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Zeman (2005) “awareness is a<br />
deeply private matter, inaccessible<br />
to observation by third parties”.<br />
Non abbiamo alcun modo<br />
<strong>di</strong> sapere se quel dato paziente ha<br />
o non ha una “covert consciousness”<br />
o se ha magari una<br />
coscienza inconsapevole, un<br />
apparente ossimoro che però si<br />
verifica in clinica nei fenomeni<br />
<strong>di</strong> “blindsight” o visione cieca.<br />
La coscienza viene sempre più<br />
spesso descritta come un continuum<br />
piuttosto che come una<br />
alternativa presente/assente.<br />
Se però accettiamo che dei pattern<br />
<strong>di</strong> attività cerebrale coerenti<br />
con un compito richiesto verbalmente<br />
siano in<strong>di</strong>catori abbastanza<br />
cre<strong>di</strong>bili <strong>di</strong> una attività<br />
cosciente, allora alcuni casi<br />
riportati in letteratura (immaginazione<br />
motoria per Owen 2006;<br />
intenzione si/no per Monti 2010)<br />
suggeriscono che alcuni pazienti<br />
in SV possano in realtà trovarsi<br />
in una con<strong>di</strong>zione che assomiglia<br />
ad una “super locked-in syndrome”.<br />
E ancora, se accettiamo che<br />
anche un qualche grado <strong>di</strong> elaborazione<br />
neurale della incongruenza<br />
semantica <strong>di</strong> stimoli verbali<br />
sia un ragionevole in<strong>di</strong>catore<br />
<strong>di</strong> un processo cognitivo, allora<br />
alcune evidenze <strong>di</strong> neuroimaging<br />
funzionale (Coleman, 2009) e <strong>di</strong><br />
elettrofisiologia (Shoenle, 2004)<br />
ci in<strong>di</strong>cano che una percentuale<br />
attorno al 10% (9-12%) dei<br />
pazienti in SV potrebbe avere<br />
qualche capacità <strong>di</strong> comprensione<br />
del linguaggio. È possibile<br />
dunque che alcuni pazienti in SV<br />
non corrispondano allo stato<br />
descritto da Jennett e Plum come<br />
“the absence of any evidence of<br />
a functioning mind which is<br />
either receiving or projecting<br />
information”.<br />
Il quadro che emerge dalle evidenze<br />
degli ultimi anni comincia<br />
a far vacillare la certezza me<strong>di</strong>ca<br />
28<br />
D O S S I E R<br />
della <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> SV: la linea <strong>di</strong><br />
demarcazione fra lo SV e gli altri<br />
stati <strong>di</strong> coscienza ridotta appare<br />
molto più confusa che in passato.<br />
La <strong>di</strong>agnosi clinica “bedside”<br />
include una popolazione non<br />
omogenea nella quale probabilmente<br />
insiste un 40% circa <strong>di</strong><br />
mis<strong>di</strong>agnosis secondo il costrutto<br />
comportamentale ed un altro 25-<br />
35% <strong>di</strong> casi con connettività corticale<br />
atipica secondo il costrutto<br />
anatomo-funzionale. Questi ultimi<br />
presentano aspetti che li avvicinano<br />
ai profili <strong>di</strong> attività cerebrale<br />
dei pazienti MCS, tanto che<br />
è stata proposta la definizione <strong>di</strong><br />
“non-behavioural MCS” (Schiff<br />
2007).<br />
Certezza e incertezza della<br />
prognosi<br />
L’incertezza che confonde i contorni<br />
della <strong>di</strong>agnosi si estende<br />
anche alla prognosi. La MSTF<br />
(NEJM, 1994) ha stabilito che le<br />
probabilità <strong>di</strong> recupero della<br />
coscienza <strong>di</strong>minuiscono progressivamente<br />
con la durata dello SV<br />
e <strong>di</strong>vengono trascurabili dopo un<br />
anno per l’eziologia traumatica e<br />
dopo 3 mesi (6 per le Linee<br />
Guida Inglesi) per altre eziolo-<br />
gie. Queste in<strong>di</strong>cazioni sono<br />
basate su probabilità e non debbono<br />
essere considerate assolute.<br />
Recuperi oltre questi limiti sono<br />
rari ma ben documentati: La<br />
MSTF, spesso citata come fonte<br />
in<strong>di</strong>scussa <strong>di</strong> evidenza, ne identificò<br />
7/434 post traumatici (pari<br />
all’1,6%) ma nel pool totale <strong>di</strong><br />
circa 600 casi solo per 53 pazienti<br />
erano <strong>di</strong>sponibili dati <strong>di</strong> follow-up<br />
oltre i 12 mesi, e per <strong>di</strong><br />
più <strong>di</strong> tipo aneddotico nella metà<br />
dei casi. Un altro aspetto limitativo<br />
è che i dati <strong>di</strong> outcome furono<br />
derivati da stu<strong>di</strong> risalenti a 20<br />
anni fa almeno, e non si possono<br />
generalizzare i risultati <strong>di</strong> questi<br />
stu<strong>di</strong> ad oggi dato che vi sono<br />
stati enormi avanzamenti nella<br />
gestione neurochirurgia e me<strong>di</strong>ca.<br />
L’Aspen Group raccomandò<br />
che il termine “Permanente”<br />
dovesse essere utilizzato per un<br />
recupero altamente improbabile,<br />
ma non nel senso <strong>di</strong> impossibile<br />
(Giacino 2004). È stato proposto<br />
anche <strong>di</strong> abbandonare del tutto il<br />
termine “Stato Vegetativo Permanente”<br />
(National Health and<br />
Me<strong>di</strong>cal Research Council of<br />
Australia, 2003).<br />
Il tempo poi non è l’unico fatto-