Tarquinio Sini - Sardegna Cultura

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Ad animare e stimolare l’ambito culturale isolano è la comparsa, nel 1928, di
una nuova testata, Il Lunedì dell’Unione, che dichiara tra i suoi intenti quello
di «svecchiare, svecchiare, svecchiare» la cultura sarda e offre una tribuna a
quanti vogliano intervenire nel dibattito sulla tradizione. Tarquinio Sini si tuffa
nella polemica suscitando offesa e scalpore tra quanti procedevano inossidabili
a riproporre folklore “in salsa duru duru”. Con sguardo lungo e lucido
definiva “oggetti d’esportazione” i costumi sardi (lui che pure aveva realizzato
i disegni per una celebre sarta di abiti tradizionali teuladini), ed anzi – facendo
tesoro dell’esperienza dell’amico Mossa De Murtas –, suggeriva a chiunque
dovesse recarsi all’estero di fornire il proprio guardaroba di sgargianti costumi.
Perché? «Perché a Londra si ha l’illusione che i sardi vestano così: fissazioni. Se
tu ci vai (putacaso) con il tuo fracchettino ti scambiano
certamente per un cameriere disoccupato e ti fanno rimpatriare
dalla questura. Vacci, dà retta a me che sono vecchio,
vacci con la mastruca, vedrai che ti faranno largo e
ti daranno larga ospitalità». Ma anche le polemiche più
aspre erano chiuse da Sini con pochi versi scanzonati (più
efficaci di accalorate filippiche): «Salsicce di Tempio, di
Bosa i filets / e i canti di Fonni, folklore quest’è / Tener
lontano l’odor di VISET / portar sempre addosso l’odor
di brebé / Qui tutto è folklore, qui tutto è paesano / dal
mondo civile alfin son lontano».
68. Copertina
di Mediterranea,
Cagliari, a. I, n. 4,
aprile 1927.
69. Copertina
di Mediterranea,
Cagliari, a. I, n. 5,
maggio 1927.
70. Copertina
di Mediterranea,
Cagliari, a. I, n. 8,
agosto 1927.
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