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Desiderare una scelta, senza poterla attuare<br />
La scala ripida<br />
In una vecchia casa della campagna<br />
ferrarese un anziano si trovava<br />
sul punto <strong>di</strong> morte e spesso <strong>di</strong>ceva:<br />
“Spero <strong>di</strong> morire presto, così<br />
smetterò <strong>di</strong> soffrire”. La scala per<br />
salire al primo piano ove era allettato<br />
da mesi era molto ripida, stretta e<br />
con i gra<strong>di</strong>ni consumati. Aggravatosi,<br />
i figli decidono <strong>di</strong> farlo ricoverare.<br />
Gli infermieri faticano a scendere<br />
quella scala con l’anziano sulla<br />
barella, tanto che scivolano e cadono<br />
tutti e tre. A quel punto il malato<br />
esclama: “Sgraziè, am vliv cuper!”<br />
(Disgraziati, mi volete ammazzare!).<br />
Quale conclusione si può trarre da<br />
questo evento?<br />
La più imme<strong>di</strong>ata sarebbe quella <strong>di</strong><br />
notare che tra l’augurarsi <strong>di</strong> morire<br />
in fretta e la realtà esiste una forte<br />
<strong>di</strong>screpanza. Posti <strong>di</strong> fronte al fatto<br />
reale è probabile che emerga prepo-<br />
AMICI DI LUCA<br />
<strong>di</strong><br />
Stefano Salvatori<br />
tente il desiderio <strong>di</strong> sperare che<br />
quello che ci si augurava non<br />
avvenga affatto, e anzi <strong>di</strong> volere<br />
continuare a vivere. Qualora si<br />
pensi ad uno stato pre-terminale o<br />
vegetativo persistente, o ad un tipo<br />
<strong>di</strong> malattia considerata incurabile,<br />
degenerativa o comunque progressiva<br />
e fatale, è facile sostenere <strong>di</strong><br />
non voler continuare a vivere una<br />
vita considerata non degna <strong>di</strong> essere<br />
vissuta. Parlando <strong>di</strong> biotestamento<br />
pare risulti che la maggior parte<br />
della popolazione aderirebbe alla<br />
scelta <strong>di</strong> voler morire qualora si trovasse<br />
nelle con<strong>di</strong>zioni appena elencate,<br />
ma non risulta altrettanto evidente<br />
se la stessa popolazione desideri<br />
passare a miglior vita tramite la<br />
cessazione dell’idratazione e dell’alimentazione.<br />
Sembra preferibile<br />
morire tramite una eutanasia ‘attiva’<br />
anziché ‘passiva’, ma questo cozza<br />
contro il nostro or<strong>di</strong>namento. A questo<br />
punto ci si arena su un basso<br />
fondale, quello <strong>di</strong> desiderare una<br />
scelta senza poterla attuare. Un ulteriore<br />
scoglio da evitare è rappresentato<br />
dal fattore tempo: se il biotesta-<br />
RIFLESSIONI<br />
mento dovesse essere valido per un<br />
periodo <strong>di</strong> tempo predeterminato,<br />
con una scadenza da rinnovare, ad<br />
esempio, ogni quattro anni, qualora<br />
in questo periodo fosse <strong>di</strong>sponibile<br />
una terapia o comunque un intervento<br />
me<strong>di</strong>co-chirurgico che curasse<br />
quella patologia a causa della<br />
quale si era invocata la morte, chi<br />
viene colpito da tale stato o patologia<br />
deve aspettare il quarto anno per<br />
cambiare parere, ma nel frattempo<br />
dovrebbe morire, perché così liberamente<br />
scelse. Peraltro è chiaro che<br />
in quel frangente entrerebbe in<br />
campo la decisione del me<strong>di</strong>co,<br />
obbligato ad intervenire a vantaggio<br />
della sopravvivenza, annullando il<br />
tutto.<br />
Le considerazioni appena esposte<br />
sono ovviamente <strong>di</strong> una semplicità<br />
tanto elementare che non dovrebbero<br />
nemmeno essere degne <strong>di</strong> essere<br />
descritte, ma potrebbero servire a<br />
chi si ostina a considerare l’alimentazione<br />
e l’idratazione come accanimento<br />
terapeutico in quanto somministrate<br />
come “atto me<strong>di</strong>co” e non,<br />
invece, come semplice ed elementare<br />
“atto umano”, che dovrebbe<br />
godere della precedenza assoluta.<br />
Calza quin<strong>di</strong> a pennello un aforisma<br />
<strong>di</strong> Oscar Wilde: “In questo mondo<br />
esistono solo due trage<strong>di</strong>e. La prima<br />
consiste nel non ottenere quello che<br />
si desidera. L’altra sta nell’ottenerlo.<br />
La seconda è <strong>di</strong> gran lunga la peggiore:<br />
è una vera trage<strong>di</strong>a!”.<br />
sostiene la<br />
“Casa dei Risvegli<br />
<strong>Luca</strong> De Nigris”<br />
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