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da La rappresentazione dello spazio - Artleo.it

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Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

Va ricor<strong>da</strong>to che verso la metà del secolo, e in qualche<br />

caso anche oltre, gran parte dell’Italia è ancora legata<br />

agli sviluppi del gotico internazionale, come la favolosa<br />

Lombardia degli Zavattari e di Bonifacio Bembo,<br />

o è conquistata <strong>da</strong>lla cultura fiamminga, come la Liguria<br />

del grande Donato de’ Bardi 21 , le Marche di Antonio<br />

<strong>da</strong> Fabriano, o l’Italia meridionale di Colantonio e<br />

del giovane Antonello <strong>da</strong> Messina. Ma proprio la vicen<strong>da</strong><br />

artistica di Antonello è emblematica dell’inversione<br />

di rotta della p<strong>it</strong>tura <strong>it</strong>aliana sotto la spinta delle nov<strong>it</strong>à<br />

prospettiche diffuse <strong>da</strong> Donatello e <strong>da</strong> Piero della Francesca.<br />

Il grande p<strong>it</strong>tore messinese comincia infatti con<br />

opere come la Crocifissione di Sibiu, dove la natura è<br />

scrutata con l’occhio di Jan van Eyck; continua col San<br />

Girolamo nello studio della National Gallery di Londra,<br />

dove la penombra dei dipinti fiamminghi si anni<strong>da</strong> entro<br />

strutture arch<strong>it</strong>ettoniche ancora gotiche, ma già tradotte<br />

con il linguaggio prospettico; finché, col San Sebastiano<br />

di Dres<strong>da</strong> del 1476, Antonello produce una delle<br />

opere paradigmatiche della concezione prospettica <strong>it</strong>aliana.<br />

Qui, infatti, come nella Trin<strong>it</strong>à di Masaccio, nella<br />

pala di Santa Lucia de’ Magnoli o nella Flagellazione di<br />

Urbino, l’uomo celebra se stesso, trasferendo la realtà<br />

corporea di cui si riveste e il mondo in cui vive nella<br />

immutabile razional<strong>it</strong>à delle forme geometriche.<br />

Bisogna riconoscere, tuttavia, che diffondendosi, la<br />

visione prospettica tende ad allentare la tensione che<br />

caratterizzava le opere dei grandi prospettici attivi fino<br />

a poco oltre la metà del secolo. Non è piú un modo di<br />

concepire la p<strong>it</strong>tura, ma tende a diventare una nozione<br />

scientifica che, se pone l’artista su di un piano piú alto<br />

di quanto non fosse fino al secolo precedente, entra<br />

semplicemente a far parte del suo bagaglio di conoscenze.<br />

Certamente, cosí è nella Firenze della secon<strong>da</strong> metà<br />

del Quattrocento, dove maturerà anzi una coscienza<br />

antiprospettica che avrà le sue incarnazioni in Leonar-<br />

Storia dell’arte Einaudi 16

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