Palermo 6-7 ottobre 2006, congresso CITeS e FISTQ - Damiduck

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12.06.2013 Views

sul lettino senza che io l’abbia invitata a farlo, che lei non ha tempo e che è lei che sta morendo e non io! In silenzio mi avvicino e comincio la mia seduta. Vado avanti tra silenzi, lunghe pause e a domanda-risponde per tutta la seduta poi la congedo dandole appuntamento alla settimana dopo sentendomi ripetere che non sa se verrà: “tanto per quel che fa!!!”. Trascorrono i giorni ed eccoci al nuovo appuntamento: nella mia stanza entra una Lucia apparentemente un po’ diversa, non mi aggredisce subito anche se si mantiene un po’ fredda e dice che nella settimana passata si è sentita come se non fosse malata ed ha fatto cose normali e non da persona malata. Nel frattempo, sempre senza che io la inviti a farlo, si siede sul lettino e mi aspetta. Io esito un attimo e mi soffermo alla scrivania come se dovessi concludere qualcosa, e dopo qualche minuto Lucia mi chiede perché non comincio che “altrimenti non ce la facciamo perché dopo di me ci sono altri pazienti”. A qual punto io mi siedo dietro alla scrivania, lei mi guarda sorpresa ed io le comunico che sto valutando se andare avanti o meno con lei, perché non ho intenzione di lavorare con pazienti che si piangono addosso e non vogliono lottare… non intendo assistere ad un rassegnarsi alla malattia, io intendo lottare per la vita insieme a lei e lo faccio come norma comportamentale con tutti coloro che frequentano il mio ambulatorio. Lucia scende dal lettino mi siede davanti ed inizia a piangere e con le lacrime arrivano anche le parole… un fiume di parole: ecco quello era il mio scopo. Ora so esattamente quanto tenga alla vita, quanta paura abbia di non farcela, quanta speranza abbia di uscirne, quanto desideri che qualcuno al prenda per mano e percorra insieme a lei questa zona buia. Ed ecco che dopo averla lasciata “svuotare” le offro la mia mano e le garantisco che 13

inciamperò con lei se lei inciamperà, cadrò con lei se lei cadrà, mi rialzerò con lei se lei si rialzerà, e salterò con lei se lei salterà e ballerò con lei se lei ballerà ecco che le garantisco che io sarò con lei…. sino alla fine ….. della malattia o della vita. E così ho fatto: l’ho vista una volta a settimana ancora per diversi mesi, l’ho trattata più specificatamente per quel tipo di neoplasia lavorando su tutto il meridiano del rene. Ci siamo incontrate e scontrate più volte su tante situazioni, ho imparato tante cose che la riguardavano, ho conosciuto la sua famiglia, ho cantato con lei quando stava meglio ho pianto con lei tutte le volte che stava peggio ed abbiamo instaurato una profonda confidenza. Lucia non è un caso particolare o una persona speciale: tutti coloro che ho conosciuto, che conosco, che conoscerò hanno avuto, hanno ed avranno altri nomi ma con tutti loro il mio comportamento è lo stesso: io ci sono… io sono con loro fin tanto che loro mi vorrano ed avranno bisogno di me... io e lo Shiatsu che è un alleato formidabile e straordinario per entrare dentro ad ogni realtà personale. Lucia è morta cinque mesi dopo quel primo giorno in cui ha bussato alla mia porta: di lei mi resta una lettera che ha voluto inviarmi tramite sua figlia quando ha preferito non vedermi più, e Paola sua figlia mi ha autorizzato a darne pubblica lettura: “Cara Deanna, ce l’abbiamo fatta! Abbiamo vinto! Tu ed io insieme abbiamo sconfitto la paura della morte! Me ne vado serena, non ho paura, e se non ho paura è perché sento la tua mano che stringe la mia, sento il tuo calore che mi accompagna e sento la tua voce che mi ripete che ciò che mi aspetta di là sarà bellissimo, che ci saranno colori, profumi e amore, tanto amore, un grande amore e niente più dolore, sofferenza, giorni grigi, malattie, depressioni. E poi 14

sul lettino senza che io l’abbia invitata a farlo, che lei non<br />

ha tempo e che è lei che sta morendo e non io! In silenzio<br />

mi avvicino e comincio la mia seduta. Vado avanti tra<br />

silenzi, lunghe pause e a domanda-risponde per tutta la<br />

seduta poi la congedo dandole appuntamento alla settimana<br />

dopo sentendomi ripetere che non sa se verrà: “tanto per<br />

quel che fa!!!”. Trascorrono i giorni ed eccoci al nuovo<br />

appuntamento: nella mia stanza entra una Lucia<br />

apparentemente un po’ diversa, non mi aggredisce subito<br />

anche se si mantiene un po’ fredda e dice che nella<br />

settimana passata si è sentita come se non fosse malata ed<br />

ha fatto cose normali e non da persona malata. Nel<br />

frattempo, sempre senza che io la inviti a farlo, si siede sul<br />

lettino e mi aspetta. Io esito un attimo e mi soffermo alla<br />

scrivania come se dovessi concludere qualcosa, e dopo<br />

qualche minuto Lucia mi chiede perché non comincio che<br />

“altrimenti non ce la facciamo perché dopo di me ci sono<br />

altri pazienti”. A qual punto io mi siedo dietro alla<br />

scrivania, lei mi guarda sorpresa ed io le comunico che sto<br />

valutando se andare avanti o meno con lei, perché non ho<br />

intenzione di lavorare con pazienti che si piangono addosso<br />

e non vogliono lottare… non intendo assistere ad un<br />

rassegnarsi alla malattia, io intendo lottare per la vita<br />

insieme a lei e lo faccio come norma comportamentale con<br />

tutti coloro che frequentano il mio ambulatorio.<br />

Lucia scende dal lettino mi siede davanti ed inizia a<br />

piangere e con le lacrime arrivano anche le parole… un<br />

fiume di parole: ecco quello era il mio scopo. Ora so<br />

esattamente quanto tenga alla vita, quanta paura abbia di<br />

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