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<strong>da</strong> <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong><br />

<strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

di Luciano Bellosi<br />

Storia dell’arte Einaudi 1


Edizione di riferimento:<br />

in Storia dell’arte <strong>it</strong>aliana, I. Materiali e problemi,<br />

4. Ricerche spaziali e tecnologiche, a cura di Giovanni<br />

Prev<strong>it</strong>ali, Einaudi, Torino 1979<br />

Storia dell’arte Einaudi 2


Indice<br />

6. <strong>La</strong> «prospettiva» quattrocentesca: una regola<br />

per la <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong> e il<br />

recupero totale della realtà terrena<br />

7. <strong>La</strong> diffusione della visione prospettica<br />

Storia dell’arte Einaudi 3


6. <strong>La</strong> «prospettiva» quattrocentesca: una regola per la<br />

<strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong> e il recupero totale della<br />

realtà terrena.<br />

<strong>La</strong> nuova visione artistica diffusa <strong>da</strong> Piero della Francesca<br />

e <strong>da</strong> Donatello era quella elaborata a Firenze tra<br />

il secondo e il terzo decennio del Quattrocento, in una<br />

opposizione alla cultura artistica circostante molto piú<br />

netta di quanto non fosse la p<strong>it</strong>tura di Jan van Eyck, che<br />

per numerosi aspetti si richiamava al gotico internazionale<br />

e alla p<strong>it</strong>tura del Trecento. I punti di riferimento<br />

per i novatori fiorentini sono, semmai, l’antich<strong>it</strong>à classica<br />

e Giotto. Si torna a porsi, infatti, il ques<strong>it</strong>o giottesco<br />

di trasferire su una superficie a due dimensioni una<br />

realtà a tre dimensioni e se ne trova una soluzione non<br />

piú empirica, ma ormai perfettamente scientifica, con la<br />

scoperta delle regole matematiche della costruzione prospettica<br />

1 . È noto che tutto ciò si deve all’ingegno di<br />

Filippo Brunelleschi: difficile dire quale ne sia stato l’incentivo<br />

in un artista che aveva esord<strong>it</strong>o come orafo nel<br />

concorso del 1401 per una delle porte del Battistero con<br />

un rilievo in cui l’ara del Sacrificio di Isacco era ancora<br />

costru<strong>it</strong>a con le facce perpendicolari che recedevano<br />

verso la profond<strong>it</strong>à divergendo invece che convergendo.<br />

<strong>La</strong> sua genial<strong>it</strong>à si sviluppa per gradi, ma con una disponibil<strong>it</strong>à<br />

mentale del tutto eccezionale. Il suo rilievo per<br />

Storia dell’arte Einaudi 4


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

il concorso e il suo Crocifisso di Santa Maria Novella<br />

sono difficilmente classificabili entro coordinate stilistiche<br />

e nemmeno sembrano particolarmente ispirate<br />

all’«antico», tanto vi prevale una ricerca di autentic<strong>it</strong>à<br />

e di aderenza oggettiva alla storia che rappresentano; in<br />

questa propensione a basarsi piú sulla ver<strong>it</strong>à offerta <strong>da</strong>lla<br />

natura, o comunque sui <strong>da</strong>ti oggettivi, che su una coerenza<br />

di stile è <strong>da</strong> collocare anche l’esigenza di un’esperienza<br />

diretta sul reale quale ci è <strong>da</strong>to cogliere nel<br />

Brunelleschi che si accinge a ricomporre vedute c<strong>it</strong>tadine<br />

su di una tavoletta messa ad argento, <strong>da</strong> usare forse<br />

come uno specchio 2 . Questo evento eminentemente «c<strong>it</strong>tadinesco»<br />

della scoperta delle leggi prospettiche si è<br />

forse prodotto innanz<strong>it</strong>utto di fronte alla veduta di una<br />

via. Le vie, piú ancora che le piazze, caratterizzano<br />

ancora oggi la c<strong>it</strong>tà di Firenze. Su due quinte si allineano<br />

caseggiati di diversa altezza e quindi con le finestre,<br />

i cornicioni e le tettoie disposti su livelli continuamente<br />

diversificati; ma proprio questa divers<strong>it</strong>à rende piú<br />

evidente una costante: che tutte quelle linee sembrano<br />

proiettarsi in profond<strong>it</strong>à dirigendosi verso uno stesso<br />

punto. Vedere nell’esperienza visiva di una via c<strong>it</strong>tadina<br />

uno dei punti chiave della elaborazione delle leggi<br />

prospettiche <strong>da</strong> parte del Brunelleschi sarà forse un’illazione<br />

a posteriori, ma la rendono plausibile alcune<br />

delle prospettive messe in opera <strong>da</strong> Masaccio nella Cappella<br />

Brancacci o <strong>da</strong> Domenico Veneziano nella predella<br />

della pala di Santa Lucia dei Magnoli. Naturalmente<br />

non si potranno dimenticare gli incentivi di fonte umanistica<br />

e quindi le letture degli antichi e l’esperienza di<br />

misuratore delle arch<strong>it</strong>etture classiche, tra le quali,<br />

secondo le credenze di allora, an<strong>da</strong>va annoverato lo stesso<br />

Battistero fiorentino.<br />

Del Battistero fiorentino il Brunelleschi aveva dipinto<br />

una veduta prospettica, che Antonio Manetti 3 ci testimonia<br />

di aver visto coi propri occhi, cosí come una<br />

Storia dell’arte Einaudi 5


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

veduta di piazza della Signoria. Ma se queste due tavolette<br />

erano tutto ciò che rimaneva nella secon<strong>da</strong> metà del<br />

Quattrocento degli esperimenti prospettici brunelleschiani,<br />

ciò non toglie che essi iniziarono probabilmente<br />

molto prima di arrivare a questi complessi risultati,<br />

coinvolgendo anche il giovane Donatello. <strong>La</strong> consorteria<br />

di quest’ultimo col Brunelleschi in rapporto con esperimenti<br />

nel campo della scultura è documentata <strong>da</strong>i pagamenti<br />

fatti ad ambedue nel 1415 per un mo<strong>dello</strong> in<br />

marmo ricoperto di piombo dorato per una scultura <strong>da</strong><br />

porsi sugli «sproni» dell’abside del Duomo di Firenze 4 .<br />

Probabilmente anche la rinasc<strong>it</strong>a di una tecnica antica<br />

come quella della scultura in terracotta, scomparsa<br />

durante il Medioevo, si deve alle stesse sperimentazioni,<br />

<strong>da</strong>l momento che poco tempo prima, nel 1411, Donatello<br />

aveva esegu<strong>it</strong>o per gli stessi sproni una grande figura<br />

in terracotta 5 . Fatto sta che il rilievo che fa <strong>da</strong> predella<br />

al San Giorgio esegu<strong>it</strong>o <strong>da</strong> Donatello per uno dei<br />

Tabernacoli di Orsanmichele intorno al 1416 è direttamente<br />

implicato nella ricerca prospettica brunelleschiana<br />

e forse ne documenta una fase. Fortemente centralizzato,<br />

con la tana rocciosa del drago che fa <strong>da</strong> quinta<br />

irregolare sulla sinistra e una costruzione sulla destra con<br />

loggiato e pavimento a mattonelle quadrate le cui linee<br />

di fuga convergono verso un centro collocato sul dorso<br />

del cavaliere. esso può chiamarsi la prima costruzione<br />

scientificamente prospettica dopo l’antich<strong>it</strong>à. L’obiezione<br />

in contrario, basata sul fatto che le linee di fuga<br />

non concorrono in modo del tutto esatto verso il punto<br />

centrico, può venire solo <strong>da</strong> storici dell’arte dell’era atomica.<br />

Nemmeno i rilievi dell’altare del santo a Padova<br />

risultano del tutto soddisfacenti a questo riguardo, eppure<br />

rappresentano uno dei punti no<strong>da</strong>li nella storia della<br />

diffusione della visione prospettica in Italia. D’altra<br />

parte, basterà confrontare il rilievo di Orsanmichele<br />

con la produzione fiorentina contemporanea sia nel<br />

Storia dell’arte Einaudi 6


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

campo della scultura che della p<strong>it</strong>tura per rendersi conto<br />

dell’assoluta nov<strong>it</strong>à che esso rappresenta in ordine al<br />

problema della <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong>. In questo<br />

senso va considerato, d’altra parte, che nella predella di<br />

Orsanmichele la stessa concezione del rilievo si è modificata<br />

a tal punto <strong>da</strong> farlo diventare quasi una superficie<br />

piana. Questa tecnica, nota come «stiacciato», che<br />

forse ha trovato lo spunto nelle parti marginali dei rilievi<br />

ghibertiani per la Porta Nord del Battistero 6 , è usata<br />

<strong>da</strong> Donatello proprio in rapporto alla necess<strong>it</strong>à della<br />

costruzione prospettica, che aveva bisogno di una superficie<br />

piana per la sua realizzazione. Donatello può cosí<br />

<strong>da</strong>re l’impressione di uno <strong>spazio</strong> molto piú ampio rispetto<br />

a quello reale 7 : uno <strong>spazio</strong> nel quale entra una lontana<br />

fila di colline alberate e il cielo su cui passano le nubi.<br />

È questo un altro punto che pone il rilievo donatelliano<br />

di Orsanmichele in rapporto con gli esperimenti prospettici<br />

del Brunelleschi; il Manetti dice, infatti, che<br />

nella tavoletta con la veduta del Battistero: «... per<br />

quanto s’aveva a dimostrare di cielo, cioè che le muraglie<br />

del dipinto stanpassono nella aria, messo d’ariento<br />

brun<strong>it</strong>o, acciò che l’aria e cielj naturalj vi si specchiassono<br />

drento e cosí e nugolj, che si vegono in quello<br />

ariento essere menati <strong>da</strong>l vento, quande trae» 8 .<br />

Durante tutto il Trecento qualsiasi sperimentazione<br />

«<strong>spazio</strong>sa» aveva avuto come lim<strong>it</strong>e simbolico il fondo<br />

d’oro nei dipinti su tavola e il corrispondente fondo blu<br />

negli affreschi; anche la piú rigorosa costruzione di spazi<br />

era sempre ribaltata contro questo invalicabile lim<strong>it</strong>e<br />

trascendentale (unica eccezione, estremamente significativa,<br />

il cielo oltre le finestre dei finti «coretti» di<br />

Giotto a Padova). Con la prospettiva si riconquista<br />

totalmente lo <strong>spazio</strong> naturale e mon<strong>da</strong>no, privo di qualunque<br />

lim<strong>it</strong>e trascendentale e la ricomparsa del cielo<br />

atmosferico ne è uno dei segni caratterizzanti. Il fatto<br />

che in p<strong>it</strong>tura esso ricompaia per la prima volta nella pre-<br />

Storia dell’arte Einaudi 7


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

della dell’Adorazione dei Magi di Gentile <strong>da</strong> Fabriano del<br />

1423 e non nel campo maggiore della tavola è anch’esso<br />

in qualche rapporto col rilievo del San Giorgio che<br />

uccide il drago di Donatello, che era appunto una predella.<br />

È probabile infatti che non sia una conseguenza<br />

delle intenzioni naturalistiche di tipo tardo-gotico del<br />

p<strong>it</strong>tore fabrianese, ma dei contatti con l’ambiente fiorentino,<br />

dove questi esperimenti avevano già avuto<br />

luogo. In effetti, nei pannelli decorativi del pol<strong>it</strong>tico di<br />

Valle Rom<strong>it</strong>a, ora a Brera, o nella predella con la <strong>La</strong>pi<strong>da</strong>zione<br />

di santo Stefano della Gemäldegalerie di Vienna,<br />

Gentile <strong>da</strong> Fabriano aveva usato l’oro come fondo per<br />

le sue narrazioni. Invece, nell’ambiente fiorentino e<br />

toscano del terzo decennio del Quattrocento la predella<br />

ha sistematicamente il fondo azzurro del cielo atmosferico,<br />

anche in artisti non di primo livello quali Giovanni<br />

Toscani (si ve<strong>da</strong> il suo pannello nella Galleria dell’Accademia<br />

di Firenze con San Francesco che riceve le<br />

stimmate e un Miracolo di san Nicola, parte della predella<br />

di un pol<strong>it</strong>tico quasi certamente risalente agli anni<br />

1424-25) 9 . Masaccio, nato nel 1401, poteva avere iniziato<br />

la sua attiv<strong>it</strong>à fin <strong>da</strong>l 1420 circa; i pannelli della<br />

predella del suo pol<strong>it</strong>tico pisano dei carmel<strong>it</strong>ani del<br />

1426, oggi a Berlino, hanno tutti il cielo con le nubi.<br />

A queste <strong>da</strong>te, la nuova visione naturale e prospettica<br />

aveva già oltrepassato – anche se di poco – le mura<br />

di Firenze. Tra il 1423 e il 1426, infatti, il Sassetta esordisce<br />

a Siena col pol<strong>it</strong>tico dell’Arte della <strong>La</strong>na; nella predella,<br />

le «storie» si svolgono in spazi naturali camp<strong>it</strong>i <strong>da</strong>l<br />

cielo atmosferico e segnati <strong>da</strong> vani puntigliosamente<br />

prospettici.<br />

Gli affreschi di Masaccio nella Cappella Brancacci al<br />

Carmine hanno tutti il cielo atmosferico, anche quelli<br />

esegu<strong>it</strong>i in collaborazione con Masolino. <strong>La</strong> loro rigorosa<br />

costruzione prospettica raggiunge l’apice nelle due<br />

storie di San Pietro che guarisce con la propria ombra e l’E-<br />

Storia dell’arte Einaudi 8


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

lemosina di san Pietro, ambedue nel registro inferiore ai<br />

lati dell’altare. Queste scene memorabili, ambientate<br />

per vie fiorentine forse perfino riconoscibili, sono unificate<br />

<strong>da</strong>l punto di fuga in comune che si colloca nel centro<br />

della parete di fondo, al di fuori delle superfici su cui<br />

sono dipinte 10 .<br />

Ovviamente, la costruzione prospettica piú rigorosa<br />

e sistematica messa in opera <strong>da</strong> Masaccio è nell’affresco<br />

con <strong>La</strong> Trin<strong>it</strong>à in Santa Maria Novella. In esso<br />

si attua un’interpretazione estremamente mon<strong>da</strong>na e<br />

naturale di un argomento cosí trascendente, i cui precedenti<br />

iconografici sono nelle numerose versioni<br />

tardo-gotiche del cosiddetto Tronum Gratiae. L’impegno<br />

prospettico e la cultura anticheggiante messi in<br />

opera nella impaginatura arch<strong>it</strong>ettonica di questo affresco<br />

gli conferiscono un aspetto piú intellettualistico di<br />

quanto non ci si sarebbe aspettato <strong>da</strong>lle altre opere del<br />

p<strong>it</strong>tore e in questo senso va considerata l’ipotesi avanzata<br />

<strong>da</strong> piú parti di una collaborazione del Brunelleschi<br />

11 . L’opera e certo una sorta di manifesto della p<strong>it</strong>tura<br />

prospettica a venire, probabile punto di riferimento<br />

per Leon Battista Alberti e per il suo trattato<br />

Della P<strong>it</strong>tura del 1436, dedicato – guar<strong>da</strong> caso – al<br />

Brunelleschi. Perfettamente razionale in tutte le sue<br />

parti, <strong>La</strong> Trin<strong>it</strong>à di Santa Maria Novella è costru<strong>it</strong>a collocando<br />

la linea dell’orizzonte allo stesso livello dell’occhio<br />

dell’osservatore e cioè in corrispondenza del<br />

piano della mensa del finto altare, cosicché il vano in<br />

cui le figure hanno il loro <strong>spazio</strong> è visto <strong>da</strong>l sotto in su.<br />

L’illusionismo spaziale si attua così perfettamente, giustificando<br />

l’entusiasmo del Vasari («pare che sia bucato<br />

quel muro») 12 . L’impressione sui contemporanei,<br />

ab<strong>it</strong>uati a dipinti che al meglio potevano essere quelli<br />

di Lorenzo Monaco, doveva essere enorme e quasi dissacrante<br />

doveva apparire la terren<strong>it</strong>à delle figure sacre,<br />

ab<strong>it</strong>anti nello stesso <strong>spazio</strong> e figurate con gli stessi<br />

Storia dell’arte Einaudi 9


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

corpi e le stesse dimensioni dei due comm<strong>it</strong>tenti riconoscibilissimi.<br />

Perfettamente organica, la visione artistica di Masaccio<br />

riguar<strong>da</strong> un’uman<strong>it</strong>à del tutto terrena. <strong>La</strong> «bruttezza»<br />

fisica dei volti, impietosamente segnati <strong>da</strong> occhiaie<br />

vistose, <strong>da</strong> rughe profonde, deformati <strong>da</strong>ll’urgenza di<br />

<strong>da</strong>rne una definizione tridimensionale attraverso lo scorciare<br />

degli occhi, è ribaltata in eroica fierezza <strong>da</strong>lla grav<strong>it</strong>à<br />

dei gesti, <strong>da</strong>ll’intensa concentrazione degli sguardi,<br />

<strong>da</strong>lla fatal<strong>it</strong>à degli atteggiamenti, <strong>da</strong>lle solenni cadenze<br />

dei panni. In confronto a una visione cosí severa e senza<br />

concessioni, la generazione successiva elabora una concezione<br />

della p<strong>it</strong>tura piú serena, luminosa e colorata, che<br />

trova uno dei suoi momenti paradigmatici nella pala di<br />

Santa Lucia dei Magnoli di Domenico Veneziano, oggi<br />

agli Uffizi.<br />

Fra il 1430 e il 1440, mentre fuori Firenze Masolino<br />

ricor<strong>da</strong> i suoi contatti con Masaccio in erte e improbabili<br />

prospettive, anche in ambiente fiorentino, dopo la<br />

morte precocissima del grande novatore, si ha una notevole<br />

stasi. Molti p<strong>it</strong>tori continuano a comportarsi come<br />

se Masaccio non fosse mai esist<strong>it</strong>o; altri ne rimangono<br />

fortemente impressionati, senza tuttavia che il loro «sbalordimento»<br />

13 si traduca in un coerente linguaggio. È la<br />

p<strong>it</strong>tura di cassoni ad accoglierne in modo piú vistoso<br />

certi suggerimenti; sarà forse perché uno dei piú prolifici<br />

artisti in questo campo era suo fratello, Giovanni di<br />

ser Giovanni detto lo Scheggia con cui deve identificarsi<br />

il gruppo anonimo noto come «Maestro del Cassone<br />

Adimari» 14 ; sta di fatto che lo <strong>spazio</strong> come r<strong>it</strong>ratto delle<br />

vie e delle piazze c<strong>it</strong>tadine messo in opera <strong>da</strong> Masaccio<br />

al Carmine trova in questa attiv<strong>it</strong>à artistica i suoi riflessi<br />

piú diretti e il volto quattrocentesco di molti degli<br />

antichi luoghi storici della c<strong>it</strong>tà di Firenze ci è offerto<br />

soprattutto <strong>da</strong>lla p<strong>it</strong>tura dei cassoni.<br />

Ma il piú intelligente aggiornamento a Masaccio è<br />

Storia dell’arte Einaudi 10


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

compiuto <strong>da</strong>ll’Angelico e in un momento assai precoce.<br />

Non c’è forse nella storia dell’arte occidentale un altro<br />

caso in cui cosí evidentemente traspaia <strong>da</strong>lle opere esegu<strong>it</strong>e<br />

la condizione di religioso di chi le eseguí. Eppure,<br />

proprio il primo artista che crea un’arte «devota» e che<br />

quindi fa risaltare, per contrapposto, la connotazione<br />

laica dell’arte di Masaccio, è anche il primo a dialogare<br />

con il grande novatore: «pochi dipinti mostrano al pari<br />

[dell’Imposizione del nome al Battista nel Museo di San<br />

Marco] l’intuizione geniale <strong>da</strong> parte dell’Angelico del<br />

momento piú sottilmente prospettico di Masaccio, come<br />

si legge nel desco <strong>da</strong> parto di Berlino» 15 . E cosa dire dell’Annunciazione<br />

di Cortona, delle Storie di san Francesco<br />

negli Staatliche Museen di Berlino o dell’Incoronazione<br />

della Vergine del Louvre? In quest’ultimo dipinto, la<br />

«storia» è collocata in un ambiente che sarà di certo una<br />

sala del Paradiso, ma non molto diversa <strong>da</strong> un vano<br />

chiesastico di questo mondo, sul cui pavimento, realizzato<br />

secondo i principi di un impressionante illusionismo<br />

prospettico, i santi stanno inginocchiati scandendo mirabilmente<br />

lo <strong>spazio</strong>. Bisogna riconoscere che, in confronto<br />

a questi risultati, il successivo altare dei Linaioli<br />

(1433) segna una sorta di regresso.<br />

Nello stesso decennio, nemmeno l’esordio di Filippo<br />

Lippi porta dei contributi pos<strong>it</strong>ivi: intorno alla sua<br />

Madonna di Tarquinia del 1437 cresce uno <strong>spazio</strong> di<br />

nuovo quasi rampante.<br />

Ancora una volta, le voci piú seriamente interessate<br />

alla ricostruzione prospettica della realtà fanno capo a<br />

Filippo Brunelleschi. È in nome suo che l’Alberti pubblica,<br />

nel 1436, il trattato Della P<strong>it</strong>tura, in cui sembra<br />

che il mondo visibile non sia altro che un insieme di<br />

quant<strong>it</strong>à sistemate in uno <strong>spazio</strong>: «vedendo qualcosa,<br />

diciamo questo essere cosa quale occupa uno luogo» 16 .<br />

È nella brunelleschiana Sagrestia Vecchia di San Lorenzo<br />

che Donatello sperimenta il primo sottinsú della sto-<br />

Storia dell’arte Einaudi 11


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

ria dell’arte moderna nel tondo in stucco con l’Assunzione<br />

di san Giovanni Evangelista. È un uomo molto vicino<br />

al Brunelleschi, Antonio Manetti, ad attuare le prime<br />

tarsie prospettiche nella sagrestia del Duomo di Firenze<br />

17 , molto probabilmente sotto gli occhi stessi del Brunelleschi.<br />

Arriva poi a Firenze, nel 1439, Domenico Veneziano,<br />

con accanto in qual<strong>it</strong>à di giovane aiuto Piero della<br />

Francesca, a eseguire un ciclo di affreschi nella chiesa di<br />

Sant’Egidio. <strong>La</strong> distruzione di questi affreschi 18 , ci ha<br />

probabilmente privati della piú alta testimonianza p<strong>it</strong>torica<br />

che la generazione successiva a Masaccio fosse in<br />

grado di offrire. Ce lo fa supporre quanto Domenico<br />

Veneziano ha realizzato nella pala di Santa Lucia de’<br />

Magnoli, oggi agli Uffizi. In essa trovano un trattamento<br />

inim<strong>it</strong>abile gli spazi, i volumi, la luce, i colori,<br />

come in uno spettacolo meraviglioso, intonato <strong>da</strong> una<br />

luminos<strong>it</strong>à chiarissima e primaverile. <strong>La</strong> prospettiva<br />

sembra qui diventata un congegno stupendo, che permette<br />

incastri di spazi e di volumi di una precisione stupefacente:<br />

si ve<strong>da</strong> come i piedi poggiati sul pavimento<br />

in scorcio misurino lo <strong>spazio</strong> occupato <strong>da</strong>i quattro santi,<br />

o come il volume del busto di santa Caterina sia defin<strong>it</strong>o<br />

<strong>da</strong>l girare <strong>dello</strong> scollo, che cade a vu nel centro, preciso<br />

come una lancetta. Placata la polemica masaccesca<br />

con la cultura contemporanea, hanno di nuovo c<strong>it</strong>tadinanza<br />

il colore prezioso, la cadenza r<strong>it</strong>mica e perfino<br />

l’arco a sesto acuto. <strong>La</strong> tersa luminos<strong>it</strong>à, che rende perfettamente<br />

trasparenti anche le ombre e conferisce alle<br />

camp<strong>it</strong>ure cromatiche lo splendore delle pietre preziose,<br />

è un effetto che doveva essere stato sperimentato ormai<br />

<strong>da</strong> qualche tempo, se già nel 1432 il senese Domenico<br />

di Bartolo ne mostrava un riflesso in quell’affascinante<br />

capolavoro che e la Madonna dell’Umiltà della Pinacoteca<br />

di Siena. E a Siena, il Vecchietta continuerà <strong>da</strong> par<br />

suo su questa stra<strong>da</strong>.<br />

Storia dell’arte Einaudi 12


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

È singolare che a Firenze, invece, un p<strong>it</strong>tore come<br />

Paolo Uccello, talvolta assai vicino a Domenico Veneziano<br />

e impegnatissimo nella sperimentazione prospettica,<br />

sembri muoversi in un’atmosfera ancora memore<br />

dei notturni gotici di Gentile <strong>da</strong> Fabriano, perfino nelle<br />

tre grandi tavole con la Battaglia di San Romano. I suoi<br />

studi sulla «dolce prospettiva» dànno spesso nel bizzarro;<br />

il Diluvio Universale nel Chiostro Verde di Santa<br />

Maria Novella, quasi senz’acqua, è ricostru<strong>it</strong>o in una via<br />

c<strong>it</strong>tadina ottenuta con l’accostamento di due arche di<br />

Noè pirami<strong>da</strong>li – come quella del Ghiberti nella Porta<br />

del Paradiso – una vista di fronte e una di fianco, che<br />

stanno a indicare due episodi successivi della stessa «storia»:<br />

durante il diluvio, quando l’arca è ermeticamente<br />

chiusa, e verso la fine del diluvio, quando Noè si affaccia<br />

a una apertura dell’arca per liberare la colomba. E<br />

che dire della finta Battaglia di San Romano in cui le picche<br />

spezzate sono cadute disponendosi in modo <strong>da</strong> fornire<br />

le stesse indicazioni prospettiche di un pavimento<br />

ammattonato?<br />

Di Andrea del Castagno, che sembra pensare le sue<br />

figure come fossero scolp<strong>it</strong>e nel bronzo o nel sasso, è<br />

memorabile il vano prospettico in cui si svolge l’Ultima<br />

Cena nel Refettorio di Santa Apollonia a Firenze. Anche<br />

per lui lo <strong>spazio</strong> in prospettiva acquista una connotazione<br />

spettacolare, come in Domenico Veneziano e come<br />

sarà in Piero della Francesca.<br />

In parallelo con l’attiv<strong>it</strong>à fiorentina di Domenico<br />

Veneziano, la p<strong>it</strong>tura dell’Angelico si rinnova, illuminandosi<br />

di una trasparenza cristallina e di un maggiore<br />

impegno umanistico. <strong>La</strong> pala per l’altar maggiore della<br />

rinnovata chiesa di San Marco, consacrata nel 1443,<br />

doveva cost<strong>it</strong>uire, quando si poteva vederla in condizioni<br />

molto diverse <strong>da</strong> quelle disastrose in cui è oggi<br />

ridotta, uno dei punti di riferimento per la p<strong>it</strong>tura prospettica<br />

e rinascimentale, e probabilmente per lo stesso<br />

Storia dell’arte Einaudi 13


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

Piero della Francesca. Inoltre, <strong>da</strong>llo stupendo affresco<br />

di Madonna col Bambino e santi nel corridoio del Dorm<strong>it</strong>orio<br />

di San Marco al pol<strong>it</strong>tico di Perugia ai tardi<br />

affreschi della Cappella Niccolina in Vaticano, la ricerca<br />

dell’evidenza delle cose si fa cosí sottile <strong>da</strong> far pensare<br />

a una precoce conoscenza della p<strong>it</strong>tura fiamminga,<br />

con risultati talvolta sorprendentemente affini a quelli<br />

di Jean Fouquet, il grande p<strong>it</strong>tore e miniatore francese<br />

che ha certamente vis<strong>it</strong>ato l’Italia prima del 1447 19 .<br />

7. <strong>La</strong> diffusione della visione prospettica.<br />

L’esperienza prospettica fiorentina viene riassunta<br />

<strong>da</strong>lla grande figura di Piero della Francesca, a un livello<br />

non solo operativo, come era stato per Domenico Veneziano,<br />

ma anche di profon<strong>da</strong> coscienza teorica. L’entusiasmo<br />

per la scoperta della prospettiva è ancora tale che<br />

gli fa addir<strong>it</strong>tura identificare la p<strong>it</strong>tura con la prospettiva:<br />

«la pictura non è se non dimostrationi de superficie<br />

et de corpi degra<strong>da</strong>ti o accresciuti... secondo che le cose<br />

vere vedute <strong>da</strong> l’occhio socto diversi angoli s’appresentano»<br />

20 . <strong>La</strong> sua Flagellazione di Urbino è forse il piú rappresentativo<br />

teorema prospettico elaborato <strong>da</strong>lla p<strong>it</strong>tura<br />

del Quattrocento. L’articolazione <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong> vi appare<br />

assai complessa, ma senza alcuna forzatura o artificios<strong>it</strong>à.<br />

E del resto l’incredibile trasparenza luminosa riscatterebbe<br />

<strong>da</strong> sola qualsiasi esibizionismo di dottrina prospettica;<br />

cosí come la solenn<strong>it</strong>à delle figure non rischia<br />

mai di disumanizzarsi, rivest<strong>it</strong>a com’è di una gamma<br />

cromatica cal<strong>da</strong> e preziosa insieme. <strong>La</strong> manifestazione<br />

piú complessa e impegnata dell’arte di Piero della Francesca<br />

sono per noi, oggi, gli affreschi nel coro della chiesa<br />

di San Francesco ad Arezzo, esegu<strong>it</strong>i negli anni ’50.<br />

Ma bisognerebbe sapere com’erano le sue opere dipinte<br />

a Ferrara e a Roma, o altre che non sono arrivate fino a<br />

Storia dell’arte Einaudi 14


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

noi. Fatto sta che l’ampio raggio d’azione di Piero della<br />

Francesca, attivo in Toscana, in Emilia, nel ducato di<br />

Urbino e a Roma, fa sí che la figurazione prospettica esca<br />

<strong>da</strong>lle mura di Firenze e diventi <strong>it</strong>aliana.<br />

Per la diffusione della visione prospettica la sua attiv<strong>it</strong>à<br />

fu determinante, cosí come lo fu il soggiorno padovano<br />

di Donatello. I rilievi in bronzo con le Storie di<br />

sant’Antonio per l’altare del santo sono le composizioni<br />

prospetticamente piú impegnate che Donatello ci abbia<br />

lasciato. Questo impegno si traduce, anzi, in una tensione<br />

ossessiva che caratterizzerà l’arte figurativa – e<br />

soprattutto la p<strong>it</strong>tura – dei decenni immediatamente<br />

seguenti alla metà del secolo, tra Veneto, Lombardia ed<br />

Emilia. Mentre perfino artisti di tradizione tardo-gotica,<br />

come Pisanello, Antonio Vivarini o Jacopo Bellini,<br />

si cimentano in eserc<strong>it</strong>azioni prospettiche infiorandole<br />

di c<strong>it</strong>azioni dell’antico, Andrea Mantegna realizzerà<br />

nella Cappella Ovetari agli Erem<strong>it</strong>ani di Padova i primi<br />

affreschi settentrionali organicamente costru<strong>it</strong>i secondo<br />

le regole della prospettiva. Come negli affreschi della<br />

parete di fondo della Cappella Brancacci, anche quelli<br />

Ovetari hanno un punto di fuga in comune al di fuori<br />

della singola «storia» e dànno l’illusione di una spazial<strong>it</strong>à<br />

perfettamente naturale e vera. <strong>La</strong> figurazione del<br />

Mantegna, f<strong>it</strong>ta di riferimenti colti e archeologici – <strong>da</strong><br />

Donatello all’antico – trova nella pala di San Zeno a<br />

Verona il modo di conciliare la struttura del pol<strong>it</strong>tico con<br />

i laterali di tradizione gotica, ancora viva nel Veneto,<br />

con una costruzione rinascimentale in cui gli elementi<br />

della cornice diventano la facciata della struttura arch<strong>it</strong>ettonica<br />

aperta, dipinta illusionisticamente nella tavola<br />

e ab<strong>it</strong>ata <strong>da</strong>lle figure protagoniste. È un’idea nata probabilmente<br />

con l’altare del santo di Donatello e che<br />

avrà una larga fortuna nell’Italia settentrionale, <strong>da</strong>lle<br />

pale di Giovanni Bellini ai pol<strong>it</strong>tici arch<strong>it</strong>ettonici lombardi<br />

della fine del Quattrocento.<br />

Storia dell’arte Einaudi 15


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

Va ricor<strong>da</strong>to che verso la metà del secolo, e in qualche<br />

caso anche oltre, gran parte dell’Italia è ancora legata<br />

agli sviluppi del gotico internazionale, come la favolosa<br />

Lombardia degli Zavattari e di Bonifacio Bembo,<br />

o è conquistata <strong>da</strong>lla cultura fiamminga, come la Liguria<br />

del grande Donato de’ Bardi 21 , le Marche di Antonio<br />

<strong>da</strong> Fabriano, o l’Italia meridionale di Colantonio e<br />

del giovane Antonello <strong>da</strong> Messina. Ma proprio la vicen<strong>da</strong><br />

artistica di Antonello è emblematica dell’inversione<br />

di rotta della p<strong>it</strong>tura <strong>it</strong>aliana sotto la spinta delle nov<strong>it</strong>à<br />

prospettiche diffuse <strong>da</strong> Donatello e <strong>da</strong> Piero della Francesca.<br />

Il grande p<strong>it</strong>tore messinese comincia infatti con<br />

opere come la Crocifissione di Sibiu, dove la natura è<br />

scrutata con l’occhio di Jan van Eyck; continua col San<br />

Girolamo nello studio della National Gallery di Londra,<br />

dove la penombra dei dipinti fiamminghi si anni<strong>da</strong> entro<br />

strutture arch<strong>it</strong>ettoniche ancora gotiche, ma già tradotte<br />

con il linguaggio prospettico; finché, col San Sebastiano<br />

di Dres<strong>da</strong> del 1476, Antonello produce una delle<br />

opere paradigmatiche della concezione prospettica <strong>it</strong>aliana.<br />

Qui, infatti, come nella Trin<strong>it</strong>à di Masaccio, nella<br />

pala di Santa Lucia de’ Magnoli o nella Flagellazione di<br />

Urbino, l’uomo celebra se stesso, trasferendo la realtà<br />

corporea di cui si riveste e il mondo in cui vive nella<br />

immutabile razional<strong>it</strong>à delle forme geometriche.<br />

Bisogna riconoscere, tuttavia, che diffondendosi, la<br />

visione prospettica tende ad allentare la tensione che<br />

caratterizzava le opere dei grandi prospettici attivi fino<br />

a poco oltre la metà del secolo. Non è piú un modo di<br />

concepire la p<strong>it</strong>tura, ma tende a diventare una nozione<br />

scientifica che, se pone l’artista su di un piano piú alto<br />

di quanto non fosse fino al secolo precedente, entra<br />

semplicemente a far parte del suo bagaglio di conoscenze.<br />

Certamente, cosí è nella Firenze della secon<strong>da</strong> metà<br />

del Quattrocento, dove maturerà anzi una coscienza<br />

antiprospettica che avrà le sue incarnazioni in Leonar-<br />

Storia dell’arte Einaudi 16


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

do e in Michelangelo. Si continuano certo a produrre<br />

opere in cui appare evidente la sapienza prospettica<br />

degli artisti che le eseguono; e il caso piú vistoso in questo<br />

senso sono le tavolette di san Bernardino compiute<br />

nel 1473 <strong>da</strong>l Perugino e compagni in stretto rapporto<br />

con la bottega del Verrocchio; ma perfino qui si ha il<br />

sospetto di una esibizione letteraria e ricercata che mette<br />

sullo stesso piano questo tipo di elaborazione prospettica<br />

e opere del tutto antiprospettiche come <strong>La</strong> Primavera<br />

del Botticelli. Fanno eccezione dipinti quali il San<br />

Rocco del Museo di Arezzo esegu<strong>it</strong>o nel 1479 <strong>da</strong> Bartolomeo<br />

della Gatta, il grande p<strong>it</strong>tore educatosi a Firenze<br />

nella bottega del Verrocchio ma attivo soprattutto<br />

nell’Aretino, in una zona, cioè, dove ancora era fresco<br />

il ricordo di Piero della Francesca. Il San Rocco è una<br />

figura umana che ab<strong>it</strong>a lo <strong>spazio</strong> di una veduta c<strong>it</strong>tadina,<br />

quella della piazza di Arezzo sulla quale si affaccia<br />

l’Oratorio della Misericordia, comm<strong>it</strong>tente del dipinto.<br />

Tuttavia, in confronto ai risultati della prima meta del<br />

Quattrocento, la libertà di impostazione e la diffusa<br />

inquietudine che sottende la figura asciutta del santo,<br />

conferiscono a questo dipinto un significato decisamente<br />

piú moderno.<br />

Nella secon<strong>da</strong> metà del Quattrocento tutta l’arte <strong>it</strong>aliana,<br />

piú o meno, mostra di aver fatto propria la visione<br />

prospettica. A Siena, lo stanno a testimoniare le<br />

opere tarde del Vecchietta o i dipinti di Francesco di<br />

Giorgio, ben presto attivo soprattutto come arch<strong>it</strong>etto.<br />

Nell’Umbria, i passaggi di Domenico Veneziano, dell’Angelico<br />

e di Piero della Francesca creano un clima culturale<br />

intensissimo, il cui prodotto memorabile è rappresentato<br />

<strong>da</strong>gli affreschi del Bonfigli nella Cappella del<br />

Palazzo dei Priori a Perugia. Le Marche hanno in Camerino<br />

un grande centro di civiltà figurativa, crocevia tra<br />

la cultura fiorentina e quella padovana, dove operano<br />

Giovanni Boccati e Girolamo di Giovanni. A Roma e<br />

Storia dell’arte Einaudi 17


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

nel <strong>La</strong>zio sono Antoniazzo Romano e Lorenzo <strong>da</strong> V<strong>it</strong>erbo<br />

le grandi voci rinascimentali. Per il Meridione, abbiamo<br />

già detto di Antonello, ma sarebbe ingiusto lim<strong>it</strong>arsi<br />

a lui soltanto: dipinti come quelli dell’anonimo «Maestro<br />

di san Giovanni <strong>da</strong> Capestrano», attivo tra Roma,<br />

l’Abruzzo e la Campania, sono tra le testimonianze piú<br />

alte della diffusione della visione prospettica 22 . In Romagna<br />

nasce uno dei piú famosi p<strong>it</strong>tori prospettici, Melozzo<br />

<strong>da</strong> Forlí. Urbino sembra diventare, negli anni settanta,<br />

la punta di diamante della speculazione prospettica<br />

<strong>it</strong>aliana. In Emilia, i Lendinara traducono nella tarsia<br />

l’esempio memorabile di Piero della Francesca, cui<br />

si rifanno a Modena anche i fratelli Degli Erri. Dei celebrati<br />

ferraresi è soprattutto Francesco del Cossa – e si<br />

ve<strong>da</strong> la sua Annunciazione nella Pinacoteca di Dres<strong>da</strong> –<br />

ad avere approfond<strong>it</strong>o i problemi pierfranceschiani di<br />

accordo fra <strong>spazio</strong> prospettico e luminos<strong>it</strong>à. E anche la<br />

Lombardia ha nel Foppa, se non un vero e proprio prospettico,<br />

un grande rinnovatore in senso rinascimentale<br />

della figurazione lombar<strong>da</strong> 23 .<br />

Nel Veneto, dopo i clamorosi inizi padovani del Mantegna,<br />

è Giovanni Bellini a riassumere l’esperienza donatelliana<br />

e quella pierfranceschiana, in contatto con l’arte<br />

di Antonello <strong>da</strong> Messina, che soggiornò a Venezia per<br />

qualche anno intorno al 1475. Se è soprattutto l’aspetto<br />

colorato della p<strong>it</strong>tura di Piero a interessare Giovanni<br />

Bellini, il padre del cromatismo veneto – che prima<br />

di lui non esisteva – alcune delle sue opere sono tra i<br />

grandi esempi della p<strong>it</strong>tura prospettica <strong>it</strong>aliana, come la<br />

pala di Pesaro o la Sacra allegoria degli Uffizi. Ma si ha<br />

l’impressione che, procedendo nel tempo, le preoccupazioni<br />

prospettiche diventino solo uno dei modi di <strong>rappresentazione</strong><br />

del mondo naturale e umano che entra nei<br />

suoi dipinti con un respiro caldo e immenso.<br />

Chi invece, a Venezia, fa della prospettiva l’aspetto<br />

fon<strong>da</strong>mentale della propria visione p<strong>it</strong>torica, bruciandosi<br />

Storia dell’arte Einaudi 18


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

per una passione estremistica in un momento assai tardo<br />

del Quattrocento, è V<strong>it</strong>tore Carpaccio. Nelle sue opere<br />

tarde, esegu<strong>it</strong>e quando ormai Giorgione e il giovane<br />

Tiziano stavano proponendo ideali artistici ben diversamente<br />

orientati, la sua visione appare troppo radicale<br />

per trovare la forza di rinverdirsi, come accadeva al vecchio<br />

Bellini. Ma i dipinti esegu<strong>it</strong>i prima <strong>dello</strong> scadere del<br />

secolo, i primi teleri di Sant’Orsola, ad esempio, esprimono<br />

una convinzione prospettica impressionante. Le<br />

figure si dispongono negli spazi come solidi regolari su<br />

di una scacchiera rasa; si ricostruiscono lontananze<br />

incredibili ma perfettamente misurabili. Le scenografie<br />

arch<strong>it</strong>ettoniche ci rest<strong>it</strong>uiscono in modo spettacolare il<br />

senso delle vedute c<strong>it</strong>tadine della Venezia di fine Quattrocento.<br />

Negli anni settanta di quel grande secolo, il centro <strong>it</strong>aliano<br />

dove vengono condotte le sperimentazioni prospettiche<br />

piú avanzate è Urbino. <strong>La</strong> corte di Federico <strong>da</strong><br />

Montefeltro era stata uno dei punti di riferimento per<br />

l’attiv<strong>it</strong>à di Piero della Francesca. Là erano nate le bellissime<br />

tavole Barberini. A Urbino aveva fatto capo, quasi<br />

certamente, <strong>da</strong>lla vicina Forlí, Melozzo, il grande p<strong>it</strong>tore<br />

prospettico attivo poi a Roma. Vi insegnò Luca Pacioli,<br />

il teorico della prospettiva allievo di Piero della Francesca.<br />

Vi si producono le celebri vedute di pura prospettiva<br />

divise tra i musei di Baltimora, di Berlino e di Urbino.<br />

Qui Pedro Berruguete, venuto per collaborare con<br />

Giusto di Gand, rimarrà conquistato <strong>da</strong>lla prospettiva <strong>it</strong>aliana<br />

che introdurrà in Spagna; i risultati piú impressionanti<br />

della sua attiv<strong>it</strong>à urbinate sono <strong>da</strong> vedere nel doppio<br />

R<strong>it</strong>ratto di Federico e di Guidobaldo in Palazzo Ducale,<br />

nella Conferenza di Windsor Castle e nelle Allegorie<br />

delle Arti liberali divise tra i musei di Berlino e la National<br />

Gallery di Londra; nel loro accordo tra cultura fiamminga<br />

e prospettiva <strong>it</strong>aliana trovano un parallelo solo nel<br />

San Girolamo nello studio di Antonello.<br />

Storia dell’arte Einaudi 19


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

A Urbino si educò negli anni ’70 il giovane Bramante,<br />

esordiente come p<strong>it</strong>tore prima che come arch<strong>it</strong>etto.<br />

Il suo momento urbinate ci è attestato <strong>da</strong>lla Flagellazione<br />

dipinta su tela per l’Oratorio dei Disciplinati di san<br />

Francesco a Perugia 24 . Trasfer<strong>it</strong>osi a Milano, prepara il<br />

disegno per la celebre incisione del 1481, firmata Bramantus<br />

fec<strong>it</strong> in Mediolano ma esegu<strong>it</strong>a <strong>da</strong>l Preve<strong>da</strong>ri. È<br />

soprattutto questa complicata figurazione che ci dà l’idea<br />

dell’impegno prospettico del Bramante. Siamo ben<br />

lontani <strong>da</strong>lla tranquilla e sicura convinzione di Piero<br />

della Francesca che la prospettiva sia un modo perfettamente<br />

leg<strong>it</strong>timo di concepire la p<strong>it</strong>tura e addir<strong>it</strong>tura di<br />

vedere il mondo: qui essa appare come uno splendido<br />

artificio, come un esercizio letterario, in un’accezione<br />

che figlierà in quel surreale mondo prospettico messo in<br />

opera <strong>da</strong>l grande allievo lombardo del Bramante, Bartolomeo<br />

Suardi, detto – appunto – il Bramantino. Alle<br />

soglie dell’«alienazione» manieristica, la sua luci<strong>da</strong> geometrizzazione<br />

del mondo assume un tono allucinato. Al<br />

Bramante sembra comunque <strong>da</strong> ricollegare tutta quella<br />

on<strong>da</strong>ta di infatuazione prospettica che, alla fine del<br />

Quattrocento investe l’Italia settentrionale <strong>da</strong>lla Lombardia<br />

all’entroterra veneto, <strong>da</strong>ll’impaginazione del<br />

pol<strong>it</strong>tico di Treviglio del Butinone e <strong>dello</strong> Zenale alle<br />

opere giovanili di Pellegrino <strong>da</strong> San Daniele, e che interessa<br />

perfino la scultura, come dimostra la fase tar<strong>da</strong> dell’Amadeo:<br />

si ve<strong>da</strong> in particolare il rilievo con Sant’Imerio<br />

che distribuisce le elemosine del Duomo di Cremona<br />

(1481-84), tanto singolare nella sua impostazione prospettica<br />

<strong>da</strong> richiamare immediatamente il finto rilievo<br />

sotto l’Argo del Bramantino nel Castello Sforzesco di<br />

Milano.<br />

L’ultimo grande es<strong>it</strong>o delle speculazioni prospettiche<br />

urbinati è <strong>da</strong> vedere, probabilmente, nella Stanza della<br />

Segnatura in Vaticano, decorata <strong>da</strong> Raffaello tra il 1508<br />

e il 1511 forse in contatto con lo stesso Bramante, il cui<br />

Storia dell’arte Einaudi 20


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

r<strong>it</strong>ratto vi compare almeno due volte. Certamente <strong>La</strong><br />

Scuola d’Atene è il grande canto del cigno della concezione<br />

prospettica <strong>it</strong>aliana, che qui, sia pure a cosí grande<br />

distanza temporale e mentale <strong>da</strong>lle implicazioni geometrizzanti<br />

che aveva per un Piero della Francesca,<br />

ancora sopravvive in un miracoloso equilibrio con le<br />

nuove esigenze cinquecentesche di libertà figurativa,<br />

che significavano anche insofferenza per qualsiasi precettistica.<br />

<strong>La</strong> concezione prospettica si sta intanto diffondendo<br />

in Europa. In Francia, dopo Jean Fouquet sono i p<strong>it</strong>tori<br />

provenzali a farsene i portatori piú appassionati con<br />

in testa il bellissimo «Maestro delle Storie di san Sebastiano»,<br />

<strong>da</strong> identificare probabilmente con Josse Lieferinxe<br />

25 ; mentre sul piano teorico è Jean Pélerin, il Viator,<br />

a elaborare un trattato di prospettiva, pubblicato a<br />

Toul nel 1505, che sembra aver <strong>da</strong>to il via a una serie<br />

di sperimentazioni p<strong>it</strong>toriche di effetto quasi metafisico,<br />

come la Discesa in cantina <strong>dello</strong> Pseudo-Félix Chrétien<br />

(1537) conservata nello Städelsches Kunstinst<strong>it</strong>ut di<br />

Francoforte 26 . In Germania, Albrecht Dürer, oltre ad<br />

applicare i principî prospettici <strong>it</strong>aliani ai suoi dipinti, si<br />

occupa anch’egli del problema a livello teorico nei suoi<br />

scr<strong>it</strong>ti 27 . In Spagna, al caso ricor<strong>da</strong>to di Pedro Berruguete<br />

fanno segu<strong>it</strong>o altri, come quello di Juan de Borgoña.<br />

Nel Tirolo, è soprattutto Michael Pacher a introdurre<br />

precocemente la concezione prospettica <strong>it</strong>aliana<br />

con dipinti memorabili, come i pannelli dell’altare dei<br />

Padri della Chiesa dipinto tra il 1480 e il 1483, ora nella<br />

Alte Pinakothek di Monaco.<br />

1 Non è intenzione di questo scr<strong>it</strong>to trattare del problema teorico<br />

della prospettiva, ma solo di tracciare una rapi<strong>da</strong> storia delle conseguenze<br />

di questa scoperta nel campo delle arti figurative. Chi voglia<br />

approfondire il problema può partire <strong>da</strong> d. gioseffi, voce Prospettiva<br />

Storia dell’arte Einaudi 21


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

in Enciclopedia universale dell’arte, XI, Venezia-Roma 1963, cc. 116-<br />

59. L’invenzione della prospettiva è attribu<strong>it</strong>a al Brunelleschi <strong>da</strong>l suo<br />

biografo e contemporaneo A. Manetti (V<strong>it</strong>a di Filippo Brunelleschi, a<br />

cura di D. de Robertis e G. Tanturli, Milano 1976) e tutto sembra confermarlo.<br />

L’Alberti nel trattato Della P<strong>it</strong>tura del 1436 non si accred<strong>it</strong>a<br />

l’invenzione della prospettiva, ma descrive soltanto un «modo ottimo»<br />

per metterla in pratica.<br />

2 Vedi, a questo propos<strong>it</strong>o, d. gioseffi, Perspectiva artificialis, Trie-<br />

ste 1957, pp. 74 sgg.<br />

3 «... e io l’ho avuto in mano e veduto piú volte a’ mia dí, e possone<br />

rendere testimonianza» (manetti, V<strong>it</strong>a di Filippo Brunelleschi c<strong>it</strong>.,<br />

p. 59).<br />

4 g. poggi, Il Duomo di Firenze, Berlin 1909, p. 77, doc. 423.<br />

5 Ibid., p. 76, docc. 414 e 415.<br />

6 Si ve<strong>da</strong>no, ad esempio, le vesti degli angeli in secondo piano nel<br />

Battesimo di Cristo o nella Tentazione della Porta Nord del Battistero<br />

di Firenze.<br />

7 j. pope-hennessy, Italian Renaissance Sculpture, London 1958,<br />

p. 16.<br />

8 manetti, V<strong>it</strong>a di Filippo Brunelleschi c<strong>it</strong>., p. 58.<br />

9 Vedi l. bellosi, Il Maestro della Crocifissione Griggs: Giovanni<br />

Toscani, in «Paragone», 1966, 193, pp. 44-58.<br />

10 Vedi a. parronchi, Masaccio, Firenze 1966, pp. 28-29.<br />

11 Vedi soprattutto p. sanpaolesi, Brunelleschi, Milano 1962, pp.<br />

49-50.<br />

12 vasari, V<strong>it</strong>e, ed. Della Pergola-Grassi-Prev<strong>it</strong>ali, vol. II, Milano<br />

1962, p. 229.<br />

13 r. longhi, Fatti di Masolino e di Masaccio, in «<strong>La</strong> cr<strong>it</strong>ica d’arte»,<br />

1940, p. 172.<br />

14 Non ho ancora avuto modo di riprendere in mano l’argomento<br />

relativo a questa identificazione <strong>da</strong> me proposta in una comunicazione<br />

presso l’Ist<strong>it</strong>uto Tedesco di Storia dell’Arte di Firenze che risale al<br />

1969. Rimando perciò a una sche<strong>da</strong> del catalogo della Mostra d’arte sacra<br />

della Diocesi di San Miniato, 1969, pp. 56-57, n. 42.<br />

15 longhi, Fatti c<strong>it</strong>., p. 175.<br />

16 l. b. alberti, Della P<strong>it</strong>tura, a cura di L. Mallé, Firenze 1950,<br />

p. 81.<br />

17 Una vasta e documentata ricerca sulle tarsie della Sagrestia delle<br />

Messe del Duomo di Firenze è quella condotta <strong>da</strong> m. haines, The Intarsias<br />

of the North Sacresty of the Cathedral of Florence, Ph. D. Thesis,<br />

Courtauld Inst<strong>it</strong>ute, Univers<strong>it</strong>y of London, 1975, di prossima pubblicazione<br />

presso la Oxford Univers<strong>it</strong>y Press.<br />

18 Gli affreschi di Sant’Egidio furono probabilmente distrutti nei<br />

lavori di rifacimento che la chiesa subí alla fine del Cinquecento;<br />

Storia dell’arte Einaudi 22


Luciano Bellosi <strong>La</strong> <strong>rappresentazione</strong> <strong>dello</strong> <strong>spazio</strong><br />

qualche frammento fu riscoperto nel 1938 <strong>da</strong>lla Soprintendenza di<br />

Firenze (vedi m. salmi, Contributi fiorentini alla storia dell’arte: Ricerche<br />

intorno a un perduto ciclo p<strong>it</strong>torico del Rinascimento, in «Atti e<br />

memorie dell’Accademia Fiorentina di Scienze Morali “<strong>La</strong> Colombaria”»,<br />

n. s., i, 1947, pp. 422-33.<br />

19 Vedi c. sterling, <strong>La</strong> peinture française. Les prim<strong>it</strong>ifs, Paris 1938,<br />

pp. 74 sgg.<br />

20 piero della francesca, Il trattato «De prospectiva pingendi», a<br />

cura di G. Nicco Fasola, Firenze 1942, pp. 128-29.<br />

21 Questo straordinario p<strong>it</strong>tore, noto per quel capolavoro che è la<br />

firmata Crocifissione di Savona, ha riacquistato una fisionomia artistica<br />

di grande rilievo dopo che F. Zeri (Quaderni di Emblema, Bergamo<br />

1973, pp. 35 sgg.; Diari di lavoro 2, Torino 1976, pp. 47 sgg.) ne ha<br />

identificato l’attiv<strong>it</strong>à giovanile con il piccolo gruppo di dipinti che passavano<br />

sotto il nome di Donato Bragadin.<br />

22 Vedi f. bologna, Il Maestro di San Giovanni <strong>da</strong> Capestrano, in<br />

«Proporzioni», iii, 1950, pp. 86-98.<br />

23 Si sa che il Foppa aveva scr<strong>it</strong>to un Trattato di prospettiva. Tuttavia,<br />

sul suo aggiornamento alla prospettiva rinascimentale si ve<strong>da</strong>no<br />

le riserve di r. longhi, Aspetti dell’antica arte lombar<strong>da</strong>, prefazione<br />

al catalogo della mostra Arte lombar<strong>da</strong> <strong>da</strong>i Visconti agli Sforza, Milano<br />

1958.<br />

24 Vedi l. bellosi, Una «Flagellazione» del Bramante a Perugia, in<br />

«Prospettiva», 1977, 9, pp. 61-68.<br />

25 Vedi m. laclotte, L’école d’Avignon, Paris 1960, pp. 110-19.<br />

26 Vedi a. châtelet e j. thuillier, <strong>La</strong> p<strong>it</strong>tura francese <strong>da</strong> Fouquet<br />

a Poussin, <strong>La</strong>usanne 1965, pp. 114-15.<br />

27 Vedi e. panofsky, The Life and Art of Albrecht Dürer, Princeton<br />

1943 [trad. <strong>it</strong>. <strong>La</strong> v<strong>it</strong>a e le opere di Albrecht Dürer, Milano 1967].<br />

Storia dell’arte Einaudi 23

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