbrigate in un’ora dal
colonnello Barile, che ebbe la compiacenza di accompagnarmi
fino a Castellamare, ove il maggiore
d’Andrea, comandante del campo di concentramento,
fece tosto radunare detti prigionieri miei
convalligiani.
Mi ricordo ancora la scena commovente al diffondersi
fra tutti loro la nuova che ero venuto colà per
liberarne un centinaio. Il desiderio vivo del ritorno
ai propri cari, la brama ardente della libertà, che
sognavano bella dopo la lunga guerra e le sofferenze
di cui portavano le stimmate, facevano ricordare
scene dantesche del Purgatorio.
I Trentini internati nei due campi di Castellamare
erano allora 1156, gli Adriatici (Goriziani, Triestini,
Istriani e Dalmati) 377.
Io promisi sulla mia parola che sarei tosto tornato
a Roma onde accelerare le pratiche per il rimpatrio
di tutti indistintamente.
E invero pratiche per la loro liberazione ve ne erano
in corso e da parte della Commissione trentino
– adriatica in Roma e, soprattutto per l’intervento
del nostro Pr. Vescovo, che s’era intrattenuto a
Roma dal 9 al 20 dicembre, reduce dall’esilio di Heligenekreuz,
non solo per la visita “ad limina”, ma
ancora per conferire con le autorità governative in
favore del nostro Trentino 8 .
Il 13 dicembre infatti egli riceveva telegraficamente
gli omaggi reverenti ed entusiastici di seicento
trentini, ufficiali e soldati, residenti nel campo di
concentramento prigionieri in Isernia 9 e da notizie
private veniva minuziosamente informato delle
condizioni dei nostri fratelli trentini internati nei
diversi campi d’Italia quali prigionieri di guerra. Egli
rispondeva con telegramma a quelli di Isernia e con
8 Celestino Endrici (Don, 14 marzo 1866 – Trento, 29 ottobre 1940) è stato, tra il
1904 e il 1940, prima vescovo e poi arcivescovo di Trento. Lo scoppio della prima
guerra mondiale lo mise in una posizione delicata. Il 1º marzo 1916 si ritirò nella
villa di S. Nicolò, dove fu confinato. Fu poi internato e trasferito a Vienna e poi
nell’Abbazia di Heiligenkreuz. Finita la guerra, tornò a Trento il 13 novembre 1918
(Vedi: Wikipedia, Celestino Endrici).
9 Isernia è oggi una cittadina di circa 22.000 abitanti, situata in una zona collinare
del Molise. Dal 1970 è stata elevata a capoluogo di provincia.
14
lettera agli altri che si sarebbe presa a cuore la loro
sorte e sarebbe intervenuto a loro favore.
Sua Altezza ne parlava perciò a S. E. Orlando 10 , a S.
E. Bonicelli, all’onorevole Longinotti 11 , in Vaticano,
alla Segretaria [sic] di Stato, ad amici e conoscenti,
e tutti interessava in favore dei nostri prigionieri.
La sua parola non fu vana e se oggi possiamo
salutare già 5000 reduci dopo il primo gennaio in
patria, lo dobbiamo – senza voler con ciò sminuire
il contributo d’altri 12 - in gran parte all’intervento
efficace e diretto del nostro Vescovo presso le
competenti autorità.
E invero il 30 dicembre quando io ero di ritorno
a Roma, il solerte capitano Di Donato, addetto
alla Commissione prigionieri aveva già elaborato
un progetto di liberazione condizionata di tutti i
prigionieri di nazionalità italiana e presentato allo
stato maggiore presso il Ministero della guerra, al
quale raccomandai l’urgenza d’una favorevole evasione.
Allora mi si promise che fra pochi giorni si
sarebbe sbrigato tutto nel miglior modo possibile.
Il primo di gennaio ero di ritorno a Trento per appianare
la strada al progetto in parola presso il r.
Governatorato e avvertivo contemporaneamente
della cosa anche il r. Governatorato di Trieste, perché
provvedesse al rimpatrio dei prigionieri adriatici.
Giungevano intanto dai diversi campi di concentramento
notizie sul miglioramento del vitto
e delle condizioni materiali dei nostri Trentini, ma
non cessavano le preghiere di affrettarne il ritorno
in patria, preghiere che come vedemmo avevano
già trovata eco paterna nel cuore del nostro Pr.
Vescovo. Le sue premure dovevano esser coronate
da successo, tanto più che il Presidente dei Ministri
aveva ben intuita l’opportunità di favorire le terre
redente, chiedendo la libertà per i figli delle medesime.
E che non mancasse il suo intervento favorevole ce
l’attesta un telegramma di S. E. Orlando stesso al
nostro Vescovo, inviato il 6 gennaio, che suona: “ In
seguito alla lettera di V. E. ho fatto vive ed energi-
10Vittorio Emanuele Orlando, nato a Palermo il 18 maggio 1860, fu avvocato,
uomo politico e statista. Fece parte della sinistra storica. Dal 30 ottobre 1917 al
23 giugno 1919 fu primo ministro del Regno d’Italia. Morì il 1° dicembre 1952.
11 Dovrebbe trattarsi dell’on. Giovanni Longinotti, co-fondatore, con Luigi Sturzo
e con Giovanni Bertini, Angelo Mauri, Remo Vigorelli e Giulio Rodinò del Partito
Popolare Italiano (PPI), nato il 18 gennaio 1919, e ispirato alla dottrina sociale
della Chiesa.
12 Ricordiamo che oltre i deputati, che già verso la metà di novembre ne parlavano
al presidente del consiglio, la Legione trentina e le nostre Società nel Regno,
se ne occupò in un memoriale il D. Caneppele, al quale è diretta una risposta di
S. E. Bonicelli che teniamo sott’occhio (Nota originale).

che premure presso il Ministero della Guerra circa
il mancato adempimento delle disposizioni da me
date per i prigionieri di coteste regioni. Riservandomi
di dare altre notizie invio distinti ossequi. –
Orlando”.
Urgeva quindi riprendere le pratiche presso il Ministero
della Guerra, cercando di togliere gli ostacoli
a cui si accenna nel telegramma qui riportato.
Sua Altezza il Pr. Vescovo mi consegnava perciò una
lettera di suo pugno per S. E. il Ministro della Guerra
ed io riprendevo la sera del 7 gennaio la via
di Roma, accompagnato dal valoroso tenente degli
Alpini Antonio Ferrazza, recandomi però prima alla
sede della Legione trentina per avvertirla del mio
viaggio ed interessarla vivamente dei nostri prigionieri.
Siccome S. E. Orlando erasi portato il 6 a Parigi non
potei aver cognizione delle disposizioni da lui date
e di cui parlava nel telegramma; chiedevo perciò
senz’altro udienza a S. E. il Ministro della Guerra,
generale Zuppelli 13 , il quale, presa notizia della let-
13 Vittorio Italico Zupelli, noto anche semplicemente come Vittorio Zupelli o
come Elio Vittorio Italico Zupelli (Capodistria, 6 marzo 1859 – Roma, 22 gennaio
1945), è stato un generale e politico italiano. Fu il primo istriano ad esser
nominato generale dell’esercito italiano e a ricoprire la carica di ministro del
Regno d’Italia. Il 20 marzo 1918, infatti, lo Zupelli venne richiamato a ricoprire
15
studi sulla Val di Sole
Al centro Alcide Degasperi e alla sua sinistra, Giovanni Ciccolini
tera a lui diretta e apprese le condizioni dei nostri
prigionieri, incaricava il colonnello di S. M. Zanghieri
di assumersi l’incarico di studiare e concretare il
disegno della liberazione e del rimpatrio dei nostri.
Dopo uno scambio di idee fra quest’ultimo, il ten.
colonnello Tonelli e il commendator Grossardi, addetti
alla Commissione prigionieri di guerra sulle
basi delle disposizioni prese il giorno 8 dal Ministero
della Guerra, con cui si accedeva in massima alle
proposte del capitano Di Donato, io venivo delegato
dal Ministero della Guerra, in data 12 gennaio,
di recarmi, insieme col tenente Ferrazza, in tutti i
campi di concentramento “per la cernita ed immediata
liberazione dei prigionieri di guerra a. u. di nazionalità
italiana, che per la condotta e i precedenti
politici si rendevano meritevoli di liberazione e
rimpatrio, fissi rimanendo i criteri all’uopo stabiliti
dal Ministero della Guerra” e che riassumo:
I. che i militari già appartenenti all’esercito a. u. ed
originarii del territorio dell’Italia occupato, debbono
considerarsi alla stregua dei militari italiani pri-
tale carica per la seconda volta. Questo suo secondo mandato terminerà solo
nella seconda metà del gennaio 1919, a guerra conclusa. Nello spazio di soli
due mesi e cioè fra i primi del mese di novembre 1919 ed il 31 dicembre dello
stesso anno, Zupelli riuscirà a smobilitare ben 1.400.000 uomini (Vedi: Wikipedia:
Vittorio Italiaco Zupelli).

studi sulla Val di Sole
gionieri in Austria e recentemente restituiti;
II. che nei riguardi dei congedamenti e delle licenze
illimitate , i predetti militari dei paese redenti
seguiranno la stessa sorte dei militari dell’esercito
italiano, secondo le rispettive classi di leva, sempre
però che risulti la loro insospettabilità politica;
III. che anche coloro, i quali nei primi giorni dell’occupazione
furono rilasciati alle loro case, dovranno
esser inviati come sopra, sempreché non appartengano
a classi di leva anteriori al 1885, nel quale caso
spetta ad essi la licenza illimitata.
Sola eccezione nell’attuazione delle predette norme,
sarà fatta per gli ex gendarmi ed ex guardie di
finanza, che, come è noto, non sono né possono
essere ben visti dalle popolazioni e per i quali verrà
dato diretto avviso dalla Commissione prigionieri
ai Governatorati esistenti nei territori occupati.
Se le pratiche non avevano ottenuto un pieno risultato,
s’era però raggiunto già molto e non c’era
motivo da scoraggiarsi nelle ulteriori trattative.
Il 13 gennaio mi recavo quindi col ten. Ferrazza a
Isernia, ove erano ammassati circa 2000 prigionieri,
e Primiero v’era rappresentato con più d’un centinaio.
Là era stato due giorni prima il tenente Berti,
mi si disse, a compilarne le liste. Noi portammo
per ben 319 la parola della immediata liberazione,
negli altri ravvivammo la speranza di un non lontano
rimpatrio; promettemmo anche agli Adriatici
di parlare ancora in loro favore, dal momento che,
come dicevano, nessuno pareva si curasse di essi.
Il 15 eravamo di nuovo a Roma, avemmo dei colloqui
coi capi Gabinetto di S. E. Orlando e di S. E. Bonicelli,
ci recammo dall’egregio ed instancabile dott.
Pietro Pedrotti a Piazza di Spagna e gli esponemmo
tutto il nostro programma, interessando contemporaneamente
la Commissione Adriatica dei propri
conterranei prigionieri.
Passammo a Castellamare A. ove le cose procedevano
conforme le disposizioni ministeriali abbastanza
regolarmente e con celerità; il morale era
alto nel campo e lì trovammo il tenente Fogolari,
che compilava liste e s’interessava vivamente dei
prigionieri.
A Servigliano 14 , c’erano pochi dei nostri, ex ufficiali,
qualche soldato; fu compilata la lista di alcuni rimpatrianti.
A Urbania 15 trovai un solo trentino, che feci inviare
14 Servigliano è oggi un comune italiano di circa 2.400 abitanti, della provincia
di Fermo, nelle Marche.
15 Urbania è un altro comune marchigiano, di poco più di 7.000 abitanti, della
16
a Servigliano.
Ad Alessandria 16 e Opera di Valenza 17 vi erano centinaia
dei nostri e potei loro notificare il 23 gennaio
la nuova disposizione del Ministero della Guerra,
giuntami allora allora, per fonogramma, la quale,
oltreché confermare il beneficio della licenza illimitata
ai prigionieri di nazionalità italiana nati anteriormente
all’anno 1885”, disponeva “che quelli
nati posteriormente fossero inviati a Gardolo, rispettivamente
a Trieste, e messi a disposizione di
quei r. Governatori”, che ne avrebbero curata la
restituzione ai paesi d’origine.
Ritenni per allora compiuta la mia missione e, raccomandato
al collega Ferrazza e all’egregio prof.
Filippo Largaiolli, che era lì con noi a nome della
Commissione trentina di Torino di continuare la
loro opera generosa e benemerita in favore dei prigionieri,
ripresi la via del ritorno a Trento, essendo
stato informato che a Luserna S. Giovanni 18 non
c’era più nessuno dei nostri ed una mia visita a quel
campo sarebbe perciò stata inutile.
Mentre io giravo per i diversi campi di concentramento,
S. Altezza il nostro Vescovo continuava a
Trento l’opera iniziata con tanto affetto paterno,
mettendosi in relazione con il comando del campo
di Alessandria, dove il colonnello C. Roncati, con
squisita gentilezza offriva tutta l’opera sua per favorire
il rimpatrio dei Trentini là internati. Anche al
Ministero degli Interni giungeva di nuovo nel gennaio
la voce del Vescovo di Trento e il sottosegretario
di Stato aveva ad occuparsi ripetutamente della
sorte dei nostri prigionieri.
La loro odissea pare volga ora alla fine e tutti tanto
del Trentino che dell’Alto Adige saranno, lo spero,
fra un mese di ritorno alle loro famiglie”.
provincia di Pesaro e Urbino.
16 Alessandria, dopo Torino e Novara, è il terzo comune del Piemonte per popolazione
(conta oggi circa 94.000 abitanti), ed è capoluogo dell’omonima provincia.
17 Valenza, comune della provincia di Alessandria, è posto sulla destra del Po, a
ridosso delle estreme propaggini collinari del Monferrato.
18 Luserna San Giovanni è un comune che oggi conta quasi 8.000 abitanti. Appartiene
alla provincia di Torino, e alla comunità della val Pellice.

GLI SPECIALI DE LA VAL
CASTEL THUN
testi e cura di Alberto Mosca
17

17 APRILE 2010:
APRE CASTEL THUN
L’apertura al pubblico di Castel Thun rappresenta per il Trentino l’evento culturale dell’anno. È giusto quindi che la Val
di Sole e in particolare il nostro notiziario dedichino spazio e attenzione a questo evento. Ce ne occupiamo offrendo ai
lettori un’intervista a Franco Marzatico, direttore del Castello del Buonconsiglio e, a seguire, alcuni brevi studi dedicati a
personaggi e luoghi solandri legati alla storia della famiglia Thun: Malé, Caldes, Croviana e Rabbi. Quattro luoghi in cui
porteremo, tra aprile e maggio come vedrete nel programma proposto in queste pagine, altrettante serate dedicate a
questa famiglia.
Direttore Marzatico, quale è il valore di questo straordinario evento?
Innanzitutto siamo di fronte a quella che a tutti agli effetti è l’apertura di Castel
Thun: un luogo che per la prima volta nella sua lunga storia diventa accessibile a
tutti. Un investimento notevole da parte della Provincia autonoma di Trento, che
ha impegnato tutte le Soprintendenze; un’impresa davvero impegnativa che di fatto
non si concluderà con l’inaugurazione del 17 aprile e un importante punto di approdo
che segna l’appropriazione per la collettività di un prezioso bene culturale.
Come sarà il Castel Thun proposto dal Museo del Buonconsiglio?
Come ente di gestione, ci adoperiamo per la realizzazione dell’allestimento e per
una iniziativa di comunicazione che deve superare i confini geografici della regione:
sulle Alpi e in Europa castelli ce ne sono tanti e per questo Castel Thun dovrà
emergere, farsi largo. Dovremo fare i conti con elementi di debolezza come il suo
essere in un luogo non immediamente identificabile, legandolo all’offerta del Castello
del Buonconsiglio e degli altri castelli da noi gestiti; ma un formidabile punto
di forza per Castel Thun è l’essere una delle rare dimore storiche in Europa a
possedere ancora il suo arredo
originale. Partendo da queste
premesse faremo in modo che
tutti sappiano di questa splendida
opportunità, valorizzando al
massimo le sue grandi potenzialità
culturali e turistiche.
Uno scopo da raggiungere
attraverso quali azioni?
Il successo per Castel Thun dipenderà
dalla sua capacità di
essere in rapporto con la realtà
economico-turistica del territorio,
non ingessato ma cornice di
eventi, monumento vivo. Castel
Thun è luogo di eccellenza per
il Trentino e un grande potenziale
dal punto di vista turistico.
18
Castel Thun vi aspetta per l’inaugurazione il
17 aprile 2010 alle 15; nella pagina accanto,
la stanza del vescovo, la cappella di San Giorgio
e la cinquecentesca porta spagnola.

DA MALÉ, UNA
STORIA ARALDICA
La chiesa pievana di Malé rappresenta una piccola
guida all’evoluzione degli stemmi della famiglia
Thun, mostrandoli tutti e tre quelli succedutisi
nel tempo. Una particolarità davvero rara, se
escludiamo naturalmente i castelli e i palazzi di
famiglia. In questo breve viaggio nell’araldica thuniana
raccontata a Malé, il primo incontro lo abbiamo
nella cappella cimiteriale di San Valentino,
al centro della crociera che regge la volta: qui,
realizzato nel 1497, troviamo lo stemma originario
della famiglia Thun, con una banda diagonale
dorata in campo azzurro. Spostiamoci ora verso
l’elegante protiro rinascimentale di epoca clesiana
che reca la data 1531: a sinistra appare un
altro stemma, arricchito rispetto al precedente.
Infatti lo stemma antico è inquartato a quello di
Montereale, quello di Enrico di Eschenloch, figlio
naturale di Mainardo II. In esso si vede una
mezz’aquila rossa (quella tirolese) che muove
dalla partizione, oltre la quale nel campo nero
vi è una fascia d’argento. L’autorizzazione ad includere
questo stemma a quello originario dei
Thun arrivò il 22 giugno 1516. Spostandoci ora
all’interno, davanti all’altare dell’Annunziata, nella
navata destra, incontriamo l’ultimo blasone: in
esso compare quello già incontrato sul protiro,
ma con l’aggiunta, al centro, dello stemma dei
da Caldes, rosso con una fascia orizzontale centrale
d’argento e al centro di essa una piccola
stella rossa a sei punte. Dopo i due scolpiti nella
pietra, eccone uno ligneo: esso venne realizzato,
con l’ancona dell’altare, intorno al 1611, insieme
al monumento funebre di Giovanni Arbogasto
Thun e della moglie Giuditta d’Arco, dei quali
peraltro troviamo lo stemma sia nella lapide
soprastante la tomba, sia sulla pietra sepolcrale.
Lo stemma posto in cima all’altare segue l’autorizzazione
data alla famiglia di unire al proprio
quello dei da Caldes, rilasciata il 9 marzo 1604.
Qui vediamo anche i tre cimieri legati a ciascuno
stemma: a sinistra due corna di bufalo azzurre
con una banda d’oro; al centro un liocorno rosso
e stolato d’argento; a destra, una mezz’aquila
rossa unita ad un semivolo nero.

DA CALDES, UN PRINCIPE VESCOVO:
GIACOMO MASSIMILIANO THUN (1681-1741)
Sono numerosi i prelati celebri legati alla Val di Sole: i nomi
più noti sono quelli del vescovo dell’Egeo padre Antonio
Maturi (1686-1751), dell’arcivescovo di Vienna il cardinale
Cristoforo Migazzi (1724-1803) e, in tempi più recenti, del
vescovo di Trento Carlo de Ferrari (1941-1962); personaggi
legati rispettivamente a Mezzana, a Cogolo di Peio e a
Terzolas, ma nati il primo a Pinzolo, il secondo a Trento e
il terzo in Val Venosta. Ma c’è un alto prelato che sia nato
in Val di Sole? La risposta è sì. è Giacomo Massimiliano
Thun, principe vescovo di Gurk, in Carinzia e canonico di
Salisburgo e di Passavia. Egli nacque in Castel Caldes e venne
battezzato nella cappella del castello il 23 luglio 1681. A
celebrare il battesimo fu il cappellano don Federico Marinelli;
padrino del bambino fu il conte Giovanni Giacomo
Thun, cavaliere dell’Ordine Teutonico, mentre la madrina fu
la contessa Anna Francesca Trapp. 1
Giacomo Massimiliano era figlio del conte Giorgio Vigilio e
della contessa Margherita Giustina Trapp. In giovane età fu
a Salisburgo dallo zio Giovanni Ernesto, che dal 1687 era
principe arcivescovo; qui intraprese gli studi che proseguì,
dal 1697 al 1699 al Collegio Germanico di Roma. Proprio
nel 1699 ricevette il canonicato a Salisburgo, cui se ne aggiunse
nel 1704 un altro a Passavia. Nel 1705 venne ordinato
sacerdote e nel 1707 divenne presidente della Hofkammer
salisburghese. Fu il principe succeduto sulla cattedra
salisburghese allo zio Giovanni Ernesto, Francesco Antonio
Harrach a nominarlo nell’agosto 1709 principe arcivescovo
di Gurk, diocesi suffraganea di Salisburgo; l’insediamento
avvenne due anni dopo, il 31 agosto 1711. Contrariamente
alle abitudini di molti suoi predecessori, Giacomo Massimiliano
preferiva risiedere all’interno della sua diocesi. Prediligeva
specialmente le residenze di Mayerhofen bei Sankt
Salvator, Grades e Zwischenwässer; proprio per Mayerhofen
intraprese una trattativa con l’arcivescovo di Salisburgo,
chiedendo che questa residenza venisse accorpata alla
diocesi di Gurk per evitare
di risiedere fuori della
propria sede vescovile.
Dopo un lungo processo
si addivenne ad un
patto, che prevedeva
l’annessione in cambio
della cessione a Salisburgo
della parrocchia
di San Giovanni a Marburg.
20
Ma il trattato non entrò mai in vigore, causando non poco
dispiacere al vescovo di Gurk. Nel 1724 Giacomo Massimiliano
portò avanti la già avviata causa di santificazione di
Hemma di Gurk (995 ca.-1045), nobildonna fondatrice di
chiese e monasteri, che tuttavia si sarebbe concluso solo
due secoli dopo, nel 1938 ad opera di papa Pio XI.
Passando ai più significativi indirizzi di governo, il vescovo
Thun si dimostrò assai scrupoloso nella applicazione dei
decreti ecclesiatici: punì con delle multe i fedeli che omettevano
di assumere tempestivamente un curatore d’anime
che assistesse al capezzale gli ammalati e allo stesso modo
comminò la gogna pubblica attraverso lo “Schandgeige”, il
“violone delle comari” o anche “violino dell’infamia” 2 , alle
madri di bambini illegittimi; decisioni che gli costarono vibrate
proteste da parte dei fedeli ma anche dalle autorità
locali.
Giacomo Massimiliano Thun fu anche attivo mecenate: favorì
infatti la crescita e l’attività artistica del pittore pusterese
Paul Troger (1698-1762) che inviò nel 1722 a Venezia
alla scoperta dei lavori di Giovanni Battista Piazzetta e di
Giovanni Battista Pittoni e al quale successivamente affidò
alcune importanti commesse a Gurk e a Strasburgo. Nel
1727 donò al santuario di San Romedio oltre 100 fiorini. 3
Con il passare
degli anni, la salute
del vescovo
di Gurk peggiorònotevolmente,
tanto che nel
1740 gli venne
affiancato in qualità
di amministratore
della diocesi
il vescovo di Lubiana
Sigismondo
Felice di Schrattenbach.
La morte
sopravvenne
dopo trent’anni
di governo, il 26
luglio 1741 4 nel
castello vescovile
di Strasburgo,
dove talvolta era
di residenza. 5

Venne sepolto nella Maria-Elend-Kapelle della parrocchiale
di san Nicolò in Strasburgo. Solo pochi mesi prima, da
Verona Gianalberto Tumermani scriveva di lui: “per dottrina,
per insigne pietà, per infaticabil zelo, può reputarsi un
esemplare degli ottimi prelati”. 6
Fonti e Bibliografia
Archivio della Diocesi di Gurk - Klagenfurt 7
Archivio parrocchiale di Malé
Archivio Diocesano Tridentino
G. PINAMONTI, Memorie intorno la famiglia de’Signori di Tono ora conti di
Thunn, Milano 1839, p. 62.
C. v. WURZBACH, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Oesterreich,
vol.44, Vienna 1856-1891, p. 26.
J. OBERSTEINER, Die Bischöfe von Gurk 1072–1822, Klagenfurt 1969.
NOTE
1 Cfr. Archivio parrocchiale di Malé, Libro III dei Nati e Battezzati (1625-
1694).
2 Il violino dell’infamia era un applicazione della Prechelstrafe, la gogna.
Esisteva in diversi modelli: di ferro o di legno, per una o più donne, ma la
sua destinazione era sempre la stessa. Più che uno strumento di tortura
vero e proprio era uno strumento punitivo ed era riservato alle donne
che davano scandalo. Cfr. H. Steininger, Die Prechelstrafe im Niederösterreichischen
Weinviertel/Volkskunde, Festgabe für Leopold Schmidt (Wien
1972) 184-187. Ringrazio la prof. Anna Panizza per alcune precisazioni
di carattere linguistico.
3 Cfr. Archivio Diocesano Tridentino, Atti Civili VI, n.2.
NEL 1804, UN ARCHIVIO IN CASTEL CALDES
Un archivio storico in Castel Caldes: un progetto che poteva essere realizzato nel complesso restaurato (i lavori partiranno questa
primavera) ma che è naufragato. Ma anche un’intenzione che vantava un precedente illustre, promosso a inizio Ottocento dagli
stessi dinasti, i conti di Thun. L’iniziativa aveva riscosso l’approvazione del governo austriaco e già erano state selezionate le figure
che si sarebbero poi occupate dell’archivio: Giuseppe Ciolli di Samoclevo in qualità di cancelliere e il notaio Carlo Manfroni di Caldes
come archivista. Ma ecco il testo del documento del 1804, conservato nell’archivio di Castel Bragher, (sez III., c.1).
All’Ufficio Vicariale di Rabbi a Caldes
Il progetto di codesti Signori Conti di Thunn quali dinasti di Rabbi, di erigere l’Archivio Giurisdizionale in Castel Caldes, e
d’impiegare in qualità di Cancelliere Giuseppe Cioli, ed il Notaio Carlo Manfroni in qualità di Archivista fù dall’Eccelso Governo
con suo decreto 8 p°.p° mese provvisoriamente confermato fino a che seguita l’organizzazione delle Giudicature
Trentine verranno in proposito abbassate le eventuali ulteriori prescrizioni.
Ciocché servirà di riscontro alla relazione Vicariale dei 22 decorso Giugno per lume, e direzione di chi l’aspetta.
Riccabona
Dal Ces: Reg: Giudizio Provinciale, ed unitovi Capitaniato del Circolo ai confini d’Italia
Trento li 2 settembre 1804
21
Nell’altra pagina, due ritratti di Giacomo Massimiliano Thun; sopra, il suo atto di
nascita esistente nell’Archivio parrocchiale di Malé.
4 Alcune fonti presentano erroneamente il 1742 quale suo anno di morte.
5 Esiste negli archivi Thun un decreto del 1724 dato da Giacomo Massimiliano
proprio dalla residenza di Strasburgo.
6 Cfr. E.NORIS, Istoria delle investiture delle dignità ecclesiastiche, Mantova
1741. Ringrazio Salvatore Ferrari per l’interessantissima segnalazione.
7 Voglio rivolgere uno speciale ringraziamento a Peter G. Tropper, del
Archiv der Diözese Gurk - Bischöfliches Gurker Ordinariat di Klagenfurt
per avermi inviato e acconsentito alla pubblicazione del ritratto del
principe vescovo Giacomo Massimiliano Thun qui presentato.
G.Ferrari secretario

DA RABBI, UNA SENTENZA
CRIMINALE DEL 1689
La giurisdizione feudale che la famiglia Thun deteneva
sulla Val di Rabbi viene efficacemente evidenziata in
questa sentenza criminale della fine del XVII secolo firmata
dal Vicario Carlo Lorenzo de Ferrari e conservata
nell’Archivio di Castel Bragher (sez.III, ser.III, cass.I).
Nel nome della Santissima Trinità
Venendo alla speditione del processo criminale à
denuntia sindacale formato contro Bortolamio Zanet,
ò sij Bragasel agnominato Mantovan della Valle
di Rabbi.
In ciò, di ciò, su di ciò
Ch’esso Bartolomio Zanet posposto il timore della
Giustitia Divina, et humana, contro, et in sprezzo del
sesto precetto del Decalogo, et in danno del prossimo
s’habbi fatto lecito nell’accennata Valle di Rabbi
in diversi luoghi nell’anno corrente intrare nell’altrui
case, e stanza, benche chiuse, mà con sua prava
industria aperte di notte tempo, è fuori di quelle
furtivamente levare, et asportare delli danari, smalzo,
casati, e poina, come pure ad un’altra persona una
camicia, et il tutto convertire in proprio uso: il tutto
commettendo dolosamente, et appensatamente,
Nella cucina del castello.
22
e con quelli mali modi, e maniere, che dal processo
risultano.
Quale però visto, e ben considerato assieme con
tutti li risultanti, e particolarmente havuto riguardo
alla di lui spontanea confessione.
E finalmente visto, e considerato tutto ciò che si
deve vedere, e considerare.
Reinvocatti il Nome della S.ma Trinità
Con questa nostra diffinitiva sentenza in scritti data
condanniamo il sodetto Bortolamio Zanet in libre
due cento al Fisco, nelle spese, e sportole à Noi, et
all’Vfficio nostro dovute, com’anche alla restitutione,
e resarcimento delli furti alle persone derobate;
quale anco proscriviamo, e bandimo in perpetuo
da tutta la Giurisdittione, e Dominio dell’accennata
Valle di Rabbi; et se in alcun tempo rompendo (in)
i confini capitasse nelle forze di questa Giustitia lo
condanniamo à dover sostener in luogo publico trè
tratti di corda, e che poi ritorni al primiero bando.
Et così pronontiamo, sententiamo, e giudicamo, et in
ogn’altro miglior modo; salva, e reservata raggione à
Noi, et all’Vfficio nostro d’ulteriormente inquirere
contro altri Complici, ò Fautori, caso che.

DA CROVIANA, UNO STORICO:
CARLO VITTORIO THUN (1686-1731)
La storia di Carlo Vittorio fu singolare: figlio di quel Ferdinando
Carlo condannato per bigamia, nel 1716 insieme
al fratello Antonio tornò dalla Francia in Trentino
per reclamare l’eredità del padre che era morto nella
fortezza di Vincennes nel 1712. Dopo una formidabile
battaglia legale, Carlo Vittorio e Antonio uscirono vincitori,
entrando in possesso dei beni della famiglia a
Croviana. Ma Carlo Vittorio, entrato a pieno titolo nella
famiglia e rimasto affascinato dalla sua storia, scrisse
un volume che intitolò “Genealogie de la tres ancienne
et illustre maison de Comtes de Thun”: lo compilò
attingendo alle notizie fornitegli da altri membri della
famiglia, come dimostra questa lettera del 1727 che
ricevette dal cugino Alfonso (Archivio di Castel Bragher,
sez.II, c.D). Si tratta di Francesco Alfonso Saverio
(1703-1734), figlio di Giuseppe Giovanni Antonio
(1662-1728), anch’egli nominato nella lettera. In essa
traspare un sincero affetto verso questo membro francese
di Casa Thun, segno che la lunga e travagliata
battaglia legale di qualche anno prima era ormai superata.
Carlo Vittorio morì a Croviana il 31 agosto 1731.
Per altri particolari sulla sua vicenda rimando al mio
“Croviana nella storia”.
Mi ralegro con V.S. Illma, che il Pliccho dell’Informazioni
toccante la Nostra Famiglia, sij stata d’agradimento
al degnissimo genio di V.S. Illma, e nel medesimo
tempo La ringrazio che ha transmesso il
mentovato Pliccho al Signor Conte mio Genitore,
godendo pure che V.S. Illma abbi ritrovate tante belle
Notizie attinenti al Casato, onde il virtuosissimo
volume suo non può non essere, che non rieschi
distintamente glorioso. Le notizie poi, che da me
brama sapere, non posso di queste venirne in cognizione
per la grande Antichità. Quivi godo giornalmente
del Colloquio di S.A.R. Messer Vescovo e
Principe di Trento, che col rimanente della Parentella
m’è affezionatissimo. Sento dolore per la nova
della seguita mancanza della Signora Contessa Cugina
Welspergera: qui ossequiandolo colla sua Illma
attinenza sono di V.S. Illma
Devotissimo ed obligatissimo servitore, e Cugino
Alfonso Conte di Thunn.
Trento 15 Febraro 1727.
P.S. Il simile fa la Contessa mia Consorte.
23
Il loggiato interno.

IN CINQUE SERATE,
I THUN IN VAL DI SOLE
Venerdì 23 aprile 2010
Malé – sala del Municipio
“La famiglia Thun in Val di Sole”
Relatore: Alberto Mosca
Venerdì 30 aprile 2010
Caldes – sala delle Scuole
“Una visita a Castel Thun”
Relatore: Ezio Chini
Venerdì 7 maggio 2010
San Bernardo di Rabbi – sala della canonica
“I Thun e le loro committenze d’arte in Val di Sole”
Relatore: Salvatore Ferrari
Venerdì 14 maggio 2010
Samoclevo – sala delle Scuole
“Pietro Vigilio Thun: l’ultimo principe vescovo”
Relatore: Roberto Pancheri
Venerdì 21 maggio 2010
Croviana - sala delle scuole
“Fra arti e costume: storie di donne a Castel Thun in età romantica”
Relatore: Emanuela Rollandini
Tutti gli appuntamenti avranno inizio alle 20.45.

SCUOLA NELLE TERRE ALTE
E MINORANZE LINGUISTICHE
di Rinaldo Delpero
Uno sguardo a cosa si muove sull’arco alpino in tema
di cultura e riflessioni identitarie risulta sempre più
strategico per muovere i giusti passi anche nel nostro
territorio. Per questo può essere utile l’appuntamento
periodico sulle pagine de La Val con gli Incontri Tra/
Montani, tappa annuale su tematiche di interesse delle
comunità che vivono in montagna. La XIX Edizione dal
25 al 27 settembre 2009 si è svolta “in capo al mondo”
rispetto a noi, a Sancto Lucìo de Coumboscuro. Sentito
e letto così all’impronta parrebbe di cadere almeno
sui Pirenei o giù di lì, nelle terre iberiche. Invece rimaniamo
nei confini patrii, seppure in un’isola linguistica
che da classiche reminiscenze scolastiche è alle origini
della nostra lingua nazionale, il provenzale alpino. Per
l’Incontro dello scorso autunno si è stati ospiti di una
Scuola pluriclasse veramente singolare, in cima alla Val
Grana, nella frazione di Santa Lucia, comune di Monterosso
Grana, provincia di Cuneo. Dunque una delle
tante valli cuneesi che a raggera si incuneano (appunto!)
dalle colline piemontesi fino sotto l’arco alpino al
suo occidentale nascere. Sia chiaro che il «Grana» del
nome di valle e comune niente ha a che vedere con il
formaggio di padana ascendenza: il toponimo è aggettivo
di dimensione, da grande. In ogni caso il formaggio
c’è, eccome, e per i palati fini è una leccornia di nicchia
che va sotto il nome di Castelmagno (dall’omonimo
santuario in alta valle), un pecorinocaprino
friabile di particolare bontà
e rinomanza.
Rispetto a noi l’ambiente è da considerare
mezza montagna, seppure
il vallone di Coumboscuro (che in
provenzale significa Bosco scuro,
ombroso) sia sopra i 1.000 m. La
viabilità è stretta e impervia. Negli
anni ’50 del 1900 è stato fondato il
Coumboscuro Centre Prouvençal,
che ha promosso la riscoperta della
civiltà provenzale in Italia. L’avventura
è nata nella Escolo de Sancto Lucìo,
La Scuola in Provenzale, ancora
oggi laboratorio plurilinguistico che
produce libri, teatro e creazioni poetiche.
Vi ha sede il Museo etnogra-
25
studi sulla Val di Sole
fico della civiltà provenzale alpina, una delle collezioni
più complete dell’arco alpino occidentale e il laboratorio
artigiano del legno Ateié d’Art, che continua la
tradizione dell’intaglio alpino. Fra le manifestazioni di
tradizione e di comunità merita citare: in luglio il Roumiage
a la Vierge Adoulourado (pellegrinaggio di origine
benedettina); in agosto il Festenal popoli e culture
d’Europa, concerti cinema esposizioni dall’arco alpino;
il solenne Roumiage de setembre, raduno provenzale
internazionale, con traversata delle Alpi, congressi,
spettacoli, danze, fuochi propiziatori.
L’area è molto dislocata dai percorsi principali, ma non
per questo sconosciuta in Val di Sole. Due realtà qui da
noi hanno avvicinato quel mondo speciale e in parte
coltivano amicizia e collaborazione. Il Coro Santa Lucia
di Magras (l’incontro è dovuto anche alla comune
patrona siracusana) vi tenne un concerto al Festenal
del 2008. In questa forma il gruppo canoro fondato e
diretto da Fausto Ceschi venne promosso al festival: -
«Il mistero sacro delle voci trentine. Il “Cecilianesimo”
è stato un movimento per riscoprire la musica sacra
in Europa. Diffusosi a livello popolare, perse vigore ad
inizio ‘900. Oggi ancora, a Magras in Trentino, una “confraternita”
ne cela regole, segreti e repertorio. Una
scoperta del Festenal che ha portato il coro Santa Lucia
in tutta Europa». C’è di che andarne fieri e lusingati
in Val di Sole per questa immagine.
E poi la Scuola Elementare di Pèio
paese, pure pluriclasse, che tramite
il maestro Alberto Delpero prosegue
uno scambio di corrispondenza
fra i ragazzi, dopo i reciproci viaggi
di conoscenza.
Ma veniamo al convegno dei Tra/
Montani. Il tema della Scuola nelle
aree di montagna è stato qui arricchito
dell’esperienza di minoranza
linguistica vissuta con orgoglio e risvolti
di recupero scientifico. Se c’è
un messaggio forte che il convegno
ha trasmesso è proprio quello della
lingua madre. Anzi, per l’esperienza
provenzale di quell’area può esser
detto che il mantenimento della
La montagna provenzale con la Casa della comunità e la statua del monaco (Lou Mounge dal Couvent
di Bernard Damiano) che indica sul versante opposto l’antico sito di un convento benedettino.

studi sulla Val di Sole
scuola nelle terre alte appare strumentale al mantenimento
stesso della lingua e non viceversa. A me ha trasmesso
una maggiore consapevolezza e la convinzione
che è importante praticare e trasmettere il proprio
dialetto sia in famiglia che in ambito di lavoro, esperienza
da vivere non come forma scadente e incompleta
di espressione, ma quale lingua originaria e completa
capace di arricchire favorire e facilitare il plurilinguismo.
Il dualismo starebbe quindi fra la lingua “assunta”
col latte materno, capace di esprimere l’intero mondo
dei sentimenti e dei saperi, ricca di parole in quantità
e sfumature e le lingue cosiddette veicolari oggi imperanti
nella globalizzazione, diffuse fra milioni di esseri
e per questo necessariamente più essenziali, scarne e
povere di parole.
La mattina di Convegno è stata dedicata principalmente
agli aspetti politici, amministrativi e gestionali del
mondo della Scuola. Il piemontese
senatore Michelino
Davico, Sottosegretario
del Ministero dell’Interno,
ha affrontato le difficoltà
finanziarie e gestionali e
la necessità del federalismo
fiscale per dare alle
comunità locali le risorse
per autogestirsi. Giovanna
Pentenero, Assessore
all’Istruzione della Regione
Piemonte, di opposto
schieramento, ha lanciato
l’allarme del rischio chiusura
di centinaia di scuole
secondo il parametro dell’economicità e che il Governo
afferma dei principi condivisibili ma di fatto opera in
maniera incoerente ad essi. La relazione centrale della
giornata è toccata al professor Sergio Maria Gilardino
dell’Università di Montreal che a Coumboscuro
è come di casa, essendo responsabile dell’ambizioso
progetto di redazione del grande dizionario storicoenciclopedico
della lingua provenzale, con la compartecipazione
di 15 vallate provenzali in Piemonte e 3
vallate sul versante francese. E proprio la micro-scuola
pluriclasse del paese ne è laboratorio sperimentale
privilegiato. Ha sottolineato e sviscerato più volte l’importanza
fondamentale delle lingue ancestrali, la lingua
madre, in definitiva quella che noi chiamiamo, forse con
connotazione un tantino negativa, dialetto. Va inteso
filologicamente come forma colloquiale di una lingua
vera e propria (questo è il significato dal greco). Una
26
lingua senza dialetto è morta. Chi parla un dialetto con
padronanza lessicale parla una lingua perché lo status
di lingua non viene dal valore ma dalla storia. Queste
lingue, che oggi definiamo a torto minori, sono servite
a un popolo che ce le ha veicolate per secoli e sono in
grado di esprimere tutto e le sfumature, meglio di una
lingua cosiddetta ufficiale o nazionale, concetto che di
per sé risulta artefatto. Ma anche il dialetto va studiato,
fissato, codificato e inserito in grammatiche, in quanto
la sola oralità è insufficiente a perpetrarlo, troppo precaria
ed approssimativa. La montagna rimane ancora
in parte un ambito dove le cose si sono conservate
per il legame di necessità al territorio. Bisogna avere
una lingua regionale, ma non essere regionali. Per avere
la mente aperta ai popoli serve capire il proprio e la
chiave è la lingua ancestrale, trampolino per capire una
lingua e “facilitatore” per apprendere le altre. Le lingue
internazionali infatti non
sono propriamente delle
lingue, ma dei codici (lingue
veicolari) per farsi capire in
maniera più ampia e facilitata.
Illuminante a questo
proposito viene l’esperienza
sul campo della Scuola
pluriclasse di Sancto Lucìo
ove si praticano in forma
corrente tre lingue principali,
il provenzale alpino
(unica lingua di comunicazione
domestica), l’italiano
e il francese, oltre all’inglese
come lingua straniera
con lezioni di geografia e letteratura. L’uso della lingua
madre-ancestrale a scuola consente di sviluppare la
creatività linguistica che poi i bimbi, immancabilmente,
traspongono a qualsiasi altra lingua appresa. Chi nasce
e cresce in un mondo caratterizzato da una piccola lingua
impara sempre le grandi lingue; il contrario non è
vero. Lingua ancestrale dunque come lingua identitaria,
di addestramento creativo, ma anche lingua-ginnastica
da cui passare con prematura competenza ad altre lingue.
Considerando il nostro piccolo mondo della Val di
Sole e la sua storia, con una nutrita schiera di “uomini
illustri”, questi concetti su lingua e dialetto possono
essere una chiave di lettura scientifica per interpretare
quella sorta di gene del successo e riuscita in molti
ambiti esterni, in quanto facilitati dalla ricchezza e padronanza
lessicale della lingua ancestrale. Non fummo
meglio di altri, ma più di altri fummo visceralmente
Bilinguismo radicato, alla porta della chiesa della Vergine Addolorata la locandina del tradizionale
pellegrinaggio provenzale e l’avviso dell’esposizione permanente di opere sacre.

(maternamente, ancestralmente) legati alla nostra terra.
I riferimenti accademici del prof. Gilardino si sono
spesso rifatti all’esperienza culturale canadese, ove il
rispetto della cultura e lingua native sono ampiamente
riconosciute e coltivate e si fece la scelta del bilinguismo
diffuso a differenza dell’assimilazione statunitense.
«Parla la tua lingua e sii orgoglioso di quello che ti hanno
lasciato i tuoi avi» - è il messaggio forte di riscatto
dei nativi del Canada, una mission che può essere pari
pari adottata nei nostri paesi, se non addirittura quale
occhiello-premessa allo Statuto del Centro Studi. Più
povera la realtà in Italia, ove la Costituzione parla della
bandiera nazionale ma nulla dice della lingua nazionale
e meno che meno dei dialetti!
L’esperienza cinquantennale della pluriclasse di Sancto
Lucìo de Coumboscuro è emersa dall’accorato
racconto dell’anziano maestro, capostipite, Sergio Arneodo,
che individuò nel lavoro artistico del legno e
soprattutto nella poesia il terreno sperimentale e di
esercizio per la creatività dei ragazzi. Come dire che
la Scuola per sopravvivere non può rinunciare al bello.
Tanto più che nell’area provenzale sono debitori
a Frederic Mistral, che con l’opera-poema Mirèio si
conquistò il Nobel della letteratura nel 1904, primo e
unico poeta di lingua minoritaria cui venne conferito.
Un modo di fare scuola, quello delle sue origini di maestro,
oggi difficilmente praticabile, ove nella stessa aula
mentre la maestra insegna storia o altro ai piccoli, i più
grandicelli danno di mazzuolo e sgorbia sugli intagli in
lavorazione, ingombrando libri e quaderni di profumati
trucioli di conifera. Una scuola della parola e del fare
simile a quella più nota del prete di Barbiana, don Lorenzo
Milani, che negli stessi anni prendeva le mosse
nel Mugello contadino. Il Convegno ha registrato infatti
anche la testimonianza di Agostino Burberi, che fu tra i
primi 6 allievi di Milani: una Scuola ricca non di risorse
ma di idee.
Al convegno, dalla nostra Val di Sole è venuta l’esperienza
professionale di Alberto Delpero, maestro per
scelta nella pluriclasse di Pèio paese, con i bambini gemellati
in via epistolare con Coumboscuro dal 2003.
La sua relazione ha toccato temi di lungimirante provocazione.
L’essenza delle pluriclassi in piccole realtà
e per necessità logistiche territoriali, esaurito naturalmente
lo scopo di prima alfabetizzazione, si possono
porre come laboratori di sperimentazione contro la
burocrazia tragicomica della Scuola nel suo complesso.
Scardinare assiomi assoluti come l’impianto della
classe, sistema chiuso e cronologico imposto per ogni
realtà culturale o il sistema educativo ex cathedra di
27
studi sulla Val di Sole
La chiesa del piccolo paese provenzale, luogo di ritrovo comunitario per praticare
la lingua madre nei canti e nelle preghiere.
docente-discente, insegnamento-apprendimento, appare
mission impossibile, nell’elefantiaca amministrazione
statale. Eppure fior di pedagoghi (Piaget in testa) hanno
appurato che lo sviluppo avviene per stadi dal motorio
al cognitivo ed è diverso per ciascuno, con un ventaglio
anche di quattro anni fra un bambino e l’altro. La classe
è dunque quanto mai una “gabbia” stretta e inadeguata,
buona solo per le necessità della burocrazia. La nostra
Scuola, in parabola discendente, si è incrinata e rischia
la trasformazione in una sorta di schedificio. Ma l’utopia
della descolarizzazione, con l’apprendimento fatto
non negli edifici scuole ma negli spazi della comunità,
appare cosa ardua. Ma chi se la sente al giorno d’oggi di
uscire dal coro ed avviare una impopolare quanto auspicata
pars destruens? – si è chiesto Alberto Delpero
in chiusura di relazione.
Dunque la Escolo de Sancto Lucìo de Coumboscuro
nel cuneese appare ai profani esterni, come può essere
il sottoscritto, quanto di più singolare, originale, strano,
apparentemente ingestibile possa esistere. Una mamma
maestra che tiene in piedi la scuola stessa insegnando
ai figli riuniti dalle materne alle medie comprese, in
una rete stimolante integrativa di docenti ed esperti.

studi sulla Val di Sole
Una scuola “parentale” come ce n’erano forse nei secoli
trascorsi, per necessità e mancanza di alternative. Una
scuola che rispetta i curricoli didattici a modo suo e che
per la burocrazia non dovrebbe esistere. Una scuola che
viene “tollerata” dal Ministero, ma non finanziata, salvata
da progetti e fondi speciali della Regione. Può essere
vero, come ha detto il nostro Alberto Delpero, che «le
migliori innovazioni pedagogiche avvengono ai margini
e che dunque la periferia è stata il centro», profetico
ossimoro? In ogni caso il convegno dei Tra/Montani di
Coumboscuro passerà alle cronache degli incontri per
la pregnante esperienza di vita che ha consentito ai partecipanti,
accolti dall’intera famiglia di maestri-alunni Arneodo.
Per una volta non solo Accademia ma anche vita
vissuta nell’orgoglio identitario. Non tutto rose e viole,
si intende! Basta sentire qua e là i commenti sottovoce,
le mezze frasi di ragazzi e adolescenti circa il modo di
vivere in quella terra alta e in quella famiglia matri-patriarcale:
- «E il sabato e le domeniche cosa fate? Uscite
la sera?», risposta sospesa a mezz’aria - «In una famiglia
democratica si potrebbe farlo….».
Merita chiudere con uno stralcio di accorato appello,
una levata d’orgoglio di questa tetragona minoranza cuneese:
- «…Oggi da tutte le parti si parla di dialetti, di
lingue ancestrali, di recupero dei valori, ma quando una
comunità piccola come noi di Coumboscuro punta i piedi
e cerca di resistere allora è facile che la gente comune
ci definisca dei testoni, gente fuori dal mondo, degli asociali…
Se essere definiti asociali significa voler bene alla
propria famiglia, alla propria chiesa, alla propria cultura
ancestrale, rispettare i valori che ci hanno trasmesso i
nostri antenati, ridere, far festa insieme, seguire passo a
passo un allievo che inizia a scrivere nella sua lingua madre,
fermare lo sguardo su un tramonto, un’alba… cantare
la messa nella nostra lingua provenzale, parlare in
provenzale, scrivere e leggere nella nostra lingua madre,
saper ascoltare il vento e il silenzio dell’inverno, pregare
in provenzale, … ritornare ad insegnare come docente
nella scuoletta in cui tu sei stato allievo tanti anni prima,
senza compenso ma con la sola soddisfazione di trasmettere
qualcosa di bello agli allievi di oggi, allora ve
lo dico con il cuore: sono enormemente orgoglioso di
essere un asociale.» Mauro Arneodo.
GLI INCONTRI TRA/MONTANI NEL TEMPO
Nel termine Tra/Montani c’è un doppio significato: la necessità
dell’incontro e la coscienza del tramonto di una
civiltà che è stata al centro dell’economia preindustria-
28
le poiché tutte le “macchine” medioevali necessitavano
dell’energia prodotta dalla caduta dell’acqua. Gli incontri
di studio e riflessione sulle tematiche di interesse comune
nelle località alpine si organizzano regolarmente
dal 1990 e toccano argomenti di vario genere e località
sempre diverse. Il Gruppo ITM al quale aderiscono, o
hanno aderito di volta in volta nelle edizioni, la Valle Camonica,
le Valli Giudicarie, la Val di Sole, la Val di Pèio, la
Valtellina, la Val Seriana, la Val Cavallina, la Carnia, la Val
Verzasca, non ha una sede ufficiale, nè uno statuto. è
una realtà autogestita, spontanea e libera. L’adesione al
Gruppo ITM è aperta a tutte le associazioni, i centri di
studi e i gruppi culturali dell’arco alpino.
Il nostro Centro Studi per la Val di Sole ha incrociato la
strada di questa strana congrega di montanari dei TRA/
MONTANI nel 1995. Questi i Convegni ospitati in Valle:
5° Convegno 1995 titolato «L’impatto del turismo di
massa sull’ambiente umano nelle valli alpine» (atti pubblicati
nel 1996, libro distribuito ai soci);
12° Convegno 2002 «La montagna, l’uomo il sacro. La
religiosità nelle valli alpine dalla tradizione alla globalizzazione»,
Dimaro e Malé 27-29 settembre 2002 (atti
pubblicati nel 2004 con altri convegni, libro distribuito
ai soci).
Presenze con relazioni:
9° Convegno 1999 a Poschiavo (Svizzera) «I problemi di
comunicazione tra le valli alpine e le nuove opportunità
offerte dall’informatica», relazione di Marcello Liboni, avvio
esperienza Internet nelle Biblioteche;
11° Convegno 2001 al Lucomagno (Canton Ticino, Svizzera)
«Le Alpi: l’utopia del parco, il parco delle utopie»,
relazione di Christian Arnoldi sul concetto di nostalgia
delle gente alpina.
14° Convegno 2004 a Längenfeld in Ötztal (Tirolo, Austria),
prima trasferta estera, «Agricoltura e pastorizia
in montagna», relazione tripartita fra EcoMuseo Pic-
Un momento del convegno nella casa della comunità.

colo Mondo Alpino, Biblioteca Comunale Val di Pèio,
Associazione Linum sull’esperienza etnografica e il
progetto ovicaprini a voce di Rinaldo Delpero, Vittorio
Pretti e Cristian Caserotti.
15° Convegno 2005 a Condino, Centro Studi Judicaria
«Recupero dell’artigianato delle valli alpine: occasione
di sviluppo o finzione turistica?», relazione di Rinaldo
Delpero sul Laboratorio Intaglio Legno in Val di Pèio
(atti pubblicati nel 2006).
POESIA e PROSA bilingue PROVENZALE alpino –
ITALIANO
ragazzi Escolo de Sancto Lucìo de Coumboscuro
(Cn) figli di Emilio Garróne e Anna Arnèodo
Dins la valado
Dins la valado lou bial courre,
l’aire me pounh lou mourre,
lou quiar vai muère
per néisse sus d’aute tère.
I crest se fan bourre
dal temp que ma vido courre.
Nella valle
Nella valle il torrente corre,
il vento mi punge la faccia,
il giorno pian piano muore
per rinascere su altre terre.
I dossi si fanno scuri
mentre la mia vita corre.
Agnes Garróne (Medie)
L’uvèrn
Uvèrn, temp de recòrt e de piour que quiten pa
dedin ma Coumboscür. Prou de fèste e de jouèc espèten
l’uvèrn, ma Uvèrn istarè sempre Uvèrn, coun
i siei journ freid e court. Passou per i ruà di ma
vièi e pensou a cant i-an rebulà, uro me navisou de
canto fatigo an fach sus aqueste mountanhe senso
fin. Néu, marco de squers e de despèch, despareis
de ma Coumboscür e laisso la piaço a la primo. Sus
aquést pichot piourar véu i tres citours: estelle de
sapieso e de recòrt, que ma vido serco.
L’inverno
29
studi sulla Val di Sole
Inverno, tempo di ricordi e di pianti che non cessano
nella mia Coumboscuro. Molte feste e giochi
aspettano l’inverno, ma Inverno rimarrà sempre Inverno,
con i suoi giorni freddi e corti. Passo tra le
borgate dei miei vecchi e penso a quanto hanno
faticato, ora mi accorgo del duro lavoro che hanno
fatto su queste montagne senza fine. Neve, segno di
scherzi e di dispetti, sparisci dalla mia Coumboscuro
e lascia il posto alla primavera. Su questo piccolo
pianto vedo le stelle di Orione: stelle di sapienza e
di ricordi, che la mia vita cerca.
Custans Garróne – Tatàn (Elementari)
La statua del monaco (Lou Mounge dal Couvent di Bernard Damiano, natio
della valle, fra i maggiori artisti espressionisti europei) che indica sul versante
opposto l’antico sito di un convento benedettino.

studi sulla Val di Sole
I RIFUGI E IL TURISMO ALPINO:
IL CASO DEL RIFUGIO DORIGONI
di Paola Bezzi
Le problematiche dei rifugi oggi sono molto attuali
e richiedano una forte presa di coscienza, necessaria
per tutelare la montagna e l’ambiente naturale.
Nella mia tesi “I rifugi e il turismo alpino: il caso del
rifugio Dorigoni” ho strutturato il lavoro in due parti:
la prima, teorica, basata su un’analisi svolta a livello
generale in relazione a tutti i rifugi del Trentino per
identificare il ruolo rivestito attualmente dai rifugi,
per capire se è possibile costruire un’offerta attrattiva
con il duplice obiettivo di incentivare lo sviluppo
turistico del territorio trentino, rispettando al tempo
stesso l’ambiente e le zone montane. Nella parte
pratica ho osservato gli aspetti principali inerenti alla
gestione di un rifugio e in particolare del rifugio Dorigoni
situato in Val di Rabbi, in quanto ritengo che
tale struttura ricettiva soddisfi contemporaneamente
due requisiti che al giorno d’oggi sono essenziali per
uno sviluppo rispettoso della montagna, ossia l’adozione
e l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, unite
all’attenzione verso la tutela e la protezione dell’ambiente.
Con il mio lavoro ho quindi dimostrato che
è possibile conseguire uno sviluppo sostenibile della
frequentazione di una struttura ricettiva qual è un rifugio,
in quanto è realizzabile un connubio tra rispetto
dell’ambiente e intervento umano per arrivare ad
un’integrazione efficiente ed efficace tra tradizione,
innovazione e tecnologia.
Il territorio trentino è testimone da lungo tempo
degli effetti del fenomeno della crescente popolarità
del turismo e delle attività ricreative nell’ambiente
alpino: le montagne rappresentano uno “spazio finito”
di zone incontaminate e naturali, mentre il bisogno
diffuso dell’individuo della società odierna di
naturalità, di silenzio, di solitudine e di esperienze a
contatto con la natura ha un potenziale che si rinnova
in continuazione di generazione in generazione
ed è in espansione. Il rischio è quello di “affollare”
l’alta montagna se quest’ultima verrà ulteriormente
antropizzata e se il turismo si baserà anche negli anni
futuri sulla realizzazione di nuove strade, impianti
e costruzioni, facendo perdere così alle montagne
i loro pregi ambientali, il loro potere evocativo e il
fascino che da sempre esercitano sull’uomo. I rifugi
rappresentano strutture ricettive e momenti cardi-
30
ne della montagna: sono il punto centrale dei suoi
problemi e del suo futuro. I rifugi dovranno perciò
farsi promotori di un modello di turismo intelligente
e sostenibile, mantenendo la loro funzione storica e
originale di protezione, riparo e ospitalità.
Per svolgere tale analisi ho fatto ricorso ai dati e alle
informazioni messi gentilmente a mia disposizione
durante i numerosi colloqui effettuati con i gestori
del rifugio Dorigoni. Dalle interviste realizzate ho
cercato di individuare e trattare gli aspetti che ritengo
maggiormente caratterizzanti il rifugio stesso.
Ho inizialmente soffermato l’attenzione sulle principali
problematiche che il rifugio Dorigoni deve affrontare
quotidianamente per garantire il suo efficace
e corretto funzionamento. Mi riferisco cioè alle questioni
legate all’approvvigionamento idrico ed energetico,
al rifornimento dei viveri e delle scorte effettuato
dal fondovalle, allo smaltimento dei rifiuti solidi
e allo scarico delle acque reflue. Successivamente,
per rendere noto l’impegno che i gestori del rifugio
Dorigoni rivolgono alla protezione dell’ambiente, ho
ritenuto significativo ed esemplificativo segnalare la
loro adesione e partecipazione al concorso “CIPRA
2008-Cambiamento climatico: pensare al di là del
proprio naso”. Con tale concorso, la CIPRA (Commissione
Internazionale per la Protezione delle Alpi)
intende premiare e sostenere finanziariamente interventi
di protezione del clima o di adattamento alle
conseguenze dei cambiamenti climatici nel territorio
alpino. Il rifugio Dorigoni ha partecipato a questa
iniziativa con un progetto dal titolo “Una montagna
di cambiamenti” basato su interventi di adattamento.
Le attività realizzate dai gestori del rifugio Dorigoni
sono molteplici: creazione di nuovi itinerari escursionistico-alpinistici,
bonifica e messa in sicurezza di
tracciati già esistenti, segnalazione dei nuovi itinerari
con ometti di pietra, mappatura attraverso segnalazione
GPS… I risultati ottenuti sono riconducibili
alla caratterizzazione, all’ampliamento e alla distinzione
dell’offerta escursionistica ed alpinistica con il
conseguente aumento del numero di escursionisti su
itinerari nuovi o ridisegnati, documentato dall’incremento
delle presenze nella struttura ricettiva.
Nel mio elaborato ho inoltre messo in evidenza gli

aspetti che al giorno d’oggi ritengo maggiormente
importanti nella valorizzazione di una struttura ricettiva
di alta quota, aspetti che già caratterizzano la
gestione del rifugio Dorigoni. In particolare ho individuato
tre elementi essenziali:
la posizione strategica del rifugio che consente l’instaurazione
di collaborazioni con gli altri rifugi presenti
nella zona (rifugi Vioz, Cevedale, Denza, Lago
Corvo, Canziani, Martello e Corsi). La collaborazione
tra rifugi si prefigge di creare un’efficace rete commerciale
che permette a ciascun gestore di trarre
dei benefici dai punti di forza dell’altro: per sfruttare
nuove opportunità di mercato i rifugi collaborano
assieme e mettono in comune le proprie capacità e
competenze gestionali per creare delle sinergie positive,
finalizzate alla crescita della frequentazione e
dei pernottamenti nei rifugi stessi, auspicando così
un incremento del mercato di riferimento. Lavorare
in rete significa mantenere costantemente i contatti
con i gestori dei diversi rifugi per poter così condividere
le problematiche da affrontare durante la
stagione, confrontarsi sull’andamento delle presenze
e degli arrivi, dare ed ottenere dei consigli utili per
gestire al meglio le situazioni a cui bisogna far fronte,
scambiarsi informazioni sugli eventuali gruppi di
escursionisti che decidono di effettuare una traversata
che li porta da un rifugio ad un altro e comunicare
per cercare di capire quali sono le nuove esigenze
effettive degli ospiti per rispondere prontamente al
mercato;
gli aspetti commerciali e promozionali necessari al
giorno d’oggi per lo sviluppo e la sopravvivenza delle
strutture ricettive di alta quota, sottolineando come
nel caso del rifugio Dorigoni sia essenziale il ruolo
rivestito dai tour operator che danno sicurezza
economica e finanziaria per la gestione del rifugio.
Il rifugio Dorigoni ha realizzato una rete di rapporti
commerciali con diversi tour operator stranieri (ASI
Wander Reisen, austriaco; Hauser-Exkursionen, tedesco;
DAV Summit Club, tedesco; SNP Naturreizen,
olandese), rete per garantire un afflusso di escursionisti
esteri per le prossime stagioni estive;
gli aspetti tecnologici adottati dal rifugio Dorigoni
che dimostrano i vantaggi derivanti dall’uso delle
nuove tecnologie legate all’affermazione e alla diffusione
delle ICT nei diversi ambiti di applicazione.
In particolare tali tecnologie vengono applicate a tre
livelli: territoriale con l’utilizzo del GPS da parte degli
escursionisti finalizzato a conseguire uno sviluppo
sostenibile del territorio; a livello satellitare con
31
studi sulla Val di Sole
scopo comunicativo-commerciale, in quanto la connessione
internet via satellite consente di promuovere
lo sviluppo delle attività del rifugio (ad esempio
gestione delle prenotazioni, utilizzo della posta
elettronica, costante aggiornamento del sito…) e di
amministrare in quota le altre attività economiche
che i gestori intraprendono; infine a livello gestionale
per migliorare la qualità e l’efficienza della gestione e
arricchire il servizio offerto ai clienti, facendo diminuire
i tempi necessari per l’utilizzo dei servizi.
Ho concluso il mio elaborato con uno sguardo al
futuro, facendo riferimento alla realizzazione sperimentale
di una struttura secondo i principi della CasaClima
che i gestori insieme alla SAT di Trento (proprietaria
del rifugio) hanno intenzione di costruire
a breve-medio termine. L’obiettivo è quello di predisporre
un’area test in cui realizzare una struttura
interamente costruita in legno, inglobandola e armonizzandola
con l’attuale complesso del rifugio, secondo
i principi e gli standard della CasaClima. Questo
progetto futuro dimostra nuovamente la sensibilità
dei gestori verso le innovazioni tecnologiche orientate
alla tutela e alla protezione dell’ambiente.
Alla fine del mio lavoro ritengo doveroso sostenere
che nella valorizzazione di un rifugio non è importante
far riferimento solamente al valore della singola
struttura ricettiva, ma è fondamentale puntare
al valore del sistema, in un’ottica di sistema turistico
territoriale integrato. Inoltre con l’analisi del caso
pratico ho dimostrato che il rifugio Dorigoni rappresenta
un ottimo esempio di come è possibile conciliare
tradizione, innovazione e tecnologia all’interno
della gestione di una struttura ricettiva particolare
qual è appunto un rifugio. Infatti la volontà dei gestori
è quella di offrire “essenzialità senza privazioni”: ciò
significa garantire servizi primari di qualità, accanto
però ad un nuovo modo di considerare la montagna.
Da un lato gli aspetti tradizionali tipici della gestione
di un rifugio sono garantiti dalla presenza di una
struttura ricettiva costruita secondo i canoni della
montagna, dalla professionalità e dalla competenza
dei gestori del rifugio, dal loro impegno e dalla loro
attenzione nei confronti del rispetto dell’ambiente
e dall’ospitalità e dall’accoglienza che ogni frequentatore
della struttura riceve. Dall’altro lato il rifugio
è dotato di diversi sistemi e tecnologie innovativi,
che lo rendono una struttura ricettiva all’avanguardia,
finalizzati al miglioramento dell’offerta, ad una
facilitazione della gestione e al rispetto dell’ambiente
naturale.

studi sulla Val di Sole
LA SORGENTE ACIDULA DI RABBI E L’ARCIVESCOVO
DI MILANO LUIGI NAZARI DI CALABIANA
L’arcivescovo di Milano Luigi Nazari di Calabiana (in
carica dal 1867 al 1893) si recava negli anni 1874-
1875 in valle di Rabbi per beneficiare delle proprietà
curative delle sue acque, come indica una nota
nel registro dei nati e battezzati della parrocchia di
Mezzocorona. In questo paese il prelato si fermò
alcune volte 1 :
“è cosa degna da registrarsi che nello scorso anno
[1874] ai 9 settembre sua eccellenza l’arcivescovo di
Milano conte Luigi Calabiana scese da Rabbi, qui [a
Mezzocorona] pernottò, celebrò la santa messa in
rito ambrosiano poi ripartì per Milano: la stessa mattina.
Parimenti in quest’anno [1875] tornò da Rabbi
dopo mezzo dì ai 24 agosto, la sera assistette al santo
rosario, pernottò ospitato sempre dal parroco
don Luigi Grandi, celebrò ai 25 agosto, indi partì la
mattina dei 25 agosto per Milano ed in quest’anno
recandosi a Rabbi prese la via di Mezzotedesco, ed
ai 28 luglio alle 11 circa pomeridiane venne qui, qui
passò la notte, ai 29 celebrò, indi salì a Rabbi” 2 .
Calabiana era uno “degli illustri frequentatori della
Val di Sole”, come li definisce Alberto Mosca in un
suo recente lavoro 3 . I biografi ricordano le non floride
condizioni fisiche del vescovo 4 , in particolare
la “salute acciaccosa” degli ultimi anni 5 , motivo, si
suppone, da spingerlo in valle di Rabbi. Questa sorgente
assieme all’altra di Peio “vagliono per quasi
ogni sorte d’infirmità”, come scriveva nel 1673 lo
storico Michelangelo Mariani (Palazzolo sull’Oglio,
Brescia, 1624 – ?, 1696) 6 . L’autore riportava informazioni
sul periodo più favorevole per trarre beneficio
dalle proprietà terapeutiche di queste acque, osservato
anche dall’arcivescovo Calabiana a distanza di
un paio di secoli circa: “Il tempo di prender le dette
Acidule è nel fin di Luglio, e principio d’Agosto giorni
Canicolari, che all’hora l’Acqua hà la sua maggior
Virtù, e ogn’anno fà concorrere gran Gente, Soggetti
anco di qualità, massime d’Italia.” 7 .
Nel 1805 Jacopo Antonio Maffei riportava informazioni
simili per la valle di Rabbi, accennando a “una
copiosa sorgente di acque minerali assai frequentate
nelli mesi di Luglio e di Agosto tanto da quelli
di Paolo Dalla Torre
32
circonvicini, che dai lontani.” 8 . Come ricordava nel
1922 Giovanni Ciccolini nella sua Guida illustrata
della valle di Rabbi e delle sue acque minerali, nella
sezione riservata alle Curiosità:
“Fin verso il 1800 attorno alla sorgente acidula non
esistevano nè locande, nè alberghi, nè osterie, ma
solo la meschina chiesetta di Sant’Anna (benedetta
nel 1785), la ‘Palazzina’ e dei casotti di legno per i
bagni, uno spettante ai conduttori della Fonte, l’altro
ai fratelli Pangrazzi. Appena nel 1800 è ricordata lì
la prima ‘bottega di caffè’. tenuta da certa Barbara
ved. Gasperini da Condino. I forestieri alloggiavano
durante la cura a San Bernardo” 9 .
La costruzione di strutture ricettive risale all’Ottocento,
con la progressiva affermazione della località
come meta di cura e di riposo 10 .
Note
Nella trascrizione il documento è stato normalizzato secondo
l’uso grammaticale moderno.
1 Mezzocorona, Archivio parrocchiale, A 2 4, IX° Nati e Batezzati
1858 – 1887, c. 89. Per notizie sul presule milanese (Savigliano,
Cuneo, 1808 – Milano, 1893), cfr. C. CASTIGLIONI, Luigi Nazari
dei Conti di Calabiana arcivescovo di Milano e i suoi tempi (1859-
1893), Milano 1942; E. CAZZANI, Vescovi e arcivescovi di Milano,
nuova edizione a cura di A. MAJO, Milano 19962, pp. 276-280.
2 Ibidem, c. 89.
3 A. MOSCA, Turismo in Val di Sole. Dalle terme allo sci, da Douglas
W. Freshfield a Chet Baker, Cles – Trento 2009, p. 22. Per informazioni
sul religioso cfr. ibidem, pp. 21 e 136, nota 33.
4 E. CAZZANI, Vescovi e arcivescovi di Milano, cit., p. 278.
5 C. CASTIGLIONI, Luigi Nazari, cit., pp. 158 e 246.
6 M. MARIANI, Trento con il Sacro Concilio et altri notabili. Descrittion’
Historica Libri tre. Con un Ristretto del Trentin Vescovato; l’Indice
delle Cose notabili, et le figure. Riproduzione anastatica dell’originale
con introduzione all’opera e note di commento al testo di
A. CHEMELLI, Trento 1989, p. 601.
7 Ibidem, p. 601.
8 J. A. MAFFEI, Periodi istorici e topografia delle valli di Non e Sole
nel Tirolo meridionale, Rovereto 1805, copia anastatica Trento
2003, p. 138.
9 G. CICCOLINI, Guida illustrata della valle di Rabbi e delle sue
acque minerali, Malé 1922, p. 35.
10 Guide del Trentino. Val di Sole: storia, arte, paesaggio, a cura di S.
FERRARI, Trento 2004, p. 81.

Il Coro del Noce, nato a Malè nel 1978 per iniziativa
del noto Giovanni Cristoforetti, che fin da allora lo
dirige ininterrottamente, ha concluso recentemente
le celebrazione per il suo trentesimo anno di vita.
La cerimonia finale, svoltasi al termine di una serie
di eventi realizzati nel corso di un anno, si è svolta
fra Natale e Capodanno al Teatro comunale di Malè
con un concerto dedicato all’itera comunità valligiana.
In precedenza, una simpatica cerimonia svoltasi
presso la sala riunioni del Municipio di Malè aveva
offerto occasione per attribuire riconoscimenti ai
coristi, soprattutto a coloro che sono nel coro fin
dalla sua origine.
Novità di particolare importanza espressa dal complesso
corale nell’ambito del suo trentesimo è stata
la presentazione di una originale iniziativa con la
quale i canti vengono “corredati” da immagini.
Il progetto è stato denominato “Canti nella Storia”
e nasce da un’idea del presidente del Coro, prof.
Paolo Magagnotti, immediatamente condivisa e con
impegno messa all’opera dal direttore e da tutti i
coristi.
Valorizzare e rendere più partecipati alla gente i
ricordi, i messaggi e le emozioni che le parole delle
canzoni esprimono con un accompagnamento di
immagini pertinenti hanno costituito motivazione di
base dell’iniziativa. Immagini raccolte in seguito ad
una accurata ricerca che ha coinvolto direttamente
tutto il Coro sia frugando nei cassetti di casa per
rinvenire vecchie foto sia presso Musei del Trentino
33
cultura delle Valli
CANTI NELLA STORIA
Originale iniziativa del Coro del Noce nel 30° di fondazione
di Paolo Magagnotti
e che sono poi state elaborate ed adattate graficamente
dalla corista Fabiana Cappello.
Così, chi segue il concerto, può vedere sullo schermo
immagini legate al testo della canzone.
La strutturazione del progetto è stata articolata in
modo da rappresentare i principali spaccati storici
della vita della gente trentina. L’esibizione corale
diviene pertanto anche una narrazione storica con
molteplici efficaci effetti: riportare alla memoria dei
più anziani un passato vissuto fra difficoltà, aspirazioni
e speranze; ricordare ai giovani la vita di chi ha
contribuito a costruire per loro un futuro migliore;
rappresentare con un supplemento di apprezzamento
ai forestieri volti sconosciuti di quel Trentino
meta dei loro soggiorni.
Il tutto concepito riservando particolare attenzione
alle valli, vera anima del Trentino.
Cinque sono gli spaccati che uniscono canti e immagini:
1. Ricordi di guerra (Ai preat; L’ultima notte); 2. Gli
emigranti (Merica Merica; Montagne addio; Verdi
campi, addio; Il canto dell’emigrante); 3. Vita agreste
(Varda che vien mattina; La tera del nono; L’uva
fogarina; Canto del minatore; Spazzacamin); 4. La
quotidianità (L’è le undes già pasade; La Madonina;
Slonga quell’altra man; Dre al foglar); Volti di valle
(‘Na sera serena; Aprile fantastico; Son dai monti)
Una variante del progetto generale costituisce
un intero concerto con voci ed immagini relative
all’emigrazione.

cultura delle valli
CON I VOLONTARI SOLANDRI
RINASCE LA CHIESA DI ONNA
di Alberto Penasa
“Il paese martire di Onna, dilaniato dal recente e devastante
terremoto in Abruzzo, ritorna ad essere vera comunità
grazie al significativo impegno costante del Trentino”:
queste le importanti parole pronunciate il 5 dicembre
scorso ad Onna, frazione de L’Aquila, dal Presidente della
Provincia Autonoma di Trento Lorenzo Dellai; il Governatore
Dellai è infatti intervenuto alla solenne inaugurazione
della nuova chiesa locale, posizionata vicino alle 96
casette recentemente ultimate dalla Provincia e realizzata
dai volontari della Val di Sole con la significativa iniziativa
benefica “Un raggio di Sole per Onna”. L’importante
progetto solandro per costruire una chiesa - oratorio è
stato ideato e realizzato sotto la regia di Maurizio Ravelli,
instancabile Presidente dei Nuvola della Valle di Sole (Nucleo
Volontario Alpino di Protezione Civile), con la piena
condivisione dell’assessore provinciale alla solidarietà internazionale
e convivenza Lia Giovanazzi Beltrami e del
Tavolo Trentino per l’Abruzzo. La chiesa, progettata gratuitamente
dall’architetto Giovanazzi e dedicata alla “Madonna
delle Grazie”, presenta la sala principale di 75 mq,
oltre ad una fondamentale sala sociale, sacrestia, piccolo
ufficio ed appartamento per il parroco: l’edificio è una
struttura del tipo casa clima certificata completamente
anti sismica ed è dotato di campanile con una campana
proveniente dalla chiesa distrutta di Onna. Come sottolineato
dall’assessore Lia Giovanazzi Beltrami, “il tocco della
vecchia campana a fianco della chiesa realizzata secondo
lo stile del classico rinascimento aquilano significa proprio
che la vita lentamente sta ritornando alla normalità anche
ad Onna”. Parole condivise dalla Presidente della Provin-
34
cia dell’Aquila Stefania Pezzopane, che ha “ringraziato di
cuore l’intervento trentino, assolutamente essenziale per
fare ritornare a sperare non solo Onna ma tutta la comunità
aquilana”. La chiesa è stata finanziata dal Comitato
Volontari della Val di Sole, Consorzio dei Comuni Trentini,
Federazione Trentina della Cooperazione, Caritas del
Trentino ed Ente Provinciale per lo sviluppo del Porfido.
Dopo la platea in cemento realizzata dal Servizio Bacini
Montani, ad Onna varie ditte solandre sono state impegnate
per un mese nelle operazioni di realizzazione della
struttura in legno e lattonerie, impianto elettrico, idrico
sanitario, pittura ed edilizia; decisamente fondamentale e
prioritario è stato però l’apporto di centinaia dei volontari
della Val di Sole: Nuvola, Vigili del Fuoco Volontari, Alpini
in congedo e semplici censiti. Molti di questi volontari
erano presenti il 5 dicembre scorso ad Onna per la solenne
cerimonia di inaugurazione e sono stati più volte ringraziati
dalle autorità presenti ma anche e soprattutto dai
rappresentanti del paese di Onna. Particolarmente commosso
Maurizio Ravelli, anima dell’iniziativa che, insieme
al sindaco di Dimaro Romedio Menghini ed al professore
Udalrico Fantelli, ha simbolicamente consegnato al vescovo
dell’Aquila Giuseppe Molinari le chiavi della piccola e
magnifica struttura sacra. Decisamente soddisfatto anche
l’arcivescovo di Trento Luigi Bressan che, nel ricordare “la
profonda vicinanza ed amicizia della comunità cristiana
trentina a quella aquilana”, ha donato una statua di San Vigilio.
Presente anche una delegazione della diocesi tedesca
di Rotthenburg – Stoccarda, che ha donato una preziosa
iconografia di San Martino.

35
cultura delle Valli
ANTONIO MAUTONE, PUGLIESE DI ORIGINE,
SOLANDRO E MALETANO DI ADOZIONE
di Udalrico Fantelli
La notizia della morte del gen. Antonio Mautone ha sorpreso
molti di noi. Pur avendolo visto negli ultimi anni in
condizioni precarie, l’aver saputo quasi per incidente che
egli aveva concluso la sua corsa terrena, ha aggiunto alla
sorpresa un vero senso di rammarico e di dispiacere.
Chi, come me, l’aveva conosciuto in tempi lontani, quando i
suoi interessi culturali non erano ancora rivolti totalmente
verso la storia, lo ricorda come un uomo dal carattere un
po’ spigoloso e sbrigativo, portato alla concretezza delle
azioni e al rispetto dei ruoli, ma anche capace di dialogo e di
cordiale disponibilità nel dare una mano a persone singole,
associazioni ed enti.
La sua origine pugliese (mai nascosta ed anzi spesse volte
citata ed invocata), il trasferimento in terra altoatesina/
trentina (abitava a Merano, ma teneva casa anche a Malé,
in una villetta dove ha passato molti mesi della sua lunga
vita di pensionato), la lunga ed importante carriera militare
nell’Esercito (aveva raggiunto il grado di generale di divisione,
avendo prestato servizio nelle Truppe Alpine durante
tutti i suoi 40 anni di servizio, dei quali ben 26 nel 5°
Reggimento Alpini e nella Brigata alpina Orobica) avevano
stampato e rafforzato in lui la percezione della necessità
di ragionare in termini “glocali”, unitari e nazionali (aveva
anche meritato il Diploma d’Onore di Combattente per
la Libertà d’Italia nella Guerra di liberazione 1943 – 1945),
tenendosi lontano però da rivalse e ottuse pretese nazionalistiche,
inadeguate a cogliere lo spirito della nuova cittadinanza
europea, che si andava diffondendo.
I suoi interessi storici, rievocativi soprattutto di alcuni
aspetti delle recenti vicende italiane (la prima guerra mondiale,
la guerra partigiana e di liberazione), hanno prodotto
importanti opere, che hanno migliorato la comprensione
di particolari momenti e di specifici aspetti di eventi più
generali.
Se ancora negli anni Sessanta del secolo scorso, in collaborazione
fattiva con eminenti figure di studiosi della Guerra
Bianca come Luciano Viazzi, si dava da fare per commentare
i filmati che una fortunata azione di recupero delle
riprese di Luca Comerio e di Paolo Granata aveva reso
disponibili, a cominciare dalla metà degli anni Novanta la
sua attenzione era stata attirata dalla passione per la ricerca
documentale e fotografica, che avrebbe dato origine a
notevoli studi di carattere storiografico, corredati da foto
inedite e da documenti preziosi.
I titoli che formano elenco delle sue pubblicazioni principali
rivelano subito il campo di azione a lui particolarmente
caro, le vicende legate alla Prima guerra mondiale in Val di
Sole e in Trentino.
Socio del Centro Studi per la Val di Sole per molti anni,
presidente della Sezione U.N.U.C.I. e del Comitato d’Intesa
tra Associazioni Combattentistiche e d’ Arma di Merano di
quel Circolo unificato ufficiali, collaboratore e corrispondente
di riviste locali (era anche apprezzato collaboratore
di Strenna trentina), cooperava volentieri con chi, come lui,
si interessava agli aspetti locali ed umani della “Guerra bianca”,
combattuta sui monti dell’Alto Noce.
Gran cacciatore di documenti preziosi conservati in archivi
ufficiali e privati, raccoglitore attento di diari e di testimonianze
personali, riteneva che essi fossero “autentiche fonti
che raccontano degli spaccati particolari della vita dei Trentini
di quel travagliato e tragico periodo della prima Guerra
mondiale”. E definiva così lo “scopo” dei suoi libri: offrire lo
spunto per lo studio delle comuni esperienze di vita di tanti
Trentini, coinvolti nel vortice di una guerra non certamente
auspicata ed amata”.
Numerosissime ed apprezzate sono state le conferenze e
le serate da lui animate, sia presso le scuole, sia a contatto
con compatti gruppi di turisti e vacanzieri, quando con un
eloquio fluido e dovizia di notizie e di gustosi episodi, sapeva
ricreare davanti allo sguardo dei contemporanei scenari
inediti di guerre ardite e di imprese eroiche.
Negli ultimi anni, mano a mano che gli acciacchi comprimevano
la volontà e l’entusiasmo, passando talora davanti al
mio ufficio presso l’Istituto Comprensivo di Malé, posto a
poche decine di metri dalla sua abitazione estiva, entrava e
mi salutava brevemente, prima di scendere al bar Roma per
il suo consueto caffé.
Ogni volta che lo faceva, amava ricordarmi il senso della sua
attività di militare-studioso: la riaffermazione degli ideali di
libertà anzitutto e di italianità successivamente, strettamente
ed inscindibilmente uniti a quello che riteneva dovesse
essere il messaggio fondamentale da trasmettere ai giovani:
la pace civile è un bene impagabile, che più che con vittime
di guerra, si deve alimentare con memoria e riflessione, con
azioni e opere di aggregazione, con sacrificio personale e
disponibilità alla riconciliazione morale e civile.

socialia
SOCIALIA
Il comitato di redazione de La Val si rivolge a soci e fiduciari per chiedere loro maggiore collaborazione
per la redazione di questa rubrica. Attraverso le “socialia” desideriamo comunicare ai
nostri lettori gioie e dolori di tutti i nostri soci, una cronaca famigliare che spesso si va a rileggere
anche dopo molti anni. Senza volerlo, qualche volta abbiamo commesso peccato di omissione, per
ignoranza degli avvenimenti, e ci rammarichiamo per le notizie mancate, le gioie non comunicate,
ancora di più per i lutti non condivisi. Ci rendiamo conto quanto sia facile comunicare personalmente
una nascita, una laurea, un anniversario, un evento lieto, e quanto invece si cerchi solidarietà
spontanea in caso di lutto. Chiediamo quindi a tutti voi, e specie ai fiduciari di zona, di voler dare
comunicazione delle notizie relative ai soci di vostra conoscenza ed alle loro vicende famigliari,
perché più grande è una gioia condivisa, e più sopportabile una pena; in alternativa, anche inviando
un’e-mail all’indirizzo albertomosca@albertomosca.it
LUTTI
Con sincera partecipazione e commozione porgiamo le nostre condoglianze all’affezionato socio Pio Paoli di
Nanno, alla moglie Giulia ed a tutti i famigliari per la dolorosa perdita, a causa di un tragico incidente, del figlio
Matteo.
Il giorno 16 settembre 2009 è venuta a mancare la nostra cara socia Ottilia Valentinotti di Bozzana; porgiamo
le nostre più sentite condoglianze al marito Bruno ed a tutti i famigliari, in particolare ai nostri soci Cesare,
Vito e Renato Andreis.
Il Centro Studi ricorda con commozione il Generale Antonio Mautone, nostro socio fin dal 1973; nella sua lunga
partecipazione al nostro sodalizio è stato socio attivo, esperto e competente nella materia di sua maggiore,
approfondita conoscenza, la Grande Guerra, sulla quale ha voluto regalarci articoli che hanno arricchito le
nostre pubblicazioni. Lo ringraziamo di cuore e partecipiamo alla moglie ed ai figli sentite condoglianze.
A Mezzana è mancato il signor Attilio Dalla Valle, che ha guidato per molti anni la comunità in veste di Sindaco. Il
Centro Studi è vicino alla moglie Lucia, ai figli Rino e Paolo ed alle nipoti Stefania e Laura, partecipando sincere
condoglianze anche alla nuora Livia, nostra preziosa tesoriera.
Lo scorso 24 gennaio è mancata a Malè la signora Silvia Mochen ved. Bertagnolli. Ai figli Paolo, Fiorenza e Gabriella
giungano le nostre sincere condoglianze.
è mancato il signor Carlo Valorz di Croviana. Il Centro Studi porge sincere condoglianze alla moglie Agnese, al
figlio Luciano, al fratello Oreste, alla nipote Katia, nostri soci, ed a tutti i famigliari.
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NASCITE
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socialia
Il Centro Studi porge sentite condoglianze alla socia Maria Pia Bontempelli, residente ad Alba di Canazei ed
alla sorella Giuliana per la morte del padre signor Vittorio, per tanti anni casaro di Pellizzano e poi sacrestano,
che alla sua Chiesa ed alla comunità parrocchiale ha dedicato tempo e premure.
La comunità e gli alpini di Malè hanno accompagnato nel suo ultimo viaggio Gualtiero Zanella, nostro affezionato
socio. Porgiamo sincere condoglianze alle sorelle Maria (Mariotta) e Francesca; alla comunità di Malè ed
ai suoi alpini mancheranno la sua disponibilità ed il suo esempio nel volontariato.
Il centro Studi partecipa sincere condoglianze alle sorelle Bruna e Carla Zanon, socie di Rabbi, per la morte del
padre Renzo Zanon, mancato lo scorso 10 febbraio.
Il 21 agosto 2008 ci ha lasciati il nostro affezionato socio Dionigio Brusaferri di Celledizzo di anni 87. Instancabile
lavoratore, i suoi unici momenti di svago li trovava nella lettura dei libri del Centro Studi e nei bollettini
della Val. Insieme ai figli Flora, Mariarosa e Livio ha assistito con affetto la moglie Beppina Chiesa, morta il 5
luglio 1997. Ad un anno di distanza lo ricordano con nostalgia i figli, mentre il legame con il nostro Centro Studi
prosegue con il figlio Livio che rientra-subentra (lo era già stato dal 1988 al 2004, prima del papà) come socio.
Il 14 giugno 2009 ci ha lasciati il socio Elvio Pietro Montelli di Celledizzo, el Pierino da Riva, di anni 86. I nipoti
hanno steso queste parole d’affetto: «Grazie nonno Pierino, con tenerezza e nostalgia ti ricordiamo. Nonostante
qualche difficoltà fisica negli ultimi tempi, tu lucido nei ricordi, non mancavi di raccontarci le esperienze
passate, sempre aperto alle scoperte del momento, ci raccomandavi e ci consigliavi. La tua soddisfazione era
per un bel voto assieme all’affetto che dimostravi. Grazie per essere stato con noi e per noi per sempre. I tuoi
nipoti Valentina, Lorenzo, Serena, Luca». Il legame di famiglia con il nostro Centro Studi prosegue con la figlia
Virginia Montelli Dossi che subentra al papà.
Lo scorso 21 giugno, per la gioia di tutta la famiglia, è arrivata la piccola Evelin. Al nostro Socio Devis Pallaver
di Bozzana, a mamma Mara ed al fratellino Manuel giungano le nostre più sentite felicitazioni.
Il giorno 26 novembre 2009, a rallegrare la famiglia del nostro socio Rolando Filippi di Bordiana e della moglie
Luisa è arrivata la seconda nipotina, Erica. A mamma Cinzia e papà Remo tanti tanti auguri e vivissime felicitazioni
a tutti i famigliari.
Fiocco rosa in casa del socio Arturo Zanella di Malè e della moglie Dolores per la nascita di Irene, per le coccole
dei fratelli Stefano e Davide. A tutta la famiglia le più calorose felicitazioni, con auguri di ogni bene.
Il signor Gianfranco Giaconi con Cristiana ci comunica da Wollogong (Australia) che il giorno 20 dicembre
2009 è nata Margherita, portando immensa gioia anche ai nonni, agli zii ed alla nipote Luisa. Ci uniamo alla loro
felicità porgendo le nostre congratulazioni a gli auguri del Centro Studi ai neogenitori ed a tutti i famigliari. Un
ricordo particolare a nonna Giulietta, nostra socia di Monclassico.
Il primo febbraio di quest’anno la famiglia del socio di Malè Marco Brusegan e della moglie Tiziana è stata allietata
dalla nascita di Eleonora. Alla nuova arrivata il nostro benvenuto, con felicitazioni ai genitori, ai nonni di
Malè Ulderico (nostro socio) e Massimina ed ai nonni di Trento Loredana e Roberto.

socialia
Un affettuoso benvenuto anche alla piccola Agata, primogenita del socio Nicola Rosani di Commezzadura e di
mamma Antonella Podetti. Ai genitori, ai nonni ed a tutti i famigliari le nostre più sincere felicitazioni, con auguri
di ogni bene. Alla piccola Agata la protezione della Santa Patrona della sua comunità ed i buoni auspici della
bontà e del valore già racchiusi nel suo bellissimo nome.
Il 17 aprile 2009 è nata Giulia Vicenzi, che farà compagnia al fratellino Adriano, per la gioia dei nonni Marianna
Monegatti Vicenzi, nostra socia di Pèio paese e nonno Claudio. Ai genitori Paolo e Francesca Pangrazzi vivissime
felicitazioni e auguri per un sereno avvenire da parte del Centro Studi.
Il 18 giugno 2009 è nato Luca Martinolli, per la gioia del fratellino Alessio, dei nonni Ernesto Stocchetti, nostro
socio di Cógolo, con Silvia Cannella e naturalmente di mamma e papà Nadia Stocchetti e Giampietro sempre
di Cogolo. Felicitazioni dal Centro Studi.
Congratulazioni alla socia di Vermiglio Antonioni Silvana e al marito Sergio Delpero per l’arrivo della nipotina
Ariel; auguri ai genitori Anna e Thomas Zambotti che hanno regalato un’altra pronipote alla bisnonna Pina
dell’Albergo Alpino.
LAUREE
Il 1°dicembre del 2009 si è laureato con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Brescia – Facoltà
di Giurisprudenza - Andrea Battistini, figlio del socio Felice Battistini di Comasine, discutendo con il relatore
Chiar.mo Prof. Luca Passante la tesi dal titolo “La condotta antisindacale – aspetti sostanziali e processuali”.
Al neo dottore, ora “consulente del lavoro e delle relazioni industriali”, congratulazioni per l’impegnativo percorso
portato brillantemente a termine ed auguri per un altrettanto brillante futuro.
Serena Cristoforetti, figlia del socio Pierantonio Cristoforetti di Malè si è laureata in Arte e Design presso
la Libera Università di Bolzano discutendo con il prof. Kuno Prey la tesi dal titolo: “ Seed manuale di design
sostenibile per giovani progettisti”. A Serena i nostri complimenti ed i migliori auguri per le sue scelte future,
personali e professionali.
Dallavalle Daniele, figlio del socio Diego, lo scorso 15 ottobre 2009 presso l’Università degli Studi di Padova, ha
conseguito la Laurea Specialistica in Geologia e Geologia tecnica discutendo con il relatore Prof. Paolo Scotton
e Prof.ssa Francesca Moro la tesi “Analisi di campo di valanghe granulari e rilievo in laboratorio con tecniche
fotogrammetriche.” Congratulazioni vivissime.
Il 17 dicembre 2009 Stefania Dallatorre, nipote del socio Giovanni Zanetti di Celledizzo in Val di Pèio, ha concluso
il percorso triennale di formazione laureandosi brillantemente all’Università di Trento, Facoltà di Lettere
e Filosofia – Corso in Scienze dei Beni Culturali percorso Archeologico, discutendo la tesi «Studio tecnologico
dei nuclei dei livelli D-E di Riparo Gaban: osservazioni sulla transizione Mesolitico-Neolitico». Proseguirà il
percorso all’Università di Ferrara. Vivissimi auguri dal Centro Studi per la prossima tappa.
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IL MUSEO RINGRAZIA
MATRIMONI e ANNIVERSARI
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socialia
Lo scorso 26 settembre 2009 Giovanni Tondelli, figlio del socio Angelo di Miano e della signora Maria Rosa
Pombeni, si è unito in matrimonio a Torino con Barbara Petrini. A questa nuova coppia le felicitazioni del Centro
Studi, con un augurio dalla Val di Sole.
Lo scorso mese di novembre la nostra socia di Croviana Antonella Sonna è andata sposa a Luca Barbelli, addobbando
con bellissime composizioni floreali la strada dalla casa di Carbonara alla Chiesa. Il Centro Studi, partecipando
alla gioia dei famigliari, augura agli sposi che anche la loro una vita insieme sia ricca di fiori e di frutti.
Il nostro fiduciario per la città e la provincia di Verona Dino Albasini di Dimaro il 27 settembre 2009 ha festeggiato
con la sua gentile signora Lucia Mattè i primi quarant’anni di matrimonio. Ci uniamo ai figli Gianni, Oscar
e Giuliano ed alle loro famiglie per esprimere ai non più novelli ma sempre efficienti sposi i migliori auguri per
altri lunghi e sereni anni insieme.
Lo scorso 10 ottobre il socio di Malè Luciano Ceschi e la moglie signora Raffaella Stablum hanno festeggiato il
prezioso anniversario dei 50 anni di matrimonio, celebrato il 7 ottobre 1959, giorno della Madonna del Rosario.
L’Ave Maria cantata dal figlio Fausto, Direttore del coro Santa Lucia, ha regalato a tutti i presenti un momento
di vera emozione. L’affetto dei figli Mauro, Fausto e Luca, di nipoti e famigliari accompagni ancora per lunghi
anni questi sposi. Vivissime felicitazioni.
Anniversario speciale per il socio Oreste Valorz di Croviana che lo scorso 28 gennaio ha festeggiato i suoi 60
anni di matrimonio con la signora Maria Assunta, con una commovente cerimonia celebrata in casa da don
Adolfo alla presenza di figli e nipoti. Partecipiamo con particolare affetto all’abbraccio di tutta la sua grande
famiglia.
la signora Imelda Ruatti vedova Zorzi di Malè che ha donato al Museo due mantelli da uomo e Anna Bruna
Endrizzi di Malè che ha donato fasce per neonati, che andranno ad arricchire la nostra collezione; siamo
grati a tutti quelli che, prendendo in mano “robe de ‘sti ani”, e desiderando collocarle in un luogo dove
verranno mantenute, curate ed apprezzate, pensano al nostro Museo. Grazie di cuore a Imelda, ad Annetta
e a tutti i donatori.
AVVISO AI SOCI
Sono in distribuzione presso i fiduciari e presso la sede di Malè le pubblicazioni dell’anno 2009, “Poesie” di
Quirino Bezzi e la strenna “LA VAL 2009”. I soci di Malè sono invitati a provvedere personalmente al ritiro
presso lo studio del Presidente Federica Costanzi in Piazza Garibaldi n. 9, dove potranno anche provvedere
al versamento della quota del 2010.
Di questa novità i soci di Malè potranno “incolpare” la Mariotta, che li aveva abituati ad un servizio quasi
porta a porta. Di certo sapranno comprendere e collaborare. Grazie!

NOTIZIARIO DEL CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
Castel Caldes dipinto alla metà dell’Ottocento